STUDIO POLI TECNOLOGICI D INNOVAZIONE

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1 STUDIO COMPARATIVO SUL SISTEMA DEI POLI DI INNOVAZIONE STUDIO POLI TECNOLOGICI D INNOVAZIONE Studio realizzato da Umbria Innovazione S.C.a R.L

2 Studio realizzato nell ambito del Programma Sistema (Supporto Innovativo allo Sviluppo TEcnologico e alle Metodologie di Autovalutazione) Programma Regionale di AZIONI INNOVATIVE FESR R. U. Azione 1.1 Valorizzare le attività di ricerca e promozione di spinn-off industriali basati su tecnologie innovative e ICT, facilitare la tramissione di conoscenza e favorire azioni di trasferimento tecnlogico per PMI umbre Maggio 2009 Copyright Umbria Innovazione

3 Indice Introduzione e premesse 4 1. Executive Summary 7 2. Il sistema dell innovazione in Italia I modelli di aggregazione per lo sviluppo locale Dal distretto industriale al Polo di Innovazione : evoluzione di un concetto Il modello Polo d Innovazione Elementi peculiari di un Polo di Innovazione Disciplina comunitaria in materia di Poli di Innovazione Presentazione dei casi regionali di studio Regione Lazio Regione Piemonte Regione Emilia Romagna Regione Styria I poli di competitività in Francia Regione Umbria Analisi comparativa I componenti funzionali dei Poli di Innovazione Il modello di Sviluppo dei Poli di Innovazione esaminati Sostenibilità e sviluppo L analisi comparativa delle regioni esaminate Le tipologie di orientamento di sviluppo a confronto I Poli Regionali d Innovazione: traiettorie di sviluppo per la Regione Umbria Le traiettorie di sviluppo 88 Demand driven clusters Gli strumenti per l attuazione progettuale di un Polo di Innovazione Riferimenti bibliografici 93

4 Introduzione e premesse Il presente documento ha l obiettivo di presentare uno studio comparativo sul sistema dei Poli di Innovazione, con riferimento alle esperienze e ai processi già in atto a livello europeo: in particolare, lo studio è finalizzato a delineare modelli, politiche, strumenti e programmi formulati e implementati in relazione alla promozione di attività di aggregazione e cooperazione tra imprese innovative a forte vocazione tecnologica. La sfida della Regione Umbria è di ottimizzare non solo l utilizzazione delle risorse stanziate dai Fondi Strutturali nell ambito del DOCUP in favore del sistema di imprese e della ricerca umbra. Infatti l utilizzazione dei fondi strutturali disponibili in Regione va associata alla valorizzazione di un più forte partenariato istituzionale con le autorità di governo locale, con il Ministero della Ricerca e il Ministero delle Attività Produttive ma anche con le misure di cooperazione trans-frontaliera e il Programma Quadro di R&S della Unione Europea, al fine di creare ulteriori sinergie degli interventi tra il livello locale e il livello nazionale ed evitare sovrapposizioni tra i diversi livelli di programmazione. L obiettivo dello studio è pertanto contribuire alle scelte di policy regionale per la gestione attiva ed integrata dell innovazione come leva per il riposizionamento competitivo del sistema economico umbro attraverso azioni mirate al miglioramento delle politiche dell innovazione a livello regionale in favore della valorizzazione dei Poli Tecnologici d Innovazione anche alla luce della disciplina comunitaria in materia di ricerca, sviluppo ed innovazione. Pertanto, verrà svolta un analisi delle esperienze esistenti a livello regionale, nazionale ed europeo, con individuazione delle best-practices e dei principali elementi di criticità, e saranno esaminati alcuni casi di implementazione di Poli di Innovazione in tre regioni su base nazionale e una su base europea. I POLI di INNOVAZIONE sono definiti in ambito comunitario come segue: Raggruppamenti di imprese indipendenti - "start-up" innovatrici, piccole, medie e grandi imprese, nonché organismi di ricerca - attivi in un particolare settore o regione e destinati a stimolare l'attività innovativa incoraggiando l'interazione intensiva, l'uso in comune di installazioni e lo scambio di conoscenze ed esperienze, nonché contribuendo in maniera effettiva al trasferimento di tecnologie, alla messa in rete e alla diffusione delle informazioni tra le imprese che costituiscono il Polo. I Poli di Innovazione, intesi come modelli di aggregazione per lo sviluppo locale, stanno acquisendo importanza crescente nelle strategie politiche di valorizzazione e sviluppo delle economie locali, riscuotendo l'interesse di imprese, enti di ricerca, parchi scientifici e altri attori attivi sul territorio. Il Capitolo 2 presenta una descrizione del sistema dell innovazione in Italia, identificando gli attori, le politiche sottostanti alle dinamiche dell innovazione, le traiettorie di sviluppo. 4

