La gestione dei disturbi atipici della MRGE

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1 La gestione dei disturbi atipici della MRGE La Malattia da Reflusso gastroesofageo (MRGE), sul piano clinico, si manifesta sia con sintomi tipici come pirosi e rigurgito acido, sia con sintomi atipici che includono tosse, asma, dolore toracico non cardiaco e laringite. La diagnosi di queste ultime manifestazioni cliniche risulta particolarmente difficile in quanto la maggior parte dei pazienti affetti da tale sintomatologia atipica non lamenta i sintomi classici della MRGE. Le metodiche diagnostiche fino a ora disponibili, inoltre, presentano una bassa specificità nello stabilire una chiara correlazione causale tra gli eventi di reflusso patologico e il sintomo atipico indagato. L utilizzo di una nuova metodica, chiamata ph-impedenziometria delle 24 ore, potrebbe apportare un notevole contributo in questo ambito, in particolare nella valutazione del ruolo del reflusso debolmente acido nella patogenesi di tali disturbi. un iniziale trattamento empirico con farmaci inibitori della pompa protonica ad alte dosi per almeno 2-3 mesi rappresenta, allo stato attuale, il primo approccio diagnosticoterapeutico in pazienti con sospetta MRGE con sintomatologia atipica, in soggetti giovani senza segni o sintomi di allarme, anche se i dati di studi clinici randomizzati-controllati non dimostrano un significativo guadagno terapeutico legato a tale approccio. Vincenzo Savarino Pietro Dulbecco RL U.O. Clinica Gastroenterologica con Endoscopia Digestiva Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche Università degli Studi di Genova Introduzione Il reflusso di contenuto gastrico in esofago può essere considerato, entro certi limiti, un evento fisiologico. Quando, però, il refluito gastrico causa sintomi molto fastidiosi e/o complicanze, si parla di Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE). I sintomi provocati dal reflusso possono essere specifici per la MRGE o possono essere non specifici (atipici) e coinvolgere molti organi diversi dall esofago. Un gruppo di esperti ha recentemente introdotto una nuova classificazione delle manifestazioni cliniche della MRGE, suddividendole in sindromi esofagee, associate o meno, a lesioni mucosali endoscopicamente rilevabili ed extraesofagee. Queste ultime, a loro volta, vengono classificate in forme dove vi è documentazione di un associazione con la MRGE e in forme in cui tale correlazione è solo proposta (1). Stabilire una correlazione tra MRGE e patologie otorinolaringoiatriche o polmonari è reso difficile dal fatto che queste sono comunemente diffuse nella popolazione generale e che la maggior parte dei pazienti non Giorn Ital End Dig 2009;32:

2 L manifesta i sintomi classici della MRGE come pirosi e rigurgito. Tuttavia, in studi molto recenti sintomi extraesofagei sono risultati predominanti in circa il 27% dei soggetti che hanno consultato uno specialista gastroenterologo per la MRGE (2). Ancora, tre grandi studi di popolazione hanno dimostrato un aumentato rischio di patologia ORL o polmonare tra i pazienti che manifestavano esofagite erosiva o sintomi classici da MRGE. In questi studi il rischio relativo di sviluppare una patologia laringea o polmonare era compreso tra 1.2 e 3.0 (3-5). Da un punto di vista fisiopatologico, i meccanismi attraverso i quali il reflusso può causare tali anomalie sono essenzialmente due: fig. 1: meccanismo del riflesso vagale Secrezione ghiandolare Efferenza Nucleo ambiguo Nucleo del tratto solitario Gangli giugulare e nodoso Nervo vago 1) la microaspirazione di contenuto gastrico (ipotesi reflussogena); 34 Vincenzo Savarino et al > Disturbi atipici della MRGE 2) il riflesso vago-mediato. La prima ipotesi si basa sulla dimostrazione che il contenuto gastrico possa risalire lungo