Laser di alta potenza per applicazioni di marcatura

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1 POLITECNICO DI TORINO III Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria delle Telecomunicazioni Tesi di Laurea Specialistica Laser di alta potenza per applicazioni di marcatura Progettazione e realizzazione di un amplificatore in fibra per seed laser Relatore: prof. Guido Perrone Candidato: Alessio Califano Novembre 2011

2 Sommario La tesi si inquadra all interno di un progetto di ricerca mirato allo sviluppo di laser in fibra ottica, impulsati e di alta potenza, per micro-lavorazioni industriali tra cui la marcatura, e ha avuto come obiettivo specifico la progettazione e la realizzazione di uno stadio di amplificazione in fibra ottica che costituisce la prima delle sezioni di potenza di questi laser. La tesi è stata svolta presso il PhotonLab, laboratorio congiunto tra l Istituto Superiore Mario Boella e il Politecnico di Torino. I laser trovano oggi molte applicazioni in diversi settori che vanno dalle telecomunicazioni, alla chirurgia e alle macro e micro lavorazioni industriali. Tra queste ultime, la marcatura laser è la modalità oggi maggiormente diffusa per realizzare immagini ad alta risoluzione sulle superfici di diversi materiali plastici e metallici. Ad esempio, i simboli sulle tastiere dei computer o dei cellulari sono scritti con tecniche di marcatura laser. Rispetto alle più tradizionali lavorazioni meccaniche, la marcatura laser permette di ottenere una migliore definizione dell immagine e una più elevata velocità di scrittura, pur mantenendo un ottima resistenza all usura. La marcatura richiede laser con emissione impulsata per disporre di buone potenze di picco ma con ridotti effetti termici, con durata tipica degli impulsi intorno a 100 ns e frequenza di ripetizione di circa 50 khz. La potenza media dipende dal materiale considerato: materiali plastici, legnosi, cartonati, acrilici e di pelletteria sono solitamente marcati tramite laser di bassa potenza (da 10 W a 50 W), mentre superfici metalliche richiedono potenze maggiori (fino a 100 W). Oggi i principali tipi di laser usati nella marcatura sono quelli allo stato solido, tipo Nd:YAG, con lunghezza d onda di emissione di circa 1 µm. Tuttavia, da qualche anno i laser in fibra ottica stanno rapidamente conquistando quote di mercato sempre maggiori grazie alle loro caratteristiche superiori: alta efficienza, migliore gestione dei fenomeni termici, eccellente qualità del fascio, affidabilità, ecc. Le tecnologie più usate per la realizzazione di laser impulsati con caratteristiche adatte alla marcatura sono quelle note come Q-switching e seed-mofa. In questa tesi si è scelto di esplorare la seconda poiché permette di controllare meglio la forma e la durata degli impulsi. L architettura MOFA, acronimo che significa Master Oscillator Fiber Amplifier, si basa su un diodo a semiconduttore che genera un segnale con la durata degli ii

3 impulsi e la frequenza di ripetizione richiesta, seguito da uno o più stadi di amplificazione ottica in fibra per ottenere la potenza di uscita necessaria per le diverse lavorazioni. Ogni stadi necessita di un sistema di pompa in grado di fornire la potenza necessaria per l amplificazione. Considerando la disponibilità di componenti sul mercato e le specifiche richieste dai tipici sistemi di marcatura, si è deciso di utilizzare per gli stadi di amplificazione delle fibre ottiche a doppio cladding drogate con itterbio, e pertanto di usare come seed un diodo con emissione a circa 1064 nm comandato da un sistema già disponibile che fornisce impulsi con durata variabile nell intervallo (50 200) ns e con frequenze di ripetizione comprese tra 10 khz e 100 khz. Come diodi di pompa si sono scelti dei laser single emitter multimodali di alta potenza (10 W l uno) e con emissione alla lunghezza d onda di 940 nm. L attività di tesi si è svolta in tre fasi. In una prima fase si sono studiati degli algoritmi per la stima dei parametri caratteristici delle fibre attive a partire da misure non distruttive, dal momento che tipicamente i fabbricanti di fibre non mettono a disposizione tutti i parametri necessari per simularne il comportamento. Dopo diverse prove, si è deciso di ricavare i parametri delle fibre con una procedura di fitting sui dati ottenuti, misurando il transitorio di accensione di un laser realizzato con un tratto di fibra attiva di cui si vogliono stimare i parametri. Pertanto si è realizzato un laser con emissione continua assemblando un pump combiner, un tratto di fibra attiva a doppio cladding di circa 3 metri e una coppia di reticoli di Bragg per formare la cavità ottica. Le misure di caratterizzazione di questo laser hanno permesso di ottenere una stima dei parametri caratteristici della fibra attiva, che sono poi stati usati nella seconda fase per la progettazione degli stadi di amplificazione del sistema MOFA. A tale scopo si sono utilizzati sia il software commerciale RP Fiber Power della RP Photonics Consulting GmbH, sia un simulatore implementato direttamente in MATLAB. I risultati delle simulazioni hanno evidenziato la possibilità di ottenere un guadagno soddisfacente dal primo stadio senza introdurre pesanti distorsioni degli impulsi utilizzando una lunghezza di fibra attiva pari a circa 9 m alimentata con una potenza di pompa superiore a 3,5 W. In questo modo si prevede una potenza media di uscita dal primo stadio intorno a 2 W. Un secondo stadio, da realizzare con una fibra avente diametro maggiore, porta poi la potenza media di uscita intorno ai 10 W richiesti per una prima serie di applicazioni. Nella terza fase si è realizzato e caratterizzato il sistema secondo quanto progettato nella fase precedente. La verifica sperimentale ha permesso di ottenere per tutte le combinazioni dei parametri temporali del segnale, una potenza media all uscita del primo stadio di amplificazione uguale o superiore a 2 W e una potenza di picco massima pari a 4 kw. Tutti gli aspetti critici incontrati durante le varie fasi della tesi sono stati affrontati e approfonditi identificando soluzioni adatte alla realizzazione dello stadio di amplificazione. iii

4 Ringraziamenti Desidero innanzitutto ringraziare il prof. Guido Perrone per la disponibilità e per le numerose ore dedicate alla mia tesi. Inoltre, ringrazio sentitamente il dott. Massimo Olivero e il dott. Andrea Braglia che sono stati sempre disponibili a colmare i miei dubbi durante lo svolgimento del progetto. Vorrei ringraziare il centro di ricerca applicata ISMB (Istituto Superiore Mario Boella) per la disponibilità di accedere ai loro laboratori e alle loro attrezzature per le prove sperimentali essenziali alla realizzazione della tesi. Ringrazio i miei compagni di corso, in particolare Alessio e Diego per i numerosi consigli durante la ricerca. Inoltre ho desiderio di ringraziare con affetto la mia famiglia per il grande aiuto e per essermi stata vicina in ogni momento durante il mio percorso accademico. iv

5 Indice Sommario Ringraziamenti ii iv 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Cenni storici Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation (LASER) Emissione spontanea, emissione stimolata e assorbimento Probabilità e cross section Principio di funzionamento di un laser Schemi di pompaggio Proprietà dei raggi laser Monocromaticità Coerenza Direzionalità Brillanza Durata breve degli impusli Tipi di laser Propagazione d onda in un mezzo ottico Concetto generale Formulazione matriciale Trasmissione e riflessione di un onda all interfaccia con un dielettrico 23 3 Laser in fibra ottica Concetto generale Diodo di pompa Specchio ad alta riflettività e accoppiatore di uscita Fibra ottica attiva Rate equation Equazioni della propagazione in fibra v

6 3.7 Qualità del fascio Propagazione di un fascio Gaussiano Fattore M 2 e BPP Laser in fibra per applicazioni di alta potenza Effetti non lineari Diffusione Raman stimolata Diffusione Brillouin stimolata Realizzazione di un laser in fibra impulsato Descrizione del progetto Software RP Fiber Power Simulazioni preliminari Impatto concentrazione di drogante Impatto lunghezza della fibra Impatto dimensioni della fibra Simulazione statica del laser in fibra Valutazione componenti e strumentazioni Laser di pompa Corning Lasertron Laser di segnale Mitsubishi Laser di pompa Bookham Risposta in frequenza del laser Bookham Controllore del diodo laser Realizzazione del laser in fibra Prove di funzionamento in continua Prove di funzionamento impulsato Amplificatori in fibra Concetto di amplificazione ottica Guadagno ottico Larghezza di banda Amplificatori ottici Rumore ASE Equazioni di propagazione Realizzazione di un amplificatore in fibra per sorgenti di segnali impulsati Descrizione progettuale Combiner Diodo di pompa Seed laser Misure e simulazioni preliminari vi

7 6.6 Progettazione e sviluppo del sistema di amplificazione Conclusioni 105 A Wavelength Electronics PLD10K-CH 106 B Misure relative al seed laser 108 C Misure relative all amplificatore 111 C.1 Amplificatore da 80 centimetri C.2 Amplificatore da 9 metri Bibliografia 117 vii

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9 Capitolo 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche 1.1 Cenni storici Albert Einstein nel 1917 stabilì i fondamenti teorici per i laser e i maser partendo dalla legge di radiazione di Max Planck. La formulazione si basava sui coefficienti di probabilità per l assorbimento, l emissione spontanea e stimolata di una radiazione elettromagnetica. Nel 1928, Rudolf W. Ladenburg confermò l esistenza dei fenomeni di emissione stimolata e di assorbimento. Valentin A. Fabrikant, nel 1939, predisse l uso dell emissione stimolata per amplificare onde di piccola entità. Nel 1947, Willis E. Lamb e R. C. Retherford trovarono un apparente emissione stimolata nello spettro dell idrogeno ed effettuarono la prima dimostrazione di questo fenomeno. Nel 1950, Alfred Kastler (Premio Nobel per la fisica nel 1966) propose il metodo del pompaggio ottico, confermato sperimentalmente da Brossel, Kastler, e Winter due anni dopo. Per alcuni anni si continuò lo studio sui maser (Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation) ma nel 1957 Charles Hard Townes and Arthur Leonard Schawlow, entrambi ai laboratori Bell, abbandonarono la radiazione ad infrarosso per concentrarsi sulla luce visibile. Contemporaneamente, presso la Columbia University, lo studente Gordon Gould stava lavorando su una tesi di dottorato sui livelli energetici del tallio eccitato. Quando Gould e Townes si incontrarono, parlarono di emissione come concetto generale e successivamente, nel novembre 1957, Gould applicò le sue idee per un laser, compreso l uso di un risonatore aperto. In una conferenza nel 1959, Gordon Gould pubblicò il termine laser nel documento LASER, Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation. L intenzione di Gould era di usare il suffisso -aser per identificare lo spettro di luce emessare dal dispositivo, per esempio xaser per un laser a raggi x, uvaser per un laser ad ultravioletti, etc; 1

10 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche nessuno di essi si affermò come nome per i dispositivi. Le note di Gould includevano anche possibili applicazioni per il laser come ad esempio spettrometria, radar, interferometria e fusione nucleare. Egli continuò a sviluppare l idea e presentò una domanda di brevetto nel mese di aprile del 1959, ma l ufficio brevetti statunitense la respinse e nel 1960 lo aggiudicò ai laboratori Bell. Il 16 maggio del 1960, Theodore H. Maiman creò il primo laser funzionante nei Laboratori di ricerca Hughes a Malibu in California. Il laser usato da Maiman era un cristallo sintetico di rubino a stato-solido, pompato con una lampada a flash per produrre una luce laser rossa con lunghezza d onda di 694 nanometri. Più tardi, sempre nel 1960, il fisico iraniano Ali Javan, William R. Bennett e Donald Herriott, costruirono il primo laser a gas, utilizzando elio e neon, in grado di funzionare in modo continuo nell infrarosso. Nel 1962, Robert N. Hall sviluppò il primo dispositivo laser a semiconduttore, fatto di arseniuro di gallio che emetteva a 850 nm di banda vicino allo spettro dell infrarosso. Più tardi, nel 1962, Nick Holonyak Jr. progettò il primo laser a semiconduttore con emissione nel visibile. Questo laser a semiconduttore poteva essere utilizzato solo nel funzionamento a fascio impulsato e se veniva raffreddato a temperatura dell azoto liquido (77 K). Nel 1970, Zhores Alferov, in URSS, Izuo Hayashi e Morton Panish, nei laboratori Bell Telephone, svilupparono, in modo indipendente, dei laser a diodi capaci di lavorare in continua, a temperatura ambiente, utilizzando una struttura ad eterogiunzione. Sempre in quegli anni si iniziarono a sviluppare nuove tecniche per creare cavità nei maser. Infatti nel 1961 E. Snitzer pubblicò il documento Proposed Fiber Cavities for optical masers dove veniva enunciato un procedimento per ottenere un laser in vetro e un laser in fibra. Nel biennio successivo iniziarono a prendere il via diversi esperimenti sui laser in fibra sia ad onda continua che impulsati, infatti proprio in questo periodo si svilupparono le tecniche di Q-Switching e Mode Locking. Nel periodo compreso tra il 1966 e il 1970 l ingegner Charles Kuen Kao, divenuto poi Nobel per la Fisica nel 2009 proprio per le sue ricerche sulle fibre ottiche, pubblicò diversi articoli di importanza fondamentale sull uso delle fibre ottiche per la trasmissione telefonica: dopo aver dimostrato che la forte attenuazione del segnale nelle fibre era dovuta solo alle impurità presenti nel vetro ed era quindi superabile. Negli anni successivi la ricerca nell ambito delle trasmissioni ottiche subì una forte accelerazione. Nel 1973 C. A. Burrus e J. Stone pubblicarono un articolo dal titolo Nd 3+ doped SiO 2 lasers in an end-pumped fiber geometry che evidenziò la possibilità di pompare un laser dal fondo della fibra, cioè in contro propagazione. Un passo fondamentale fu poi compiuto nel 1988 quando E. Snitzer presentò un documento intitolato Doubleclad, offset-core Nd fiber laser, prima vera testimonianza tecnica di pompaggio nel cladding di una fibra. 2

11 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche 1.2 Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation (LASER) Il laser è un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce coerente, monocromatica e, con alcune eccezioni, concentrata in un raggio rettilineo estremamente collimato attraverso il processo di emissione stimolata. Un laser è formato da una sorgente che fornisce energia ad un mezzo attivo inserito tra due cavità ottiche riflettenti. Il mezzo attivo è un materiale con caratteristiche tali da consentire l amplificazione della luce mediante l emissione stimolata. In una forma semplice, la cavità è formata da due specchi posizionati in modo tale che la luce si propaghi passando ogni volta attraverso il mezzo attivo. Normalmente uno dei due specchi, cosiddetto accoppiatore di uscita o Output Coupler (OC), è parzialmente trasparente in modo tale da permettere al raggio laser di propagarsi in parte fuori dalla cavità. L altro specchio invece è caratterizzato da un alta riflettività e infatti da qui il suo nome High Reflection (HR). La luce con una specifica lunghezza d onda durante il passaggio attraverso il mezzo attivo viene amplificata, gli specchi assicurano che la maggior parte della luce venga riflessa in modo tale che riattraversi il mezzo attivo e quindi si riamplifichi. Il processo di fornitura dell energia necessaria all amplificazione è denominato pompaggio (dall inglese pumping). L energia è tipicamente fornita come corrente elettrica o come raggio luminoso ad una differente lunghezza d onda. In figura (1.1) è riportata una rappresentazione della cavità di un laser i cui componenti sono identificati attraverso un numero nel modo seguente: 1. Mezzo ottico attivo; 2. Energia fornita al mezzo ottico; 3. Specchio (HR); 4. Specchio semiriflettente (OC); 5. Fascio laser in uscita. Figura 1.1. Rappresentazione della cavità di un laser[1] 3

12 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche 1.3 Emissione spontanea, emissione stimolata e assorbimento Per comprendere, almeno sommariamente, i processi legati alla radiazione laser è necessario introdurre le nozioni riguardanti le interazioni fra un onda elettromagnetica e la materia. Un atomo se eccitato può decadere in due modi diversi: uno radiativo e uno non radiativo. Supponendo di avere un atomo con due livelli energetici i e j rispettivamente di energia E i e E j con E i < E j, si può assumere che il livello i sia il livello più basso e che l atomo si trovi inizialmente nel livello j. Nel caso non radiativo l energia E j E i può essere dispersa in diverse forme dall atomo, ad esempio come energia termica (vibrazioni fononiche). Nel caso radiativo invece l energia viene trasformata in un onda elettromagnetica, come riportato in figura (1.2a), e questo processo viene identificato con il nome di emissione spontanea. La frequenza della radiazione è legata alla differenza fra i livelli energetici ν 0 = E j E i h (1.1) dove h è la costante di Planck. Se invece un onda elettromagnetica con frequenza ν = ν 0 incide su un atomo presente nel livello più alto, come mostrato in figura (1.2b), si può verificare un decadimento forzato di un atomo dal livello j al livello i. In questo caso la differenza di energia E j E i viene liberata sottoforma di un ulteriore onda elettromagnetica che va ad aggiungersi a quella incidente. Questo fenomeno viene chiamato emissione stimolata. In questa situazione ogni atomo emette un onda elettromagnetica in fase con quella incidente e quindi lungo la stessa direzione. Figura 1.2. Rappresentazione schematica dei processi: (a) emissione spontanea, (b) emissione stimolata e (c) assorbimento 4

13 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Il processo di assorbimento invece coinvolge gli atomi presenti al livello più basso, ground level, i quali necessitano di uno stimolo, come ad esempio un onda elettromagnetica incidente, che gli permetta di superare la differenza di energia E j E i e quindi di risalire al livello j. Una rappresentazione di questo fenomeno è riportato in figura (1.2c). Tutti questi processi hanno una probabilità finita di verificarsi dipendente dalle caratteristiche fisiche del mezzo radiativo. 1.4 Probabilità e cross section I fenomeni di assorbimento ed emissione sono caratterizzati, come già trattato nella sezione precedente, da una certa probabilità di verificarsi. Prima di analizzare la loro espressione è necessario introdurre il concetto di popolazione di un livello. Essa è il numero di atomi per unità di volume, presenti al tempo t, in un determinato livello j di energia il quale è rappresentato con il simbolo N j. La probabilità che si verifichi il processo di emissione spontanea può essere definita affermando che il tasso di decadimento della popolazione dello stato superiore sia proporzionale alla popolazione del livello stesso. Si può quindi scrivere dnj = AN j (1.2) dt sp dove il segno meno tiene in conto il fatto che la derivata nel tempo è negativa, cioè la popolazione del livello j tende a decadere. Il coefficiente A, di valore costante e positivo, viene chiamato tasso di emissione spontanea o coefficiente A di Einstein, ma solitamente si preferisce utilizzare l inverso di questa quantità chiamato tempo di vita dell emissione spontanea e rappresentato con il simbolo τ sp. Allo stesso modo per un decadimento non radiativo è possibile scrivere dnj dt nr = N j τ nr (1.3) dove τ nr rappresenta il tempo di vita del decadimento non radiativo. In maniera analoga è possibile descrivere i processi di emissione stimolata e assorbimento. Infatti per l emissione stimolata è possibile definire la probabilità con l espressione dnj = W ji N j (1.4) dt st dove (dn j /dt) st rappresenta il tasso delle transizioni dal livello j a quello i causate dall emissione stimolata mentre W ji è il tasso di emissione stimolata. Nel caso di un onda piana, cioè un onda a frequenza costante i cui fronti sono infiniti piani 5

14 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche paralleli di ampiezza costante normali al vettore d onda, l ultimo fattore può essere riscritto nel modo seguente W ji = σ ji F (1.5) dove F è il flusso di fotoni dell onda incidente e σ ji viene chiamata cross section di emissione stimolata ed ha le dimensioni di un area. Essa infatti rappresenta la sezione equivalente entro la quale i fotoni possono portare gli atomi allo stato eccitato. In modo analogo è definibile il tasso di assorbimento W ij per mezzo dell equazione dni = W ij N i (1.6) dt a dove (dn i /dt) a è il tasso delle transizioni dal livello i a quello j dovute all assorbimento ed N i è la popolazione del livello i. Come per il tasso di emissione stimolata è possibile definire, sempre nel caso di un onda piana, il tasso di assorbimento tramite l espressione W ij = σ ij F (1.7) dove σ ij ha anch essa dimensione di un area e prende il nome di cross section di assorbimento. Ricapitolando quanto visto si può osservare che: Nel processo di emissione spontanea gli atomi decadono dal livello j a quello i tramite l emissione di un fotone. Nel processo di emissione stimolata i fotoni incidenti stimolano la transizione j i fornendo un secondo fotone. Nel processo di assorbimento i fotoni incidenti vengono assorbiti per produrre una transizione i j. Quindi il processo di emissione stimolata crea un fotone mentre quello di assorbimento lo distrugge. 1.5 Principio di funzionamento di un laser La trattazione del principio di funzionamento verrà proposta, per semplicità, su di un materiale a due livelli (1 e 2) caratterizzati rispettivamente da valori di popalazione N 1 e N 2. Si supponga che il materiale sia attraversato, lungo la direzione z, da 6

