B. L ALLEVAMENTO DEL BOVINO DA CARNE ED IL CENTRO CARNI DI ROMA: CRITICITÀ E NUOVE PROSPETTIVE

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1 l inversione del processo di perdita delle aziende zootecniche secondo le seguenti linee d indirizzo: valorizzazione delle opportunità, determinate dalla tradizionale affezione dei consumatori al prodotto locale, offerte dal mercato romano del latte fresco; miglioramento del sistema zootecnico e dell efficienza produttiva; promozione di sistemi di certificazione di processo e prodotto orientati al miglioramento della qualità delle produzioni, alla sicurezza alimentare, sostenibilità ambientale e benessere animale. PUNTI DI FORZA vicinanza al mercato romano potenzialità economica, sia in termini di produzione sia di capacità occupazionale valorizzazione delle aree marginali MINACCE riduzione del prezzo alla stalla per la politica dei prezzi (svolta dalla GDO con prodotti private label) concorrenza da i produttori UE speculazione del suolo agricolo forte instabilità dei prezzi delle materie prime forte instabilità del prezzo del latte alla stalla la vendita diretta può diventare una minaccia PUNTI DI DEBOLEZZA presenza di vincoli sempre più restrittivi (benessere degli animali, inquinamento ambientale, alimentazione animale) con impatto negativo sui costi scarsa efficienza produttiva carenza di servizi di assistenza tecnica super partes mercato di tipo oligopolistico scarsa aggregazione tra allevatori scarsa formazione del personale addetto alla gestione degli animali bassa propensione all innovazione tecnologica OPPORTUNITÀ riconoscimento qualitativo del latte, attraverso disciplinari di produzione con forte caratterizzazione nel mercato interno valorizzazione della carne dei vitelli di razza Frisona Italiana attraverso disciplinari di produzione (art. 68) istituzione di consorzi agrari finalizzati a concentrare la domanda per l acquisto di sementi e materie prime vendita diretta maggiore penetrazione del prodotto B. L ALLEVAMENTO DEL BOVINO DA CARNE ED IL CENTRO CARNI DI ROMA: CRITICITÀ E NUOVE PROSPETTIVE a cura di Angela Galasso*, Alessandro Di Marco, Elena Senatore A fronte di un importante livello di consumo annuo di carne bovina dovuto alla dimensione della popolazione della provincia di Roma, il settore del bovino da carne romano si dibatte sempre più in una profonda crisi di sbocchi di mercato e di prezzi. In particolare si aggravano: gli elementi di debolezza determinati dalla sua storica marginalizzazione nelle aree ritenute non idonee alla produzione del latte; la difficoltà di trovare un sua identità di prodotto e di immagine competitiva nei confronti del sottoprodotto carne derivato da un importante allevamento bovino da latte provinciale e dall importazione di carni e referenze extraregionali; il ritardo forse ormai irreparabile della conclusione dell iter di riconoscimento del Vitellone della Maremma DOP promosso da ARSIAL. * Si ringrazia per la collaborazione Alberto Dell Agli, tecnico del settore. 176

2 Più in dettaglio e salvo sporadiche iniziative di successo di alcune macellerie aziendali e cooperative (per lo più legate al circuito del prodotto biologico), il prodotto laziale soffre dell assenza di una filiera più compartecipe tra imprenditori ed allevatori laziali ed una conseguente assenza di aggregazione dell offerta che sappia proporsi con referenze commerciali che: abbinino alla remunerabilità del prodotto anche la sempre più importante remunerabilità del servizio alla referenza che faciliti la penetrazione nella GDO e nei circuiti HO.RE.CA; qualifichino le carni con circuiti di tracciabilità più virtuosi rispetto all etichettatura facoltativa, quali il 1760/00 facoltativo, Italialleva, NO-OGM, SOLO RAZZA, anche in considerazione del ristretto territorio della provincia di Roma coinvolto dal Vitellone Bianco dell Appennino Centrale IGP; individuino un prodotto più aderente alle condizioni tecniche e socio-economiche dell allevamento provinciale basato quasi esclusivamente sul pascolo brado tutto l anno delle fattrici e sulla vendita di un vitello svezzato (ingrassato successivamente per lo più in altre regioni) o ingrassato localmente con difficile raggiungimento di qualifiche SEUROP adeguate in quanto condizionato da alimentazioni non adeguate. LA FILIERA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLA FILIERA LOCALE Nella Tavola 1 sono rappresentati i rapporti all interno della filiera del bovino da carne, evidenziando i dati disponibili relativi al territorio della provincia di Roma, le connessioni e i soggetti centrali della filiera: in colore celeste le strutture di produzione e lavorazione, nei riquadri tratteggiati i soggetti che, all interno di una forte articolazione ed elevata frammentazione della filiera, ne determinano maggiormente il mercato. Tavola 1 RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLA FILIERA LOCALE DEL BOVINO DA CARNE Fonti: elaborazione su dati Ismea; (1) Anagrafe Nazionale Zootecnica, ISZ Teramo - Dati al 1 luglio 2011; (2) Anagrafe Nazionale Zootecnica, ISZ Teramo - Dati al 31 ottobre 2011; (3) Osservatorio Latte su dati Ministero della Salute (dato su scala regionale) 177

