ASSETTO STRUTTURALE DELLA LITOSFERA NEL KENYA MEDIANTE ANALISI DEI DATI DI GRAVITÀ

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1 M. Coppola, P. Cantini e E. Pinna Dipartimento di Scienze della Terra dell Università di Pisa ASSETTO STRUTTURALE DELLA LITOSFERA NEL KENYA MEDIANTE ANALISI DEI DATI DI GRAVITÀ Riassunto. Nel presente lavoro sono stati affrontati i problemi relativi all assetto della struttura litosferica del Kenya interessata, come noto dalla letteratura, da complessi eventi geodinamici che in superficie hanno portato all apertura dell East African Rift System. A nostro modo di vedere la ricerca condotta ha sviluppato in maniera diversa e più adeguata le diverse fasi di studio che si affrontano quando si compiono studi sui campi di potenziale e principalmente su quello di gravità. Particolare attenzione è stata dedicata all importanza che i valori di densità assumono in un ambiente di geodinamica attiva. L analisi di questi parametri, secondo criteri che li leghino alla particolare situazione geologica in cui vengono a trovarsi i litotipi in esame nonché alle condizioni P-T del sottosuolo, consentono di fornire vincoli indispensabili che l operatore deve anteporre alla scelta dei valori numerici da utilizzare. Il parametro densità dovrebbe quindi rimanere una conseguenza oggettiva delle condizioni geologiche ambientali profonde e di superficie e non una scelta dell operatore che risulta sempre troppo arbitraria. In questo contesto il metodo gravimetrico fornisce risultati più che apprezzabili. Per studiare la natura genetica del rift e le sue relazioni con il Kenya Dome, altro importante elemento morfologico strutturale dell area, si è utilizzato il metodo isostatico essenziale anche per indagare i meccanismi di compensazione relativi al Kenya Dome. I risultati di questa ricerca indicano una natura non essenzialmente attiva del rift, considerando come l analisi isostatica confermi che il Kenya Dome non sia inseribile nel quadro evolutivo di un rift attivo. LITHOSPHERE STRUCTURAL SETTING IN KENYA AS DERIVED FROM GRAVITY DATA Abstract. In this paper the problems concerning the structural setting of the lithosphere in Kenya are widely discussed. Complexes geodynamical events led to the formation of the East African Rift System which is one of most important rift system in the world. The gravimetric analysis resulted an effective tool in order to explain the different tectonics settings when various geologic formations, and consequently different densities contrasts, are present. Particular attention has been paid to the choice of density values for different geologic structures, that are strongly influenced by the great variations in pressure and temperature in a such subsurface. Various attempts were performed, considering petrophysical and heat flow data, in order to obtain the best realistic density values according to the seismic model derived from the seismic profiles carried out in the rift. In order to study the geological evolution of the rift and its relationships with Kenya Dome, we carried out an isostatic study on the Kenya area. The results of this research let suppose that the Kenya rift is a not completely active system because the Kenya Dome is not correlated to the deep geodynamic evolution, and an important passive component must not understimate in the evolution of the Kenya rift itself. INTRODUZIONE La parte orientale del continente africano è interessata da una situazione geologica complessa, scaturita dal succedersi di diversi eventi deformativi, spesso caratterizzati da uno stile tettonico opposto. Gli episodi geodinamici principali che si sono imposti in questo settore sono riferibili allo scontro fra due placche litosferiche differenti, la piattaforma mobile del Mozambico e il cratone della Tanzania e all apertura dell imponente sistema distensivo, lungo circa 3000 km, noto come East African Rift System. Il rift del Kenya si sviluppa all interno del ramo orientale di questa importante struttura e in prossimità