15 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Figura 1.3. Rappresentazione schematica di un elemento fondamentale attraversato dal flusso dell onda incidente un onda incidente con flusso di fotoni F e sia suddiviso in elementi fondamentali di lunghezza dz. Lo schema di riferimento è riportato in figura (1.3). La variazione tra il numero di fotoni uscenti rispetto a quelli entranti in un dato elemento si può esprimere come il prodotto SdF dove S è l area della sezione trasversale del fascio incidente e df è la variazione del flusso lungo ogni elemento fondamentale del materiale. La variazione nel flusso di fotoni, in un dato volume per unità di tempo, può essere riscritta come differenza tra il numero di processi di emissione stimolata e quelli di assorbimento. Partendo dalle formule (1.4) e (1.6) è possibile scrivere SdF = (W 21 N 2 W 12 N 1 ) Sdz (1.8) dove Sdz è il volume di una regione fondamentale. Dal principio di Einstein per un materiale con livelli non degenerativi si ha che W 21 = W 12 e σ 21 = σ 12. Inoltre supponendo i livelli 1 e 2 rispettivamente degenerativi g1 e g2 volte si può scrivere che g 2 W 21 = g 1 W 12 (1.9) dove sostituendo i fattori W 21 e W 12 con quelli risultanti dalle formule (1.5) e (1.7) si può ottenere l equazione seguente g 2 σ 21 = g 1 σ 12 (1.10) Sostituendo nella formula (1.8) le equazioni (1.5), (1.6) e (1.10) è possibile ottenere il risultato seguente df = σ 21 F N 2 g2 N 1 dz (1.11) g 1 L equazione (1.11) mostra come il materiale amplifichi se N 2 > N 1 g 2 /g 1 e assorba se N 2 < N 1 g 2 /g 1. 7

16 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche All equilibrio termico le popolazioni sono descritte tramite le distribuzioni di Boltzmann. Se N1 e e N2 e sono le popolazioni all equilibrio termico dei due livelli, si ha che N e 2 N e 1 = g 2 g 1 exp E2 E 1 kt (1.12) dove k è la costante di Boltzmann e T è la temperatura assoluta del materiale. All equilibrio termico si ha che N2 e < N1g e 2 /g 1 e quindi il materiale assorbe a frequenza ν. Questo è ciò che accade in condizioni normali. Se si verifica invece una condizione di non equilibrio per cui N 2 > N 1 g 2 /g 1 il materiale si comporta come un amplificatore. In questo caso si può quindi dire che esiste un inversione di popolazione, nel materiale cioè la differenza di popolazione N 2 (N 1 g 2 /g 1 ) ha segno opposto rispetto a quella in condizione di equilibrio termodinamico, N 2 (N 1 g 2 /g 1 ) < 0. Un materiale in cui si verifica questa inversione di popolazione viene chiamato materiale attivo. Se la frequenza di transizione ν 0 = (E 2 E 1 )/kt si trova nella regione delle microonde l amplificatore viene chiamato amplificatore maser, se invece è nella regione del visibile viene chiamato amplificatore laser. Per creare un oscillatore da un amplificatore è necessario introdurre una retroazione positiva. Nella regione delle microonde è sufficiente introdurre un materiale attivo in una cavità risonante alla frequenza ν 0. Nel caso di un laser, cioè nell intervallo delle frequenze ottiche, la retroazione viene frequentemente ottenuta inserendo il materiale attivo tra due specchi ad alta riflettività. In questo caso un onda elettromagnetica che viaggia nella direzione perpendicolare agli specchi viene riflessa avanti e indietro tra i due specchi e quindi amplificata in ogni passaggio attraverso il materiale attivo. Se uno dei due specchi è parzialmente trasparente una frazione della potenza ottica fornisce un raggio di uscita utile. Nel caso dei laser l oscillazione inizia quando il guadagno del materiale attivo compensa le perdite interne. Il guadagno per singolo passaggio nel materiale attivo vale exp {σ 21 [N 2 (N 1 g 2 /g 1 )] l} dove l è la lunghezza del materiale attivo. Definendo R 1 e R 2 la riflettività di potenza dei due specchi e L i la perdita interna per passaggio nella cavità del laser. Se, ad un istante di tempo fissato, F è il flusso di fotoni nella cavità che lascia lo specchio 1 e si muove verso lo specchio 2 si può ottenere il flusso, F, dopo un percorso di andata e ritorno mediante la formula σ 21 g2 F = F exp N 2 N 1 l (1 L i ) R 2 g 1 g2 exp σ 21 N 2 N l (1 L i ) R 1 (1.13) g 1 Nelle vicinanze della soglia F = F e quindi 2σ 21 R 1 R 2 (1 L i ) 2 exp 8 N 2 g2 N 1 l = 1 (1.14) g 1

17 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Questa equazione mostra come la soglia viene raggiunta quando l inversione di popolazione, N = N 2 (N 1 g 2 /g 1 ), raggiunge un valore critico, noto come inversione critica, dato da N c = [ln R 1R ln (1 L i )] 2σ 21 l (1.15) L espressione (1.15) può essere riformulata semplicemente se si definiscono i seguenti fattori γ 1 = ln R 1 = ln (1 T 1 ) (1.16) γ 2 = ln R 2 = ln (1 T 2 ) (1.17) γ i = ln (1 L i ) (1.18) dove T 1 e T 2 sono le trasmissività dei due specchi. Sostituendo le formule (1.16), (1.17) e (1.18)nell equazione (1.15) si ottiene dove si è definito N c = γ σ 21 l γ = γ i + γ 1 + γ 2 2 (1.19) (1.20) Si può notare che la quantità γ i, definita nella formula (1.18), può essere chiamata perdita interna logaritmica della cavità. Normalmente la perdita L i è molto minore di 1 quindi è possibile approssimare il valore di γ i = Li. In modo analogo, dato che T 1 e T 2 rappresentano anch esse delle perdite della cavità si possono definire γ 1 e γ 2 come perdite logaritmiche dei due specchi della cavità. Date queste definizioni si può quindi dire che γ è la perdita di singolo passaggio della cavità. L emissione spontanea, quando viene raggiunta l inversione critica, permette di creare l oscillazione. Infatti i fotoni emessi spontaneamente lungo la direzione dell asse della cavità contribuiscono al processo di amplificazione. Questo fenomeno è alla base di qualsiasi oscillatore laser. 1.6 Schemi di pompaggio L oscillazione, come visto nella sezione precedente, dipende dall emissione spontanea che si verifica quando viene raggiunta l inversione critica. In prima battuta per produrre l inversione critica nel materiale potrebbe essere sufficiente la sua interazione con un onda elettromagnetica, prodotta da una fonte radiativa intensa, sufficientemente forte e caratterizzata da una frequenza ν = ν 0. Dato che, all equilibrio 9

18 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Figura 1.4. Rappresentazione schematica di laser a tre (a) e quattro (b) livelli termico si ha g 1 N 1 < g 2 N 2, l assorbimento è predominante sull emissione stimolata. L onda incidente produce più transizioni di tipo 1 2 rispetto a quelle di tipo 2 1 e ci si aspetta che si verifichi l inversione di popolazione. Si può vedere subito che questo sistema, almeno in stato stazionario, non può funzionare. Infatti quando viene raggiunta la condizione g 1 N 1 = g 2 N 2, i processi di assorbimento e di emissione stimolata si compensano e il materiale diventa trasparente. Questa situazione viene spesso chiamata saturazione a due livelli. Con soli due livelli è quindi impossibile produrre un inversione di popolazione. Per rendere possibile questo fenomeno si utilizzano più di due livelli, in seguito si tratteranno laser a tre e quattro livelli in base al numero di livelli utilizzati. In un laser a tre livelli, come quello mostrato in figura (1.4a), gli atomi sono eccitati dal livello fondamentale 1 al livello 3 ma decadono rapidamente al livello 2, tramite un decadimento non radiativo, per poi produrre un inversione di popolazione tra i livelli 2 e 1. Nei laser a quattro livelli, mostrato in figura (1.4b), gli atomi vengono eccitati dal livello fondamentale 1 al livello 4 e se l atomo decade rapidamente al livello 3 (nuovamente con decadimento non radiativo) un inversione di popolazione può essere ottenuta tra il livello 2 e 1, sottoforma di emissione stimolata. Nel caso di funzionamento ad onda continua è necessario che la transizione 2 1 sia molto veloce e anche in questo caso si verifica per decadimento non radiativo. L inversione di popolazione può essere quindi raggiunta con entrambe le tipologie di materiali, ma in generale è più semplice nel caso a quattro livelli perché la facilità di inversione che li caratterizza, si traduce in un livello di soglia basso che quindi comporta una minore potenza di pompa. Per questo motivo si continuano a studiare queste tipologie di materiali anche se quelli a tre livelli sarebbero già idonei a generare tale inversione. Per dimostrare questa discrepanza possiamo notare che la differenza di energia tra i vari livelli è solitamente più grande di kt. Nel caso a tre livelli, in accordo con la statistica di Boltzmann, si può dire che in sostanza tutti gli atomi sono inizialmente (all equilibrio) nel livello fondamentale. Se consideriamo N t la densità di atomi nel materiale, 10

19 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche essa è in principio tutta nel livello 1. Quando gli atomi vengono eccitati, passando dal livello 1 al livello 3, si verifica poi un decadimento al livello 2 e, a seconda della velocità di tale processo, il livello 3 rimane più o meno vuoto. Supponiamo ora, per semplicità, che i due livelli siano non degenerativi (cioè g 1 = g 2 = 1) oppure siano entrambi con la stessa degenerazione. Allora, in accordo con l equazione (1.11), le perdite per assorbimento saranno compensate dal guadagno quando N 2 = N 1. Da questo momento in poi, ogni successivo atomo eccitato, contribuirà all inversione di popolazione. In un laser a quattro livelli, tuttavia, poiché il livello 2 è vuoto, ogni atomo eccitato a livello 3 produce immediatamente un inversione di popolazione. Da questa discussione si evince che, quando possibile, si deve cercare un materiale da poter utilizzare come un quattro livelli. L uso di più di quattro livelli è anch esso possibile. Con il termine laser a quattro livelli si indicano tutti i dispositivi in cui il livello più basso del laser è essenzialmente vuoto, a condizione di trovarsi al di sopra del livello fondamentale di alcuni kt. Quindi se livello 2 e 3 coincidono, allora si ha uno schema di livelli che può essere descritto come quello a quattro, nonostante se ne abbiano solo tre. Tale schema a quattro livelli è stato utilizzato per alcuni materiale e, più recentemente, hanno preso il nome di laser a quasi tre livelli diventando una categoria molto importante di laser. In questo caso il livello fondamentale è composto da più sottolivelli e il livello inferiore del laser è uno di questi ultimi. Pertanto, lo schema di figura (1.4b) può essere applicato anche ad un laser a quasi tre livelli notando però che i livelli 1 e 2 sono sottolivelli di quello fondamentale e che il livello 1 è il più basso. Se tutti i sottolivelli dello stato fondamentale sono fortemente accoppiati, le popolazioni di questi sottolivelli sono sempre in equilibrio termico. Il processo per cui gli atomi salgono dal livello 1 al livello 3 (in uno schema a tre livelli), dal 1 al 4 (in uno schema a quattro livelli) o dal livello fondamentale al livello 4 (in uno schema a quasi tre livelli) prende il nome di pompaggio. Esistono diversi modi in cui questo processo può essere realizzato nella pratica, per esempio tramite una scarica elettrica nel mezzo attivo. Si noti che, se il più alto livello di pompa è vuoto, il tasso con cui si popola il livello superiore del laser tramite il pompaggio, (dn 2 /dt) p, può essere in generale scritto come (dn 2 /dt) p = W p N g dove W p è un adeguato tasso che descrive il processo di pompaggio e N g è la popolazione del livello fondamentale sia per il laser a tre livelli che per quello a quattro, mentre per quello a quasi tre livelli, deve essere visto come la popolazione totale di tutti i sottolivelli che formano lo stato fondamentale. Per la maggior parte dei laser a quattro e quasi tre livelli di uso comune, l esaurimento del livello fondamentale dovuto al processo di pompaggio può essere trascurato. Quindi a questo punto si può assumere che N g sia costante e quindi semplificare l equazione precedente nel 11

20 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche modo seguente dn2 = R p (1.21) dt p dove R p può essere chiamato tasso di pompa per unità di volume, o più semplicemente, tasso di pompa. Per raggiungere la condizione di soglia, il tasso di pompa deve assumere un valore critico, R cp. In molte applicazioni per laser in fibra viene impiegato l itterbio (Yb) come drogante della parte attiva del dispositivo. Questo elemento infatti ha caratteristiche di un quasi tre livelli cioè una struttura a livelli molto semplice, un alta efficienza di trasformazione della potenza elettrica in potenza ottica e un tempo di vita degli atomi a livello alto relativamente elevato. Valori tipici di lunghezze d onda utilizzati per i segnali di pompa nelle fibre drogate all itterbio sono 915, 940 e 975 nm. 1.7 Proprietà dei raggi laser Una radiazione laser è caratterizzata da un altissimo grado di monocromaticità, coerenza, direzionalità e brillanza. A queste quattro proprietà principali si aggiunge la possibilità di produrre impulsi luminosi molto corti. Si passa ora a discutere più in dettaglio ciascuna di queste proprietà Monocromaticità Questa proprietà deriva dalla presenza di due condizioni: solo un onda elettromagnetica di frequenza ν 0 può essere amplificata; dato che la disposizione dei due specchi forma una cavità risonante, l oscillazione può avvenire solo alla frequenze di risonanza di questa cavità. Quest ultima circostanza fornisce un informazione sulla larghezza di riga laser che è, di solito, molto più stretta rispetto alla larghezza di riga della transizione 2 1 osservata per l emissione spontanea. Infatti è possibile dire che un laser è un oscillatore sinusoidale in cui la frequenza di oscillazione è piuttosto elevata. L emissione caratteristica per laser in fibra drogati all itterbio è dell ordine dei 1030, 1050 o 1064 nm Coerenza In ottica si definisce coerenza la proprietà di un onda elettromagnetica di mantenere una certa relazione di fase con se stessa durante la sua propagazione. Un onda 12

21 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche elettromagnetica è caratterizzata da due tipologie diverse di coerenza, quella spaziale e quella temporale. Per definire la coerenza spaziale è necessario considerare due punti P 1 e P 2 che, al tempo t = 0, si trovano sullo stesso fronte d onda di qualsiasi onda elettromagnetica e definire E 1 (t) ed E 2 (t) i campi elettrici corrispondenti a questi due punti. Per definizione, la differenza di fase fra i due campi al tempo t = 0 è nulla. Ora, se la differenza rimane nulla anche per tutti i valori di t > 0, si può dire che c è una perfetta coerenza tra i due punti. Se ciò accade per ogni coppia di punti dei fronti d onda, si parla di coerenza spaziale perfetta. Nella pratica, per ogni punto P 1, il punto P 2 deve stare all interno di un area finita attorno a P 1 se si vuole avere una buona correlazione di fase. In questo caso si dice che l onda ha una coerenza spaziale parziale. Per ogni punto P quindi è possibile definire un area di coerenza S c (P ). Per definire la coerenza temporale è invece necessario considerare il campo elettrico di un onda elettromagnetica in un dato punto P, al tempo t e t + τ. Se, per un dato ritardo τ, la differenza di fase tra i due campi rimane la stessa per ogni istante t, si può dire che esiste una coerenza temporale su un tempo τ. Se ciò accade per ogni valore di τ, l onda elettromagnetica è caratterizata da una perfetta coerenza temporale. Se invece questo avviene per un ritardo τ tale che 0 < τ < τ 0, l onda è caratterizzata da una coerenza temporale parziale, con tempo di coerenza pari a τ 0. Un elemento importante da sottolineare è che i due concetti di coerenza temporale e spaziale sono indipendenti l uno dall altro. In effetti, possono essere dati esempi di un onda che ha perfetta coerenza spaziale ma solo limitata coerenza temporale (o viceversa). Se, ad esempio, si considera l onda in figura (1.5) si può notare come la coerenza spaziale sia completa mentre quella temporale sia limitata. Un ulteriore caso è quello di un segnale luminoso prodotto da una lampada fatto passare in un pinhole (una piccola apertura), in tal caso viene a formarsi una sorgente puntiforme che, in generale, è sempre coerente spazialmente. La trattazione di questa proprietà è stata appositamente limitata ad una prima descrizione dei concetti di coerenza spaziale e temporale dei laser. Il suo scopo infatti era quello di mostrare che le proprietà di coerenza tra un raggio laser e una sorgente luminosa comune sono fondamentalmente differenti. Figura 1.5. Esempio di onda elettromagnetica con coerenza temporale parziale pari a τ 0 13

22 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Direzionalità Nei laser i fotoni si propagano tutti nella stessa direzione e quindi il fascio è fortemente collimato e non diverge se non per un valore intrinseco dovuto alla diffrazione. Questa proprietà è una conseguenza del fatto che il mezzo attivo è posto all interno di una cavità risonante. Per avere una più precisa comprensione delle proprietà direzionali di un raggio laser è conveniente prendere in considerazione, separatamente, il caso di un fascio con coerenza spaziale perfetta e uno con coerenza spaziale parziale. Iniziamo con il considerare la coerenza spaziale perfetta. In questo caso, un fascio di apertura finita ha un inevitabile divergenza dovuta alla diffrazione. Questo può essere compreso tramite un esempio, si consideri un fascio monocromatico di intensità uniforme e con fronte d onda piano incidente su uno schermo S caratterizzato da un apertura D. Secondo il principio di Huyghens il fronte d onda ad un certo piano P dietro lo schermo può essere ottenuto dalla sovrapposizione delle onde elementari emesse da ogni punto dell apertura. Si vede così che, data la dimensione finita dell apertura, il raggio è caratterizzato da una divergenza finita θ d. Il suo valore può essere ottenuto dalla teoria della diffrazione. Infatti per una distribuzione arbitraria dell ampiezza si ha θ d = βλ D (1.22) dove λ e D sono rispettivamente la lunghezza d onda e il diametro del fascio. Il fattore β è un coefficiente numerico il cui valore dipende dalla forma della distribuzione dell ampiezza e dal modo in cui sono definiti il diametro del fascio e la divergenza del fascio. Un fascio la cui divergenza può essere espressa dall equazione (1.22) è caratterizzato da una diffrazione limitata. Se invece l onda ha solo coerenza spaziale parziale, la sua divergenza è maggiore rispetto al valore minimo stabilito dalla diffrazione. Infatti, per ogni punto P del fronte d onda, l argomentazione di Huygens, può essere applicata solo per i punti che ricadono all interno dell area di coerenza S c attorno al punto P. L area di coerenza agisce come una limitazione dell apertura alla sovrapposizione coerente delle forme d onda elementari. La divergenza del raggio sarà data da θ = βλ S 1/2 c (1.23) dove nuovamente β è un coefficiente numerico il cui valore dipende dal modo in cui sia la divergenza θ che l area di coerenza S c sono definite. Si può concludere che in condizioni operative idonee il fascio d uscita di un laser può essere caratterizzato da una diffrazione limitata. 14

23 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Brillanza La brillanza di una sorgente di onde elettromagnetiche è definita come la potenza emessa per unità di area superficiale e per unità di angolo solido. Per essere più precisi si indica con ds l area superficiale elementare nel punto O della sorgente. La potenza dp emessa da ds in un angolo solido dω nella direzione OO può essere scritto come dp = B cos θ ds dω (1.24) dove θ è l angolo tra OO e la normale n della superficie. Si noti che il fattore cos θ deriva semplicemente dal fatto che la quantità fisicamente importante per l emissione lungo la direzione OO è la proiezione di ds su un piano ortogonale alla direzione OO. La quantità B definita tramite la (1.24) è chiamata brillanza della sorgente nel punto O lungo la direzione OO. Questa quantità dipende generalmente dalle coordinate polari θ e φ della direzione OO e dal punto O. Quando B è una costante, la sorgente prende il nome di sorgente isotropica. Passiamo ora a considerare un raggio laser di potenza P, con una cross section circolare di diametro D e con divergenza θ. Dato che θ è di solito molto piccola si può dire che cos θ = 1. Notando che l area del raggio è pari a πd 2 /4 e che l angolo solido di emissine è πθ 2, in accordo con l equazione (1.24), si ottiene che la brillanza del raggio è B = 4P (πdθ) 2 (1.25) Se il raggio è caratterizzato da diffrazione limitata si ha che θ = θ d e sostituendo l equazione (1.22) nell equazione (1.25) si ha che B = 2 2 P (1.26) βπλ che rappresenta la massima brillanza ottenibile da un raggio di potenza P. La brillanza è un parametro importante per i raggi laser. Se si crea un immagine tramite una qualsiasi sorgente luminosa attraverso un sistema ottico e se si assume che oggetto e immagine siano nello stesso mezzo, allora si può dire che: la brillanza dell immagine è sempre minore o uguale a quella della sorgente. L uguaglianza si può ottenere solo per sistemi ottici che forniscono immagini senza perdite della luce emessa dalla sorgente. Per proseguire con la discussione dell importanza della brillanza si considera ora un fascio luminoso con divergenza pari a θ messo a fuoco da una lente di lunghezza focale f. Per calcolare l intensità di picco del fascio nel piano focale della lente si deve ricordare che il raggio può essere scomposto in un insieme continuo di onde piane con una diffusione angolare θ attorno alla 15