l esofago fino a raggiungere le vie aeree più prossimali, con conseguente possibilità di venire successivamente aspirato nel sistema bronchiale fino alla sua estrema periferia (6). Studi sperimentali su modelli animali hanno provato che la risposta delle strutture aeree, una volta venute a contatto con il materiale gastrico refluito, dipende essenzialmente dal volume e dalle caratteristiche del materiale stesso (7). Infatti, mentre grandi quantità di refluito possono provocare broncospasmo di entità grave e/o danno strutturale persistente ai tessuti bronchiali, reflussi di piccole quantità, ma ripetuti nel tempo, possono invece indurre e sostenere reazioni infiammatorie lungo le vie aeree. Alla base di questa teoria esistono alcuni studi radiologici che hanno dimostrato un associazione tra patologia polmonare ed ernia iatale, con reflusso radiologicamente accertato. Tuttavia, questi studi non offrono inequivocabili prove dell effettiva presenza di aspirazione nelle vie aeree. Esistono, inoltre, evidenze simili ottenute con l ausilio di altre metodiche più sofisticate, come la cineradiografia, o metodiche combinate manometriche e ph-metriche. Ma, di fatto, anche questi lavori soffrono della stessa limitazione. Forse l unico studio che regge il castello dell ipotesi reflussogena è la dimostrazione dell effettiva capacità da parte dell acido inalato nelle vie aeree di indurre bronco-costrizione: tutto sommato un dato prevedibile. Il riflesso vago-mediato può esplicarsi attraverso tre possibili vie (8). La prima consiste nella stimolazione dei recettori (terminazioni nervose sensoriali) presenti sullo strato basale dell epitelio esofageo; lo stimolo nervoso è trasferito al centro di integrazione corticale (nucleo del tratto solitario) attraverso la branca afferente del nervo vago. La risposta, tramite il nervo frenico, la branca efferente del vago e il nervo laringeo ricorrente, viene inviata rispettivamente alla mucosa espiratoria e laringea con insorgenza di broncospasmo e tosse. Il secondo meccanismo ripercorre lo stesso arco riflesso del precedente, con la sola differenza che la branca efferente del vago stimola la secrezione mucosa o il rilascio di neurotrasmettitori nelle vie aeree inferiori con conseguente stimolo dei recettori locali della tosse. Il terzo meccanismo prevede, infine, una stimolazione dei recettori esofagei della tosse e il trasferimento dell impulso nervoso direttamente alla trachea, senza integrazione del messaggio a livello centrale. A questo punto, la stimolazione dei recettori tracheali evoca il riflesso tussigeno (figura 1). Da un punto di vista patogenetico esiste un ulteriore possibilità interpretativa degli eventi respiratori correlati al reflusso; in questo caso viene ipotizzato che sia la patologia originaria a determinare e a modulare la presenza dei sintomi digestivi. Le alterazioni della meccanica toraco-polmonare e diaframmatica, da essa indotte, possono modificare la continenza del LES e favorire il passaggio retrogrado del contenuto gastrico in esofago. Si parla in questo caso di reflusso secondario, in quanto effetto e non causa dei disturbi respiratori ricorrenti o persistenti (9). L insieme delle condizioni patogenetiche che vengono considerate quali possibili manifestazioni extraesofagee della MRGE sono elencate nella tabella 1. Attualmente vi è una forte evidenza che la MRGE possa giocare un ruolo importante nei pazienti con asma. Si stima infatti che circa il 40-60% di loro possa presentare MRGE anche in assenza dei sintomi tipici. Nu-

