Privatizzazionie struttura der controlro. ruolo õil, public company. r locteta io. Introduzione. Paolo Fulghi,eri,* e Luigi Zingales* *

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1 Privatizzazionie struttura der controlro il r locteta io ruolo õil, public company Paolo Fulghi,eri,* e Luigi Zingales* * Introduzione aate compani,es. pet le imprese che niamo una struttura di noccioto dur sia riservato a investitori istituzion aziende da privatizzãrê.1 va una profonda divisione all,interno e privatizzare. In particolar modo il la questione della struttura ottimale della cosidd,etta pubtic company. propone intatto al nuovo Governo. ante la campagna elettorale, si ri- Lo scopo del presente lavoro è queilo di fornire una base teorica ar di- Mercati e Istituzioni: Le Nuove Flontiere della Milano t'8 giugno 19g4. Nella stesura del preti di Mario Draghi, MarcoPagano, Alessandro rtecipanti al suddetto convegno. Abbiamo benella raccolta dei dati.

2 238 Le nuove frontiere della potitica economica battito in corso e, tramite questa, delle indicazioni sui termini economici deltrøde-off che un governo si trova ad affrontare nel decidere come privatizzare. ci proponiamo di rearizzare questo obiettivo rispondendo uì.u quesiti fondamentali. In primo luogo, ci chiediamo quali sono gli effetti della struttura proprietaria sull'efficienza nella gestionì di,rr,u impresa e, più in generale, del sistema economico. Nel fai questo non ci limitiamo a ri_ portare risultati presenti in letteratura, ma ci sforziamo di interpretare e qualificare questi risultati alla luce della realtà italiana. In secondo luogo, analizziamo in quale misura la struttura proprietaria efficiente emerga dalla libera contrattazione delle parti e in qualã misura essa possa o debba essere indotta attraverso un intervento governativo volto ad alterare I'equilibrio esistente. euesto rappresenta unãspetto cruciale, e spesso ignorato, dell'intero dibattito. se il mercato è in grado di genera_ re la struttura proprietaria più efficiente, allora la scelta del metodã di pri_ vatizzazione non ha alcun effetto sull,efficienza del sistema, ma solo sul ricavo della vendita. viceversa se, per qualche motivo, un sistema non con_ verge spontaneamente alla soluzione ottimale, è necessario capire perché questo avviene e studiare possibili rimedi. una volta risolti questi primi due quesiti ci rivolgiamo all'eviden za em_ pirica e cerchiamo-di individuare quali sono concre-tamente gli aspetti più importanti del problema nel contesto della realtà italiana. solo dopo aver fatto questo è possibile dare una risposta all'urtimo e più importante quesito, cioè quale struttura proprietaria scegliere per le priv atizzazioni. ov_ viamente la scelta finale non può che essere una scelta politica. per que_ sto, presentiamo un'analisi di come le diverse strutture pioprietarie si spo_ sino con i vari obiettivi che le diverse parti politiche si propo.,gor-,o di rag_ giungere tramite le privatizzazioni. La nostra analisi si limiterà al come privatizzare. Diamo per scontato che si voglia privatizzare e discutiamo il modo ottimale per farìo al fine di conseguire determinati obiettivi politici. Non ci soffermeremo sulle tecniche specifiche di vendita (argomento ampiamente trattato da ohemmanur e Fulghieri, rgg4c e da chiri e panetta, igg ), ma sulle scelte della struttura del controllo proprietario nelle imprese privatizzatee in particolare sul ruolo della publi,c company.2 Fondamentalmente esistono quattro possibili modi per privatizzare una impresa pubblica. Il primo, e forse più semplice metoåo, áonsiste nel ven_ dere il r% diuna società a un unico compratore, sia esso un imprendito_ iäiiå'1,":ï};:,,i"i;:ïff iîfi l "fj,i:"#ï?t,"1îffi il::t"iî*î: privalizzazioni e struttura del controllo societario 2Sg miatori, individuando però un,,nocciolo duro,, di una dozzinadi azionisti opportunamente selezionati, che in virtù di u ria, giocherà ur sreúpo,,in'ità'åii"""å:f""$ï'åilä:tl;tlii; tori. per semplicità chiameremá1 ----" azionista ^ iuattro casi: Y di riferiment nisti di riferimento) Queste quattro str ' essere scelte. al momento ni olvere di mercato. a dalle contr attazio_ Per discutere la cuno Prezzo di mercato è ir de al nare ra struttura ezio_ ticando Prodi, ha, criseguibile attraverso dis pered è vitale :company, come negli laddove è nata Quest'approcclo o del mercato.+ è se. librio di mercato è frutto delle regole ra. all,interno Come diceva Einaudi (19491;;lte mercato sue Lezio è innanzitutto caratte i "utodai tare le carab regole. In secondo luoá",-ã"lte che per la soluzione dat di merc della privatizzazione, pio, ci possono essere d uella ottimale. Ad esem- Lra proprietaria ottimale dr nt sti possiamo dare llyïll" conrributo più to del significarivo. controto societario Infine, se'merca_ ""; ; mercato non ;;;"ttamente competitivo, è univocamente determinato, 'prezzo di ma è il ri*riáìo di un processo 3t,^;fl'"'å':1ï;åX*" in q""'t" "ä,i,r.,,u.,,u il;;;;;ie a c ri si vende Abbiamo pertanto individuato quattro principari problemi legati all,ef_ ricienza economica de'astrutdã p"ffiutá.ii la funzione primaria J"irãffiiJr". our di ru*o, ^å..uåiäicapitari è ra divers iticazionedel ".,^u ri_ schio di impresa. In r1n mondo di investitori avversi ar rischio ir fraziona_ mento delta proprierà (e quindi a"i'rir.,i"r "r^;;;;litîi"r.ur" sociare. una società con titoli trat_ a public company. Tuttavia 2Altri interessanti lavori sulle tecniche diprivatizzazione sono Cornelli e Li (l9g3) e perotti (1ee). una società che non abbia i uno o pochi imprenditori

3 24 Le nuove frontiere della politica economica Tuttavia, come è ben noto, i vantaggi della diversificazione si scontrano con problemi cli incentivi, La diffusione della proprietà elimina gli incentivi degli azionisti a controllare il management. Di conseguenza, i manager' non più sorvegliati, tenderanno ad anteporre i propri interessi a quelli degli azionisti-proprietari. A fianco di questo ben noto trade-off tra diversificazione del rischio e incentivi alla sorveglianza, vi sono due ulteriori problemi. Il primo riguarda i possibili conflitti di interesse tral'azionista di riferimento (o gli azionisti facenti parte del nocciolo duro) e i piccoli azionisti. La maggior parte della letteratura sussume questo conflitto di interessi nel generale problema di agenzia tra management e azionisti. Ci sembra invece opportuno distinguere i due casi per Ie diverse conseguenzerelative alla struttura di proprietà ottimale, soprattutto in ltalia' Il secondo punto riguarda I'effetto della struttura proprietaria iniziale sulla frequenza e I'efficienza dei trasferimenti del controllo. Il problema dell'allocazione proprietaria, infatti, non è un problema statico, ma è un problema dinamico. In un mondo in evoluzione non conta solo chi sia oggi la persona (o gruppo di persone) meglio in grado di gestire una società ma conta anche quale sia la persona (o gruppo di persone) più incline a trasferire un domani il controllo della società a chi sarà allora in grado di gestirla nel modo migliore. Una volta studiati i possibili effetti di diverse strutture proprietarie in un contesto astratto, ci immergiamo nel contesto della realtà italiana. La teoria è solo in grado di individuare quali sono i possibili costi e benefici di diverse strutture proprietarie, ma non può darci un'indicazione sull'imporlanza relativa di questi costi e benefici in pratica. Per far questo non possiamo che osservare le scelte effettuate dagli operatori e cercare di inferire la struttura ottimale della proprietà nel contesto italiano. Nel far questo ci avvaliamo per Io più di lavori empirici esistenti, aggiungendo però un'analisi originale della struttura proprietaria scelta dalle imprese italiane al momento della quotazione. Dalla nostra analisi sulla struttura proprietaria delle imprese neoquotate emerge che il 92% sceglie una struttura con un singolo azionista di riferimento, l'8% unastruttura di nocciolo duro con un patto di sindacato mentre nessuna impresa opta per la public company. Solo ii 2% deile imprese non ha un'azionista o un blocco di azionisti che detengono la maggioranza dei voti. Ancora più sorprendente è che nel25% dei casi le intprese hanno un azionista che controlla più dei75% dei voti. Questa caratteristica non è presente solo nelle imprese neoquotate, ma nell'intero campione delle quotate. Dopo aver individuato le possibili divergenze tra ottimo individuale e ottimo sociale e averne valutato I'importanza nel contesto italiano, ci chiediamo se gli obiettivi politici possano essere interpretati come tentativo di eliminare queste divergenze. Nel dibattito italiano abbiamo individuato quattro principali obiettivi po- Privatizzazioni e struttura del controllo societario 24I litici delle privatizzazioni. Il primo, enfatizzatodal governo ciampi, è quello di creare un azionariato popolare. Il secondo, di,rãtu., prettamente fisca_ le, è o Stato al fine di ridìrre il debito pub_ blico o fiscale. Il terzo, presente soprattut_ to ne a concentrazione próprietaria aui grurrãi gruppi industriali nel nostro paese. Ir quarto, infine, è que[o di minimiz_ zare I'influenza dei politici sul ecor omia. euesti quattro obiettivi non so_ no nec rapposti. Tuttavia, come sottolineeremo in seguito, pos in contraddizione. per questo è importante Jnalizzare di efficienza ed equità.ãro p.urunti neile diverse proposte per meglio rapportarle tra loro. Questa analisi ci permetterà di comparare i metodi seguiti con le finalità dichiarate. E limitativo, però, guardare all'intervento statale come volto unicamente a ripristinare I'ottimo sociale, in quanto I'operato del governo è condizio_ nato dagli obiettivi personari dei politici, chã posso'o à'iuurg"re dal perse_ guimento del benessere collettivo. perciò, per individuare la strategia ot_ timale per privatizzare è importante stabilire se le inefficienze insite nel processo decisionale politico siano superiori alle inefficienze del mercato che l'intervento pubblico si prefigge di correggere. L'analisi di quest o trade_ off ci servirà poi per disegnare le nostre proposte su come privatizzare. rn particolare, dividiamo le nostre proposte in interventi strutturali (miranti a raggiungere ilfirst best) e in ricette contingenti (second, best). Da un punto di vista ideale riteniamo che non si possa discutere in Italia dei diversi modelli di struttura proprietaria fino a quando non vengano at_ tuate delle riforme a protezione dei diritti delte minoranze azionarie. In particolare proponiamo I'introduzione anche in Italia di una qualche for_ ma di deri,uati,ue sui,t, cioè di azione di responsabilità contro gli ammini_ stratori da parte dei soci di minoranza. Di pari passo sarebbe necessario introdurre restrizioni al possesso azionario ãi uu.r"rru da parte di imprese industriali e perseguire una più attiva politica a favore della conco rrenza. Una volta che tutte queste riforme siano state attuate, la scelta della struttura proprietaria ottimale può essere per lo più lasciata alle forze del mercato. comunque, trovandosi a dover stabilire le condizioni iniziali per le im_ prese pfivatizzate consigliamo di vendere le imprese statali più iedditizie come public company e quelle più bisognose di una ristrutturazione come private company. Questa indicazione nasce da un compromesso. Infatti la public company rappresenta il modo preferibile per priåtizzare un,impresa statale perché elimina la discrezionalità del goveino in merito a chi e u [uun_ to vendere, eliminando i connessi problemi di agenzia all'interno aét go_ verno. Tuttavia I'evidenza empirica americana suggerisce che per effãttuare grosse ristrutturazioni le imprese si ritirano dal mercat o azionario e ritornano "private". Pertanto suggeriamo di vendere come private company le imprese più bisognose di ristrutturazioni.

4 242 Le nuove frontiere della politica economlca iu aur,.o.r"nza all'interno ãeil'economia In assenza di interventi sul quadro legislativo riteniamo che la public company non sia una struttura piaticabile nel nostro Paese. A questa conclusione conducono non solo I'evidenza empirica sulla concentrazione della proprietà in Italia, ma anche il fallimento del tentativo di fare della comit ã åt cre it Ie prime public company. Data la non praticabilità della public company, sembrerebbe inevitabile la scelta di una struttura con uno o più aziãnlsîi i riferimento per poter pri ese in tempibrevi. Una simile scelta però andrebbe aumentare istanza' ridurre Ia concentrazione della proprietà' Per questo motivo noi proponiamo due soluzioni alternative. In primo Iuogo molte delle attuali impiese statali sono delle holding nate più dal ca-,o."h" da logiche di efficienza economica: pertanto, nulla andrebbe perso se queste imprese venissero smembrate e vendute a pezzi come private company. Questo aumenterebbe il numero di imprenditori in grado di intervenire alle aste e permetterebbe una diffusione della proprietà, col duplice vantaggio di cliversificazione del rischio e di riduzione della concenirazione industriale. In particolare, sarebbe opportuno smembrare imprese che, come Stet ed Enè1, hanno la principale ragion d'essere nel loro potere monopolistico. Per ie imprese che sono indivisibili da un punto di vista economico bisogna pensarã ai ru, ricorso al mercato azionario. In questo caso, però, per t"r,"i fede agli obiettivi di riduzione della concentrazione proprietaria è preferibile pensare a una forma di coinvolgimento di azionisti esteri, possibilmente investitori istituzionali, nelia posizione di azionisti di riferimento o di componenti del nocciolo duro. L'estraneità al sistema italiano renderebbe loio più difficile approfittare della loro posizione di controllo e col- Iudere con i politici in cãmbio di favori. Tramite la loro esperienza nella difesa dei diritti delle minor anze gliinvestitori istituzionali stranieri aiuterebbero il diffondersi di una cultura di capitalismo popolare che, alla fine, aiuterebbe lo sviluppo del nostro mercato dei capitali' Infine, un elemenio qualificante del processo diptivatizzazione è rappresentato dai tempi e dalle dimensioni delle privatizzazioni stesse' L'immissione in tempi brevi di una grossa quantità di imprese statali sul mercato borsistico italiano, rende di per sé improbabile il mantenimento di una struttura proprietaria fortemente oligarchica. Infatti, di fronte a un sostanziale ampliamento del mercato risulta difficile per i grossi gruppi estendere il lorocontrollo su tutte le società ptivatlzzale, visto che incontrano dei limiti nella loro capacità di indebitarsi e che preferiscono non emettere troppe azioni per paura di diluire il loro controllo' La struttura del presente lavoro, quindi, è la seguente. Nella prima sezione ana\izziamo in termini generali I'impatto di diverse strutture proprietarie sull'efficienza di un sistema economico. Nella seconda sezione ana- Privatizzazioni e struttura del controllo societario 249 lizziamo in che misura i diversi obiettivi delle privatizzazionirappresentano un tentativo di risolvere un'inefficienza del mercato e in che misura essi servono solo gli obiettivi personali dei politici. Nella terza sezione, poi, applichiamo questo schema teorico al caso italiano, e cerchiamo di individuare concretamente i termini del trade off. rnfine, nella quarta sezione diamo delle indicazioni di politica economica su come attuare Ie privatizzazioni al fine di conseguire gli obiettivi prefissati. Nel fare questo, tenteremo di distinguere tra provvedimenti attuabili nel breve periodo e nuove Ieggi che richiedono tempi più lunghi. In altri termini, non ci limiteremo a un'analisi difi,rst best, ma studieremo anche ir second, bøsú possibile nel contesto italiano odierno. Inoltre, cercheremo di dare una risposta economica alle numerose proposte, provenienti da diverse parti politiche, su come modificare il sistema di corporate goaernance in ltalia. 1. Struttura proprietaria ed efficienza economica La tabella 1 riassume i contenuti di questa sezione. Il nostro obiettivo qui è di analizzare i costi e i benefici in termini di efficienza economica delle diverse strutture proprietarie. In questa sede vogliamo inoltre individuare quando l'obiettivo di massimizzazione dei ricavi coincide con I'obiettivo di efficienza economica e quando questo invece non si verifica Struttura proprietaria e diversificazione La prima dimensione dell'analisi, talmente owia da non necessitare di molti commenti, è che diverse strutture proprietarie garantiscono un diverso grado di diversificazione del rischio, Per definizione la public company è quella con Ia proprietà più dispersa, e quindi quella che garantisce il massimo grado di diversificazione. Viceversa la private company concentra tutto il rischio nelle mani di un imprenditore, eliminando ogni possibilità di diversificazione.s In posizione intermedia troviamo il caso dell'azionista di riferi- Tabella 7 Struttura della proprietà ed efficienza Diversif icazione del rischio Sorveglianza dei manager Conflitto di interesse con gli azionisti di minoranza Riallocazione della proprietà Public Company Nocciolo duro Ottima Pessima Buona Discreta Discreta Discreta Cattiva Pessima Azionista di riferimento Cattiva Buona Pessima Cattiva Private company Pessima Ottima Ottima Ottima sspesso anche nelle private company c'è una qualche forma di diversificazione del rischio. Ad esempio, parte delle azioni sono possedute da familiari e amici (a questo proposito si veda l'indagine Banca d'italia condotta da Barca et ai.,1994). Tuttavia queste opportunità sono limitate dalla non facile trasferibilità dei titoli azionari.