3 ALLEVAMENTO A livello nazionale gli allevamenti, concentrati nelle regioni del nord, prevalentemente Lombardia e Veneto, producono capi da ingrasso destinati alla produzione di carne fresca. La fotografia delle strutture produttive sul territorio nazionale evidenzia da un lato allevamenti di medie e piccole dimensioni, localizzati soprattutto al sud e nelle isole, dall altro allevamenti molto grandi e con forte specializzazione, localizzati al nord. Il Lazio, insieme alla Sardegna, è la regione del centro Italia con la maggiore concentrazione di allevamenti di bovini da latte e da carne e di capi: nel Lazio vi sono allevamenti bovini, di cui (16%) in provincia di Roma (Anagrafe Nazionale Zootecnica) ed il 4% della consistenza dei bovini nazionali pari a circa capi, di cui circa (32%) in provincia di Roma (Osservatorio Latte e Anagrafe Nazionale Zootecnica). Si riscontra una prevalenza di allevamenti da latte di razza Frisona e di allevamenti in linea vacca-vitello o simili (allevamenti cioè di tipo estensivo). Nell allevamento da carne la presenza di razze francesi rimane importante. In particolare negli ultimi anni, rispetto agli incroci F1 fra razze autoctone e francesi che hanno caratterizzato gli ultimi due-tre decenni, si assiste ad un ritorno della selezione di razza, prevalentemente razze francesi (Charolaise e Limousine) e razze italiane (Maremmana e Marchigiana). Alcuni allevatori stanno sperimentando l allevamento della razza Angus. Pochi i centri di ingrasso specializzati. Il mercato dei maschi di razza Frisona allevati nel Lazio è concentrato nel Veneto (province di Padova e Treviso), mentre quello dei vitelli degli allevamenti in linea vacca-vitello sono destinati ai mercati della Lombardia e delle Marche. Soltanto negli ultimi anni si è osservata una controtendenza secondo la quale questi animali sono ingrassati in regione: stanno aumentando gli allevamenti di vacche nutrici che ingrassano i propri vitelli in azienda invece di venderli come ristalli attraverso commercianti che fungono da mediatori. Sebbene si tratti ancora di percentuali basse, la tendenza all aumento è forte, sia nel numero di imprese che nella dimensione aziendale: fra le province di Roma, Viterbo e Rieti esistono almeno aziende di questa tipologia, con una media di vacche nutrici per azienda di capi (comunicazione personale, Dell Agli A.). CRITICITÀ a) il basso utilizzo di tori selezionati miglioratori negli Indici Carne sia per la riproduzione in purezza che come incrocio F1. Ciò non permette di sfruttare economicamente l elevato valore dell ereditabilità del carattere Incremento Carne (circa il 60% contro, ad esempio, il 12% del carattere Produzione Latte ). L ereditabilità di un carattere rappresenta la probabilità che i figli esprimano i caratteri degli ascendenti. Si stima che un toro miglioratore possa incidere con un incremento di oltre kg rispetto ad un soggetto non miglioratore (mediamente circa e 125,00 a vitello). In tal senso il mancato utilizzo di tori miglioratori può considerarsi certamente il limite manageriale più rappresentativo di determinazione del reddito degli allevatori da carne. Ciò ancor di più nelle aree marginali dove gli altri elementi di management (alimentazione, ricoveri, ecc.) sono ridotti; b) il ridotto livello di fertilità (vacche partorite su vacche destinate alla monta) delle mandrie che, in particolare nel sistema di conduzione allo stato brado attuato sia in Maremma che nelle dorsali appenniniche, difficilmente raggiunge il 70% (purtroppo e spesso anche il 50% in stagioni difficili). La ridotta fertilità può determinare, nella sola provincia di Roma, una perdita annua stimata (obiettivo fertilità almeno all 80%) di circa 500 vitelli nel solo patrimonio iscritto ai LLGG a cui possono aggiungersi almeno altri 500 soggetti non iscritti per un totale di circa vitelli l anno. Ciò, in termini di PLV perduta, può significare un valore 178