24 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Figura 1.6. Rappresentazione, per un onda con divergenza θ, della distribuzione dell intensità nel piano focale della lente (a) e della scomposizione dell onda piana (b) direzione di propagazione. Due delle onde piane, formanti tra loro un angolo θ, sono indicate con una linea continua e con una tratteggiata in figura (1.6b). I due fasci si focalizzano in due punti distinti nel piano focale e, per un angolo θ piccolo, i due punti sono trasversalmente separati da una distanza r = fθ. Se la diffusione angolare delle onde piane che formano il raggio di figura (1.6a) è uguale alla divergenza del fascio θ, si può concludere che il diametro, d, del luogo di punti focale in figura (1.6a) è approssimativamente uguale a d = 2fθ. Per una lente ideale, cioè senza perdite, la potenza complessiva nel piano focale è uguale alla potenza, P, dell onda incidente. L intensità di picco nel piano focale è quindi I p = 4P/πd 2 = P/π (fθ) 2. In termini di brillanza del fascio, riprendendo l equazione (1.25), si può dire che I p = (π/4) B (D/f) 2. Quindi I p cresce con l aumentare del diametro del raggio D. Il massimo valore di I p si ottiene quando D è uguale al diametro della lente D L. In questo caso I p = π 4 (N.A.)2 B (1.27) dove N.A. = sin [tan 1 (D L /f)] = (D L /f) è l apertura numerica della lente. L equazione (1.27) mostra che, per una data apertura numerica, l intensità di picco nel piano focale della lente dipende solo dalla brillanza del raggio. Un raggio laser di potenza moderata (dell ordine di pochi milliwatt) ha una brillanza che è di diversi ordini di grandezza superiore a quella delle più potenti sorgenti convenzionali. Ciò è dovuto principalmente alle proprietà di alta direzionalità del raggio laser. In accordo con l equazione (1.27), per un raggio laser anche l intensità di picco nel piano focale di una lente può essere di diversi ordini di grandezza più grande rispetto ad una sorgente tradizionale. Così l intensità focalizzata di un raggio laser può raggiungere valori molto grandi, una caratteristica che è sfruttata in molte applicazioni di laser. 16

25 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche Durata breve degli impusli Le modalità di funzionamento di un laser verranno trattate più avanti, ma per comprendere a pieno questa proprietà è necessario introdurre il concetto di laser impulsati. I laser impulsati sono dispositivi la cui uscita, per mezzo di apposite tecniche, viene modulata in base alle esigenze operative. Per non entrare troppo nei dettagli ci si limita ad anticipare che per mezzo di una tecnica chiamata mode locking, è possibile produrre impulsi di luce la cui durata è circa pari all inverso della larghezza di riga della transizione 2 1. Così, con laser a gas, la cui larghezza di riga è relativamente stretta, l impulso può essere di durata compresa tra (0,1 1) ns. Durate di impulso del genere non sono considerate particolarmente brevi e in effetti alcune lampade a flash sono in grado di emettere impulsi luminosi con una durata di poco inferiore ad 1 ns. D altra parte, la larghezza di riga di alcuni laser allo stato solido e liquido può essere fino a 10 5 volte più grande rispetto a quello di un laser a gas, e quindi possono essere generati impulsi molto più brevi (fino a 10 fs). Si noti che la proprietà di breve durata degli impulsi, che implica una concentrazione di energia nel tempo, può essere considerata come l opposto della monocromaticità, che implica una concentrazione di energia nella lunghezza d onda. In realtà tutti i laser possono, in linea di principio, essere estremamente monocromatici ma solo i laser con una larghezza di riga ampia (quelli allo stato solido e liquido) possono produrre impulsi di durata molto breve. 1.8 Tipi di laser Una prima suddivisione dei laser avviene in base allo stato fisico del materiale attivo: stato solido, liquido, a gas o in fibra. Caratterizzandoli invece in base alla lunghezza d onda della radiazione emessa, si fa riferimento ai laser nell infrarosso, nel visibile, negli UV e nei raggi X. Le potenze di uscita coprono un largo intervallo di valori. Per i laser in continua, tipiche potenze partono da pochi mw, per sorgenti utilizzate per le telecomunicazioni o per i lettori di codice a barre, passando per le decine di kw per i laser usati per la lavorazione di materiali, fino ad arrivare a pochi MW per i laser richiesti da alcune applicazioni militari. Per i laser impulsati la potenza di picco può essere molto più alta rispetto ai laser in continua e può raggiungere valori fino a 1 PW (10 15 W). Sempre per i laser impulsati, la durata dell impulso può variare dal livello tipico di alcuni ms per i laser che operano nel cosiddetto regime free-running (cioè senza alcun elemento di Q-switching o mode locking nella cavità) fino a circa 10 fs per alcuni laser mode locking. Le dimensioni fisiche possono variare notevolmente. In termini di lunghezza della cavità, per esempio, la lunghezza può partire da circa 1 µm per il più piccolo laser fino a qualche km per il più lungo. In base alle caratteristiche appena elencate si ottengono laser che possono essere 17

26 1 Laser: storia, funzionamento e caratteristiche impiegati in settori diversi del mercato, infatti si utilizzano sia in campo industriale che in campo medico. In questo paragrafo vengono riportati alcuni esempi di campi applicativi dei laser e le loro caratteristiche. I laser utilizzati per marcatura e incisione di materiali sono caratterizzati da potenze che variano tra i 10 W e i 200 W a lunghezze d onda differenti a seconda del materiale da lavorare, per esempio viene utilizzato a 10 µm per elementi plastici e a 1 µm per elementi metallici. Le odierne tecnologie impiegate per questo settore comprendono i laser a CO 2 di bassa potenza, gli Nd:YAG e i laser in fibra drogati all itterbio. Tutti questi dispositivi lavorano in regime impulsato e sono caratterizzati da impulsi di piccola durata (ns) con alte potenze di picco (kw) e alte frequenze di ripetizione (khz). Sempre in campo industriale troviamo i laser da taglio e saldatura che, dato il loro obiettivo, sono caratterizzati da potenze elevate comprese tra i 500 W e i 5 kw nell intervallo di lunghezze d onda (1 10) µm. Per queste applicazioni si utilizzano laser a CO 2 di alta potenza e laser in fibra drogati all itterbio mentre esistono specifici diodi laser impiegati solo per la saldatura. Il loro utilizzo è puramente in continua ma devono gestire in maniera ottimale la transizione acceso/spento, per renderla la più veloce possibile, e la riflettività del raggio laser da parte dei materiale metallici. Per ultima l applicazione medica è caratterizzata da laser con potenze comprese tra il watt e le centinaia di watt. Anche le lunghezze d onda sono specifiche in base al loro impiego. Ad esempio per l esame OCT (Tomografia a Coerenza Ottica) dove viene creata un immagine, e quindi l anatomia, della retina nella regione maculare si utilizzano laser a 1,3 µm, mentre per operazioni chirurgiche si lavora nell intervallo (1,5 4) µm. In questo campo sono maggiormente utilizzati laser Nd:YAG e in fibra drogata itterbio ma vengono anche impiegati laser a gas e ad eccimeri. Questi ultimi sono dispositivi che producono radiazione laser nella regione dell ultravioletto e vengono impiegati nella chirurgia refrattiva, una tecnica chirurgica che viene usata per correggere, intervenendo sulla cornea, i vizi refrattivi dovuti ad un difetto di focalizzazione delle immagini sulla retina. 18

27 Capitolo 2 Propagazione d onda in un mezzo ottico 2.1 Concetto generale L analisi della propagazione di un raggio attraverso un qualsiasi mezzo ottico permette di comprendere al meglio i processi su cui si basano tutti i dispositivi in fibra ottica. Per questo motivo verranno introdotti gli strumenti teorici per valutare la propagazione d onda in un mezzo ottico ma anche il suo comportamento nei punti di discontinuità. 2.2 Formulazione matriciale L obiettivo di questa sezione è quello di fornire una trattazione completa sulla formulazione della matrice dell ottica geometrica, con approssimazione di raggio parallelo all asse, e dell onda propagante, con approssimazione di onda parallela all asse, sfruttando la condizione per cui il fascio che si propaga sia di tipo Gaussiano. Per iniziare si consideri un raggio luminoso che viene trasmesso attraverso un elemento ottico che ha comportamenti di polarizzazione indipendenti. Si assume che z è l asse ottico dell elemento e che il raggio viaggia in un piano lungo questo asse. Il raggio vettore r 1 in un certo piano d ingresso z = z 1 dell elemento ottico può essere caratterizzato da due fattori: il suo posizionamento radiale r(z 1 ) dall asse z e angolare θ 1. Allo stesso modo si può definire il raggio vettore r 2 per un certo piano di uscita z = z 2 tramite i parametri r(z 2 ) e θ 2 rispettivamente la sua posizione radiale e angolare. L asse r è comune per entrambi i raggi, orientato come in figura (2.1). Anche il segno degli angoli è stato scelto convenzionalmente positivo se il vettore r ruota in senso orario. 19

28 2 Propagazione d onda in un mezzo ottico Figura 2.1. Rappresentazione della propagazione di un raggio all interno di un elemento ottico Con l approssimazione di raggio parassiale il posizionamento angolare θ può essere assunto piccolo e quindi si potranno approssimare le funzioni seno e tangente con i loro argomenti. In questo caso quindi le variabili d ingresso e uscita sono legate da una trasformazione lineare. Se quindi si impone θ 1 = (dr 1 /dz 1 ) z1 = r 1 e θ 2 = (dr 2 /dz 2 ) z2 = r 2 si può scrivere r 2 = Ar 1 + Br 1 (2.1) r 2 = Cr 1 + Dr 1 (2.2) dove A, B, C e D sono costanti caratteristiche dell elemento ottico utilizzato. Le formule (2.1) e (2.2) possono facilmente essere riscritte in forma matriciale nel modo seguente r 2 r 2 = A C B D r 1 r 1 (2.3) dove la matrice ABCD caratterizza completamente l elemento ottico a cui è stata applicata l approssimazione di raggio parassiale. Si richiama l attenzione sul fatto che il determinante della matrice ABCD è unitario AD BC = 1 (2.4) a condizione che i piani di ingresso e uscita si trovino in un mezzo con lo stesso indice di rifrazione. Note le matrice dei componenti ottici elementari è possibile ottenere quelle di componenti complessi semplicemente suddividendoli in componenti elementari. A questo proposito si supponga di suddividere, un dato elemento ottico, mediante un piano intermedio di coordinate z = z i e di poter quindi ottenere due matrici, una per i piani z = z 1 e z = z i l altra per i piani z = z i e z = z 2. L elemento 20

29 2 Propagazione d onda in un mezzo ottico Figura 2.2. Rappresentazione schematica della propagazione di un raggio in tre piani distinti ottico preso in considerazione viene riportato in figura (2.2). Indicando con r i e r i le coordinate del raggio vettore nel piano z = z i si può scrivere r i r i = A 1 B 1 r 1 C 1 D 1 r 1 (2.5) r 2 r 2 = A 2 B 2 C 2 D 2 r i r i (2.6) Sostituendo il vettore r i dell equazione 2.5 a destra dell uguale dell equazione 2.6 si ottiene r 2 r 2 = A 2 B 2 A 1 B 1 r 1 C 2 D 2 C 1 D 1 r 1 (2.7) La matrice ABCD complessiva può essere ottenuta moltiplicando le matrici ABCD dei singoli componenti elementari. Si può notare che l ordine con cui appaiono le matrici nel prodotto è inverso rispetto a come gli elementi vengono attraversati dal raggio luminoso. Dopo aver calcolato la matrice per la propagazione diretta si vogliono ora trovare gli elementi A, B, C e D costituenti la matrice di propagazione inversa in funzione degli elementi A, B, C e D della matrice di propagazione diretta. Quindi, sempre facendo riferimento alla figura (2.1), si può dire che se r 2 è il vettore d ingresso, ribaltando la direzione di propagazione del vettore r 2, allora il vettore di uscita dovrà essere r 1. Per questa tipologia di propagazione vengono usate delle convenzioni diverse rispetto a prima infatti l asse z viene invertito mentre l asse r rimane invariato e inoltre l angolo compreso tra il vettore r e l asse z si assume positivo se il vettore ruota in senso antiorario. Con queste convenzioni si può vedere che i raggi r 1 e r 2 sono descritti rispettivamente dalle coordinate (r 1, r 1) e (r 2, r 2). Riassumendo si ha che r 1 r 1 = A B C D 21 r 2 r 2 (2.8)

30 2 Propagazione d onda in un mezzo ottico ed è quindi possibile ottenere r 2 e r 2 in funzione di r 1 e r 1. Dato che il determinante della matrice A B C D è anch esso unitario si possono scrivere le seguenti equazioni r 2 = D r 1 + B r 1 (2.9) r 2 = C r 1 + A r 1 (2.10) e comparandole con la (2.1) e la (2.2) si osserva che A = D, B = B, C = C e D = A corrispondente alla seguente forma matriciale A B C D = D B (2.11) C A In questa forma è semplice verificare che la matrice di propagazione inversa si ottiene da quella di propagazione diretta scambiando tra loro gli elementi A e D. La formulazione matriciale fino ad ora trattata può essere anche impiegata per descrivere il comportamento di un onda sferica attraverso un sistema ottico. Ipotizzando che un onda sferica, originata in un punto P 1, si propaghi lungo l asse z di un mezzo ottico caratterizzato da una certa matrice ABCD, essa si è trasformata in una nuova onda sferica il cui centro è P 2. In figura (2.3) si può osservare uno schema della situazione appena descritta. Si definiscono due raggi coniugati r 1 e r 2 tali per cui r 1, il raggio incidente, passando attraverso al mezzo ottico viene trasformato nel raggio di uscita r 2. A questo punto si possono trovare i due raggi di curvatura R 1 ed R 2 delle due onde nel piano d ingresso, z 1, e nel piano di uscita, z 2, dell elemento ottico nel modo seguente R 1 = r 1 /r 1 (2.12) R 2 = r 2 /r 2 (2.13) Unendo ora le equazioni (2.1) e (2.2) con la (2.12) e la (2.13) si ottiene R 2 = AR 1 + B CR 1 + D (2.14) Figura 2.3. Rappresentazione schematica della propagazione di un onda sferica in un mezzo ottico 22

31 2 Propagazione d onda in un mezzo ottico che permette di esprimere il raggio di curvatura dell onda in uscita in funzione del raggio di curvatura dell onda in ingresso tramite i parametri ABCD del componente ottico. 2.3 Trasmissione e riflessione di un onda all interfaccia con un dielettrico Si consideri un onda incidente in modo ortogonale ad un piano che forma un interfaccia tra due mezzi aventi indici di rifrazione differenti n 1 e n 2. Se la si suppone inizialmente situata in quello con indice n 1 la riflettività del suo campo elettrico sarà mentre il campo trasmesso sarà A questo punto si possono verificare due situazioni: r 12 = n 1 n 2 n 1 + n 2 (2.15) t 12 = 2n 1 n 1 + n 2 (2.16) r 12 < 0 se n 1 < n 2 significa che il campo riflesso ha una variazione di fase pari a π rispetto al campo incidente; r 12 > 0 se n 1 > n 2 significa che il campo riflesso non ha una variazione di fase rispetto al campo incidente. Per quello trasmesso invece non si ha mai una variazione di fase in quanto t 12 è sempre maggiore di zero. Considerando ora un onda incidente in modo non ortogonale si può dire che le espressioni del campo elettrico riflesso e trasmesso si complicano molto e dipendono anche dalla polarizzazione del campo stesso. Per mostrare questo fenomeno si riporta in figura (2.4) il grafico dell intensità della radiazione riflessa, definita come R = (r 12 ) 2 in funzione dell angolo di incidenza per due diverse onde: una con polarizzazione p, cioè con campo elettrico nel piano di incidenza, e l altra con polarizzazione s, cioè con campo elettrico ortogonale al piano di incidenza. I due mezzi sono caratterizzati da indici di rifrazione n 1 e n 2 rispettivamente pari a 1 e 1,52. Inizialmente si può vedere che per θ = 0 le due riflettività sono ovviamente uguali come già visto con l equazione (2.15). Osservando la curva della polarizzazione p si vede che assume il valore 0 per un particolare angolo noto come angolo di Brewster o angolo di polarizzazione, θ B. Per introdurre questo concetto è necessario avvalersi dello schema riportato in figura 23

32 2 Propagazione d onda in un mezzo ottico Figura 2.4. Grafico dell intensità della radiazione riflessa in funzione dell angolo di incidenza per diverse polarizzazioni (2.5) che riporta una situazione particolare in cui il raggio rifratto è ortogonale al raggio riflesso a causa del fatto che l angolo di incidenza ha proprio il valore θ B. In questo scenario il campo elettrico, e di conseguenza il suo vettore di polarizzazione, sono paralleli alla direzione di riflessione quindi il raggio riflesso può essere considerato come il prodotto tra la radiazione emessa e il vettore di polarizzazione del mezzo nel punto dove avviene la rifrazione. Il raggio riflesso quindi sarà nullo perché un dipolo elettrico non irradia nella sua stessa direzione. Un calcolo lineare basato sull ottica geometrica permette di ottenere il valore dell angolo di Brewster, in accordo con quanto visto fino ad ora, nel modo seguente θ B + θ B = π 2 (2.17) dove θ B è l angolo del raggio rifratto. Per la legge di Snell si ha che n sin θ B = sin θ B e ricavando dall equazione (2.17) che sin θ B = cos θ B si ottiene la seguente Figura 2.5. Interfaccia aria-materiale ottico con un onda incidente con angolo di Brewster 24

33 2 Propagazione d onda in un mezzo ottico formulazione per l angolo di Brewest tan θ B = n (2.18) In conclusione, grazie alle nozioni esposte e al comportamento pressoché univoco di un onda all interno di un mezzo ottico è possibile utilizzare l approssimazione di fascio Gaussiano per semplificare le prossime trattazioni dei fasci nei laser e negli amplificatori in fibra. 25

34 Capitolo 3 Laser in fibra ottica 3.1 Concetto generale Un laser in fibra ottica è un laser in cui l amplificatore è realizzato mediante speciali fibre appositamente drogate con ioni di terre rare in modo tale da renderle attive. Questi dispositivi si comportano come dei convertitori di lunghezza d onda infatti i fotoni alla lunghezza d onda di pompa sono assorbiti, mentre i fotoni alla lunghezza d onda di segnale vengono generati mediante emissione stimolata. La scarsa qualità del fascio di pompa viene inoltre trasformata in quella alta del segnale di uscita quindi i laser si comportano come convertitori della qualità di un raggio luminoso. In figura (3.1) si riporta lo schema di un generico laser in fibra ottica. I componenti principali che costituiscono un laser in fibra ottica sono generalmente i seguenti: diodo di pompa: è un diodo laser a semiconduttore caratterizzato da alte potenze di uscita che fornisce energia ad una lunghezza d onda solitamente inferiore a quella di emissione finale; specchio ad alta riflettività HR: è uno specchio, situato prima della fibra attiva, caratterizzato da un alta riflettività alla lunghezza d onda del segnale e da una quasi nulla per quella della lunghezza di pompa; fibra attiva: è una fibra drogata con elementi di terre rare, come erbio, itterbio, tullio, neodimio, ecc, in grado di produrre la radiazione laser alla lunghezza d onda di uscita; accoppiatore di uscita OC: è uno specchio, situato dopo la fibra, caratterizzato da valori di riflettività alla lunghezza d onda del segnale compresi tra il 4% e il 50%. In base al valore basso o alto della riflettività alla lunghezza d onda di pompa di questo dispositivo si ha rispettivamente un sistema a pompa a singolo o a doppio passaggio. 26

