Lorenzo Palumbo IL MANAGER (ER)ETICO

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3 Lorenzo Palumbo IL MANAGER (ER)ETICO

4 Copyright MMXI ARACNE editrice S.r.l. via Raffaele Garofalo, 133/A B Roma (06) isbn I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: aprile 2011

5 Indice 9 Ringraziamenti 11 Introduzione 19 Capitolo I Etica manageriale: teoria e diritto 1.1. Il problema della moralità nella sfera dell azione del management, La discrezionalità manageriale, La libertà manageriale nel diritto societario, Il problema dell opportunismo, La tesi di Berle e Means, La tesi della teoria dell agenzia, Discrezionalità manageriale e difficoltà di regolazione legale, La saldatura fra diritto societario e teoria dell impresa, Discrezionalità manageriale «de facto», Capitolo II La libertà come condizione problematica per la regolazione etica dell agire manageriale 2.1. La libertà è il fondamento per la qualità morale dell azione manageriale, La libertà negli atti degli organismi internazionali, Capitolo III La libertà negativa e le sue condizioni 3.1. La libertà negativa, La libertà negativa e le condizioni di libertà dell azione manageriale, Discrezionalità, Indipendenza 5

6 6 Il manager (er)etico da interessi particolari, Non proprietà, L applicazione delle condizioni minime di libertà negativa nella sfera dei rapporti tra il management e la proprietà, La prima condizione. La discrezionalità, La seconda condizione. L indipendenza da interessi particolari, Le punizioni, Gli incentivi, Effetti negativi sul piano morale, La terza condizione. Non proprietà, Discrezionalità e indipendenza da interessi particolari, Analisi dei problemi, La resistenza alle punizioni, I mezzi per la resistenza alle punizioni, Un risultato insperato, La resistenza agli incentivi, Capitolo IV L interesse personale e la trasformazione della figura manageriale 4.1. La perdita di contatto della razionalità morale con la realtà e la trasformazione della figura manageriale, La metamorfosi manageriale in proprietà irresponsabile, Per concludere, Bibliografia

7 A mia madre, per avermi inculcato la speranza nella possibilità di redenzione dell uomo. A mio padre, per avermi insegnato che è preferibile perdere qualsiasi beneficio, piuttosto che perdere la libertà di esprimere la propria opinione.

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9 Ringraziamenti Desidero ringraziare Mariella Spagnolo, Giuseppina Palumbo e Patrizia Spallino che hanno letto e revisionato il manoscritto e i cui suggerimenti mi sono stati utili. Pina Lisuzzo che giorno dopo giorno si è offerta di ascoltare e discutere gli argomenti del libro, non facendomi mancare anche un costante incoraggiamento. 9

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11 Introduzione Questo lavoro vuole verificare se l agire dei manager delle imprese, sia il risultato di una scelta tra possibilità differenti oppure si configuri come la meccanica esecuzione di un programma predefinito che esclude ogni libertà e che, proprio per questa esclusione, conduce inevitabilmente ad un decadimento morale dell azione. Se l uomo è un essere libero che sceglie in autonomia, alla domanda «chi governa un impresa ha la possibilità di scegliere?», come sempre accade in filosofia, ne segue un altra che focalizza meglio il problema: «i manager delle grandi imprese sono uomini liberi e perciò capaci di una scelta improntata ad una qualche idea di bene, oppure sono condizionati o condizionabili nelle loro decisioni dai meccanismi che regolano i rapporti tra le varie componenti nelle organizzazioni economiche? La scelta è un eresia o è prevista dal canone?» L eresia etica con cui gioco nel titolo è la libertà di un ipotetico manager che prende la sua decisione di governo di un impresa, in conseguenza di una scelta. 1 Scegliere significa fondere in un unico atto conoscenza, immaginazione e capacità di decisione su quello 1. «Eresia» deriva dal greco airesij, haìresis derivato a sua volta dal verbo aipew (hairèo, «afferrare», «prendere» ma anche «scegliere» o «eleggere»). In origine dunque eretico era colui che sceglieva, colui che era in grado di valutare più opzioni prima di posarsi su una di esse. Il termine eresia nel nostro caso oltre a mantenere il significato originario di scelta, viene utilizzato in senso figurato per indicare una tesi, una prospettiva in contrasto con quelle generalmente accettate e praticate. La scelta etica di per sé, in ambito economico, suona come un eresia secondo un opinione largamente diffusa. 11

