LA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI: SINTESI DELLE RICERCHE EFFETTUATE DAGLI ANNI 70 SINO ALL ULTIMO RESTAURO
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- Bruno Fedele
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1 LA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI: SINTESI DELLE RICERCHE EFFETTUATE DAGLI ANNI 70 SINO ALL ULTIMO RESTAURO ( in corso di pubblicazione in Atti del Seminario Internazionale Diagnosi, conservazione e restauro di dipinti murali dell estremo oriente: quando oriente e occidente si incontrano e si confrontano, Ravenna, maggio 2004, a cura del prof. Rocco Mazzeo, Longo ed, Ravenna ) Maurizio Marabelli, Paola Santopadre, Marcella Ioele- Istituto Centrale per il Restauro, Roma Vasco Fassina Soprintendenza al Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico del Veneto Roberto Cesareo - Università di Sassari Alfredo Castellano, Govanni Buccolieri, Stefano Quarta Università di Lecce Gli studi relativi alla Cappella degli Scrovegni sono il frutto di un lungo impegno portato avanti dal 1977 al 2002 da una equipe costituita da chimici, fisici, biologi, ingegneri, architetti e conservatori. Questo lavoro vuole riassumere soprattutto le ricerche chimico-fisiche svolte con quattro obiettivi principali: 1-studio dei materiali e delle tecniche utilizzate per la realizzazione dei dipinti murali 2-studio dello stato di conservazione e delle cause di degrado 3-studio dell ambiente 4-controllo dei metodi di pulitura della superficie pittorica. Per meglio delineare lo sviluppo delle ricerche si seguirà un ordine cronologico. Anni Due studiosi americani, Sayre e Majewski, avevano pubblicato nel 1963 un primo studio sullo stato di conservazione dei dipinti, rilevando una presenza significativa di solfato di calcio sulla superficie(1). Nel 1977, l Istituto Centrale per il Restauro (ICR) su iniziativa del direttore Giovanni Urbani si fece promotore di una ricerca interdisciplinare consistente in una serie di campagne di misure chimiche, fisiche, biologiche 1. Le analisi relative al contenuto di gesso dei dipinti confermarono nel modo più ampio e sistematico i dati dei due studiosi americani; i risultati più interessanti emersero dalle campagne di misura della qualità dell aria da cui si evidenziarono due dati fondamentali: a-la Cappella era uno spazio correlato strettamente con l ambiente esterno con un sensibile interscambio d aria a porta aperta b- la solfatazione dei dipinti era dovuta agli effetti della deposizione secca del biossido di zolfo e del particellato atmosferico, contenente insieme a gesso anche acido solforico. In figura 1 si mostra l andamento della concentrazione del biossido di zolfo il 21 marzo 1979, aprendo (open door,o.d.) e chiudendo ( closed door, c.d. ) la porta di ingresso della Cappella: si può facilmente arguire che l apertura della porta non regolamentata determinava una immediata diffusione all interno di biossido di zolfo, che veniva successivamente (a partire dal momento della chiusura) completamente assorbito dal carbonato di calcio delle pareti in circa quattro ore. Contemporaneamente si misurò il rapporto carbonato di calcio/gesso (mediante diffrazione dei raggi X) di campioni di intonaco dipinto prelevati a varie profondità, mettendo in evidenza una solfatazione molto netta, relativa alla polvere depositata e al primo strato di alcune decine di micron (v. tab. 1 ). 1 Il gruppo di lavoro fu costituito dall ICR in collaborazione con il Laboratorio CNR di Chimica e Tecnologia dei Radioelementi di Padova, le Università di Padova, Venezia e Roma, il Centro CNR Opere d Arte di Roma, l Istituto CNR FISBAT di Bologna e il Laboratorio chimico della Soprintendenza BB.AA.SS. di Venezia. 1