35 3 Laser in fibra ottica Figura 3.1. Rappresentazione schematica di un laser in fibra ottica I principali vantaggi dei laser in fibra ottica sono l alta efficienza, vista come valore massimo del rapporto tra la potenza di uscita rispetto a quella di pompa ottenibile rispetto ai convenzionali laser a stato solido, la gestione termica semplificata, l alta qualità del fascio, la possibilità di pompaggio con diodi di basso costo e la bassa sensibilità alle perturbazioni termiche e meccaniche. 3.2 Diodo di pompa Un diodo di pompa è un laser allo stato solido in cui il componente attivo è un semiconduttore, una pratica molto semplice per creare questi componenti è l uso di una giunzione p-n alimentata con una corrente elettrica. Durante la produzione di questi dispositivi vengono depositati sulla superficie di un wafer, una sottile fetta di materiale semiconduttore, vapori di ioni droganti in modo tale da formare due regioni: una di tipo p e una di tipo n, così da ottenere la giunzione p-n desiderata. Come in altri tipi di diodi, quando la struttura viene polarizzata direttamente, le lacune presenti nella regione p vengono iniettate nella regione n, dove gli elettroni sono i portatori maggioritari. Allo stesso modo, gli elettroni nella regione n sono iniettati nella regione p, dove questa volta sono le lacune i portatori maggioritari. Se un elettrone e una lacuna presenti nella stessa regione possono ricombinarsi, cioè l elettrone può rioccupare lo stato energetico della lacuna, avviene l emissione spontanea e viene quindi emesso un fotone con energia uguale alla differenza tra gli stati dell elettrone e della lacuna coinvolti. Questi elettroni e lacune iniettati rappresentano la corrente di iniezione del diodo. In questa condizione si ha solo emissione spontanea, che è necessaria per iniziare l oscillazione laser, ma che causa inefficienza una volta che il laser è in oscillazione. Dato che, in condizioni adeguate, l elettrone e la lacuna possono coesistere nella stessa area per un certo istante di tempo, si può verificare che un fotone vicino con energia uguale all energia di ricombinazione possa provocarla per emissione stimolata. In questa situazione viene generato un altro fotone caratterizzato dalla stessa frequenza, direzione, polarizzazione e fase del primo fotone. La regione di guadagno, come nella maggior parte dei laser, è inserita in una cavità ottica. Nei diodi laser più semplici la si realizza sulla superficie del cristallo 27

36 3 Laser in fibra ottica Figura 3.2. Raffigurazione di alcuni esempi di package di diodi laser commerciali tramite una guida ottica studiata in modo tale da confinare il raggio in una linea relativamente stretta. I due estremi del cristallo di semiconduttore (wafer) vengono tagliati in modo tale da ottenere due superfici piane e perfettamente parallele così da creare un risonatore Fabry-Perot. I fotoni emessi con un determinato modo di propagazione dalla guida ottica viaggiano lungo di essa e vengono quindi riflessi alcune volte dalla superficie di ogni estremo prima di essere emessi. Quando l onda transita nella cavità viene amplificata per emissione stimolata, ma parte di essa viene persa per effetto dell assorbimento e della riflessione incompleta delle superfici. Se però l amplificazione supera le perdite il diodo comincia ad emettere luce laser. In figura (3.2) sono riportate diverse tipologie di diodi laser e loro piedinature. A discapito della loro semplicità realizzativa questi dispositivi presentano una scarsa efficienza e per questo motivo nel corso degli anni sono state sviluppate nuove tipologie di strutture in grado di fornire alte prestazioni con bassi consumi. Le tecnologie per diodi laser oggi più utilizzate in commercio sono: Laser a doppia eterostruttura (Double heterostructure lasers); Laser a pozzo quantico (Quantum well lasers); Laser a eterostruttura a confinamento separato (Separate confinement heterostructure lasers); VCSEL (Vertical cavity surface emitting lasers); VECSEL (Vertical external-cavity surface emitting lasers). I primi sono caratterizzati da uno strato di materiale con un valore di banda proibita basso che viene posto tra due strati ad alta banda proibita. Ogni giunzione tra materiali con diverso valore di banda proibita viene chiamata eterostruttura, da qui prende il nome di laser a doppia eterostruttura o DH. Il vantaggio di questi laser è che la regione di ricombinazione, cioè quella attiva, è il sottile strato intermedio. Questo comporta un aumento delle coppie elettrone-lacuna che contribuiscono all amplificazione. La luce viene riflessa dall eterogiunzione e poi confinata solo nella regione dove avviene l effetto di amplificazione. 28

37 3 Laser in fibra ottica Nei laser a pozzo quantico lo strato intermedio viene costruito molto sottile in modo tale che la variazione verticale della funzione d onda dell elettrone, e quindi una componente della sua energia, venga quantizzata. L efficienza di questi laser è quindi maggiore di quella di un laser semplice dato che la densità di stati degli elettroni in questo sistema, e quindi la sua funzione, è caratterizzata da una ripida variazione che concentra gli elettroni negli stati di energia che contribuiscono all azione laser. I laser contenenti più di uno strato a pozzo quantico vengono chiamati laser a pozzi quantici multipli (Multi quantum well lasers) e permettono di migliorare la sovrapposizione delle regioni di guadagno. Dato che nei diodo a pozzo quantico lo strato è troppo piccolo per confinare efficacemente la luce sono stati aggiunti altri due strati più esterni rispetto ai primi tre. Questi strati caratterizzati da un indice di rifrazione inferiore rispetto agli strati centrali riescono a confinare più efficientemente il raggio. Tale schema costruttivo prende il nome di diodo laser a eterostruttura a confinamento separato o SCH. I laser VCSEL sono progettati per avere l asse della cavità ottica lungo la direzione del flusso della corrente. La lunghezza della regione attiva, comparata con le dimensioni laterali, è molto breve e quindi la radiazione emerge dalla superficie della cavità invece che dai bordi. In questi dispositivi gli specchi ai lati della cavità sono di tipo dielettrico, ossia costruiti alternando strati di film con indici di rifrazione alto e basso spessi un quarto di lunghezza d onda. Nei laser VECSEL viene ripreso il funzionamento dei laser VCSEL, ma gli specchi vengono realizzati direttamente sulla struttura del diodo tramite epitassia o aggiunti separatamente e uniti direttamente al semiconduttore contenente la regione attiva. Alcuni tipi di VECSEL si distinguono per una tecnica costruttiva nella quale uno dei due specchi è esterno alla struttura del diodo. Ciò comporta che la cavità includa una regione di spazio libero. Una distanza tipica tra diodo e specchio esterno è di 1 cm. Un aspetto fondamentale del funzionamento dei laser, come visto nel primo capitolo, è la soglia. Essa rappresenta il livello minimo di corrente che deve essere iniettata nel materiale per fare in modo che emetta una radiazione laser. Nel grafico di figura (3.3) viene riportata la potenza di uscita in funzione della corrente di pilotaggio per un generico diodo laser. Il laser al di sotto della soglia emette per emissione spontanea, al contrario al di sopra della soglia emette per emissione stimolata, il cui valore è superiore rispetto a quello della prima condizione. Si può facilmente notare che superata la soglia l andamento della potenza di uscita cresca quasi linearmente con la corrente di pilotaggio e si può dire che P out = β S (i i th ) (3.1) dove i th è la corrente di soglia. La pendenza della curva, β S, è funzione dell incremento di potenza e dell incremento di corrente di pilotaggio nel modo seguente 29

38 3 Laser in fibra ottica Figura 3.3. Caratteristica potenza di uscita in funzione della corrente di pilotaggio di un diodo laser β S = P out / i. Per capire quale sia il valore di β S è necessario introdurre il concetto che l emissione stimolata permette di incanalare i fotoni aggiuntivi generati in un particolare percorso dato dal modo della guida d onda. Infatti se l efficienza di tale guida può essere considerata abbastanza elevata, la potenza di uscita P out equivale al valore di potenza ottica aggiuntiva generata, P opt. Da cui si ha che β S = P out i P opt i η i hν e (3.2) dove η i è l efficienza interna, hν è l energia del fotone generato ed e = C è la carica dell elettrone. 3.3 Specchio ad alta riflettività e accoppiatore di uscita La cavità risonante di un laser contiene almeno due specchi che devono soddisfare alcuni criteri: basse perdite di riflessione per gli specchi ad alta riflettività (HR mirrors); una ben definita percentuale di trasmissione della potenza di segnale per gli output coupler (OC); alta qualità ottica (come ad esempio bassa rugosità microscopica) della superficie per evitare distorsioni del fronte d onda che possono deteriorare la qualità del fascio; buona resistenza ad intensità ottiche elevate per evitare danneggiamenti (in particolare nei laser Q-switch). 30

39 3 Laser in fibra ottica Uno degli specchi che viene di norma utilizzato come accoppiatore di uscita permette di trasmettere la maggior parte della radiazione laser, mentre l altro è altamente riflettente (ad esempio con riflettività del 99,8%). Nei laser in fibra questi specchi sono solitamente reticoli di Bragg in quanto sono delle nanostrutture in fibra dove l indice di rifrazione ha una modulazione periodica su scale comparabili alla lunghezza d onda della radiazione elettromagnetica. Grazie a queste periodicità sono caratterizzati da proprietà che li rendono utilizzabili nelle cavità risonanti dei laser. Più precisamente un reticolo di Bragg è una struttura in cui si alternano due differenti strati di materiali ottici. Ogni interfaccia tra i due materiali costituisce un riflettore di Fresnel e, per una specifica lunghezza d onda, la differenza di lunghezza del percorso ottico tra i riflettori di due interfacce consecutive è mezza lunghezza d onda. Inoltre sono progettate in modo tale che ogni interfaccia abbia i coefficienti d ampiezza della riflessione con segno opposto, in modo tale da creare delle interferenze costruttive. Il risultato finale di questa progettazione è la creazione di riflettori ad alta intensità. Nei laser in fibra ottica vengono impiegati reticoli di Bragg in fibra, ovvero formati da vetri silicati con periodicità dell indice di rifrazione. Queste strutture permettono infatti di modificare in maniera precisa e coerente le proprietà sia dispersive che diffrattive del raggio laser, consentendo la realizzazione di filtri ottici con caratteristiche spettrali speciali. In figura (3.4) si riportano due reticoli di Bragg commerciali nel loro alloggiamento metallico in grado di dissipare il calore. La loro fabbricazione avviene irradiando la fibra con luce ultravioletta, direzionata spazialmente nei punti di interesse, in modo tale da modificarne l indice di rifrazione. La perturbazione dell indice di rifrazione comporta la riflessione della luce (che si propaga lungo la fibra) in una ristretta gamma di lunghezze d onda, per la quale la condizione di Bragg viene soddisfatta 2λ Λ = 2 2πn eff λ = 2n eff Λ (3.3) Figura 3.4. Esempi di package atermici per dei reticoli di Bragg in fibra commerciali 31

40 3 Laser in fibra ottica dove Λ è il periodo del reticolo, λ è la lunghezza d onda nel vuoto e n eff è l indice di rifrazione effettivo della radiazione nella fibra. 3.4 Fibra ottica attiva Laser e amplificatori in fibra utilizzano fibre di vetro drogate con ioni di terre rare. Questi ioni assorbono la radiazione di pompa, tipicamente caratterizzata da una lunghezza d onda inferiore rispetto a quella di emissione del laser o dell amplificatore, eccitandosi in diversi livelli metastabili. Questo comportamento permette l amplificazione della radiazione tramite l emissione stimolata e per questo motivo tali fibre vengono chiamate attive. Grazie all elevato fattore di confinamento ottico, le fibre sono dei mezzi attivi caratterizzati da un elevata efficienza di guadagno. La composizione chimica del vetro che viene utilizzato come ospite per gli ioni droganti, e quindi per il core della fibra, ha una forte influenza sulle prestazioni e sui possibili usi di tale fibra. Ad esempio, il limitato intervallo di trasparenza di un materiale può causare l esclusione di alcune transizioni laser. La composizione del vetro limita la massima concentrazione di ioni droganti che possono essere incorporati in esso senza causare un incremento delle perdite di propagazione. A livello microscopico può condizionare in modi diversi le transizioni ottiche degli stessi ioni di terre rare da cui dipendono le cross section (assorbimento ed emissione) e il tempo di vita. I laser e gli amplificatori basati su fibre a singolo modo possono generare uscite a diffrazione limitata, ma allo stesso tempo limitano le sorgenti di pompa utilizzabili a quelle con qualità del fascio a diffrazione limitata e conseguentemente caratterizzate da basse potenze. D altra parte però l utilizzo di fibre multimodali di solito (anche se non sempre) porta ad una scarsa qualità del fascio. Per superare questo limite sono state sviluppate fibre a doppio cladding che permettono il pompaggio direttamente nel cladding da parte dei dispositivi. In queste fibre il raggio laser si propaga nel core, di tipo singolo modo o multi modo, che è circondato da un cladding interno in cui viene propagata la pompa. Il core delle fibre è l unica parte che presenta il drogaggio con le terre rare, quindi è la vera parte attiva. Per guidare il raggio di pompa viene utilizzato un cladding esterno, caratterizzato da un indice di rifrazione più basso, che causando la riflessione del raggio di pompa permette la propagazione all interno del core e l assorbimento da parte degli ioni attivi. Il cladding interno ha un area significativamente larga rispetto a quella del core e tipicamente un apertura numerica maggiore, perciò si possono propagare al suo interno un numero elevato di modi diversi. Tutti i modi che si propagano permettono di avere un alta potenza di pompa accoppiata nella fibra attiva. Un esempio di fibra a doppio cladding viene riportato in figura (3.5). Il dispositivo più elementare progettato è quello a cladding di pompa circolare e core centrato. Sono fibre relativamente semplici da 32

41 3 Laser in fibra ottica Figura 3.5. Schema (a) e rappresentazione (b) di una fibra ottica a doppio cladding drogata all itterbio prodotta dall azienda Coherent, Inc realizzare ed utilizzare, ma nel loro cladding interno i modi propagativi hanno una bassa sovrapposizione con il core, quindi una parte significativa della pompa non viene assorbita. Come risultato, il guadagno e quindi l efficienza energetica sono compromessi. In commercio esistono tecnologie costruttive molto differenti in grado di incrementare la sovrapposizione della pompa con il core. Il concetto di rottura della simmetria cilindrica del cladding interno è alla base di qualsiasi sistema costruttivo. Infatti geometrie come quella a D, rettangolare, ellittica, esagonale e ottagonale sono oggi utilizzate per evitare la propagazione di distribuzioni di intensità non desiderate. In questo modo è possibile massimizzare l assorbimento della pompa e minimizzare il disallineamento dei raggi. D altra parte però queste fibre presentano problematiche elevate nella fase di costruzione. Alcuni esempi di fibre sono riportati in figura (3.6). Una tecnica alternativa per migliorare l assorbimento nelle fibre caratterizzate da cladding interno circolare è quella di spostare il core rispetto all asse, come mostrato in figura (3.6). Si trattta però di una tecnica poco utilizzata dal momento che le giunzioni risultano molto complicate da effettuare. Figura 3.6. Sezioni di fibre a doppio cladding con caratteristiche costruttive differenti 33

42 3.5 Rate equation 3 Laser in fibra ottica Il comportamento dei laser allo stato solido, particolarmente quelli in fibra, è descritto da equazioni differenziali che forniscono la dinamica dei fasci di pompa e di segnale. In particolare queste equazioni vengono chiamata rate equation e sono in grado di descrivere l evoluzione temporale delle popolazioni dei vari livelli dei laser, esse includono: processi di assorbimento degli stati eccitati; processi di emissione spontanea e stimolata; transizioni di più fotoni; trasferimenti di energia. Prima di iniziare la trattazione delle equazioni vere e proprie è necessario definire un insieme di parametri che compariranno poi nelle rate equation. In un sistema a tre livelli si possono verificare tre tipologie principali di processi: assorbimento, emissione stimolata e decadimeno spontaneo non radiativo. Tutti questi processi si verificano con tassi associati all intensità del campo e governati dalla teoria di McCumber. In generale ogni tasso può essere descritto nel modo seguente A = σ I hν (3.4) dove σ è la cross section caratteristica di ogni processo in un determinato materiale espressa in m 2, I è l intensità del campo espressa in W/m 2, h è la costante di Planck espressa in J s e ν è la frequenza espressa in Hz o s 1. Le cross section esprimono una probabilità di interazione e sono suddivise come espresso in tabella (3.1). I parametri appena descritti forniscono le basi per analizzare i singoli processi in modo tale da definirne i vari tassi. Un atomo che si trova al livello 1 assorbe energia Simbolo Descrizione Valore σp a Cross section di assorbimento della pompa Alto σp e Cross section di emissione della pompa Quasi nullo σs a Cross section di assorbimento del segnale Basso σs e Cross section di emissione del segnale Alto Tabella 3.1. Tabella riassuntiva delle cross section caratteristiche di un materiale 34

43 3 Laser in fibra ottica e riesce ad eseguire il salto di banda passando a livello 3 con un tasso che è descritto dall equazione seguente I p A 13 = σp a (3.5) hν p dove I p e ν p sono rispettivamente l intensità e la frequenza del segnale di pompa. Il tasso del processo inverso, cioè A 31, è definito nel modo seguente I p A 31 = σp e (3.6) hν p il cui valore è praticamente nullo dato il fatto che la cross section di emissione per il segnale di pompa ha un valore prossimo a zero. Il processo non radiativo che avviene tra i livelli 3 e 2 viene espresso in funzione del tempo di vita dell atomo nel livello superiore tramite l equazione A 32 = 1 τ 32 (3.7) Con i parametri appena calcolati è possibile ottenere la rate equation per il livello 3 che rappresenterà quindi la variazione di popolazione in quel livello. In formule N 3 t I p I p = N 1 σp a N 3 σp e N 3 (3.8) hν p hν p τ 32 dove il primo addendo rappresenta l aumento di atomi dovuto all assorbimento dal livello fondamentale, il secondo la diminuzione dovuta all emissione stimolta della pompa (quasi nulla) e il terzo la diminuzione dovuta all emissione spontanea non radiativa. Eseguendo gli stessi passaggi anche per il livello 2 si può ricavare la sua variazione di popolazione e quindi la sua rate equation. Ci si aspetta che questa equazione dipenda dal segnale emesso e dall emissione non radiativa del livello 2. Infatti N 2 = N 1 σ a I s s N 2 σ e I s s + N 3 N 2 (3.9) t hν s hν s τ 32 τ 21 dove il primo addendo rappresenta l aumento di atomi dovuto all assorbimento dal livello fondamentale (valore molto piccolo), il secondo la diminuzione dovuta all emissione stimolata del segnale, il terzo l aumento di atomi dovuto all emissione spontanea non radiativa del livello 3 e l ultimo la diminuzione dovuta all emissione spontanea non radiativa del livello 2 (circa zero). Riassumendo le due equazioni appena enunciate e aggiungendo la definizione che il numero totale di atomi è costante si ottiene un sistema di tre equazioni N 3 = (N t 1 σp a N 3 σp) e Ip hν p N 3 τ 32 N 2 = (N t 1 σs a N 2 σs) e Is hν s + N 3 τ 32 N 2 (3.10) τ 21 N = N 1 + N 2 + N 3 35

44 3 Laser in fibra ottica La trattazione delle rate equation appena esposta non tiene conto dell ASE (Amplified Spontaneous Emission), del CUC (Coefficient of UpConversion) e dell ESA (Excited State Absorption) per motivi di semplicità del modello. Per introdurre il coefficiente di upconversion è possibile aggiungere il termine C up N2 2 all equazione del secondo livello. Se si considera un caso stazionario, il sistema si può riscrivere come segue (N 1 σp a N 3 σp) e Ip hν p N 3 τ 32 = 0 (N 1 σs a N 2 σs) e Is hν s + N 3 τ 32 N 2 τ 21 = 0 (3.11) N = N 1 + N 2 + N 3 In linea di principio nei sistemi a quattro o quasi tre livelli andrebbe aggiunta una quarta equazione per il livello aggiuntivo rispetto a quelli con tre livelli. In queste situazioni però è possibile, sotto l ipotesi che le transizioni dal livello più alto a quello subito inferiore siano talmente rapide da rendere il primo livello vuoto, non considerare tale livello. 3.6 Equazioni della propagazione in fibra L evoluzione spaziale dell intensità di campo all interno della fibra ottica tiene conto di tutti i fenomeni analizzati precedentemente nella determinazione delle rate equation. In generale si ha che I (r, z) z = ± [σ ij N i (r, z) σ ji N j (r, z) α] I (r, z) (3.12) dove il primo termine rappresenta l emissione, il secondo l assorbimento e il terzo la perdita di propagazione. Il segno positivo indica la propagazione diretta mentre il segno negativo quella inversa. Per risolvere questa equazione è necessario introdurre la seguente approssimazione sull intensità del campo I (x, y, z) = P (z) i (x, y) (3.13) dove P (z) e i (x, y) sono rispettivamente la potenza dell onda e la distribuzione modale, e la seguente assunzione i (x, y) dxdy = 1 (3.14) In questo modo integrando su entrambi i lati della sezione trasversale e considerando la distribuzione del drogaggio costante, cioè una fibra step index, si può introdurre una formulazione sulla potenza lungo l asse z nel modo seguente dp (z) dz = ± [Γσ ij N i (z) Γσ ji N j (z) α] P (z) (3.15) 36