12 12 Il manager (er)etico che è possibile fare, giacché sull impossibile, come ci ricorda Aristotele, non possiamo scegliere. 2 In tale contesto, con questo lavoro, ho cercato di capire se i manager delle grandi imprese a proprietà diffusa, godono di uno spazio di autodeterminazione, protetto da interferenze esterne da parte di altre componenti dell impresa. Uno spazio legalmente istituito, 3 che possa consentire loro l esercizio di una scelta, e se questa libertà negativa 4 può essere utile per migliorare le loro prestazioni morali nei confronti di tutti gli stakeholder, proprietà compresa. Per quanto attiene all altra faccia della medaglia, vale a dire la libertà positiva, pur non essendo oggetto di una trattazione specifica, che pure sarebbe utile, man mano che si sviluppano le questioni, si colgono facilmente gli effetti su di essa, posto che i due significati della parola libertà sono permeabili l uno all altro. Ma è evidente che senza una base di libertà negativa, vale a dire un area di non interferenza nella quale un individuo (il manager) può agire senza dovere rendere conto a nessuno, non si potrebbe dare nessuna possibilità di libertà positiva, giacché questa implica che l individuo è libero solo se è in grado di determinare la sua volontà nel modo che ritiene, ma per fare questo, prima di tutto, non deve subire in alcun modo i condizionamenti o le interferenze altrui. Il soggetto eticamente rilevante per questo lavoro è il manager, inteso come individuo che deve scegliere all interno di un ambiente organizzativo. Pertanto, il manager di cui parlerò è un uomo concreto che chiede di sapere non che cosa sia il bene e cosa sia il male in generale, ma cosa sia bene fare o non fare in una determinata situazione. Le sue difficoltà di scelta sono riferite quindi a circostanze determinate e le richieste che vengono poste attengono alla necessità di dovere decidere operativamente dentro un organizzazione che agisce in un mondo concreto fatto di leggi, di cose, di persone, di inte 2. Aristotele, Etica Nicomachea, Libro I, Laterza, Bari Roma, 2005, Libro III, 1111b Come si potrà vedere più avanti, il Codice civile istituisce un area di non interferenza che attribuisce al manager l esclusività del compito di gestire l impresa. 4. Faccio riferimento alla nota distinzione di Isaiah Berlin tra libertà negativa e libertà positiva, in Quattro saggi sulla libertà, Feltrinelli, Milano,1989.

13 Introduzione 13 ressi. D altra parte si tratta di un lavoro di etica applicata e quindi, senza con questo scivolare in facili «pragmatismi», si deve fare riferimento necessariamente alla pratica, a cui l etica, in particolare quella applicata, deve tendere. Si tratta di prendere decisioni davanti a situazioni quotidiane che richiedono scelte valoriali contrastanti tra un etica speciale, quella economica, e l etica generale; che pongono in essere dilemmi non solo tra bene e male, giusto e sbagliato, ma tra «giusto e giusto» che, come tali, non hanno rilevanza sul piano legale, ma impegnano ugualmente i manager in complesse scelte morali. Dall analisi delle questioni, emerge che la proprietà dell impresa, se per un verso offre incentivi ai manager, per altri versi toglie ad essi il potere di decidere in senso morale riguardo alla conduzione dell impresa, scambiando questo potere con una promessa di guadagno. L agire manageriale, che secondo il Codice Civile dovrebbe essere libero, viene così intrappolato dalle pressioni che si presentano talvolta sotto forma di minacce, ma per lo più, di allettanti e cospicui incentivi. Di conseguenza, il movente che produce la decisione è imperativamente subordinato o alla volontà di neutralizzare le minacce o a quella di fruire al massimo grado degli incentivi e in entrambi i casi, comunque, in osservanza del diktat proprietario. Tenterò di mostrare che il manager, in questo contesto, non è più un essere autonomo e indipendente, libero di scegliere e di decidere le strategie di governo dell impresa, posto che la volontà proprietaria non si limita a verificare e valutare lo sforzo e la competenza del manager per massimizzare i profitti, ma si manifesta piuttosto in un esercizio di potere continuo e pressante che trasforma il dirigente d impresa in un mero esecutore delle richieste che vengono dalla proprietà. A questo punto, il risultato a cui si perviene è che il manager non è più nelle condizioni di agire liberamente e la sua decisione non è altro che la meccanica esecuzione di un atto voluto da altri. Al riguardo Aristotele dice: «Chi si dedica al guadagno è sottoposto a costrizione», 5 vale a dire non è libero. Purtroppo questa costrizio 5. Aristotele, Etica Nicomachea, Libro I, Laterza, Bari Roma, 2005, Libro 1, 1096a 5 10.

