Anno 0, Numero 0 - Aprile 2010

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1 Anno 0, Numero 0 - Aprile 2010 Editoriale Nell ambito di Italian Resuscitation Council prende avvio una nuova iniziativa editoriale. Essa rappresenta il risultato della passione per lo studio e l aggiornamento continuo di una rete articolata di medici e infermieri italiani, che hanno deciso di condividere e mettere a disposizione dei soci quanto di più nuovo e di più interessante emerge dalla letteratura internazionale sulla patologia traumatica. proporrà, con cadenza trimestrale, un analisi accurata e selezionata della letteratura scientifica su tutto quanto coinvolge il mondo della traumatologia, a livello di organizzazione, epidemiologia, prevenzione, trattamento sulla scena e in ospedale. Il progetto è tutto da costruire. Per questo, di volta in volta su TJC i lettori potranno trovare materiale molto eterogeneo, come sintesi commentate di metanalisi, trial clinici e revisioni di letteratura, ma anche articoli originali proposti dai collaboratori. La diffusione del bollettino dovrebbe avvenire solamente per via elettronica; TJC sarà reperibile sul sito IRC ( accessibile ai soli soci attivi. L entusiasmo c è, le aspettative sono elevate. La Commissione Trauma ha fatto di questo progetto un obiettivo da perseguire con impegno. È stato arruolato un gruppo di lavoro coordinato da Carlo Coniglio e composto da Paolo Caputo, Roberta Ciraolo e Giovanni Sesana. Questo numero zero rappresenta una sorta di prova generale. Un assaggio sul quale lavoreremo per dare progressivamente a TJC una propria identità. Dai lettori ci aspettiamo non solo un puntuale feed-back, ma anche contributi da pubblicare. Chi desiderasse collaborare, è invitato pertanto a contattare la redazione all indirizzo traumi@ircouncil.it. Ogni contributo rispondente alle linee editoriali sarà ben accetto e valutato con attenzione per una possibile pubblicazione. Con la speranza di aver gettato le basi per rispondere almeno in parte all esigenza di aggiornamento dei tanti professionisti e cultori della disciplina, auguriamo a tutti buona lettura, con la raccomandazione di affrontare la lettura con spirito critico e stimolo all ulteriore approfondimento. Gianfranco Sanson Coordinatore Commissione Trauma IN QUESTO NUMERO Articoli originali - Il trattamento preospedaliero nella cura del Trauma Maggiore: gioca un suo ruolo o siamo noi che gli diamo un ruolo per continuare a giocare? - Paziente ipovolemico? Soluzione non indifferente! Selezioni dalla letteratura - Agenti per l induzione nell intubazione dei pazienti traumatizzati - Il monitoraggio della saturazione tissutale sul territorio: un nuovo parametro vitale per i servizi di emergenza medica - Studio di case-crossover su consumo di alcol, guida dopo i pasti e rischio di incidenti stradali - Linee Guida sulla rianimazione volemica preospedaliera nel paziente traumatizzato. È tempo di cambiare? - Deficit di basi all ingresso come fattore prognostico a lungo termine nel trauma pediatrico severo - Fattori predittivi di sopravvivenza nel traumatizzato con PEA

2 ARTICOLO ORIGINALE Il trattamento preospedaliero nella cura del Trauma Maggiore: gioca un suo ruolo o siamo noi che gli diamo un ruolo per continuare a giocare? La letteratura scientifica ha mostrato, negli ultimi 10 anni, un crescente interesse in merito al ruolo dei sistemi preospedalieri nell ambito della gestione del trauma maggiore. Gli Autori hanno prodotto ampia bibliografia sviluppando, sulla base dell esperienza intra-ospedaliera, specifiche aree di interesse. Sono state, in tal modo, aperte ampie discussioni in merito alla predittività dei sistemi di dispatch per la patologia traumatica, all opportunità ed alle tecniche di intubazione precoce del trauma cranico, alla figura ideale per l assistenza preospedaliera (medico, infermiere o paramedico), all utilità del trasporto primario tramite ala rotante, all indicazione per la resuscitazione volemica preospedaliera ed alle strategie di soccorso. Si sono prodotti dicotomici confronti tra i modelli scoop and run affidati ai paramedici e modelli stay and play nelle mani di medici d urgenza o anestesisti. Poche di queste discussioni scientifiche hanno però portato a conclusioni definitive o a livelli di evidenza sufficienti per poter ritenere una scelta più opportuna rispetto ad un altra. Le laconiche conclusioni: further studies are needed sono una cauta necessità in un ambito di ricerca complesso come quello dei sistemi preospedalieri. Troppe variabili, infatti, rendono i modelli di soccorso difficilmente confrontabili. Sembrano vane le speranze di leggere un Randomized Controlled Trial che confronti un sistema ALS based vs BLS based oppure uno studio che raggiunga un grado di evidenza sufficiente per decretare una differenza di mortalità in pazienti sottoposti a intubazione preospedaliera vs pazienti con intubazione differita. Forse, però, sbagliamo la domanda. Forse, riduciamo il fuoco su singoli contesti e perdiamo di vista la visione d insieme. Forse il valore di un sistema pre-ospedaliero risiede nel contesto operativo in cui si colloca. Forse gli indicatori dell adeguatezza clinica di un sistema pre-ospedaliero sono flessibili e devono dipendere dalle risorse umane e strutturali. Forse ciò che è opportuno e necessario in alcune realtà può costituire solo un rischio in realtà diverse Potrebbe per esempio accadere che l intubazione sia una procedura necessaria in un sistema rurale inclusivo in cui la ricettività di una risorsa centrale debba essere sondata mentre diventi inopportuna in un sistema urbano esclusivo. Dovremo allora investire in medici con adeguata formazione per il controllo delle vie aeree nel primo caso mentre l assistenza infermieristica, con uno skill efficace sull uso dei dispositivi sopraglottici, sarà sufficiente nel secondo caso. Potrebbe infine essere proposta una risposta graduata sulla base della necessità clinica, della logistica e delle risorse ospedaliere. Credo sia doveroso rinunciare all analisi del dettaglio operativo del singolo sistema pre-ospedaliero ragionando in una vera logica di Trauma System. La discussione si sposterà, allora, al confronto tra i modelli di Trauma System all interno dei quali l anello pre-ospedaliero assume peculiarità specifiche. Ritroveremo il modello esclusivo basato sulla centralizzazione primaria dello Stato del Maryland, il modello esclusivo basato sulla centralizzazione differita di alcune Regioni italiane o il modello parigino della Grand Garde. Nell ambito di ciascun modello assume il valore di adeguatezza ciò che lo stesso modello prevede come essenziale ed irrinunciabile. Disegni organizzativi che puntano sulla rapidità di ospedalizzazione non potranno rinunciare alla golden hour mentre modelli che si basano sull applicazione di manovre salva-vita nell ambito pre-ospedaliero non accetteranno di differire la decompressione di uno pneumotorace. L impatto definitivo sulla mortalità e morbidità dipenderà dalla capacità di combinare opportunamente i principali fattori che la ricerca ha individuato, con vario livello di 2