45 3 Laser in fibra ottica dove Γ è il fattore di confinamento, un parametro che tiene conto della sovrapposizione del modo ottico con la regione attiva (il core), definito dal rapporto seguente Γ = A core A modo (3.16) Terminata la fase di formulazione generale ci si può ora concentrare sulla definizione dell evoluzione della pompa e del segnale in modo tale da poterle risolvere mediante metodi numerici presenti nei software commerciali. Partendo dall evoluzione della pompa si può scrivere che dp ± (z) dz = ± Γ p σ e pn 3 (z) Γ p σ a pn 2 (z) α p P ± (z) (3.17) dove il primo addendo può essere trascurato dato che la cross section di emissione della pompa è circa zero. Valutando la pompa all inizio e alla fine della fibra si ottengono due equazioni che posso poi essere ancora semplificate P + (0) = R HR (λ p ) P (0) + P C P (L) = R OC (λ p ) P + (L) (3.18) dove R HR è la riflettività del reticolo HR alla lunghezza d onda di pompa, P (0) è la potenza di pompa riflessa, P C è la potenza di pompa accoppiata, R OC è la riflettività dell accoppiatore di uscita alla lunghezza d onda di pompa e P + (L) è la potenza di pompa al termine della fibra. Nel caso di sistemi a singolo passaggio sia P (0) che R OC possono essere considerate zero. A questo punto unendo le equazioni di singolo passaggio alle condizioni iniziali si possono utilizzare dei risolutori matematici per ottenere l andamento della potenza di pompa nella fibra. Allo stesso modo si possono ricavare le equazioni per l evoluzione del segnale. Quindi partendo dall equazione differenziale e trascurando l emissione spontanea si ottiene ds ± (z) dz = ± [Γ s σ e sn 2 (z) Γ s σ a s N 1 (z) α s ] S ± (z) (3.19) Le espressioni nelle posizioni di inizio e fine fibra sono le seguenti S + (0) = R HR (λ s ) S (0) (3.20) S (L) = R OC (λ s ) S + (L) (3.21) Ricavate le equazioni anche per la propagazione del segnale non è possibile applicare lo stesso metodo visto per la pompa, in quanto le condizioni al contorno in 37

46 3 Laser in fibra ottica questo caso non sono note. La determinazione di tali condizioni può essere effettuata mediante appositi metodi come ad esempio quello del rilassamento o dello shooting. Usando le stesse approssimazioni di campo viste nelle rate equation del caso stazionario è possibile ottenere una nuova formulazione del sistema Γ p (N 1 σp a N 3 σp) e Pp N 3 hν pa τ 32 = 0 Γ s (N 1 σs a N 2 σs) e Ps N 2 hν sa τ 21 + N 3 τ 32 = 0 (3.22) N 1 + N 2 + N 3 = N dove P s = S + + S e P p = P + + P. Per semplificare ulteriormente la trattazione è possibile considerare τ 32 molto piccolo, che essendo l inverso del tasso di passaggio dal livello 3 al livello 2, permette di ipotizzare che il primo si svuoti molto velocemente a favore del secondo comportando quindi un valore pressoché nullo per N 3. Con questa osservazione è possibile ridurre il sistema, due equazioni in due incognite, ottenendo così la possibilità di risolverlo in funzione di N 2. Il sistema semplificato è quindi Γs (N 1 σs a N 2 σs) e Ps N 2 hν sa τ 21 + Γ p σpn a P p 1 = 0 hν pa N 1 + N 2 = N (3.23) Il numero totale di atomi è legato solo ai livelli 1 e 2 quindi si può esprimere il numero di atomi del livello fondamentale in funzione del numero di atomi presenti nel livello restante e di quelli totali in modo da ottenere N 1 = N N2. Introducendo ora il concetto di saturazione dell assorbimento della pompa dovuta ad un impoverimento del livello fondamentale, e similarmente per il segnale quelli di assorbimento ed emissione, si può riscrivere P a ps = Pss e = Pss a = hνpa Γ pσpτ a 21 hνsa Γ sσs e hνsa τ 21 Γ sσs aτ 21 (3.24) e quindi ricavare la popolazione del livello 2 nel modo seguente N 2 = N P s + Pp Pss a Pps a 1 + Ps + Ps + Pp Pss e Pss a Pps a (3.25) che alla soglia, cioè per P s = 0, diventa N 2 = N Pp P a ps 1 + Pp P a ps (3.26) 38

47 3 Laser in fibra ottica e quindi se si impone che P p = P a ps si ottiene un perfetto bilanciamento di popolazione nei due livelli, infatti N 2 = N/2 e N 1 = N N 2 = N/2. In quest ultima parte è stato introdotto il concetto di soglia che rappresenta una particolare condizione in cui può trovarsi il laser. Questa condizione non è semplice da trovare ma per fare ciò è possibile utilizzare dei metodi iterativi. Questi metodi permettono la computazione, basandosi su un pompaggio di singolo passaggio, di una potenza di soglia stimata. Per far ciò si riprende l equazione di propagazione del segnale riscrivendola nel modo seguente dove g s (z) è il guadagno differenziale definito come ± ds± dz = [g s (z) α s ] S ± (3.27) g s (z) = Γ s [(σ e s + σ a s ) N 2 σ a s N] (3.28) Se ci si trova in condizioni di potenze di soglia si può sostituire l equazione (3.26) nell equazione (3.28) ottenendo g s (z) = Γ s N σ e s P p P a ps 1 + Pp P a ps σ a s Definendo condizione di soglia la seguente equazione Pp P a ps (3.29) R HR R OC e 2g thl e 2αsL = 1 (3.30) dove g th = L 0 g s (z) dz; si può ricavare g th ottenendo g th = α s 1 2L ln (R HR R OC ) (3.31) Riassumendo quanto visto è possibile calcolare il valore della soglia, in condizioni di pompaggio a singolo passaggio, con la procedura seguente: selezione di un valore di P C, il cui valore corrisponde alla potenza di pompa di lancio P + (0); risoluzione delle equazioni di evoluzione della pompa; computazione del valore di g s (z) e successivamente di g th ; se g th soddisfa tutte le condizioni si ottiene la potenza di soglia P th. 39

48 3 Laser in fibra ottica Al di sopra della soglia il comportamento può essere descritto con le equazioni differenziali viste precedentemente, applicando tutte le semplificazioni possibili, ma ricordandosi che in questa situazione entra in gioco anche il segnale utile oltre che la pompa. Le equazioni sono raccolte di seguito dp + = (α dz p + Γ p σpn a 1 )P + ds + = [ α dz s + Γ s (σsn e 2 σs a N 1 )]S + ds = [α dz s Γ s (σsn e 2 σs a N 1 )]S N 2 = N 1+ S+ +S P e ss N 1 = N N 2 S + +S Pss a + P + Pps a + S+ +S Pss a + P + Pps a (3.32) e si può notare che la potenza di pompa in ingresso alla fibra è uguale alla potenza di pompa di lancio, che la potenza del segnale in propagazione diretta all inizio della fibra è uguale alla potenza del segnale in propagazione inversa per la riflettività dell HR e che la potenza del segnale in propagazione inversa al fondo della fibra è pari a quella del segnale in propagazione diretta per la riflettività dell OC. Infine si ha che la potenza di uscita dal laser è P out = (1 R OC ) S + (L) (3.33) 3.7 Qualità del fascio Nei settori industriali dove i laser vengono utilizzati per la manipolazione, il taglio, la stampa e la marchiatura di materiali spesso sono richieste qualità del fascio leser molto elevate. La qualità del fascio può essere definita in modi diversi, ma essenzialmente è la misura di quanto strettamente il raggio laser può essere focalizzato. Questa assunzione è valida solo in certe condizioni come ad esempio fascio a limitata divergenza. Prima di introdurre i metodi principali di valutazione della qualità di un fascio laser è necessario introdurre la propagazione di un fascio Gaussiano che è alla base di tutte le approssimazioni utilizzate nei vari metodi. Ovviamente essendo un approssimazione il fascio reale in uscita dalla fibra non sarà puramente Gaussiano Propagazione di un fascio Gaussiano In generale la propagazione di un raggio laser può essere approssimata assumendo che il fascio abbia un profilo di intensità Gaussiano corrispondente al modo TEM 00. Nelle fibre ottiche è stato provato che, nonostante il modo fondamentale non sia perfettamente Gaussiano, tale forma si adatti molto bene e l errore commesso sia 40

49 3 Laser in fibra ottica molto limitato. Risolvendo l equazione d onda per il modo TEM 00 di un laser si ottiene l equazione del campo elettrico nel modo seguente E (x, y, z, t) = E 0 e jk(x2 +y 2 )/R(z) e (x2 +y 2 )/w 2 (z) e j[kz+p(z) ωt] (3.34) dove (x, y, z) sono le coordinate del punto considerato, t è il tempo, k = 2π/λ è il numero d onda, ω è la frequanza angolare e E 0 è l ampiezza del campo. Il primo esponenziale permette di stabilire la geometria a superficie sferica del fronte d onda del fascio laser, il cui raggio di curvatura in z è R (z). Il secondo esponenziale invece indica che il campo elettrico in ogni piano trasversale, a una fissata coordinata z, è una funzione Gaussiana con il valore di picco sull asse. Infatti il termine w (z) è riferito al raggio del fascio o alla sua larghezza. L ultimo esponenziale, dipendente da z, contiene le informazioni sulla fase. Riassumendo, il fascio laser è caratterizzato sia da un onda piana che da una sferica. I suoi fronti d onda sono essenzialmente superfici sferiche con un lungo raggio di curvatura che aumenta con l avanzamento lungo l asse di propagazione. La diffrazione provocata dalla diffusione trasversale della luce durante la propagazione non permette di avere un fascio perfettamente collimato. Anche se inizialmente un fascio TEM 00 Gaussiano ha un fronte d onda planare con la propagazione, esso acquisisce rapidamente una curvatura e inizia a diffondersi come in figura (3.7). La dimensione del fascio w (z), dove il fronte d onda è planare, è definito da w 0. Le espressioni del raggio di curvatura e della larghezza Figura 3.7. Profilo di intensità di un fascio Gaussiano per due posizioni differenti z = z 0 e z = 0.5 mm 41

50 3 Laser in fibra ottica di fascio per un fronte d onda, entrambe in funzione di z, sono definite come R (z) = z 1 + πw0 2 2 λz w (z) = w (3.35) λz πw0 2 Quando la distanza z è molto maggiore di πw 2 0/λ si ha che R (z) = z e quindi i fronti d onda sono sferici. Questa regione in cui vale la condizione z >> πw 2 0/λ viene chiamata di campo lontano (far field). Quindi in tali condizioni si ha che R (z) = z w (z) = λz πw 2 0 (3.36) Per lunghe distanze quindi il fronte d onda del fascio ha una forma sferica con centro di curvatura nell origine Fattore M 2 e BPP Il fattore M 2 è utilizzato come un indicatore della qualità di un fascio luminoso, in quanto misura l attitudine di un fascio a divergere, una volta che è stata fissata la sua larghezza. Questo fattore è definito come il prodotto dei parametri del fascio diviso il corrispondente prodotto per un fascio Gaussiano, quindi a diffrazione minima, caratterizzato dalla stessa lunghezza d onda. Come già detto un alta qualità di fascio è necessaria in molte applicazioni dove è richiesto un preciso controllo dei parametri del laser, da un punto di vista dell operatore, come ad esempio la larghezza di fascio. Il principale obiettivo che si desidera ottenere da un laser in fibra ottica è che operi come una guida a singolo modo nella gamma di frequenze di interesse. Idealmente infatti, il modo del campo che si propaga in una fibra a singolo modo si avvicina molto ad una funzione di forma Gaussiana. In questo caso il fattore M 2 1, valore simile al modo TEM 00 teorico ottenibile con un laser a stato solido operante con un singolo modo trasversale. Il fattore M 2 per la qualità del fascio può essere calcolato mediante procedure di adattamento, applicate all evoluzione del raggio del fascio misurato lungo la direzione di propagazione. Questo metodo di valutazione è stato definito dallo standard ISO [7]. La dimensione w (z) di un fascio laser Gaussiano operante alla lunghezza d onda λ può essere espressa nel modo seguente w 2 (z) = w λ πw 0 2 (z z 0 ) 2 (3.37) dove w 0 è il raggio del fascio misurato nella parte centrale (cintola) del fascio. Inoltre si può aggiungere che la propagazione di un fascio Gaussiano è completamente 42

51 3 Laser in fibra ottica caratterizzata mediante due parametri della cintola: la larghezza di fascio, w 0, e la posizione, z 0. In condizioni di campo lontano si ha che la diffusione angolare per w 2 (z) è data da λ/πw 0. Da un punto di vista pratico è possibile definire il prodotto dei parametri del fascio o BPP (Beam parameter product) come il prodotto tra il raggio del fascio alla cintola (w 0 ) e il semiangolo di divergenza del fascio (θ 0 ). Per un fascio Gaussiano si ha che BP P = λ π (3.38) solitamente misurato in mm mrad. A questo punto è possibile riprendere la definizione di M 2, stabilita dallo standard ISO 11146, vedendola come il rapporto tra il BPP di un fascio e quello corrispondente a un fascio Gaussiano. Date queste definizioni è quindi possibile esprimere il semiangolo di divergenza del fascio in funzione del fattore M 2, del BPP e dei parametri del fascio alla cintola nel modo seguente θ = M 2 λ πw 0 (3.39) da cui per un fascio Gaussiano, caratterizzato da un fattore M 2 1, si ottiene θ = λ πw 0 (3.40) 3.8 Laser in fibra per applicazioni di alta potenza I recenti laser in fibra ottica sono in grado di fornire in uscita potenze di alcuni kilowatt per fibre utilizzate in regime a onda continua (CW) e diverse decine di watt di media in modalità impulsata (potenze di picco dell ordine dei megawatt) [8]. I laser in fibra operanti in modalità CW sono caratterizzati da una potenza ottica di uscita costante, che con un pompaggio stazionario superiore alla soglia cresce linearmente con la potenza di pompa stessa. La condizione necessaria affinché il dispositivo emetta una radiazione per emissione stimolata è quella che il guadagno alla frequenza del segnale superi, o per lo meno eguagli, il guadagno di soglia g th. Descrivere matematicamente un laser a singolo modo è un operazione semplice, ma realizzarlo praticamente può portare ad alcuni problemi dovuti all oscillazione simultanea di più modi (laser multimodali). I laser in fibra sono impiegati per applicazioni che richiedono un elevata precisione del fascio e velocità operativa. Infatti, come detto prima, la minor larghezza spettrale è ottenibile con un laser a singolo 43

52 3 Laser in fibra ottica modo. In queste applicazioni le capacità di spostare l emissione laser a differenti lunghezze d onda e di renderle indipendenti dalla temperatura sono fattori di primaria importanza. In alcune applicazioni, come quelle chirurgiche, è spesso richiesto un impulso laser di durata prestabilita in grado di eseguire tagli localizzati con danneggiamenti di lieve entità per i tessuti adiacenti. I laser impulsati, come dice il nome stesso, producono in uscita un impulso ottico con caratteristiche ben precise. I parametri caratteristici dell impulso, per questa tipologia di funzionamento, sono: la durata il tempo per cui l impulso assume il valore di picco desiderato; l energia l energia ottica totale contenuta in un impulso; il tasso di ripetizione il numero di impulsi emessi al secondo; la lunghezza d onda. Diverse tecniche di generazione dell impulso vengono impiegate per raggiungere valori specifici dei parametri sopraindicati. Il Q-switching è una delle tecniche più utilizzate per realizzare laser impulsati in grado di fornire impulsi dell ordine dei nanosecondi. Il suo nome deriva dal fattore Q, un parametro che esprime la qualità delle cavità risonanti. Tale tecnica si ottiene inserendo un attenuatore variabile all interno risonatore ottico del laser. Quando l attenuatore è in funzione, la luce che attraversa il mezzo attivo non viene retroazionata e quindi il dispositivo non emette. Questa attenuazione all interno della cavità corrisponde ad una diminuzione del fattore Q. Si ricordi che un elevato valore di fattore Q corrisponde a basse perdite nel percorso di andata e ritorno, e viceversa. L attenuatore variabile quando viene utilizzato per questo scopo è comunemente chiamato Q-switch. Inizialmente il laser viene pompato e il Q-switch è impostato per evitare il ritorno di luce nel mezzo attivo. Questo processo causa l inversione di popolazione, ma l amumento della perdita di propagazione da parte del risonatore non permette la riflessione e quindi il funzionamento del dispositivo non può verificarsi. Quando il dispositivo viene pompato l energia immagazzinata aumenta e quindi il tasso di emissione stimolata, essendo dipendente dalla quantità di luce in ingresso, aumenta anch esso. Data la presenza di perdite derivanti dal processo di emissione spontanea e da altri processi non radiativi, l accumulo di energia nel tempo raggiunge un livello massimo e quindi il mezzo attivo ottiene la saturazione del guadagno. Raggiunta tale soglia viene cambiato rapidamente il valore assunto dall attenuatore (Q-switch) da basso ad alto Q, attivando quindi la retroazione e di conseguenza il processo di amplificazione ottica basato sull emissione stimolata. Data la grande quantità di energia incorporata nel mezzo attivo, l intensità luminosa nel laser si scarica molto velocemente causando come reazione un rapido esaurimento dell energia immagazzinata. In questo modo si ottiene in uscita un breve impulso 44

53 3 Laser in fibra ottica laser con potenza di picco molto elevata. I laser Q-switching si dividono in due categorie, attivi e passivi, a seconda che l attenuatore venga controllato dall esterno del dispositivo oppure si adatti automaticamente, variando la propria capacità di trasmissione, quando l intensità luminosa supera la soglia. Un altra tecnica poco utilizzata per generare impulsi viene chiamata gain switching, essa si basa sulla modulazione del diodo di pompa in modo tale da portarlo sopra e sotto soglia, e viceversa, così da modulare direttamente il guadagno del laser. In questi dispositivi il segnale di pompa, dipendente direttamente dal segnale analogico di comando del diodo a semiconduttore, viene portato ad un valore di potenza superiore alla soglia del laser in fibra, per un tempo pari alla durata dell impulso, in modo tale da eccitare gli atomi droganti all interno del core del mezzo attivo. In questo modo gli ioni eccitati in fase di decadimento producono fotoni alla lunghezza d onda del segnale innescando quindi la creazione dell impulso di uscita dal laser e il processo di retroazione. Terminata la durata dell impulso il laser viene portato ad un valore sotto soglia, diminuendo la corrente di pilotaggio del diodo di pompa, in modo tale da non permettere che il guadagno della cavità superi le perdite e quindi che il dispositivo possa emettere. Questa tecnica risulta più lenta rispetto ad altre e causa delle fluttuazioni non desiderate nel segnale di uscita, ma allo stesso tempo produce degli impulsi molto corti con un elevata energia. Esistono tecniche più sofisticate per la creazione di laser impulsati, come ad esempio quelle basate sul mode-locking, che non vengono riportate in quanto non direttamente collegate agli argomenti trattati. 3.9 Effetti non lineari Gli effetti non lineari sono una classe di effetti propagativi che dipendono principalmente dalla potenza istantanea del segnale. Per lo più questi effetti si riscontrano in sistemi dove la potenza di lancio è elevata. In maniera opposta rispetto agli effetti lineari quelli non lineari sono dipendenti dall interazione tra i modi quindi il progetto del sistema deve tenere conto di tutti i modi propagati. Il principale effetto non lineare è l effetto Kerr che consiste nella variazione dell indice di rifrazione della fibra in funzione della potenza ottica che la attraversa. Questo fenomeno causa una variazione della fase del campo elettrico anch essa in funzione della potenza trasmessa. La geometria della fibra ha un peso molto rilevante da un punto di vista della nascita degli effetti non lineari. Infatti le piccole dimensioni del core limitano la potenza immagazzinabile provocando l insorgere di effetti non lineari. I due principali effetti che si verificano sono gli scattering, o diffusioni, Raman e Brillouin. La risposta non lineare di un mezzo ottico trasparente in cui si propaga un raggio laser è molto veloce, ma non istantanea. Tale risposta causa delle vibrazioni nel 45

