Declino o trasformazione? Il ruolo delle scelte strategiche nell industria dell auto

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1 Declino o trasformazione? Il ruolo delle scelte strategiche nell industria dell auto Ciravegna, L. WP7/2005

2 Declino o trasformazione? Il ruolo delle scelte strategiche nell industria dell auto 1 Luciano Ciravegna 2 1 La prima versione del paper è stata presentata presso l Universitá Bocconi, ciclo seminari ASSI. L autore ringrazia la CRT e l Universitá del Piemonte Orientale (sede Novara) per il supporto finanziario (Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Progetto Alfieri e PRIN Sistemi locali di produzione, catene globali del valore e strategie di upgrading coordinati dalla Prof. Rabellotti). L autore ringrazia l Universitá Bocconi e i discussants, il Prof. Berta, il Prof. Crepax, il Prof. Enrietti, il Prof. Lanzetti, il Prof. Pichierri e il Dott. Magnabosco per la loro collaborazione al brainstorming che ha portato alla stesura di questo lavoro. 2 Luciano Ciravegna, PhD Candidate presso il Development Studies Institute della London School of Economics e aasegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Economiche dell Università del Piemonte Orientale. 1

3 Premessa La discussione pubblica che ha accompagnato lo svolgersi della lunga crisi della Fiat in Italia, non molto diversa dai dibattiti riguardanti le debolezze dei produttori d auto americani, non sembra aver tenuto nel debito conto i mutamenti in atto nello scenario internazionale dell industria automobilistica. L evoluzione dei trend di domanda, delle tecnologie portanti, e della distribuzione dei margini stanno modificando radicalmente le caratteristiche del settore, generando simultaneamente grandi opportunità e grandi sfide per gli attuali competitors. Questi cambiamenti non sono di natura contingente, ma sistemica: riguardano l assetto di mercato e lo sviluppo tecnologico-strutturale del bene. Si tratta quindi non di declino, ma di evoluzione sistemica. Una evoluzione che sta causando difficoltà notevoli in quanto il settore è stato caratterizzato per decenni da cambiamenti tecnologici marginali, che non hanno causato sostanziali modifiche all architettura del prodotto. Tuttavia, come ogni evoluzione tecnologica radicale, lo shift verso sistemi propulsivi differenti genererà importanti dinamiche di domanda per quei produttori in grado di prevederne le traiettorie, proprio come lo spostamento dell asse Triade verso mercati emergenti sta già creando opportunità di rilievo per gli attori in grado di strutturare adeguatamente le proprie strategie. Questo working paper analizza i fattori di cambio che stanno incidendo sull assetto globale dell industria dell auto con l obiettivo di stimolare nuove traiettorie di ricerca. La ricerca è strutturata come un business report, ed è basata sull analisi di dati estrapolati dalle analisi di mercato e di settore elaborate nella City come a Wall Street. 2

4 L importanza delle strategie Le imprese non subiscono semplicemente i trend evolutivi del loro settore e dei mercati in cui operano, ma di fatto si trovano sempre di fronte a scelte operative. Più è complesso il bene e grande l impresa, più alta sarà la gamma di scelte strategiche a cui si troveranno di fronte gli organi direttivi. Nonostante queste interpretazioni siano generalmente accettate sia in campo accademico che dagli stessi decision makers, ovvero i manager delle grandi imprese, spesso i dibattiti di politica economica riguardanti una particolare industria non ne tengono conto. Sembra che le sorti di un settore siano ineluttabili, e che seguano una logica di tipo aggregato, in cui i trend evolutivi generalizzati offuscano l entità individuale delle imprese che compongono il settore, quasi non vi fosse distinzione tra Fiat e Vw, o tra Benetton e Zara. Si sente parlare di declino dell industria dell auto, di scomparsa dell industria tessile, di tenuta dell industria elettromeccanica: si dimentica spesso invece che, oltre ai trend di settore, le singole imprese non solo ottengono risultati differenti tra loro, ma si trovano ad affrontare sempre più difficili scelte strategiche. La logica di generalizzazione settoriale avrebbe forse senso in un contesto di imprese statali che non hanno un identità autonoma, e quindi mancano fondamentalmente del privilegio della scelta. Il sistema economico capitalista è basato precisamente sulla combinazione delle scelte, non necessariamente sempliciste come vorrebbe la teoria della massimizzazione dell utilità, effettuate da innumerevoli individui ed imprese, che gradualmente portano ad un equilibrio tra domanda e offerta e quindi determinano l allocazione di risorse tra i settori produttivi. Anche nel contesto di un settore in fase declinante, ogni impresa si trova di fronte a delle scelte: di mercato, di prodotto, di processo, di marketing, ma anche scelte proprietarie e politiche. Sono proprio queste scelte, che rientrano nella definizione di strategie, che possono ribaltare il tracollo di un impresa declinante o causare la crisi di un impresa in grande crescita. La natura individuale di ogni impresa che forma un settore è risultato diretto delle strategie da essa adottata, in quanto esse ne configurano i vantaggi competitivi, e ne influenzano gli esiti nel breve e nel lungo termine. Gli economisti dell innovazione (Dosi, Lall, Nelson, Antonelli) e i sociologi industriali (Bonomi, Beccattini, Piore-Sabel, Storper) enfatizzano che il contesto istituzionale e territoriale in cui le imprese trovano le loro radici ha un effetto sulle scelte strategiche che esse intraprendono, e, in particolare, sullo sviluppo delle loro technological capabilities. Il tipo di risorse a cui ha accesso l headquarter di una corporation durante i suoi primi anni di crescita è fondamentale per determinarne la struttura, i punti forza, e le debolezze. Anche se questi fattori cambiano nel momento in cui la corporation investe in altri paesi e si installa in locazioni in cui la disponibilità di risorse e fattori di produzione è differente, è durante gli anni iniziali che una azienda assume le caratteristiche che la distinguono, la sua corporate culture e le sue inclinazioni strategiche. Inevitabilmente, per path dependency, continuità istituzionale, immagine sui mercati, ma anche per rigidità burocratica ai cambiamenti radicali, queste caratteristiche finiscono col perdurare nel 3