5 244 Le nuove frontiere della politica economica mento e del nocciolo duro, In entrambi i casi parte del rischio è disperso tra piccoli azionisti. La differenza dei due casi è che nel primo I'azionista di riferimento sopporta da solo il rischio Iegato al pacchetto azionario di maggioranza (relativa o assoluta), mentre nel secondo caso questo rischio è diviso più o meno equamente tra gli azionisti facenti parte del nocciolo duro. Quindi entrambe Ie strutture proprietarie sono subottimali dal punto di vista della distribuzione del rischio, ma la prima è più inefficiente della seconda. Questo caso non necessita di ulteriori spiegazioni anche perché I'obiettivo di massimizzazione dei ricavi coincide in generale con quello dell'efficienza economica: la vendita ai piccoli azionisti permette di minimizzare i premi al rischio, massimizzando quindi il valore della vendita. Pertanto, in assenza di altri problemi, Ia libera contrattazione di mercato porta alla soluzione socialmente ottimale. Nonostante questa coincidenza di interessi individuali e sociali è possibile immaginare situazioni (vedi Pagano, 1993) in cui un mercato azionario rimane bloccato in una situazione di sottosviluppo. Questa situazione può emergere in presenza di costi fissi di quotazione sufficientemente elevati. L'imprenditore al momento della decisione di quotarsi internalizza questi costi, ma non il beneficio collettivo derivante dal fatto che Ia quotazione della sua impresa aumenta le opportunità di investimento per tutti gli investitori. Se si dovesse stabilire che questo è il caso per il mercato italiano, allora in sede di privatizzazione il governo dovrebbe considerare il possibile impatto positivo delle privatizzazioni sulla struttura del mercato azionario. In particolar modo, questo dovrebbe favorire ulteriormente strutture diverse dalla private company per il loro impatto benefico sulle opportunità di diversificazione degli investitori. Se il modello di Pagano può essere un'accurata descrizione del caso italiano pre-1987, non riteniamo che esso possa ritenersi valido dopo la liberalizzazione valutaria. Infatti, le opportunità di investimento di un investitore italiano non sono più limitate ai soli titoli italiani, ma comprendono anche tutte Ie altre Borse Struttura proprietaria e sorveglianza del management La seconda dimensione del problema è data dall'effetto che la struttura proprietaria ha sugli incentivi dei soci a sorvegliare I'operato del management. In un'impresa che presenta separazione tra proprietà e controllo (Berle e Means, 1932), il manager che ha il controllo dell'impresa può, nel compiere il proprio lavoro, perseguire i propri interessi privati a scapito degli interessi della proprietà (Jensen e Meckling, 1976). Ciò può tradursi in scelte produttive che non sono ottimali dal punto di vista degli azionisti. Privatizzazioni e struttura del controllo societario Costi della separazi,one tra propri,etù, e controllo Tra queste inefficienze possiamo ricordare Ie seguenti:6 1) distorsione di fondi aziendali verso il consumo privato e, più in genera_ le, allocazione del tempo e degli sforzi personali in modo non ottimale. Questo problema è stato formalizzato nell'ormai classico lavoro di Jensen e Meckling (1976); 2) scelta di progetti di investimento con rischiosità non ottimale. euesto problema, sollevato originariamente in Ross (1g78), dipende dalla diversa attitudine verso il rischio del manager (che si presume sia avverso al rischio) e del proprietario, che grazie alla diveriificazione del suo portafoglio può essere considerato come indifferente al rischio (o comunque meno avverso al rischio del manager); 3) scelta di progetti di investimento sulla base di come influiscono sul capitale umano del manager. euesto problema dipende dal fatto che il manager è propenso a scegliere progetti di investimento che aumentino il valore del proprio capitale umano nell'impresa in cui lavora (come in schleifer e vishny, 1g8g) o il proprio valore di mercato (come in Hirshleifer e Thakor, Igg2); 4) tendenz a alla espansione della dimensione dell'impresa oltre il livello ottimale, tramite la mancata liquidazione di attività patrimoniali (Boot, 1992) o più in generale la "costruzione di imperi" ljer,ren, lggg). Una possibile soluzione a questi problemi consiste nello strutturare la remunerazione dei manager in modo da indurli a perseguire gli obiettivi dei proprietari dell'impresa. Tuttavia, in presenza di inform azioneasimmetrica e di impossibilità materiale di scrivere contratti sufficientemente articolati (ovvero se i contratti sono incompleti), risulta impossibile ricostruire gli incentivi ottimali e quindi indurre scelte di investimento efficienti. In questo caso, l'entità delle deviazioni dall'efficienza economica può essere ridotta dalla sorveglianza diretta degli azionisti. 1'2'2- struttura propri,etari,a e incenti,ui atta soruegli,anza Il problema con questo approccio consiste nel fatto che gli azionisti sopportano un costo diretto e/o indiretto personale nell'esercitare tale sorve- 6 Una sintesi in italiano dei problemi di agenzia che affliggono una public company e delle relative soluzioni è contenuta anche in Èianco (1gg4). 245

6 246 Le nuove frontiere della politica economica La struttura proprietaria che garantisce la quantità ottimale di sorveghanzaè quindi quella di un'impresa che viene venduta a un azionista unico. In questo caso, i benefici della sorveglianza sono interamente internalizzati, e I'efficienza economica è garantita. Costi e benefici della sorveglianza sono eguagliati al margine, garantendo in questo modo I'ammontare socialmente ottimale di sorveglianza. Questa struttura proprietaria, tuttavia, comporta un costo sociale dovuto alla mancata diversificazione del rischio. AII'estremo opposto vi è invece la public company. In questo caso, polverizzando la proprietà tra molti piccoli investitori i benefici della diversificazione vengono massimizzati. D'altra parte, dato che la frazione posseduta da ciascun azionista è in questo caso minima, gli incentivi alla sorveglianza degli amministratori da parte dei soci risulta nulla o quasi. In posizione intermedia vi sono strutture proprietarie con uno o più soci con partecipazione azionaria consistente, i soci di riferimento che costituiscono il nocciolo duro. L'attività di monitoraggio individuale scelta da ciascuno dei soci appartenenti al nocciolo può essere determinata sia indipendentemente da ogni socio, sia attraverso un processo di coordinamento che può essere interpretato come un patto di sindacato, In entrambi i casi, la sorveglianza svolta dipenderà dal numero dei soci appartenenti al nocciolo e dalla frazione di società posseduta da ciascun membro del nocciolo Soruegli,anza ed effi,ci,enza econom'ica Come dimostrato da Shleifer e Vishny (1986) la formazione di un azionista di riferimento che controlli il management non può awenire endogenamente se la proprietà iniziale è troppo diffusa e se le regole sulla trasparenza della proprietà azionaria sono troppo severe. Infatti, per poter formare un nocciolo duro, $i azionisti di riferimento devono rastrellare Ie azioni sul mercato.il prezzo al quale possono raccogliere le azioni (dato dal prezzo richiesto dai piccoli azionisti) rifletterà il beneficio che deriva dal monitoraggio. Quindi gli incentivi alla concentrazione azionaria (necessaria per incentivare il monitoraggio) sono ridotti da questo free ri,d,i,ng. Questo problema è simile a quello che si incontra nell'usare i takeouers come meccanismi di disciplina del management (si veda Ia discussione al paragrafo I.4). La differenza è che nel caso dei takeouers vi è un cambio di controllo e quindi una maggiore possibilità per lo scalatore di appropriarsi di parte dei benefici della scalata, magari attraverso una fusione. In questo caso, non vi è un passaggio del controllo, e quindi il problema difree ri,ding è più marcalo.la conclusione è che se si vuole un azionista di riferimento o un nocciolo duro, questa struttura proprietaria deve essere formata al momento della vendita iniziale. Altrimenti, in assenza di benefici privati di controllo, è molto difficile che il nocciolo si formi spontaneamente sul mercato. Prívatizzazioni e struttura del controllo societario 1.2'4. Im'portanza d,e\a struttura, proprietaria ini,zi,ale dn caso di pri,uati,zzazi,one Sulla base di queste premesse, i criteri di privatizzazione dovranno tenere conto degli incentivi che la scelta della struttura proprietaria ha sul livello di sorveglianza. rn particolare, se I'obiettivo del gorrì.r,o è la massimizzazione del ricavo dalla vendita delle azioni, occorierà considerare e bilanciare tra di loro i seguenti effetti. In primo luogo, la costituzione di uno o più azionisti di riferimento crea gli incentivi per un'attività di sorveglianza del management. Tali azionisti tuttavia sopportano sia il costo della mancata cliversificazione sia il costo privato di sorveglianza. \ prezzo al quale questi azionisti sono disposti a comprare le azioni al momento della privatizzazione rifletterà quinãi que_ sti benefici e costi. Il governo dovrà vendere le azioni agli azionisti di riferimento a uno sconto che riflette questi due costi. Nel determinare la composizione ottimale del nocciolo duro, il governo dovrà tenere conto delle due variabili cruciali in questione: la quota pro capite di azioni di ciascun azionista di riferimento e il numero degli aziánisti di riferimento. Queste variabili saranno determinate tenendo conto dei seguenti fattori. In primo luogo, I'aumento della quota sociale posseduta da ciascun azionista di riferimento ne aumenta I'incentivo alla sórveglianza' mà aumenta anche il costo della mancata diversificazione, In secondo luogo, aumentando il numero di azionisti di riferimento si ha il beneficio di ridurre il rischio sopportato da ciascuno di loro, pur mantenendo a li_ velli elevati il livello complessivo di sorveglianza. Allo stesso tempo, introducendo più di un azionista di riferimento si esacerbano i problemi difree ri,d,er tra i componenti stessi del nocciolo. Da questo punto di vista, potrebbe quindi convenire concentrare tutte le azioni in un solo azionista di riferimento, invece di averne una pluralità come in un nocciolo. Infine, le azioni vendute al pubblico di piccoli azionisti non producono sorveglianza, ma permettono di risparmiare sui premi al rischio. Inoltre, i piccoli azionisti saranno disposti a pagare un prezzo che dipende dalla quantità di sorveglianza compiuta dagli azionisti di riferimento. euindi, la presenza di azionisti di riferimento produce un'esternalità positir a nella forma di un premio che i piccoli azionisti sono disposti a pagare quando vi siano azionisti di riferimento nella struttura proprietaria del impresa. Questo premio viene incassato dal governo, e costituisce un guadagno netto, che compensa lo sconto che deve essere effettuato nella véndi ta agli azionisti di riferimento. Quindi, al momento della privatizzazione, il governo dovrà decidere il numero di azionisti di riferimento, la loro quota pro capite, ilprezzo unita_ rio per gli azionisti di riferimento e Ilprezzo fuìssibilmente diverso) per la vendita al pubblico. si noti che in linea di principio al governo può con- Z4Z

7 248 Le nuove frontiere della politica economtca venire (o essere necessario) vendere Ie azioni ai componenti del nocciolo duro con uno sconto rispetto alla vendita al pubblico. Questo sconto riflette i costi di sorveglianza e ll premio al rischio sopportati dagli azionisti di riferimento, e viene ripreso dal governo nella vendita al pubblico.t Due questioni ulteriori sono importanti. La prima è data dal numero ottimale di azionisti di riferimento. Questo può dipendere dal grado di complementarietà della sorveglianza degli azionisti di riferimento' In particoiuru,," I'effetto delle loro attività di sorveglianza sulla redditività dell'impresa dipende solo dal livello di sorveglianza eseguito dal socio che ne fa di più, allora converrà avere un solo azionista di riferimento che esegue tutta la sorveglianza; il resto viene venduto at pubblico di piccoli azionisti. In altri casi, invece, si può verificare una sorta di complementarietà tra i livelli di sorveglianzatra i diversi soci di riferimento. Questo caso può emergere, per esempio, quando la presenza di un solo azionista di riferimento permette a questi di colludere con ii management a detrimento dei soci di minoranza diffusi. Nella sezione successiva discuteremo come la presenza di una molteplicità di soci di riferimento può ridurre gli effetti di questo problema. La seconda questione è data invece dall'identità dell'azionista di riferimento. Anche se fin qui abbiamo considerato che questi sia un grosso imprenditore o un'altra impresa, si può trattare anche di un fondo comune ãi investimento o di una banca mondiale. Il problema del potenziale ruolo svolto dagli investitori istituzionali è molto importante e merita di essere discusso esplicitamente Ruo\o degli' i'nuesti'tori' istituzionali, In primo Iuogo occorre ricordare che i fondi comuni di investimento sono azionisti come tutti gli altri e tipicamente hanno possesso solo di una quota ridotta delle azioni di una data impresa. Quindi, il limite al loro incentivo alla sorveglianza è dato anche in questo caso da un problema difree rid,iw simile a quello presente con altri soci diversi da istituzioni finanziarie' Un secondo problema è dato dagli incentivi del manager dei fondi stessi a esercitare effettivamente il controllo delle imprese nelle quali il fondo ha partecip azioni. Questo è it problema tradizionale del qui,s custodi'et custod,es?lnparticolare, è necessario spiegare perché aggiungendo un livello intermedio di controllori (i manager dei fondi) è possibile effettuare Ia sorveglianza in modo più efficiente, ovvero a un costo complessivo inferiore. La teoria recente sulla intermediazione finanziaria (in particolare quel-?l'ottimalità dello sconto crea un forte problema di agenzia all'interno del governo stesso. Come ci si può assicurare che Io sconto sia legittimo e non piuttosto il risultato di un favore offerto àal governo nei confronti del compratore? In questo caso sarà necessario disegnare due aste separate: una per i titoti venduti ai risparmiatori e una per i blocchi destinati ai membri del nocciolo duro. Prívatizzazioni e struttura del controllo societario 249 Ia discussa in Diamond 1984) può spiegare come la presenza di intermediari finanziari possa effettivamente diminuire i costi di monitoraggio. II meccanismo di riduzione dei costi dipende in modo cruciale dal fatto che I'intermediario investe i propri fondi in numerose imprese e ha quindi un portafoglio diversificato. Il manager di un fondo comune ha in generale il compito di sorvegliare (con i suoi subordinati) un numero elevato di imprese. La diversificazione del portafoglio di ciascun manager ha l'effetto di ridurre (e a limite di eliminare) gli effetti di eventi casuali sulla performance del manager. La redditività media del portafoglio amministrato dipenderà quindi in misura maggiore dalla quantità e dal valore della sorveglianza effettivamente eseguita, e in misura minore dall'effetto di eventi casuali esterni. La redditività del portafoglio risulta perciò essere una misura più precisa dello sforzo del manager del fondo nell'eseguire sorveglianza. Ciò permette Ia creazione di meccanismi di incentivazione più efficaci, che consentono di controllare I'intermediario a costi più contenuti (e al limite nulli). Questi meccanismi a loro volta indurranno I'intermediario a sorvegliare il management delle società in cui I'intermediario ha investito. vi è inoltre una seconda ragione per cui la presenza di un intermediario tra gli azionisti di riferimento può risultare vantaggiosa. In particolare, a un intermediario finanziario può convenire un incentivo a creare e mantenere una reputazione per la efficacia nella sorve glianza delle imprese (si veda in questo senso Chemmanur e Fulghieri, lgg!a). vi sono due incentivi per I'intermediario finanziario a formarsi una reputazione di questo tipo. In primo luogo, un controllo più efficiente permette di aumentare Ia redditività del fondo rispetto a concorrenti meno efficienti. Ciò attrarrà un numero superiore di depositanti, generando una remunerazione superiore per i manager del fondo stesso. un secondo meccanismo di incentivo per il fondo ad acquisire una reputazione per la sorveglianza deriva dall'interesse stesso della società le cui azioni sono possedute dal fondo. In particolare, si è appena visto che uno degli incentivi alla creazione di uno o più soci di riferimento deriva dall'esternalità che questi creano nei confronti del pubblico. La presenza di un socio di riferimento che esegue sorveglianza permette infatti di collocare le azioni presso il pubblico aùnprezzo superiore, che riflette questa attività di sorveglianza. rl prezzo di vendita al pubblico sarà quindi tanto superiore, quanto maggiore è la reputazione dell'intermediario che sia anche socio di riferimento. Può quindi essere nell'interesse del governo, al momento della privatizzazione, avere tra i soci di riferimento un intermediario che sia dotato di una sufficiente reputazione. La presenza di un intermediario tra gli azionisti di riferimento, tuttavia, può creare incentivi distorti. In particolare I'intermediario, quale azionista di riferimento più direttamente coinvolto nell'impresa, può avere accesso a informazioni privilegiate sull'impresa. Tali informazioni possono essere di valore nell'attività di scambio dell'intermediario a scapito degli