54 3 Laser in fibra ottica vetro che associate ai fononi ottici prende il nome di diffusione Raman stimolata (SRS) mentre se associata ai fononi acustici prende il nome di diffusione Brillouin stimolata (SBS) Diffusione Raman stimolata La diffusione Raman stimolata dovuta ai fononi ottici introduce un segnale con uno spostamento ampio rispetto alla frequenza di pompa (tra i 13 e i 17 THz). L effetto Raman si verifica quando un fotone ottico di segnale entra nel mezzo attivo insieme a un fotone ottico di pompa, caratterizzato da una frequenza elevata. Il fotone di segnale stimola l emissione di un altro fotone di segnale grazie ad una frazione di energia del fotone di pompa. L energia restante del fotone di pompa viene trasferita ai modi vibrazionali del mezzo causando un processo simile a quello dell emissione stimolata. La potenza di soglia dopo la quale entra in gioco la diffusione Raman stimolata può essere approssimata mediante la formula P SRS th = 16A eff g R L eff (3.41) dove g R è il coefficiente di guadagno Raman di picco, L eff è la lunghezza effettiva della fibra e A eff è l area effetiva del modo guidato in fibra. La lunghezza effettiva può essere ricavata nel modo seguente L eff = 1 1 e αl (3.42) α dove α è l attenuazione della fibra in neper/km Diffusione Brillouin stimolata La diffusione Brillouin stimolata dovuta ai fononi acustici, caratterizzati da una frequenza inferiore rispetto a quelli ottici, causa la nascita di un segnale in direzione opposta rispetto a quello di pompa, caratterizzato da uno spostamento in frequenza di alcuni GHz verso il basso (circa 18 GHz per segnali di 1 µm). Questo effetto, che si verifica per segnali ottici a banda stretta, è il principale limite per la potenza di uscita. Anche se nei materiali queste non linearità non sono in realtà così grandi, però a causa della piccola area effettiva del modo e dell elevata lunghezza di propagazione questi effetti non lineari diventano rilevanti. L SBS si presenta in una fibra ottica quando il segnale che si propaga nel core genera un onda acustica. L onda acustica diffonde la luce nella direzione opposta, riducendo così la potenza che si propaga. La potenza di soglia dopo la quale si verifica la diffusione Brillouin è simile a quella vista per la diffusione Raman infatti P SBS th = 21A eff g B L eff (3.43) 46

55 3 Laser in fibra ottica dove g B rappresenta il coefficiente di guadagno Brillouin di picco. Nelle fibre ottiche quindi la diffusione Brillouin si manifesta solo nella direzione inversa a quella di propagazione del segnale. Quindi, oltre alla perdita di potenza e alla perdita di purezza spettrale, l SBS provoca nei laser in fibra disturbi all ampiezza del segnale. Tuttavia, l ampiezza dello spettro del guadagno Brillouin ν B, che è legato al tempo di decadimento dei fononi acustici, è molto piccola (decine di MHz nella silice fusa). L effettivo guadagno Brillouin di picco è notevolmente ridotto se la larghezza spettrale del campo della pompa ν P supera quella del guadagno Brillouin, secondo la formula g B = ν B ν B + ν P g B (3.44) Pertanto la soglia dell SBS nei laser in fibra ad onda continua dipende fortemente dalla larghezza spettrale generata o amplificata. Nei laser in fibra a singola frequenza le prestazioni sono limitate dall SBS, mentre per quelli a larghezza spettrale superiore ai 500 MHz la potenza è ridimensionata dall SRS. I problemi dovuti all SBS possono essere ridotti attraverso modifiche di base nella progettazione degli amplificatori, come ad esempio variazioni della concentrazione di atomi droganti, dell effettiva area del modo e della direzione di propagazione della pompa. Tuttavia, è importante sottolineare che per treni di impulsi molto corti, la soglia dell SBS non è dettata dalla potenza di picco, ma dalla densità spettrale di potenza, che è funzione della durata dell impulso e della frequenza di ripetizione. L uso di fibre con area del modo larga (LMA) permette di diminuire l intensità ottica nel core della fibra e quindi di innalzare la soglia dell SBS. 47

56 Capitolo 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato 4.1 Descrizione del progetto Il lavoro svolto nella prima parte della tesi si focalizza sulla realizzazione di un laser in fibra, drogata all itterbio, da utilizzare in modalità gain switching. Lo scopo di questo dispositivo non è realizzare potenze di uscita elevate, bensì fornire un segnale in grado di mostrare il comportamento del laser nella fase di transitorio con un tempo di salita ragionevolmente piccolo. L interesse maturato per tale comportamento trova fondamento nella necessità di comprendere al meglio il funzionamento di questi dispositivi così da poterli poi utilizzare come sorgenti in uno stadio di amplificazione, in grado di fornire in uscita un segnale con una potenza rilevante e buone caratteristiche del fascio. Il progetto si compone di una fase iniziale di simulazione nella quale, utilizzando il software RP Fiber Power, si sono valutati i componenti da utilizzare e le loro caratteristiche in modo tale da effettuare le prime valutazioni. Terminata questa fase si è passati alla misurazione di diversi diodi di pompa con due controllori di corrente in modo tale da trovare la condizione di utilizzo in grado di fornire i risultati migliori. Come ultimo passo, scelti tutti i componenti, si è assemblato il laser in fibra iniziando così la fase di collaudo e misurazione, in questa situazione è stato ottenuto un file, generato direttamente dallo strumento di misura, relativo al campionamento del segnale di uscita dal dispositivo progettato. 4.2 Software RP Fiber Power Il software RP Fiber Power[13] è uno strumento per l analisi delle fibre e la progettazione dei laser o degli amplificatori in fibra. Può essere utilizzato sia per investigare 48

57 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato gli aspetti critici della progettazione sia per scopi didattici. La sua interfaccia grafica permette di iniziare a lavorare in maniera semplice e veloce con le funzionalità di base. Le funzioni avanzate sono invece disponibili nella modalità di programmazione libera. Con questo software è possibile analizzare i modi, predirre le possibile prestazioni, valutare l impatto dei vari componenti aggiuntivi e dei vari disturbi delle fibre. 4.3 Simulazioni preliminari Il progetto di un laser in fibra comprende diversi componenti e comporta, quindi, diverse scelte operative. Per comprendere al meglio il funzionamento e i comandi del software prodotto da RP Photonics si è iniziato a simulare un laser in modalità CW. Questa tipologia di funzionamento permette di utilizzare il software con comandi e opzioni statiche, cioè non dipendenti dal tempo. In questa fase è stato possibile apprendere il funzionamento del software ottenendo il comportamento di un laser in fibra al variare sia della lunghezza della fibra che della lunghezza d onda del segnale di pompa. Nelle figure (4.1(a)) e (4.1(b)) sono riportati i grafici della potenza ottica d uscita dalla fibra rispettivamente in funzione della lunghezza della fibra e della lunghezza d onda. I due andamenti del grafico in figura (4.1(a)) mostrano come all aumentare della lunghezza della fibra, il segnale di pompa venga sempre più assorbito dagli ioni attivi presenti nel core e quindi si ottenga una maggiore potenza di segnale in uscita. Si può notare però che superati i 3 metri di lunghezza il comportamento del laser si ripete raggiungendo una condizione stazionaria, (a) Funzione della lunghezza della fibra (b) Funzione della lunghezza d onda di pompa Figura 4.1. Andamenti della potenza ottica di uscita da un laser in fibra drograta all itterbio simulato con RP Fiber Power 49

58 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato questa situazione si verifica quando gli ioni droganti della fibra attiva assorbono completamente la potenza ottica di pompa, che non potendo più eccitare gli atomi presenti nelle sezioni successive della fibra non innesca il principio di amplificazione del segnale di uscita. La simulazione permette di dimensionare la lunghezza della fibra in modo tale da evitarne sprechi pur ottenendo il risultato voluto. Il grafico di figura (4.1(b)) fornisce invece un informazione importante sull assorbimento della pompa e sull emissione del segnale in funzione della lunghezza d onda. Infatti si può notare come al di sotto dei 980 nm la pompa venga assorbita completamente, ma non si verifichi emissione del segnale di uscita e quindi mostra la possibilità di utilizzare diodi di pompa che usino tali lunghezze d onda. Il picco di emissione del segnale si osserva intorno ai 1030 nm, ma si osserva anche che in questa situazione la pompa residua è molto elevata. Il valore elevato della potenza di pompa d uscita nelle applicazioni pratiche causa un peggioramento delle prestazioni, della qualità del fascio e una riduzione dell efficienza energetica quindi dev essere evitato. Tale grafico quindi permette di valutare quale lunghezza d onda devono avere i diodi di pompa da utilizzare per avere il massimo assorbimento e di conseguenza un segnale di uscita con un ampiezza utile. Le simulazioni statiche hanno permesso di prendere dimestichezza con il simulatore fornendo inoltre delle informazioni utili per quanto riguarda la lunghezza della fibra da utilizzare e i criteri di valutazione della lunghezza d onda di pompa più conveniente. Per ottenere il numero maggiore di informazioni possibile dal software si è simulata anche una versione impulsata del laser in fibra. Inizialmente lo scopo è stato quello di apprendere al meglio il funzionamento in regime dinamico del simulatore sfruttando alcune informazioni fornite da prove statiche. Infatti la prima simulazione è stata effettuata visualizzando il solo fronte d onda di un laser in fibra di lunghezza pari a 3 m pompato a 980 nm, la cui potenza di uscita è riportata in figura (4.2). In questo modo si può valutare la risposta del laser ad un impulso descritto analiticamente nel modo seguente P pump = A 1 e t tup τ (4.1) dove A è l ampiezza massima dell impulso, t up è l istante in cui l impulso inizia a salire e τ è la costante di tempo scelta pari a 160 ns. L introduzione del tempo di salita si rende necessaria per specificare in quale istante della simulazione si vuole far partire l impulso. Il tempo di simulazione è impostato in modo tale da partire dall istante 0 e avere durata pari a 1 ms, nel grafico però le curve saranno riportate in funzione dei campioni compresi nel tempo di simulazione e non in funzione del tempo stesso. Questa differenza è dovuta al fatto che esportando su file di testo i valori di ampiezza delle curve, essi vengono campionati dal programma indipendentemente dal tempo di simulazione. Per ottenera la relativa scala dei tempi è 50

59 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato possibile considerare il tempo di simulazione totale, pari ad un millisecondo, e dividerlo per il numero di campioni presenti nell intervallo così da ottenere il periodo di campionamento di ogni singolo campione, in formule: T sampling = T simulation N sample (4.2) dove T simulation è il tempo di simulazione e N sample è il numero di campioni utilizzati. Il valore del tempo di simulazione (1 ms)e del numero di campioni (10 6 campioni) per l esempio di figura (4.2) permettono di ottenere un tempo di campionamento pari a 10 9 s/campione. L andamento della potenza di pompa in uscita assume la stessa forma di quella in ingresso ma risulta più piccola in ampiezza, in quanto viene assorbita dagli ioni attivi durante il passaggio nella fibra. L uscita del segnale dal laser è caratterizzata da una fase iniziale di oscillazione per poi tendere ad una condizione stazionaria. In questa fase il laser assume come valore di picco della potenza di segnale 16 W per poi decrescere ad un valore di poco inferiore ai 2 W. Le oscillazioni sono dovute alla rapida inversione di popolazione che innesca l amplificazione e quindi l emissione laser. Nelle applicazioni commerciali si utilizzano impulsi di pompa più ripidi proprio per limitare l entità di queste oscillazioni prima dello stato stazionario, cioè quello di effettivo utilizzo. Le simulazioni dinamiche forniscono un indicazione sulla risposta del laser ad un particolare impulso di pompa permettendo quindi di valutare le possibili problematiche che si possono incontrare nella fase di progettazione e realizzazione. Lo studio delle fibre con i programmi di simulazione permette inoltre di modificare parametri che sono fissati nella pratica. Infatti dopo aver compreso come utilizzare al meglio il simulatore si è passati all osservazione del comportamento del laser al variare di un singolo parametro per volta. Nel seguito verranno trattate tutte le modifiche Figura 4.2. Andamento dinamico della potenza di uscita da un laser in fibra drogata all itterbio 51

60 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato effettuate e la loro conseguenza sulla potenza di uscita e sul comportamento del laser Impatto concentrazione di drogante Il primo parametro preso in considerazione è stata la concentrazione di drogante all interno della fibra attiva. La variazione di questo parametro, come si potrà vedere dai grafici, incide sia sull assorbimento della pompa che sulla forma del segnale di uscita. La concentrazione di drogante è stata variata in modo tale da mostrare tutti i cambiamenti di comportamento del dispositivo simulato. In figura (4.3) vengono riportati gli andamenti più significativi dal punto di vista del comportamento del laser. (a) Concentrazione 4, ioni/m 3 (b) Concentrazione 8, ioni/m 3 (c) Concentrazione 13, ioni/m 3 Figura 4.3. Simulazioni relative alla variazione della concentrazione di drogante nella fibra Il segnale di uscita dal laser in fibra presenta un aumento della potenza di stato 52

61 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato stazionario all aumentare della concentrazione degli ioni droganti in quanto la potenza di pompa viene maggiormente assorbita, infatti il suo valore decresce. Allo stesso tempo si può osservare che l ampiezza delle oscillazioni, dovute all accensione del laser da parte dell impulso, diminuiscono anch esse all aumentare della concentrazione degli atomi di drogante Impatto lunghezza della fibra Le simulazioni sulla concentrazione di drogante hanno mostrato come l assorbimento del segnale di pompa migliori all aumentare della concentrazione di drogante e ci si aspetta che aumentando la lunghezza della fibra attiva, e quindi gli atomi di drogante eccitati dalla pompa, si ottenga lo stesso risultato. In figura (4.4) sono riportati i risultati di alcune simulazioni. (a) Lunghezza della fibra 1 m (b) Lunghezza della fibra 9 m (c) Lunghezza della fibra 20 m Figura 4.4. Simulazioni relative alla variazione della lunghezza della fibra attiva I risultati mostrati confermano quanto ipotizzato e mostrano come il segnale d uscita assuma valori crescenti all aumentare della lunghezza della fibra attiva. Le 53

62 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato oscillazioni si presentano maggiormente per lunghezze di fibra ridotte, infatti nella figura (4.4(a)) si può vedere come queste siano molto elevate e il segnale rimanga ad un valore molto limitato in quanto il segnale di pompa non viene quasi assorbito. L effetto contrario invece si verifica nel caso di fibre lunghe come ad esempio quella di figura (4.4(c)) dove il segnale assume un valore elevato e la pompa viene quasi tutta assorbita, in questa situazione però si verificano delle oscillazioni dovute alla rapidità di crescita della potenza del segnale di uscita Impatto dimensioni della fibra Le dimensioni del core e del cladding incidono sulla potenza guidata e sul numero di ioni che vengono eccitati quindi sulla potenza di uscita del segnale. Le simulazioni sono state eseguite per due fibre a singolo modo in quanto sono quelle utilizzate praticamente nella realizzazione del laser e dell amplificatore. In figura (4.5) sono riportati i risultati ottenuti per due tipologie di fibre diverse. (a) Raggi: core 2,5 µm, cladding 62,5 µm (b) Raggi: core 5 µm, cladding 62,5 µm Figura 4.5. Simulazioni relative alla variazione del raggio del core e del cladding I due esempi mostrano come, a parità di lunghezza della fibra attiva e di concentrazione di drogante, due fibre a singolo modo si comportino in maniera analoga dal punto di vista della forma del segnale di uscita. La fibra con il raggio del core maggiore però permette al segnale di pompa di essere più assorbito fornendo quindi un segnale di uscita con un livello di potenza più alto. Si possono inoltre notare le oscillazioni nella fase di accensione del laser che sono più marcate nella fibra con il core da 5 µm in quanto la potenza emessa è superiore. 54

63 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato 4.4 Simulazione statica del laser in fibra Le simulazioni preliminari hanno portato alla luce alcuni punti fondamentali su cui soffermarsi per progettare al meglio il laser in fibra, infatti la lunghezza della fibra, la potenza di pompa e le dimensioni fisiche del core e del cladding della fibra modificano radicalmente il segnale di uscita del laser. Per questo motivo si sono concluse le simulazioni con la generazione della curva P (I) di un laser in fibra il più possibile aderente alle caratteristiche di quello da realizzare sperimentalmente. Il laser simulato è caratterizzato da una fibra drogata all itterbio di lunghezza pari a 3 m con diametro del core di 10 µm e diametro del cladding di 130 µm. La curva ottenuta viene riportata in figura (4.6) Figura 4.6. Curva della potenza di uscita dal laser in fibra in funzione della corrente di pompa Il risultato della simulazione mostra il tipico andamento lineare del laser in condizioni di funzionamento soprasoglia. I valori ottenuti sono da considerarsi indicativi in quanto alcuni parametri delle fibre, considerati strategici da parte dei produttori, non sono noti e quindi i modelli su cui è basata la simulazione possono differire da quelli realmente utilizzati nella realizzazione pratica. 4.5 Valutazione componenti e strumentazioni La valutazione dei componenti per realizzare il laser è un passo fondamentale per una buona progettazione, sopratutto se si vuole ottenere un segnale di uscita con un tempo di salita relativamente basso, dell ordine di alcune decine di microsecondi, ma 55

64 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato allo stesso tempo che il diodo di pompa sia in grado di erogare la potenza necessaria a portare in conduzione il laser. Le limitazioni al tempo di salita si ipotizza che siano dovute principalmente a due componenti del sistema: il controllore del diodo di pompa e il diodo di pompa stesso. La verifica è stata focalizzata sulla scelta della miglior coppia di questi dispositivi. In totale sono state effettuate tre prove con tre laser differenti, due di pompa e uno di segnale, ipotizzando a priori che il laser più veloce nelle transizioni fosse il laser di segnale mentre quelli di pompa fossero più lenti e caratterizzati da tempi simili. Il banco di prova che è stato utilizzato per la misura del tempo di salita dei laser era composto dai seguenti strumenti: generatore di forme d onda SonyTektronix AWG2021; controllore del diodo laser ILX Lightwave LDC-3744B; fotodiodo Thorlabs DET10A/M; oscilloscopio Lecroy Wavejet354. e in base alle prove da uno dei laser di pompa. Il generatore di forme d onda è stato configurato in modo tale che fornisse in uscita un onda quadra con valori di ampiezza e frequenza diversi, così da poter verificare al variare di essi il comportamento del sistema. Un esempio di segnale ad onda quadra generato e posto in ingresso al controllore del diodo laser viene riportato in figura (4.7), esso è caratterizzato da una frequenza di 35 Hz. Il suo tempo di salita misurato tramite l oscilloscopio è di 160 ns ed essendo piccolo permette di considerare ideale la forma d onda. Figura 4.7. Onda quadra a 35 Hz in uscita dal generatore di forme d onda 56

65 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato In questo modo il generatore di forme d onda modula direttamente la corrente erogata dal controllore del diodo laser portando, periodicamente, all accensione e allo spegnimento del diodo di pompa. Il controllore del diodo laser è in grado di generare una corrente di 200 ma o 400 ma, a seconda della modalità selezionata, per ogni volt di tensione presente all ingresso di modulazione. Il fotodiodo, mediante il raggio laser incidente sulla giunzione p-n di un semiconduttore, crea coppie elettrone-lacuna che vengono spinte fuori dalla regione di esaurimento dal campo elettrico, generato tramite una batteria, in grado poi di generare una corrente. Quest ultima viene distribuita su un carico in modo tale da poter visualizzare, tramite un oscilloscopio, la forma d onda di uscita dal laser. Le funzioni di misura dell oscilloscopio hanno permesso di stimare il tempo di salita del fronte di salita e l ampiezza picco-picco dell onda quadra. Per ottenere l<a misura del tempo di salita si è utilizzata l opzione che fornisce il tempo tra l istante in cui il fronte di salita raggiunge il 10% dell ampiezza totale e l istante in cui raggiunge il 90% della stessa. Le misure effettuate, per ogni tipo di diodo di pompa, si dividono in due categorie a seconda della modalità di lavoro impostata per il controllore del diodo laser. Le due modalità sono entrambe di pilotaggio della corrente del laser però una a larga banda (HBW), consigliata sul manuale per segnali di frequenza superiore ai 3 khz, e l altra per segnali con frequenze inferiori. Nel seguito verranno riportati valori e grafici per entrambe le modalità mostrando così le differenze di funzionamento. L uscita di ogni diodo di pompa è stata misurata per quattro segnali ad onda quadra ognuno caratterizzato da un diverso valore dei parametri Laser di pompa Corning Lasertron Le misure sul laser di pompa Corning sono state effettuate con il controllore del diodo in modalità 200 ma/v in quanto sufficiente per portare in conduzione il laser di pompa. Il laser utilizzato ha una corrente di soglia I th pari a 35 ma quindi fornendo un segnale modulante di ampiezza pari a 0,25 V si raggiungono, unitamente alla corrente impostata direttamente nel controllore, i 75 ma necessari a superare la soglia. Il controllore del diodo laser permette di mantenere ad un valore fissato la temperatura del diodo di pompa comandando una cella di Peltier. La scelta attuata è stata quella di fissare una temperatura di 25 C in modo tale da potersi riferire ai valori riportati nel datasheet. I segnali che sono stati utilizzati per le verifiche hanno tutti la stessa forma, un onda quadra, ma sono caratterizzati da valori di ampiezza e frequenza differenti, come riportato in tabella (4.1). In questo modo, utilizzando segnali dall andamento simile, è possibile verificare il comportamento del diodo al variare di uno solo dei parametri. Infatti i segnali successivi al primo sono stati scelti in modo tale da 57