3 tab. 1: manifestazioni extraesofagee della Malattia da Reflusso Gastroesofageo L Otorinolaringoiatriche Polmonari Altre Raucedine Asma Dolore toracico Tosse Bronchite Erosioni dentali Globo faringeo Bronchiectasie Sindromi delle apnee notturne Otite Polmonite ab ingestis Laringite Fibrosi polmonare idiopatica Sinusite Granulomi delle corde vocali Stenosi subglottiche Cancro laringeo merosi studi, inoltre, dimostrano che il 75% dei soggetti possa avere un eccessiva esposizione esofagea all acido, confermata con la ph-metria (10). Un rapporto di causa-effetto tra queste due patologie, però, non può essere stabilito con certezza in quanto una può determinare l altra, come sopra riportato. La storia clinica del paziente, pertanto, rappresenta il criterio più importante per considerare la MRGE come fattore eziologico di asma. La MRGE, quindi, può essere sospettata nei pazienti con tosse notturna e con peggioramento della sintomatologia dopo i pasti o il consumo di alcool o dopo l assunzione del decubito supino; in quelli in cui l asma esordisce in età adulta e in quelli che non rispondono in maniera adeguata alle terapie convenzionali. La principale manifestazione clinica lamentata dai pazienti in cui vi sia un coinvolgimento dell apparato respiratorio è rappresentata dalla tosse. Un associazione tra tosse e reflusso gastroesofageo, infatti, è stata dimostrata con una prevalenza del 10-25% (11). Una tosse cronica, diurna, non produttiva, può orientare verso una diagnosi di tosse associata al reflusso. Il periodo di tempo di persistenza della sintomatologia necessario per definire una tosse cronica è ancora oggetto di discussione, anche se, generalmente, è accettata una durata superiore alle 3-8 settimane. Come nel caso dell asma, anche quando la tosse è associata al reflusso i sintomi tipici possono essere silenti in più del 50% dei pazienti. La MRGE dovrebbe pertanto essere presa in considerazione in quei soggetti con tosse cronica, che non fumano o assumono farmaci, come gli ACE-inibitori, che non presentano alterazioni alla radiografia del torace e in cui sia stata esclusa la presenza di asma o di patologia laringea. La frequente mancanza di una causa riconoscibile a cui ricondurre alcuni sintomi laringei ha condotto i clinici a considerare la MRGE una causa o un cofattore nella loro eziopatogenesi (12). I sintomi extraesofagei sembrano direttamente correlabili al reflusso laringofaringeo (RLF). Per reflusso faringoesofageo si intende il reflusso gastroesofageo che riesce a raggiungere le strutture situate sopra lo sfintere esofageo superiore (UES). Da un punto di vista patogenetico si ritiene che il RFL sia secondario a una disfunzione del LES o a un disordine della motilità esofagea. Il danno a carico della mucosa laringea è dovuto, quindi, al suo contatto diretto con il refluito gastroesofageo. Studi condotti su modelli animali hanno messo in evidenza il ruolo dell acido e della pepsina come noxae delle lesioni laringee. Adhami et al (13), recentemente, hanno documentato che gli acidi biliari sono in grado di causare lesioni, ma solo in ambiente acido. Da un punto di vista epidemiologico è stato stimato che circa il 15% dei pazienti che giungono all osservazione dello specialista otorinolaringoiatra manifestino sintomi correlati al reflusso, anche se i sintomi tipici possono essere assenti in una percentuale compresa tra il 50% e il 90% circa. Raucedine, cronica o intermittente, affaticamento vocale, afonia, eccessivo muco orofaringeo, tosse cronica, mal di gola, sono sintomi comunemente riferiti da questo gruppo di pazienti. Il globo faringeo, inteso come una persistente sensazione di corpo estraneo in faringe non associato a disfagia e/o odinofagia, è attribuito alla MRGE in circa il 25-50% dei casi. Ancora, un esposizione esofagea eccessiva all acido, documentata mediante ph-metria, può essere riscontrata nel 55%-79% dei pazienti con laringite cronica. Altri sintomi, meno frequenti, possono essere rappresentati da ulcere da contatto, granulomi, noduli vocali, 35 Giorn Ital End Dig 2009;32:33-38