5 tempo. Quindi ecco che il Toyota manufacturing system non è altro che la risposta strategica di una piccola impresa ai constraints che caratterizzavano l economia giapponese durante gli anni quaranta e cinquanta, ovvero alto costo della terra, della materia prima e delle macchine, bassi livelli di domanda e alta diversificazione di essa. E evidente che non si possono estrapolare la natura e le caratteristiche di una impresa dalla realtà territoriale in cui essa è nata e cresciuta. Tuttavia, spesso ci si sofferma anche troppo a discutere questi aspetti e le conseguenti implicazioni di politica industriale senza riflettere sull aspetto strategico. I supply constraints che la Toyota si trovò ad affrontare durante il dopoguerra in Giappone non sono dissimili dalle condizioni in cui si sviluppò l industria automobilistica italiana (Si ricordino, per esempio, le difficoltà incontrate da Valletta nel trasferire il modello di produzione di massa in Italia) che peraltro era dotata di capacità ingenieristiche e innovative e di un parco di fornitori sicuramente più competitivo ed evoluto di quello giapponese. Perché quindi non furono Fiat o Alfa Romeo ad inventare la lean production? Anche se l invenzione della produzione snella - lean production - detta anche Toyotismo, è figlia non solo del paese in cui avvenne, ma anche del momento preciso di sviluppo storico che quel paese stava attraversando, è importante ricordare che è anche e prima di tutto, risultato dell ingegno degli uomini che autonomamente definirono la rischiosa scelta strategica di modificare radicalmente i principi della produzione di massa. Le innovazioni di processo che hanno gradualmente definito i principi della produzione snella non furono infatti introdotti da Suzuki, Honda, o Dahiatsu, aziende che si trovarono ad affrontare gli stessi constraints, ma inizialmente solo da Toyota. L errore delle analisi che generalizzano le sorti di un settore sta proprio nel dimenticare che le imprese sono entità differenti tra loro, e che sono guidate da uomini, che scelgono, che sbagliano, che sono dotati di capacità di giudizio soggettive e di valutazioni indipendenti insomma che esercitano quell entrepreneurship Shumpeteriana su cui si reggono i cicli di crescita e di innovazione del sistema capitalista. L importanza delle scelte strategiche nel determinare, specialmente nel lungo termine, il successo di un impresa è particolarmente evidente nel caso dell industria automobilistica. Alle soglie del 2005 l industria automobilistica si trova in un periodo difficile, spesso segnato da definizioni tragiche, quali declino, crisi, tracollo. La sofisticazione dei consumatori in un settore maturo contribuisce a rendere la domanda sempre più diversificata e frammentata, riducendo le economie di scala potenziali e forzando le imprese a investire ingenti somme in product development. I produttori soffrono di ingente capacità in eccesso e della saturazione dei mercati più importanti, ovvero la Triade. La maggior parte dei problemi sofferti dalle Oem nel 2005, salvo la saturazione dei mercati, avrebbero potuto descrivere anche il periodo degli anni in Giappone, dove le imprese automobilistiche iniziarono a competere in un mercato piccolo, diversificato, dalle sorti incerte, e affetto da altissimi costi dei fattori di produzione. Eppure fu 4

6 proprio in quegli anni, in quelle condizioni, che si forgiò la forza di quella che oggi si potrebbe definire quale migliore Oem (Original Equipment Manufacturer) automobilistica, Toyota. Quindi la suddetta crisi potrebbe non essere che un momento di transizione, in cui le imprese automobilistiche si trovano ad affrontare decisioni strategiche di medio e lungo periodo che influenzeranno la configurazione dell intero sistema dell auto, i vantaggi competitivi, le quote di mercato, il rapporto coi componentisti. Attualmente La redditività media dell industria è calata, e le Big Three sono affette da gravi problemi di solvibilità (McKinsey Automotive, Just Auto, Bloomberg). Tuttavia, questi fattori potrebbero semplicemente indicare che le imprese automobilistiche stanno riconfigurando le loro strategie e preparandosi ad un nuovo ciclo di crescita. In questo caso sarebbe opportuno pensare all industria dell auto come ad un industria in fase di riallineamento e in procinto di incontrare nuove importanti opportunità di profitto, non ad un industria in crisi irreversibile. La performance dell industria automobilistica, non particolarmente brillante se comparata con altri settori, e i problemi affrontati da molti produttori, in primis le Big Three americane, riflette le difficoltà che i produttori incontrano nell adattarsi ai profondi cambiamenti in atto, non una generalizzata tendenza al declino. Il momento di stallo nella crescita dei margini nel settore e indicativo degli alti investimenti effettuati per affrontare l evoluzione dei trend di domanda e l imminente shift verso architetture di prodotto radicalmente differenti. L industria sta attraversando una fase di intensa trasformazione, in cui sia la tecnologia portante che la configurazione geografica della produzione sono soggette a intense pressioni evolutive, rallentate dall inerzia che caratterizza i settori maturi, dal potere di lobby delle grandi Oem e dalle politiche pubbliche. Ogni fase di riallineamento strategico, come la graduale trasformazione da metodi produttivi semi artigianali alla produzione di massa, risulta in drammatiche razionalizzazioni e ristrutturazioni, che non lasciano immutato l assetto di un industria, ma generano tra le aziende vincitori e perdenti - citando ancora Schumpeter - provocano una distruzione creativa. Le fasi di transizione sono caratterizzate da alti livelli di investimento necessari a finanziare cambi tecnologici strutturali, e dal rischio relazionato alla scelta di una traiettoria tecnologica. Solo le imprese che maturano scelte strategiche adeguate a fortificare i loro vantaggi competitivi sopravvivono alla transizione e si rafforzano. Inevitabilmente, le imprese che si adattano troppo lentamente ai cambi di contesto o che adottano scelte strategiche meno competitive durante questi periodi di accelerata evoluzione dell industria sono destinate a perdere posizioni competitive o addirittura a soccombere. Si pensi, per esempio, al numero di produttori di auto presente in Europa durante gli anni 20 e 30, e alle capacità tecnologiche, know how, nonché branding da essi accumulato. Quanti di questi produttori sono sopravvissuti alla trasformazione dell auto da bene di lusso a bene di consumo di massa? Quanti hanno internalizzato il fordismo e hanno beneficiato della rivoluzione tecnologica e manageriale introdotta dai produttori americani tra gli anni 30 e gli anni 50? E importante sottolineare che le imprese che intrapresero le scelte strategiche necessarie 5

