SPIAGGIAMENTI DI TARTARUGHE MARINE LUNGO LE COSTE PUGLIESI Analisi dei dati dal 1996 al 2006

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1 REGIONE PUGLIA Assessorato Ecologia Autorità Ambientale Regionale Area Naturalistica SPIAGGIAMENTI DI TARTARUGHE MARINE LUNGO LE COSTE PUGLIESI Analisi dei dati dal 1996 al 2006 dicembre 2006

2 In copertina un esemplare di Caretta caretta, L., foto da internet. E la specie di tartaruga marina maggiormente diffusa nei mari pugliesi. 2

3 INDICE PREMESSA 4 CAPITOLO Storia evolutiva Anatomia e Fisiologia Ecologia Classificazione delle Tartarughe marine Conservazione 23 CAPITOLO Normativa e disposizioni internazionali Normativa Nazionale Normativa Regionale 34 CAPITOLO Acquisizione dei dati Analisi dei dati biometrici Localizzazione degli spiaggiamenti Collocazione temporale degli spiaggiamenti Conclusioni 56 Allegato B 63 BIBLIOGRAFIA 66 SITI WEB 69 3

4 PREMESSA

5 Negli ultimi decenni la biologia della conservazione e gli obiettivi di salvaguardia della biodiversità sono usciti gradatamente dalla cerchia ristretta degli accademici sino a giocare un ruolo importante nei processi decisionali di politici e amministratori. Ormai da tempo è maturata la percezione del fatto che la conservazione del patrimonio ambientale non può più essere condotta solo su scala locale, deve anzi tener conto di fenomeni ecologici e socio-economici che operano su larga scala. Le tartarughe marine che, nell arco del proprio ciclo vitale, compiono ampie migrazioni attraversando le acque territoriali di diversi paesi, sono un classico esempio di come la conservazione della natura prescinde da confini geografici e competenze territoriali. Per loro il mantenimento di un buono stato di conservazione, essendo legato a ciò che accade in più nazioni, richiede un impegno sovranazionale. La Regione Puglia, con quasi 900 Km di costa caratterizzati da una notevole diversità ambientale, naturalistica e morfologica, riveste, insieme agli altri paesi che si affacciano sul bacino del mediterraneo, un importante ruolo nella salvaguardia di questi affascinanti animali marini, buoni indicatori dello stato di salute del mare. La costruzione e gestione di data-base e l analisi dei dati, in essi contenuti, può essere un valido aiuto al monitoraggio dello stato di conservazione di queste specie, oggi in pericolo di estinzione e protette da accordi e normative internazionali. L Assessorato all Ecologia della Regione Puglia è attualmente dotato di una banca dati relativa al fenomeno degli spiaggiamenti della fauna marina lungo le coste regionali. L opportunità di monitorare tale fenomeno nel tempo è emersa nel 1987 quando, lungo le coste pugliesi, si verificò una preoccupante moria di esemplari di Cetacei e Tartarughe marine, in particolar modo lungo la costa salentina. L allarme destato da tale evento ha prodotto un provvedimento di giunta regionale, il DPGR n. 58/88, che disciplina le procedure relative alla fase dell avvistamento della fauna marina spiaggiata sulle coste regionali; disponendo che 5

6 chiunque avvisti esemplari di fauna marina spiaggiati, vivi in difficoltà o morti, è tenuto a darne segnalazione alle autorità competenti. Il decreto n. 58/88 rappresenta ancor oggi un importante strumento normativo che permette di monitorare il fenomeno degli spiaggiamenti della fauna marina, soprattutto per le specie di particolare valore naturalistico. Prezioso e insostituibile si è rivelato l apporto degli enti segnalatori: Capitanerie di Porto, Servizi Veterinari delle Aziende USL e, in particolare per l area leccese, del Museo di Storia Naturale del Salento di Calmiera, che intervengono direttamente sul territorio e inviano costantemente dati e schede di segnalazione all ente regionale. Il data-base regionale utilizzato, è stato predisposto nel 2002 e, attualmente, è aggiornato nell ambito delle attività da me svolte, presso l Ufficio dell Autorità Ambientale Puglia dell Assessorato Ecologia della Regione. Nello specifico nel presente documento sono stati analizzati i dati relativi agli spiaggiamenti di tartarughe marine, avvenuti lungo le coste pugliesi negli ultimi dieci anni. L obiettivo è cercare di dare un quadro regionale complessivo del fenomeno, al fine di fornire un strumento di supporto alle politiche di conservazione di queste specie. 6

7 CAPITOLO 1 Generalità sulle Tartarughe Marine

8 1.1 Storia evolutiva Le tartarughe sono rettili di origine antichissima, che conservano molte caratteristiche dei loro più lontani progenitori, tanto che si sono meritate l appellativo di fossili viventi. Circa 300 milioni di anni fa, nel Carbonifero, un gruppo di anfibi arcaici, i progenitori dei rettili, lasciò l ambiente acquatico per conquistare la terraferma. Questi primi vertebrati terrestri, chiamati Cotilosauri ossia rettili capostipiti, riuscirono ad affrancarsi dall ambiente acquatico grazie ad una importante strategia evolutiva, l uovo amniotico, che poteva svilupparsi in ambiente subaereo. Dal ceppo originario dei Cotilosauri, nel Triassico (circa 200 milioni di anni fa), si separò il ramo evolutivo dei Triassochelidi progenitori dei Cheloni (tartarughe e testuggini). I Triassochelidi seguirono un evoluzione che portò alla comparsa di forme terrestri, palustri e infine marine. Queste ultime sono considerate le più recenti in termini evolutivi e sono derivate dal riadattamento all ambiente marino dei loro progenitori terrestri. Il processo della riconquista dei mari si realizzò nel Cretaceo (circa 80 milioni di anni fa), con la comparsa di forme arcaiche dei Cheloni marini, i cui fossili, presentano una struttura simile a quella delle attuali tartarughe marine. I Triassochelidi, si estinsero nel Pleistocene, circa 2 milioni di anni fa, originando la linea evolutiva dalla quale derivano tutte le attuali tartarughe. 1.2 Anatomia e Fisiologia Le tartarughe marine, come tutti i rettili, presentano eterotermia, quindi incapacità di mantenere la temperatura interna indipendente da quella dell ambiente esterno; questo le porta generalmente a prediligere acque temperate. Sono rettili marini perfettamente adattati alla vita acquatica grazie alla forma idrodinamica del corpo, e alla presenza di pinne propulsive. In 8

