LA VARIANTE AL PTCP DI MODENA LE ESPERIENZE DI ATTUAZIONE IN ITALIA DEL DM 9 MAGGIO 2001

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1 La pianificazione e la sicurezza del territorio: La pianificazione delle zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante. LA VARIANTE AL PTCP DI MODENA Sala Conferenze San Filippo Neri - Modena 15 gennaio 2004 LE ESPERIENZE DI ATTUAZIONE IN ITALIA DEL DM 9 MAGGIO 2001 Relazione dell arch. Patrizia Colletta Componente del Comitato tecnico scientifico per l attuazione del D.M. 9 maggio 2001 Le attività di pianificazione relative all attuazione del DM 9 maggio 2001, già avviate e in corso di predisposizione sul territorio nazionale, presentano aspetti di particolare interesse: si collocano, infatti, in una prospettiva di grande innovazione nel processo di pianificazione territoriale a livello generale e più in particolare nelle aree interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante. Un percorso complesso di pianificazione e programmazione territoriale che delinea il nuovo approccio a quello che può essere definito il governo integrato del territorio. Questo nuovo approccio è tanto più necessario nelle aree interessate dalla presenza di stabilimenti Seveso, la cui convivenza con il contesto antropico e ambientale circostante: la politica di localizzazione industriale ha, infatti, comportato la realizzazione di tali delicati impianti produttivi in aree fortemente antropizzate e densamente popolate, caratterizzate da infrastrutture di livello nazionale e internazionale con elevati flussi di merci e di persone e, spesso, anche in ambiti di pregio storico, ambientale, paesistico e monumentale. Il contesto di riferimento Tra gli aspetti positivi del procedimento di attuazione previsto dal D.M. 9 maggio 2001, vi è l indicazione di incardinare nel processo ordinario di pianificazione territoriale e urbanistica le tematiche settoriali ricomprendendo procedimenti che sinora sono stati programmati e gestiti separatamente. Infatti sino ad oggi la pianificazione territoriale e urbanistica ha avuto difficoltà di correlazione tra le previsioni di trasformazione urbanistica, il rischio tecnologico, il tema della sicurezza e della prevenzione, della tutela dell ambiente e del paesaggio. A questo corrisponde la carenza di un sistema relazionale e di coordinamento istituzionale tra i molteplici soggetti titolari di competenze diverse, (urbanistica, ambiente, protezione civile, attività produttive) ai vari livelli. 1