14 14 Il manager (er)etico ne, come vedremo in seguito, non solo mette in scacco il dettato del Codice Civile, ma non produce risultati osservabili sul piano morale, anzi è la prima causa degli scandali finanziari degli ultimi anni che hanno prodotto impatti devastanti per gli investitori, i lavoratori, i consumatori e la pubblica amministrazione. Per un altro verso, inoltre, il corso d azione che si genera, smentisce il disegno originario di fidelizzare il comportamento manageriale all interesse proprietario: accade infatti che il potere manageriale, se viene disciplinato con promesse di guadagno, si ribalta contro chi pensava di usarlo a suo vantaggio. Crolla quindi il progetto di chi elargisce incentivi, contando così di disporre del potere manageriale per allinearlo alla propria causa. Tanto è vero che i manager che non sono naturalmente «vocati» al dettato della massimizzazione del profitto per gli azionisti, quando sono istigati a farlo attraverso l incentivo, creano un corto circuito nel sistema, perché mettono in atto comportamenti che vanno nella direzione opposta a quella voluta dalla proprietà, approfittando della posizione privilegiata che occupano nell impresa. Abbiamo così il fallimento del «rimedio omeopatico»: dare denaro per curare la sete di denaro. Davanti a tale problema, questo studio propone una serie di argomenti teorici ed empirici per mostrare le aporie a cui vanno incontro i diversi tentativi di dare una giustificazione morale agli incentivi economici. Tra molto altro, dall analisi emerge anche che gli incentivi costituiscono una sorta di «illusione necessaria» che spinge le imprese a dare sempre maggiori incentivi, nella falsa convinzione che solo i manager super pagati possano raggiungere risultati migliori, ma la realtà dei fatti ha clamorosamente e abbondantemente smentito la validità del rapporto tra retribuzione dei manager e remunerazione del capitale. In questo contesto, propongo tre condizioni essenziali di libertà negativa per ridurre al minimo gli abusi dei manager delle imprese. Tali condizioni disegnano uno scenario in cui l agire manageriale riacquista un valore etico che però si rivela «eretico» rispetto al modus operandi di gran parte delle imprese del mondo occidentale. L esigenza di trovare una soluzione ai fallimenti della teoria classica del mercato concorrenziale e la nuova prospettiva di una soddisfacente convergenza dei fini dell etica e dell economia, sono le

15 Introduzione 15 coordinate generali entro le quali si muove il discorso sulla moralità dei comportamenti dei manager d impresa. Queste coordinate non definiscono un vero e proprio ambito di ricerca in quanto tracciano un orizzonte di conoscenza vastissima, quindi difficilmente indagabile. È bene quindi fornire a chi legge un ulteriore chiave di lettura per rendersi partecipe della prospettiva a cui guarda questo lavoro. Il presente studio si muove nella dimensione micro, secondo la definizione di Sacconi 6, poiché riguarda specificatamente i principi più particolari che regolano i comportamenti degli agenti economici considerati sul piano personale o individuale. In questa sede, l etica degli affari ha il compito di definire dei modelli applicativi per dare spiegazione e razionalità ai comportamenti dei singoli agenti, perché questi ricoprono ruoli che implicano insorgenze di ordine morale verso se stessi, verso categorie di individui o verso singoli che subiscono l impatto delle loro decisioni. Questa precisazione sulla dimensione è di grande importanza perché definisce il livello in cui si muove il ragionamento di questo lavoro. Al riguardo, è bene ricordare che la questione della moralità del management è un problema molto concreto e ciò perché non riguarda le scelte morali sul migliore sistema economico che un paese dovrebbe adottare, nè sull assetto proprietario di un impresa, tanto più che entrambe le questioni stanno e si esplicano su un piano di decisioni molto al di là delle possibilità operative di un manager. Vale a dire che i manager si trovano ad operare in un mondo già costituito in cui i principi e le norme organizzative delle imprese e del mercato sono già stabilite, senza che per loro vi sia la benché minima possibilità di modificarle. Piuttosto un manager, di norma, si misura con questioni assai più concrete che lo impegnano sotto un profilo morale con quotidiana cadenza: decidere di licenziare un dipendente, favorire l assunzione dell amico del proprio amico, vendere le azioni in un momento propizio, fare regali ad un cliente, 6. L. Sacconi, Etica degli affari, individui, imprese e mercati nella prospettiva di un etica razionale, il Saggiatore, Milano, pp