2 dell equatore interseca il margine che separa le due placche litosferiche, là dove si sviluppa in superficie una rilevante struttura morfologicamente convessa, detta Kenya Dome. L estensione, l intensità e le caratteristiche fisiche di questi eventi deformativi hanno nel tempo contribuito a sconvolgere l assetto delle strutture profonde presenti nella litosfera del Kenya creando in tal modo delle evidenti relazioni fra queste e i fenomeni geodinamici superficiali. Il metodo gravimetrico costituisce un ottimo criterio d indagine, qualora sia supportato da un accurato calcolo del parametro densità, per ricostruire l andamento e la geometria delle superfici di discontinuità presenti nella crosta e nel mantello, nonché un metodo indispensabile, almeno con lo specifico settore dell isostasia, per capire le relazioni che sussistono fra eventi geodinamici profondi e strutture superficiali. Ci occuperemo per ciò di riproporre alcuni modelli strutturali vincolati da una più accurata selezione dei valori delle densità da attribuire ai vari litotipi e di valutare, con il metodo isostatico, le possibili relazioni fra gli eventi deformativi profondi e quelli superficiali, cercando in tal modo di chiarire meglio quale sia la natura del rift del Kenya. INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE DEL KENYA La parte orientale del continente africano è interessata da una situazione geologica complessa, scaturita dal succedersi di eventi deformativi con stile tettonico opposto (Mosley, 1992; Smith, 1994). Questo settore dell Africa fu interessato in un primo momento (Precambriano) dallo scontro di due placche continentali: il cratone della Tanzania e la piattaforma mobile del Mozambico; successivamente si è sviluppato un imponente sistema distensivo che attraversa l intera area orientale del continente da nord a sud: questa struttura si estende per più di 3000 km, nasce a nord, dove fa parte di un giunto triplo insieme ai noti rift oceanici del Mar Rosso e del Golfo di Aden, entra in continente in prossimità della depressione dell Afar, e arriva a sud fino ad intercettare l estremità inferiore del fiume Zambesi. All altezza del confine che separa l Etiopia dal Kenya (5 N), questa imponente struttura, nota anche come l East African Rift Sistem (EARS), si divide per dare vita a due sistemi distensivi secondari: il Western Branch e l Eastern Branch, che lambiscono e delimitano i margini della placca cratonica che caratterizza la litosfera della Tanzania. Il ramo occidentale passa attraverso i grandi laghi centro africani e costituisce, fra i due, il sistema distensivo più giovane e meno sviluppato. Il ramo orientale attraversa il Kenya e origina un rift continentale, costituito da due settori, caratterizzati da differenti stadi evolutivi: uno a nord, il Turkana rift, più maturo, probabilmente influenzato dal vicino rift etiope, uno a sud, il Gregory rift, nettamente più giovane, all interno del quale è presente una struttura convessa detta Duomo del Kenya. DATI DI GRAVITÀ E LORO INTERPRETAZIONE Uno degli scopi di questo lavoro è stato quello di elaborare vari modelli strutturali del Kenya, tramite l inversione del suo campo di potenziale gravimetrico, facendo particolare attenzione alla scelta e alla determinazione dei valori di densità. A tale proposito sono stati utilizzati, diversi set di dati così distribuiti: oltre ai dati raccolti dall Università di Pisa (Cantini et al., 1990) (426 stazioni), un altro set di valori deriva da un catalogo compilato fra il 1955 e il 1975, alla cui stesura hanno

3 partecipato gli enti di seguito elencati: Leicester University (4627 stazioni), Newcastle (1384 stazioni), Overseas Geological Survey (3 stazioni), United Nation Geothermal Project (433 stazioni), British Petroleum Ltd. (1290 stazioni) Burmah Oil Trading Ltd. (287 stazioni), Chevron Overseas Petroleum Inc. (685 stazioni). Sono state dunque utilizzate in totale 9135 stazioni gravimetriche. L elaborazione della carta delle anomalie di Bouguer del Kenya (Fig. 1) è stata ottenuta secondo l usuale tecnica di gridding. I valori di gravità sono stati processati utilizzando una griglia regolare a maglie quadrate con passo di campionamento pari a 8 km, distanza che permetteva di