8 25 Le nuove frontiere della politica economica \ altri azionisti di minoranza.inoltre, I'intermediario può avere partecipa_ zioni in altre imprese, creando in questo modo un.o.,flitto di interessi, un problema che verrà discusso in modo più dettagliato nel paragrafo seguente. Il risultato di questa situazione può õssere la creazione di un meccanismo perverso, dipendente dal fatto che I'intermediario che più sfrutta la pro_ pria posizione di vantaggio risulta poi più profittevole sul mercato e più competitivo. ciò gli permette di aur entare la raccolta, consolidando ed espandendo la propria posizione sono produrre una esternalità pos contro gli interessi dell'impresa e di un intermediario finanziario tr zione che può presentare dei vantaggi, ma che comporta anche potenziali pericoli. Privatizzazioni e struttura del controllo societario 251 Qui invece approfondiamo il discorso suil,effetto delle diverse strutture proprietarie sui conflitti di interesse pri,uate compang e conflitti d,i i,nteresse pubti,c compana e conflztti d,i, i,nteresse 1.3. Struttura proprietaria e conflitti di interesse Nel paragtafo precedente abbiamo evidenziato I'importanza del ruolo svolto dagii azionisti che possiedono una partecipazione rilevante: la dimensione del.la-loro quota permette loro di iiternaliàzare parte dei benefici derivanti dall'attività di sorveglianza del management. euesto stimola la produ_ zione privata (anche se si tratta sempre di sottoproáuzione) di un bene pub_ blico quale la sorveglianza. La creazione di un azionista con una quota significativa del capitale non risolve tutti i problemi. In particolare, ii socio che detiene una fiazione rilevante del capitale sociare, se da un lato è in una pàririo.," privilegiata nel controllo del management, dall'altro è anche nelle condizioni di influenzarlo a proprio vantaggio e a svantaggio di altri soci. In altri termini, si pone qui il problema di qui,s custod,i,et tuttoanrz guesto problema, troppo spes_ so igrtorato, è invece il nodo fondamentale nella strúttura del controllo socre[arro. Purtroppo, come abbiamo visto neila sezione precedente, la prese nza di un intermediario nel ruolo di azionista di riferimento non risolve comple_ tamente il problema. Anzi, paradossalmente, quanto, più efïicace è il meccanismo di sorveglianza che opera attraverso I'interméáiario, tanto più forte possono essere i conflitti di interesse nella società controllata. Pertanto, il conflitto di interesse tra azionisti di maggìo ranza(relativa o assoluta) e gli azionisti di minoranza può essere risoltã"solo in tlue modi. Da un lato, creando un dovere giuridiåamente sancito dei controllori nei confronti degli azionisti deila società controllata " cr"u.,aã![ incentivi per_ ché questi siano fatti rispettare. Dail'altro, limitando il ruo"ro di controllori a chi ha potenzialmente meno conflitti di interesse. In fin dei conti, nella loro infinità saggezza i sultani chi mettevano a guardia del loro harem se non degli... eunuchi? La prima soluzione non è dirðttamente legata alla strut_ tura propri etana e quindi ne posponiamo ra ftattazione."i f u.ugru fo 4.r J. nagement sono naturalmente prese con forti prospettive di. A questa conclusione si arri Azdoni,sta d,i. ri,ferimento e conflitti, d,i i,nteresse no maggiormente a questi requisiti. La struttura proprietaria che crea di gran lunga più confritti di interesse è quella con un unico azionista irirerf,irento, speciarmente nel caso in cui

9 252 Le.t.rove frontiere della politica economlcâ olo quell'unica società ma sia a catal åaso I'azionista di riferimento Particolare riguarmili conflitti di intransazioni tra società del gruppo. casi non si tratta di rilevanti transaulterebbe difficile a Warren Buffet di Salomon o, il miglior lui che non cativo o, in seconda battuta, con n Ia società in questione' Chiara-. mente,costuisaràl,investitoremenointeressatoasvolgereilruolodiazio- nista di riferimentå;;;h ;"r definizione è colui in grado trarre il minor numero di vantággi privati da questo ruolo' Conflitti di' interesse e nocci'olo d'uro In questo contesto la struttura del nocciolo duro rappresenta un interessantecomp.o^",,o.-t,'ratti possibiieimmaginarechelapresenzadimolteptici azionisti di riferimento possa attenuãre gli incentivi ognuno essi a influ en: areil management a proprio vantaggio.. Questo, però, è pos_ sibilesolonellamisuraincuiicomoonentidelnoccioloabbianointeressi contrapposti e trasferimenti co i' Andiamo con ordine. Supponiamo che, invece d imento' ce ne siano cedenza, gli incenement sono ridotti' Tuttavia sono poinfluenzare il manager a ProPrio a A tenterà di stornare dei fondi a proprio vanta I'operazione. A della società in re il reintegro delle somme storna È possibile dimostrare (Fulghier azionisti detiene una quota maggto Ia presenza di Più di un azionista d ressetraazionisticlimaggioràflzàeazionistidiminoranza,ser.:zaridurre gli incentivi a sorvegliare il management' Purtroppo, p";j,;ile Ia possiblütà che A e B si mettano d'accordo a spese degli azionisti di minoranza. Anzí qualcuno, invocando il teorema di Coase, potrebbe sostenere che questo sia I'unico risultato possibile: A e B troveranno sempre un accordo tra loro, ai danni degli azionisti di mi_ noranza. Tuttavia, noi riteniamo che questo non sia sempre vero. Il teorema di Coase si applica al caso in cui esista la possibilità di perfetta rinegoziazione senza limiti nei trasferimenti di risorse tra le parti coinvolte e in assenza di costo di transazione o asimrnetria informativa. In pratica, queste condizioni sono lungi dall'essere verificate. Per esempio, Ia letteratura sui contratti di debito (Gertner, 1989; Bolton e Scharfstein, 1992) ha evidenziato come situazioni di rinegozíazione tra molteplici creditori possano ostacolare il raggiungimento della soluzione più efficiente. E questo è tanto più vero, quanto maggiore è il numero dei creditori e quanto più diversi sono i loro interessi. Pertanto, se esistono molteplici azionisti di riferimento e questi hanno interessi divergenti è possibile che questi non raggiungano la soluzione più efficiente dal loro punto di vista, che è quella di sfruttare gli azionisti di minoranza. Perchê queste condizioni si verifichino è necessario che il nocciolo duro sia composto da un numero elevato di azionisti, aventi interessi contrapposti. Per esempio, se un azionista è una banca commerciale interessata a fare prestiti alla società e I'altro è una banca d'affari, interessata a sottoscrivere dei prestiti obbligazionari, è meno facile che si mettano d'accordo su come sovraccaricare il costo di un prestito bancario o Ia commissione di sottoscrizione dei titoli (o entrambi). Infatti, se I'ammontare stornato a vantaggio di A risulta superiore al vantaggio stornato a favore di B è necessario che i due si mettano d'accordo su una qualche forma di transazione compensatoria. Un simile contratto diventa difficile da far valere di fronte alla legge e quindi è una garanzia molto dubbia. Concludendo, è possibile argomentare che dal punto di vista dei conflitti di interesse una struttura azionaria basata sul nocciolo duro è vantaggiosa rispetto a una struttura basata su un singolo azionista di riferimento. Tuttavia, una condizione perché questo avvenga è che ci siano numerosi componenti del nocciolo ecl essi non siano interrelati tra loro in altre simili situazioni, Altrimenti, una rete di noccioli duri (magari legati tra loro da patti di sindacato) si può trasformare in una sorta di mafia, capace di far valere contratti all'interno dei suoi componenti e quindi capace di organizzare uno sfruttamento degli azionisti di minoranza pari o superiore a quello di un singolo azionista. 1.3,5. Conflitti di i,nteresse e otti,mo sociule È importante ricordare che i costi derivanti da questi conflil,ti di interesse sono sopportati, in ultima istanza, dall'imprenditore che decide di quotare la propria impresa. Infatti, come Jensen e Meckling(1976) hanno sottolineaio, ie il mércato prevede correttamente le conseguenze finanziarie

10 254 Le nuove frontiere della politica economlca di questi conflitti, richiederà uno Sconto sul prezzo di emissione per essere disposto ad acquistare Ie azioni. Quindi, al momento della quotazione in goisa I'imprenditore internalizzeràil costo di questi conflitti di interesse e avrà percié I'interesse a sce$iere quella struttura proprietaria che minimizza i costì di questi dei conflitti di interesse. La scelta imprenditoriale sarà pertanto uguale all'ottimo sociale, dato un determinato assetto istituzionale. A meno della possibilità di equilibri multipli (di cui parleremo tra poco), le scelte dell'imprenditore al momento della quotazione sono ottimali non solo dal rto pr.tio di vista individuale, ma anche dal punto di vista sociale all'interno dell'assetto giuridico esistente. Questo non vuol dire che Io Stato non possa migliorare la situazione modificando I'ordinamento giuridico' Infatti, può *oãifi.utu I'assetto giuridico in modo da minimizzare i costi derivanti da possibili conflitti di interesse, come discuteremo nella quarta sezione. A beneficiare di questo intervento sarebbe I'imprenditore stesso, che sarebbe in grado di vendere le proprie azioni aùnptezzo superiore' Tuttavia, per un dato quadro giuridico, Io Stato non può fare di meglio che copiare Ie scelte degli operatori privati. Questo punto va tenuto ben prer"trtu nell'analizzare i dati empirici sulla struttura proprietaria al momento della quotazione. Un'ulteriore situazione in cui può sussistere una divergenza tra ottimo sociale e individuale è data dalla possibile esistenza sui mercati dei capitali di equilibri multipli. In particolare, è possibile prospettare Ia possibilità che esistano due tipi di equilibri caratterizzati da due strutture dell'assetto proprietario: uno di capitalismo con controllo concentrato in gruppi ben definiti, e un altro di capitalismo ad azionatiato diffuso' Nel primo caso poche famiglie detengono un complesso gruppo cli partecipazioni che permette loro di trarre benefici privati dal possesso azionario di ogni impresa' In questo equilibrio gli azionisti di minoranza si aspettano di essere defraudati dagli azionisti di maggioranza e quindi sono disposti a comprare le azioni solo con uno sconto. Dato questo sconto, non conviene a un imprenditore che voglia quotare Ia sua impresa scegliere una struttura proprietaria ad azionariato diffuso. Preferirà invece una struttura con un azionista di riferimento, L'azionista di riferimento disponibile a pagare ilprezzo più elevato per Ia quota di controllo sarà ii gruppo con la maggior abilità di defraudare la società neoquotata. Questo non fa che rinforzare Ia struttura a gruppi e confermare le aspettative pessimistiche degli investitori. Nel caso di capitalismo diffuso la proprietà azionar\a è, per definizione, diffusa e, laddove esistono azionisti di riferimento, questi posseggono una quota significativa in una sola società. Ciò riduce Ia loro capacità di appropriarsi, attraverso relazioni intrasocietarie, del valore dell'impresa in cui sono azionisti di riferimento. Pertanto gli investitori non si aspetteranno di essere defraudati e non applicheranno un forte sconto alle azioni emesse. D.ata I'assenza di sconto è più proficuo per un imprenditore vendere la propria società in Borsa al pubblico dei risparmiatori, che sono disposti Privatizzazioni e struttura del controllo societar_io 255 a pagare di più perché meglio diversificati. A questo prezzopuò non tare risul- conveniente per un grosso investitore acquistare abbastanza azioni da diventare azionista di riferimento solo per ãefrau are sri azionisti minoranza. di Questo non fa che rinforzare la ìtrut tura aa aiionariato diffuso e le aspettative ottimistiche degli investitori. chiaramente, laddove esistano delle inefficienze prodotte dei dallo un'al storno quilibrio mo è superiore al pri_ tiano, non c,è garanziache qie_ sto noti imo caso 1e privatizzazioni pos bene nche in assenza di una modifica quadro del istituzionale, purché rappresentino una massa critica sufficiente da alterare I'equilibrio esistente struttura proprietaria e riailocazione del controllo ogniqualvolta I'interesse di chi controlla un'impresa diverge da quello de_ gli azionisti di minoranza, esiste un possibil" "o.rflitto di interessi non solo per quanto riguarda la conduzione dell'impresa, ma anche, e forse soprat_ tutto, per quanto riguarda quando e a chi vendere I'impresa stessa. In un,economia in perenne trasformazione I'efficienza allocãtirr,,ro.r deve essere vista da un punto di vista puramente statico, ma soprattutto da un punto di vista dinamico. Pertanto, non conta tanto che una struttura proprie_ taria sia ottimale al momento della privatizzazione, quanto che permetta una riallocazione ottimale del controllo nel futuro. i'obiettivo ãi q esto paragrafo è delineare quali sono gli effetti di diverse strutture proprieta_ rie sull'efficienza della riallocazione del controllo. La prima ovvia domanda è perché mai la struttura proprietaria debba avere un effetto sulla riallocazione ottimale del controllo. Infatti, uno dei cardini dell'economia di mercato è che la libera circolazione dei diritti di proprietà assicura che questi finiscano nelle mani di chi li valuta maggior_ mente e questo automaticamente garantisce I'efficienza del sistema. Tut_ tavia, questo risultato vale fintanto che la decisione di trasferire la pro_ prietà è presa da chi possiede il titolo di proprietà, o in altri termini da chi sopporta tutti i costi e benefici di tale trasferimento. Questo è il caso della pri,uate company. Non a caso la private company è la struttura proprietaria ottimale dal punto di vista del trasferimento del controllo societario. Nelle tre altre forme proprietarie descritte esiste una separazione, più o meno netta, tra proprietà e controllo. euesta separazione fa sì che la decisione di trasferire o non trasferire il controllo generi un,esternalità, non interamente internalizzata d,a chi prende qu"rtu decisione. Valutiamo innanzitutto come il controllo societario viene trasferito nel caso di una public company. vi sono due meccanismi: successione interna o nomina esterna, gene-

11 256 Le nuove frontiere della politica economica ralmente a seguito di una acquisizione. Nella successione interna mancano generalmente gli incentivi necessari a garantire una scelta efficiente. In particolare è difficile pensare che un amministratore delegato decida di passare il bastone del comando non appena incontri un manager più capace di lui. Pertanto il solo meccanismo in grado di assicurare la sostituzione di un management inefficiente è spesso Ia scalata ostile. L'idea, proposta inizialmente da Manne (1965), è che I'inefficienza del management viene riflessa nel valore dei titoli azionari. Ði conseguenza diventa profittevole comprare un numero sufficiente di titoli da acquisire controllo della società, sostituire il management e poi rivendere i titoli. Se così fosse, in una public company I'inefficienza del management sarebbe limitata al costo di una operazione di arbitraggio. Purtroppo, come evidenziato da Grossman e Hart (198), questa visione è troppo rosea. Di fronte a un'offerta pubblica di acquisto il singolo piccolo azionista agisce sulla base del proprio tornaconto personale, dando per scontato l'esito finale dell'offerta. Questo fa sì che sia disposto a offrire le sue azioni solo a ùn prezzo pari al loro valore dopo i miglioramenti apportati dallo scalatore, perché questo è quello che otterrebbe se si tenesse le sue azioni. Di conseguenza, una scalata diventa possibile solo se lo scalatore paga agli azionisti I'intero valore delle azioni dopo la scalata, in aitre parole solo se rinuncia interamente ai suoi profitti. Ma in tal caso egli perde ogni incentivo ex ante per raccogliere informazioni e finanziare i costi di una scalata. Nella sua forma più estrema questo problema difree ri,d,i,rry elimina completamente la possibilità di una scalata ostile. Una possibile soluzione consiste nel permettere allo scalatore di escludere gli altri soci da una parte dell'incremento di valore generato dalla sostituzione del management. Questo "diritto di rapina" (in inglese di,luti,on) si rende necessario per creare gli incentivi alle scalate. In ogni caso il trasferimento del controllo avviene in modo subottimale. In presenza di un'azionista di riferimento, la possibilità di un trasferimento di controllo dipenderà crucialmente dalla decisione di quest'ultimo. Nel prendere questa decisione egli considererà solo i benefici personali che può trarre da questo trasferimento di controllo, e non quelli totali. Per esempio, immaginiamo che si presenti un nuovo azionista di riferimento desideroso di comprare il pacchetto di controllo. Supponiamo inoltre che quest'azionista abbia superiori ca,pacità manageriali, e quindi in quanto tale sia capace di aumentare il valore complessivo della società. Si dia infine il caso che il potenziale compratore non possegga altre imprese tramite cui possa trarre benefici privati dalla società in questione. In questa situazione è possibile che non esista un prezzo che renda possibile questa transazione socialmente efficiente. Infatti, molti dei vantaggi generati dalla transazione vengono goduti dagli azionisti di minoranza. Per cui i vantaggi internalizzali dall'azionista di maggioranza non sono sufficienti a compenprivatizzazioni e struttura del controllo societario 257 controllo. per ragioni analoghe è nos_ cconsenta a trasferimenti di cont;il,o rone proprietaria che massimizza mente inefficiente. In particolar i diritti patrimo_ ssimizzazione dei automaticamen_ ti nel caso dell,azionista o del nocciolo duro. In_ quelli di trovare un ac_ enenti al nocciolo e di dividere. Ciascun appartenente al noc_ i benefici privati derivanti dal_ esa e quindi ogni membro del noc_ la frazione di privati. Come investitori ren Quindi il noccioro duro si può considerare come la struttura proprietaria che rende più difficile il trãsferiil;;; der controllo e quindi queila che più ostacola un,efficiente rialloc i" à"á deila proprietà.