3 evidenza, come determinanti dell outcome. In tale contesto, sono in particolare tre principali variabili di sistema ad aver assunto specifico interesse: 1) tempi di ospedalizzazione 2) livello dell assistenza clinica sulla scena 3) risorsa di ospedalizzazione Il peso specifico di ciascuna di queste variabili è intrinsecamente legato alle altre giacché, ad esempio, il valore di una risorsa esclusiva perde di significato se i tempi di ospedalizzazione superano un livello soglia. Analogamente un trasporto rapido di un paziente con una lesione time sensitive (pensiamo alla lesione di bacino) in una risorsa inefficace per il trattamento vanifica l ottimizzazione dei tempi preospedalieri. Appare invece ragionevole puntare sulla flessibilità dei sistemi di soccorso limitando, ad esempio, gli atti terapeutici nei casi di ferite penetranti, prediligendo protocolli di evacuazione rapida anche eventualmente con mezzi di soccorso di base. Siamo tutti consapevoli, infine, che la possibilità di costruire il modello di un Sistema di Soccorso Preospedaliero passa attraverso la sostenibilità delle proposte di ristrutturazione. Modelli urbani tradizionalmente inclusivi e non progettati per la centralizzazione mostreranno fragilità strutturali ad esempio nelle disponibilità di posti letto in area intensiva dedicati al trauma maggiore. Naturalmente questo è un punto che anche un Sistema Preospedaliero non può ignorare e di cui deve tenere conto nello smistamento delle destinazioni, nel triage e nell eventuale disponibilità a supportare la risorsa Ospedaliera nel successivo trasferimento secondario. La costruzione degli indicatori di efficienza del Sistema Trauma (Preospedaliero e Intraospedaliero) dovrà in tale logica tenere conto non solo dei parametri suggeriti dall Evidence Based Medicine ma anche degli obiettivi che il singolo Sistema, in base alla propria filosofia organizzativa ed alla propria strategia, si è assegnato. Forse il problema non è più banalmente: intubo sulla strada? Affido la gestione del traumatizzato al medico o all infermiere ma - piuttosto: sono stato capace di organizzare una rete di allerta precoce in grado di identificare la gravità del problema ed indirizzare il paziente giusto nel posto giusto nel minor tempo possibile in sicurezza? Credo che un Sistema di Soccorso Preospedaliero Moderno abbia una dignità almeno pari a quella di un Sistema Intraospedaliero e che forse questa dicotomia sia anacronistica. Credo che un Sistema Preospedaliero non debba ritagliarsi un ruolo ma debba giocare quello che il Trauma System gli ha affidato all interno di un progetto ed una strategia comune, progetto che deve prevedere degli obiettivi e degli indicatori di risultati. Tali indicatori forse non sono più quanti pazienti abbiamo intubato sulla strada e probabilmente nemmeno quanti liquidi abbiamo infuso bensì qual è il livello di overtriage e di undertriage del nostro dispacth, quante volte siamo stati costretti a trasferire un paziente da una risorsa meno attrezzata perché l abbiamo ritenuto non grave Al momento c è un unica certezza. Qualunque sia il disegno organizzativo che ogni realtà decide di darsi (dal più complesso come può essere quello di una grande metropoli al più semplice dove l unicità della risorsa dedicata al trauma maggiore detta le regole) è fondamentale ragionare sui dati. Il Registro Traumi fatto in strettissima collaborazione fra il sistema pre e quello intraospedaliero (in un vero Sistema Trauma) diventa uno dei fattori più importanti. Soprattutto per ciò che avviene fuori dall ospedale perché sarà l evidenza della bontà del trattamento in quella singola realtà a generare le scelte. Così, finalmente, non dovremo più affannarci per dimostrare se esiste un ruolo del preospedaliero nel trauma maggiore perché allora, dati alla mano, sarà evidente che questo lo possiede già. Giovanni Sesana Direttore A.A.T. 118 Responsabile SSUEm 118 Centrale Operativa - Elisoccorso Azienda Ospedaliera Niguarda Ca' Granda - Milano 3

4 ARTICOLO ORIGINALE Paziente ipovolemico? Soluzione non indifferente! Gli ultimi due annuari della società europea di terapia intensiva (ESICM), di cui l ultimo distribuito un paio di mesi fa, mantengono alta l attenzione sull utilizzo probabilmente NON SAFE dei colloidi sintetici, a fronte di una non inferiorità delle soluzioni saline nel rimpiazzo volemico della maggior parte dei pazienti critici. Tra i colloidi, l unica soluzione che finora non si è dimostrata dannosa, eccezion fatta per due categorie di pazienti, è l albumina umana al 4%. Il corpo umano è costituito per circa il 60% da acqua, e subisce variazioni con il sesso e l età. I compartimenti nei quali l acqua corporea, in diverse proporzioni, si distribuisce sono: intravascolare, intracellulare ed interstiziale. La quantità di acqua contenuta nel comparto intravascolare è pari all 8% per un soggetto adulto (10% nei bambini) ed il suo mantenimento entro un range costante, rappresenta la priorità dell organismo. Il goal di ogni terapia è rispettare la stessa priorità, ovvero reintegrare i liquidi intravascolari perduti, utilizzando soluzioni qualitativamente simili alla perdita e tempi analoghi a quelli nei quali si è instaurata la perdita stessa. I liquidi utilizzati per il reintegro della volemia si classificano in soluzioni cristalloidi o saline e soluzioni colloidali sintetiche o naturali. La differenza fondamentale tra colloidi e cristalloidi è la capacità di rimanere all interno del compartimento vascolare. Fino a poco tempo fa si riteneva che la quantità di cristalloidi necessaria al rimpiazzo volemico fosse da 3 a 5 volte superiore rispetto ai colloidi e che, quindi, la rianimazione condotta con cristalloidi richiedesse più tempo per essere soddisfacente ed esitasse in una maggiore quantità di edema interstiziale, con potenziali effetti avversi sull outcome. Delle soluzioni saline, teoricamente, circa il 20% rimane all interno dei vasi e diventa volemia efficace, il resto si distribuisce nel compartimento intracellulare ed interstiziale: a parità di risultato, sarà necessario infonderne una quantità maggiore. In realtà negli ultimi anni si è visto che il volume effettivo di cristalloidi necessario al raggiungimento del target terapeutico è inferiore al previsto su base teorica, facendo perdere ai colloidi gran parte dei benefici ad essi ascritti. Infatti studi clinici più recenti rivelano un rapporto cristalloidi / colloidi di circa per la salina e 1.4 rispetto all albumina 4% (SAFE) e 1.5 rispetto all HES (VISEP). È possibile concludere quindi che la volume ratio necessaria per la rianimazione si attesta entro un range di Le soluzioni saline ipertoniche sono, allo stato dell arte, considerate ancora sperimentali nell uomo, eccetto che per il loro uso nei casi di ipertensione endocranica ed edema cerebrale da trauma cranico. In caso di ipertensione endocranica, pur rimanendo il mannitolo farmaco di prima scelta, l ipertonica rappresenta un interessante terapia di salvataggio per migliorare la perfusione cerebrale. Di recente è emerso un suo ruolo anche nei casi di encefalopatia epatica dopo insuccesso della terapia con mannitolo. Nello shock da ustioni, l ipertonica sembra essere in grado di ridurre l ipertensione intra-addominale, se comparata con le soluzioni di Ringer lattato. I colloidi, al contrario, si somministrano in proporzione esattamente identica alla perdita stimata. Essi, infatti, nell immediato non si disperdono negli altri distretti corporei, ma tendono a rimanere all interno del comparto vascolare generando una pressione colloidoosmotica, che, successivamente, richiama liquidi dall interstizio incrementando la volemia in misura maggiore rispetto alla effettiva quantità infusa. Questo, da sempre, ha rappresentato un attrattiva non indifferente all utilizzo dei colloidi, poiché in una situazione in cui il danno d organo dettato dall ipoperfusione (danno secondario) si instaura e si aggrava in maniera tempo dipendente, la possibilità di ottenere un reintegro volemico con quantità contenute di liquidi ed in tempi contratti offre un indubbio vantaggio. Nel fluid challenge il reintegro deve essere rapido e, in ambiente intraospedaliero, sotto il controllo delle pressioni di riempimento. Per osservare una risposta emodinamicamente significativa la quantità iniziale deve essere di 250 ml di colloidi o 500 ml di cristalloidi, eventualmente ripetibili. Nel paziente con ipovolemia acuta, per avere 4