2 Dalla complessità del sistema deriva la molteplicità dei soggetti decisori e attuatori, in un quadro che rimane sostanzialmente separato dalle dinamiche economiche e sociali e che produce la inevitabile lentezza dei processi decisionali; a ciò si aggiunge la mancanza della valutazione sia dei costi esterni dovuti al consumo di risorse per le trasformazioni territoriali ed urbane che quella dei tempi di realizzazione degli interventi programmati in un processo di partecipazione alle scelte. Per queste ragioni, sinteticamente richiamate, l attuazione del DM 9 maggio 2001, sconta naturalmente una serie di difficoltà che assumono rilevanza diversa nella declinazione attuativa e nella pratica operativa e che possono essere individuate: nella difficoltà ad un approccio metodologico che deve essere necessariamente sistemico e integrato della pianificazione territoriale e urbanistica al tema del rischio tecnologico e della tutela dell ambiente nelle aree a rischio di incidente rilevante; nella necessità di attivare la concertazione istituzionale e il coordinamento procedurale come elemento fondamentale per la predisposizione degli strumenti e per la formazione della decisione; nella mancanza di nuova governance come pratica ordinaria per la pianificazione e per la programmazione territoriale e infrastrutturale. L attività di accompagnamento per l attuazione del DM 9 maggio 2001 Per accompagnare questo processo è stato costituito il Comitato tecnico scientifico nazionale per l attuazione del DM 9 maggio 2001 costituito presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti composto dalla pluralità dei soggetti che hanno predisposto il testo del Decreto, rappresentanti dei Ministeri concertanti, delle Regioni, e dell ANPA, ai quali sono stati aggiunti i rappresentanti dell UPI, dell ANCI, dell ISPELS, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL e delle associazioni di categoria Confindustria, Federchimica, Assogasliquidi, Assocostieri, Unione Petrolifera. Tra gli obiettivi che il Comitato ha assunto, prioritario è stato quello di voler costruire una rete di collegamento tra i soggetti istituzionali e non, che a vario titolo sono coinvolti nel tema del rischio di incidente rilevante, un tavolo di confronto e di lavoro per affontare le problematiche che proprio l attuazione del Decreto avrebbero presumibilmente posto. L attività del Comitato è stata strutturata in quattro aree tematiche: - Monitoraggio e analisi dell attuazione della normativa sul controllo dell urbanizzazione, nata per soddisfare la carenza di un sistema informativo capillare e strutturato a livello locale e di area vasta sia per il cd. regime transitorio dell attività edilizia, sia per la fase di adozione delle varianti agli strumenti di pianificazione di area vasta e urbanistici. Si prevede di fornire, da parte della Amministrazioni responsabili del D.M. 9 maggio 2001, alle Amministrazioni regionali, provinciali e comunali, ai soggetti imprenditoriali e sociali un supporto tecnico-giuridico integrato ed omogeneo sul territorio nazionale per risolvere nodi critici di attuazione e di interpretazione della normativa, anche alla luce delle differenti legislazioni regionali in materia di governo del territorio. - Proposte per lo snellimento delle procedure e dei processi e per il coordinamento istituzionale, nell ambito del D.M. 9 maggio 2001, che ha origine dall esigenza di promuovere il coordinamento tra i diversi soggetti competenti e interessati all attuazione della normativa, ed è rivolta a risolvere la carenza di sinergia tra le 2

3 azioni dei soggetti istituzionali e dei soggetti economici e sociali per la ricomposizione del rischio attraverso la pluralità degli strumenti esistenti. - Implementazione e procedure per l informazione e per la formazione, nell ambito dell attuazione del D.M. 9 maggio 2001, rivolta a: 1) incrementare l informazione diffusa alla cittadinanza, alle amministrazioni e ai gestori in merito alle diverse tematiche interessate dal rischio tecnologico (pianificazione del territorio, tutela ambientale, prevenzione, pianificazione e gestione dell emergenza, ), nonché promuovere lo svolgimento di corsi di formazione destinati a tecnici e agli altri soggetti pubblici e privati interessati; 2) promuovere forme di apprendimento operative contestuali e di supporto alla formazione degli strumenti di pianificazione territoriali o urbanistici. - Complessità territoriali e ambientali nelle aree a rischio di incidente rilevante che prevede l obiettivo di promuovere il coordinamento tra i diversi sistemi di programmazione pianificazione, di competenza di diversi livelli istituzionali, ovvero nel medesimo livello di diversi soggetti settorialmente competenti. Il tema di fondo è quello di costruire un quadro di pianificazione strategica delle azioni presenti nella medesima area a rischio di incidente rilevante, in relazione ai finanziamenti già disponibili e a quelli potenzialmente attivabili La prima iniziativa assunta dal Comitato è stata quella di una verifica sullo stato di attuazione del DM 9 maggio 2001, con la predisposizione e l invio di un questionario ricognitivo a tutte le amministrazioni i cui territori sono interessati da stabilimenti a rischio di incidente rilevante: tutte le Regioni e Province autonome, 100 Province e circa 700 Comuni. Il questionario è stato differenziato per ciascuno per soggetti istituzionali in quanto diverse sono le competenze e le potenzialità operative e strumentali ed è stato suddiviso in sezioni di cui la prima, la parte anagrafica dei soggetti (competenti governo del territorio, ambiente, protezione civile.) è uguale per Regioni, Province e Comuni; mentre le sezioni riguardanti l attività legislativa e amministrativa e l attività di concertazione istituzionale variano in funzione dei soggetti interlocutori. Alle Regioni, in particolare, è stato chiesto di indicare l attività legislativa e amministrativa svolta per l attuazione del DM 9 maggio 2001, sia per quanto riguarda le norme esortative contenute nell art. 2 del Decreto, sia per quanto attiene le iniziative di concertazione istituzionale nonché per l individuazione delle aree ecologicamente attrezzate e per il coordinamento tra la programmazione territoriale e il programma di previsione, prevenzione e protezione civile. Per quanto riguarda le Province e i Comuni il questionario ha approfondito lo stato di attuazione e le relative modalità di implementazione degli strumenti di pianificazione e programmazione. Oltre ad informazioni di carattere generale, relative all attivazione della verifica di compatibilità territoriale e ambientale indicata dal D.M., sono state richieste notizie più puntuali circa i dati quantitativi riguardanti gli stabilimenti interessati e le eventuali iniziative di concertazione territoriale attivata. Una sezione specifica del questionario è dedicata alla analisi dei Piani, provinciali o comunali e di protezione civile. In particolare, nel questionario riguardante le Amministrazioni comunali è stata inserita una sezione relativa all attività edilizia, al regime transitorio e informazioni circa le richieste dell Amministrazione al gestore per l adozione delle misure tecniche 3