5 D altro canto, nel Capitolo 3 si passa a concentrare l attenzione sul modello aggregativo dei Poli di Innovazione, attraverso l illustrazione delle caratteristiche peculiari che lo rendono identificabile come tale. I Poli di Innovazione possono adottare una notevole varietà di terminologie nell ambito dei sistemi dell innovazione, come tecnoparchi, parchi scientifici, tecnopoli o centri di eccellenza tecnologica, secondo i propri obiettivi industriali o territoriali, la percezione delle problematiche e delle opportunità locali. Come campione di analisi per lo studio, si è scelto di includere i soggetti riconosciuti dalle amministrazioni locali che, se pur con terminologie diverse, rientrino nella definizione di Polo di Innovazione, come riportata più in alto. Lo studio, pertanto, è fondato sull analisi di alcune di queste esperienze a livello italiano ed europeo, applicando dei metodi di comparazione e benchmarking, per individuare casi di successo e pratiche consolidate replicabili e trasferibili, in un quadro di iniziative di scambio di pratiche e trasferimento di modelli di sviluppo locale. Nel capitolo secondo si introducono, pertanto i parametri essenziali caratterizzanti un iniziativa di Polo di Innovazione: tali parametri saranno utilizzati nella valutazione dei casi regionali di studio, effettuata nel capitolo successivo. Lo scopo dell analisi è il riconoscimento delle best-practices e dei principali elementi di criticità per quanto riguarda le esperienze esistenti a livello regionale, nazionale ed europeo. Le analisi regionali sono state effettuate nei seguenti contesti, di cui si presenta una sintesi nel Capitolo 4. Italia, regione Lazio; Italia, regione Piemonte; Italia, regione Umbria; Italia, regione Emilia Romagna; Francia, con riferimento al sistema dei Poli di Competitività; Austria, regione della Styria, come caso di best practice europea. Nel Capitolo 5 si presenta l analisi comparativa tra i casi di studio: sulla base delle analisi effettuate e del raffronto tra i casi esaminati, si procederà a delineare un modello che definisca le logiche e gli obiettivi strategici comuni, nonché le peculiarità dipendenti da fattori specifici, quali: il contesto socio-politico; la localizzazione geografica; la posizione nel processo di sviluppo della cultura dell innovazione; il grado di dipendenza economica dalle fonti di programmazione strutturale; il modello di governance e l architettura del modello di controllo. In sostanza, adottando i criteri di analisi, derivanti dall esame esposto nel secondo capitolo, si potrà portare a termine un raffronto qualitativo tra le iniziative oggetto dello studio. 5