5 un idea della quantità di liquidi perduti e, quindi, di quanto reinfondere prima di attendersi una risposta emodinamica soddisfacente (raggiungimento dei target pressori, ribilanciamento del rapporto DO 2 /VO 2 /O 2 demand) è utile servirsi, almeno in prima battuta, di semplici protocolli, utilizzabili anche in ambiente preospedaliero (PTC, ATLS) dove il monitoraggio è forzatamente ridotto. 1. Calcolo della volemia per paziente adulto: peso in Kg x 8 /100 = volemia stimata in litri. 2. Calcolo delle perdite e inquadramento del paziente critico in una classe di shock - Classe I: 15 % di perdita, sintomo principale tachicardia in assenza di ipotensione. - Classe II: fino al 25% di perdita, sintomo principale insieme alla tachicardia più intensa e alla tachipnea, l agitazione, sempre in assenza di ipotensione. - Classe III: 30 40% di perdita, compaiono ipotensione e sonnolenza - Classe IV: > 40% di perdita, scompare il polso periferico, l ipotensione e i segni di ipoperfusione sono marcati, il paziente è in coma. Il trattamento deve essere tempestivo ed aggressivo soprattutto nelle ultime due classi, tuttavia in un paziente particolarmente compromesso o affetto da CI, anche una classe seconda non trattata tempestivamente può rapidamente giungere all esaurimento dei meccanismi di compenso e sbilanciare in maniera grave il rapporto DO 2 /VO 2 fino al danno d organo. Per quanto concerne il discorso sui colloidi, esistono colloidi naturali e colloidi sintetici a lunga e breve emivita. I colloidi a breve emivita (gelatine) si comportano in acuto come colloidi, in un secondo momento, come le soluzioni saline, si ridistribuiscono nello spazio interstiziale. Le soluzioni di gelatine contano su un uso storico ed hanno dimostrato, al pari dei cristalloidi, di essere efficaci in termini di stabilizzazione emodinamica, ma di non offrire significativi vantaggi sulle soluzioni saline. Interferiscono con la coagulazione in maniera più marcata (più dell HES, destrano, albumina e cristalloidi) e probabilmente interferiscono con la funzionalità piastrinica (riduzione del fattore di von Willebrand VIII:c). Come recentemente dimostrato per l idrossi-etilhaetastarch, anche le gelatine alterano i parametri di funzionalità renale probabilmente per una aggressione tubulare dose-dipendente (studio su paz. cardiochirurgici: Boldt J, Brenner T, Lehmann A, Lang J, Kumle B, Werling C. Influence of two different volume replacement regimens on renal function in elderly patients undergoing cardiac surgery: comparison of a new starci preparation with gelatin. ICM 2003; 29: ). Tra i colloidi sintetici a lunga emivita le soluzioni di etilamido di sodio (idrossi-etil-haetastarch di ultima generazione) sono state finora proposte come soluzioni in grado di creare volemia efficace, anche in presenza di alterata integrità delle membrane basali, e dotate di vantaggi sul microcircolo. In realtà sono recentemente emersi forti dubbi sulla sicurezza di queste soluzioni nel paziente critico, in particolar modo per la relazione HES - insufficienza renale. La comparsa di questa temibile complicanza (tenuto conto che l insufficienza renale è fattore indipendente di rischio di morte) sembra essere collegata al riassorbimento della molecola a livello tubulare con conseguente lesione tubulare osmotica, e/o alla formazione di tappi tubulari causati dall eccessiva viscosità urinaria ed è dosedipendente. L HES come gli altri colloidi di sintesi alterano la coagulazione e causano piastrinopenia, l uso dell HES è stato associato ad una più alta incidenza di trasfusioni ed è stato legato ad emorragie fatali in pazienti con coagulazione già alterata (sconsigliato l uso in cardiochirurgia, nel trauma cranico e nell ictus). Altro potenziale effetto avverso dell HES, dalle conseguenze difficilmente prevedibili, è l accumulo tissutale (SRE, fegato, milza, intestino, pancreas, linfonodi e rene) che può portare, quando si utilizzano dosaggi più alti, come nella plasmaferesi condotta con questo colloide, fino a una forma caratterizzata da ascite, epatosplenomegalia e anemia. Sono state inoltre segnalate sindromi legate ad accumulo lisosomiale, caratterizzate da vasculite del plesso coroide, idrocefalo, infiltrazione ipofisaria, mielofibrosi, polineuropatia e prurito intrattabile e protratto dovuto probabilmente ad infiltrazione delle terminazioni cutanee. Il VISEP study ha mostrato per il gruppo trattato con HES una mortalità a 90 gg più alta. Tutti i colloidi sintetici 5

6 comunque, sembrano avere effetti avversi, ma in modo particolare gli HES, compresi quelli di ultima generazione. Tra i colloidi naturali annoveriamo, oltre agli emoderivati in senso stretto, l albumina umana al 4 e 20%. L albumina è una piccola proteina, ha una lunga emivita e la volemia efficace creata è maggiore di 1:1. La sua permanenza all interno dei vasi è però legata all integrità della membrana basale. Nella maggior parte delle patologie critiche, tuttavia, questa molecola ha la capacità di ridurre la permeabilità vasale, poichè si lega al glicocalice dell endotelio con l effetto di diminuirne la conduttività idraulica, contiene il burst ossidativo dei neutrofili e sembra avere capacità leganti l acido arachidonico comportandosi come scavenger dei radicali liberi. Non altera in maniera clinicamente evidente la coagulazione, è il più potente antiossidante extracellulare e sembra avere effetti protettivi sul rene. Quindi l effetto terminale sarebbe quello di ridurre la permeabilità vasale, contenendo lo stravaso di liquidi in maniera indipendente dall effetto oncotico proprio della proteina. In realtà l albumina umana ha un comportamento più complesso di quello fin qui ipotizzato e non sempre perfettamente prevedibile. L uso di plasma expanders di origine umana, quali l albumina 5% e 20% aveva subito un declino in seguito alla pubblicazione di alcune meta-analisi controverse, secondo le quali l uso di questo derivato, oltre che costoso e a rischio infettivo, fosse dannoso in quanto incrementava la mortalità nei pazienti critici (Human albumin administration in critically ill patients: systematic review of randomised controlled trias. Cochrane Injuries Group Albumin Reviewers. BMJ 1998;317: e Roberts I, Bunn F. Egg on their faces. The story of human albumin solutions. Eval Health Prof 2002;25:130-8). Queste affermazioni non hanno trovato riscontro in metanalisi successive e soprattutto nel SAFE study. Il SAFE study ha dimostrato che il rimpiazzo volemico del paziente critico effettuato con cristalloidi o con albumina 4% è ugualmente efficace e non ha evidenziato un outcome peggiore nei pazienti trattati con albumina (mortalità a 28 gg, durata della degenza, gg di ventilazione meccanica, numero di organi insufficienti). Ancora, nel sottogruppo di pazienti con sepsi severa, il rischio relativo di morte si riduce nel gruppo trattato con albumina, mentre si osserva un incremento del rischio di morte nel gruppo trauma solo se vi è associato trauma cranico (24.5 vs 15.1% del gruppo trattato con cristalloidi). Di grande interesse appaiono gli studi post hoc (Myburgh J, Cooper DJ, Finfer S, Bellomo R, Norton R, Bishop N, et al. Saline or albumin for fluid resuscitation in patients with traumatic brain injury. NEJM 2007;357:874-84), secondo i quali esisterebbe in effetti un sottogruppo di pazienti che manifestano un incremento significativo della mortalità a 24 mesi, quando trattati con albumina anziché con cristalloidi, ovvero il gruppo dei pazienti con trauma cranico. Al momento e con le recenti acquisizioni a nostra disposizione, è quindi probabilmente utile riflettere su uno scenario fisiopatologico più complesso, non lineare, soprattutto in riferimento all uso dell albumina umana e rivedere l uso indiscriminato dei colloidi sintetici (nessuno escluso), in ambito rianimatorio. - In primis è necessario sottolineare come nel paziente critico, nonostante le differenze in termini di quantità somministrata, il rimpiazzo volemico effettuato con cristalloidi o con albumina 4% è egualmente efficace (SAFE). - Con tutti i limiti insiti in questo tipo di metaanalisi, esistono trials prospettici condotti su larga scala che dimostrano che albumina, destrani e idrossi-etil-etastarch non conferiscono benefici sui cristalloidi in termini di outcome in adulti e popolazioni pediatriche (NEJM 2004 e 2005). - La rianimazione condotta con albumina 4% sembra mostrare benefici in termini di outcome nel gruppo di pazienti settici. - La rianimazione condotta con albumina pare essere gravata da una più alta mortalità solo nei pazienti con trauma cranico (meccanismo ignoto) o ustioni, anche se ipoalbuminemici. Il rischio di morte nel trauma cranico severo è 41.8 vs 22.2 di quelli trattati con soluzioni saline. Il meccanismo resta ignoto. - Dai dati a nostra disposizione, emergono consistenti evidenze a favore di un outcome peggiore in termini di morbilità e mortalità, in tutte le categorie di pazienti critici trattati con 6