9 acqua possono raggiungere velocità superiori ai 35 km/h, nuotando agilmente con il caratteristico movimento sincrono degli arti anteriori. Il corpo è protetto da un robusto guscio, in cui il tessuto epiteliale è unito, attraverso un tessuto connettivale molto elastico, con le coste dell apparato scheletrico, che in realtà in questi animali funziona da esoscheletro. La corazza è formata dorsalmente dal carapace, costituito da placche cornee, e ventralmente dal piastrone; la disposizione e il numero delle placche cornee ha valore tassonomico, ossia è distintivo per le diverse specie. La testa, al contrario delle testuggini di terra e palustri, non ha capacità retrattile entro la corazza e ha un aspetto più o meno massiccio nelle diverse specie; la bocca è costituita da un robusto rostro o becco corneo, ed è priva di denti. Gli arti sono modificati in pinne, o natatoie: le anteriori molto sviluppate sono mosse dalla potente muscolatura dei pettorali maggiori, e assicurano la spinta propulsiva all animale per un agile e veloce nuoto in acqua; le posteriori, meno sviluppate e servite da una muscolatura più esigua, hanno funzione direzionale e sono utilizzate come timone. Generalmente sia il carapace che le natatoie ospitano organismi epibionti, prevalentemente crostacei e cirripedi, che vivono da commensali sulle tartarughe e, quando sono abbondantemente presenti, possono determinare alterazioni idrostatiche nel loro nuoto. Lo studio degli epibionti e degli altri parassiti, presenti nelle tartarughe marine spiaggiate, può essere utile sia a fornire preziose informazioni riguardanti l areale occupato da questi animali sia a ricostruire le rotte di migrazione utilizzate durante i lunghi spostamenti. Di notevole rilievo, ad esempio, è stata la presenza anche in Puglia del parassita Ozobranchus margoi (Anellide, Hiridineo), documentata di recente da Lia et al. (2003). Tale parassita infatti è ampiamente diffuso nelle aree tropicali e sub-tropicali dell Oceano Atlantico e Pacifico, invece è molto raro nel bacino del Mar Mediterraneo. La presenza di questo anellide, in tartarughe spiaggiate lungo le coste pugliesi fra il 2000 e 2002, è risultata essere la quarta segnalazione nel Mar Mediterraneo. L esemplare parassitato era un maschio di Caretta caretta probabilmente di provenienza atlantica, che forse aveva attraversato lo stretto di Gibilterra (Mare di Alboran) giungendo nel Mar Mediterraneo per poi spiaggiare nel golfo di Taranto (Mar Jonio), tale migrazione così lunga può essere messa in relazione alla ricerca di una femmina per l accoppiamento. 9

10 In questi animali le diverse strutture e gli apparati, come le vie respiratorie, la struttura polmonare, l apparato cardio-circolatorio, o anche l apparato digerente, presentano trasformazioni e adattamenti necessari all immersione e alla vita in mare. Per esempio la trachea e i bronchi sono sostenuti da anelli cartilaginei completi, indispensabili per evitare il collasso delle vie respiratorie, altrimenti causato dalla eccessiva pressione idrostatica durante l immersione. I due bronchi penetrano direttamente nella porzione anteriore del polmone; infatti non esistono bronchi secondari e nei bronchi principali ci sono una serie di piccole aperture, prive di cartilagini, che immettono direttamente nel parenchima polmonare aumentando così la superficie di scambio dei gas. I polmoni possiedono un ampia superficie respiratoria, un elevata vascolarizzazione e un alto contenuto di tessuto connettivo elastico, che conferisce notevole plasticità consentendo loro di resistere alle notevoli variazioni di volume. Nelle tartarughe marine la fusione delle coste con il guscio, in un unica struttura rigida, rende impossibili i movimenti della gabbia toracica: pertanto le variazioni di volume dei polmoni sono determinate principalmente dalla contrazione di opportuni muscoli respiratori. Due gruppi di muscoli addominali si contraggono per comprimere la cavità viscerale, aumentando la pressione intrapolmonare ed, in tal modo, richiamano aria nei polmoni. Durante l espirazione, la contrazione muscolare ventrale spinge i visceri contro i polmoni svuotando questi ultimi. Oltre a questa è presente una respirazione cosiddetta scapolare, dovuta alle oscillazioni ritmiche del cingolo scapolare, determinate dal movimento del collo e dal movimento sincrono degli arti anteriori durante il nuoto, che in acqua agevola enormemente la meccanica respiratoria. Al contrario la locomozione sulla terra ferma ostacola il respiro, in quanto il movimento contemporaneo degli arti induce una notevole compressione polmonare. Inoltre nelle tartarughe marine sono molto sviluppate, rispetto alle testuggini terrestri, le borse cloacali: si tratta di strutture secondarie coinvolte negli scambi respiratori, che entrano in funzione quando l animale si trova sommerso, in periodi di inattività e a basse temperature. Tali strutture probabilmente hanno anche funzione di bilanciamento idrostatico (Quaranta, 2003). Anche l apparato cardiovascolare presenta alcune particolarità che permettono l immersione in profondità. Il cuore ha la capacità di smistare il sangue tra circolo polmonare e sistemico, la ridistribuzione della gittata cardiaca permette, durante i periodi di apnea, di limitare il flusso sanguigno ai polmoni consentendo un più efficace utilizzo della riserva polmonare di 10