7 per poter competere nel contesto del dopoguerra non solo si consolidarono, ma registrarono tassi di crescita senza precedenti, trasformandosi da medie imprese a grandi multinazionali, che dagli anni 60 competono attivamente con le grandi sorelle americane. L'evoluzione della natura delle industrie risulta da una combinazione di macrofattori politici, sociali ed economici, e dalle scelte strategiche adottate dai principali attori per rispondere ai cambiamenti che avvengono nel contesto socio-politico-economico in cui operano. Attenendosi agli studi di Humphrey e dell UNIDO (Humphrey, 2002; UNIDO, 2001), che definiscono l auto quale industria operante tramite producer-driven value chains, le strategie nell automotive risultano prevalentemente dalle scelte dei produttori, non sono necessariamente direttamente influenzate dalle preferenze dei consumatori. Secondo la nostra interpretazione questo modello analitico enfatizza gli elementi di cambiamento tecnico introdotti dai produttori ma rischia di sottostimare l importanza del contesto competitivo come fattore determinante per la definizione delle strategie corporative. L industria automobilistica ha attraversato tre importanti fasi di evoluzione strutturale, durante le quali si sono evoluti non solo il prodotto e i processi produttivi, ma anche i principi teorici alla loro base, nonché il concetto stesso di automobile: la nascita dell industria, il passaggio da bene di lusso a bene di consumo, e l avvento della produzione snella o flessibile. Durante queste fasi di transizione le imprese hanno intrapreso scelte strategiche che hanno influito fortemente sull assetto e l organizzazione dell industria, modificandone la natura stessa. L aspetto più immediato di queste fasi sono stati i cambiamenti avvenuti nei processi produttivi e nel tipo di bene, come enfatizzato dai modelli analitici supply-oriented. Tuttavia, l evoluzione delle strategie di processo adottate nell industria dell auto non é avvenuta in una condizione di isolamento, in cui ceteris paribus, le tecnologie produttive sono cambiate. Le strategie di prodotto o di processo di una impresa o di un gruppo di imprese rispondono alla necessità di adattare il proprio business model in modo da massimizzare le opportunità di profitto nel contesto di un mercato in continua evoluzione. I fattori che influenzano i trend del mercato automobilistico in ogni paese non sono solo di tipo economico, quali i livelli di reddito pro capite, ma anche sociali, per esempio la distribuzione del reddito, e politici, quali i dazi doganali e le politiche settoriali adottate dal settore pubblico. Le strategie di prodotto e processo adottate dalle imprese automotive, che nelle fasi di accelerata evoluzione sono risultate in cambi radicali nel sistema globale dell industria, sono quindi una risposta all evoluzione sociale, politica ed economica dei mercati in cui operano. L invenzione e lo sviluppo dell auto in Europa può considerarsi frutto della diffusione di elevate competenze meccaniche nelle maestranze, erede di secoli di artigianato pre-industriale, ma anche risultato della domanda per nuovi e moderni beni di lusso espressa dalle classi aristocratiche durante gli ultimi anni della belle époque. Il fordismo non fu solo una grande intuizione di Henry Ford: la produzione integrata e standardizzata emerge dal cosiddetto American Manufacturing System, sistema di produzione sviluppato per ovviare alla limitata disponibilità di forza lavoro 6

8 specializzata ed alfabetizzata negli Stati Uniti semplificando i processi produttivi e l architettura dei prodotti stessi. Il fordismo è quindi frutto della struttura di offerta del lavoro prevalente in Usa in quel periodo, e fu sicuramente ispirato dalle innovazioni di processo introdotte dai pionieri dell' American Manufacturing System, quali, per esempio, Winchester. Ma il fordismo ha anche una forte determinante demand side: l invenzione di Ford avrebbe potuto avere esito solo in un contesto socioeconomico in grado di sviluppare una massa critica di domanda sufficiente a innescare le economie di scala insite nel modello produttivo: una società relativamente equa, caratterizzata da livelli di reddito elevati, da una crescita economica sostenuta, una popolazione numerosa, giovane, e a sua volta in crescita a causa dell immigrazione. Solo una società di questo tipo avrebbe potuto fornire i prerequisiti di mercato necessari per rendere vincente la produzione di massa di automobili messa in pratica da Ford. In Europa, infatti, la produzione di massa di automobili si affermò solo dopo la seconda guerra mondiale, quando la ripresa economica fu abbastanza sostenuta da permettere la crescita del potere d acquisto di classi di reddito medie e medio-basse, che gradualmente costituirono la massa critica di consumatori necessaria per lanciare e sostenere la produzione di beni di consumo durevoli. Anche la lean production trova radice nelle peculiarità del sistema economico giapponese, e soprattutto nei supply constraints di cui è effetto. Il toyotismo fu innanzitutto un modo per produrre auto ovviando agli alti costi delle materie prime e alla mancanza di spazio, quindi un innovazione di processo specifica rispetto ai constraints del luogo. In secondo luogo, la produzione flessibile ottenuta per il tramite del sistema di produzione giapponese fu un passo reso necessario dalla struttura della domanda sviluppatasi nel paese. Il Giappone del secondo dopoguerra è stato il caso più eclatante di sviluppo economico accelerato, caratterizzato non solo da alti livelli di crescita del prodotto interno e delle esportazioni, ma anche dalla creazione di endogenous technological capabilities sufficienti a superare addirittura gli Usa nel campo dell innovazione industriale in molti settori avanzati, caso forse comparabile solo con la Cina di oggi. La lean production fu sviluppata per poter rispondere alla domanda per auto in Giappone, in forte crescita ma inizialmente limitata nei volumi totali e frammentata dalle preferenze dei consumatori, in un contesto in cui i fattori di produzione avevano prezzi relativi molto diversi dagli Usa, rendendo il sistema di produzione fordista subottimale. La lean production è figlia del contesto storicoeconomico in cui fu generata, proprio come il fordismo. Attualmente è forse ancora la one best way, ma il sistema economico mondiale si evolve e, cambiando le dinamiche della domanda, si presentano diverse problematiche di offerta e diverse soluzioni per risolverle. Alla luce di queste osservazioni sull evoluzione storica dell auto, è chiaro che le innovazioni di processo che hanno segnato le sue più importanti fasi sono emerse come risposte strategiche alle condizioni di mercato dei luoghi specifici dove sono state concepite, non solo nel campo dell offerta (costi e capacità della manodopera, costi dei materiali, costi dello spazio), ma anche nel campo della domanda. Le accelerazioni nella curva evolutiva del settore sono avvenute in 7