4 complementari per la messa in sicurezza dell impianto in relazione agli elementi territoriali e ambientali vulnerabili. In questa prima fase le risposte pervenute non consentono di formulare una valutazione statistica di rilievo in quanto le percentuali di risposta sono basse per le Regioni e per i Comuni mentre per le Province il dato assume maggiore significatività. Inoltre, la peculiarità dei territori interessati dalla tematica rende particolarmente difficile costruire un campione rappresentativo su cui effettuare proiezioni sull universo da rappresentare; ciò nonostante, le realtà significative di livello nazionale comunque offrono spunti di riflessione interessanti. Il livello territoriale più attivo è proprio quello provinciale hanno risposto 41 province su a conferma che la programmazione territoriale di area vasta risulta l ambito più sensibile al problema. Alle Province, per competenza istituzionale, viene affidato il compito di perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile nonché il momento di sintesi delle politiche di sviluppo territoriale e di programmazione economica e sociale oltre che di pianificazione ambientale. A questo si aggiunge l orientamento strategico assunto da molte di esse, in funzione del proprio ruolo di protagonista della concertazione e di soggetto aggregante le diverse istanze ed esigenze sociali, economiche e istituzionali degli enti locali. Di particolare rilevanza, sono le esperienze avviate di revisione degli strumenti di pianificazione territoriale in importanti realtà come la Provincia di Napoli, di Genova e di Venezia, oltre che Modena, sia per la dimensione territoriale di livello metropolitano sia per la rilevanza dei siti che interessano. Ma significativi sono anche altre esperienze di seguito rappresentate. Fig. 1: Estratto da Indagine stato di attuazione della pianificazione ai sensi del DM 9 maggio DI.CO.TER - Ministero Infrastrutture e Trasporti e ARPAT segreteria Tecnica Comitato tecnico-scientifico 4

5 Dalle risposte dei Comuni (sono pervenute 151 risposte, in 48 Comuni hanno già attivato la verifica di compatibilità) si evince la forte necessità di una azione di concertazione istituzionale e l esigenza di affrontare con gli strumenti di copianificazione complessa e integrata ad un livello territoriale che è almeno intercomunale. Fig. 2: Estratto da Indagine stato di attuazione della pianificazione ai sensi del DM 9 maggio DI.CO.TER - Ministero Infrastrutture e Trasporti e ARPAT segreteria Tecnica Comitato tecnico-scientifico L altra considerazione riguarda la necessità di una capillare divulgazione e di approfondimenti del disposto normativo, soprattutto nei confronti delle Amministrazioni comunali, in quanto persiste una carenza conoscitiva e di consapevolezza sulle ricadute territoriali e sugli effetti riguardanti l attività edilizia, competenze proprie dell ente locale. Infatti dall entrata in vigore del Decreto, sino all adozione della variante urbanistica, vale il regime transitorio per la valutazione della compatibilità territoriale e ambientale dei singoli interventi edilizi e infrastrutturali così come previsti dall ambito oggettivo del DM 9 maggio Infatti il comma 3 dell art. 14 del D. Lgs. 334/99 dispone che, in caso di mancata approvazione della variante, i titoli abilitativi edilizi possono essere rilasciati o resi efficaci qualora il progetto sia conforme ai requisiti di sicurezza previsti dal [DM 5