2 Tabella 1. Rapporto in peso carbonato/solfato di calcio in campioni di intonaco dipinto, a vari livelli campione carbonato/solfato Polvere depositata 47/53 Giudizio Universale, fondo grigio Intonaco sup. 63/37 Stesso punto, fino a 1 mm 89/11 Stesso punto, da 1 a 6 mm 100/0 Stesso punto, da 6 a 10 mm 100/0 Stessa zona,altro intonaco sup. 78/22 Come sopra, fino a 1 mm 94/6 Come sopra, da 1 a 6 mm 100/0 Come sopra, da 6 a 10 mm 100/0 Parete sinistra, fascia verde Intonaco sup. 61/39 Stesso punto, fino a 2 mm 100/0 Stesso punto, da 2 a 6 mm 100/0 Stesso punto, da 6 a 10 mm 100/0 Nascita di Maria Vergine, fondo blu Intonaco sup. 43/57 Parete destra, fascia verde Intonaco fino a 2 mm 90/10 Stesso punto, da 2 a 6 mm 100/0 Controfacciata, sotto la volta Tassello testimone del fondo* Intonaco sup. 87/13 Stesso punto, fino a 2 mm 100/0 Stesso punto, da 2 a 6 mm 100/0 Stesso punto, da 6 a 10 mm 100/0 * tassello lasciato da L.Tintori nel restauro eseguito negli anni 60 Venne anche eseguita una campagna microclimatica a cura del Laboratorio CNR di Chimica e Tecnologia dei Radioelementi di Padova, da cui risultò che l apertura della porta determinava scambi evidenti di masse d aria tra interno ed esterno con conseguenti dannosi gradienti termoigrometrici all interno della Cappella (2). Anni , 2000 A partire dal 1988 si ritenne necessario eseguire una seconda fase di studio con lo scopo principale di meglio comprendere le cause determinanti gli estesi sbiancamenti localizzati soprattutto sulle pareti di controfacciata e dell arcone, nonché i fenomeni ancor più diffusi di sollevamento e polverizzazione della pellicola pittorica. 2
3 In questa fase fu utilizzata la cromatografia ionica per l analisi dei sali solubili e il microscopio elettronico a scansione con microanalisi a raggi X in dispersione di energia (SEM-EDS) per l analisi elementale degli intonaci con particolare riferimento alla distribuzione dello zolfo. In fig.2 si mostrano i risultati relativi a cloruri, nitrati e solfati misurati negli estratti acquosi della polpa di cellulosa degli impacchi utilizzati per l estrazione dei sali solubili, da cui si evince una presenza significativa dello ione nitrato, non rilevato nella prima fase di studio. In fig. 3 si mostra una mappa a raggi X relativa alla distribuzione dello zolfo e del calcio in un campione di intonaco prelevato in controfacciata: la mappa evidenzia un assorbimento pronunciato del biossido di zolfo fino a circa 50 micron. In base a queste analisi, la solfatazione risultò compresa, mediamente, tra 10 e 60 micron ( raggiungendo talvolta anche i 100 micron) a partire dalla superficie esterna (3). In sintesi le cause determinanti sbiancamenti-ingiallimenti e danni meccanici alla superficie pittorica sono riassunte in tabella 2. Tabella 2. Possibili cause del fenomeno di sbiancamento- ingiallimento delle superfici 1-solfatazione del carbonato di calcio 2-cristallizzazione di sali solubili 3-microfratturazione e/o polverizzazione della pellicola pittorica 4-microfratturazione di un protettivo/fissativo della pellicola pittorica 5-alterazione cromatica e opacizzazione del protettivo/fissativo superficiale 6-ricristallizzazione del carbonato di calcio in superficie 7-formazione di una patina di ossalati 8-formazioni da attacco microbiologico. In particolare, nel caso della Cappella, le cause determinanti lo sbiancamento (parete di controfacciata) erano quelle indicate in tabella da 1 a 5 e 7. In fig. 4 si documenta il danno causato dalla cristallizzazione di gesso al di sotto della pellicola pittorica. Dopo questi rilevamenti, si eseguirono tra il 95 e il 96 campagne di misure relative alla qualità dell aria analogamente a quanto già fatto negli anni Si evidenziò che i livelli di polverosità interna raggiungevano valori più elevati d estate e di giorno (fino a µg/m 3 ). La quantità massima di biossido di zolfo era scesa a 50 µg/m 3 da oltre 100 µg/m 3, mentre il biossido di azoto presentava in inverno picchi intorno a 55 µg/m 3. Il biossido di azoto era sicuramente legato all inquinamento esterno da traffico veicolare diesel, con valori medio-alti delle medie semiorarie e picchi compresi tra 30 e 50 µg/m 3 ( v. fig. 5 ). Da questi risultati si poteva dedurre che i problemi legati all inquinamento rimanevano attuali in quanto a fronte di una forte diminuzione del biossido di zolfo, il biossido di azoto era presente in quantità significative. A completamento delle indagini sugli inquinanti atmosferici e sul microclima sono state condotte misure di scambi d aria interno/esterno, condotte con il metodo dell esafluoruro di zolfo. 