4 L fig. 2: nuovo algoritmo diagnostico delle manifestazioni extraesofagee della Malattia da Reflusso Gastroesofageo in base alle recenti acquisizioni Sintomi suggestivi di MRGE IPP a dose standard per 6-8 settimane Risoluzione dei sintomi Persistenza dei sintomi Determinare la dose minima efficace di mantenimento Sospendere terapia; eseguire EGDscopia e ph-metria* EGdscopia e ph-metria positivi EGDscopia e phmetria negativi: considerare altre diagnosi IPP a dose doppia per 3-6 mesi Risoluzione dei sintomi Miglioramento dei sintomi inadeguato 36 Vincenzo Savarino et al > Disturbi atipici della MRGE Determinare la dose minima efficace di mantenimento * La ph-impedenziometria in corso di terapia con IPP può rappresentare nel futuro un alternativa alla ph-metria standard leucoplachia e persino neoplasie. Alcune alterazioni a carico della mucosa laringea, quali ad esempio edema ed eritema, considerate suggestive di un danno legato al reflusso gastroesofageo, hanno dimostrato nei vari lavori scientifici bassa specificità (14,15). Altri studi, invece, hanno evidenziato una maggior presenza di queste lesioni rispetto ai controlli sani a livello della parete posteriore della laringe, delle corde vocali vere e delle aritenoidi (16). Considerare chirurgia se la correlazione tra episodi di reflusso e sintomi è convincente Per quanto concerne la terapia, studi in aperto, non controllati, hanno dimostrato una percentuale di risposta al trattamento con inibitori di pompa protonica (IPP) compresa tra il 45 e il 90%: il massimo beneficio era ottenuto somministrando una dose doppia di IPP e prolungata per almeno 4 mesi (17,18). Tuttavia, studi randomizzati e controllati nel lungo termine non hanno confermato un guadagno terapeutico della terapia con IPP a dose doppia rispetto al placebo (19,20). La

5 L terapia chirurgica potrebbe rappresentare un alternativa a quella con IPP in quei pazienti che non vogliono assumere per lungo tempo i farmaci antisecretivi, o che presentano effetti indesiderati, oppure in quei soggetti in cui la ph-impedenziometria evidenziasse la presenza di un reflusso debolmente acido associato alla sintomatologia. La diagnosi delle manifestazioni extraesofagee della MRGE risulta difficile nella pratica clinica perché, come più volte sottolineato, la maggior parte dei pazienti non lamenta sintomi tipici. Inoltre, la determinazione ambulatoriale del ph esofageo non rappresenta un ideale gold standard. Infatti, se da un lato questa è gravata da una tendenza alla bassa sensibilità e riproducibilità (21), dall altro esistono divergenze metodologiche relativamente al numero e al posizionamento degli elettrodi. Ne consegue che un test negativo non deve far escludere la diagnosi, mentre un risultato positivo con i criteri attuali conferma la coesistenza di una MRGE in un paziente con patologia pneumologica o ORL. Probabilmente un miglioramento dell accuratezza diagnostica può essere ottenuto sia attraverso un perfezionamento tecnologico (utilizzazione di sondini con un maggior numero di elettrodi e di punti di rilevazione del ph, impiego di metodiche integrate ph-metriche e manometriche per lo studio dello sfintere esofageo superiore) sia attraverso una migliore definizione dei criteri diagnostici del reflusso prossimale. A tal proposito, una metodica promettente può essere rappresentata dalla ph-impedenziometria, che consente di studiare i movimenti sia in senso anterogrado che retrogrado di aria e liquido lungo l esofago (22). Ciò permette di superare uno dei limiti della ph-metria esofagea, poiché questa non è in grado di rilevare tutti gli episodi di reflusso, soprattutto quando il refluito non è acido, come ad esempio subito dopo i pasti, prima dell acidificazione del contenuto gastrico o nei pazienti in terapia antisecretiva. La combinazione di ph-metria e impedenziometria