16 16 Il manager (er)etico offrire condizioni favorevoli di pagamento ad un fornitore per ottenere vantaggi e via di seguito. Ciò significa che il tema di questo libro è svolto a partire dalle scelte morali particolari di un agente, il manager d impresa, e non dalle teorie normative che informano tali scelte. Per tale ragione non mi occuperò dell analisi delle posizioni poste in campo dalle diverse teorie, ma di definire e affrontare problemi di ordine morale che si pongono al singolo manager all interno di un impresa. In sostanza, questo lavoro non cerca in nessun modo di elaborare un modello che definisca una tavola di principi morali che mettano in grado i manager di distribuire in modo equo gli oneri e i vantaggi del lavoro all interno dell organizzazione, e non è nemmeno uno dei tanti testi sul management per sviluppare la creatività, le competenze organizzative e di leadership. Il focus del lavoro è sull individuo, inteso come un uomo in carne e ossa che sceglie ogni giorno la cosa migliore da fare in un ambiente di decisione e in una situazione reale in cui ci sono leggi, istituzioni, fattori fisici e sociali, consuetudini, nonché altre ineludibili spinte da parte dell azionariato, del mondo politico, dei media, delle organizzazioni dei consumatori e più in generale da parte dell opinione pubblica. Sul piano metodologico quest approccio pare essere sensibilmente fecondo di soluzioni operative, perché mira a mettere a fuoco i concreti problemi della decisione manageriale. Altresì, assumo che gli atti di quest individuo sono il risultato di deliberazione che è frutto di un calcolo o di un ragionamento, escludendo a priori che egli possa agire in modo inconsapevole, per abitudine, per semplice reazione, in conseguenza di condizioni interne o esterne, presenti o antecedenti. Un altra coordinata essenziale è data dal tipo d impresa, posto che il ragionamento sulle insorgenze morali del management può variare in funzione dell assetto proprietario e delle norme di diritto societario che regolano le diverse tipologie societarie. Pertanto, il lettore consideri che non mi occuperò delle imprese non capitalistiche (cooperative o imprese no profit) e neanche delle imprese individuali, delle imprese gestite da società di persone o di

17 1v. L interesse personale e la trasformazione della figura manageriale 17 quelle a responsabilità limitata dove gestione e interesse proprietario coincidono. Le ragioni di questa delimitazione dell ambito d indagine attengono in realtà alla scelta di trattare i problemi morali connessi all attività manageriale nelle società per azioni, nelle quali il potere gestorio e la proprietà sono nettamente divisi, condizione questa che si rivela favorevole ad un agire manageriale libero. Ed è proprio la libertà di decidere, ovvero l eresia etica della scelta, che restituisce all agire, anche all agire economico, prospettiva e valore.

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19 Capitolo I Etica manageriale: teoria e diritto 1.1. Il problema della moralità nella sfera d azione del management Lo spazio di riflessione di questo studio mira ad individuare e analizzare criticamente le emergenze e le sfide morali poste al management d impresa al fine di costruire una modalità applicativa per tentare di risolvere alcuni conflitti decisionali e dilemmi morali tipici della funzione dirigente. La responsabilità manageriale è uno dei temi più controversi e difficili dell etica degli affari; una gran mole di studi negli ultimi trent anni ha cercato di definire quale sia la natura della responsabilità morale delle organizzazioni economiche e, in quest alveo, di stabilire quali siano i rapporti, gli atti e le decisioni di chi dirige un organizzazione che determinano l insorgenza di questioni etiche e sociali ai fini di un miglioramento delle prestazioni morali delle imprese stesse, ma anche per la costruzione di un immagine aziendale più attenta alle pressanti richieste poste dal consumo informato e consapevole. All interno di questo ambito generale, nello specifico della giustificazione morale del governo d impresa, si colloca la riflessione sulle implicazioni etiche dell azione manageriale in un mutato contesto di ordinamenti giuridici, di studi di etica degli affari e di Corporate Governance che definiscono, diversamente rispetto al passato, gli obblighi fiduciari dei manager non esclusivamente verso la proprietà. Da qui l esigenza di formulazione di una teoria complessiva di bilan 19