9 momenti caratterizzati da forti cambiamenti sociali, politici ed economici nei paesi dove si é sviluppata l industria. Il contesto competitivo dell industria dell auto é in questo momento in forte evoluzione a causa di vari fattori esogeni, tra cui l aumento dei prezzi del petrolio e la crescita economica della Cina. Questi eventi stanno sottoponendo l industria a forti pressioni, ma stanno anche delineando un nuovo panorama competitivo. La attuale fase di transizione, che pone le grandi imprese automobilistiche di fronte ad importanti scelte strategiche, potrebbe nel lungo termine risultare in cambi drammatici nella geografia del sistema mondiale dell auto, nei processi produttivi e nei protagonisti. Quali sono le scelte strategiche che le imprese automobilistiche hanno affrontato e che potrebbero determinare la nuova configurazione del sistema automobilistico mondiale? La più importante scelta strategica che stanno affrontando le Oem, ovvero quella relazionata ai sistemi di propulsione alternativi, non riguarda solo una gamma di prodotti, processi o mercati, quanto piuttosto la definizione della traiettoria tecnologica che il settore seguirà nel breve e medio periodo. Lo sviluppo di sistemi di propulsione alternativi non è una novità, si pensi al diesel, ai rotori wankel, il GPL, il metano e le auto elettriche. L incentivo a ricercare e sviluppare tecnologie propulsive differenti è costituito dal desiderio di ridurre le emissioni prodotte dal motore a scoppio tradizionale e di ridurre i consumi. Dato il calo dei costi del petrolio dagli anni 80 in poi, solo le tecnologie più facilmente applicabili (diesel, metano e GPL) e sussidiate da regimi fiscali ad hoc (metano, GPL, diesel, alcol in Brasile) hanno avuto una rilevante diffusione. Durante gli anni 90, vari fattori hanno profondamente mutato lo scenario che aveva precedentemente limitato lo sviluppo e la diffusione di metodi propulsivi differenti. In primo luogo, a causa di guerre e instabilità politica i prezzi del greggio sono saliti vertiginosamente, raggiungendo il loro picco storico di oltre 50 dollari al barile. In secondo luogo, la vertiginosa crescita economica della Cina ha aumentato drammaticamente i trend di consumo di materie prime, in particolare del petrolio, generando i presupposti per un generalizzato aumento dei prezzi delle stesse nel medio e lungo periodo. In terzo luogo, la diffusione dell auto nei mercati emergenti, privi delle salvaguardie ambientali stabilite nella Triade, ha avuto forti ripercussioni sull inquinamento ambientale, inducendo gli stessi governi che promuovono questa diffusione a pianificare dei provvedimenti urgenti. Si sono quindi creati dei forti incentivi a cambiare radicalmente la struttura dell auto sviluppando, ma soprattutto mettendo effettivamente in produzione prodotti destinati ad ottenere radicali risparmi energetici. Le ricerche condotte dalle Oem hanno portato alla conclusione che vi sono due alternative tecnologiche per la riduzione di consumi ed emissioni che possono essere realisticamente applicate e gradualmente diffuse ad un vasto numero di autoveicoli: l idrogeno e gli ibridi. Queste tecnologie sono radicalmente differenti in quanto a concezione. Gli ibridi, veicoli dotati di un motore tradizionale ed uno elettrico, non sono drammaticamente differenti dai veicoli attuali, mentre i veicoli a idrogeno costituiranno un cambio strutturale nel prodotto automobilistico. Il fine degli 8

10 ibridi è di beneficiare al massimo dei vantaggi offerti dalla propulsione elettrica bassi consumi, zero emissioni e da quella tradizionale economia energetica a regimi ottimali, prestazioni superiori, infrastruttura per il rifornimento. La principale innovazione di prodotto presente nei veicoli ibridi è il sistema informatico che controlla l utilizzo dei due propulsori. Tutto il sistema relazionato al motore convenzionale è inalterato rispetto ad un veicolo non ibrido. I veicoli ad idrogeno invece si basano sul concetto di sostituzione del motore a scoppio con motori a fuel cells alimentate ad idrogeno. Questo tipo di soluzione tecnologica implica un cambio radicale della struttura dei veicoli, in quanto rende superflui tutti gli apparati specifici dei propulsori tradizionali (valvole, iniezione, raffreddamento, lubrificazione). La propulsione a fuel cells non richiede uno spazio compatto dedicato, come il motore a scoppio, e può, come visto in vari prototipi, essere completamente integrata con gli elementi della trasmissione e dello chassis. Chiaramente, questo tipo di tecnologia offre interessanti opportunità di innovazione di prodotto e processo, ma anche notevoli difficoltà nel rendere queste ultime economicamente realizzabili. Nella sfida strategica sulle propulsioni, i due attori più importanti sono Gm e Toyota, seguiti forse da Daymler Chrysler. La Gm sta puntando fortemente sui motori a idrogeno, investendo notevoli somme nel pubblicizzare i suoi rivoluzionari prototipi. La Toyota, invece, ha adottato un approccio più conservatore, per quanto forse più realistico, investendo nello sviluppo, ma soprattutto nella commercializzazione, di veicoli ibridi dotati di un innovativo computer di bordo che sceglie il sistema propulsivo ottimizzando prestazioni e consumi. Gm ha deciso di puntare su una scelta strategica più radicale, dai tempi di realizzazione più lunghi, ma dal potenziale di profitto più elevato, dati gli ipotetici cambi che permetterebbe nei processi produttivi. Toyota ha adottato una strategia di innovazione tecnologica marginale, applicabile nel breve termine ma meno radicale in quanto ad impatto sui processi produttivi e sui prodotti commercializzati. Queste scelte si basano quindi su una valutazione differente del contesto economico in cui competono le Oem. La Toyota ha ormai commercializzato (sussidiandone la vendita) la seconda generazione della Prius (testata dagli autori presso l agenzia Toyota di Novi Ligure il 20/11/2004), la sua vettura ibrida, che ha ottenuto punteggi eccellenti sulle riviste di settore, e venduto circa esemplari sul mercato USA nel corso del La casa giapponese ha intrapreso questa scelta ipotizzando che l aumento dei prezzi del petrolio e la necessità di ridurre le emissioni favoriscano nuove soluzioni di propulsione, ma che i costi infrastrutturali di adozione dell idrogeno ne limitino per ora le possibilità di diffusione. La recente decisione del governatore della California di imporre nuovi e più severi limiti ai consumi e alle emissioni degli autoveicoli sicuramente favorirà la Toyota e la Honda, anch essa produttrice di veicoli ibridi. Tuttavia, non è detto che la Gm non riesca a cooptare altri governi, per esempio quello cinese con cui è in trattativa da anni, per promuovere e supportare la diffusione di autovetture ad idrogeno. La Daymler Chrysler ha seguito la stessa via della Gm, investendo massicciamente nello sviluppo di veicoli a idrogeno. La scelta di investire nell idrogeno 9