permette la determinazione e la classificazione degli episodi di reflusso in acidi (ph <4), debolmente acidi (ph tra 4 e 7) o misti (22). Con questa nuova metodica sarebbe possibile studiare il ruolo che un reflusso debolmente acido potrebbe svolgere in questi pazienti e, soprattutto, in quelli non responsivi alla terapia antisecretiva. Molti studi, inoltre, hanno documentato una bassa prevalenza di lesioni esofagee endoscopicamente rilevabili in soggetti con manifestazioni atipiche di MRGE. In base a tali osservazioni, l EGDscopia non sarebbe raccomandata in prima istanza in questi pazienti, se non in presenza di altre indicazioni, come il riscontro di sintomi di allarme o la sorveglianza in pazienti con esofago di Barrett (23). Tuttavia, i risultati di un recente studio hanno ridefinito la prevalenza dell esofagite erosiva e di altre lesioni gastroduodenali rilevabili endoscopicamente in pazienti con sintomatologia otorinolaringoiatrica cronica e non responsiva a terapia specifica e verosimilmente correlabile al reflusso gastroesofageo (23). Sulla base di quanto finora esposto, è possibile ridisegnare un algoritmo diagnostico per le manifestazioni extraesofagee della MRGE (figura 2). Se l esame ORL o pneumologico non consente di rilevare la causa dei sintomi, si pone diagnosi di MRGE. In assenza della prova di una migliore accuratezza diagnostica del test con IPP a elevato dosaggio, un ciclo di terapia a breve termine e a dosaggio standard sembra essere la scelta migliore. Se la risposta al trattamento è soddisfacente, il farmaco può essere ridotto fino alla dose minima efficace oppure sospeso. Se la risposta alla terapia è scarsa, vale la pena di annullare il trattamento ed eseguire un EGDscopia. Il riscontro di un esofagite stabilisce la diagnosi di MRGE, ma questo è un reperto endoscopico non molto frequente. Un possibile passo avanti nell iter diagnostico potrà essere offerto dall applicazione clinica della ph-impedenziometria, recentemente introdotta nella pratica clinica. Il rilievo di normale ph-metria deve far pensare a diagnosi alternative, mentre la sua positività deve indurre ad aumentare la dose degli IPP e prolungarne la somministrazione fino a 3-4 mesi (24). Questo algoritmo, tuttavia, necessita di una chiara valutazione nella pratica clinica e, pertanto, si devono attendere ulteriori studi per verificare se effettivamente sia caratterizzato da un accuratezza diagnostica adeguata. Conclusioni Il riconoscimento del ruolo che la MRGE può svolgere nel determinare l insorgenza di manifestazioni atipiche quali asma, tosse cronica o laringite ha indotto, negli ultimi anni, a un attenzione sempre maggiore verso tale associazione non solo da parte dei gastroenterologi, ma anche da parte di altri specialisti. Tuttavia bisogna ricordare che, sia per la mancanza di sintomi tipici associati alle manifestazioni non specifiche della MRGE sia per la bassa specificità delle metodiche diagnostiche utilizzate, risulta difficile stabilire un nesso di causalità tra la MRGE e le patologie extraesofagee. Questa può essere presa in considerazione solo in quella percentuale di pazienti che rispondono efficacemente al trattamento con inibitori di pompa protonica. In chi non presenta un miglioramento dei sintomi, invece, andranno ricercate altre cause. L impiego di nuovi mezzi diagnostici come la ph-impedenziometria, potrà, in un prossimo futuro, chiarire il ruolo eziopatogenetico di un reflusso debolmente acido, ruolo che, attualmente, è ancora molto dibattuto. Giorn Ital End Dig 2009;32:

6 Vincenzo Savarino et al > Disturbi atipici della MRGE L Corrispondenza Vincenzo Savarino U.O. Clinica Gastroenterologica con Endoscopia Digestiva Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche Università degli Studi Viale Benedetto XV Genova Tel Fax vsavarin@unige.it Bibliografia 1. Vakil N, Van Zanten SV, Kahrilas P. The Montreal definition and classification of Gastroesophageal Reflux Disease: A global evidence-based consensus. Am J Gastroenterol 2003;101: Wong RK, Hanson DG, Waring PJ. ENT manifestations of Gastroesophageal Reflux. Am J Gastroenterol 2000;95(suppl 8)S15-S Harding SM. Recent clinical investigations examining the associations of Asthma and Gastroesophageal Reflux. Am J Gastroenterol 2003;115( suppl 3A):S39-S Looke GR, Talley NJ, Fett SL. Prevalence and clinical spectrum of Gastroesophageal Reflux: A population-based study in Olmsted county, Minnesota. Gastroenterology 1997;112: El-Serag HB, Sonnenberg A. Comorbid occurrence of laryngeal or pulmonary disease with esophagitis in United States military veterans. Gastroenterology 1997;113: Wynnej W, Ramphal R, Hood CI. Respiratory aspiration of the stomach contents. Ann Intern Med 1977;87: Matthay MA, Rosen GD. Acid aspiration induced lung injury: New insights and therapeutic options. Am Respir Crit Care Med 1996;154: Mansfield LE, Hameister HM, Spanlding HS. The role of the vagus nerve in airway narrowing caused by intraesophageal hydrochloric acid provocative and esophageal distention. Ann Allergy 1981;47: Orr WC, Allen M, Radinson MG. Esophageal function and gastroesophageal during sleep and walking in patients with COPD. Chest 1992;101: Harding SM. Pulmonary complications of gastroesophageal reflux. In Castell DO, Richter JE eds. In: The esophagus, 4 th edn: Philadelphia Lippincott Williams and Wilkins 2004: Irwin RS, Madison JH. Anatomic diagnostic protocol in evaluating chronic cough with specific reference to gastroesophageal reflux disease. Am J Med 2000; 108:(suppl 4A):S126-S Vaezi MF. Therapy insights: gastroesophageal reflux disease and laryngopharyngeal reflux. Nat Clin Pract Gastroenterol Hepatol 2005;2: Adhami T, Goldblum JR, Richter JE. The role of gastric and duodenal agents in laryngeal injury: an experimental canine model. Am J Gastroenterol 2004;99: Quadeer MA, Swoger J, Milstein C. Correlation between symptoms and laryngeal signs in laryngopharingeal reflux. Laryngoscope 2005;115: Milstein CF, Charbel S, Hicks DM. Prevalence of laryngeal irritation signs associated with reflux in asymptomatic volunteers: impact of endoscopic technique. Laringoscope 2005;115: Vaezi MF. Are there specific laryngeal signs for gastroesophageal reflux disease? Gastroenterology 2000;118: Park W, Hicks DM, Khandwala F. Laryngopharyngeal reflux: prospective cohort study evaluating optimal dose of proton-pump inhibitor therapy and pretherapy predictors of response. Laryngoscope 2005;115: Pratter MR, Brightling CE, Boulet LP. An empiric integrative approach to the management of cough: ACCP evidence-based clinical practice guidelines. Chest 2006;129:222S-231S. 19. Coughlan JL, Gibson PG, Henry RL. Medical treatment for reflux esophagitis does not consistently improve asthma control: a systematic review. Thorax 2001;56: Noordzij JP, Khidir A, Evans BA. Evaluation of omeprazolo in the treatment of reflux laryngitis: a prospective, placebocontrolled, randomized, double-blind study. Laryngoscope 2001; Franzen T, Tibbling TL. Reliability of 24-hours esophageal ph-monitoring under standard conditions. Scand J of Gastroentrol 2002;37: Vela MF, Camacho-Lobato L, Srinivasan R. Simultaneous intraesophageal impedante and ph measurement of acid and non-acid gastroesophageal reflux: effect of omeprazolo. Gastroenterology 2001;120: Poelmans J, Feenstra L, Demedts I. The yield of upper gastrointestinal endoscopy in patients with suspected reflux-related chronic ear, nose, and throat symptoms. Am J Gastroenterol 2004;99: Poelmans J, Tack J. Extraesophageal manifestations of gastroesophageal reflux disease. Gut 2005;54:

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