12 258 Le nuove frontiere della politica economlca 2. Un'analisi dei diversi obiettivi politici i politici Possano emergere minare Possibili inefficienze proce sso di Prlv at\zzazione' Privatizzazioni e struttura del controllo societario 25g 2.1. Gti obiettivi personali dei politici GIi obiettivi dei politici (da non confondere con gli obiettivi politici) possono sintetizzarsi nel desiderio di massimizzare il valore atteso del proprio potere. Questi obiettivi non so contraddizio-,,".ár, obiettivi di massimizzazione esempio' una politica che massimizzi I'utilità socia uindi aumenia la probabilità che il governo in c alora' però' i due interessi non,rur,no di pari passo. Noi ci concentreremo sulle differenzepiuttosto che sulle congruenze, per identificare il potenziale ruolo distorsivo che I'intere.r" p"r*rrule dei politici può giocare sulla decisione di come privallzzate. Nel contesto delle ptivatizzazioni gli obiettivi dei politici possono esplicitarsi in quattro divèrse forme. Innanzitutto, Ie privatizzazioni possono essere utllizzateper aiterare la composizione sociale del Paese in modo da rafforzare il consenso del partito al potere. Questa è Ia strategia esplicitamente perseguita dal governo Thatcher: aumentando il numero di azionisti si aliargava Ia base di potenziale consenso del partito conservatore inglese'8, lo nrir eti cznzioni te modo per fi- In secondo luogo, le privatizzaz\oni possono servüe con nanziare il consumo coriente a spese dei governi futuri. Vendendo "i gioielli di famigtia" un governo può incrementare Ia spesa corrente (da cui trae benefici politici) senza inãrementare la pressione fiscale (manovra politicamenteìostosa). Ovviamente questa strategia ha dei costi di lungo periodo, ma il partito di governo prró ttot internalizzarli completamente se si aspetta di essere sconfitto alle prossime elezioni' in terzo luogo le privatizzazioni possono servire a perpetuare il potere di un gruppo dirigente destinato altrimenti a essere sconfitto alle urne' In.r'u,*i.tá ad az\onatiato diffuso ii management in carica gode di una posizione di notevole potere e risulta quindi di difficile sostituzione. Per questo un partito di goveino che si aspetta di perdere le elezioni può preferire priiatizzare éue imprese pubbliche con dei suoi uomini al vertice piuttosto che iasciarle nelle mani del nuovo partito di governo. Infine, Ie privatizzazioni possono servire per massimizzate le tangenti BC ri il zione di utilità sociale. aumentare il numero degli azionisti'-vo-, è probabile che la massimizzaz\one della ià del politico più di quanto pesi nella fun- 2.2, L, azionariato popolare Uno degli obiettivi dichiarati dell nariato popolare. In ltalia solo i dei politici di alterare la rire i partiti tradizional_ atcher con le privatizza_ ente fatto a uso esclusivo del parti_ I'i: 'n:ëq*åîi"5iliåï î"i:'fåî:,:î:",ffi,ä: ma ogn*ipo di ravore che un pori- 'odato ciraro in Cannari, l a.cr,ãrj äïåäüì,lbs+.

13 26 Le nuove frontiere della politica economica to al potere, ma può essere parte di 9ll strategia di più largo respiro' Ad esempio, Boycko, Shilif" å Vitt"'y (1993) sostengono che Ie ptivatizzazioni in Russia hanno cre o il consenro,r"ô"rrurio per passare altre riforme.tuttavia,èimportantetenerepresentechequestastrategiasipresta a possibili abusi Massimizzazione dei ricavi Unpossibileobiettivodelleprivatizzazion puòesseresemplicementequello fiscale. La vendita l iáprå." statali può ãssere vista come sostituto a un aumentodelleimposteounariduzionedellaspesa.intalecasol'obiettivo primariodelgovernodiventaquellodimassimizzareiproventidellavendita. Di primo acchito questo obiettivo sembrerebbe coincidere con I'idea di efficienza economiä. i" urtri termini, ii più alto offerente dovrebbe ancheesserecoluiingradodigestirelasocietànelmodopiùefficiente.quindi Io Stato, puntandoî*ar.ii.irrure i ricavi della vendita delle imprese, garantirebbe anche il pãì.ãã"iãento deii'efficienza economica. Anche se in buona parte "orr"ùã, qtäta identificazione non è sempre vera' Vale pertanto Ia pena di eviáenziare dove e come i due concetti rlifferiscono' II caso classico,igruráu laprivatizzazione dei monopoli naturali' Nel privatizzaregti acqueãáiii o i gáraotti il governo non può limitarsi a guardare ai soli proventi añaiienaz-ione delle società, ma deve anche considerare l'impatto.ft" q,r"rt" iiivati"'uzioni avranno su prezzl praticati ai consumatori. Ancheinassenzadimonopolinaturali,mainpresenzadiforteconcentrazione di fatto, iioui"ttirro-di massimi zlare ipioventi della vendita può essereincontrastoconilbenesseresociale.infatti,èovviocheinun'asta ilcompratoreconitpiùelevatoprezzodiriservaèquellocheottienemaggiori vantaggi monàñoiistici. La pr\uatlzzazione dell'aifa Romeo può essei",t^ buon esempio di questo conflitto'1l un terzo "r"*pìo di contrasto tra effici e\zà e massimizzazione dei ricavi, già discusso itt p'"ã" ut'za, è-gugllo fornito da Zingales (199aa)' In presenza di un mercrio.t contiolã de[e imprese non perfettamente competitivo, il IiveIIo di concentrazione proprietaria otti1.atg d"l!ìl:"^jil] sta dei ricavi è diverso da quello che massimlzzal'eflicienza economlca' La divergen zanascedal fatt-o che Ia scelta della concentrazione proprietaria ottimale tatla-sulla base della frazione di surplus che I'attuale con- 1r Anche se i termini precisi dell'offerta Ford non furono inzione diffusa che I'offerta Fiat fosse fosse anche ìa Più economi quisire la rete dei distribut to italiano; un vantaggio p I'offerta Ford avrebbe gar iluã"tuggio netto Per I'e sso' 3ffi:it*: dominante sul merca- re italiano' Viceversa' Alfa negli Stati Uniti' l Privatizzazioni e struttura del controllo societario 26I trollante riuscirà a estrarre da futuri acquirenti, plus totale e non suila base del sur_ uirenti. Anche in gli interessi Innanzitutto, il desiderio di allentar derio egoistico del governo in caric verni futuri. Questo gioco a danno d are al governo come a un,entità mo_ teressi conrrapposri possono ru.,i litlïffii#flåit'ååîî;iü:llä. duca nella massimizzazione degli introiti di un particáìurà s.uppo all,in_ terno del governo, piuttosto che nella massimizzãzione der ricavato totare per il governo. consideriamo ad esempio un caso, puramente ipotetico, di una società dell'iri fortemente indebitata con la Crrru Depositi e prestiti o con una banca (non dell'iri). Supponiamo che il sia eccessivo e quindi possa gunur*" incentivi pe tunistici da parte degli azionisti, ad esempio aume attività a danno dei creditori (Jensen e Mãckhng, rg16).dal punto di vista dell'iri può essere ottimale vendere le azioni sepãratamente dal debito (per il loro valore come opzioni) anziché concordaré con re altre parti del setto_ re pubblico una ristrutturazione del capitale e vendere la åocietà ristrutturata Ridttzione deila concentrazione proprietaria e ereazione della public company Uno delle obiettivi dichiarati delle aha è quello di ri_ durre la concentrazione proprietaria, o secondo quanto affermato da prodi, di creare in Itali 'È importante cer_ care di spiegare come mai ra pubric company, da mero metodo di privatiz_ zazione, possa diventare un fine stesso deila privatizzazione. - Innanzitutto è opinione diffusa, e condivisa dãilo stesso prodi (1gg1), che la proprietà familiare impedisca lo sviluppo di modelli organizzativi tari da iodo delle imprese. Il motivo della su_ essere spiegato con un recente mo_ ea è che le grosse imprese svolgono mozione dei migliori talenti, assente esta produzione di informazione non i impresa, il quale piuttosto che sele_ zionare i migliori dipendenti per una data tecnologia preferisce spostarsi rapidamente su una nuova tecnologia. Imprese mànageriali, invece, tenderanno a ridurre la velocità dell'innovazione tecnorogica per proteggere

14 262 Le nuove frontiere della politica economlca ii valore del proprio capitale umano. come risultato, Ie public company aiutano a formare,nu ólurr" dirigente a vantaggio di tutto il Paese, mentre le imprese Padronali no. RimanedastabiliresequantoaffermatodaProdi,eforma izzatoda Aghion e piketty, sia vero é quanto sia rilevante in pratica. Tuttavia, que-,tlrgo^"r,to foìnisce una giustificazione alla creazione della public compun/"o^" obiettivo politiõo, indipendentemente' o meglio in contrasto con, ii naturale equitibrio di mercato' Una seconda motivazione per fare dell perseguire di Per sé è Ia Possib e in õato non sia quello efficiente, L'ins cio numero dipublic company possa alterare questo cattivo equilibrio' Anche ammesro ah" le premessô di questo ragionamento siano vere, rimane da stabilire se la privatizzazione di imprese pubbliche con una struttura proprietaria diffuia sia lo strumento più efficace per conseguire questo obiettivo. Accanto a questi argomenti politici, I'obiettivo delta public company può nascondere delte altrelmeno t ãbili, motivazioni, come affermato da qualche parte politica.12 come già menzionato, I'uso delle privatizzazioni a capitale äitfrrã può servire a riendere inam vibili alcuni burocrati di Stato (o meglio di pãrtito) che rischierebbero ii posto al mutare degli equilibri politici' Depoliticizzate I'economia una delle finalità delle privatlzzazionipuò essere la riduzione o I'eliminazione dell'intervento p,rtb1i.o nell'economia. Tale obiettivo è ben più complesso del semplice tiasferimento del capitale azionario- dallo Stato a uno ã più privati cittadini, ma prevede di eliminare' o rendere il più costoso p*ri it", ogni forma di intervento diretto dello Stato nelle imprese' ^ Seconáo Boycko, Shleifer e Vishny (1993) I'obiettivo di depoliticizzare l'economia consiste nel umodificare le ragioni di scambio nella contrattazione tra politici e manager, rendendo più costoso per il politico comprare I'inefficien zà consussidi. Per fare questo il costo per il politico di trovare un dollaro di sussidi deve aumentare, e Ia capacità di quel dollaro di comprare ulteriore inefficienza dover diminuire, o entrambe Ie cose.u13 La depol\ticizzazione dell'economia è un obiettivo ben più complesso della venditldel capitale azionario delle imprese statali. Esso richiede di eliminare (o almeno rendere trasparenti) tutte le forme di intervento che il politico possiede nei confronti di un'impresa. Ad esempio, Boycko et al. (1993) affermano che ii maggior ostacolo alle ristrutturazioni delle imprese statali in Russia è dato dalla politica creditizia della Banca centrale che, attra- 12 Vedi "La Repubblica", uboycko, Shteifer e Vishny (1993)' p.143 verso le banche commerciali, dis di criteri puramente politici. Þert zione dell'economia è la privatizz della loro autonomia néi confro, Come nei casi precedenti, il fine d dere a interessi legittimi dell'eletto prevalentemente, alle mire di una controllo dei futuri governi una f Privatizzazioni e struttura del controllo societario La struttura proprietaria e il caso italiano one abbiamo considerato la relaz za economica in un contesto astr alisi al caso italiano avvalendoci Una delle caratteristiche della st zo pagato in caso di trasferimento valore di controllo intorno al2% re che studi anaroghi rani negri statit;trifftä,:::ffiî:äiå,iir" ilä_ derness, 1989) stimano it valãre di controilo tra ir 2% e il 4% dervalore di una società. Le ragioni di una simile differenza sono da trovarsi neila manc anza di dei soci di maggio_ ni (1994), nell'ordi_ laa questo proposito vedi pagano, panetta e Zingales (1gg4).,,u promuovibile dalla *tt u*^inistratori possono com_