2 Queste ultime avvalorarono le conclusioni tratte dalle campagne condotte negli anni 77-79, segnalando un massimo di 9 scambi d aria giornalieri (in estate e con presenza di visitatori, v. tab. 3 ). Dall insieme delle esperienze emerse così la necessità di chiudere l ingresso della controfacciata, di riaprire l antica porta di comunicazione con il palazzo Scrovegni, realizzando nel contempo un ambiente antistante (Corpo Tecnologico Attrezzato) per il contingentamento dei visitatori e per una migliore protezione della Cappella dai gradienti termoigrometrici e dagli inquinanti dell esterno. 2 Misure eseguite a cura di A. Ventura (soc. IMIT-Novara). 3
4 Tabella 3. Scambi d aria interno-esterno determinati con il metodo dell esafluoruro di zolfo condizioni d esercizio assenza di visitatori presenza di visitatori ( porta chiusa ) ( porta aperta ) tempo di ricambio complessivo aria h h h h numero di ricambi /ora numero di ricambi /giorno Dopo la realizzazione di questa struttura ( ) fu eseguita nel 2000 una ulteriore campagna di controllo degli inquinanti. In particolare, confrontando i valori di distribuzione di frequenza relativa delle concentrazioni diurne del particellato sospeso all interno della Cappella in estate con quelli degli anni precedenti si nota una netta diminuzione di tale inquinante (fig.6) (4). Anni Aspetti conservativi Il restauro dei dipinti murali, eseguito con il coordinamento dell I.C.R., dal giugno 2001 fino al marzo 2002, ha costituito l occasione per eseguire una serie di misure e controlli prevalentemente non distruttivi sul ciclo pittorico. Per quanto riguarda l aspetto conservativo sono state utilizzate due apparecchiature di fluorescenza a raggi X dispersiva in energia (XRF) tarate per la misura di zolfo e cloro sui dipinti murali: questa tecnica ha permesso di mappare la distribuzione di questi due inquinanti sui diversi riquadri, prima e dopo l intervento di pulitura. È stato così possibile determinare in modo non distruttivo la quantità di zolfo superficiale rispettivamente dopo applicazioni ad impacco di soluzione satura di carbonato d ammonio e di resina anionica forte (Akeogel-Syremont) con diversi tempi di applicazione. Dagli spettri riportati nella figura 7 si evidenzia la capacità estrattiva dei due trattamenti (5). La contemporanea estrazione con solventi organici e la successiva analisi mediante spettrofotometria infrarossa con trasformata di Fourier ( FTIR) e pirolisi gas-massa di zone trattate in precedenti restauri hanno messo in evidenza la presenza di resine acriliche, polistirene e polivilacetato quali fissativi, la cui microfratturazione ha comportato lo sviluppo di parte degli sbiancamenti superficiali. Contemporaneamente è stato messo in evidenza gesso, mediante diffrazione di raggi X, utilizzato come consolidante in precedenti restauri (6). Aspetti connotativi Per quanto riguarda la caratterizzazione dei materiali costitutivi e delle tecniche di esecuzione è stata eseguita una serie di misure spettrocolorimetriche delle campiture di colore nonchè l analisi dei pigmenti e delle finiture metalliche mediante XRF e altre procedure microdistruttive. 4
5 Scopo delle misure spettrocolorimetriche era quello di caratterizzare l applicazione di tre tecniche descritte da Cennino Cennini nel Libro dell arte: in particolare ci si riferisce all uso dei cangianti, dello sfumato e del risparmio. Come esempio in fig.8 è riportato il cangiante di un manto con le due tonalità di base di rosa e di azzurro: nella tabella 4 sono riportate le corrispondenti coordinate tricromatiche ottenute in diversi punti, che documentano il graduale passaggio dalla prima alla seconda tonalità di colore. Tabella 4. Flagellazione, coordinate cromatiche del manto cangiante rosa-viola Colore L a b rosa chiaro rosa deciso rosa violetto viola ombra