4 teorico territoriale di circa e ,00 composto da circa e ,00 derivato dai vitelli da ingrasso venduti svezzati e da circa e ,00 derivato da manze da riproduzione. Tale perdita economica, ma anche di materiale genetico a rischio di erosione come per la Razza Maremmana, è essenzialmente determinato da una difficile gestione del management riproduttivo effettuato nell allevamento brado. Di fatto, tale management prevede la sola immissione dei tori nella mandria generalmente nel periodo di aprile-agosto verificando solo con le nascite di gennaio-maggio l andamento della fertilità e senza aver potuto effettuare accorgimenti riproduttivi di recupero della fertilità. In tali condizioni l elemento di maggiore criticità si verifica qualora lo stato fisiologico-riproduttivo delle bovine non fosse adeguato all avvio della stagione di monta. In particolare risulta difficile se non impossibile: 1) recuperare uno stato fisiologico adeguato per la ripresa dei calori nell epoca della monta che causa quindi un considerevole calo di fertilità generale della mandria; 2) ottenere un periodo dei parti nelle condizioni pedo-climatiche ed agronomiche più favorevoli per lo svezzamento del vitello che è condizione fondamentale di reddito sia per l allevatore operante nella linea vacca-vitello che per quello operante nell ingrasso; 3) cogliere il massimo delle opportunità di sostegno al reddito offerte dall art. 68 dell attuale PAC che permette di acquisire un contributo pari a e 200,00 e e 150,00 rispettivamente ad ogni vitello nato da primipare o pluripare iscritte ai LLGG nonché un premio di 50-90,00 e/capo per la macellazione di vitelli tra 12 e 24 mesi afferenti ad un circuito DOP/IGP o 1760/00 (etichettatura facoltativa). Nella sola provincia di Roma si stima una perdita di premialità per circa vitelli, pari ad un valore medio di e ,00. c) il difficile raggiungimento di partite omogenee di vitelli svezzati o di vitelli ingrassati. Si tratta della perdita di reddito più rappresentativa, può derivare dalla concomitante azione negativa delle criticità sopra menzionate. Al contrario, abbinando: il tipo genetico più opportuno l epoca di parti più sovrapponibile possibile alla migliore produzione foraggera alimenti complementari specializzati per il pascolo brado è senz altro possibile ottenere vitelli svezzati o finiti allo stato brado in età giovanile (10-12 mesi) ai pesi più elevati possibile in modo da incrementare la PLV aziendale senza richiedere investimenti strutturali non ammortizzabili e/o remunerativi. MACELLI Tra il 1990 e il 2000 il numero degli impianti di macellazione di carne bovina in Italia è passato da a (-56%), gli impianti pubblici da a meno di 400 (-65%) (Osservatorio Latte, Il mercato della carne bovina - Rapporto 2010), in seguito all intenso processo di trasferimento dell attività di macellazione dagli stabilimenti pubblici a quelli privati. Anche nel Lazio si è osservata questa evoluzione, a differenza delle altre regioni del centro Italia dove persistono ancora strutture pubbliche in attività (35% del totale). Inoltre, dal 1 gennaio 2010 le strutture che non sono riuscite a raggiungere i requisiti per ottenere il bollo CEE hanno cessato l attività (la deroga di 4 anni è scaduta il 31 dicembre 2009). In provincia di Roma sono presenti 7 stabilimenti di macellazione con bollo CEE, di cui 5 con capi macellati 179