non perdere gran parte dei contributi in alta frequenza, utili per effettuare interpretazioni a carattere qualitativo, relativamente alla distribuzione areale dei corpi intracrostali. Fig. 1 - Anomalie di Bouguer del Kenya (dens. rif g/cm 3 ). Il panorama delle anomalie di Bouguer presenti in Kenya, risulta molto complesso e diffusamente caratterizzato dalla presenza di contributi a piccola lunghezza d onda. Si passa da valori di circa -230 mgal, in corrispondenza del duomo del Kenya, a valori di +30 mgal in prossimità dell area costiera. Dal confronto fra i principali elementi strutturali presenti nel settore del Kenya e la carta gravimetrica di Bouguer, si può notare che esiste un evidente corrispondenza fra la distribuzione delle anomalie gravimetriche e le principali strutture geologiche che interessano quest area. Si può distinguere un settore sud orientale, in cui sono presenti dei gradienti orizzontali di anomalia molto deboli, e che corrisponde all area costiera del Kenya. Tutta la zona sud occidentale è compresa all interno dell isoanomala -100 mgal e corrisponde grossomodo all area del Kenya Dome. Verso nord, all interno del dominio strutturale che appartiene al sistema distensivo etiope, è significativa la presenza di anomalie ad alta frequenza: esse sono diffuse omogeneamente su tutto il territorio e raggiungono dei valori minimi di 90/ 100 mgal. Di notevole interesse, è un allineamento di anomalie a piccola lunghezza d onda orientato NO-SE, che corrisponde topograficamente all Anza rift. Questa struttura ha avuto un importanza rilevante nello sviluppo dell assetto strutturale e quindi delle anomalie gravimetriche a

4 questo associate; essa infatti delimita, verso sud, un settore strutturalmente complicato, collegato al duomo del Kenya, caratterizzato da un anomalia negativa a grande lunghezza d onda (λ~500 km), con un ampiezza di 240 mgal. Questa struttura gravimetrica è limitata sia verso est che verso sud-est da forti gradienti orizzontali che segnano il passaggio a domini strutturali differenti. Dall apice del duomo del Kenya si sviluppa una serie di anomalie a piccola lunghezza d onda che formano un allineamento strutturale N-S, in corrispondenza del quale, si estende in superficie il rift del Kenya. Sulla base delle frequenze di taglio individuate con l analisi spettrale condotta sulla carta di anomalia di Bouguer mediante l utilizzo del software dedicato Geosoft (1999), si sono ottenuti alcuni elaborati che nel loro insieme ci hanno fornito in via qualitativa un idea migliore di quali strutture più o meno superficiali dovessero essere associate a particolari anomalie (Fig. 2a, b e c). Gli elementi tettonici fondamentali (Kenya Dome, Anza graben, Kenya Rift, Nyanza graben) trovano netta corrispondenza con le anomalie presenti nei diversi filtrati, a giustificare una stretta relazione tra lunghezza d onda dell anomalia e profondità della sorgente, come dimostrato anche dalla modellazione 2.5 D condotta lungo alcune sezioni significative. Fig. 2 - Carta delle anomalie: a) passa-alto (λ<42 km); b) passa-banda (42<λ<81 km); c) passa-basso (λ>188 km). Durante questa fase ci siamo preoccupati di stabilire, nella maniera più accurata possibile, i valori di densità da assegnare alle varie litologie e di vincolarli sia alle condizioni P-T presenti nel sottosuolo che alla situazione geologica superficiale, nonché alle informazioni derivanti dalla raccolta effettuata in situ di campioni di roccia. Per effettuare questo passaggio, abbiamo utilizzato separatamente il metodo petrofisico (Mooney and Christensen, 1994), per calcolare i valori di densità delle litologie presenti nelle aree non interessate dall anomalia termica ed un modello fisico che descrive come mutano, al variare delle condizioni P-T i valori di densità all interno di un upwelling astenosferico, a partire da una peridotite a granato (Mc Kenzie and Bickle, 1987). Sono stati interpretati 7 profili relativi alla mappa delle anomalie di Bouguer del Kenya, fra i quali ne mostreremo due, uno posto all equatore, il secondo in direzione N-S coincidente con l asse di sviluppo del rift (Fig. 3a e 3b). In entrambi i profili è evidente come sia netta la relazione che sussiste tra un anomalia negativa a grande lunghezza d onda e il settore in cui si sviluppa l intrusione astenosferica, che emerge in superficie in corrispondenza del Kenya Dome. In questo modo risulta evidente, per lo meno da un primo esame, che