11 ossigeno. Inoltre, in alcune specie, come la Dermochelys coriacea, si sono evoluti particolari adattamenti fisiologici all immersione (gigantotermia, scambio di calore in controcorrente, meccanica cardiaca e circolazione del sangue) che limitano la dispersione del calore e contribuiscono al risparmio di ossigeno permettendole straordinarie immersioni in apnea (fino a metri di profondità). Infine anche l apparato digerente presenta adattamenti all alimentazione in acqua, per esempio la superficie interna dell esofago è caratterizzata da un epitelio corneo fornito di numerose papille digitiformi, che hanno la funzione di canalizzare il cibo in modo unidirezionale e contemporaneamente di eliminare l acqua salata che l animale ingerisce. Grazie a questi particolari adattamenti fisiologici le tartarughe marine sono capaci di apnee prolungate e possono raggiungere notevoli profondità a seconda delle specie. Generalmente esse trascorrono gran parte del loro tempo, al di fuori della stagione della riproduzione, riposandosi sui fondali marini. L attività di riposo avviene prevalentemente durante la notte in un range ottimale di profondità compreso fra 18 e 20 metri. A questa profondità infatti l animale, inspirando a pieni polmoni prima dell immersione, raggiunge la galleggiabilità neutrale, ossia la forza galleggiante è uguale alla forza di affondamento. Questo assicura, con uno sforzo fisico minimo, un tempo di riposo massimo, pari al tempo necessario all esaurimento della scorta di ossigeno. La durata media delle immersioni durante il riposo è sempre al di sotto di un ora, con picchi intorno ai 22 e ai 42 minti. 1.3 Ecologia In generale le tartarughe marine presentano diverse fasi nel loro ciclo biologico. Trascorrono la maggior parte della loro vita in mare aperto, in dominio neritico, ovvero quella parte delle acque al di sopra della piattaforma continentale (fra 0 e 200 metri). In questo ambito sono riconoscibili diverse tipologie di aree: le aree di alimentazione, quelle di svernamento, quelle di accoppiamento e le rotte di migrazione. Durante il periodo invernale le tartarughe diminuiscono la loro attività riducendo il metabolismo corporeo. Con l aumento della temperatura inizia la fase riproduttiva. In estate femmine e maschi convogliano nei siti di riproduzione, al largo delle spiagge dove le prime sono probabilmente nate. Gli accoppiamenti avvengono in acqua: le femmine si accoppiano con diversi maschi, collezionandone il seme per le successive nidiate della stagione. 11

12 Terminato il periodo degli accoppiamenti, mentre i maschi fanno ritorno ai siti trofici le femmine attendono per circa due settimane, in acque calde e poco profonde, il momento più favorevole per deporre le uova. Le femmine mostrano notevole fedeltà ai siti di deposizione e durante la notte raggiungono la spiaggia prescelta per deporre le uova; è questo l unico momento del ciclo vitale in cui le tartarughe adulte fuoriescono dall acqua, portandosi a metri oltre la battigia. Quindi, trovato il luogo più adatto, iniziano a scavare con gli arti anteriori una buca profonda a forma di anfora dove depongono in media un centinaio di uova. La deposizione può durare diverse ore; al termine di essa le tartarughe ricoprono la buca con cura per nasconderla ai predatori. Completata l'operazione fanno ritorno al mare; è un rito che si può ripetere più volte nella stessa stagione, ad intervalli di giorni. Finite le deposizioni, al termine del ciclo riproduttivo, le femmine fanno ritorno ai siti trofici. Il periodo di incubazione delle uova cambia al variare delle latitudini, oscillando tra 50 e 70 giorni con una temperatura ottimale di C. Come per altre specie di rettili, la temperatura determina il sesso dei nascituri: ad alte temperature (intorno ai 32 C ) nascono individui di sesso femminile, a temperature più basse (fra C), negli strati più profondi del nido, nascono solo maschi. A temperature intermedie il rapporto fra i sessi è di circa 1:1. Le uova si schiudono simultaneamente e i piccoli per uscire dal guscio utilizzano una struttura particolare, detta "dente da uovo", che verrà poi riassorbito in un paio di settimane. Usciti dal guscio, i piccoli impiegano molte ore per scavare lo strato di sabbia che sormonta il nido e raggiungere la superficie. Quindi, col calare della sera, orientandosi grazie alla luce lunare si dirigono velocemente verso la linea di orizzonte più chiara, che generalmente coincide con il mare. Solo una parte dei neonati riesce nell'impresa, poiché molti di essi cadono vittima di predatori (granchi, uccelli marini, predatori opportunisti come volpi o cani randagi ecc.); di quelli che raggiungono il mare, infine, solo una minima parte riesce a sopravvivere sino all'età adulta. Giunti all acqua, i piccoli iniziano la fase pelagica di dispersione in mare aperto, nuotando ininterrottamente per 24 ore consecutive, allontanandosi dalla costa. Le tartarughe trascorrono i primi anni di vita in uno stadio pelagico durante i quali si lasciano trasportare dalle correnti marine: tale periodo è noto come the lost-years, o gli anni perduti. Solo dopo diversi anni di vita (circa 5-20 anni), raggiunte le dimensioni adatte a proteggerli dai predatori, i giovani passano dalla fase pelagica al dominio neritico. La fase giovanile di accrescimento viene trascorsa in aree di alimentazione diverse da quelle degli adulti. Successivamente, sub-adulti e adulti migrano verso le abituali aree trofiche. Raggiunta la 12

13 maturità sessuale, gli individui ormai adulti abbandonano le aree di foraggiamento per intraprendere nuovamente la migrazione riproduttiva, che terminerà per i maschi con l accoppiamento in acque basse, per le femmine con la deposizione delle uova nella spiaggia natia o in una ad essa prossima. 13

14 CICLO BIOLOGICO DELLE TARTARUGHE MARINE

15 1.4 Classificazione delle Tartarughe marine Le tartarughe marine sono tassonomicamente inserite nell ordine dei Cheloni (a cui appartengono tartarughe e testuggini). Tale ordine può essere ulteriormente suddiviso in due sottordini: Criptodiri: che includono le specie che ripiegano il collo ad S secondo un piano verticale, tenendo il capo rivolto sempre in avanti; Pleurodiri: più primitivi, comprendono le specie che ripiegano il collo ad S secondo un piano orizzontale, portando il capo su un lato. Tutte le tartarughe marine appartengono al sottordine dei Criptodiri anche se, in realtà, questi animali hanno perso la capacità di ritrarre il capo a causa del notevole sviluppo della muscolatura del collo. Esse, inoltre, fanno parte di due Famiglie, i Chelonidi e i Derrmochelidi, che comprendono in totale sette specie di tartarughe marine oggi esistenti: ORDINE: SOTTORDINE: Chelonia (o Testudines) Cryptodira FAMIGLIA SPECIE NOME COMUNE Natator depressus Tartaruga piatta Lepidochelys olivacea Tartaruga olivacea Chelonidae Lepidochelys kempii (Garman, 1880) Tartaruga bastarda Eretmochelys imbricata (Linnaeus, 1766) Tartaruga embricata Chelonia mydas (Linnaeus, 1758) Tartaruga verde Caretta caretta (Linnaeus, 1758) Tartaruga comune Derrmochelidae Dermochelys coriacea (Vandelli, 1761) Tartaruga liuto A queste specie si aggiunge la Chelonia agasizii (Tartaruga nera), considerata da alcuni autori una sottospecie della tartaruga verde, dalle dimensioni leggermente più piccole e nota per la sua longevità. Nel Mar Mediterraneo sono presenti tre delle sette specie prima elencate: la più comune è la Caretta caretta; molto più rare sono la tartaruga verde (Chelonia mydas) e la gigantesca tartaruga liuto (Dermochelys coriacea). In letteratura altre due specie sono state segnalate nel Mediterraneo:

16 la tartaruga embricata e la tartaruga bastarda o di Kemp, ma dalla bibliografia si rileva che quasi certamente si è trattato di esemplari entrati occasionalmente per errore nel nostro mare. In particolare le popolazioni mediterranee sembrano avere contatti con quelle atlantiche: studi di marcatura e ricattura hanno mostrato come esemplari di tartaruga comune e tartaruga verde attraversino nei due sensi lo stretto di Gibilterra. Inoltre dal punto di vista delle tartarughe, il Mediterraneo è diviso in due bacini: quello occidentale, dove si trovano soprattutto esemplari giovani e di provenienza atlantica, e il bacino orientale, dove, probabilmente grazie anche alle temperature più elevate dell acqua, si registra la maggiore concentrazione di tartarughe pronte alla riproduzione. L Italia rappresenta una barriera oltre la quale le tartarughe, in procinto di deporre, raramente si spingono e poche fra di esse scelgono le nostre spiagge per la deposizione delle uova. Qui di seguito sono trattate più ampiamente le tre specie presenti nel bacino del Mediterraneo e quindi oggetto principale delle segnalazioni pervenute. TARTARUGA COMUNE - CARETTA CARETTA MORFOLOGIA I piccoli alla nascita hanno una lunghezza di circa 5 cm. La lunghezza del carapace di un esemplare adulto varia fra i 100 e i 150 cm, per un peso variabile tra i 100 ed i 180 kg. In generale le femmine adulte raggiungono dimensioni superiori, in termini di peso e di lunghezza del carapace, rispetto ai maschi adulti. 16

17 Il capo, molto grosso, ha un aspetto massiccio e robusto e si distingue per il numero delle squame cornee dorsali; se ne contano infatti due paia prefrontali e una inter-prefrontale. La Caretta caretta possiede un carapace ovale che, nei giovani esemplari appare striato di scuro, mentre negli adulti è di colore bruno-marrone piuttosto variabile, a causa di organismi epibionti e alghe che ne possono alterare la colorazione. Il piastrone è giallastro e a volte presenta grosse macchie di color arancione. La tartaruga comune è identificabile per la presenza di due unghie per ciascun arto anteriore e per la distribuzione delle placche cornee del carapace; se ne osservano una precentrale (o nucale), cinque vertebrali (o centrali), cinque paia costali (o laterali), 12 paia marginali e due sopracaudali (o pigali). Nel piastrone, invece, si trova una piastra intergolare, cinque paia ventrali e tre paia inframarginali sprovviste di pori. Gli esemplari giovani possono mostrare una carena dorsale dentellata, che conferisce un aspetto di "dorso a sega". Nei soggetti adulti e maturi esistono evidenti caratteri sessuali dimorfici: le dimensioni (le femmine generalmente sono più grandi); la coda (nel maschio è molto più lunga e con base più grossa); l apertura cloacale (circa a metà della faccia ventrale della coda nella femmina, più distale nel maschio); il piastrone (piatto nella femmina, concavo nel maschio, in cui inoltre assume consistenza più cedevole in fase riproduttiva); l organo copulatore e gli unghioni del secondo dito degli arti anteriori più sviluppati e ricurvi nel maschio. In ogni caso, va sottolineato che la distinzione del sesso, in base ai caratteri esteriori, risulta estremamente difficoltosa nei casi di grossi maschi ancora immaturi rispetto alle femmine adulte; nei giovani immaturi la distinzione del sesso è pressocchè impossibile. BIOLOGIA ED ECOLOGIA La Caretta caretta è una specie di norma solitaria, gli adulti si raggruppano in branchi solo nel periodo della riproduzione. Conduce tutta la vita in mare in dominio neritico, spingendosi a profondità fra 0 e 200 metri. Generalmente preferisce i mari caldi tropicali, ma frequenta anche le acque temperate, sfruttando le correnti calde per compiere migrazioni. Durante tali spostamenti in genere predilige i tratti costieri, forse per motivi trofici. La tartaruga comune presenta una dieta essenzialmente carnivora, costituita sia da organismi bentonici che planctonici: si nutre di pesci, molluschi, crostacei, gasteropodi, echinodermi e meduse. L accrescimento e il raggiungimento della maturità sessuale sono strettamente correlati alla temperatura ambientale e alle risorse alimentari, per cui i dati riportati in bibliografia 17

18 presentano alcune difformità fra i vari autori. Per C. Caretta i tempi di maturità sessuale riportati da alcuni autori sono: anni (Mendonça,1981); anni (Zug et al., 1983); anni (Nelson, 1988) 1. In cattività i tempi di maturità sessuale sono più precoci, intorno ai 6-7 anni; ciò è dovuto al fatto che molti studi sono condotti in soggetti mantenuti in ambiente controllato. Alcuni studi hanno anche messo in evidenza la correlazione fra lunghezza del carapace e maturità sessuale: Wyneken (2001) ha riscontrato che la lunghezza media del carapace nei soggetti che hanno raggiunto la maturità sessuale è di circa 92 cm (range ). Come le altre specie, anche la C. caretta compie lunghe migrazioni dai luoghi di alimentazione ai siti di deposizione. Essa ha, infatti, una eccezionale capacità di ritrovare la spiaggia di origine, dopo migrazioni in cui percorre anche migliaia di chilometri. E l unica specie che depone anche in Italia. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA La tartaruga comune ha un areale di distribuzione piuttosto vasto, compreso in acque tropicali e sub-tropicali. Diffusa nelle acque degli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico e nel bacino del Mar Nero del Mar Mediterraneo, in quest ultimo è la specie di tartaruga più comune e frequenta soprattutto le acque dell Italia, della Grecia, della Turchia e di Cipro ma anche di Tunisia, Libia, Siria e Israele. Nel Mediterraneo la specie è ovunque in sensibile rarefazione, minacciata dall inquinamento marino, dall antropizzazione delle aree costiere - che riducono gli habitat di riproduzione e ovodeposizione - e dagli incidenti causati dalle reti e dagli altri sistemi di pesca. Il maggior numero di località di ovodeposizione si trova nella parte orientale del bacino del Mediterraneo (Grecia e Turchia). In Italia sono sicuramente presenti siti di deposizione nella riserva marina delle Isole Pelagie e sono: la spiaggia della Pozzolana di Ponente di Linosa e la spiaggia dell'isola dei conigli di Lampedusa. Siti di ovodeposizione occasionali sono stati segnalati anche in altre zone della Sicilia meridionale, nonché lungo le coste della Sardegna occidentale, in Calabria e in Puglia. In particolare in Puglia segnalazioni passate riguardano le spiagge di Santa Maria di Leuca e della riserva marina di Torre Guaceto. Eccezionale è risultata la deposizione avvenuta nel luglio 2006 sulla Spiaggia di Torre dell Orso, segnalata 1 Caira M., Boscia D., Valentini L. (2003) Criteri e tecniche strumentali di valutazione del sesso nelle tartarughe marine - da atti del convegno le tartarughe marine dal veterinario, ott (Anche per i successivi dati citati in questo paragrafo) 18