11 puntando sugli autobus, unita con l expertise e la posizione di mercato della Mercedes nei trasporti promiscui, potranno generare per la casa di Stoccarda importanti fonti di guadagno e sinergie tecnologiche con il settore auto. L annunciato e poi cancellato lancio della Mercedes a idrogeno ha tuttavia influito negativamente sull immagine dell azienda. Il successo dei veicoli ibridi lanciati dalla Toyota non è sicuramente stato sufficiente ad ammortizzare le spese in ricerca necessarie per svilupparli e lo sforzo dell azienda nel promuoverne la diffusione, ma è stato sufficiente ad allarmare le altre Oem, che si sono precipitate a imitarne la strategia tecnologica. Ford sta commercializzando un SUV ibrido, l Escape, Honda ha aumentato gli investimenti e il numero di modelli ibridi sul mercato, ma anche la PSA sta sviluppando soluzioni ibride per i propri veicoli. Le Oem europee stanno puntando sullo sviluppo di veicoli ibridi basati su motori diesel common rail, non solo in quanto questi ultimi garantiscono migliori consumi rispetto ai motori a benzina, ma soprattutto per sfruttare le capacità tecnologiche accumulate negli ultimi dieci anni in questo campo, nonché la buona reputazione che questi propulsori hanno ottenuto in Europa. Per il momento sembra che la strategia di Toyota sia stata vincente, in quanto, nonostante il veloce catch up delle altre Oem Toyota manterrà ancora per un certo periodo il primato tecnologico sugli ibridi e sfrutterà il fatto di essersi creata una immagine di Oem environmentally-friendly. é istintivo domandarsi come mai in Europa gli ibridi stanno tardando tanto a comparire sul mercato, nonostante i proibitivi costi dei carburanti. Questo ritardo rispetto agli USA ricorda la dinamica di diffusione degli SUV, che, dopo aver penetrato il mercato americano fino a raggiungere il 25% del totale autovetture vendute, hanno iniziato lentamente a diffondersi in Europa, spiazzando le Oem che avevano relegato il fenomeno ad una moda specificamente statunitense. Forse anche nel campo degli ibridi occorrerà lo stesso, e le Oem che non hanno sviluppato in tempo dei prodotti di questo tipo ne soffriranno perdendo quote di mercato. Nel medio e lungo periodo risulta difficile prevedere se le saranno vincenti le scelte strategiche di Toyota o quelle di Gm. Non solo entrano in scena fattori imprevedibili che agiscono sui prezzi del greggio, quali guerre e agitazioni politiche nei grandi produttori petroliferi, ma diventano estremamente rilevanti le politiche fiscali adottate nei grandi mercati. La recente diffusione della Prius deve molto alle leggi anti-inquinamento adottate dalla California, proprio come la diffusione del diesel deve molto al carico fiscale ridotto di cui gode in Europa. L adozione dell idrogeno implica l adattamento delle infrastrutture di rifornimento al nuovo carburante, cambio che nessuna Oem potrebbe promuovere senza l appoggio delle aziende di distribuzione. D altro canto, essendo i propulsori ad idrogeno una novità che presenta interessanti prospettive di sviluppo tecnologico, vari governi si sono dimostrati interessati a cooperare con le Oem finanziando non solo la ricerca ma eventualmente anche la diffusione di veicoli a fuel cells. In Brasile il governo militare dedicò ingenti risorse per il finanziamento della propulsione ad alcol e ridurre così la propria dipendenza dalle importazioni di petrolio. La diffusione di veicoli ad alcol sicuramente fu molto costosa, ma, grazie alla collaborazione tra governo, centri di ricerca, coltivatori di soia per la 10

12 produzione dell alcol, e Oems, generò importanti esternalità positive sulle capacità tecnologiche delle imprese brasiliane in questo campo. Questa esperienza suggerisce che la diffusione di veicoli a idrogeno non deve necessariamente avvenire in precedenza nei paesi della Triade. I paesi in via di sviluppo che costituiscono grandi potenziali mercati per l auto, India, Messico, Brasile, Russia e Cina, potrebbero effettuare un leapfrog: passare direttamente dalla produzione di veicoli tradizionali alla produzione di veicoli ad idrogeno, saltando la fase di diffusione degli ibridi. In questi paesi sarebbe infatti più facile introdurre tecnologie radicalmente innovative, quali le auto ad idrogeno, proprio perché la rete infrastrutturale non solo non è completa, ma è in fase di forte sviluppo, ed i consumatori, che spesso non hanno mai posseduto un auto, sono meno condizionati dai canoni di giudizio che si sono sviluppati gradualmente nella Triade. La possibilità che questo leapfrog avvenga dipende fortemente da quanto saranno effettive le Oem nel co-optare i governi, dalla presenza di aziende locali in grado di beneficiare di un eventuale programma di appoggio statale, e dal ruolo che i rispettivi governi imputano all industria dell auto. Risulta ad esempio che la Gm sia in trattativa con il governo cinese su due fronti, l acquisto dei suoi autobus ibridi, e il lancio di un programma di appoggio alle auto a idrogeno. La Toyota ha invece prontamente stabilito in Cina il secondo impianto di produzione della Prius, nonostante l importanza strategica delle tecnologie incorporate in questo modello (attualmente fabbricata solo in Giappone). La Cina sembrerebbe essere il migliore candidato, tra i paesi in via di sviluppo, in grado di articolare una politica di promozione dell idrogeno, e anche l unico che godrebbe di economie di scala tali da rendere potenzialmente effettiva una politica di questo genere. Forse la vera partita strategica tra Gm e Toyota, che, tra l altro, si stanno contendendo il primato di primo produttore di auto al mondo, non si giocherà nella Triade ma proprio in Cina. 11