6 A seguito dell individuazione dei fattori salienti di cui tenere conto nell osservazione dei sistemi di innovazione europei si può, attraverso l analisi delle dinamiche e dei trends nelle regioni di studio, tracciare delle ipotesi di sviluppo nel breve-medio termine, con l obiettivo sottostante di far emergere gli elementi comuni delle logiche di crescita : così facendo, si potrà adottare una lente preventiva nella costruzione di un modello per la regione Umbria. Il Capitolo 6 è focalizzato, infine, sulla costruzione di un percorso di sviluppo per la regione Umbria. Lo scopo della sintesi è tarare l approccio metodologico e di policy (PAR. 5.1) per la regione Umbria sulla combinazione equilibrata dei fattori generici comuni, dunque applicabili a qualunque caso di implementazione di un Polo di Innovazione, e dei fattori specifici, cioè generati da specifiche condizioni nel contesto della regione Umbria. Nel rapporto al Capitolo 5 (PAR. 5.2) saranno evidenziate le possibilità di sviluppo identificabili per l implementazione di una strategia di sviluppo dei Poli dell Innovazione nel territorio della regione Umbria. 6

7 1. Executive Summary Sulla base dei documenti elaborati sulle regioni oggetto dell indagine e dalle considerazioni che provengono dall analisi delle fonti pubbliche disponibili su Internet, della letteratura, e delle fonti ufficiali originate dalle regioni stesse emerge, dal punto di vista comparativo, una situazione molto variegata del grado di sviluppo del concetto di Polo di Innovazione. Per tale ragione, nell esporre le considerazioni elaborate nel presente documento, va tenuto conto del fatto che alcune esperienze regionali esaminate sono tuttora in corso di definizione e avviamento, mentre altre sono in una fase più evoluta; pertanto si dovrà considerare l elevato grado di dinamismo e variabilità del processo, che solo di recente ha iniziato a mostrare i primi risultati operativi, ma soprattutto il diverso stadio di sviluppo dei casi concreti esaminati. I Poli Tecnologici Regionali, come evidente anche dall esame dei casi di studio, dipendono in buona parte dai contributi pubblici ricevuti in conto corrente e in conto capitale (anche oltre il 60% dei costi). In buona misura si tratta di contributi in conto capitale previsti da leggi regionali o nazionali, la cui cessazione in futuro dovrebbe essere contestuale al passaggio del polo ad una fase di auto-sostentamento. In realtà, come discusso anche nel capitolo precedente, in assenza di significativi interventi da parte di investitori privati, le iniziative attualmente esistenti non sarebbero in grado di auto-sostenersi, sulla base delle attuali modalità di gestione. Il processo di avviamento di un iniziativa di Polo di Innovazione segue due logiche distinte: Un processo top-down, che poggia fortemente sull orientamento delle politiche pubbliche (tanto regionali quanto nazionali) in materia industriale e di ricerca. L approccio top-down richiede un impegno analitico nel creare un sistema di generazione di valore fondato sugli asset competitivi regionali disponibili (industriale, scientifico, nelle infrastrutture, nelle eccellenze di business). È l approccio della regione Piemonte, così come di molte esperienze in ambito europeo, come nel caso della Stiria. Un processo bottom-up, nel quale emergono iniziative spontanee, con il supporto di politiche nazionali e regionali attraverso specifici schemi di programmazione finanziaria, non necessariamente integrate nel quadro delle politiche di sviluppo economico. L attività analitica è necessaria per identificare e promuovere le iniziative di aggregazione bottomup (progetti collaborativi, infrastrutture, networks). I processi top-down hanno un ruolo nello sviluppo di un Polo di Innovazione ma non sono una condizione sufficiente per uno sviluppo efficace del Polo. Le politiche pubbliche dovrebbero tenere in considerazione le adeguate tempistiche, un adeguata pianificazione delle risorse, una prospettiva di lungo termine, tanto quanto il bisogno di un considerevole volume di investimenti. D altro canto, osservando i processi in atto nelle regioni italiane, si nota la tendenza a costituire Associazioni Temporanee di Impresa per la gestione di un azione relativa a Poli locali di Innovazione, che ha dunque l obiettivo di realizzare progetti di breve-medio termine, con una vocazione settoriale affine alle filiere in via di sviluppo. 7