19 dall Osservatorio faunistico della Provincia di Lecce presso il Museo di Storia Naturale del Salento di Calimera. (Cfr. Allegato A) TARTARUGA VERDE CHELONIA MYDAS MORFOLOGIA Negli adulti la misura del carapace risulta, in media di 100 cm, per un peso dell animale che generalmente è inferiore ai 150 Kg. I caratteri distintivi di questa specie sono le quattro placche costali per ogni fianco (e non cinque come nella tartaruga comune), la presenza di un solo paio di unghie sulle natatoie anteriori (e non due paia come nella tartaruga comune) e la presenza di un solo paio di squame cornee prefrontali sul capo (e non due paia come nella C. caretta). Rispetto alla tartaruga comune, inoltre, ha un capo più affusolato e l astuccio del becco corneo, che ricopre la mascella superiore, non è mai ricurvo. La colorazione del carapace, invece, non è sempre utilizzabile per una identificazione inequivocabile. BIOLOGIA ED ECOLOGIA La biologia e le fasi etologiche, della Chelonia mydas, sono simili a quelle delle altre specie di tartarughe marine. I giovani e i subadulti sono carnivori (con dieta molto simile a quella della C. caretta), mentre gli adulti sono quasi esclusivamente erbivori, con una dieta costituita essenzialmente da vegetali: alghe e fanerogame marine come Posidonia oceanica e Zostera marina. Questo tipo 19

20 di dieta rende la specie assidua frequentatrice delle basse acque costiere. Compie migrazioni di migliaia di chilometri, dai luoghi di alimentazione a quelli di deposizione. Secondo alcuni autori, Lutz e Musick (1997), C. mydas raggiunge la maturità sessuale tra i anni, mentre Balazs (1979) riporta circa 60 anni per i soggetti selvatici Come in C. caretta gli studi di Wyneken (2001) hanno messo in evidenza la correlazione esistente tra lunghezza del carapace e raggiungimento della maturità sessuale, in particolare in Chelonia mydas la lunghezza media del carapace in soggetti adulti è risultata di 97 cm (range ) 2. Come tutti i Cheloni, anche questa specie sospende le attività nel periodo freddo, potendo restare parzialmente infossata nel sedimento del fondo. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA La tartaruga verde frequenta soprattutto le acque tropicali dell Oceano Indo-Pacifico; nel bacino del Mediterraneo è poco frequente, nelle acque pugliesi in particolare sono riportate poche segnalazioni all anno di soggetti spiaggiati o in difficoltà. Non sono stati mai segnalati siti di nidificazione lungo le spiagge italiane ma solamente sui litorali dell isola di Cipro e in Turchia. 2 in Caira et. al., op. cit. 20

21 TARTARUGA LIUTO DERMOCHELYS CORIACEA MORFOLOGIA Questa specie è l unica rappresentante ancora vivente della famiglia Dermochelydae. E il testudinato di maggiori dimensioni; un individuo adulto maturo può raggiungere i 240 cm di lunghezza per 600 Kg di peso e una apertura delle natatoie anteriori fino a 2,5 m. Si distingue facilmente da tutte le altre tartarughe marine per l unicità del carapace: a forma di liuto, con carenature longitudinali (in numero di sette) e rivestimento dermico. Il colore è brunonerastro, con sfumature viola e piccole macchie chiare disposte irregolarmente. BIOLOGIA ED ECOLOGIA 3 La tartaruga liuto ha abitudini prettamente pelagiche, al contrario delle altre specie di tartarughe marine è in grado di compiere immersioni prolungate a notevole profondità; abitualmente raggiunge i 100 metri e occasionalmente può arrivare anche a metri. Interessanti sono i particolari adattamenti fisiologici che permettono a questa specie di raggiungere acque così profonde. D. coriacea ha polmoni più grandi di quelli degli altri rettili, e ciò indica che può utilizzare l aria in essi contenuta come riserva per l apnea, specialmente per immersioni poco profonde. Per immersioni a profondità massime questa tartaruga espelle l aria dai polmoni per evitare i rischio di embolia, che si verificherebbe alle alte pressioni 3 Cfr. Quaranta A. (2003) Fisiologia della respirazione e dell immersione nelle tartarughe marine Da atti del Convegno Le tartarughe marine dal Veterinario, ott