5 nell ultimo mese di rilevazione dei dati (Anagrafe Nazionale Zootecnica, ISZ Teramo - dati al 31 ottobre 2011). Non sono disponibili i dati relativi al numero di laboratori di sezionamento in provincia di Roma, mentre il dato complessivo regionale è di 28 laboratori di sezionamento, funzionalmente e strutturalmente integrati con la macellazione. Figura 3 CAPI BOVINI E BUFALINI MACELLATI NEL LAZIO (da novembre 2010 a ottobre 2011) FR LT RI RM VT Fonte: Anagrafe Nazionale Zootecnica, ISZ Teramo Il leader di mercato della carne bovina in tutta Italia, che orienta la filiera anche a livello locale, sia per le dimensioni che per il sistema di distribuzione capillare, è certamente la Cremonini Spa. L attività principale del gruppo è la produzione e trasformazione di carni bovine e in parte suine. La società di riferimento del gruppo è Inalca Spa che realizza il 43% del fatturato del gruppo, un terzo del quale all estero (Europa, Russia e Africa Centrale); il 40% del fatturato deriva dall attività di fornitura di alimenti alle mense, alberghi e comunità, attraverso la Marr; il restante 17% del fatturato proviene dalla gestione di ristoranti e fast food presenti all interno di centri commerciali, stazioni ferroviarie e sulla rete autostradale, con vari marchi in Italia ed in Europa (Osservatorio Latte, Guida al consumo critico). In Italia ha 10 stabilimenti produttivi; lo stabilimento di riferimento per il centro Italia è localizzato ad Avellino (Realbeef Srl), con una capacità produttiva di capi/anno ( che lavora vitelloni, ma soprattutto la quasi totalità delle vacche a fine carriera, sia da latte che da carne del centro Italia. Le principali realtà locali della macellazione che lavorano e trasformano gli animali allevati nel Lazio sono: Euromac di Ferentino (FR) Frigocarni di Monterosi (VT) Butcher Service di Viterbo Centro Carni Lazio Agro Pontino di San Donato (LT) Cimoa di Orvieto. Nonostante la presenza del Centro Carni di Roma, il numero di capi bovini e bufalini macellati in provincia di Roma rappresenta il 2,5% dei capi complessivamente macellati nel Lazio. Il trend dei capi macellati su Roma è, inoltre, in costante diminuzione. I capi macellati provengono per la quasi totalità dalla regione (97%), i restanti 180

6 (nell ordine di qualche decina) da Abruzzo, Puglia ed altre regioni italiane non indicate (Anagrafe Nazionale Zootecnica, ISZ Teramo). Figura 4 CAPI BOVINI E BUFALINI MACELLATI NELLA PROVINCIA DI ROMA capi (numero) anno LE TENDENZE La tendenza relativa alla produzione è di un netto calo del numero di aziende, dei capi allevati e di quelli macellati in regione. Nel 2001 i capi bovini macellati nel Lazio sono stati circa (Ismea Osservatorio Latte), negli ultimi 12 mesi (novembre 2010-ottobre 2011, Anagrafe Nazionale Zootecnica) circa (-55%). Le macro-cause delle tendenze sono riconducibili prevalentemente a fattori esterni al comparto, che, tuttavia, lo influenzano in maniera preponderante. I principali fattori, secondo le ultime analisi Ismea (Report Economico Finanziario 2010, parte I) sono: le politiche comunitarie (disaccoppiamento) lo sviluppo delle economie emergenti la recessione economica globale i costi delle materie prime per l allevamento dipendenti dall andamento dei mercati internazionali il calo della domanda e l aumento della spesa low cost le strategie di prezzo della GDO 181

7 TENDENZA CON EFFETTI + TENDENZA CON EFFETTI - Domanda Offerta Commercio Estero Preferenza per prodotti elaborati e preconfezionati Preferenza per il prodotto locale Aumento dei prezzi in seguito alla riduzione della produzione Valorizzazione elementi di distintività (sicurezza, etica, benessere animale, qualità organolettica) Diminuizione dei consumi Calo dell offerta disponibile (mercato animali vivi e carni) Costi di produzione elevati da parte degli allevamenti Aumento importazioni di carni estere, in particolare di tagli pregiati Fonte: Ismea (Report Economico Finanziario 2010, parte I) In contro-tendenza, rispetto a quanto accade a livello generale, appare lo sviluppo dell allevamento delle razze bovine da carne italiane. Gli allevamenti delle principali razze, associati all ANABIC (Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne), rappresentano una nicchia all interno del comparto bovino, che tuttavia, in un contesto complessivo di contrazione del comparto, nel Lazio hanno evidenziato un aumento delle consistenze. Lo sviluppo dell allevamento di queste razze da carne nel Lazio è più recente rispetto alle altre regioni. Il Lazio è la terza regione per consistenze complessive ( capi, 11% del totale nazionale) e quarta per numero di allevamenti (596, 11% del totale nazionale). Gli allevamenti si ripartiscono tra Maremmana, Chianina e Marchigiana, con una prevalenza di capi delle prime due razze (dati ANABIC, consistenze libro genealogico al ). Tabella 8 MARCHIGIANA CHIANINA ROMAGNOLA MAREMMANA N. allevamenti N. capi N. allevamenti N. capi N. allevamenti N. capi N. allevamenti N. capi Roma Lazio Italia (*) Fonte: Associazione Romana Allevatori (consistenze libro genealogico al ). * ANABIC (consistenze libro genealogico al ) Il 68% degli allevamenti ed il 61% dei capi bovini di razza Maremmana ed il 38% degli allevamenti ed il 35% dei capi bovini di razza Chianina del Lazio si trovano in provincia di Roma. CARATTERISTICHE E RICHIESTE DELLA DOMANDA È possibile delineare alcune tendenze all interno della domanda, rappresentata da un lato dalla distribuzione moderna, molto concentrata in termini di organizzazione dell approvvigionamento, e dall altro dal dettaglio tradizionale, i cui rifornimenti sono legati agli intermediari e ai grossisti. 182