15 264 Le nuove frontiere della politica economica Il modello di capitalismo diffuso all'americana si basa su un istituto come il d,eri,uati,ue suit, che permette a ogni singolo socio di portare in tribunale un amministratore ogniqualvolta ne sussistano gli estremi' Questo limita le possibilità di sfruttamento dell'azionista di minoranza da parte di quello di maggioranza. La mancanza di simile protezione in Italia si ravvisa anche nelle cronache giudiziarie legate alla vicend aferruzzi. Esse hanno messo in luce numerose pratiche defraudatorie nei confronti delle minoranze azionarie, che sarebbero rimaste altresì impunite, se il gruppo Ferruzzi non fosse rimasto sepolto dai propri debiti Evidenza sulla struttura proprietaria delle imprese neoquotate AlIa luce di questi fatti risulta interessante analizzare quale struttura proprietaria venga scelta dagli imprenditori che decidono di quotarsi' In un mondo di investitori razionali tutti i possibili costi di agenzia sono anticipati al momento della quotazione e l'imprenditore iniziale avrà interesse a scegliere la composizione proprietaria che massimizzail valore della società, o, in altri termini, che minimizzalasomma dei costi legati alla sorveglianzadel management, ai conflitti di interesse, alla mancata diversificazione e agli ostacoli frapposti a un'efficiente riallocazione del controllo. Se cosi fosse, potremmo ottenere una stima empirica dell'importanza relativa di questi quattro fattori semplicemente guardando alla composizione proprietaria scelta dalle società di nuova quotazione. Queste scelte sono sicuramente Ie scelte che massimizzano i ricavi della vendita di un'impresa e, a eccezione di quanto detto nei paragrafi 1,3.5 e 1.4, rappresentano anche Ie scelte più efficienti all'interno dell'ordinamento giuridico esistente. L'analisi che segue riguarda la struttura della concentrazione proprietaria per le imprese di nuova quotazione tra il 1985 e il 199. A ciò si aggiunge un'analisi della concentrazione proprietaria di tutte le imprese quotate nel 199 (tutti i dati sulla partecipazione azionaria sono tratti dal Taccui'no d'e l'azi,oni,sta e riguardano il primo anno dopo la loro quotazione, mentre i nomi delle società di nuova quotazione sono tratti da Indici, e Dati,). II primo (e forse ovvio) risultato che appare dalia tabella 2 è che nessuna impresa italiana al momento della quotazione sceglie la struttura della public company. Più interessante è notare che1192% delle società mantiene una struttura con un singolo azionista di riferimento, mentre solo I'8% ha un patto di sindacato. Ancora più interessante è notare che spesso esistono uno o più azionisti di minoranza che detengono una quota significativa del capitale anche in presenza di un azionista di riferimento che controlla la maggioranza assoluta dei voti. Una possibile spiegazione di questo fenomeno è che un gros- Privatizzazioni e struttura clel controllo societario 265 Tabella 2 Struilura e concentrazione rietaria delle imprese italiane neoquotate nel STRUTTURA PROPRIETABIA SCELTA AL MOMENTO DELLA QUOTAZIONE Un'impresa è definita come u sta di riferimento' ' si riferisce di sindacato. Nel caso esista Public company Azionista di riferimento 86 Nocciolo duro (patto di 7 Totale 93 CONCENTRAZIONE DELLA PROPRIETÀ Maggiore azionista Secondo magg, azionista Secondo magg, azionista se pflmo >5/ Terzo magg, azlonista Terzo magg, azionista se primo >5/o Primo Mediana quartile 51,2 U 677 AL MOMENTO DELLA QUOTAZIONE Terzo quartile 75, I dati relativi ai possessi azionari sono tratti dal Taccuinodell'Azionista 7,9 6,1 Media Dey. Sf, 62,3 5,5 3,9 1,3,6 15,4 8,1 6,3 2,8 1,6 Max Min so azionista di minoran_za possa giocare un ruoro di garanzia per gli altri azionisti di minoranza. rn questo ãaso ro stesso.o"io är,t.ollore dovrebbe apparire in diverse società, perché soro attraverso una interazione ripetu_ ta è possibile costruirsi una reputazione.ijn possibile ã.u^pio di questo tipo è rappresentalo fa]þ sopai, società presenl e in z imprese neoquotate con quote superiori ar2%. se così fosse, però, la sopaf dovrebbe mante_ nere questa posizione permanentemente. Irrruóu, i" ã.lri su 7 ha intera_ mente venduto e nei restanti due ha forteme"té iroi',jto la sua quota nei tre anni successivi.rs Questa concentrazione proprietaria non sembra essere un fenomeno ri_ mitato al momento deila qìotazione. Nella tabeila, s rtpà.tìurno ra concen_ trazione proprietaria di tutte le società quotate urru ãárru di M'ano nel 199' Come si può notare, la distribuzione è molto simile a quella delle società di prima quotazione. In entrambi i campioni si nota che molto spesso azionista di maggioranza detiene ben più del 5% delle azioni ordinarie. encrre questo feno_ meno può essere interpretato come una manifestazione delle inefficienze prodotte dai possibili conflitti di interesse. Detenere una quota di capitale sociale superiore a queila necessaria per il controllo rappresenta per l,azionista di maggioranza ùna forma di "commitment,, u.,o., approfïttare delle minoranze. pertanto, è disposto apagarecosti molto erevati a causa ts La sopaf è una società che. f operazioni di merchant.banking, e come tale è possibile che svolga una funzione di certificazio";lir"it"t;;nte ar momento del offerta iniziale. 9 24, ,5

16 266 Le nuove frontiere della politica economica Tabetla 3 Struttura e concentrazione proptietaria delle imprese neoquotate nel 1 99 STRUTTURA PROPRIETARIA SCELTA DALLE IMPRESE un'imoresa è definita una public company se nessun azionista possiede più del 5ol. ll caso "azionista di riferiniento', si riferisce a quando esiste almeno un azinista rllevanle (>cy ) e non esistono Patti di sindacato, Nel caso esista un paiio sindacato la società è definita avente un ' 'nocciolo duro". CONCENTRAZIONE DELLA PROPBIETA Maggiore azionista Secondo magg. azionista Secondo magg. azionista se primo >5/o Terzo magg. azionista Terzo magg. azionista se primo >5/o Prino quartile 477 Public company Azionista di riferimento 229 Nocciolo duro (Patto di sindacato) 16 di una mancata diversificazione di portafoglio' pur di ridurre lo sconto riritti di voto, e solo in taluni casi scelgono il nocciolo duro Implicazioni per le ptivatizzazioni Totale 245 Mediana Terzo quarttle 55,3 4,8 Media Dev. St. Max Min Se assumiamo una coincidenza tra ottimo individuale e ottimo sociale, I'evidenza empirica italiana dovrebbe essere presa a modellodi come privatizzare. Seguendo I'esempio degli imprenditori privati non solo lo Stato massimizzerebbe i ricavi, mâ al tempo stesso sceglierebbe Ia soluzione che minimizza tutti i costi di agenzla. Tuttavia, secondo I'anã[si presentata nella sezione I e riassunta nella tq,be\ia 1, la struttura proprietaria basata su un azionista di riferimento è Ia peggiore dal punto ài ulttu dei potenziati conflitti di interesse' Pertanto jrisu*lta difficile spiegare come mai questa rappresenti Ia scelta dalla quasi 16per una diversa interpretazione dello stesso fenomeno si veda Zingales (1991)' oo 15,3 1,7 4,8 2,1 55,5 8,4 6,2 2,3 1,6 16,4 9,9 9, 4,4 3, , n n e. Delle due, o i problemi di sorve$ianza vati dei conflitti di interesse, o Ia situa_ di un cattivo equilibrio del tipo descritbi di Privatizzazioni e struttura del controllo societario 267 il*'.'å3ählï:ï,iåi'i,t;ii,ïåîl; rsso, che questo sia ottimale. Immagi_ niamo cioè che la somma dei vari costi sia minimizzata da una società a ca_ pitale diffuso. ciononostante, questo non significa che un azionista defrau_ datore non possa non impadronirsi della società. Infatti, come evide nziato da Grossman e Hart (198) se il "diritto di rapina" eccede il miglioramen_ to apportato dallo scalatore costui può impadronirsi di una società al di sotto del valore corrente. In questo caso il problema dijree ri,d,ing funziona in modo opposto e diventa una forma di pressione a vendere. Anticipando questa possibilità, gli investitori che acquistano le azioni al momento dell'of_ ferta iniziale saranno disposti a comprarle con un forte sconto. euesto sconto può essere tale che I'imprenditore iniziale preferisce detenere il controllo nonostante i conflitti di interesse associati e vendere questo direttamente. 4. Proposte per le privatizzazioni Nel descrivere le nostre ricette per le privatizzazioni future distinguiamo due possibili scenari. uno scenario ideale, difi,rst best, in cui ipotizziamo che lo Stato voglia e possa effettuare un intervento strutturale sul nostro diritto societario e uno scenario più realistico, di second,best, incui ci limitiamo a discutere delle opzioni possibili nella situazione attuale. Infine analizziamo i vari interventi proposti a sostegno delle privatizzazioni e spieghiamo perché e in che misura li riteniamo utili First best Nell'attuale situazione italiana il dibattito sulla struttura ottimale della proprietà è privo di senso, perché I'opzione delra public company non è praticabile. Infatti, in assenza di tutela degli azionisti di minoranza le candidate public company sarebbero facile preda di altre irnprese prive di scrupoli. Pertanto, come abbiamo già commentato, I'equitibrio di mercato in questo caso non può che essere a elevata concentrazione proprietaria. per questo motivo riteniamo prioritario introdurre delle riforme volte a tutelare le minoranze azionarie e quindi a rendere praticabile la public company. Una voita che queste riforme saranno implementate,la questione della struttura proprietaria ottimale diventerà meno rilevante e, come diremo in seguito, potrà essere per lo più lasciata alle forze del mercato. r?a dire il vero esiste ùnàt,eîza, possibilità, ovvero che la nostra classificazione sia sbagliata. Su questo punto lasciamo giudicare al lettore.

17 268 Le nuove frontiere della politica economica Deri,uati'ue sui't I piccoli azionisti non possono affidarsi alla benevolenza dei forti, devono vãder protetti i loro diritti. Perché questo avvenga è necessario garantire ai singãii soci Ia possibilità di portare l'azione diretta di responsabilità contro gli amministratori non solo per danni diretti (ex articolo 2395 c'c') ma ancñe per danno mediato dal patrimonio sociale. In altre parole è necessario introdurre, come proposto da Preite e Magnani, quell'istituto giuridico che nei Paesi di common Law (nona caso i Paesi dove i mercati dei capitali sono più sviluppati) va sotto il nome di dnriuatiue suit. secondo questo istituio, è la società stessa che, su iniziativa di un socio, fa causa agli amministratori. La creazione di questo dovere di responsabilità degli amministratori nei confronti di tutti i soci impedisce che i manager colludano con I'azionista di maggioranza a scaplto dei soci di minoranza' Non basta però creare gli strumenti di protezione, ma è altresi necessario creare gli incentivi perché questi strumenti vengano utllizzati.in una società a proprietà difiusa è spesso troppo oneroso per il singolo azionista assumersi il costo di una causa contro gli amministratori. Negli Stati Uniti ii problema è stato risolto permettendo agli avvocati di assumersi ii rischio della causa in cambio di una frazione del risarcimento in caso di vittoria' Dato che qualunque avvocato può iniziare la causa, purché trovi un socio disposto ad assumerlo, è evidente che esiste una forte competizione tra avvocati per difendere qualunque socio sia stato defraudato. P,-ivatizzazioni e struttura del controìlo societario 269 ti, perché rischia di,,ingessare" Ia struttura pro_ iunta, I'efficacia di questo strumento è timitata applicazione. Che cosa costituisce un cambio del controllo di un'impresa? che cosa costituisce un patto di sindacato? La man_ la scalata di fatto (an_ it dimostra come que_, s "TilJ'å'"Ii3.":îlå,åîîiJåff:iiii;:fl:,å-,îl:. sffetti del opa obbligatoria, senza le stesse controindicazioni, possono essere ottenuti applicando la proposta avanzata da Zingales (1994a). L'azionista di controllo è lasciato libero di accettare o meno una p prima che la sua decisione diventi effettiva, pe_ rò, Ia e approvata dagli azionisti di minoranza. In caso di ma la vendita è revocata. In caso di approvazione da parte dei soci di minoranza, contro il volere del socio di maggioranza, viene lasciata a quest'ultimo un'opzione: o acconsente a vendeié o si iml pegna egli stesso a comprare tutte le azioni allo stesso prezzo offerto dal potenziale acquirente. come dimostrato in Zingales (too4a), questa regola garantisce sempre ll.first best Tutela d,ella cr r correnza Incenti.ui Per i takeouers La protezione dei diritti delle minoranze non deve scadere in un eccesso di garantismo tale da rendere ltakeouers impossibili. Abbiamo visto nella prima parte che i takeou rs sono possibili solo se Io scalatore detiene un i'dirittõ di rapina" sull'incremento di valore della società prodotto da un suo intervento. Oggi il diritto di rapina è un diritto di saccheggio sull'intero valore della società. Quello che proponiamo è che questo diritto si esplichiunatantume solo in seguito ad acquisizioni. Questo è possibile garantendo allo scalatore la possibilità di una fusione post-acquisizione aúnprezzo pari al valore della società prima dell'acquisizione. In questo modo gliazíonisti di minoranza vengono protetti nei loro diritti patrimoniali, ma al tempo stesso si salvaguardano gli incentivi di chi svolge un ruolo di disciplina fondamentale Legge suli'opa In attesa di una Iegge che protegga gli azionisti di minoranza,la legge sul- I'Opa obbligatoria può essere un utile meccanismo difensivo. Tuttavia, come Bebchuck (1993) e Caprio (1992 e 1993) hanno dimostrato, questo mec- Pertanto ci sembra doveroso inserire nel dibattito sulle privatizzazioni un richiamo alla politica in favore della concorrenza. euesta non deve solo essere una politica passiva, cioè di più rigida applicazione della disciplina antitrust (peraltro doverosa), ma deve diventare attiva. Come ricorãato più volte da Romano Prodi, le privatizzazioni devono cliventare un'occasione per aumentare la competizione all'interno del nostro apparato industriale. seguendo I'esempio inglese, la stet non deve essere prlvaüzzata così come è ma deve essere divisa in più imprese in competizione tra di loro. Inoltre, si deve garantire I'entrata di nuove imprese Quale struttura propri,etaria per le i,mprese? Una volta che tutte queste riforme siano attuate, la scelta della struttura proprietaria ottimale può essere per lo più lasciata alle forze del mercato. Tuttavia, trovandosi a dover stabilire le condizioni iniziali per le imprese privatizzate consigliamo di attenersi alla seguente regola.

18 27 Le nuove frontiere della politica economlca Sel,impresadaprivatizzareèinperditaoingeneralenecessitadiuna ristrutturazione,,ror, opportuno vãnderla come public company' L'esperienzaamericana ha dimosirato che le ristrutturazioni sono effettuate meglio nelcontestodiunap'i",t"company.inquestosenso.vainterpretatal'evidenza suileueragàd,buyouts (Kaplan, 1989 e 1991). Contrariamente a quanto Jensen (1989) aveva predetto, \ Leueraged' buyouts non rappresentanounanuovarormadiorganizzazionepermanente,maunostadiotransitorio di ristrutturazione. Quindi sembra.rìorut" suggerire che Ie imprese che necessitano di proton e ristrutturazioni siano dá privatizzare nella forma di private company. Questo crea un potenziale pro 'interno del governo, se quest'uitimo mantiene il dir vendere' In questo ressati può risolve- caso, però, una semplice asta tra tutt re il problema. se invece un'impresa è profittevole e non necessita di consistente ristrutturazione,puòesserevendutacomepubliccompany'inquestocasosiponeilproblemapresentatonelparagrafol.2:sesiaopportunocreareinizialmente un nocciolo duro con funzione di monitoring' si ricordi che, a causa del problem a difree ri,d,er, questo è necessario se gli azionisti di riferimento non hanno aliri incentivi per raccogliere le azioni sul mercato' Una possibile fonte di questi incentivi è data dalla presenza di benefici privati' -È "ortr" opinione che anche in pres enza di una legislazione garantista a favore degli azionisti tli minoranza questi benefici privati siano rilevanti' A sostegno cli questa nostra opinione abbiamo I'evidenza americana (vedi per eseñpio Barclay e Holderness, 1989). Pertanto, riteniamo non indispensabile fornire un ulteriore incentiv< agli azionisti di riferimento' Nel vendere un'impresa come public company lo stato deve tener conto dell'importanza detle condizioni iniziali all'interno della società' Pertanto dovrà disegnare dei contratti di incentivazione del management che leghino il compenso del manager alla performance dell'impresa' Allo stesso tempo it governì dovrà stabiliie un livello di debito tale da mantenere elevata Iairessione sul management, senza rischiare eccessivamente che I'impresa si trovi in futuro in una situazione di difficoltà finanziaria' Per una guida alle scelte del livello di debito che sia er ante ottimo, si veda Hart (1993)' 4.2. Second best 18 "La Stampa", ll5l1994, P. I Tanto vorremmo che Ie nostre precedenti proposte fosseroaccettate, quanto sappiamo che ciò non è fattibiie nel Lrreve periodo. Come ha.affermato giuståmente Azeglio Ciampi (condizionare "all'eliminazione delle debolezze del nostro mercato" i tåmpi delle privatizzazioni equivaleva alrinvio si'ne,ieu.rb pertanto, in questá sezione forniamo alcuni consigli su come priprivatizzazioni e struttura del controllo socictario vatizzare si,c stanti,bus rebus. Le esi sto compito, che, come economisti, Infatti, la scienza economica è pa metodi atti a raggiungere ilfi,rst best ni per passare da un "n-th b st" come quello in cui ci troviamo ora a un (n-l)-th best. In assenza di interventi sul quadro legislativo riteniamo che la public company non sia una struttura praticabile nel nostro paese. A questa conclusione conducono non solo I'evidenza empirica sulla concentrazione della proprietà in Italia, ma anche il fallimento del tentativo di fare della Comit e del Credit le prime public company. Anzi, nell'attuale contesto istituzionale il tentativo di creare la public company può avere effetti negativi per Ie ripercussioni di un fallimento sulle aspettative future degli operatori. come diceva Einaudi, il risparmiatore ha memoria da elefante e gambe da lepre. Pertanto, nell'attuale situazione solo le altre tre forme di concentrazione proprietaria sono possibili. Quale di queste sia preferibile dipende, in ultima istanza, dagli obiettivi politici che si vogliono conseguire. Nel- I'attuale situazione italiana noi riteniamo che gli obiettivi prioritari siano in ordine la depoliticizzazione dell'economia,la creazione di mercati più concorrenziali, la diversificazione del rischio e, da ultimo, Ia massimizzazione dei ricavi. In una certa misura i primi due obiettivi vanno di pari passo. Introducendo più concorrenza sui mercati si aumenta il costo di ogni intervento distorsivo da parte dei politici e quindi si favorisce la depoliticizzazione dell'economia. D'altro canto I'esigenza di sottrarre in tempi brevi grandi imprese al controllo politico attraverso Iaprivatizzazione si scontra con I'esigenza di ridurre la concentrazione del controllo proprietario. Infatti, data per scontata la non praticabilità della public company, sembra difficile poter privatizzare grosse imprese in tempi brevi senza il supporto dei grandi gruppi industriali italiani. Questa conclusione, però, parte da due presupposti: che certe imprese vadano privatizzate senza essere smembrate e che non si possa ricorrere a investitori esteri. Noi riteniamo che entrambe queste premesse siano sbagliate Smembramento delle i,mprese statali Innanzitutto, molte delle attuali imprese statali sono delle conglomerate nate più dal caso che da logiche di efficienza economica. Pertanto, nulla andrebbe perso se queste imprese venissero smembrate e vendute a pezzi come private company. Questo aumenterebbe il numero di imprenditori in grado di intervenire alle aste e permetterebbe una diffusione della proprietà, col duplice vantaggio di diversificazione del rischio e di riduzione della concentrazione industriale. Questo smembramento è particolarmen- 27 I