7 colloidi sintetici (compresi tutti gli HES), soprattutto a lungo termine. - I colloidi sintetici, incrementano la necessità di trasfusioni, alterano il profilo infiammatorio, influiscono negativamente sull integrità dell autoregolazione encefalica ed incrementano, in maniera dose dipendente, il rischio di un outcome sfavorevole a 6 mesi, mentre i cristalloidi lo riducono. In particolar modo per l HES, l insorgenza di insufficienza renale sembra essere collegata al riassorbimento della molecola a livello tubulare con conseguente lesione tubulare osmotica, e/o alla formazione di tappi tubulari causati dall eccessiva viscosità urinaria. Tutti i colloidi sintetici sembrano avere effetti avversi, ma in modo particolare gli HES, compresi quelli di ultima generazione. Appare peggiore soprattutto la prognosi a lungo termine, per la comparsa di insufficienza renale, alterazioni della coagulazione e piastrinopenia. In sintesi: - Non ci sono sufficienti evidenze per appoggiare l uso dei colloidi sintetici nel rimpiazzo volemico del paziente critico (senza distinzione di gruppo), anzi con i dati in nostro possesso il loro uso deve essere proscritto. - Esiste la concreta possibilità che la rianimazione condotta con colloidi sintetici causi un aumento sostanziale della mortalità in tutte le categorie di pazienti critici. - È prudente evitare l uso di colloidi in presenza di trauma cranico, albumina compresa. - In presenza di edema cerebrale (trauma cranico incluso) è da prendere in considerazione l uso delle soluzioni saline ipertoniche. - È prudente reintegrare la volemia in prima istanza, con soluzioni saline e, nel caso fosse necessario l uso di un colloide, la scelta dovrebbe cadere sull albumina umana, a meno che non si tratti di trauma cranico o ustione. - Nel paziente settico potrebbe essere vantaggioso in termini di outcome condurre il rimpiazzo volemico (lì dove fosse necessario) con albumina umana. Roberta Ciraolo, Maria Scivoli Anestesia e Rianimazione Ospedale San Vincenzo - Taormina SELEZIONE DALLA LETTERATURA Agenti per l induzione nell intubazione dei pazienti traumatizzati Fields AM, Rosbolt MB,Cohn SM. Induction agents for intubation of the trauma patient. Journal of Trauma. 2009;67(4) La RSI (intubazione con induzione rapida) consiste nella somministrazione sequenziale di sedativi/analgesici e di un curaro, previa preossigenazione, al fine di indurre rapidamente uno stato di incoscienza e rilassamento muscolare tali da consentire l intubazione tracheale. L articolo discute le possibili opzioni farmacologiche nella scelta dell agente induttivo della sequenza rapida di intubazione del paziente traumatizzato. A parere degli Autori, le caratteristiche dell agente ideale dovrebbero essere: - Onset rapido - Breve durata di azione - Assenza di necessità di modificare la dose in caso di insufficienze d organo - Mantenimento della stabilità cardiovascolare - Economicità - Assenza di potenzialità di abuso - Capacità di indurre amnesia - Capacità di miorisoluzione associata per evitare l utilizzo di curari - Diminuzione del tono simpatico Di seguito una panoramica sulle possibili opzioni farmacologiche, con indicazione dei relative vantaggi e svantaggi. Etomidate Vantaggi: onset rapido, breve durata di azione, stabilità cardiovascolare, non potenzialità di abuso, amnesia. Svantaggi: Inibizione della secrezione di cortisolo senza relazione con la dose iniettata, potenzialità convulsivante, inibizione piastrinica, miocolonie, e scarsa diminuzione del tono simpatico. Remifentanil Vantaggi: onset rapido, rapida cessazione degli effetti, nessuna modifica di dose 7

8 richiesta per disfunzioni d organo, non metaboliti se usato con porpofol fornisce condizioni favorevoli per intubazione senza necessità di curaro Svantaggi: Elevato potenziale di abuso, significativa rigidità toracica (reversibile con curaro), non amnesia, provoca ipotensione se la pressione ematica è sostenuta da tono simpatico elevato. Tiopentone Vantaggi: Onset rapido, breve durata di azione per ridistribuzione, diminuzione della pressione intracranica, amnesia diminuzione del tono simpatico. Svantaggi: Eliminazione dipendente da funzione d organo, può causare ipotensione specialmente in caso di ipovolemia, depressione cardiaca, se stravasa può causare necrosi tissutale per elevato ph, potenzialità di abuso, richiede miorisoluzione. Propofol Vantaggi: onset rapido, breve durata di azione, basso potenziale di abuso, profonda amnesia, non richiede miorilassante, diminuisce il tono simpatico. Svantaggi: Riduzione delle resistenze periferiche ed ipotensione, depressione cardiaca, irritante per le vene. Midazolam Vantaggi: Onset rapido, diminuzione pressione intracranica, stabilità cardiovascolare, non irritante per le vene, buona amnesia. Svantaggi: Lunga durata di azione, metabolismo organo dipendente, potenzialità di abuso, richiede miorilassante. Ketamina Vantaggi: onset rapido, mantiene pressione anche in pazienti con ipotensione severa, non irritante, dissociativo. Aumenta il tono simpatico con vantaggi in pazienti con asma o tamponamento cardiaco, mantiene il drive respiratorio. Svantaggi: Lunga durata di azione, metabolismo organo dipendente, potenzialità di abuso. Può provocare delirio allucinazioni confusione e iperattività muscoloscheletrica, richiede miorilassante, aumenta il tono simpatico provocando ipertensione e tachicardia. Il protocollo proposto dagli Autori NECESSITÀ DI UNA VIA AEREA DEFINITIVA SÌ Trauma cranio-encefalico? NO Ipotensione arteriosa? Ipotensione arteriosa? SÌ SÌ NO NO Sveglio? Ketamina+ Succinilcolina Propofol+ Remifentanil NO Succinilcolina Propofol+ ±Midazolam Remifentanil 1 (basse dosi) 2 SÌ Ketamina+ Succinilcolina 1 In alternativa: Tiopentone + Succinilcolina 2 In alternativa al Midazolam: Scopolamina 8