22 incontrate durante le immersioni. Non potendo conservare riserve di aria nei polmoni, per le immersioni più profonde ha sviluppato altre strategie di riserva di ossigeno. In questa specie, infatti, si è osservato che i depositi di ossigeno sono rappresentati prevalentemente dal sangue e dai tessuti (come avviene nei cetacei), mentre nelle altre specie di tartarughe marine dai polmoni. Queste tartarughe hanno capacità doppia, rispetto alle altre specie, di accumulo di ossigeno a livello ematico grazie agli altissimi livelli di emoglobina e mioglobina; questo assicura un rapido apporto di ossigeno ai tessuti, una notevole capacità di riserva e un efficiente turnover dei gas quando è possibile la respirazione. Oltre alle sviluppate capacità di riserva questi animali sono in grado di controllare il loro apparato cardiocircolatorio; attraverso il cosiddetto diving reflex ossia la bradicardia durante l immersione, per cui la frequenza cardiaca si riduce durante le immersioni e continua a decrescere all aumentare della profondità. Durante le immersioni eccessivamente lunghe queste tartarughe, possono far ricorso ad un metabolismo anaerobio, che induce un aumento di acido lattico nei tessuti e nei muscoli e porta ad un incremento di anidride carbonica. A tal proposito si è osservato che, come i mammiferi marini, le D. coriacea hanno una spiccata tolleranza ad alte concentrazioni di CO 2, a bassi livelli di ph e all incremento di acido lattico, in moda da poter resistere sommerse più a lungo di qualsiasi altro rettile. In questa specie, inoltre, sono presenti efficaci meccanismi di termoregolazione, dovuti alle notevoli dimensioni, ad un efficiente isolamento termico dei tessuti e a particolari meccanismi che coinvolgono la circolazione sanguigna. Per far fronte alle rapide variazioni termiche ambientali, D. coriacea sfrutta la sua gigantotermia, ossia l inerzia termica dovuta alla sua enorme mole. Infatti le notevoli dimensioni corporee tendono a isolare il core dell animale dagli sbalzi di temperatura dell ambiente esterno, consentendogli di mantenere un metabolismo basale basso e costante. Inoltre questi animali sono caratterizzati da uno spesso strato di tessuto periferico isolante. A queste caratteristiche fisiologiche, si aggiungono meccanismi vasali quali: lo scambio di calore controcorrente e il fenomeno dello shunting blood, che migliorano ulteriormente l efficienza termoregolatoria. Lo scambio di calore controcorrente permette di creare un enorme differenziale di temperatura lungo le pinne. La particolare disposizione in parallelo e controcorrente di arterie e vene nelle pinne, permette un continuo scambio di calore tra il sangue freddo delle vene (che proviene dalla periferia) e il sangue caldo e arterioso (che proviene dal core dell animale). Il meccanismo in controcorrente è coadiuvato dalla capacità di 22

23 ridurre o aumentare l irrorazione del sangue alle estremità del corpo (fenomeno dello shunting blood). In acque estremamente fredde viene ridotta l irrorazione alle estremità del corpo, riducendo così la dispersione termica verso l ambiente acquatico; al contrario in presenza di temperature elevate, come durante l ovodeposizione sulla terraferma, aumenta l irrorazione verso le estremità del corpo per massimizzare la dispersione del calore. Le capacità di termoregolazione permettono alle D. coriacea di mantenere una temperatura di circa 25 C nella maggior parte degli ambienti marini. Anche in acque artiche, infatti, con temperature vicine a quelle di congelamento, questa specie è capace di mantenere un gradiente termico di C. La capacità di sopravvivere in acque molto fredde e profonde deriva anche dall adattamento dei muscoli pettorali a lavorare in un range di temperatura molto ampio, compreso fra 5 e 35 C. Tutti questi adattamenti, nel metabolismo e nella fisiologia, permettono a questa specie di conquistare ambienti climaticamente molto eterogenei, compiendo lunghissime migrazioni. Il comportamento riproduttivo è simile a quello delle altre specie di tartarughe marine. Si nutre essenzialmente di animali planctonici: salpe, meduse e ctenofori, ma anche di molluschi, echinodermi e crostacei. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA Grazie ai particolari adattamenti precedentemente descritti, Dermochelys coriacea è fra i rettili che più si sono dispersi territorialmente, presentando la maggiore distribuzione mondiale. E diffusa, infatti, in tutte le acque tropicali e temperate del mondo, potendosi spingere anche in alcuni mari artici (è stata segnalata anche in Alaska). Per questa specie non sono mai stati segnalati siti di ovodeposizione sulle coste del Mar Mediterraneo, dove però la sua presenza è stata rilevata; in particolare, nelle acque pugliesi, molto di rado, solo due volte nell ultimo decennio. 1.5 Conservazione Tutte le sette specie di tartaruga marina sono a rischio di estinzione e compaiono nel Red Data Book dell Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). In particolare la Caretta caretta compare per la prima volta nel 1975 nel Libro Rosso dell IUCN 23

24 nella categoria di specie in pericolo (EN); successivamente nel 1998 è stata inserita anche nel Libro Rosso dei vertebrati italiani nella categoria specie in pericolo in modo critico (CR). Diverse sono le cause che stanno riducendo il numero di esemplari in tutti i mari del mondo. In primo luogo vanno considerate le criticità che riguardano i siti di nidificazione; sia in termini di impatti e minacce sui nidi esistenti, sia soprattutto in termini di progressiva scomparsa dei siti stessi. Queste specie infatti sono estremamente sensibili al degrado e al disturbo delle aree costiere scelte per l ovodeposizione. A questo va aggiunto che l esistenza di spiagge, in cui le femmine di tartaruga possano deporre le proprie uova, è di primaria importanza, in quanto se una femmina non trova un sito idoneo all ovodeposizione, dopo pochi giorni dall inizio della sua ricerca, libera le uova in mare, dove gli embrioni non hanno modo di svilupparsi. In Italia, in un recente progetto LIFE Natura 4, sono state analizzate le principali cause di scomparsa della Caretta caretta. Si è osservato che, per quanto riguarda i siti di nidificazione, si possono distinguere fattori di impatto sia naturali che antropici, in particolare fra le cause naturali si rilevano: Alterazioni delle caratteristiche geomorfologiche dei siti di ovodeposizione. Tali alterazioni sono dovute principalmente alle mareggiate e all erosione costiera che riducono l estensione della fascia di spiaggia idonea all ovodeposizione; Predazione a terra di uova e neonati da parte di animali domestici e selvatici (ratti, cani randagi, gabbiani, ecc.); Gravi risultano i fattori antropici di minaccia che riducono il numero di spiagge deserte, buie e con sabbia pulita, fra cui: Eccessiva pressione turistica. Essa comporta: il rischio di distruzione dei nidi (a causa del calpestio, rimaneggiamento della sabbia, escavazione di buche, ecc.); il disturbo diretto alle femmine che risalgono la spiaggia per nidificare; l intercettazione dei neonati nel loro percorso di avvicinamento al mare; Antropizzazione delle coste. Turismo, abusivismo edilizio, costruzione di strade, bassa pulizia della sabbia, ecc., causano la perdita di idoneità di moltissimi luoghi utilizzati storicamente per la deposizione delle uova. I principali elementi di disturbo sono rappresentati dalle fonti di luce artificiale, situate in abitazioni private e su strade costiere 24