19 272 Le nuove frontiere della politica economica te importante in quei casi, come Ia Stet e l'ðnel, in cui la principale ragione a favore dell'esistenza diuna grossa impresa è rappresentata dal potere di mercato. L'esperienzaamericana dimostra Ia validità di dividere e regolamentare su base regionale i servizi pubblici. Questa divisione ha molteplici effetti benefici. Innanzitutto, riduce la concentrazione della proprietà, specialmente se viene esplicitamente vietato il controllo di più d'una impresa regionale. In secondo luogo, I'esistenza di molteplici imprese indipendenti operanti nello stesso settore, ma regolate da autorità diverse, permette un continuo confronto di performance a fini valutativi. Questo introduce una forma di yardsti,ck competiti,on (come Ia chiama Shleifer, 1985) che migliora i contratti di incentivazione del management e rende più difficile che quest'ultimo colluda con i politici a spese del consumatore, Nocci,olo duro di, strani,eri Per le imprese che sono indivisibili da un punto di vista economico bisogna pensare di far ricorso al mercato azionatio.in questo caso, però, per tener fede agli obiettivi di riduzione della concentrazione proprietaria è preferibile pensare a una forma di coinvolgimento di alcune imprese nella posizione di azionisti di riferimento o di componenti di un nocciolo duro. Tuttavia, questo crea I'eterno dilemma del qui,s custodi,et custodes?nei- I'attuale contesto istituzionale I'unica garanziaper I'azionista di minoranza è che il custode non abbia gli incentivi per defraudarlo, o, in altre parole, non abbia un legame diretto del suo business con quello dell'impresa considerata e non appartenga al gruppo dei "soliti noti", che altrimenti potrebbe approfittarne per interposta persona. In altre parole, il miglior controllore è quello che non ottiene nessun beneficio privato dalla propria posizione di socio, ed è quindi una persona che deve essere attirata afare il controllore da uno sconto sul prezzo d'acquisto opportunamente pensato a questo scopo.re Come abbiamo discusso nel paragrafo 1.2, il costo di questo sconto sarà ampiamente ripagato da maggiori introiti nella vendita delle azioni agli azionisti di minoranza, Tuttavia, Ia necessità di uno sconto crea un forte problema di agenzia all'interno del governo stesso: ci sono forti incentivi a vendere agli amici di partito piuttosto che a dei custodes affidabili. A differenza del caso precedente questo problema non può essere risolto semplicemente con un'asta. Infatti, I'asta selezionerebbe le imprese più desiderose di diventare gli angeli custodi e queste probabilmente saranno quelle che più riescono ad approfittare della situazione. Pertanto, per limitare questa discrezionalità t Cornelli e Li (1993) propongono una forma di asta che selezioni il tipo detì'acquirente sulla base della quantità di azioni che è disposto a comprare. Questo metodo, però, ha lo svantaggio di lasciare almeno una frazione delle azioni nelle mani dello Stato, creando la possibilità di collusioni ex post tra il compratore e il governo. del governo è opportuno restringer tenziali custodes. La nostra propos del nocciolo a investitori istituzion della difesa dei diritti delle minora dustriale e finanziario italiano. A questi di capitale impegno â Prívatizzazioni e struttura del controllo societario 2Tg errebbero vendute quote significative aiprezzi di mercato, in cambio di un s per un certo numero di anni. euesto istituzionali gli incentivi a sorvegliare ire gli abusi di altri azionisti. Nel frat_ Dararasrru*uragjoueeti,""",,,i3l.i,oi,Tåiilåilf:î.xîilîîrîl,iîi:_ parati a difendere i diritti degli azionisti, piuttosto che arimpiazzare il ma_ nagement inefficiente. pertanto, è necessario tenere aperta la strada alla possibilità diuntakeouer ostire. A questo fine deve "rréru concesso a que_ sti investitori istituzionali di vendere il loro pacchetto in caso di un,offerta pubblica di acquisto che comprenda il 1% der capitale sociale Desti,nazi,one d,ei prouenti un tema poco discusso ma di cruciale importanza è la destinazione dei pro_ venti delle privatizzazioni, come abbiamo discusso nel paragrafo 8.1, esi_ ste un rischio che le privatizzazioni vengano usate semplicãmente óome metodo temporaneo per allentare il vinðolo di bilancio o.o^u strategia dilatoria delle ristrutturazioni più politicamente costose. _ Il governo ciampi ha limitato il primo rischio, istituendo un fondo per la riduzione del debito pubblico cui devono essere destinati i proventi del_ leprivatizzazionidelle società direttamente possedute dal resoro. per quan_ to riguarda le privatizzazioni delle società ln carico direttamente ail,iri o all'eni, alcune norme in sede comunitaria impediscono che i proventi del_ le vendite vadano a finanziare le perdite deile aziende economicamente inefficienti, riducendo la pressione per una ristrut turazione politicamente costosa. Nel ripagare i debiti è necessario specificare che i pagamenti devono partire dai debiti più "junior" per andare ai più,,sen^iorl'. euest'ordine po_ trebbe sembrare strano perché viola la naturale priorità dei contratti, Tuttavia, si ricordi che tutti i debiti sono garantiti dallo stato. Pertanto, I'ordine proposto non lede nessun diritto patrimoniale ma ha il vantaggio di mantenere più elevata la pression e fininziaria sulle imprese statali. Infatti, la presenza di debito con priorità rende difficile alle imprese rifinanziarsi se non dimostrano I'economicità dei loro investimenti. viceversa, se i debiti a più alta priorità vengono pagati per primi, le imprese statali possono trovare facilmente altri fondi r"mpli."mente impe_ gnando le loro attività.

20 I 274 Le nuove frontiere della politica economrca Priuati'zzare i,l debito Il dibattito sulle privatizzazionisi è incentrato esclusivamente sulla priva- Iizzazione del capitale azionario delle imprese a partecipazione statale' In realtà, quasi altiettanta attenzione deve essere dedicata alla privatizzazione del debito delle medesime imprese. Infatti, se è vero che il diritto di controllo è generalmente legato al possesso azionario, è anche vero che il debito può rivelarsi un eccezionale strumento di controllo, specialmente in impreie altamente indebitate. Questo è sicuramente il caso di molte impr"r" statali, Per esempio Ialeva flnanziatiadell'iri è circa del 9%'2 In Àituazioni simili Ia struttura proprietaria del debito è quasi altrettanto importante della struttura proprietaria delle azioni' Se il debito è nelle mani di imprese statali o, peggio' della Cassa Depositi e Prestiti, esso perde qualsiasi funzione di incentivo, perché è facile da rinegoziaie. In aggiuntà, se un'impresa ptivatizzata mantiene un forte indebiiamento con Io Stato, essa rimane alla mercè dei politici che possono concedere o meno una remissione dei debiti in cambio di azioni politicamente vantaggiose (ad esempio Ia rinuncia a licenziare un certo numero di impiegati). Þertanto, ai fini di depoliticizzare I'economia è necessario privaiiziare anche il debito, altrimenti I'influenza dei politici che viene cacãiutu dullu porta ritorna dalla finestra. In questo senso la strategia di cominciare aprivatizzare Ie banche e gli istituti di credito è stata molto fortunata perché automaticamente privatizza molto del debito delle imprese statali forzando una ristrutturazione delle altre imprese' Nel privatizzate ll debito è necessario tener presente che un'eccessiva dispersione dei creditori crea difficoltà di rinegoziazione. Questo, da un Utô un fatto positivo perché rafforzail ruolo del debito come incentivo, dall'altro può essere negativo se impedisce rinegoziazioni che siano socialmente efficienti, Pertanto, la scelta della composizione della proprietà del debito va fatta in funzione delle caratteristiche dell'impresa da privatizzare. Se I'impresa in considerazione necessita di forti ristrutturazioni e queste sono politicamente costose, è preferibile avere creditori dispersi, che rinforzeranno il valore di cctmmitment deldebito. Se I'impresa invece rischia di diventare insolvente per ragioni indipendenti dalla sua volontà (ad esempio è in un mercato molto volatile), allora è meglio che it debito sia detenuto in poche mani per facilitare un'efficiente rinegoziazione. Su questo argomento ii vedano Bolton e Scharfstein (1992) e Chemmanur e Fulghieri (1994b) La quanti'ta fa la qualita La cadenza e I'estensione delle privatizzazioni possono svolgere un ruolo cruciale nel conseguire I'obiettivo di aumentare la concorrenzialità del si- 2Misurata come totale debiti / totale debiti + capitale netto. Dati dal bilancio consolidato Iri del stema finanziario, di ridurre la concentrazione pro- vengono effettuate in tempi bievi ssibilità di reperire i mezzifinan- prietaria. Infatti, i gruppi esistenti Privatizzazioni e struttura del controllo societario 275 ovviamente un programma accelerato di privatizzazioni può avere un impatto negativo sui ricavi totali del programma stesso. Ancora una volta ci si trova di fronte a un trade-ojf tra due diversi obiettivi politici Interventi di supporto alle privatizzazioni Il dibatt slativi o si è anche estes e società da priv priate p dichiarate. Alla i su metodi e fini delle privatizzazioni proviamo a dare una risposta a tali quesiti Voto d,i. li,stct, Da più parti il voto di lista è stato indicato come elemento essenziale della public company. Risulta pertanto utile guardare all'esperienza americana in proposito.2l Il voto di lista negli stati uniti prende la forma di cumulatiue uoti,ng. In altre parole, ogni azionista ha a disposizione un numero di voti pari al numero delle sue azionimoltiplicato per il numero dei consiglieri di amministrazione. In sede di votazione, poi, può scegliere se concentrare i suoi voti su un unico candidato, o distribuirli su più. euesto sistema permette alle minoranze di essere rappresentate in consiglio di amministrazione.la nostra impressione è che il voto cumulativo si presti meno alla moltiplicazione di liste fittizie, pensate al solo scopo di esautorare gli azionisti di minoranza di una rappresentanzain consiglio. Una completa analisi delle differenze è al di là degli scopi del presente lavoro. pertanto in questa sede ci limiteremo a considerare i due metodi analoghi. Nel % delle società quotate alla Borsa di New York permetteva il voto cumulativo (Bhagat e Brickley, 1984), a quella data obbligatorio in 18 Stati e per le banche di interesse nazionale. Le ragioni addotte a favore del voto di lista sono due: facilita il compito di uno scalatore permettendogli di entrare nel Consiglio di amministrazione e, al tempo stesso, crea la possibilità per un azionista di minoranza di controllare I'operato dell'azionista di maggioranza.il principale argomen- 21 Nel fare questo seguiamo principalmente il lavoro di Bhagat e Brickley (1984).

21 276 Le nuove frontiere della politica economica to contrario è che Ia possibilità di dissenso all'interno del Consiglio di amministrazione generi più problemi di quanti ne risolva, Dal punto di vista empirico Bhagat e Brickley dimostrano che il valore delle azioni scende del2% quando una società annuncia I'eliminazione del voto cumulativo. Questo non è poco se si tiene in considerazione che il premio per i diritti di voto negli Stati Uniti è all'incirca del4% (Lease, McOonnell e Mikkelson, 1983). Questo risultato indica che i vantaggi del voto cumulativo superano gli svantaggi. Data I'evidenza empirica a favore e dati i limitati costi di una simile modifica allo statuto delle società da privatizzare, riteniamo che sia opportuno prevedere una qualche forma di voto di lista. Questo dovrebbe essere accompagnato dalla fissazione di un numero minimo di consiglieri di amministrazione, per evitare che la riduzione del numero renda questo meccanismo assolutamente inutile.22 Tuttavia, sarebbe illusorio attendersi soverchi risultati da questo accorgimento. Infatti, I'attività di sorveglianza degli azionisti di minoranza nei confronti di quelli di maggioranza è affetta dagli stessi problemi difree ri.- d,i,ng dell'attività di sorveglianzadelmanagement. AIIo stesso modo il rappresentante della minoranza può facilmente essere comprato dall'azionista di maggioranza. Pertanto, non ci si può aspettare che il solo voto di lista elimini tutti gli abusi degli azionisti di maggioranza. Privatizzazioni e struttura del controllo societario 277 Ie mani di poche banche, o meglio del management di queste banche. come risultato si avrà la possibilità di forte collusione u r"upito dei diritti delle minoranze. Per questi due motivi riteniamo inopportuna la rimozione del cumulo delle deleghe. se Iobiettivo è quello di ridurre i costi della partecipazione, pensiamo che la possibilità di votare per posta (di cui al pinto seguente) sia da preferire Voto per posta Molti dei problemi legati al controllo societario sono da attribuirsi al costo per ogni azionista di prendere parte alla vita della società. euesti costi sono sia i costi di raccolta delle inform azioni, sia i costi del recarsi in assemblea a votare. Pertanto, ogni iniziativa volta ad agevolare la partec ipazio_ ne di chi sopporta il costo delle decisioni prese,.o^u I'introduzione del voto per posta, è sempre benvenuta. Tuttavia la scelta di introdurre il voto per posta deve essere accompa_ gnata da una serie di leggi sulla trasparenza delle informazioni societarlie. Infatti, a poco o nulla serve ridurre il costo di esercitare il diritto di voto se poi il costo personale di raccogliere informazioni rimane tale da scorag_ giare il singolo investitore a votare o almeno a votare in modo informato Voto per delega Una delle proposte avanzate per rendere Ia public company praticabile è I'eliminazione della restrizione al numero di deleghe in assemblea, imposta dalla legge 216 del La logica sottostante questa proposta va trovata nella convinzione di taluni che gli intermediari finanziari, e in particolare le banche, saranno i nuovi paladini della public company. Pertanto, il voto per delega, permettendo Ia concenlrazioîe dei diritti di voto nelle mani delle banche, permetterebbe a quest'ultime un ruolo più attivo. Tuttavia, come abbiamo ricordato più volte, non conta tanto chi sia a svolgere il ruolo di supervisore, quanto quali siano i suoi incentivi. La possibilità illimitata di deleghe crea di fatto la possibilità di vendita dei diritti di voto separatamente dai diritti patrimoniali. Questa deve essere sempre guardata con sospetto per le conseguenze negative sugli incentivi. In aggiunta questo particolare sistema di separazione delle due componenti attribuisce un forte vantaggio competitivo agli intermediari finanziari. Per esempio, in Germania Ie banche traggono molto del loro potere dai diritti di delega che in genere ottengono in cambio del servizio di custodia titoli gratuito. Questo favorisce fortemente la concentrazione proprietaria nel-,2 Riducendo il numero di consiglieri si alza il quorum e quindi si riduce la possibilità di una minoranza di essere rappresentata Limi,te ai possesso azi,onari,o Nella sezione 2 abbiamo visto come I'unico equilibrio possibile nell'attuale sistema giuridico italiano sia quello in cui ognì società è controllata da uno o più azionisti di riferimento. Di fronte a questo fatto incontrovertibile esistono due ovvie risposte. o il governo in fase diprivatizzazionesceglie I'a_ zionista (o gli azionisti) di riferimento, o questa scelta viene lasciataãl mercato. viceversa, sia il governo ciampi che il governo Berlusconi hanno cer_ cato una terzavia. Attraverso I'uso del limite al possesso azionariosi è vo_ luto evitare di scegliere I'azionista di riferimentô, impedendo nel contem_ po che se ne formasse uno sul mercato. La prima ovvia obiezione ai limiti al possesso azionario da parte di un socio è che questi limiti impediscono le scalate ostili, che abbiamo yisto essere elemento essenziale nella disciplina del management, A questo problema ha dato risposta il decreto del governo Berlusconi che, ieiterando il terzo decreto legge sulle privatizzazroni del governo ciampi, ha inserito all'articolo 3 comma 3 un'eccezione ai limiti afpossesso azionarionel caso di Opa totalitarie. superata questa obiezione iniziale, il limite al possesso azionarioassume connotati diversi a seconda dell'ammontare del limite stesso. Infatti, con dei limiti ridottissimi (tipo lo,5%) estesi non solo a un singolo socio, ma anche a gruppi di soci indirettamente legati da patti di sindacato, si può