8 La sostenibilità di un Polo di Innovazione, come risultato delle analisi svolte, risulta essere fondata su tre fonti principali: La vendita di servizi derivanti dall utilizzo delle infrastrutture del Polo: utilizzo di spazi e localizzazioni, affitto di attrezzature ed equipaggiamenti, manutenzione, percentuali sull utilizzo delle facilities, spazi comuni e organizzazione di conferenze/eventi partecipativi; La vendita di servizi a valore aggiunto derivanti dalla trasformazione di conoscenza e ricerca in risultati economici: (i) i prodotti e processi commercializzati e sfruttati dall industria locale, (ii) la generazione di nuovi modelli di business technology-based (start-up) e il flusso continuo di nuovi progetti collaborativi, trasferimento di conoscenza e di tecnologie tra piccole-medie e grandi imprese, organizzazioni industriali e di ricerca, sistema della fornitura di servizi e sistema manifatturiero, (iii) la valorizzazione degli asset fisici attraverso la vendita e l affitto e (iv) la vendita di servizi a supporto dell innovazione. I Poli di Innovazione, infine, possono essere definiti come aggregazioni che creano valore e crescita economica attraverso una catena del valore molto strutturata, che varia dalla creazione di innovazione alla commercializzazione e diffusione, in uno o più mercati tecnologici. In ogni caso, il collegamento tra i poli e gli attori istituzionali non deve essere mai trascurato, come parte di un processo di riqualificazione del territorio, che genera crescita economica e incrementi di valore per gli investitori, nel medio-lungo periodo. Il quadro complessivo dello sviluppo e delle modalità di gestione dei Poli di Innovazione nelle regioni considerate rivela una situazione abbastanza omogenea per quanto riguarda le priorità di policy adottate: partenariato publico-privato, focus settoriale guidato dalla domanda locale delle imprese e coinvolgimento dei centri di eccellenza regionali. Tuttavia -sempre per quanto riguarda le regioni esaminate- viene registrata una certa disomogeneità per quanto riguarda la governance complessiva dei vari sistemi regionali, nella varietà di approcci e di comportamenti estremamente differenziate e nelle performance regionali nel campo dell innovazione. Pertanto, i diversi posizionamenti delle regioni italiane analizzate sono il risultato di tre fattori prioritari: Elementi di struttura, ovvero legati alle caratteristiche socio-economiche delle regioni, le priorità settoriali e le competenze scientifiche tecnologiche e industriali presenti. L adozione di specifiche politiche pubbliche di indirizzo, gli schemi di supporto all innovazione, le modalità di attuazione (ad es. il fast-track, gli strumenti di attuazione delle policies ma anche della valutazione di impatto delle stesse) e naturalmente l ammontare dei fondi a disposizione. Per ciò che riguarda l azione di strategie regionali, tutte le regioni hanno definito piani strategici di riferimento per i Poli Tecnologici ma che spesso mirano a: 8

9 Riconoscere ex-post sistemi produttivi regionali a volte tradizionali o storici e sostenere implicitamente il protrarsi nel tempo di iniziative mature piuttosto che nuove iniziative che possano differenziare o innovare il tessuto produttivo regionale. I modelli di governance del sistema di innovazione regionale collegato ai Poli Tecnologici: la direzione delle policies attraverso un organizzazione dei ruoli e delle responsabilità a livello regionale capace di gestire in maniera efficiente le risorse regionali nell interesse della crescita competitiva delle imprese. Il quadro complessivo della regione Umbria, che abbina Poli con focalizzazioni tecnologiche relativamente giovani ma ben avviati su tematiche settoriali storiche ad altre più recenti iniziative come il Polo aerospaziale deve definire una propria traiettoria di sviluppo che può avvicinarsi al modello di sviluppo a rete centralizzato. La struttura del sistema di innovazione in Umbria anche per la sua conformazione e dimensione economica deve, infatti, poter generare massa critica. Ciò deve avvenire non attraverso la crescita di strutture fisiche particolarmente rigide ma saper progettare e sviluppare iniziative collaborative multi-regionali in cooperazione con altre regioni italiane al fine di aumentare la massa critica rispetto ai medesimi obiettivi (ad esempio, su progetti destinati allo stesso settore, in cui la collaborazione inter-regionale è assolutamente critica come la meccatronica e l aerospaziale). 9