9 Le raccomandazioni degli autori possono essere sintetizzate nei seguenti termini. L Etomidate è un farmaco comunemente utilizzato per la rapida sequenza di intubazione là dove disponibile (in Italia la sua presenza è rara). Una buona alternativa potrebbe essere l associazione di Remifentanil e Propofol per la capacità di fornire buone condizioni di intubazione senza dover ricorrere all utilizzo del mioriassante. Il Remifentanil è rapidamente metabolizzato ed il suo effetto comunque reversibile con Naloxone. Il Propofol è rapidamente distribuito. Questi fattori rendono teoreticamente possibile il rapido recupero del drive respiratorio spontaneo in una situazione cannot intubate, cannot ventilate. L associazione fra Porpofol e Succinilcolina è forse quella più comunemente utilizzata in sala emergenza nei pazienti traumatizzati potenzialmente ipovolemici. Tuttavia molti studi dimostrano che, seppur fornendo ottime condizioni per l intubazione, la depressione respiratoria si prolunga a sufficienza per provocare sofferenza ipossica cerebrale in caso di cannot intubate, cannot ventilate. Viceversa la dose di Propofol, se usato come unico agente per deprimere il tono simpatico e creare favorevoli condizioni di intubazione, determina ipotensione profonda in pazienti ipovolemici. Revisione e commento di Emiliano Cingolani Shock and Trauma Unit Ospedale San Camillo Forlanini - Roma SELEZIONE DALLA LETTERATURA Il monitoraggio della saturazione tissutale sul territorio: un nuovo parametro vitale per i servizi di emergenza medica Sagraves SG, Newell MA, Bard MR, Watkins FR, et al. Tissue oxygenation monitoring in the field: a new EMS vital sign Journal of Trauma. 2009;67(3) Contesto - Lo stato di shock è definito come uno stato di inadeguata perfusione tissutale, in cui il trasporto di ossigeno ai tessuti e alle cellule è insufficiente a mantenere il normale metabolismo aerobico. La misurazione della saturazione emoglobinica tissutale (StO 2 ) è attualmente resa possibile dall utilizzo di uno strumento che, utilizzando la spettroscopia del vicino infrarosso (NIRS near-infrared spectroscopy), consente di valutare, in modo non invasivo, l ossigenazione tissutale nella microcircolazione di un muscolo scheletrico. Un valore inferiore a 75% è suggestivo di ipoperfusione tissutale. L utilizzo di questo strumento (InSpectra - Hutchinson Technology), il cui sensore viene posto sull eminenza tenar della mano, non è stato testato prima d ora nel preospedaliero. Questo è uno studio pilota che si propone di valutare la facilità d uso di questa tecnologia sul territorio e di correlare le misurazioni effettuate con l outcome dei pazienti. Metodi - I mezzi di soccorso (aerei e terrestri) sono stati equipaggiati con monitor della StO 2. Al personale è stato richiesto di valutare, tramite questionario, la facilità di utilizzo e la funzionalità di questa tecnologia nell emergenza preospedaliera. Per ogni paziente traumatizzato sono stati registrati i valori di StO2 iniziale, minima, media, nonché i parametri emodinamici e respiratori e confrontati con i dati completi del registro trauma ospedaliero. Risultati - Su 55 pazienti, 7 sono stati esclusi dallo studio poiché trattati e dimessi dal dipartimento di emergenza senza essere inclusi nel registro trauma. Non ci sono state segnalazioni di malfunzionamento o interferenza con l equipaggiamento elettromedicale del veicolo. Il 100% degli intervistati ha ritenuto tale monitoraggio di facile applicabilità e utilizzo. Il monitoraggio è durato in media 16.9±6.9 minuti. Su 41 pazienti, per i quali i dati raccolti erano completi, 5 sono deceduti (12%). L ISS (Injury Severity Score) medio è stato 18.06±14.2. StO 2 media, iniziale e minima erano significativamente diverse confrontando i pazienti con ISS 25 e ISS>25, tuttavia l analisi di regressione non ha evidenziato una relazione tra StO 2 e probabilità di ISS>25. Allo stesso modo non si è dimostrata alcuna correlazione tra StO 2 e GCS, giorni di ricovero in terapia intensiva, giorni di ventilazione meccanica. Tuttavia, il confronto tra sopravvissuti e deceduti ha dimostrato che la 9

10 StO 2 risultava correlata in modo statisticamente significativo alla mortalità: il rischio di morte, infatti, aumentava da 2 a 3 volte per ogni 10% di diminuzione della StO 2. StO 2 Iniziale StO 2 Media StO 2 Minima Deceduti (5) 61.8± ±31 53,2±33 Sopravvissuti (36) 82,2±8 81,7±7 76.3±8 p-value Deced/Sopravviss 5/36 5/36 5/36 p-value Odds ratio % = del 10% P-Value < 0.05 è significativo. 10% di diminuzione in StO 2 α rischio di aumento di mortalità Conclusioni - L utilità della misurazione della saturazione emoglobinica tissutale nel paziente critico è stata valutata in diversi studi precedenti a questo. Nell ambito della patologia traumatica è stata studiata la sua correlazione con il rischio di trasfusione massiva e lo sviluppo di insufficienza multiorgano ed è stata confrontata con altri indicatori di ipoperfusione. Questo è il primo studio che ha verificato e confermato la possibilità di utilizzo di questa tecnologia in ambito extraospedaliero. Nonostante la bassa potenza dell analisi statistica, dovuta al basso numero di pazienti in studio, è stata trovata correlazione significativa tra rischio di mortalità e diminuzione della StO 2. L utilizzo di tale parametro quantitativo potrebbe essere utile al personale medico dell emergenza per iniziare manovre resuscitative prima che si manifestino ipotensione e gli altri segni di shock. In aggiunta, potrebbe rappresentare un elemento importante al fine di eseguire un più accurato triage del paziente traumatizzato o di attivare per tempo il personale del trauma center di accoglimento. Commento - Questo studio prospettico, benchè limitato dalla bassa numerosità del campione in esame, risulta di un certo interesse e nasce, a mio avviso, dalla volontà di rendere sempre più valido il triage del paziente traumatizzati. I parametri emodinamici e respiratori raramente mentono quando compromessi, la difficoltà sta piuttosto nell inquadramento del paziente borderline, nel quale ancora non sono presenti, o sono mascherati, i sintomi caratteristici dello shock. Non considerare il trauma come una patologia evolutiva inserendo il nostro paziente in un acritica classe di shock, rappresenta un errore grossolano: ciò che otteniamo è solo una sfocata istantanea, che ci suggerisce le necessità immediate, ma che poco ci dice sulla possibile evoluzione del quadro. Abbiamo imparato a non fare affidamento sui valori di emoglobina iniziale e a spostare la nostra attenzione sui più fini indicatori di ipoperfusione come acido lattico e deficit di basi, ma, anche per questi, siamo comunque legati alle determinazioni di laboratorio. La StO 2 rappresenta un parametro valido e precoce per stabilire la presenza di uno stato di ipoperfusione del tessuto muscolare, primo segno di fisiologico compenso dell organismo a seguito di una perdita ematica; offre la possibilità di un monitoraggio in continuo, prestandosi molto bene a evidenziare in particolare stillicidi subdoli e difficilmente quantificabili e, aspetto non trascurabile, non è influenzata dall ipotermia, spesso presente nei pazienti politraumatizzati. Tenendo sempre presente che Time is blood, il percorso diagnostico e terapeutico del paziente traumatizzato deve essere il più agile possibile, ma allo stesso tempo non può prescindere dalla identificazione rapida delle situazioni a rischio, rappresentate non solo dall alterazione dei parametri vitali, ma anche dai criteri dinamici del trauma. Cosa aggiunge allora la valutazione dell ennesimo parametro nel preospedaliero? Forse poco. Ma perché rinunciarvi? Ecco, magari perché 16500$ di apparecchio e 150$ delle sonda (monouso) si possono spendere in modo migliore. Ritengo che il monitoraggio della StO 2 sia utile piuttosto in pronto soccorso, per le ragioni espresse precedentemente, dove più facilmente ha ragione di esistere la massima accuratezza e precocità diagnostica. Revisione e commento di Alberto Grassetto Anestesia, Rianimazione e Trauma Team Ospedale dell Angelo - Mestre 10