8 La distribuzione moderna Richiede sempre più merce già disossata e confezionata, prodotti elaborati, porzionati e pronti, con elevato livello di servizio (confezioni che garantiscano maggiore durata e V gamma). Il dettaglio tradizionale I macellai preferiscono la carne straniera rispetto a quella locale, che offre maggiori garanzie di qualità costante e mezzene e tagli con una migliore classificazione SEUROP, in particolare per la presenza di grasso. Tuttavia, è in aumento da parte dei consumatori la preferenza di carne locale ed in particolare di carne di razze autoctone, l aumento della vendita diretta da parte di aziende medio-piccole nelle diverse forme (punti vendita aziendali ed extra, mercati, gruppi di acquisto, adozioni di animali per il consumo successivo da parte delle famiglie) (Osservatorio latte, Il mercato della carne bovina Rapporto 2010). Il grafico successivo rappresenta uno spaccato di questa tendenza, raffigurando il trend delle fiere e dei mercati di vendita diretta (dato complessivo) nel Lazio e nella provincia di Roma. A partire dal 2008, certamente, ha contribuito all organizzazione e diffusione di questa tipologia di offerta il progetto Campagna Amica di Coldiretti: nel 2011, 28 dei 31 mercati/fiere del Lazio e 11 dei 16 della provincia di Roma, sono Mercati di Campagna Amica (fonte: Fondazione Campagna Amica). Figura 5 ANDAMENTO FIERE E MERCATI VENDITA DIRETTA numero anno Lazio Roma Fonte: Anagrafe Nazionale Zootecnica, ISZ Teramo Dati al 30 novembre 2011 PROPOSTE Per il superamento delle criticità esposte si propone di individuare azioni e cabina di regia che perseguano l obiettivo di individuare un prodotto/sistema che caratterizzi l allevamento bovino da carne della provincia di Roma. In tal senso si ritiene importante ipotizzare un percorso di qualificazione merceologica certificata di un vitello finito al pascolo entro mesi. Strategicamente s intende capovolgere in vantaggi competitivi le principali criticità del bovino da carne di Roma citate e determinate dalla sua forte incidenza nei territori più marginali e da un sistema di allevamento più completamente brado che semibrado. 183