13 Oltre la lean production: strategie di processo e di mercato La crescente importanza dei paesi emergenti quali mercati di autoveicoli, e il continuo connubio, non sempre felice, tra governi e Oems, hanno contribuito a rendere le strategie di mercato molto più importanti e complesse di quanto non fossero anche solo dieci anni fa. A parte la grand-strategy tecnologica idrogeno/ibridi, le strategie di mercato stanno diventando il punto chiave su cui si giocano i vantaggi competitivi delle Oems. La riduzione dei dazi doganali nei paesi in via di sviluppo ha reso obsoleti i modelli produttivi pre-esistenti, caratterizzati da utilizzo di tecnologie obsolete, costi di produzione elevati, e integrazione verticale della produzione. Questo fenomeno ha aperto alle Oem nuovi scenari strategici, in cui l internazionalizzazione non è più solo una scelta di mercato, ma un disegno strategico che prevede la scelta di modelli adeguati e anche modifiche strutturali all architettura di produzione. Anche le Oem, come le altre multinazionali, hanno cercato di beneficiare della liberalizzazione dei mercati e delle tecnologie di informazione e comunicazione per globalizzare la produzione. Tuttavia, l industria automobilistica ha particolari caratteristiche che rendono tale processo particolarmente difficile. L automobile è un bene ingombrante, il cui valore per pesovolume rende non conveniente una produzione che implichi eccessivi trasporti di materiali, quale quella che caratterizza per esempio il settore dei personal computer. I mercati nei quali viene venduta l auto differiscono tra loro per condizioni ed estensione della rete stradale, tipo di carburanti utilizzati e gusti dei consumatori, rendendo ardua la standardizzazione che occorre nel campo del software. Infine, dazi doganali e requisiti di contenuto locale obbligano i produttori a variare la scelta di materiali e suppliers, distorcendo i prezzi mercato. Questi fattori rendono le strategie di prodotto, di mercato, e talvolta anche di processo, fortemente inter-relazionate tra loro, fino a distinguerne di fatto i confini. Nelle strategie di mercato, come nella scelta della traiettoria tecnologica, si può osservare una forte eterogeneità tra le Oem, e non, come nel caso della strategia di processo incentrata sulla lean production, una convergenza. I produttori europei si distinguono per i bassi livelli di investimento in mercati extra europei, fatta eccezione per Vw. I produttori francesi e la Fiat rimangono eccessivamente dipendenti dalla crescita del mercato europeo, ormai saturo per quanto riguarda i paesi dell Ue 15, e dalle limitate dimensioni nel caso dei nuovi partner. I produttori tedeschi, pur affetti da problemi di scarsa capacità innovativa e di bassa ricettività dei nuovi modelli, hanno adottato strategie di investimento più aggressive rispetto a francesi e italiani, entrando di forza nel mercato Usa (Bmw e Mercedes) e investendo in Cina, India, Turchia e America Latina. I produttori giapponesi e coreani, tradizionalmente focalizzati sul mercato Usa, hanno iniziato a investire anche in Europa e in Asia, in particolar modo in Cina, India e Tailandia, sfruttando la loro posizione strategica per guadagnare posizioni di rilievo in questi mercati in forte crescita. 12

14 La Toyota ha cercato di trapiantare nei paesi in via di sviluppo il modello giapponese, senza però sbilanciarsi in costosi e rischiosi investimenti nei mercati emergenti; ha pertanto cercato di utilizzare solo i suoi suppliers, producendo i medesimi modelli anche nei paesi in via di sviluppo, centralizzando i processi produttivi e minimizzando l apporto di valore aggiunto per quanto permesso dai regimi regolatori. Questa strategia si è basata su una previsione ottimistica riguardo al calo dei dazi doganali sulle parti importate e dei requisiti di contenuto locale minimo. La Vw ha tradizionalmente sviluppato prodotti specifici per i paesi emergenti, mantenendo strutture produttive inward oriented integrate verticalmente, adatte a far fronte ad eventuali interruzioni del processo di liberalizzazione del mercato o a fluttuazioni monetarie imprevedibili. La Ford ha puntato su un prodotto standard di nicchia bassa per tutti i mercati, tentando di raggiungere l ambito obiettivo della world car. La Fiat invece ha sviluppato una piattaforma globale, mirata solo ai paesi emergenti, che di fatto implica il decentramento del processo di globalizzazione della produzione. L approccio della Ford si è rivelato difficoltoso, in quanto la world car era stata sviluppata originariamente per la Triade, quindi non è conforme ai requisiti di mercato dei paesi emergenti, specialmente in quanto a resistenza e a condizioni stradali non ottimali. La strategia della Toyota si è rivelata vincente nei paesi ad alto reddito e in Tailandia, dove ha però saputo puntare sulla nicchia di mercato in crescita, i pick up, mentre non ha ottenuto buoni risultati in Brasile e Messico. In questi paesi, infatti, i bassi volumi di produzione non hanno giustificato il tipo di investimento che avrebbe permesso alla Toyota di ottenere gli stessi livelli di produttività dei suoi impianti localizzati nella Triade, limitando dunque il tradizionale vantaggio sui costi di produzione di cui beneficia la casa in tali mercati. Inoltre, la cautela della Toyota nell investire in impianti integrati nei paesi emergenti, unita alla tradizionale tendenza ad esportare dal Giappone, e l alta percentuale del valore aggiunto di ogni veicolo apportata dai suppliers hanno reso questa Oem vulnerabile alla volatilità delle riforme economiche e delle politiche monetarie, quali per esempio la svalutazione del Real in Brasile nel Sia la strategia Vw che quella Fiat hanno prodotto buoni risultati (una volta considerato lo svantaggio della casa torinese derivante dall aver investito in Argentina e Turchia, due paesi coinvolti in una grande crisi economica), dimostrando che i mercati emergenti non sono pronti per la diffusione di massa di veicoli sviluppati per la Triade e non adattati alle condizioni locali. Tuttavia, la strategia Vw appare sostenibile solo se e in quanto i mercati emergenti in cui si investe non liberalizzano i dazi doganali e se i concorrenti non introducono modelli prodotti localmente, ma aventi standard superiori. A causa di questa strategia, in Brasile la Vw ha perso, durante gli anni 90 considerevoli quote di mercato, lasciandosi sfuggire il primato di market leader, che è stato rilevato dalla Fiat per la prima volta dagli anni 50, ovvero dalla nascita dell industria automobilistica locale. La strategia di processo scelta dalla Fiat, che in questo caso corrisponde anche alla strategia di mercato e di prodotto, è stata molto innovativa, non solo per l utilizzo diffuso di una 13