11 SELEZIONE DALLA LETTERATURA Studio di case-crossover su consumo di alcol, guida dopo i pasti e rischio di incidenti stradali Di Bartolomeo S, Valent F, Sbrojavacca R, Marchetti R, Barbone F. A case-crossover study of alcohol consumption, meals and the risk of road traffic crashes. BMC Public Health. 2009;9:316. Introduzione - L alcol è un importante fattore di rischio per gli incidenti stradali (IS). Alcuni aspetti rilevanti dell associazione tra alcol e infortuni in generale (es. effetto del consumo acuto vs cronico, ruolo di dosi anche piccole) sono stati chiariti recentemente con l ausilio della metodologia case-crossover (CC), molto efficace per indagare l effetto di esposizioni acute e transitorie evitando il confondimento interpersonale. Rispetto a studi precedenti, sono stati presi in considerazione solo gli IS, definendo il tempo a rischio solo come quello effettivamente alla guida. Lo studio ha indagato anche l ipotesi che i pasti causino una sonnolenza pericolosa per la guida. Metodi - Per un anno intervistatori addestrati presenti in PS in turni prestabiliti hanno arruolato al Pronto Soccorso (PS) di Udine un campione (età >13 anni) di conducenti di auto, motoveicoli e biciclette giunti vivi in PS dopo IS. L intervista seguiva un questionario semistrutturato che raccoglieva informazioni personali, sul veicolo condotto e sull IS, nonché un diario orario di varie esposizioni tra cui guida, alcol e pasti nelle 24 ore prima dell IS. I dati sono stati analizzati secondo l approccio degli intervalli appaiati. Per il periodo caso sono state considerate quali esposizioni l aver consumato almeno una unità (U) di alcol e un pasto normale o pesante rispettivamente nelle 6 e 2 ore precedenti l IS; per il periodo controllo averlo fatto nelle 6 e 2 ore che hanno preceduto il primo episodio di guida registrato nell intervallo tra 6 e 18 ore prima dell IS. Un analisi doseeffetto è stata condotta categorizzando il consumo di alcol in 0, 1-2 e >2 U. Infine è stata fatta un analisi stratificata per alcuni possibili modificatori di effetto. Risultati - Gli intervistati inclusi sono risultati 574, dei quali 326 (56.8%) hanno partecipato all analisi CC avendo guidato nell intervallo specificato. Il RR per l alcol è stato 2.24 ( ) e per i pasti 0.94 ( ). L analisi dose-effetto ha evidenziato un aumento di rischio anche per piccole dosi RR 1-2 U vs. 0: 2.17 ( ) e un verosimile trend in aumento per dosi più alte - RR > 2 U vs. 0: 3.02 ( ). Le stratificazioni hanno evidenziato importanti modificazioni di effetto solo per l alcol: RR maschi 1.81 ( ), RR femmine 4.57 ( ); RR <25 anni 4.71 ( ), RR 25 anni 2.09 ( ); RR in caso di ammissione di colpa piena ( ), colpa parziale ( ), nessuna colpa 1.12 ( ). Conclusioni - Lo studio conferma l aumento di rischio di IS dopo consumo di alcol in dosi anche così piccole che potrebbero rimanere entro i limiti di legge. L assunzione di pasti nelle 2 ore precedenti la guida non sembra invece aumentare il rischio. I limiti di questo studio sono quelli abituali dei CC, cioè recall e/o report bias e non generalizzabilità alle lesioni più gravi, oltre a una diminuzione dei casi disponibili (e della precisione delle stime) per l esigenza metodologica di considerare solo il tempo effettivamente a rischio. Commento - Questo interessante studio italiano dimostra come l assunzione di dosi anche minime di alcol da parte dei conducenti di veicoli aumenta in modo significativo il rischio di incidentalità. È ben noto negli ambienti scientifici che il 30-40% dei decessi di guidatori dell Unione Europea è dovuto alla guida sotto l effetto dell alcol. Sono dunque prive di significato scientifico e decisamente pericolose le istanze di quanti operano per modificare al rialzo il tasso alcolemico tollerabile per legge. Questa battaglia, condotta da lobby economiche legate in particolare a ristorazione e produzione vitivinicola, rischia di vanificare, qualora trovasse riscontro in provvedimenti di legge, una delle armi più importanti in termini di prevenzione. Spesso, a supporto delle proprie istanze, costoro amano citare il dato Istat secondo cui solo il 2,09% degli IS è causato da 11

12 guidatori in stato d ebbrezza, dimenticando di evidenziare come quando il conducente è deceduto o gravemente ferito, la forza pubblica non può procedere all accertamento immediato dell alcolemia: un dato, dunque inattendibile ai fini epidemiologici. La realtà dei fatti è invece, come afferma L'OMS, è che alla guida non esistono livelli sicuri di consumo alcolico. A livello 0,5 di alcolemia, tasso legale nel nostro Paese, il rischio di mortalità per un IS alcol-correlato è tre volte superiore a chi si è messo alla guida senza aver bevuto o avendo bevuto meno di un bicchiere di bevanda alcolica. Numerosi Autori hanno evidenziato che la riduzione degli effetti dei traumi in Europa deve passare prioritariamente attraverso interventi che disgiungano il consumo di alcol dalla guida: in altri termini, chi non guida è libero di bere ma chi beve non guida. Per raggiungere questo scopo gli strumenti ritenuti più efficaci sono leggi che definiscano livelli inferiori di legalità per la guida, necessariamente associati a stretti controlli di polizia con etilometri. Se il legislatore riterrà di voler prendere decisioni diverse e in controtendenza rispetto alle evidenze di letteratura farà qualcosa che rientra pienamente nelle proprie competenze, tipiche di un Paese democratico; al contempo, tuttavia, nell effettuare scelte che riguardano la salute dei cittadini dovrebbe essere preso in seria considerazione anche il principio di precauzione. In altri termini, anche senza schierarsi con decisione a favore della soglia zero, unica garanzia per una guida sicuramente libera dall influsso degli alcolici, è necessario che legislatore, stakeholders e cittadini siano ben informati e liberi di accettare il fatto che anche al di sotto della soglia attualmente definita dalla legge il rischio di incidente raddoppia. Iniziare un dibattito serio e correttamente informato che porti a decisioni condivise sarebbe per il nostro Paese un segno di grande responsabilità, nonché un passo deciso a supporto degli strumenti di prevenzione primaria rispetto alla patologia traumatica. Commento di Gianfranco Sanson Medicina Interna Ospedale di Cattinara - Trieste SELEZIONE DALLA LETTERATURA Linee Guida sulla rianimazione volemica preospedaliera nel paziente traumatizzato. È tempo di cambiare? Cotton BA, Jerome R, et al. EAST practice parameter workgroup for prehospital fluid resuscitation guidelines for prehospital fluid resuscitation in the injured patient. Journal of Trauma. 2009;67: Si tratta di una revisione della letteratura e della proposta di linee guida pratiche, elaborate dalla Estern Association for the Surgery of Trauma (EAST). Le raccomandazioni risultanti sono state graduate nei tre classici livelli (I, II e III) in base al livello di evidenza disponibile. Negli ultimi anni si è assistito a un sostanziale cambiamento delle intensità di cure somministrate nella fase preospedaliera, dallo scoop & run allo stay & play. Tradizionalmente, accesso venoso e infusione di liquidi nel paziente traumatizzato in shock - funzionali al raggiungimento di specifici target pressori - sono considerati uno standard di cura nella fase preospedaliera, ma tuttora sono pochi i dati e le evidenze a favore di tale strategia. Gli Autori del lavoro si propongono di rispondere ad alcune delle domande chiave relative alla strategia infusionale più opportuna in preospedaliero nei pazienti traumatizzati. Di seguito vengono riproposti i quesiti principali che sono stati affrontati. È opportuno posizionare un accesso venoso? Non è possibile a riguardo formulare raccomandazioni di livello I. Il posizionamento di una via comporta una perdita di tempo (dai 2 ai 6 minuti in media) senza dimostrare un beneficio reale nel trattamento dello shock; è preferibile farlo durante il trasporto (liv. III) Se sì, qual è il luogo più opportuno? Non ci sono raccomandazioni di livello 1. Dopo due tentativi di reperire un accesso periferico, è preferibile passare a una via alternativa, ovvero intraossea o centrale, se sono disponibili le skill adeguate. 12