25 pubbliche, in prossimità delle spiagge. Tali luci disturbano sia le femmine, che evitano l ovodeposizione, sia i piccoli appena usciti dal nido, alterandone l orientamento. Questi ultimi, infatti, scambiando le luci artificiali per la luce lunare, anziché dirigersi verso il mare, (che in condizioni naturali corrisponde alla linea di orizzonte più chiara), si indirizzano dalla parte opposta verso la fonte luminosa. Oltre agli impatti, sopra descritti, a livello dei siti di nidificazione e dei piccoli neonati, altra causa che influisce sul depauperamento delle specie di tartaruga marina, è la perdita diretta di soggetti sub-adulti e adulti. La gravità di tale perdita, per la salvaguardia delle specie, può essere messa in evidenza attraverso la scala del valore di conservazione, attribuito da Crouse et al. (1987) agli individui di Caretta caretta appartenenti alle diverse classi di età, in rapporto alle relative probabilità di sopravvivenza 5. VALORE DI CONSERVAZIONE STADIO DI VITA VALORE uovo 1 nato 1 giovane piccolo 1,4 giovane grande 6 sub-adulto 115,8 adulto 568,8 A tal riguardo oltre alle cause naturali dovute a patologie proprie della specie (affezioni respiratorie, parassitosi, ecc.); gravi risultano gli impatti diretti e indiretti causati dall interferenza dell uomo. In primo luogo le attività di pesca, soprattutto professionale ma anche sportiva, che determinano la cattura accidentale e generalmente la successiva morte delle tartarughe. Gli attrezzi più coinvolti nelle catture accidentali sono quelli utilizzati per la pesca dei grossi pelagici quali: le reti (reti derivanti per pesce spada e reti da traino pelagiche) e i palangari di superficie derivanti (detti anche palangresi). Questi ultimi sono un sistema di ami, che consiste 4 Balletto E. (a cura di) (2003) Piano d azione per la conservazione della tartaruga marina Caretta caretta nelle Isole Pelagie progetto LIFE 99 Nat/It/ edi. tur srl, 60 pp. 5 Balletto E., op.cit. 25

26 in una serie di lenze (dette braccioli), di cui un estremità termina con l amo da palamito, l altra estremità è collegata ad un cavo (la trave) lungo anche diversi Km. Ogni palangrese può portare diverse decine di ami a seconda della lunghezza della trave. La lunghezza dei braccioli determina la profondità a cui arrivano gli ami e può essere differente a seconda della specie oggetto della pesca.. Nelle popolazioni di tartarughe marine, le reti sono causa sia di morte, per annegamento o soffocamento, sia di lesioni meccaniche, anche gravi, alle pinne. Mentre gli ami dei palangresi, restando ancorati in diversi tratti dell apparato digerente, possono causare indirettamente la morte delle tartarughe, anche dopo molto tempo, per: sanguinamento, inedia o problemi dell alimentazione. Recenti studi, condotti da De Florio et al. (2003) durante le campagne di pesca nel Mar Ionio, hanno messo in evidenza come la percentuale di tartarughe marine catturate varia secondo l area di pesca, maggiore nello Ionio meridionale rispetto allo Ionio settentrionale. Inoltre il valore della taglia media dei soggetti catturati varia secondo l attrezzo utilizzato, sono risultati infatti più piccoli gli esemplari catturati con i palangari di superfice derivanti per il tonno alalunga, mentre di maggiori dimensioni le tartarughe catturate con i palangari per il pesce spada. Alla cattura accidentale dovuta alle attività di pesca si aggiungono inoltre i danni alle tartarughe e le perdite di esemplari, causate dalla navigazione (navigazione commerciale, diporto, ecc.), che comporta spesso lesioni delle pinne o del carapace degli animali. Infine vanno considerati gli impatti che indirettamente sono dovuti alle attività umane, ossia quelli causati dalla sempre più grave contaminazione dei mari da inquinanti chimici, inorganici e organici. Per esempio in letteratura sono riportati casi di intossicazione delle tartarughe marine e disturbi dovuti a metalli pesanti e composti organoclorurati. Inoltre le manifestazioni degenerative-necrotiche dell apparato digerente, dell apparato urinario, del polmone e del cuore che si riscontrano in tartarughe spiaggiate morte, possono essere riconducibili a fattori di origine biologica e chimico-fisica non ben definibili e forse legati all inquinamento delle acque (in Vlora, Rositani, 2002). Le interferenze antropiche con le tre specie di tartarughe marine presenti nel bacino del mediterraneo, sono messe in evidenza proprio dalla grande quantità di esemplari di tartarughe che si ritrovano spiaggiati lungo le coste. Per quanto riportato in letteratura, si può riassumere che in generale le cause più frequenti di spiaggiamento sono dovute a: Ingestione di ami e lenze da palamito; 26

27 Annegamento/soffocamento o lesioni alle pinne causate da reti pelagiche; Lesioni causate dall urto di eliche di natanti; Disturbi e alterazioni a organi e apparati dovuti all inquinamento marino; Patologie proprie della specie (Affezioni respiratorie, ecc.); Condizioni meteomarine avverse (mareggiate e basse temperature). Le problematiche legate alla conservazione delle tartarughe marine hanno portato i governi dei diversi Stati a intraprendere provvedimenti, finalizzati alla protezione di questi rettili. Nel capitolo successivo si fornisce un approfondimento in merito al quadro di riferimento normativo inerente la tutela di queste specie. 27

28 CAPITOLO 2 Il quadro di riferimento

29 2.1 Normativa e disposizioni internazionali Attualmente la protezione delle tartarughe marine è messa in atto a livello internazionale attraverso la ratifica, da parte di numerosi Stati, di alcune convenzioni internazionali e in particolare, nell ambito della Comunità Europea, attraverso specifiche direttive comunitarie. CONVENZIONE DI BARCELLONA: Stipulata a Barcellona il 9 e 10 giugno 1995 Per la protezione del Mediterraneo contro l inquinamento 6. Mira alla creazione di Aree particolarmente protette per la diversità biologica nel mediterraneo (ASPIM). In particolare tutte le 5 specie di tartarughe marine segnalate nel Mediterraneo figurano come specie a rischio di estinzione nell Annesso II del protocollo riguardante le ASPIM. Questa convenzione assume particolare importanza in quanto conferma e dà continuità al Piano d Azione per la conservazione delle Tartarughe Marine del Mediterraneo, già adottato nel 1989 dagli stessi Stati ratificanti. In particolare, per quanto riguarda l Italia, sono state date le seguenti indicazioni: ridurre l impatto della pesca italiana sulle popolazioni di tartarughe marine, in particolare nel Mar Ionio e nel Canale di Sicilia; intraprendere misure di protezione nelle aree più sensibili; assicurare la protezione delle ultime spiagge di ovodeposizione rimaste, integrandole il più possibile in tutti i piani di sviluppo e provvedendo all attuazione di un monitoraggio a lungo termine; anticipare il monitoraggio di altri potenziali siti di ovodeposizione; supportare la ricerca scientifica per l identificazione dei siti trofici, delle aree di svernamento e delle rotte di migrazione; 6 L Italia ha ratificato la Convenzione di Barcellona con la Legge n. 175 del e successive modifiche, tra cui la Ratifica ed esecuzione dell'atto finale della Conferenza dei plenipotenziari sulla Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall'inquinamento, con relativi protocolli, tenutasi a Barcellona il 9 e 10 giugno 1995 (GU n. 140 del , Suppl. Ordinario n. 116). 29