66 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato Frequenza [Hz] Ampiezza picco-picco [V] Offset [V] 35 0,25 0, ,50 0, ,25 0, ,25 0,125 Tabella 4.1. Tabella riassuntiva dei segnali applicati al diodo di pompa Corning Lasertron esserne rispettivamente il doppio in ampiezza, il doppio in frequenza e un multiplo elevato in frequenza. Introdotti i segnali che verranno utilizzati in ingresso al controllore del diodo laser per modulare la corrente di pilotaggio si mostrano ora, per ognuno di essi, le forme d onda ottenute in uscita dal diodo di pompa per ognuna delle due modalità di lavoro. Nelle figure (4.8(a)) e (4.8(b)) sono riportati i segnali di uscita dal diodo Corning ottenuti con la corrente di pilotaggio ad onda quadra di frequenza 35 Hz e ampizza 0,25 V rispettivamente per la modalità di pilotaggio normale (I) e quella a larga banda (I HBW ). Come è facile notare dai risultati mostrati dall oscilloscopio e riportati nella figura (4.8), il segnale in modalità I è caratterizzato da un tempo di salita pari a 20,20 µs e risulta più lento dello stesso segnale ottenuto in modalità I HBW, il cui tempo è di 748,0 ns. Il segnale ad onda quadra con ampiezza doppia, quindi caratterizzato da un ampiezza di 0,500 V e un offset di 0,250 V che corrispondono ad un valore di corrente massimo che fornisce il controllore di 125 ma (100 ma della modulazione più 25 ma (a) Pilotaggio normale (b) Pilotaggio a larga banda Figura 4.8. Segnali di uscita dal diodo di pompa con sollecitazione ad onda quadra a 35 Hz e ampiezza 0,25 V 58

67 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato (a) Pilotaggio normale (b) Pilotaggio a larga banda Figura 4.9. Segnali di uscita dal diodo di pompa con sollecitazione ad onda quadra a 35 Hz e ampiezza 0,50 V del controllore), ci si aspetta richieda un tempo di salita superiore in quanto il valore che deve raggiungere è maggiore rispetto a quello precedente. Nelle figure (4.9(a)) e (4.9(b)) sono riportati i segnali d uscita rispettivamente per la modalità I e quella I HBW. Il segnale in modalità I è contraddistinto da un tempo di salita pari a 16,30 µs che risulta anche in questo caso più lento dello stesso segnale ottenuto con la modalità I HBW, caratterizzato da un tempo di salita pari a 590,0 ns. In questa situazione si osserva che il tempo di salita diminuisce rispetto al caso precedente contrariamente a quanto ipotizzato. Questa diminuzione del tempo di salita, pari al 20% del totale, per entrambe le modalità è introdotta dal controllore del diodo che essendo progettato per lavorare con un valore di potenza più elevato risulta più veloce proprio all aumentare di essa. Le due prove effettuate hanno quindi appurato che l uscita del diodo è caratterizzata da tempi di salita differenti a seconda dell ampiezza della forma d onda di pilotaggio. A questo punto per verificare il comportamento del sistema al variare della frequenza del segnale d ingresso si è generata un onda quadra con frequenza doppia. Questo segnale ha un ampiezza di 0,25 V, un offset di V e una frequenza di 70 Hz. Nelle figure (4.10(a)) e (4.10(b)) sono riportati i segnali di uscita dal diodo di pompa rispettivamente per la modalità I e I HBW. I risultati ottenuti non si discostano sensibilmente da quelli raggiunti con il segnale a 35 Hz infatti anche in questo caso il tempo di salita è di 20,32 µs per la modalità I e di 726,8 ns per la modalità I HBW. Questo esito permette di consolidare le ipotesi effettuate precedentemente, cioè una variazione di frequenza non altera il comportamento del diodo di pompa che fornisce delle forme d onda di uscita comparabili con quelle viste nelle figure (4.8(a)) e (4.8(b)). Anche per questo esperimento la modalità I HBW permette di ottenere il tempo di salita minore. 59

68 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato (a) Pilotaggio normale (b) Pilotaggio a larga banda Figura Segnali di uscita dal diodo di pompa con sollecitazione ad onda quadra a 70 Hz e ampiezza 0,25 V L ultima prova effettuata ha come obiettivo la verifica della risposta del controllore del diodo laser ad una modulazione veloce. A tale scopo si è adottata la stessa forma d onda delle prime prove ma con una frequenza di 5 khz, cioè superiore di alcuni ordini di grandezza. Dai risultati ottenuti nelle prove precedenti si può supporre che il tempo di salita non cambi in quanto indipendente dalla frequenza che si utilizza. Le rappresentazioni del segnale in modalità I e in modalità I HBW sono riportate rispettivamente nelle figure (4.11(a)) e (4.11(b)). Dai grafici riportati si può notare come il tempo di salita effettivamente non si modifichi e rimanga dell ordine dei 20,11 µs per la modalità I e dei 748,0 ns per la modalità I HBW. In questo caso però la modalità I HBW, oltre a fornire il miglior tempo di salita, fornisce una forma d onda migliore che si avvicina maggiormente a quella ottenuta nelle altre prove. Questo comportamento è spiegabile se si considera il maggior numero di (a) Pilotaggio normale (b) Pilotaggio a larga banda Figura Segnali di uscita dal diodo di pompa con sollecitazione ad onda quadra a 5 khz e ampiezza 0,25 V 60

69 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato componenti spettrali che un filtro a banda più larga riesce a far passare. La modalità I HBW, grazie a queste componenti, fornisce una forma d onda ripida come quella in uscita dal generatore di segnali anche se in realtà è cinque volte più lenta. In conclusione la modalità I HBW, che utilizza un filtro a banda più larga rispetto alla modalità I, permette di modulare il diodo di pompa con frequenze dell ordine dei khz mantenendo confrontabili le forme d onda prodotte dal diodo laser con quelle generate per la modulazione. Una prima analisi dei valori e dei grafici ci permette di suppore che il tempo di risposta del sistema sia limitato dalla velocità del controllore del diodo laser e in parte minore dal diodo stesso. Per questo motivo la modalità I HBW, avendo delle prestazioni migliori, è quella che si utilizzerà per modulare le sorgenti laser nelle prove sperimentali successive. Per verificare se la limitazione è effettivamente introdotta dal controllore e solo in parte dal laser di pompa si ripeteranno gli stessi esperimenti con un laser di segnale. Questo componente essendo progettato per lavorare a frequenze elevate, dell ordine dei GHz, non dovrebbe incidere sul tempo di salita a meno che la limitazione non sia dovuta nella maggior parte dal laser di pompa. In tal caso si dovrebbe osservare una diminuzione dei tempi di Se essi non subiranno variazioni sarà possibile stabilire che le limitazioni sono introdotte esclusivamente dal controllore del diodo laser Laser di segnale Mitsubishi Lo scopo dell esperimento è valutare il segnale ottico in uscita dal laser di segnale modulato da un onda quadra configurata in modo tale da fornire informazioni sul tempo di risposta del sistema. Questo esperimento permette di proseguire l analisi del sistema iniziata con il laser di pompa Corning Lasertron e verificare se il tempo di risposta sia effettivamente limitato dal controllore del diodo laser o se sia limitato dal laser di pompa. Proprio per questo motivo si sono utilizzati gli stessi segnali, opportunamente riscalati, adoperati per il laser di pompa così da poter confrontare i valori che si otterranno con quelli misurati in quel caso. Le forme d onda fornite in ingresso al controllore del diodo laser, per le prove svolte, hanno le caratteristiche riportate nella tabella (4.2). Anche per questa esperienza si è utilizzata la modalità 200 ma/v in quanto impostando la corrente del Frequenza [Hz] Ampiezza picco-picco [V] Offset [V] 35 0,16 0, ,32 0, ,16 0, ,16 0,08 Tabella 4.2. Tabella riassuntiva dei segnali applicati al diodo di segnale Mitsubishi. 61

70 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato controllore del diodo laser a 15 ma e sfruttando la modulazione è stata sufficiente per portare in conduzione il laser di segnale. Il dispositivo utilizzato ha una corrente di soglia I th, pari a 25 ma, inferiore rispetto a quella del laser di pompa perciò fornendo un segnale modulante di ampiezza pari a 0,16 V si raggiungono, unitamente alla corrente impostata direttamente nel controllore, i 47 ma necessari per superare la soglia e portare in conduzione il laser. Anche per questa esperienza si è utilizzata una cella di Peltier per fissare la temperatura a 25 C così da potersi riferire ai valori riportati nel datasheet e alle misure precedentemente effettuate. Il banco di misura è stato adattato al funzionamento del diodo di segnale infatti è stato sostituito il fotodiodo della Thorlabs con uno della Hewlett-Packard. Questo cambiamento si è reso necessario in quanto il laser di segnale emette intorno ai 1550 nm cioè ad una lunghezza d onda esterna all intervallo di lavoro del fotodiodo della Thorlabs ( nm). Illustrati tutti i segnali che verranno utilizzati in ingresso al controllore del diodo laser per modulare la corrente di pilotaggio e le modifiche effettuate al banco di prova si passa ora alla discussione dei risultati ottenuti. Il primo segnale utilizzato per modulare il laser è stato impostato per avere una frequenza di 35 Hz, un ampiezza di 0,160 V e un offset di 0,08 V in modo tale da far generare una corrente compresa tra 0 ma e 32 ma che si va a sommare ai 15 ma costanti impostati direttamente nel controllore. Nelle figure (4.12(a)) e (4.12(b)) vengono riportati i segnali ottenuti rispettivamente per le modalità I e I HBW. Il segnale ottenuto nella modalità normale presenta un tempo di salita pari a 18,40 µs e risulta più lento dello stesso segnale ottenuto con la modalità a banda larga, caratterrizzato da un tempo di 863,0 ns. Questi valori non si discostano molto da quelli ottenuti per il diodo di pompa però risultano comunque più alti il che ci conferma l ipotesi che sia il controllore di corrente, invece che il diodo di pompa, ad (a) Pilotaggio normale (b) Pilotaggio a larga banda Figura Segnali di uscita dal diodo di segnale con sollecitazione ad onda quadra a 35 Hz e ampiezza 0,25 V 62

71 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato introdurre il ritardo dominante. Il segnale ad onda quadra con ampiezza doppia, quindi caratterizzato da un ampiezza di 0,320 V e un offset di 0,160 V che corrispondono ad un valore di corrente massimo, fornito dal controllore al diodo, di 79 ma (64 ma della modulazione più 15 ma del controllore), ci si aspetta richieda, questa volta, un tempo di salita inferiore in quanto il valore della potenza è superiore al caso precedente. Nelle figure (4.13(a)) e (4.13(b)) sono riportati i segnali d uscita rispettivamente per la modalità I e quella I HBW. Il segnale in modalità I presenta un tempo di salita pari a 17,5 µs e risulta più lento dello stesso segnale ottenuto con la modalità I HBW, il cui tempo è di 745,0 ns. In questa situazione si osserva che il tempo di salita, come ipotizzato, diminuisce rispetto al caso precedente ed è quindi possibile asserire che le limitazioni non sono introdotte dal diodo di pompa, bensì dal controllore. (a) Pilotaggio normale (b) Pilotaggio a larga banda Figura Segnali di uscita dal diodo di segnale con sollecitazione ad onda quadra a 35 Hz e ampiezza 0,32 V La verifica del comportamento al variare della frequenza si è svolta, come nel caso precedente, utilizzando un segnale ad onda quadra con frequenza pari a 70 Hz, con ampiezza di 0,16 V e con offset pari a 0,08 V. Nelle figure (4.14(a)) e (4.14(b)) vengono riportati i segnali ottenuti rispettivamente per la modalità normale e quella a larga banda. I risultati ottenuti si discostano molto poco da quelli ottenuti con il segnale a 35 Hz, in questo caso il tempo di salita è pari a 18,70 µs per la modalità I e pari a 860,0 ns per la modalità I HBW. Nonostante i tempi risultano superiori a quelli della stessa prova effettuata per il laser di pompa anche qui è possibile concludere che il tempo di salita non dipende dalla frequenza con cui si modula il segnale. L obiettivo della prova ad alta frequenza è, anche in questo caso, verificare la risposta del controllore del diodo laser ad una modulazione veloce. In questa parte si è utilizzato lo stesso segnale delle altre prove ma con una frequenza superiore pari a 5 khz. Il comportamento verificatosi per il primo laser dovrebbe, se le nostre 63

72 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato (a) Pilotaggio normale (b) Pilotaggio a larga banda Figura Segnali di uscita dal diodo di segnale con sollecitazione ad onda quadra a 70 Hz e ampiezza 0,16 V ipotesi sono corrette, riproporsi anche in questo caso. Infatti le componenti a frequenza più elevata del segnale dovrebbero non essere comprese nella larghezza del filtro del controllore quando opera nella modalità normale. Le rappresentazioni del segnale in modalità di pilotaggio normale e in quella a banda larga sono riportate rispettivamente nelle figure (4.15(a)) e (4.15(b)). Dai grafici riportati si può notare come il tempo di salita effettivamente non si modifichi in maniera sensibile e assuma un valore pari a 17,37 µs per la modalità I e d 862,0 ns per la modalità I HBW. Come è lecito aspettarsi la modalità I HBW risulta la migliore dal punto di vista del tempo di salita ma allo stesso tempo conferma l ipotesi formulata, infatti è la modalità che fornisce un segnale di uscita comparabile con quello posto all ingresso di modulazione del controllore del diodo. Dalle prove effettuate appare chiaro che la modalità di pilotaggio a larga banda (a) Pilotaggio normale (b) Pilotaggio a larga banda Figura Segnali di uscita dal diodo di segnale con sollecitazione ad onda quadra a 5 khz e ampiezza 0,16 V 64

73 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato Tipo Tempo di salita Segnale Laser Corning Laser Mitsubishi 35 Hz 748,0 ns 863,0 ns 35 HzA.D. 590,0 ns 745,0 ns 70 Hz 726,8 ns 860,0 ns 5 khz 748,0 ns 862,0 ns Tabella 4.3. Tabella comparativa dei tempi di salita permetta di ottenere i risultati migliori sia da un punto di vista del tempo di salita che da un punto di vista della forma d onda. I tempi ottenuti con tale modalità, come si può vedere nella tabella comparativa (4.3), non si discostano di molto, quindi permettono di effettuare alcune riflessioni sulle ipotesi che sono state formulate. L ipotesi che il diodo introducesse una limitazione trascurabile sul tempo di salita rispetto a quella introdotta dal controllore del diodo risulta fondata in quanto i tempi rimangono, anche per questo laser, dello stesso ordine di grandezza. La risposta del laser di segnale, invece, era stata ipotizzata più veloce rispetto a quella del diodo di pompa ma in questo caso si verifica la situazione opposta. Questa condizione può essere spiegata valutando le potenze e le frequenze utilizzate in questa prova. Infatti entrambe sono più basse rispetto a quelle utilizzate rispettivamente dal controllore, capace di erogare diversi watt di potenza, e dal laser per telecomunicazioni, in grado di erogare frequenze dell ordine dei GHz. Come visto sia nel caso del laser di pompa Corning che in questo, per i due segnali caratterizzati dalla frequenza di 35 Hz ma con ampiezza doppia uno rispetto all altro, il controllore del diodo laser risulta più veloce per i segnali con valori di potenze più elevati Laser di pompa Bookham L obiettivo principale di quest ultima esperienza è quello di verificare il segnale ottico di uscita dal laser di pompa Bookham. Tale diodo laser per funzionare richiede una corrente d ingresso più elevata quindi ci si aspetta che il tempo di salita, rispetto ai casi precedenti, diminuisca. Questo esperimento permette di terminare l analisi del sistema iniziata con il laser di pompa Corning Lasertron e proseguita con il laser di segnale Mitsubishi. Proprio per questo motivo, anche in questa prova, si sono utilizzati gli stessi segnali adoperati per gli altri laser così da poter confrontare i valori che si sono ottenuti con quelli precedenti. Le forme d onda fornite in ingresso al controllore del diodo per analizzare il laser hanno le caratteristiche elencate in tabella (4.4). Nelle analisi precedentemente effettuate sugli altri laser si è utilizzata la modalità 200 ma/v, quindi per mantenere la compatibilità fra le misure, anche per questo dispositivo si è mantenuta la stessa configurazione. La corrente del controllore del 65

74 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato Frequenza [Hz] Ampiezza picco-picco [V] Offset [V] , , ,5 Tabella 4.4. Tabella riassuntiva dei segnali applicati al diodo di pompa Bookham diodo laser è stata impostata a 500 ma e sfruttando la modulazione si è portato in conduzione il laser di pompa. Il laser utilizzato ha una corrente di soglia I th pari a 600 ma, quindi fornendo un segnale modulante di ampiezza pari a 1 V si raggiungono, unitamente alla corrente impostata direttamente nel controllore, i 700 ma sufficienti a superare la soglia e portarlo in conduzione. Questa tipologia di laser presenta solo due pin, quindi non permette il controllo di temperatura tramite la cella di Peltier direttamente dal controllore. Nel caso in cui si debbano raggiungere valori elevati di potenza è necessario collocare il laser su una superficie dissipante in modo tale da evitare che si surriscaldi. Le misure sono state effettuate solo con la modalità di pilotaggio della corrente del laser a larga banda (HBW) in quanto è stato appurato tramite le prove precedenti che, con questa modalità, si ottengono le prestazioni migliori. Il banco di misura è stato riportato alla condizione di partenza, cioè in uscita dal diodo di pompa è stato riposizionato il fotodiodo della Thorlabs. A tal proposito il segnale prodotto in uscita dal laser di pompa presenta una densità di potenza elevata che se posta direttamente in ingresso al fotodiodo lo danneggerebbe. Per questo motivo l uscita del laser è stata riflessa mediante uno specchio che, allargando il fascio, ha permesso di ridurne la densità di potenza rendendola idonea alla rilevazione con il fotodiodo. Il segnale utilizzato per modulare il laser è stato Figura Segnale di uscita dal diodo di pompa con sollecitazione ad onda quadra a 35 Hz e ampiezza 1 V 66

75 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato impostato per avere una frequenza di 35 Hz, un ampiezza di 1 V e un offset di 0,5 V in modo tale da imporre una corrente al controllore del diodo laser compresa tra 0 ma e 200 ma da sommarsi ai 500 ma costanti forniti direttamente nel controllore. Nella figura (4.16) viene riportato il segnale ottenuto. Il segnale presenta, come è facile verificare dai parametri presenti nel grafico, un tempo di salita pari a 303,0 ns. Il segnale ad onda quadra con ampiezza doppia è quindi caratterizzato da un ampiezza di 2 V e un offset di 1 V che corrispondono ad un valore di corrente massimo, che fornisce il controllore al diodo, di 900 ma (400 ma della modulazione più 500 ma del controllore). Questa volta data la crescita del valore di potenza fornita al diodo ci si aspetta un tempo di salita inferiore a tutti i casi precedentemente visti. La forma d onda ottenuta è stata riportata in figura (4.17). In questo caso però il segnale presenta un tempo di salita di 395 ns che è leggermente superiore a quello del caso riportato in figura (4.16), in quanto probabilmente le oscillazioni spurie presenti all apice del gradino non permettono una precisa identificazione dell istante di raggiungimento del valore pari al 90% dell ampiezza totale. Figura Segnale di uscita dal diodo di pompa con sollecitazione ad onda quadra a 35 Hz e ampiezza 2 V Allo stesso modo però rispetto ai tempi degli stessi esperimenti con i diodi precedenti rimane il miglior risultato ottenuto. Il risultato non si discosta sensibilmente da quello ottenuto con il segnale a 35 Hz infatti in questo caso il tempo di salita è pari a 346 ns. Il segnale utilizzato per la prova a frequenza doppia è un onda quadra con frequenza di 70 Hz, con ampiezza di 1 V e con offset di 0,5 V. In figura (4.18) viene riportato il segnale ottenuto in modalità I HBW. Come ormai di consueto l ultima prova effettuata ha come obiettivo la verifica della risposta del controllore del diodo laser ad una modulazione veloce. A tale 67