6 9/05/01] e in ogni caso previo parere tecnico sui rischi connessi alla presenza dello stabilimento basato sullo studio del caso specifico o su criteri generali. E evidente la necessità che si realizzi, quanto prima, il processo di revisione degli strumenti urbanistici, tale da consentire una corretta gestione delle trasformazioni territoriali, urbane e infrastrutturali e di conseguenza inserire a pieno titolo il tema della prevenzione e messa in sicurezza del territorio in un quadro coerente di regole certe e condivise, anche per quanto riguarda l attività edilizia nelle aree a rischio di incidente rilevante. Infatti la valutazione di singoli progetti su singoli scenari di danno non affronta la complessità della problematica, depotenzia la capacità dell amministrazione nel governo del territorio e limita all esclusivo ambito oggettivo della norma la possibilità di intervento. In questo senso è di particolare importanza la proposta di legge della Regione Emilia e Romagna riguardante la regolazione puntuale del regime transitorio anche al fine di incentivare l adozione delle varianti urbanistiche da parte degli Enti locali. Dalle prime esperienze attivate a livello regionale e in ambito locale, è interessante la Delib. G.C. N 840 del 5/12/2002 della Regione Toscana, emanata ai sensi dell art. 13 della L.R. 5/95, con la quale sono state fornite le istruzioni tecniche per la pianificazione nelle zone interessate dagli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. Le norme di indirizzo sono connesse all applicazione della Legge Urbanistica Regionale e le istruzioni prevedono la valutazione di compatibilità rispetto agli elementi territoriali e ambientali vulnerabili nell ambito ordinario del processo di riconformazione della pianificazione territoriale e urbanistica, indipendentemente dall ambito oggettivo previsto dal DM 9 maggio La Regione Veneto con la Delib. G.R. del 14 settembre 2001, n.2331 ha formalizzato la costituzione di un gruppo di lavoro interassessorile al fine di predisporre il coordinamento degli adempimenti degli Enti locali previsto dal D.M. 9 maggio La Regione Marche ha invece predisposto sostegni finanziari da erogare alle Amministrazioni che attivano la procedura di variante urbanistica. La Provincia di Bologna, nell ambito del processo d approvazione del PTC ha anticipato l applicazione del decreto sul controllo dell urbanizzazione, costituendo il tavolo istituzionale promosso dalla medesima Provincia con il Ministero dei lavori pubblici, la Regione Emilia e Romagna, l ANPA, l ARPA Emilia, il Comando provinciale dei VV.F. e i Comuni interessati, ha consentito l avvio dell applicazione del D.M. 9 maggio 2001 nel quale, al punto 2 della premessa dell Allegato, si suggerisce l ipotesi di adottare processi e strumenti di copianificazione e concertazione che contestualmente definiscono criteri di indirizzo generale, di assetto del territorio e attivano le procedure di riconformazione della pianificazione territoriale e della pianificazione urbanistica. Elementi di implementazione per l attuazione del DM 9 maggio 2001 E evidente come i fattori rilevanti per l attuazione del D.M. 9 maggio 2001 siano l esistenza di soggetti istituzionali attivi, la conoscenza delle tematiche da affrontare e la competenza necessaria per individuare le migliori soluzioni possibili. In sintesi, il governo di questa complessità nella tematica della pianificazione nelle aree a rischio di incidente rilevante è l elemento determinante e qualificante per cogliere il dinamismo della società. 6