5 strutture superficiali e profonde potrebbero essere coinvolte ed essere state generate dallo stesso evento geodinamico che ha portato in fine all apertura del rift del Kenya. Fig. 3 - Modello interpretativo: a) trasversale all asse del rift (E-W); b) lungo l asse del rift (N-S). IL METODO ISOSTATICO: SUO UTILIZZO PER LO STUDIO DEI MECCANISMI DI COMPENSAZIONE DEL KENYA DOME Per definire meglio le relazioni che sussistono fra il duomo del Kenya e il rift, abbiamo affrontato lo studio delle anomalie isostatiche di quest area, per lo svolgimento del quale è stato utilizzato il modello di compensazione di Airy- Heiskanen. Questa scelta è scaturita dallo studio della funzione di risposta isostatica effettuato da Forsyth (1985), che dimostra come i carichi di nostro interesse rientrino nella banda delle frequenze caratterizzate dai meccanismi di compensazione di tipo locale (Fig. 4). Il modello di Forsyth utilizza una funzione di risposta isostatica complessa (detta Ammittanza) in cui si tiene conto di due diversi contributi, responsabili dell assetto topografico, in altre parole quello derivante dagli eventi geodinamici di superficie e quello dovuto ai fenomeni superficiali di compensazione relativi a deformazioni profonde (sistemi di spinte che agiscono dal basso verso l alto). Prima di passare al calcolo delle anomalie isostatiche relative all'area in cui è situato il duomo del Kenya, è necessario definire quale sia il modello di densità a cui ci riferiamo. Gli studi di questo tipo sono riferiti ad anomalie gravimetriche caratterizzate da grandi lunghezze d'onda, al fine di individuare la distribuzione spaziale delle strutture più ampie, che definiscono lo specifico meccanismo di compensazione. I contrasti di densità laterali che generano il campo corrispondente, saranno dunque associati alle ondulazioni delle interfacce che separano porzioni di litosfera più ampie. Il modello di densità risultante sarà perciò più semplice rispetto a quello definito per descrivere il campo totale delle anomalie di Bouguer. Abbiamo ritenuto opportuno adottare un modello a tre strati, in cui sono considerate, la densità dei rilievi, responsabili delle spinte dirette verso il basso, la densità delle radici

6 crostali responsabili delle spinte dirette verso l'alto (quindi della compensazione della struttura convessa) e la densità dalla crosta "normale". I valori numerici dalla densità sono stati stabiliti facendo riferimento a informazioni geologiche e agli studi compiuti per l'elaborazione dei modelli strutturali (Tab. 1). Fig. 4 - Andamento della funzione Ammittanza nel settore orientale del continente africano. Tab. 1 - Valori di densità utilizzati per l isostasia (g/cm 3 ). Topografia 2,67 Crosta normale 2,80 Radici 2,95 MAPPA DELLE ANOMALIE E DELLA MOHO ISOSTATICA L elaborazione della carta delle anomalie isostatiche ha avuto come riferimento principale l andamento topografico, attraverso il quale sono state effettuate poi le riduzioni opportune. La carta delle anomalie isostatiche per la zona del Kenya è mostrata in Fig. 5a. L'osservazione della mappa delle anomalie isostatiche presenta due sistemi di anomalie principali, uno posto a sud, caratterizzato da un unico minimo con una λ 250 km, ampio circa 40 mgal e l'altro posto a nord costituito da una serie di massimi caratterizzati da λ km e ampi mgal. Il confine tra i due domini gravimetrici è segnato da forti gradienti orizzontali che a sud sono meno intensi. L'utilizzazione di un modello di compensazione locale ha consentito di ricostruire l'andamento delle Moho calcolando lo spessore delle radici crostali. È stata elaborata una mappa relativa all'andamento di tale discontinuità (Fig. 5b), dove si può distinguere una grande area depressa che raggiunge 40 km di profondità. Sia a nord, che verso est, si osserva che la Moho tende a risalire molto velocemente, mentre a sud i gradienti di profondità sono più deboli. Nel settore NE della mappa è evidente una seconda area depressa dove si raggiungono 30 km circa di profondità;