15 piattaforma 3, ma per il concetto di piattaforma sviluppata per i paesi emergenti e per la globalizzazione decentralizzata della produzione. A differenza della Renault, la Fiat ha adottato la piattaforma P178 nel contesto di una globalizzazione decentralizzata, mirata ai paesi emergenti, delegando perciò quasi tutti gli aspetti della produzione alle sue principali sussidiarie localizzate in questi mercati (Brasile, Polonia, Turchia e, dal 1997 al 2000, Argentina). Questa strategia, poi rivelatasi estremamente costosa a causa di errate scelte geografiche, ha delineato un altro trend che sta gradualmente affermandosi nell industria automobilistica, ovvero la delocalizzazione di attività non solo di assemblaggio, ma anche di management, sviluppo di prodotto e addirittura di ricerca in paesi emergenti. Nel caso Fiat, alla sussidiaria brasiliana sono state delegate, oltre alla produzione di tutti gli elementi strutturali della P178, anche il restyling della Palio, il modello principale basato sulla stessa piattaforma, e la sperimentazione di nuove motorizzazioni, culminata con la produzione in Brasile della prima auto Fiat dotata di motore Gm. È possibile che l auto segua la traiettoria evolutiva di altri settori e che le Oem cerchino di sfruttare le risorse umane e non solo i mercati dei paesi in via di sviluppo, alterando l attuale struttura Triade-centrica della produzione. La Gm si è rivelata interessata all acquisto o al co-sviluppo dell evoluzione della piattaforma P178 e la Renault ha appena lanciato un analoga piattaforma, dimostrando così che, nonostante scelte di mercato fallimentari, la Fiat ha saputo sviluppare soluzioni produttive avanzate tecnologicamente e concettualmente. Il gap che separava gli impianti europei e americani da quelli giapponesi in quanto a produttività è stato ridotto fortemente. Ora non tutte le Oem giapponesi beneficiano di alti livelli di produttività, mentre non tutti gli impianti europei sono affetti da bassa produttività. Il fattore chiave per determinare la produttività non sono più le tecniche produttive, ma le capacità di strutturare le proprie strategie produttive in modo da anticipare la domanda e quindi ottenere tassi di utilizzo elevati, che garantiscono le minime economie di scala necessarie, anche in un sistema di produzione flessibile, per ottenere buoni margini. Agli inizi degli anni 90 il fattore determinante era la lean production: quanto le Oem volevano rendere lean i loro impianti, e in che forma. Ora le strategie di processo che i produttori affrontano sono fortemente relazionate al tipo di internazionalizzazione che essi intendono effettuare, e al tipo di prodotti con cui intendono affrontare questa scelta. Quindi il confine tra strategie di prodotto, mercato e processo si è offuscato 3 Una piattaforma è un insieme di parti strutturali comuni (in particolare power train e underbody), utilizzate per produrre una gamma di modelli differenti. Questo tipo di prodotto permette a una Oem ottenere alte economie di scala sullo sviluppo e la produzione delle parti più costose dei veicoli aumentando simultaneamente il numero di modelli offerti sul mercato, quindi il livello di costomizzazione e diversificazione dell offerta. Le piattaforme stanno prendendo piede come soluzione produttiva ottimale per far fronte alla crescente frammentazione della domanda e alla ingente capacità in eccesso sofferta a livello globale dal settore auto. Le piattaforme possono essere concepite come estensione del principio di condivisione di parti comuni da parte di case che praticano il multibranding, tra le quali la Gm, la prima a introdurre questa tecnica, la Vw e la Fiat. Tuttavia, le piattaforme di nuova generazione, quali la Fiat P178 e la Renault Megane, non sono solo sistemi per condividere parti tra modelli differenti, ma costituiscono un vero prodotto unitario quanto a produzione e performance. In questi casi la differenziazione tra modelli diventa un fattore fortemente estetico, atto a fornire al consumatore il più alto numero possibile di soluzioni, senza incidere sui processi produttivi né sulle caratteristiche strutturali. 14

16 molto, creando tipologie di scelte strategiche a se stanti. Le strategie di internazionalizzazione per esempio, non implicano semplicemente la scelta di mercati che si intendono assumere come target, ma il decidere se si intende strutturare la produzione per mercati nazionali, aree contigue, o secondo un modello globalizzato. Chiaramente, questa scelta ha delle forti conseguenze sulle strategie di prodotto e, soprattutto, di processo che la Oem affronterà. Conclusione La fase critica che sta attraversando l industria automobilistica, caratterizzata da ridotti margini di profitto, capacità in eccesso, e alti livelli di competizione, non é sintomo di un declino del settore, ma di un momento di trasformazione e di riallineamento strategico all evoluzione socioeconomica del mercato globale dell auto. I cambiamenti in atto nel mercato stanno mettendo a dura prova la capacità delle Oem di adattare le proprie strategie in forma dinamica, ma stanno anche generando le basi per importanti opportunità di profitto per quelle imprese in grado di individuare ed implementare strategie adatte al nuovo contesto. Le strategie adottate dalle Oem non seguono una logica di one best way. Al contrario, esse differiscono in quanto a focalizzazione geografica, scelte di prodotto e di branding, traiettorie tecnologiche e organizzazione della produzione. Le strategie vengono spesso classificate quali strategie di prodotto, di mercato e di processo. Tuttavia, ci sono scelte strategiche che sono allo stesso tempo di prodotto e di processo, ed altre che sono di prodotto, processo e mercato insieme. Per esempio, scegliere di produrre veicoli a trazione 4x4 è sicuramente una strategia di prodotto, ma influenzata fortemente dall importanza data dall impresa al mercato USA, in cui SUVs e Trucks costituiscono quasi un quarto della flotta di veicoli. Di conseguenza, le strategie non sempre possono essere chiaramente classificate seguendo il criterio mercato-prodotto-processo. In particolare, le strategie che determinano la traiettoria tecnologica che un impresa sceglie di seguire hanno un importante effetto sui processi produttivi da essa adottati. Si pensi per esempio alla decisione di Mazda di reintrodurre sul mercato i rotori Wankel utilizzandoli nei propri modelli di punta, o al tentativo di Gm di puntare sulle fuel cells. La sfida competitiva tra le Oem sarà fortemente influenzata dalla capacità delle stesse di combinare vari elementi delle proprie strategie di prodotto, mercato e processo per poter affrontare l evoluzione geografica del mercato e le esigenze di adottare nuovi sistemi propulsivi. Nonostante una generalizzata convergenza verso sistemi di produzione snelli, i livelli di produttività e quindi di efficienza che caratterizzano gli impianti automobilistici continuano a divergere fortemente. La ragione di questa divergenza non è tuttavia il livello di snellezza delle operazioni produttive, ma il tasso di utilizzazione degli impianti. Le sempre più volubili e imprevedibili fluttuazioni di domanda, unite con la frammentazione del mercato e la crescente capacità in eccesso globale (40% circa) rendono inevitabile che alcuni impianti lavorino a regimi 15