76 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato Figura Segnali di uscita dal diodo di pompa con sollecitazione ad onda quadra a 70 Hz e ampiezza 1 V scopo si è utilizzata la stessa forma d onda delle altre prove con una frequenza pari a 5 khz. Dai risultati ottenuti nelle prove precedenti si può supporre che il tempo di salita non debba variare in quanto indipendente dalla frequenza di utilizzo. La rappresentazione del segnale in modalità è riportata in figura (4.19). Figura Onda quadra a 5 khz in modalità I HBW Dal grafico si può notare come il tempo di salita effettivamente non si modifichi rimanendo dell ordine dei 344,0 ns cioè comparabile con quelli precedenti. Nella tabella (4.5) vengono comparati i tempi di salita ottenuti per i segnali in modalità I HBW per tutti i laser utilizzati per le prove svolte. Come si può notare, i tempi di salita non si discostano di molto e comunque rimangono dello stesso ordine di grandezza, le limitazioni sulla risposta del sistema dunque si possono supporre introdotte dal controllore del diodo laser e in parte molto minore dal laser. 68

77 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato Tipo Tempo di salita Segnale Laser Lasertron Laser Mitsubishi Laser Bookham 35 Hz 748,0 ns 863,0 ns 303,0 ns 35 HzA.D. 590,0 ns 745,0 ns 395,0 ns 70 Hz 726,8 ns 860,0 ns 346,0 ns 5 khz 748,0 ns 862,0 ns 344,0 ns Tabella 4.5. Tabella comparativa dei tempi di salita Analizzando questi dati il laser di pompa Bookham risulta il più veloce fra i laser valutati. Questo fatto ci permette di considerare valide le ipotesi fatte. Infatti se il controllore del diodo laser lavora con correnti maggiori è in grado di modulare più velocemente il segnale uscita e quindi il diodo risulta ininfluente dal punto di vista del tempo di modulazione. Ad esempio in quest ultimo caso le correnti sono comprese tra i 600 ma e i 900 ma, cioè maggiori rispetto a tutti gli altri casi, e di conseguenza il tempo di salita diminuisce sensibilmente quasi dimezzandosi. L ultima osservazione permette di notare che nelle altre verifiche del sistema, quando si poneva in ingresso un onda con ampiezza maggiore, era possibile ottenere una diminuzione del tempo di salita. Anche se in questa situazione il risultato si discosta rispetto agli altri casi si può concludere che in realtà con l aumentare dell ampiezza della corrente di modulazione anche le prestazioni della modulazione stessa migliorino. 4.6 Risposta in frequenza del laser Bookham Nelle sezioni precedenti si è trattata l ipotesi che il tempo di salita del laser non si modifichi con la frequenza e quindi indirettamente che la potenza in uscita dal laser, a parità di corrente di pilotaggio, rimanga invariata al modificarsi della frequenza. Per verificare la veridicità delle ipotesi sono state eseguite delle misure dell ampiezza del segnale di uscita dal diodo di pompa Bookham in funzione della frequenza. Partendo da queste misure si è ottenuto un diagramma della risposta in frequenza del laser. In figura 4.20 viene riportato il diagramma della risposta in frequenza del laser. Come si può vedere dalla figura il diagramma è pressoché piatto quindi l ampiezza e il tempo di salita del segnale sono indipendenti dalla frequenza di modulazione del laser. Dato che la risposta risulta piatta, l ipotesi formulata risulta valida. 69

78 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato Figura Risposta in frequenza del diodo laser di pompa Bookham Controllore del diodo laser La fase di verifica dei componenti ha portato alla luce alcuni fattori importanti che hanno permesso di valutare al meglio quale diodo di pompa e quale controllore utilizzare. Dalle prove è apparso chiaro che la scelta del diodo non è vincolante dal punto di vista dei risultati ottenibili, ma che lo è la scelta del controllore. Data la necessità di comandare il diodo di pompa con una corrente elevata, in modo tale da ottenere migliori prestazioni, la coppia controllore ILX Lightwave LDC-3744B e generatore di forme d onda Tektronix AWG2021 risulta non adatta allo scopo. Infatti il controllore può produrre al massimo 4 A di corrente di uscita e tale inadeguatezza è resa ancora più critica dalla massima tensione di uscita del generatore di funzioni, pari a 5 V pp, che collegata al massimo valore di conversione del controllore, pari a 400 ma/v, non permette di superare i 2 A di corrente di pilotaggio. Per superare questo limite si possono seguire due strade: sostituire il generatore di forme d onda o sostituire il controllore del diodo. Nel primo caso si richiede che la tensione di uscita superi i 5 V pp mentre nel secondo che il fattore di conversione sia superiore a 400 ma/v. La scelta effettuata, data la disponibilità in laboratorio, è stata quella di sostituire il controllore ILX Lightwave LDC-3744B con il Wavelength electronics PLD10K-CH[14]. Il PLD10K-CH è un controllore di diodi laser caratterizzato da una bassa tensione operativa, +5 V in continua, e dalla capacità di implementare un limitatore di corrente attivo. In questo modo il componente è in grado di minimizzare la dissipazione di calore e garantire protezione e massima stabilità operativa per il diodo 70

79 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato (a) Dispositivo (b) Schema Figura Wavelength electronics PLD10K-CH laser. Quando la corrente di pilotaggio del laser raggiunge il valore massimo, impostato tramite un apposita resistenza variabile, l uscita viene disabilitata e un LED di verifica si illumina. In figura (4.21(a)) viene riportato il controllore mentre in figura (4.21(b)) viene riportato il suo schema con i riferimenti ai connettori e ai morsetti. Nello schema di figura (4.21(b)) si possono facilmente notare i quattro connettori identificati rispettivamente dalle sigle H1, J1, J2 e J3. Ognuno di essi permette di gestire e controllare uno specifico componente esterno, come ad esempio un fotodiodo e il diodo laser, oppure di monitorare il controllore stesso. Per la trattazione della piedinatura si veda l appendice (A). Il PLD10K-CH è in grado di erogare fino a 10 A di corrente in ingresso al diodo laser quindi si presta alle esigenze di potenza richieste dalle prove di laboratorio. Questo dispositivo, grazie all ingresso di modulazione, è in grado di utilizzare la stessa onda quadra fornita nelle prove sperimentali precedenti trasformandola in una corrente in grado di pilotare il diodo laser. L intervallo di tensione che l ingresso di modulazione può ricevere è compreso tra 0 e +5 V che in base alla funzione di trasferimento presente sul datasheet, pari a 2,3 A/V, corrisponde ad una corrente compresa tra 0 A e 11,5 A. In realtà tale corrente è limitata a 10 A a meno che il dispositivo non venga alimentato a +5,5 V. Un fattore importante da considerare è la banda di lavoro del dispositivo che è di 80 khz quindi pienamente in grado di gestire i segnali utilizzati nelle prove. 71

80 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato 4.7 Realizzazione del laser in fibra La fase di verifica dei componenti, unitamente a quella di simulazione, ha permesso di individuare la strumentazione e la componentistica adatta alla realizzazione del laser in fibra. Infatti il diodo di pompa scelto è il BMU10A-940A-02-R, prodotto Bookham (oggi Oclaro), caratterizzato da una lunghezza d onda centrale di 940 nm e da una corrente di soglia di 430 ma. Questo dispositivo è in grado di erogare fino a 10 W. Il diodo utilizzato è riportato in figura (4.22(a)). Gli altri parametri fondamentali del diodo sono le dimensioni della fibra di uscita. Infatti in base al tipo di fibra di uscita si deve utilizzare un combiner per poterla adattare a quella utilizzata dallo specchio ad alta riflettività. Nel caso del diodo Bookham la fibra è caratterizzata da un diametro del cladding di 125 µm e da un diametro del core di 105 µm. Per mantenere un corretto accoppiamento si è utilizzato un combiner della AOFR, con efficienza dell 80,1% per la lunghezza d onda di pompa, che presenta uno dei due ingressi delle stesse dimensioni della fibra del diodo e l uscita su una fibra con dimensioni del core di 10 µm e dimensioni del cladding 125 µm. In questo modo, dato che l HR dell ITF è caratterizzato dalle stesse dimensioni di core e cladding, si assicura una corretta propagazione del segnale di pompa. La rappresentazione del combiner utilizzato è riportata in figura (4.22(b)). Per ora il laser in fibra è composto da un diodo di pompa connesso ad un accoppiatore che è a sua volta connesso ad uno specchio ad alta riflettività (pari al 99%), che rappresenta la parte iniziale della cavità del laser. A questo punto quindi è necessario introdurre il mezzo attivo che nel nostro caso è la fibra ottica drogata all itterbio. A tal proposito è sempre necessario fare riferimento alle misure del core e, in questo caso, dell inner cladding che devono corrispondere a quelle del core e del cladding dell HR. Per questo motivo è stata scelta la fibra Nufern con la sigla LMA-YDF-10/125 che identifica rispettivamente il tipo di fibra (Large Mode Area), il tipo di drogante (Ytterbium Doped Fiber) e il diametro del core (10 µm) e del cladding (125 µm). La lunghezza del mezzo attivo è stata scelta basandosi sulle simulazioni e sulla disponibilità in laboratorio. Il valore scelto è di 3 m in quanto permette di ottenere valori di potenza sufficientemente elevati e, allo stesso tempo, di minimizzare la pompa residua, un problema che verrà mostrato in seguito come gestire. La fibra in questione è caratterizzata da un attenuazione nel cladding interno inferiore a 15 db/km e da un polimero a basso indice di rifrazione per il cladding esterno. La fibra utilizzata è riportata in figura (4.22(c)). La fibra rappresenta il mezzo attivo quindi per terminare la cavità risonante è necessario un accoppiatore di uscita connesso tramite splice al termine della fibra attiva. L accoppiatore scelto è stato prodotto dalla AOFR ed è caratterizzato dalle stesse dimensioni di core e cladding della fibra attiva. Nel nostro caso dopo l accoppiatore di uscita è necessario introdurre un accorgimento per evitare di propagare in uscita la potenza di pompa residua, evento ovviamente indesiderato. Per fare 72

81 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato (a) Diodo di pompa Bookham (b) Combiner 2 1 AOFR (c) Fibra LMA-YDF- 10/125 Nufern Figura Rappresentazione dei primi componenti del laser in fibra sperimentale ciò si connette all uscita dell OC un metro di fibra passiva delle stesse dimensioni viste prima (10/125 µm) e si pratica l eliminazione del rivestimento esterno per una lunghezza di circa 10 cm lasciando quindi scoperto il cladding. A questo punto si applica una resina polimerica ad alto indice di rifrazione che non permette la propagazione della pompa residua evitando quindi che si manifesti all uscita del laser. Questo dispositivo prende il nome di mode stripper. Le operazioni di fusione (splice) sono operazioni molto delicate in quanto, se effettuate nel modo errato, possono introdurre perdite elevate già nelle fibre a singolo cladding passive ma ancor più nelle fibre a doppio cladding, le quali sono particolarmente difficili da giuntare dato che presentano nella loro struttura atomi droganti che non fondono nello stesso modo del vetro silicico non drogato. In pratica nelle operazioni di splicing due tratti di fibra ottica delle stesse dimensioni possono essere uniti tramite fusione, ottenendo un ottimo accoppiamento del core. Questa operazione è effettuata in modo semiautomatico mediante apparecchiature che allineano autonomamente i cladding o addirittura i core e controllano la fusione con tecniche sofisiticate. L apparato di fusione utilizzato in laboratorio è prodotto dalla Fujikura e porta alla fusione le due fibre mediante un arco voltaico. La prima difficoltà riscontrata in questa fase è proprio legata alla realizzazione di giunti qualitativamente elevati da non introdurre altre perdite di potenza. Una prima realizzazione del laser in fibra, infatti, è fallita proprio a causa della scarsa qualità delle splice che introducendo troppa attenuazione hanno causato l arrivo di 73

82 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato Controllore Diodo Combiner η Comb HR η HR Laser P 1064 /P Pump 1 A 0,48 W 0,39 W 0,81 0,35 W 0,89 3 mw 0,009 1,5 A 0,945 W 0,773 W 0,818 0,696 W 0,9 55 mw 0,079 2 A 1,4 W 1,15 W 0,821 1,04 W 0, mw 0,173 2,5 A 1,85 W 1,52 W 0,821 1,36 W 0, mw 0,223 3 A 2,29 W 1,87 W 0,817 1,69 W 0, mw 0,249 3,5 A 2,7 W 2,22 W 0,822 2 W 0,9 528 mw 0,264 4 A 3,1 W 2,55 W 0,823 2,3 W 0, mw 0,263 Tabella 4.6. Tabella riassuntiva delle misure effettuate sul laser in fibra una potenza troppo limitata all interno della cavità non permettendo quindi al dispositivo di superare la soglia di funzionamento e laserare. In questa fase è stato necessario separare nuovamente tutti i componenti con conseguente necessità di pulire e tagliare (cleaving) in maniera corretta i capi di ogni fibra. Al termine di questa operazione si è rieffettuata la procedura di fusione di ogni singolo componente, aggiungendo la caratterizzazione di ogni nuovo componente inserito (si veda la sezione successiva), ottenendo delle giunzioni migliori e raggiungendo quindi l obiettivo di far laserare il dispositivo. 4.8 Prove di funzionamento in continua La verifica del corretto funzionamento del laser in fibra è stata eseguita per ogni componente in modo tale da valutare l effetto dell introduzione di ognuno di essi nella catena del sistema. Il primo componente caratterizzato è stato il diodo di pompa in modo tale da conoscere l effettiva potenza ottica lanciata nel sistema. Al termine dell operazione di caratterizzazione del diodo è stato aggiunto il combiner ed è stata misurata la potenza di uscita in modo tale da poterla rapportare con quella in ingresso e calcolare così l efficienza del collegamento. Il componente ha un efficienza nominale fornita dal costruttore dell 84% ma ci si aspetta che il suo valore peggiori a causa della splice introdotta tra l uscita del diodo di pompa e l ingresso del combiner. La verifica successiva prima di arrivare a quella definitiva del laser in fibra è quella dell uscita dell HR. Anche in questo caso si è calcolata l efficienza tra l uscita del combiner e l uscita dell HR in modo tale da conoscere l effettiva potenza che giunge all interno della cavità. La caratterizzazione del laser in fibra è stata effettuata comparando la potenza ottica in uscita dallo stripper con la corrente d ingresso al diodo di pompa. Allo stesso tempo però è stata calcolata l efficienza tra la potenza in uscita dal laser e quella in ingresso alla fibra attiva (cioè l uscita dell HR). La caratteristica P (I) del laser ci si aspetta segua un andamento lineare al crescere della corrente solo quando il laser in fibra si trova nella condizione di lavorare sopra soglia. 74

83 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato Nella tabella (4.6) sono riportati i valori della caratterizzazione e le relative efficienze. Infatti per ogni componente si riporta la grandezza che fornisce in uscita. Il grafico della potenza ottica d uscita dal laser in funzione della corrente di pilotaggio, fornita dal controllore al diodo di pompa, è riportato in figura (4.23). Per ottentere un quadro più ampio sul funzionamento del laser in fibra si è proseguita la caratterizzazione fino a 6 A di corrente. Il grafico permette di osservare con chiarezza che dopo la soglia del laser in fibra, che vale circa 1,5 A, la curva assume un comportamento quasi lineare ad eccezione della potenza relativa ai 4 A di corrente. In questo punto il laser, a causa dell assenza di controllo di temperatura, potrebbe aver subito una variazione del punto di lavoro ottimale. La differenza tra la curva simulata e quella reale non è significativa se si valutano gli effetti che possono averla causata: la diversità dei parametri di cross section del modello simulato e l instabilità dovuta alla temperatura durante le operazioni di misura. I risultati delle misure sono aderenti a quelli della simulazione quindi è possibile concludere che il laser in fibra funzioni correttamente. Figura Grafico delle curve P (I) ottenuta con la simulazione e misurata con il laser in fibra 75

84 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato 4.9 Prove di funzionamento impulsato La fase di misurazione in continua del laser ha mostrato il corretto funzionamento del dispositivo e che i valori di potenza di uscita sono accettabili per lo scopo di verifica dei parametri della fibra utilizzata. Il passo successivo è quello di impulsare il laser mediante l ingresso di modulazione del controllore del diodo di pompa in modo tale da verificare l andamento della potenza di uscita dal dispositivo in questa modalità. Per iniziare è stato necessario scegliere i segnali da impostare nel generatore di forme d onda. La forma del segnale rimane ovviamente un onda quadra e, siccome si è interessati al comportamento del dispositivo a delle sollecitazione sia di bassa che di alta frequenza, si utilizzano due soli valori di frequenza: 35 Hz e 1 khz. La prima configurazione esaminata per entrambe le frequenze è caratterizzata da una corrente di pompa media di 2,3 A e da un segnale di modulazione con ampiezza di 0,20 V e offset di 0,53 V, cioè una condizione limite appena sopra la soglia di funzionamento. In entrambe le situazioni si possono osservare le oscillazioni di rilassamento che tendono poi al valore di stato stazionario (steady state). Come si può vedere confrontando i due grafici in figura (4.24) all aumentare della frequenza il valore di stato stazionario aumenta. L andamento delle oscillazioni non varia sensibilmente al variare della frequenza ma si può notare come nella prova di figura (4.24(b)) la loro ampiezza diminuisca più uniformemente rispetto al caso di figura (4.24(a)). Le oscillazioni di rilassamento dipendono infatti dalla lunghezza della fibra drogata all itterbio posta nel mezzo attivo o per meglio dire dalla natura delle transizioni di stato degli ioni. Tutti i laser in fibra potendo assumere diversi valori di lunghezza d onda subiscono, al variare di essa, un alterazione della dinamica delle oscillazione che a sua volta può influenzare fortemente le caratteristiche del funzionamento a impulsi. In particolare con le figure (4.24) e (4.25), è stato dimostrato il notevole effetto transitorio nel laser sottoforma delle oscillazioni di rilassamento che hanno un tempo di decadimento e uno smorzamento fortemente dipendente dalla lunghezza d onda operativa. Inoltre da studi teorici la frequenza d oscillazione di rilassamento dipende direttamente dall assorbimento della fibra alla lunghezza d onda del segnale e quindi dalla potenza di pompa. La prova successiva è stata eseguita applicando una corrente di pompa media di 2,91 A e una modulazione con ampiezza e offset rispettivamente di 0,44 V e 0,65 V. In questa situazione l andamento della potenza di uscita assume due comportamenti ben distinti. In figura (4.25(a)) si riporta l andamento per la modulazione con frequenza di ripetizione pari a 35 Hz, in questo caso la potenza di uscita dal laser si stabilizza dopo 250 µs dopo una fase oscillatoria con distanze tra i picci di circa 10 µs. La modulazione ad 1 khz, riportata in figura (4.25(b)), introduce un numero minore di oscillazioni che causano un decadimento più rapido del laser allo stato stazionario. Il segnale in quest ultimo caso si stabilizza dopo 100 µs e la distanza tra i picchi rimane pari a 10 µs. Questa invarianza del periodo delle oscillazioni è 76

85 4 Realizzazione di un laser in fibra impulsato (a) Risposta all impulso con frequenza di ripetizione 35 Hz (b) Risposta all impulso con frequenza di ripetizione 1 khz Figura Segnale di uscita dal laser in fibra per una corrente di pompa di 2,3 A direttamente connessa all intensità costante della potenza di pompa. Confrontando le risposte riportate nelle figure (4.24) e (4.25) si può evincere che all aumentare dell intensità della pompa il numero di ioni eccitati supera la soglia, come visto nelle rate equation riportate nel paragrafo (3.5), e l intensità del segnale di uscita dal laser inizia a crescere esponenzialmente nel tempo. Questa fase rappresenta la nascita di un impulso, quest ultimo continua a crescere fino a che il tasso di emissione stimolata non supera quello di decadimento spontaneo causando la diminuzione dell impulso stesso. La sperimentazione del comportamento dinamico del laser può ritenersi conclusa con risultati soddisfacenti in quanto lo si è potuto analizzare sia al variare della frequenza che dell intensità di pompa, ma per avere una più ampia conoscenza del dispositivo progettato si è effettuata la misurazione dello spettro del segnale di (a) Risposta all impulso con frequenza di ripetizione 35 Hz (b) Risposta all impulso con frequenza di ripetizione 1 khz Figura Segnale di uscita dal laser in fibra per una corrente di pompa di 2,91 A 77

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