7 GNGTS Atti del 19 Convegno Nazionale / essa è separata dalla prima da un settore allungato in direzione NO-SE in cui la Moho risale fino a km. Fig. 5 - Carta delle anomalie isostatiche (a) e andamento della Moho isostatica (b) nel Kenya. DISCUSSIONE DEI DATI E CONCLUSIONI Lo studio congiunto dei modelli strutturali elaborati con i modelli derivanti dall utilizzo del metodo sismico (Maguire et al., 1994; Mechie et al., 1994; Mooney e Christensen, 1994), ha permesso di dimostrare come la determinazione accurata dei valori di densità, porti all elaborazione di modelli precisi, che trovano un ottimo accordo con le strutture discriminate mediante il metodo sismico. Per meglio capire quali fossero le relazioni fra l upwelling astenosferico e le strutture superficiali presenti in Kenya ed in particolare con la struttura convessa del Duomo del Kenya, sono stati studiati i meccanismi isostatici in questo settore. Il quadro degli effetti e delle anomalie isostatiche calcolate utilizzando il modello proposto da Airy -Heiskanen, scelta resa legittima dal fatto che in Kenya carichi superficiali caratterizzati da λ > 600 km sono compensati localmente (Forsyth, 1985), e l andamento della Moho isostatica, hanno permesso di rilevare una netta coincidenza fra l apice del duomo del Kenya, il minimo gravimetrico che caratterizza sia gli effetti che le correzioni isostatiche e il settore in cui la discontinuità crostamantello raggiunge i 40 km di profondità. È da osservare che, dopo aver eseguito le correzioni isostatiche, permane proprio in corrispondenza del Duomo del Kenya un minimo la cui lunghezza d onda è comparabile con quella della corrispondente struttura messa in evidenza con l elaborato risultante dal filtraggio passa basso (Fig. 2c), il quale possiede un ampiezza di circa 30 mgal. Quest anomalia potrebbe però essere il risultato di una cattiva scelta del modello utilizzato per effettuare gli studi isostatici; in verità, come risulta dallo studio dell andamento della Moho isostatica, possiamo notare che i dati sono in pieno accordo con quelli ottenuti dall elaborazione dei profili sismici eseguiti in questo settore presenti in letteratura,

8 fatto che conferma la veridicità dei processi di compensazione assunti dal modello da noi utilizzato. Dalla definizione di superficie isostatica, sappiamo che essa deve essere collocata a una profondità pari a quella raggiunta dalla crosta in corrispondenza del più alto orogene presente nel settore che stiamo studiando. Nel nostro caso, risulta evidente che questa superficie debba trovare collocazione a una profondità di circa 40 km; ciò equivale a dire che la topografia è compensata dalle masse collocate all interno dello strato crostale, generatesi durante eventi deformativi antecedenti all apertura del rift. Ritenendo valide queste assunzioni, possiamo affermare che il minimo isostatico presente sotto al duomo del Kenya sia correlabile a una struttura che poco ha contribuito alla costruzione della morfologia del Kenya Dome, così come confermato da studi effettuati sulle tracce di fissione dell'apatite (Wagner et al.,1990). Il minimo isostatico potrebbe essere causato da disomogeneità densiometriche del mantello dovute alla presenza di un mezzo riscaldato soggetto a fenomeni di fusione parziale, visto che stiamo parlando di un settore considerato ad alta vulcanicità, caratterizzato inoltre da elevati flussi di calore (Wheildon et al., 1994). Alla luce di quanto osservato, possiamo affermare che il rift del Kenya sia una struttura a carattere distensivo, ricollegabile geneticamente ad una intrusione astenosferica la cui base è da collocarsi probabilmente sotto al cratone della Tanzania. Il sistema è attualmente attivo, visto che esistono rilevanti attività vulcaniche, geotermiche e sismiche, perlopiù concentrate all interno del rift (Cantini et al., 1990; Fairhead e Stuart, 1982; Williams et al., 1984). Le relazioni