17 molto limitati, riducendone drammaticamente la produttività. Nei mercati saturi della Triade, le Oem non competono più in un positive sum game: le quote di mercato acquisite da una Oem, per esempio la Toyota o la PSA in Europa, corrispondono alla riduzione non solo del market share, ma del numero totale di auto vendute da altre Oem, nel caso Europeo la Fiat e la Ford, i cui impianti di conseguenza lavorano a tassi di utilizzo molto bassi, incidendo fortemente sui costi di produzione. La capacità in eccesso globale ha aumentato il livello di competizione tra le Oem, che spesso, pur di mantenere le proprie quote di mercato e le proprie production lines, vendono i propri modelli a margini di profitti nulli o addirittura negativi. La convergenza delle tecniche di produzione, e la diminuizione dei margini di profitto per auto rendono ancor piú cruciale il confronto sul piano strategico. Oltre alla grand strategy tecnologica, le strategie di mercato costituiranno nel futuro prossimo una delle principali differenze tra le Oem. La sempre più agguerrita competizione sui mercati della Triade sposterà l asse dello scontro sui mercati in forte crescita, ovvero la Cina, l India, il Messico, possibilmente la Russia e l Indonesia. Risulta quindi chiaro che l auto non è per se un settore in declino, ma che le imprese automotive stanno intraprendendo scelte strategiche molto costose che determineranno la divisione dei mercati e anche lo sviluppo della natura del prodotto stesso. Nonostante la convergenza delle Oem verso modelli di processo ispirati alla lean production, non esiste una traiettoria pre-tracciata, una serie di scelte di prodotto, mercato e processo obbligate. Al contrario, come in ogni circostanza, gli agenti economici in questione, le Oem, e gli uomini che le guidano, hanno a disposizione una gamma di scelte: le strategie. I vantaggi competitivi che le Oem svilupperanno nei prossimi anni saranno determinati dall adeguatezza delle scelte che esse effettueranno in quanto a prodotti, processi e tecnologie rispetto all evoluzione del contesto nel quale operano (politiche fiscali, prezzi del greggio, nuove invenzioni, sviluppo dei mercati). 16

18 Fonti Addis, C., Taking the Wheel, University Park, Pennsylvania. Andersson, A, Creating and sharing subsidiary knowledge within multinational corporations, Doctoral Thesis 97, Uppsala University. Arnd, S., Kierzkowski, H., Fragmentation New Patterns in the World Economy, Oxford. Balcet, G., Enrietti A., La mondialisation ciblée de fiat et la filière automobile italienne : l Impact dans le Mercosur. Actes du Gerpisa n.25, Paris. Balcet, G., Enrietti A., The Impact of Focused Globalisation in the Italian Automotive Industry, Journal of Interdisciplinary Economics, Vol. 13, Berkhamsted. Camuffo, A., Comacchio, A., Volpato, G., Automation in Automotive Industries Recent Developments, London. Camuffo, A., and Volpato, G., Global Sourcing in the Automotive Supply Chain: the Case of FIAT Auto Project 178 World Car, Venice. Ciravegna, L., Global and regional integration of production in the Mercosur s automotive value chains: The case of Fiat, Working Paper for the EADI Workshop Clusters and Value Chains in the North and in the Third World, Universitá del Piemonte Orientale, Novara. Comin, A., De volta para o futuro: Politíca e restruturação industrial do completo automobilístico nos años 90, São Paulo. Freyssenet, M., Mair, A., Shimuzu, K., Volpato, G., One best way? Trajectories and Industrial Models of the World s Automobile Producers, Oxford. Gereffi G. (1994). The Organization of Buyer-Driven Global Commodity Chains: How U.S. Retailers Shape Overseas Production Networks, in G. Gereffi and M. Korzeniewicz (eds.), Commodity Chains and Global Capitalism, London: Praeger. Gereffi G. (1999). International trade and industrial upgrading in the apparel commodity chain, Journal of International Economics, Vol. 48: Gereffi G., Kaplinsky R. (2001). The value of value chains, Special issue of IDS Bulletin, 32. Gereffi G., Humphrey J., Sturgeon T., (2002). Developing a Theory of Global Value Chains: A Framework Document, Global Value Chains Conference, Rockport, Massachusetts. Gilbert, N., Burrows, R Fordism and Flexibility Divisions and Change, New York. Harrison, B., 1994, Lean and Mean: The Changing Landscape of Corporate Power in the Age of Flexibility, New York. Humphrey, J., Globalisation and Supply Chain Networks: The Auto Industry in Brazil and India, in Gereffi, G., Global Production and Local Jobs, International Institute for Labour Studies, Geneva. Humphrey, J., Lecler, Y., Salerno, M., Global Strategies and Local Realities: the Auto Industry in Emerging Markets, Basingstoke, UK. Humphrey J., (2000). Governance and Upgrading: Linking Industrial Clusters and Global Value Chain Research, Institute of Development Studies Working Paper 120, Sussex, UK. Humphrey J., Fleury A., (1993). Human Resources and the Diffusion and Adaptation of New Quality Methods in Brazilian Manufacturing, Institute of Development Studies Report 24, Brighton, UK. 17

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20 Alberto Lubrano Product and Process Development Fiat Auto Giuliano Maielli Business History Unit, London School of Economics, London, expert on Fiat automation strategies Maurizio Magnabosco Senior Automotive industry analyst and consultant Maurizio Parodi Director, LMS Italia Marco Piquini External Communications, Fiat Group Brazil Mari Sako Peninsular and Orient Steam Navigation Professor of International Business Templeton College, Oxford University, Researcher of the International Motor Vehicle Program, MIT, Boston, expert of modularization and outsourcing in the automobile production Fonti quantitative ABI Research ACEA, European Automobile Manufacturers' Association ANFAVEA, Brazilian Association of Automotive Manufacturers Bloomberg, Automotive news Booz-Allen & Hamilton, Automotive Group AT Kearney Automotive Research CAAM, China Association of Automotive Manufacturers ECLAC, Statistical Yearbook Financial Times Automotive Publishing GERPISA IMVP, International Motor Vehicle Program, The MIT ISVOR-Fiat, Argentina. da Melfi a Cordoba, Turin Just Auto McKinsey Extranet Automotive Research SIAM, The Society of Indian Automobile Manufacturers Standard and Poor s Industry Surveys, 2000; Autos & Auto Parts, ed. Levy, E., London. 19

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