7 La distribuzione di competenze, di conoscenze tecniche e di risorse finanziarie devono trovare regole e luoghi di condivisione, entrare a fattor comune, per la predisposizione degli strumenti conoscitivi e per la partecipazione alla decisione, come fattore principale di successo. Anche l implementazione delle modalità di integrazione delle politiche ambientali, sociali e economiche, proposte nei percorsi dell Agenda 21 Locale, potrebbero rispondere a quella necessità di affrontare le dinamiche urbane, di trasformazione e di infrastrutturazione del territorio, di offrire servizi materiali e immateriali, in grado di garantire migliori livelli di qualità della vita e di ridurre le condizioni di disagio sociale, il degrado ambientale e la crisi occupazionale, dove la priorità è rappresentata dalla messa in sicurezza del territorio, in quanto la prevenzione dal rischio tecnologico lega a sé i temi della tutela della salute e della vita umana, la salvaguardia dell ambiente e la riduzione degli inquinamenti. Occorre, quindi una strategia integrata di Piano che renda compatibile lo sviluppo economico e il miglioramento della qualità ambientale. Questa ricerca di compatibilità non è semplice: infatti, è necessario valutare le performance di sostenibilità all interno delle politiche di sviluppo industriale, dei trasporti, del turismo, delle trasformazioni urbane ecc.., contabilizzando i costi esterni. Di conseguenza si impone la costruzione e la condivisione di indicatori di sostenibilità ambientale e di fattibilità tecnico-economica, per rendere oggettiva, trasparente e comunicabile tale valutazione prestazionale. Una occasione per l implementazione in questo senso degli strumenti di programmazione e pianificazione territoriale e urbanistica può essere rappresentata dalla Valutazione Ambientale Strategica che verrà recepita, in ambito nazionale entro il In Emilia e Romagna tale recepimento troverà comunque un ambiente evoluto in ragione della introduzione nel processo di pianificazione della Valsat operato dalla Legge regionale n.20/2000, che ha elaborato un approccio sistemico alle decisioni di trasformazione territoriale e alla conseguente valutazione degli effetti dal punto di vista sociale, economico, ambientale e culturale. Anche per l attuazione del DM 9 maggio 2001, si presenta il tema, già ampiamente sperimentato nella realtà modenese, della corretta informazione che nelle aree a rischio di incidente rilevante, è di particolare importanza nel processo di governance, per la formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistici, anche in relazione a quanto stabilito dalla Convenzione di Aarhus sull accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l accesso alla giustizia in materia ambientale 1. Il processo condiviso di validazione delle informazioni e di analisi dello stato della situazione sociale, economica e ambientale, attraverso la valutazione ex-ante, consente di pervenire alla formulazione di una proposta delle priorità d intervento da assumere nel processo decisionale e può consentire l integrazione tra il governo del territorio, la pianificazione ambientale, la prevenzione e protezione dai rischi naturali e tecnologici, la tutela dell ambiente e la riduzione degli inquinamenti: una prospettiva virtuosa per le Amministrazioni e i soggetti che programmano, valutano e gestiscono le trasformazioni territoriali e le risorse economiche, in un quadro composito nel quale la rappresentanza sociale, il mondo dell impresa, decidono insieme di affrontare il tema del governo integrato del territorio. 1 La Convenzione firmata nella cittadina di Aarhus nel 1998 ed entrata in vigore nel 2001 indica come obiettivo prioritario la promozione della partecipazione e della informazione consapevole. 7

8 In ultimo una considerazione sull evoluzione normativa del DM 9 maggio 2001 e sul percorso di attuazione in Italia il quale, anche se lentamente, sta sortendo gli effetti programmati: sulla base di un disposto normativo che fornisce requisiti minimi nel pieno rispetto dei ruoli e delle competenze istituzionali, grazie al principio di sussidiarietà e alla potenzialità di comporre filiere istituzionali è possibile costruire e implementare un sistema legislativo, amministrativo, strumentale e operativo in grado di dare risposte a tematiche così complesse e articolate in quanto è condizione necessaria ma non sufficiente avere buone leggi e decreti, se non ci sono solide macchine amministrative e politiche che le fanno muovere. 8

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