La stessa tecnica spettrocolorimetrica è stata utilizzata per caratterizzare le superfici prima e dopo il restauro:nella figura 9 è mostrato un particolare del cielo prima e dopo la pulitura e nella tabella 5 sono riportate le coordinate tricromatiche misurate su diversi punti di azzurro. Dal confronto si può concludere come l azzurro abbia guadagnato in saturazione dalla pulitura, per eliminazione di uno strato bruno soprammesso con aumento della componente blu della luce riflessa (diminuzione di b) (7). Tabella 5. Coordinate di colore nel sistema di misura CIELab: Luminanza (L), componenti rosso-verde (a) e giallo-blu (b), dell azzurro del cielo prima e dopo il restauro Zona di misura colore prima del restauro L a b dopo il restauro L a b Matrimonio di Maria e Giuseppe, azzurrite del cielo azzurro scuro tendente al violaceo Resurrezione di Lazzaro, azzurrite del cielo azzurro scuro Entrata in Gerusalemme, azzurrite del cielo azzurro Giudizio Universale, 1 registro, lato sinistro, azzurrite del cielo tra fiaccola e stendardo angelo azzurro sbiadito Pigmenti, finiture metalliche, leganti e strati preparatori sono stati caratterizzati mediante le tecniche riportate in tabella 6. 5
6 Tabella 6. Tecniche d indagine utilizzate Pigmenti Finiture metalliche Leganti Strati preparatori XRF, microscopia mineralogica, osservazione di sezioni stratigrafiche, XRD, SEM-EDS XRF, XRD,osservazione di sezioni stratigrafiche, SEM-EDS, microsonda a raggi X dispersiva in lunghezza d onda (EPMA) Microspettrofluorimetria, pirolisi + gas-massa Osservazione di sezioni stratigrafiche e sezioni sottili, XRD, SEM-EDS L ampia gamma delle tecniche di indagine utilizzate si spiega con la necessità di caratterizzare un contesto che appariva piuttosto complesso. Per quanto riguarda le tecniche pittoriche sono state messe in evidenza due specifici procedimenti della maestranze giottesche: - la frequente finitura delle superfici pittoriche con lumeggiature realizzate con biacca e un legante oleoso - la stesura di pigmento a secco su intonaco non completamente carbonatato (8). Per quanto riguarda l identificazione stratigrafica del legante è stata utilizzata la microspettrofluorimetria, tecnica che ha permesso di identificare le classi dei componenti organici del medium nei vari strati pittorici (9). Le finiture metalliche sono state realizzate utilizzando quattro tipi diversi di lamine:oro, oro su stagno, stagno, oro e argento. Mentre le prime tre sono state messe in evidenza con una tecnica non distruttiva quale la fluorescenza a raggi X, per la lamina in oro/argento è stato necessario ricorrere a microprelievi e all analisi con SEM-EDS e EPMA. Lo spessore delle lamine d oro è risultato compreso tra 1 e 2 micron, lo stagno tra 15 e 20 micron, mentre la lamina in oro/argento ha mostrato una maggiore variabilità (tra 1 e 4 micron). Allo stato attuale tutte le finiture realizzate con oro appaiono in buono stato di conservazione (fig.10), mentre quelle in stagno e stagno dorato appaiono scurite in misura completa o parziale a causa dell alterazione dello stagno in ossido (romarchite) (fig. 11); la lamina in oro/argento si è completamente alterata per formazione di solfuro d argento (fig.12) (10). Conclusioni Il panorama che emerge dalle informazioni riportate mette in evidenza alcuni punti fondamentali e linee guida relativi a ricerche di questo genere: -la necessità di affrontare i problemi sia da un punto di vista archeometrico che conservativo, in quanto strettamente correlati gli uni con gli altri - l esigenza di caratterizzare l ambiente dal punto di vista chimico e fisico, in quanto direttamente influenzante i processi di deterioramento dei materiali costitutivi - l esigenza di monitorare lo stato di conservazione mediante indagini non distruttive, in modo da consentire nel tempo controlli e confronti - l esigenza di studiare i problemi attraverso il confronto e l integrazione fra indagini non distruttive e microdistruttive. Ringraziamenti Si ringrazia Alessandra Paradisi per l'aiuto fornito nell'esposizione del testo" 6