13 Se una via è posizionata, si devono somministrare fluidi? Non ci sono raccomandazioni di livello I. Nei pazienti con lesioni penetranti del tronco non dovrebbero essere somministrati fluidi (Liv. II). Un classico saline lock, ovvero una via venosa chiusa da un otturatore con un lavaggio di fisiologica sono sufficienti per mantenere la via pervia (Liv. II). I fluidi non dovrebbero essere somministrati fino al controllo dell emorragia (Liv. III). In fase preospedaliera è più utile somministrare piccoli boli (250 ml) allo scopo di ottenere un poso palpabile che volumi prestabiliti o un infusione continua (Liv. III). Nell articolo a tal riguardo sono riportate le raccomandazioni di consensus di diversi autori relative ad un setting sia civile che militare; in sintesi: - i pazienti con ferite superficiali non richiedono né accesso venoso né fluidi - se il paziente è orientato e ha un polso periferico palpabile, posiziona solo un accesso venoso con otturatore (saline lock) - se è disorientato/soporoso o ha un polso radiale assente posiziona un accesso venoso e somministra un bolo di 500ml (suggeriti colloidi) - ripeti il bolo se il paziente non migliora, posiziona un otturatore se migliora - se il paziente ha un trauma cranico sospetto somministra fluidi allo scopo di mantenere PAS>90 mmhg Quali sono le soluzioni da preferire? Non ci sono raccomandazioni di livello I su un tipo di fluidi rispetto a un altro. Piccoli volumi di soluzione ipertonica (250 ml di NaCl 3-7%) sono equivalenti a un litro di soluzione standard (SF o Ringer). Quale quantità di fluidi va infusa? Non ci sono raccomandazioni di livello I. La quantità minima per mantenere la via venosa aperta sembra adeguata (Liv. II). Sistemi pressurizzati (es. sacche a pressione) non dovrebbero essere usati nel settino preospedaliero (Liv. III). Commento - Come utilizzare le informazioni apportate da questo articolo, quali sono i take home message per la nostra pratica? Molte delle attuali e tradizionali indicazioni della fluid resuscitation in preospedaliero nel paziente in shock con emorragia in atto, sono la trasposizione delle indicazioni per i pazienti in Emergency Room, ma si scontrano sempre più con alcune evidenze della letteratura: - il trasporto rapido e diretto verso l ospedale giusto (Trauma Center) dove può avvenire l emostasi (sala operatoria, sala angiografica con possibilità di embolizzazione) è in grado di diminuire la mortalità - a volte, in ambiente urbano, il tempo per inserire un accesso venoso difficoltoso è maggiore del tempo stesso impiegato per arrivare in ospedale - una strategia di limited, delayed, small volume resuscitation fino all ottenimento dell emostasi insieme alla precoce somministrazione di emazie e plasma è attualmente raccomandata per prevenire e trattare la coagulopatia che precocemente si instaura nel paziente traumatizzato. Attualmente, in molte realtà italiane, presentarsi in ospedale con un paziente traumatizzato senza accesso venoso e liquidi ottenuti a tutti i costi potrebbe essere vissuto come altamente frustrante da parte di un équipe ALS preospedaliera, perché il reperimento di una o due vie e la somministrazione di fluidi sono oramai considerati uno standard di cura. Ma siamo sicuri che sia così? Probabilmente in un sistema urbano, con tempi di trasporto verso l ospedale corretto (Trauma Center o simile) inferiore ai 30, un paziente traumatizzato in shock emorragico (chiuso o penetrante che sia) si giova più di un rapido trasporto che di qualsiasi strategia infusiva iniziata in preospedaliero, a patto che il Sistema Traumi preveda la possibilità di preallertamento del Trauma Team e delle risorse giuste. Non si tratta di scoop & run contro stay and play ma semplicemente di primum non nocere ; prima di somministrare un intervento al paziente per il semplice fatto che sappiamo farlo chiediamoci se in quel momento sia realmente utile per lui. Revisione e commento di Carlo Coniglio Anestesia, Rianimazione e 118 Ospedale Maggiore - Bologna 13

14 SELEZIONE DALLA LETTERATURA Deficit di basi all ingresso come fattore prognostico a lungo termine nel trauma pediatrico severo Hindy-Francois C, Meyer P, Blanot S, Marquet S, Sabourdin N, Carli P, Orliaguet G Admission base deficit as a long-term prognostic factor in severe pediatric trauma patient Journal of Trauma. 2009;67(6): Contesto - Nei paesi sviluppati il trauma è la principale causa di morte e morbilità nei bambini sopra l anno di vita. Ne consegue che una precose valutazione dell outcome è importante per consentire un triage adeguato ed un trattamento avanzato. I traumatizzati gravi posso presentarsi in stato di shock. Dal punto di vista cellulare lo shock comporta una riduzione della disponibilità di ossigeno con conseguente incremento del metabolismo anaerobio con acidosi lattica e consumo di bicarbonato. Il deficit di basi è una semplice misura dell attività metabolica acido-base ed è definita coma la quota di acidi o basi necessari per riportare 1 litro di sangue intero ad un ph di 7,4 assumendo una temperatura di 37 C e una PCO 2 di 40 mmhg. Lo shock porta ad una acidosi metabolica con conseguente incremento del deficit di basi. Nei bambini la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna riflettono scarsamente la severità dello shock per la presenza di efficaci meccanismi di compenso. Negli adulti traumatizzati il deficit di basi ha assunto un importante significato prognostico e ben si correla con gli scorse di gravità, richiesta di trasfusione, morbilità e mortalità. Nel paziente pediatrico traumatizzato queste correlazioni non sono facilmente eseguibili per le fisiologiche differenze tra adulti e bambini. Tre studi prospettici americani hanno dimostrato che all ingresso un deficit di basi superiore a 8 mmol/l era associato in modo significativo ad un aumentato rischio di mortalità nel trauma pediatrico. Si tratta di uno studio prospettico che ha valutato il valore prognostico del deficit di basi all ingresso nei pazienti pediatrici traumatizzati. Materiali e metodi - Sono stati inclusi 100 pazienti pediatrici traumatizzati gravi e solo pazienti con iniziale deficit di basi calcolato: BD=0.5xPCx(24-HCO 3 ). Tutti i pazienti erano stati trattati nel preospedaliero da un medico dell emergenza in grado di garantire un supporto vitale avanzato. All arrivo nella shock room tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una valutazione primaria, stabilizzazione delle funzioni vitali e successiva valutazione secondaria comprendente esame fisico del paziente, posizionamento di sondino naso gastrico, catetere vescicale, valutazione radiologica, ecofast ed eventuali indagini di secondo livello. Sono stati registrati sesso, età, BE deficit, parametri respiratori, monitoraggio emodinamico, temperatura. Sono stati calcolati inoltre i trauma score (PTS, RTS, ISS e TRISS). L end point primario nell analisi statistica era la mortalità intraospedaliera mentre endpoints secondari erano l outcome alla dimissione e a sei mesi dal trauma. Dei cento pazienti arruolati tra il marzo 2003 e dicembre sono stati esclusi dallo studio per la presenza di BD negativo all ingresso. Risultati - All arrivo in ospedale 19 pazienti erano ipotesi, 7 ipercapnici, 45 ipocapnici, 6 ipertermici e 12 ipotermici. Nessuno aveva ricevuto ipertonica salina prima dell arrivo in ospedale. Per quanto concerna l outcome 21 bambini sono morti dopo l arrivo in ospedale Dall analisi statistica univariata è emerso che nei pazienti con prognosi scarsa o deceduti erano più frequenti l iperglicemia, l ipotermia, elevati valori di PCO 2. L acidosi metabolica era più severa nei non sopravvissuti e nei pazienti con scarso outcome sia alla dimissione sia a 6 mesi I lattati all ingresso e l RTS erano le sole variabili indipendenti associate al rischio di morte. Il GCS e l ISS erano fattori di rischio indipendenti per scarsa prognosi e dimissione. Il deficit di basi all ingresso e l ISS sono fattori di rischio indipendenti per prognosi scarsa e il follow-up a sei mesi. Il valore di cut-off dei lattati come fattore di rischio predittivo di morte è stato di 2.94 mmol/l; il valore cutoff di deficit di BE come fattore di rischio predittivo per la prognosi a distanza è stato definito nello studio statistico di 5 meq/l. Discussione - La popolazione inclusa nello studio è simile alle popolazioni dei tre studi americani 14