30 continuare lo sviluppo di una rete di osservazione lungo le coste italiane. L Italia ha ratificato la Convenzione di Barcellona con la Legge n. 175/99. In particolare tale legge prevede: a) il conferimento di uno statuto di protezione legale alle specie minacciate e/o endemiche, alla foca monaca ed alle varie specie di tartarughe marine e di cetacei presenti nel Mediterraneo, che meritano al riguardo una particolare attenzione 7 ; b) l applicazione, in cooperazione con le altre organizzazioni interessate, di piani d'azione per la foca monaca, le tartarughe marine ed i mammiferi marini 8. CONVENZIONE DI BERNA: La Convenzione di Berna, relativa alla Conservazione della fauna e flora selvatica europea e dei loro habitat naturali è stata sottoscritta a Berna sotto l egida del Consiglio d Europa il 19 settembre Tutte le specie di tartarughe marine segnalate nel Mediterraneo sono incluse nell Appendice II della convenzione come Specie di fauna rigorosamente protette. In Italia, la ratifica di questa convenzione 9, ha stimolato la creazione di alcune Riserve Naturali, come quella dell Isola di Lampedusa e quella delle Isole di Linosa e Lampione. CONVENZIONE DI BONN: La Convenzione di Bonn per la conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica è stata sottoscritta il 23 giugno 1979 e ratificata in Italia con la Legge n 42/ Le tartarughe marine mediterranee compaiono tutte in Appendice I. CONVENZIONE DI WASHINGTON 11 : La Convenzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, riguarda il commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione. Denominata in sigla C.I.T.E.S., è nata dall esigenza di controllare il commercio degli animali e delle piante (vivi, morti o parti e prodotti derivati), in quanto lo sfruttamento commerciale è, insieme alla distruzione degli ambienti naturali, una delle principali cause di estinzione e rarefazione in natura di numerose specie. La Convenzione, pertanto, è un accordo 7 Appendice I - Piano d'azione per la protezione dell'ambiente marino e lo sviluppo sostenibile delle zone costiere del mediterraneo misure giuridiche; 8 Appendice II - Settori prioritari di attività per l'ambiente e lo sviluppo nel bacino mediterraneo, Conservazione della natura dei paesaggi e dei siti 9 L Italia ha ratificato la convenzione di Berna nel 1981 con la Legge n. 503 del , Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell ambiente naturale in Europa (Suppl. ord. alla G.U. n. 250 dell' ). 10 L Italia ha ratificato la convenzione di Bonn con la Legge n 42 del (Suppl. G.U. n. 48 del ) Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica, con allegati, adottata a Bonn il 23 giugno 1979 e successive modifiche. 11 Cfr. Iannuzzello V. (2003) Legislazione e smaltimento di carcasse di tartarughe marine - da atti del convegno le tartarughe marine dal veterinario, ott

31 internazionale che di fatto impedisce il commercio e la cattura di fauna e flora in via di estinzione. Ogni spostamento di individui interi o di loro parti da un paese ad un altro è soggetto a un permesso di esportazione da parte del paese d origine e a concessione preventiva da parte del paese ricevente, rilasciata in base al parere dell autorità scientifica. All interno di questa Convenzione le specie animali e vegetali sono state suddivise in tre appendici, a seconda del grado di rischio di estinzione in natura. Queste liste sono periodicamente aggiornate. Tutte le specie di tartarughe marine sono inserite in Appendice I. È possibile la commercializzazione di esemplari inclusi in questa appendice solo se nati in cattività. L Appendice I, infatti, include le specie minacciate di estinzione immediata che sono totalmente protette dai regolamenti internazionali (dei paesi firmatari). Il prelievo di tali specie dall ambiente è vietato (tranne che per scopi scientifici ben documentati). I loro habitat sono ugualmente protetti e le parti contraenti si impegnano a proteggere anche i siti importanti per le specie migratorie: i corridoi di migrazione, le aree di svernamento, i siti trofici e di riproduzione. In Europa, l applicazione di questa Convenzione è stata oggetto di diversi provvedimenti legislativi a livello comunitario, fra cui ricordiamo il Reg. CE n. 338/96 e successive modifiche, che sostituisce il precedente regolamento di applicazione della Convenzione (Reg. 3626/82), introducendo norme più restrittive per il commercio di fauna e flora. Infatti nei due Allegati A e B, che recepiscono le due appendici della Convenzione di Washington, sono aggiunte specie che non sono incluse nelle stesse Appendici, ma per le quali l Unione Europea ha ritenuto comunque di estendere la medesima tutela definita dalla Convenzione. Tutte le specie di tartarughe marine sono incluse in Allegato A del Regolamento 338/96. In Italia, l applicazione della Convenzione di Washington è regolata da numerosi provvedimenti normativi e la sua attuazione è affidata a diversi Ministeri: Ambiente, Finanze e Commercio con l Estero, ma la parte più importante è svolta dal Ministero delle Politiche agricole, tramite il servizio C.I.T.E.S. del Corpo Forestale dello Stato, strutturato in un centro di coordinamento e diversi uffici periferici e nuclei operativi con funzioni di accertamento e controlli territoriali. CONVENZIONE SULLA BIODIVERSITÀ: approvata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, nel quadro della Conferenza delle Nazioni Unite sull Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile, è il primo atto che sancisce a livello internazionale il valore della diversità biologica (genetica, di specie e di ecosistemi) come bene fondamentale per il benessere dell umanità. Tutti i Paesi 31

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