7 Bibliografia 1- E.V.Sayre, L.J.Majewski, Studies for the preservation of frescoes by Giotto in the Scrovegni Chapel at Padua. Technical investigation of the deterioration of the paintings in Studies in Conservation, 8, 1963, pp G.Urbani (a cura di ), Giotto a Padova, Bollettino d arte, s.s.2, anno LXIII, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma Si veda in particolare:d.camuffo e P.Schenal Microclima all interno della Cappella: scambi termodinamici tra gli affreschi e l ambiente, D.Artioli, M.Marabelli, C.Meucci Fattori ambientali e stato di conservazione dei dipinti murali della Cappella degli Scrovegni, G.Biscontin, S.Diana, V.Fassina, M.Marabelli Indagine sugli inquinanti atmosferici all interno e all esterno della Cappella. 3 -E.Borrelli, M.Marabelli, P.Santopadre, Studio dello stato di conservazione e messa a punto del sistema di pulitura in Il restauro della Cappella degli Scrovegni, Skira editore, Milano 2003, pp M.Marabelli, P.Santopadre, V.Fassina, Rilevazioni degli inquinanti atmosferici prima e dopo l istallazione del Corpo Tecnologico Attrezzato in Il restauro della Cappella degli Scrovegni, Skira editore, Milano 2003, pp.45-51). 5- M.Marabelli, M.Ioele, D.Artioli, A.Castellano, R.Cesareo, G.Buccolieri, S.Quarta, C.Cappio Borlino, La distribuzione dei solfati prima e dopo l intervento di restauro in Il restauro della Cappella degli Scrovegni, Skira editore, Milano 2003, pp M.Marabelli, P.Santopadre, M.Ioele, G.Chiavari, S.Prati, Studio dei materiali di restauro e dei prodotti di alterazione tramite analisi microdistruttive in Il restauro della Cappella degli Scrovegni, Skira editore, Milano 2003, pp M Ioele, M.Marabelli, Misure colorimetriche sui dipinti murali prima e dopo l intervento di restauro in Il restauro della Cappella degli Scrovegni, Skira editore, Milano 2003, pp M.Marabelli, P.Santopadre, M.Ioele, P.Bianchetti, R.Cesareo, A.Castellano, La tecnica pittorica di Giotto nella Cappella degli Scrovegni: studio dei materiali in Bollettino d'arte, volume speciale 2005 Giotto nella Cappella degli Scrovegni a cura di G.Basile, pp G.Bottiroli, A.Gallone, B.Masala, Analisi microspettrofluorimetriche di leganti organici in Bollettino d'arte, volume speciale 2005 Giotto nella Cappella degli Scrovegni a cura di G.Basile, pp M.Marabelli, P.Santopadre, M.Ioele, R.Cesareo, A.Castellano, M.Verità Le lamine metalliche utilizzate nella decorazione dei dipinti murali giotteschi in Bollettino d'arte, volume speciale 2005 Giotto nella Cappella degli Scrovegni a cura di G.Basile, pp
8 Didascalie delle figure Fig.1- Andamento della concentrazione dell anidride solforosa (SO 2 ) registrato il 21 marzo 1979 o.d. porta aperta, c.d. porta chiusa, mpn postazione a metà navata, out postazione all esterno Fig.2 Concentrazione degli anioni presenti nei tasselli di estrazione dei sali solubili effettuata su tutte le pareti Fig.3- Xgrafia SEM-EDS del calcio(rosa) e dello zolfo(verde), 80x Fig.4-Sezione stratigrafica osservata in luce trasmessa a nicols paralleli, ob.2,5x (foto a), particolare osservato a nicols incrociati, ob.10x (foto b). E visibile la cristallizzazione del gesso sotto la pellicola pittorica Fig. 5- Andamento delle medie semi-orarie del biossido di azoto(no 2 ) registrato nel periodo 31 gennaio marzo 1996 Fig.6- Distribuzione di frequenza relativa delle concentrazioni diurne del particolato sospeso misurate all interno della Cappella: confronto estate 1995-estate 2000 Fig.7- Spettri XRF dello zolfo relativi a diverse prove desolfatanti Fig.8- Veste cangiante rosa-viola con i punti di colore misurati Fig.9- Particolare del fondo azzurro (Il matrimonio di Maria e Giuseppe) confrontato prima (a) e dopo la pulitura (b) Fig.10- Aureola realizzata in oro Fig.11- Elmi in stagno completamente alterati Fig.12- Aureola in oro/argento alterata 8
9 Figura 1 Figura 2 9
10 Figura 3 a b Figura 4 10
11 µg/m 3 Figura 5 Figura 6 11
12 Figura 7 Figura 8 12
13 a b Figura 9 Figura 10 13
14 Figura 11 Figura 12 14
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