15 con un numero più alto di traumatizzati da trauma stradale piuttosto che da ferite penetranti. In questo studio l ipotermia era più frequente nel paziente con scarsa prognosi. L ipotermia in questo caso potrebbe riflettere un aumento del tempo trascorso tra l incidente e l arrivo in ospedale e quindi un ritardo conseguente nel trattamento. L ipercapnia come fattore prognostico negativo sottolinea la necessità di una ventilazione controllata nel grave traumatizzato soprattutto se cranico. I livelli di lattati si correlano in modo più specifico alla mortalità rispetto al BD, questo può sorprendere dal momento che sono strettamente correlati. In realtà i lattai non sono modificati da comorbilità come l insufficienza renale, l espansione volemica con cristalloidi o l infusione di bicarbonato In conclusione i risultati di questo studio prospettico confermano quelli precedentemente pubblicati nei quali l acidosi metabolica è associata ad una prognosi peggiore nel paziente pediatrico gravemente traumatizzato. Più nello specifico una concentrazione iniziale di lattati superiore a 2,94 mol/l sembra essere un fattore di rischio indipendente per la mortalità mentre un valore di BD superiore a 5 meq/l è associato ad uno scarso outcome a sei mesi Commento - Questo studio prospettico effettuato su pazienti pediatrici sottolinea come anche nel paziente traumatizzato pediatrico come l adulto siano importanti i valori di lattati e il deficit di basi per una più corretta identificazione dei pazienti a più elevato rischio di mortalità e morbilità e quindi per un più preciso triage intraospedaliero. Ciò nel paziente pediatrico è ancor più importante se si pensa che i meccanismi fisiologici di compenso vengono a mancare solo nella fasi tardive dello shock. Nello studio viene inoltre sottolineata l importanza di mantenere il paziente nella situazione più fisiologica possibile di normotermia, normoglicemia, normocapnia, normossia. Le alterazioni di tutti questi parametri infatti si associano ad una scarsa prognosi sia in termini di mortalità che di morbilità. Revisione e commento di Debora Saggioro Anestesia, Rianimazione e Trauma Team Ospedale dell Angelo - Mestre SELEZIONE DALLA LETTERATURA Fattori predittivi di sopravvivenza nel traumatizzato con PEA Kevin M. Schuster KM, Lofthouse R, Moore C, Lui F, Kaplan LJ, Davis KA Pulseless Electrical Activity, Focused Abdominal Sonography for Trauma, and cardiac contractile activity as predictors of survival after trauma Journal of Trauma. 2009;67(6): Introduzione - L attività elettrica senza polso (PEA) secondaria a trauma chiuso o penetrante si associa ad una elevata mortalità. I pazienti trovati in asistolia sulla scena hanno possibilità di sopravvivenza quasi nulle. L'ecografia con metodica FAST (Focused Abdominal Sonography for Trauma) è sempre più diffusamente presente nelle aree di emergenza ed utilizzata, la finestra pericardica (p-fast) inizialmente concepita per escludere la presenza di versamento pericardico tamponante potrebbe risultare utile per differenziare i pazienti con o senza attività contrattile cardiaca e supportare il medico nella decisione di proseguire o interrompere la rianimazione cardiopolmonare. Metodi - Gli Autori hanno arruolato in maniera retrospettva tutti i pazienti giunti in PEA ad un trauma center di livello 1 dal gennaio 2006 al gennaio 2009 o che hanno sviluppato PEA in sala emergenza dopo l arrivo e sono stati sottoposti a p-fast. Risultati - È stato selezionato un campione di 28 pazienti, 25 giunti in PEA e 3 evoluti in PEA poco dopo l arrivo in DEA. 4 pazienti traumi penetranti gli altri 24 traumi chiusi. Dei 28 pazienti 25 sono deceduti in sala emergenza (86%), 2 in sala operatoria per emorragia incontrollabile, 1 in terapia intensiva per trauma cranico severo. Attività contrattile organizzata è stata ecograficamente riscontrata in 12 casi, i rimanenti 16 non presentavano attività contrattile all'eco. La presenza di attività contrattile è risultata significamente predittiva di ritorno alla circolazione spontanea (5 pazienti, 42%; p=0,008) seppur senza associazione statisticamente significativa con la sopravvivenza dopo la 15

16 rianimazione iniziale (3 pazienti, 25%; p = 0,067). La mediana della rianimazione cardiopolmonare è risultata essere 6,5 minuti ma con differenze tra i due gruppi: nel gruppo privo di attività contrattile all'eco la mediana è stata di 5 minuti, nel gruppo con attività 10 minuti. Conclusioni - La presenza di PEA dopo un trauma, durante la fase iniziale di rianimazione è indicatore di pessima prognosi. L'eco p-fast potrebbe individuare i pazienti in PEA con reale presenza di attività contrattile e quindi con maggior potenziale di sopravvivenza. Ciò permetterebbe la concentrazione delle risorse sui pazienti realmente salvabili. Revisione e commento di Emiliano Cingolani Shock and Trauma Unit Ospedale San Camillo Forlanini - Roma Direttore responsabile Alessandro Barelli (Presidente IRC) Direttore di redazione Gianfranco Sanson (Coord. Commissione Trauma) Comitato di redazione Carlo Coniglio, Coordinatore Paolo Caputo Roberta Ciraolo Giovanni Sesana Hanno collaborato a questo numero Emiliano Cingolani Roberta Ciraolo Carlo Coniglio Stefano Di Bartolomeo Alberto Grassetto Debora Saggioro Gianfranco Sanson Maria Scivoli Giovanni Sesana 16

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