20 20 Il manager (er)etico ciamento degli interessi dei vari stakeholder dell impresa, vale a dire verso quella costellazione di soggetti che, come lo stesso termine stakeholder rivela, sono portatori di interesse nella gestione d impresa. In questa sede, a mo di incipit, propongo sinteticamente alcune delle questioni poste dalle teorie più importanti intorno al problema dei doveri e delle responsabilità del management. Il manager d impresa è un lavoro come un altro che ha delle responsabilità e degli obblighi verso altri, alla stessa maniera di un medico rispetto ai pazienti o di un insegnante nei confronti degli studenti. Ogni professione ha obblighi e responsabilità differenti che accompagnano quella professione ed attengono alla specifica condizione in cui è svolta. Ora se sappiamo esattamente quali sono gli obblighi e le responsabilità del manager, sapremo anche definire che vuol dire essere un buon manager alla maniera di Aristotele. Un buon medico ha il dovere di mantenere in piena salute il proprio paziente fino a che questo è scientificamente possibile, in base alla pratica medica. Un buon insegnante ha il dovere di istruire e formare i propri studenti fino al momento in cui può operare attraverso i metodi della didattica. Ma, mentre per il medico e l insegnante la teoria aristotelica può essere adottata senza particolari difficoltà, nel caso del management d impresa alla domanda su quali siano gli obblighi e le responsabilità che definiscono il buon manager vi sono più di una risposta che fanno capo a posizioni opposte. 1 Una prima posizione è quella di Milton Friedman che fa capo alla stockholder theory e più vicina alla teoria classica che sostiene la tesi secondo la quale la proprietà, dunque il capitale, assume il manager e detta a questi le condizioni contrattuali, imponendo di fatto una fidelizzazione della funzione all interesse della proprietà. I manager, dunque, per rispettare gli obblighi fiduciari che li legano agli azionisti, devono perseguire lo scopo di gestire l impresa in modo da rendere massima la remunerazione dei capitali investiti. Al riguardo Friedman, Nobel per l economia e consulente economico del presidente americano Ronald Reagan così scriveva: «In un 1. N.E. Bowie, P.H. Werhane, Management Ethics, Blackwell Publishing, Coventry (UK), 2005, pp. 2 4.

21 1. Etica manageriale: teoria e diritto 21 sistema liberistico, che garantisce la libertà d impresa e la proprietà privata, il dirigente d azienda è un dipendente della proprietà. Ha una responsabilità diretta verso i suoi datori di lavoro. La responsabilità consiste nel condurre il business secondo i loro desideri. Il che significa generalmente massimizzare i profitti senza disattendere le regole di base della società, sia quelle incorporate nella legge, sia quelle che fanno parte della moralità comune». 2 Il problema morale posto in questo passo è quello concernente la responsabilità del manager. Se il manager diverge rispetto al compito di soddisfare i desideri della proprietà, si pone un problema morale perché la sua azione attenta alle fondamenta moderne della società: la libertà d impresa e la proprietà privata. Secondo Friedman, se ciascuno di noi non ha la possibilità di fare impresa utilizzando come meglio crede la sua proprietà, perché chi gestisce questa proprietà, per delega, può assumere, ma senza essere legittimato a farlo, responsabilità diverse da quelle di massimizzare il profitto, allora viene meno il principio della libertà d iniziativa economica che è uno dei fondamenti delle costituzioni liberali del mondo. Per conseguenza di ciò, parlare anche di una responsabilità sociale delle imprese, per Friedman, è sovversivo perché infrange l accordo di delega fiduciaria tra il legittimo proprietario e il suo delegato. Pertanto, i manager non possono utilizzare il denaro degli azionisti per cause sociali ritenute moralmente giuste, poiché questo si tradurrebbe in una distorsione del compito per il quale essi sono stati incaricati dalla proprietà. Secondo Friedman, il manager che impiegasse le risorse dell impresa per finalità estranee al patto fra l impresa e il dirigente, che è quello di procurare un guadagno agli azionisti, commetterebbe un abuso, consistente nell utilizzo (abusivo) dei beni di altri individui per scopi contrari alla loro volontà. Quindi, la moralità del manager consiste nel rispetto dei diritti di proprietà degli altri attraverso la tutela della sovranità degli azionisti sulla destinazione dei propri averi M. Friedman, The social Responsibility of business is to increase its profits, in «New York Times Magazine», 13 settembre M. Friedman, ivi.

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