cronologiche che sussistono fra l eruzione dei prodotti vulcanici e gli eventi deformativi a carattere distensivo, mettono fuori dubbio che la natura del rift sia di tipo attivo, ma il fatto che le considerazioni sull isostasia abbiano rilevato che l intrusione astenosferica non abbia molto contribuito alla costruzione del Duomo, lascia alcune perplessità su quale siano gli elementi che hanno generato la coppia di forze che il modello di rift attivo vuole che esista affinché la crosta entri in distensione (Crough, 1982; Mareschal, 1982). Infatti, come già affermato, l intrusione astenosferica non ha contribuito molto alla costruzione della topografia, fatto che lascia presupporre che le spinte che essa fino ad ora ha esercitato alla base della crosta siano deboli. Considerando anche che il Duomo potrebbe essersi formato in gran parte per accumulo di materiale vulcanico (Wagner et al., 1992), a nostro avviso è allora più corretto classificare il rift del Kenya come una struttura distensiva attiva a componente passiva, visto che essa si è formata in un settore interessato da campi di stress aggiuntivi che hanno portato alla formazione di numerosi sistemi di faglie a carattere trascorrente dirette NO-SE (Mosley, 1992; Smith, 1993). Queste strutture hanno provocato nel tempo una situazione di generale decompressione che ha permesso al materiale vulcanico di eruttare continuamente mediante attività fissurale (Smith, 1994), senza incontrare eccessiva resistenza da parte della crosta. La complessità del panorama strutturale entro il quale si è formato il rift del Kenya, è ulteriormente confermata dalla presenza dell Anza Graben che, come abbiamo visto, determina un dominio gravimetrico a sé stante, visibile anche a grande scala; a questa importante signature gravimetrica è probabilmente associato l innalzamento che la Moho subisce verso nord contribuendo a dare al rift un aspetto più maturo se ci si avvicina all Etiopia.

9 BIBLIOGRAFIA Cantini P., Cataldi A., Pinna E.; 1990: Gravity study of the structure of Suswa volcano and basement in the Kenya Rift. Geothermics, vol. 19, n. 4, Crough T.; 1982: Rift and Swells: Geophysical constraints on causality. Tectonophysics, 94, Fairhead J. D. and Stuart G. W.; 1982: The seismicity of the East African Rift System and comparison with other continental rifts. In: Continental and oceanic rifts (Edited by Palmason G.), Am. Geoph. Union, Geol. Soc. Am., Geodyn. Ser., 8, Forsyth D. W.; 1985: Subsurface loading and estimates of the flexural rigidity of continental lithosphere. Jour.Geoph. Res., 90, Geosoft Inc.; 1999, Geophysical software, Toronto, Maguire P. K. H., Swain C. J., Masotti R., Khan M. A.; 1994: A crustal and uppermost mantle crosssectional model of the Kenya Rift derived from seismic and gravity data. Tectonophysics, 236, Mareschal J.C.; 1982: Mechanis of uplift preceding rifting. Tectonophysics, 94, Mc Kenzie D. and Bickle M. J.; 1988: The volume and composition of melt generated by extension of the lithosphere. Jour. Petrology, 29, part 3, Mechie J., Keller G. R., Prodhel C., Gaciri S., Braile L. W., Mooney W. D., Gajewski D., Sandmeier K. J.; 1994: Crustal structure beneath the Kenya rift from axial profiles data. Tectonophysics, 236, Mooney W.D. and Christensen N.I.; 1994: Composition of the crust beneath the Kenya rift. Tectonophysics, 236, Mosley P. N.; 1992: Geological evolution of the late proterozoic Mozambique belt of Kenya. Tectonophysics, 221, Smith M.; 1994: Stratigraphic and structural constraints on mechanisms of active rifting in the Gregory Rift, Kenya. Tectonophysics, 236, Wagner M., Altherr R. and Van de Haute P.; 1992: Apatite fission-track analysis of kenyan basement rocks: constraints on the thermotectonics evolution of Kenya Dome. A reconnaissance study. Tectonophysics, 204, Williams L. A. J., Mc Donald R., Chapman G. R.; 1984: Late quaternary caldera volcanoes of the Kenya rift valley. J. Geoph. Res., 89, Wheildon J., Morgan P., Williamson K.H., Evans T.R. and Swamberg C.A.; 1994: Heat flow in the Kenya rift zone. Tectonophysics, 236,

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