9 Tale strategia può di fatto offrire un importante opportunità agli allevatori romani solo se si pongono contemporaneamente tre obiettivi rispettivamente di referenza, di qualificazione e zootecnici: 1. Obiettivi di referenza. Si considera strategica la produzione di un Vitello leggero di circa kg finito al pascolo con integrazione di concentrati, tramite la tecnica dello svezzamento progressivo e formulati innovativi specifici per l allevamento allo stato brado. Tale tipo genetico deve prevedere la prevalenza di soggetto F1 (primo incrocio) tra razze rustiche locali (prevalentemente di razza Maremmana) e razze precoce a tessitura fine della carne (prevalentemente Limousine) o direttamente razze pure precoci (Pezzata Rossa e Limousine). Tale tipo genetico si presta ad esaltare qualità aromatiche dei pascoli del territorio, buona valutazione SEUROP, buon equilibrio dei tagli anatomici che permettono la conseguente valorizzazione anche dei tagli anteriori, flessibilità dei tagli per agevolare prodotti adatti ai circuiti HO.RE.CA e di incrementare il valore del servizio annesso al prodotto. 2. Obiettivi di qualificazione. La difficile conclusione della vicenda del Vitellone della Maremma DOP e la necessità di accelerare la qualificazione del prodotto laziale conducono a privilegiare percorsi di qualificazione e certificazione più rapidi nel loro iter procedurale ed autorizzativo. In tal senso, di fianco al prodotto biologico ormai consolidato (ma pochissimo aggregato e proposto in filiera), si ritiene che debbano essere privilegiati due percorsi di certificazione ed etichettatura quali quelli espressi in tabella. Tabella 9 MARCHIO PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA ITALIALLEVA Reg CE 1760/00 facoltativo Iter semplificato Rapidità di ottenimento e bassi costi Presenza nazionale riconosciuta Riconoscimento europeo Può dichiarare più facilmente l origine di uno specifico territorio e di un sistema di allevamento Destinato a soggetti le cui fattrici siano iscritte ai rispettivi LLGG Dichiara essenzialmente l origine italiana del prodotto (ammesse sottodenominazioni) Iter più complesso e costoso per l autorizzazione ed il rilascio di etichettatura 3. Obiettivi zootecnici a) Incremento del numero di vitelli nati per massimizzare il contributo previsto dall Art.68 b) Incremento dell utilizzo di tori miglioratori atto all incremento del Peso Vivo dei vitelli venduti sia svezzati che finiti precocemente al pascolo o successivamente in ingrasso c) L ottimale preparazione delle fattrici al periodo della monta d) L eliminazione delle fattrici con apparato riproduttivo compromesso e) La facilitazione degli interventi alimentari f) La riduzione del periodo delle nascite e facilitazione nel creare lotti di vitelli omogenei. ANALISI PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA Alcuni elementi sono comuni e caratterizzano l intera filiera nazionale (Report Economico Finanziario 2010, parte I) sia nella fase agricola che a livello di prodotto e tendenze in atto, altri contraddistinguono la filiera locale. In particolare, si evidenzia come Roma ed il suo hinterland rappresentino un mercato enorme, certamente impossibile 184

10 da saturare con le possibilità produttive del Lazio. Gli allevatori che hanno scelto di avviare la commercializzazione diretta delle proprie carni attraverso macelleria, spaccio aziendale o con pacchi famiglia/altro preparati da laboratori conto terzi, con un offerta di prodotti di qualità media (né ottima o di nicchia, né assolutamente scadente), in poco tempo hanno difficoltà a soddisfare l intera domanda. Produzione Trasformazione Prodotto Filiera PUNTI DI FORZA Vocazionalità di alcuni territori Presenza di alcune strutture con elevata tecnologia Elevato livello di caratteri Welfare Label e di numerosità di razze allevate adeguate a prodotti diversificati Elevata qualità della materia prima lavorata da attività artigianali che intrattengono rapporti diretti con fornitori di fiducia Localizzazione in alcune zone vocate di diversi attori della filiera (mangimifici, allevamenti, lavorazione) Evoluzione della domanda verso prodotti locali Attenzione del consumatore verso sistemi di produzione Vicinanza mercato città di Roma PUNTI DI DEBOLEZZA Elevata frammentazione strutture produttive Eccessiva marginalizzazione degli allevamenti e ridotta capacità di effettuare opportune economie di scala Assenza di individuazione di un prodotto caratterizzante la zootecnia da carne del Lazio Inesistenza di piani strategici territoriali di riproduzione e miglioramento genetico Ridotta capacità di acquisizione delle opportunità di premialità della PAC (art.68) Scarso ricambio generazionale Elevata dipendenza dall estero (ristalli) Frammentazione strutture di lavorazione Scarsa integrazione fra gli attori della filiera Scarsa qualificazione, valorizzazione e differenziazione del prodotto Elevato potere contrattuale della GD e DO Produzione MINACCE Definitivo abbandono della produzione zootecnica in aree marginali con grave ricaduta sul tessuto sociale e sul mantenimento in sicurezza dell agro ecosistema delle dorsali appenniniche del Lazio OPPORTUNITÀ Struttura zootecnica adeguata ad ipotizzare percorsi virtuosi e certificati che abbinino economie di scala di un prodotto guida alle nuove tendenze di consumo qualificato di alta gamma (Circuito Ho.Re.Ca, circuiti Welfare Label) Elevata incidenza delle premialità previste dalla nuova PAC con particolare riferimento al concetto di greening 185

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