22 Y 278 Le nuove frontiere della politica economica forse impedire Ia formazione di un azionista di riferimento. Questa regola ha degli ovvi costi, perché ostacola il funzionamento del mercato del controllo societario (che è basato anche sull'acquisto di quote significative di azioni sul mercato e non solo di Opa totalitarie) e fortifica oltre misura la posizione del management attualmente in carica, ma raggiunge lo scopo di creare una public company. Viceversa con dei limiti intermedi (come quello del6%) si rischia di non impedire la formazione degli azionisti di riferimento, ma anzi di permettere loro di controllare una società con quote fortemente minoritarie. Infatti, come abbiamo illustrato nel paragrafo 3, Ia migliore garanzia contro gli abusi dei controllanti è Ia quota da essi posseduta. Un socio che detiene ii9% di una società avrà meno incentivi a defraudare i soci di minoranza che un socio che ne detiene solo il 5%. In altri termini, un limite al possesso azionario del 5% non riesce a evitare che Ia società venga controllata da uno o più azionisti di riferimento, perché è facile, soprattutto in un mondo finanziario ristretto come quello italiano, aggirare il limite attraverso una rete di partecipazioni indirette. II solo effetto di una simile regola è di favorire glii,nsid,ers del mondo finanziario, rendendo difficile per degli outsi,ders o per gli stranieri contrastare il loro potere Fondi, di, i,nuesti,mento/fondi, pensi,one nel Consi,gli,o di ammi,nistrazi,one Da più parti i fondi comuni di investimento sono stati indicati come la possibile soluzione di ogni problema di controllo societario. La fiducia nelle loro capacità gestionali si è spinta atal punto da invocare un loro coinvolgimento nel Consiglio di amministrazione. Questa soluzione sembra ignorare il possibile conflitto di interessi tra i fondi e gli azionisti della società. La primaria attività dei fondi è quella di gestione del patrimonio dei loro sottoscrittori. Questo obiettivo li porterebbe presto in conflitto con Ia loro funzione di consiglieri di amministrazione. Per esempio, il loro dovere di gestori li spingerebbe a sfruttare tutte Ie informazioni privilegiate di cui vengono a conoscenzanella loro funzione di consiglieri. Tuttavia, questo andrebbe a svantaggio degli azionisti della società (oltre che contro la legge). Negli Stati Uniti i consiglieri di amministrazione sono consideratiinsi,- ders e come tali sottoposti a una regolamentazione più severa in termini di conflitti di interesse. Ogni profitto derivante da operazioni con un orizzonte temporale inferiore ai sei mesi deve essere restituito alla società. Inoltre devono rendere noto quando acquistano e quando vendono le loro azioni, indipendentemente dalla quantltàtrattata, Queste regole sono troppo onerose per un fondo di investimento. E quindi i fondi di investimento preferiscono astenersi dall'assumere un ruolo diretto nei Consigli di amministrazione. Questo non significa che i fondi non possano fare pressione esterna sui consiglieri o non possano far valere il loro diritto di voto dall'esterno. Privatizzazioni e struttura clel controllo societario ZTg Tuttavia, anche in quest'ultimo caso flitti di interesse tra azionisti e fondi d i gestori sono in cerca di soft i,nformat ne che pur non essendo chiaramente i,nsicle i,njormati,on può avvantag_ giare un gestore nel valutare una società. Non è quindi impossibile che si prefiguri uno scambio di voti per inform azione che danneggerebbe dop_ piamente l'azionista della società, In realtà, i fondi con i minori conflitti di interesse sono i fondi indicizzati che si impegnano a comprare e vendere i titoli sulla base dei movimenti desiderio di raccogliere fondi sono anche quelli mente diversificati. tariaegrisrariun*ine*o,guni,,,toff i:ilt"ïåiî1:f"i:ï,îîiï:1?,1;: che spesso si fa riferimento alle vicende d'oltreoceano per indirizzare le scelte italiane, è bene capire fino a che punto il paragone può venire esteso. Negli Stati Uniti i gestori dei fondi rispondono ai sottoàcrittori del fondo stesso, che li eleggono e li possono rimuovere. In Italia, i gestori dei fondi sono nominati dalla società di gestione del fondo, e non dái sottoscrittori. Questo fa sì che chi controlla Ia società di gestione possa influenzare il mo_ do in cui vengono utilizzati i diritti di voto di tutte le azioni detenute dal fondo stesso. In altri termini, i sottoscrittori del fondo detengono una par_ tecipazione senza diritto di voto, e il diritto di voto rimane nelle mani della società di gestione. euesto a sua volta può generare enormi conflitti di interesse. si ricordi per esempio Ia battaglia per il controllo di Mondadori alla fine del 1989: i fondi Fininvest (controilati da Berrusconi) detenevano un r% delle azioni ordinarie Mondadori, r% cntciale nella battaglia per il controllo tra Berlusconi stesso e De Benedetti. In quell'occasione i géstori dei fondi Fininvest si trovarono di fronte a un potenziale conflitto tra l,in_ teresse dei sottoscrittori dei fondi, desiderosi dircalizzare un forte guada_ gno in conto capitale vendendo il titolo, e la proprietà della società di ge_ stione, interessata a mantenere il controllo sui diritti di voto. prima di af_ fidarsi ciecamente ai fondi come panacea di tutti i problemi di controllo societario, è bene che certe questioni vengano chiarite Patti, di, si,nd,acato Esiste una lunga diatriba tra i giuristi italiani sulla validità o meno dei patti di sindacato (si veda ad esempio, Rossi 1gg1). Lungi dal voler entrare nella querelle, vogliamo qui brevemente riassumere le funzioni economiche dei patti di sindacato e la loro desiderabilità nel contesto italiano. I patti di sindacato sono contratti liberamente firmati tra gli azionisti di una società volti a coordinare I'intervento di questi nella gestione della società medesima. In quanto tali la presunzione è che essi wolgano un'utile

23 't 28 Le nuove frontiere della politica economica funzione sociale. Tale impressione è rafforzata dalla nostra analisi del problema difree ri,di,ng nella sorvegl\anza del management. Come abbiamo detto nel paragrafo 1.2.2, i patti di sindacato possono rappresentare un modo di suddividere i costi di sorveglianza e superare il problema difree ri,d,i,ng. Tuttavia, Iimitarsi a questa connotazione dei patti di sindacato è fuorviante. Innanzitutto, come abbiamo già messo in luce numerose volte nel corso del lavoro, la separazione tra proprietà e controllo fa sì che Ia presunzione di ottimalità sociale delle scelte individuali non sia sempre verificata.in particolar modo un patto di sindacato ha effetto anche sulle azioni dei soci che al sindacato non appartengono e quest'esternalità può creare dei problemi. Questa preoccupazione diventa maggiore in presenza di una rete di patti di sindacato. Questa rete può di fatto aggirare le disposizioni dell'art bis c.c. sul divieto delle società controllate di votare nelle assemblee della società controllante. Si pensi ad esempio a Mediobanca, controllata da un patto di sindacato comprendente tra gli altri Comit, Credit, Pirelli, Generali e Burgo. A sua volta Burgo è controllata da un patto di sindacato comprendente Mediobanca, Pirelli, Generali e Gemina. Gemina è controllata da un sindacato formato tra gli altri da Mediobanca, Generali e Pirelli, mentre Generali sono controllate da un sindacato costituito da Mediobanca e Lazard Pirelli è controllata da un sindacato composto tra gli altri da Gemina e Mediobanca. Infine Comit è sotto I'influenza di un gruppo di azionisti che comprende Mediobanca, Burgo, Generali e Pirelli. Questa rete di alleanze rende assolutamente inamovibili i manager delle rispettive società, isolandoli totalmente dalla possibilità di scalate esterne. Inoltre una simile rete di alleanze facilita la collusione di un gruppo limitato di persone a danno del largo pubblico degli azionisti. In questo senso i patti di sindacato sono economicamente dannosi e contrastano fortemente con I'obiettivo di ridurre la concentrazione proprietaria. Per ridurne il potere pensiamo sia auspicabile una rigida applicazione dell'articolo 2359 comma 2 del codice civile, che definisce come società controllate e collegate nle società che sono sotto I'influenza dominante di un'altra società in virtù delle azioni o quote possedute o di particolari vincoli contrattuali con essad. Allo stesso modo pensiamo vada utilizzatala legge 18 febbraio 1992, n. 149 sull'opa per costringere i membri di un patto di sindacato ad assumersi la piena responsabilità patrimoniale delle società che controllano Go\den share La golden share è una azione posseduta dallo Stato nelle imprese privatizzate che, per legge o per statuto, assume Ia maggioranza dei diritti di voto in casi di minaccia all'indipendenza di un'azienda che ledano gli interessi dei consumatori o un non meglio precisato "interesse nazionale". È uno Privatizzazioni e struttura del controlìo societario 281 strumento che è stato ampiament e utllizzato sia in Inghilterra (Britoil, Entreprise oil, British relecom, British Gas ecc.) sia in Francia (Matra, Havas, Elf-Aquitaine e Bull). Il principio sottostante alla golden share è certamente comprensibile, soprattutto nel caso diprivatizzazione di servizi pubblici. Tuttavia, non è chiaro se la golden share sia lo strumento migliore per difendere gli interessi dei consumatori o limitare le posizioni di monopolio. Infatti, leiariffe praticate dalle società produttrici di servizi pubblici possono essere regolate per legge e le posizioni monopolistiche possono essere evitate tramite I'intervento dell'antitrust. Qual è dunque ra motivazione per una normativa specifica? La nostra opposizione alla golden share nasce dal desiderio di depoliticizzare l'economia. La golden share diventa uno strumento troppo potente nelle mani del potere politico. Infatti, attraverso la golden strãre gti u.nministratori vengono isolati dalla disciplina del mercato e lasciati sotto la tutela dei politici. Questo meccanismo rende più facile al politico esercitare una pressione indebita per ottenerne dei vantaggi diretti, In altri termini, facilita lo scambio di favori che tanto ha contribuito alle inefficienze della nostra impresa pubblica. euesto scambio è possibile anche quando i servizi pubblici sono regolamentati per legge. Tuttavia in questo caso il processo diventa più trasparente e quindi diventa più costoso per il politi_ co esercitare la sua influenza distorsiva. In altri termini, eliminare lã pos_ sibilità di una golden share facilita il conseguimento dell'obiettivo di de_ p oliticizzare I' economia. Conclusioni In questo lavoro analizziamo gli effetti che la struttura proprietaria ha sul- I'efficienza economica e sul valore delle imprese e forniamo delle indicazioni su come si debbano privatizzare le imprese statali. La nostra analisi suggerisce che nell'attuale contesto italiano, la mancata protezione dei piccoli azionisti rende il modello della public company non praticabile. per questo motivo, per un programma di priv atizzazione immediato, proponiamo uno smembramento delle imprese, e soprattutto dei monopoli statali, in diverse unità, tali da poter essere messe all'asta come private company. Per le imprese che non possono essere così divise proponiamo una struttura di nocciolo duro in cui I'appartenenza a quest'ultimo sia riservata a investitori istituzionali esteri. Forniamo inoltre una valutazione sui vari provvedimenti che diverse parti politiche hanno suggerito debbano accompagnare la fase di privatizzazione.

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26 COMMENTI Marco Pagano Università Luigi Bocconi, Milano Questo lavoro è di grande utilità nell'attuale dibattito italiano sulla struttura proprietaria da scegliere per Ie società pubbliche in via di privatizzazione. Come in molti dibattiti correnti di politica economica, nel clamore dello scontro tra sostenitori del "nocciolo duro" e della publi,c compclna conazionariato diffuso è mancata finora un'analisi economica seria e completa dei pro e dei contro di ciascuna alternativa, che indicasse chiaramente Ie innovazioni normative necessarie per realizzarle.il lavoro di Fulghieri e Zingales riesce in questo intento, e lo fa distillando con estrema chiarezza e sistematicità i risultati di un ventennio di ricerca, in termini immediatamente fruibili per la politica economica e, soprattutto, adattando I'ana- Iisi alle particolarità del caso italiano. Perciò questo lavoro dovrebbe essere letto con attenzione da chiunque si occupi delle privatizzazioni in ltalia. Trattandosi di un vasto lavoro di sintesi, è difficile fargli pienamente giustizia in un breve commento. Perciò mi soffermerò solo su alcuni aspetti del lavoro che mi sembrano particolarmente importanti. Il menìr delle soluzioni possibili Gli autori partono dalla considerazione che esistono 4 modi diversi per organizzare la struttura proprietaria e di controllo di un'impresa: f. impresa a controllo e propri,etã, i,ndiui,duale (o familiare): per definizione, questa soluzione àzzera i conflitti di interesse (proprietà e controllo coincidono, e non ci sono azionisti di minoranza) ma riduce al minimo la diversificazione del portafoglio da parte del proprietario-manager; 2. società con un si,ngolo azi,oni,sta di, ri,feri,mento e una minoranza di piccoli azionisti: grazie alla partecipazione degli azionisti di minoranza, qtresta soluzione permette una migliore ripartizione del rischio ma crea un conflitto di interesse in seno alla proprietà, tra socio controllante e minorànza; 3. società conu,n gruppo di controlloformato da pi,ù soce, ovvero "nocciolo duro' ' : la ripartizione del rischio è ancora migliore, grazie alla partecipazione di più azionisti alla quota di controllo, e il conflitto di interessi con gli azionisti di minoranza è minore che nel caso precedente, purché gli azionisti controllanti non colludano ai danni della minoranza; Ia sorveglianza nei confronti del management è minore di quella che svolgerebbe un singolo azionista, ma è ancora elevata; Commenti./Marco Pagano 2BT 4. società a propri,etù, rti,ffusa, che in Italia ci siamo impropriamente abi_ tuati a chiamare pubri,c comf)&na: la ripartizione del rischio è massimiz- non vi è conflitto di zata, e - grazie all'assenza di soci preminenti - interessi all'interno della proprietà; in questo caso il conflitto di interessi sorge però tra management e azionisti nel loro complesso, perchè - mancando un gruppo di controllo all'interno della proprietà _ i *u_ nager hanno "briglia sciolta" nelle loro decisioni di gestione. Già da questa impostazione si vede che gli autori hanno adattato al caso italiano e soprattutto al tema delle privatizzazionii risultati della letteratura, che tradizionalmente si era soffermata sulla contrapposizione tra i due casi estremi - quello dell'impresa a controllo individuãle e quello della società ad azionariato diffuso - e aveva messo in evidenza il problema di, agenzi,a - cioè il conflitto di interessi - tra propri,etù, e gestione. eue_ sto è il conflitto rilevante per il mondo anglosassone, nel quale l,azionariato delle grandi società è molto disperso (per cui è passivo nei confronti del management) e Ie minoranze azionarie sono comunque ben protette a li_ vello normativo. Giustamente Fulghieri e Zingales insistono almeno altrettanto sull'altro conflitto di interessi, quello che si verifica all,i,nterno del\a compagi,ne øzi,o_ nari'a nelle società con un azionista di riferimento o un saldo gruppo di controllo. Infatti, in Italia questa è la modalità tipica di composizioneãella proprietà azionaria nelle società medio-grandi, ed è anche la naturale al_ ternativa alla public company per Ie società daprivatizzare. Anzi, è I'as_ setto proprietario verso cui naturalmente gravita il sistema se lasciato a se stesso, come dimostrato dall'impressionante esperienza delle privatiz_ zazioni del Credit e della Comit. E, nel caso italiano, il conflitto in questio_ ne è ulteriormente aggravato da un comportamento altamente collusivo degli azionisti facenti parte dei "noccioli duri" delle grandi società, sanzionato dall'esistenza di una rete di partecipazioni incrociate, di patti di sindacato e dall'attento ed esperto coordinamento di Mediobanca. Perché questo assetto proprietario è quello.,naturale,' in Italia? La ragione è che nel nostro Paese i benefici privati del controllo eccedono di gran lunga i benefici della ripartizione del rischio, come Fulghieri e Zingales mostrano in modo persuasivo, anche sulla scorta di precedenti studi empirici' Ciò dipende dalla scarsa protezione degli azionisti di minoranza e dalla scarsa trasparenza della contabilità d'impresa in ltalia. I gruppi di controllo delle imprese riescono a limitare i danni dovuti alla loro scarsa diversificazione patrimoniale attraverso la struttura di gruppo, con partecipazioni in altre società e gruppi. oltre alla mancata diversificazione di portafoglio degli azionisti di controllo, questo assetto proprietario dovrebbe avere anche un altro costo:

27 288 Privatizzazioni e struttura del controllo societario i fortissimi conflitti d'interesse tra gruppi di controllo e minoranze azionarie dovrebbero indurre i piccoli investitori a stare arra larga dalla Borsa, o almeno a richiedere un forte sconto sulle azioni al momento del loro collocamento. Il premio da loro richiesto dovrebbe essere elevato, molto più che in altri Paesi dove gli azionisti sono più protetti. Tuttavia, in Italia il rendimento delle azioni non è stato storicamente più elevato che altrove: anzi, a quanto mi risulta, si stima che il differenziale di rendimento tra azioni quotate e debito in Italia sia negativo o comunque inferiore a quello della maggior parte degli altri mercati azionari. Questa apparente contraddizione può forse essere spiegata supponendo che in Italia le azioni quotate siano detenute solo dagli investitori con elevata tolleranza verso il rischio: considerando che la quantità di azioni offerta in Borsa è relativamente modesta, è possibile che finora essa sia stata assorbita da questo gruppo relativamente ristretto di investitori.l Il punto allora è: si può contare sul fatto che il premio richiesto dal mercato azionario resti contenuto anche in futuro, quando saranno riversate sul mercato le azioni delle altre società che Io Stato italiano intende privatizzare? Se così fosse, tanto varrebbe seguire anche per le altreprivatizzazioni il metodo seguito per credit e comit, e lasciare che vengano inglobate dalla rete di "noccioli duri" che governalafinanza italiana. Fulghieri e Zingales però mettono in evidenza che questo equilibrio potrebbe non essere il solo equilibrio possibile, e neanche il più efficiente. Equilibri multipli? In altri termini, le cose sarebbero potute andare diversamente a partire dagli stessi dati di fatto (cioè a parità di assetto normativo, distribuzione del reddito, struttura dell'industria italiana ecc.), se solo le congetture degli investitori e degli imprenditori sui rispettivi comportamenti fossero state diverse? Questa non è una sottile curiosità accademica: se quello in cui siamo fosse solo uno dei possibili equilibri, potrebbe essere un equilibrio meno desiderabile degli altri, e in questo caso sarebbe opportuno intervenire per liberare il mercato dalla trappola in cui si è cacciato e spingerlo verso un equilibrio più efficiente. Questo, se fondato, è uno degli argomenti più persuasivi - anche se non il solo, come vedremo - che si possano avanzare a favore di un intervento di politica economica, nel caso in questione, a favore di modalità radicalmente diverse di effettuare le privatizzazioni. In generale, io condivido I'idea che il sottosviluppo del mercato azionario italiano possa essere interpretato come un equilibrio inefficiente che la storia ha scelto tra vari possibili equilibri (vedi pagano, 1ggg, 1gg3). ciò r.nel 1989 solo il 4,91í dellc famigìie italiane possedeva azioni quotate (Guiso, Jappelli e Terlizzese, 1994); nello stesso anno, negli Stati unlti ta frazione coriispondònte era pãii al 15,9ií (Blume e Zeldes, 1994). Cotnmenùi/Marco pagano 2gg può accadere se le decisioni di ingresso dei vari partecipanti ar mercato azionario sono interdipendenti:perãsempio, se l,investñnto in azioni com_ porta un costo fisso, gli investitori hanno interesse u ão*p.r.n azioni sol_ tanto se possono acquistare un portafoglio suffi iur-rtui.,î.,te cliversificato, e di conseguenzagri imprenditori hanno_interesse u quàiu.u le proprie so_ cietà in Borsa soltant se si aspettano che,.,.ru*u.o sufficiente di altri imprenditori faccia altrettanto. Questo tipo di esternalità derivanti dalla partecipazione al mercato azionario può portar" u "qulìinri murtipli, tra cui quelli più efücienti sono caratterizzati aa,,"u;;ä;iore parrecipazio_ ne al merc ato azionario.2 secondo Furghieri e zingales, un ragionamento simile può essere appli_ cato anche alla scelta del modello di struttura oroprietária delle società quotate. L'idea da loro proposta, è la seguente: se poche famigrie sono regate da una fitta rete di partecipazioni intersocretäriã, ia loro capacità di estrarre benefici privati da un'impresa neoquotata è così elevata che esse saranno disposte a pagare un forte premio pur di u.q,_rìri.r-ru il contro'o. Quindi, se anche si vendesse ra soëietà a in azionariato aisperso, prima o poi un azionista di riferimento riuscirà a rastrellare abbastanza azioni sul mercato da acquisire il controllo. Questo non si verifica invece in una situazione in cui la proprietà sia già in partenza diffusa e non vi sia questa ri;;;;;; ü ol.råi,orzioni inrerso_ cietarie tra poche famiglie: in tai caso è difficile esìrarre benefici privati dal controllo, e quindi gli incentivi a diven tare azionista di riferimento di una società sono minori. potrebbero così esistere ar" "qurunri, uno carat_ terizzato da proprietà a ionaria concentrata; fil;;rr"äipurio.,i interso_ cietarie e uno da proprietà azionaria diffusa. Non è facile giudicare ra coerenzainterna di questo interessante ragio_ namento, in assenza di un modello formale. Tuttavia mi sembra che esso trascuri il fatto che a sua vorta Iesis tenzadi una rete di partecipazioni in_ tersocietarie è endogen : essa viene creataspontaneamente cla chi ne ha imezzi, se il quadro normativo consente di estrarre elevati benefici privati dalle società partecipate. L'esperien zaitarianaè un esempio di come que_ sta rete di partecipazioni intersocietarie venga creata"j'lrt".u gracruar_ r Fulghieri e Zingales affermano c una descrizione accurata del caso dopo Ia liberalizzazione. valul aria,ènotor evalentemente titoli azionari azi<lnari ò composto cla zioni è iì 78,5îí: si veda Ooo rer. e possibili zitrni fiscali, spicgazioni costi (motival;i strarrieri). Se vi è ttot c bi, di t,ran:;az ilr [lalia ò r n limite c]lcilivo alle p,rssii chc dop<r lalibetalizzazione tlei móvimenti di capitaìi. Nc seguc ncre r. che la Borsa itali na sia rìoccata i" u"-ãõriu r.io sociarmcntc incfl.icir ^te,

28 29 Pnvatizzazioni e struttura del controllo societario mente nel tempo, quando i benefici privati del controllo sono molto elevati. In altri termini, è plausibile che, in assenza di leggi che limitino il "diritto di saccheggio" dell'azionista di controllo, il sistema evolva spontaneamente verso I'equilibrio che abbiamo oggi in ltalia. Occorre allora chiedersi perché in altri Paesi osserviamo limiti normativi a questo "diritto di saccheggio". Le ragioni sono a mio parere due: l. per salvaguardare Ia concorrenza nell'intermediazione finanziaria, evitando così che si generi I'abnorme intreccio monopolistico che oggl governa il mondo finanziario italiano; 2. per poter finanziare progetti di investimento di dimensioni tali da richiedere la partecipazione massiccia dei piccoli risparmiatori, e non solo quella preminente del grande capitale, per ovvie esigenze di diversificazione del rischio. È verosimile pensare che Ia sanzione normativa si sia resa necessaria proprio perché Ie "grandi famiglie" non possono credibilmente impegnarsi a non estrarre "benefici privati" dal controllo. Quindi, anche in assenza di equilibri multipli, vi possono essere buone ragioni per intervenire a difesa delle minoranze azionarie e favorire così Ia proprietà diffusa delle azioni. Fino a quando I'equilibrio esistente in Italia potrà reggere? Forse in Italia Ia seconda esigenza ora menzionata non si era posta finora perché Io Stato aveva in portafoglio una porzione cospicua dello stock di azioni del Paese. Ora però, con Ie privatizzazioni, I'esigenzadi raccogliere massicce quantità di capitale di rischio si pone con urgenza. Già adesso, per "digerire" le prime privalizzazioni, la rete di azionisti di controllo facenti capo a Mediobanca ha dovuto chiamare a sostegno aileati esteri epiazzare massicci aumenti di capitale sul mercato interno. Ma vi sono ancora società di grandissime dimensioni da pnvatizzare. Se chiamati ad assorbire grandi quantitativi di titoli azionan, i risparmiatori italiani forse smetteranno di accontentarsi di un rendimento inferiore a quello dei titoli di Stato. Anche se finora è bastata una famiglia su venti - e presumibilmente quella meno avversa ai rischio - a sottoscrivere le partecipazioni di minoranza delle grandi imprese italiane, adesso è probabile che sia necessaria una partecipazione molto più ampia al mercato azionario. Se i nuovi sottoscrittori saranno più severi, sarà necessario porre dei limiti credibili al "diritto di saccheggio" dei gruppi di controllo, per evitare di svendere Ie azioni delle società da privatizzare. Ma come assicurare che i diritti delle minoranze azionarie siano rispettati? I suggerimenti avanzati dagli autori - voto per posta, voto di lista, non cumulabilità delle deleghe di voto, favore verso azionisti estranei alla rete di alleanze già esistente - sono da condividere. Mi sembra cruciale CommentilI4arco p g e in particolare che si riveda in senso restrittivo ra normativ controflo del mercato su due punti fondamentali: 'a e I'attività di 1) ti di sindacato, ai fini dell'opa obbrigatoria; 2) ietà contro'ate, ai fini der divieto di votare nere controllante. In questo senso, si può sperare che le Bibliografia debito pu italiane e zione dei BLUME M., Zrloes s. (1994), "Households' shareownership patterns and Aggre_ gate Pricing Theories", university o r pennsyrvania, daitiloscritto, ottobre. coopen I' 4., KAPLAllrs E. (1991), "what Explains the Home Bias in portfolio In_ vestment?", London Business school, Institute orrinance anàìccounting wor_ king Paper , gennaio. Gulso I., Je you,i T., TERr,IzzEse_D. (1gg4), "Income Risk, Borrowing constraints and Portfolio Choice", Cepr Discussioá'paper n. ggg,;;ñ; Pecolo M' (1989), "Endogenous Market Thinness and stock price vorati rity,,, Re_ aiew of Economi,c Stud,ies,56, pp. 269_2gg. Pecer o M' (1gg3), "Th.e.Froatation of companies on the stock Market: a coordi_ nation Failure Model", European Econimic Reuiew, si,-pi. iror -rr25. ZgL

29 292 Privatizzazíoni e struttura del controllo societario Mario Draglti, Direzione generale clel ministero del Tesoro Questo lavoro ha il pregio di fornire una sintesi dello stato dell'arte delle prescrizioni di economia normativa in materia di struttura del controllo societario e di applicare le conclusioni generali di talc esercizio alle esigenze specifiche della realtà italiana delle società in via di privatizzazione. Una critica radicale del quadro normativo e degli assetti societari e di mercato del nostro Paese conduce gli autori a desumere l'impossibilità di adottare il modello della public company nel processo di privatizzazione in corso. Iìssi concludono con la necessità di srnembrare le società da privatizzare in piccole unità, la necessità di mettere queste ultime all'asta e di trasferire proprietà e controllo delle stesse a un tlumero ristretto di soggetti. Nei casi in cui in base a valutazioni economiche di efficienza ciò non fosse ammissibile, si dovrebbe procedere alla costituzione di un nocciolo duro di investitori istituzionali stranieri. Questa mia riflessione si concentrerà su alcune tematiche di fondo del paper di Fulghieri e Zingales. Sono lieto di constatare che molti dei miei originari rilievi e comrnenti, ispirati in gran parte dall'esperienza recentemente maturata dal ministero del Tesoro in qualità di practi,ti,oner di privatizzazioni, sono stati accolti nella versione emendata del lavoro. Esso, tuttavia, risente di una carente conoscenza di dettagli istituzionali che, nulla togliendo all'apprezzabile sforzo di applicare alla vita reale modelli teorici necessariamente semplificati, indebolisce notevolmente la portata generale delle conclusioni. Gli autori ritengono che un eventuale azionista rilevante ragioni cla puro investitore finanziario, proprio come il piccolo risparmiatore. flna privatizzazione in forma di vendita molto frazionata massimizza quindi I'introito dello stato perché non è soggetta allo sconto a cui sarebbe sottoposta una vendita non frazionata. In quest'ultimo caso, infatti, sarebbe necessario vendere a uno sconto per compensare il maggior rischio dell'investil,ore acquirente, connesso alla concentrazione dell'investimento e alla conseguente assenza di diversificazione. Non viene considerata affatto I'ipotesi che gli interessi del piccolo investitore finanziario possano essere difformi clagli interessi del grande investitore industriale teso ad acquisire il controllo di una società. L'esame delle privalizzazioni realizzate a oggi rnostra che lo stato chiede un premio, non uno sconto, quando vende grandi bkrcchi di azioni ad azionisti strategici. In taluni casi, come per esempio in Francia, lo Stato chierle un premio sul prezzo dell'offerta pubblica persino agli investitori istituzionali, ricorrendo alla tecnica di asta del back-end.,tenrl,et", che si apre alla chiusura dell'offerta ai risparmiatori individuali. L'esistenza di un premio, anzich azionista rilevante è una prova evi - sicuramente quelli industriali e f nano in modo diverso dai piccoli i sulla generalità della conclusione s ove possibile, venda in modo frazi Allo stesso modo, una non ap zionale è alla base dell,affermal to, sempre a favore degli azionisti da maggiori rischi, ma anche dall,esi nagement in capo a questi ultimi. nt di relativi. Com n,enti/mario Draghi 2g:l tati Uniti, non vi è alcun vincolo nor_ nza diretta in consiglio Ae8fi arionisti veglianza svanisce e con esso i costi connesse ai conflitti di interesse onisti di minoranza esposte dagli ame delle recenti procìuzioni nàri;:äj:ff ij :,i: Ìå.,i;î $;,iî[ii: di rista in presenza di rimiti ur po.,u,.oq#,if*.ii::t"jî:îll:ï,.1 ;îî atteggiamento meno negativo nei confronti deila capu.iià ai tutela de',a_ zionista di minoranza in Italia. A questo punto desiclero fare tre'rteriori considerazioni..fulghieri e Zingzrles propongono di vendere Ie società non ïrazir nabili a investitori istituzionari stranieri. La prassi internazionale è, inver:e, ner senso di costituire nuclei stabiti di grandi investitori industriali e finanziat'i nazionali. Ritengo che la politici di privatizza,zione in corso non debba precludersi l'accesso costituite da queste d pagnata da una lungi dente di alcuni settori _. Fulghieri e Zingales ricordano che il maggiore o mino'e tasso cii crescita di un'impresa determina la minore o maggiore sussistenza di conflil,ti di mpany e management c_lella stes;sa. lere a Opv nell,ipotesi di società con i si deve procederc: con r:essioni rne_ Nella realtà il criterio non è rtnivoco: sociei,à con elevato tasso cli cr.escita cono state cedute sia per t,ratlativa diretta, sia, tramite opv; zr crer:iclerc son:o st rte soprattutto cot-rsiclerazioni attinenti alle sl,rategie inclustriali dc i potenziali acq'ircnti direûti, ai piani cli risanamenl,o, quànd' necessari, e alla valul, lzi.ne cii mercabo deila st cir tà, se venduta tramite opv.

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