10 2. Il sistema dell innovazione in Italia 1 Alle politiche per l innovazione e la ricerca è destinato circa il 20% delle risorse complessive dedicate al sostegno delle imprese in Italia. Il dettaglio regionale della spesa per innovazione e ricerca evidenzia come tutte le regioni meridionali presentino una quota di importi erogati molto inferiore, ad esclusione dell Abruzzo (18,7%) al dato nazionale (20,5%); solo Basilicata, Sicilia e Puglia registrano una percentuale superiore al 10%. Se si esclude il Trentino Alto Adige, tutte le regioni del centro-nord presentano una quota della spesa totale rivolta all innovazione e alla ricerca superiore alla media generale. In particolare raggiungono valori particolarmente elevati l Emilia Romagna con una percentuale del 66%, Veneto e Liguria (oltre 50%) e la Toscana (41%). Il confronto tra la politica e il livello dell attività di ricerca offre dei riferimenti di qualche interesse. La figura 1 offre un primo quadro interpretativo sul grado di intensità della politica per la RTDI (Research, Technological Development and Innovation) delle imprese attraverso un semplice indicatore che confronta le erogazioni effettuate con l attività di ricerca delle imprese. In qualche misura la politica sembra svolgere un ruolo compensativo: le regioni con l indice più elevato sono quelle caratterizzate dai livelli più modesti di spesa delle imprese in ricerca, ma all interno di questa indicazione generale le differenze di comportamento sono significative. Le tre regioni con i valori più bassi sono il Piemonte e la Lombardia, ovvero le regioni in cui maggiore è la spesa delle imprese in ricerca (complessivamente le due regioni rappresentano quasi il 50% della spesa nazionale) e il Lazio, che si colloca al quarto posto a livello nazionale tra le regioni con un livello elevato di spesa in ricerca delle imprese. Figura 1 - Intensità di aiuto regionale 1 Fonte: elaborazione su dati ISTAT

11 All estremo opposto tutte le regioni meridionali registrano indicatori positivi in presenza di livelli di ricerca delle imprese modesti o quasi irrilevanti (nel caso della Calabria e del Molise, per esempio). Emilia Romagna e Veneto, tuttavia, pur essendo tra le regioni con maggiore attività di ricerca delle imprese relativamente al resto dell Italia, presentano un livello superiore all unità (sia pure di poco) dell indice, così come la Toscana (con un indice superiore a 2). La Campania e la Sicilia, con un attività di ricerca delle imprese relativamente elevata tra le regioni meridionali, registrano i peggiori indici di intensità di aiuto dell area. Se si passa a confrontare l orientamento relativo della politica per le imprese (approssimato con la quota del totale delle risorse destinate alla RTDI rispetto al totale) con l intensità dell attività di ricerca delle imprese regionali (indagine ISTAT) il quadro è molto diverso. Figura 2 Confronto tra indicatori regionali 11

12 Un ulteriore elemento informativo è contenuto nella Figura 2. In essa sono rappresentate le regioni italiane secondo due indicatori: un indice di intensità di ricerca della produzione, costruito come rapporto della spesa in ricerca sul valore aggiunto (valore medio nazionale pari a 1) e un secondo indice dato dal rapporto tra la spesa destinata alle politiche per RTDI e il totale della spesa per le imprese in regione standardizzata per la distribuzione delle stesse grandezze a livello nazionale. Il grafico vuole indicare l orientamento della politica in funzione della domanda delle imprese: una maggior quota relativa delle spese in ricerca per unità di valore aggiunto rappresenta una maggiore domanda da parte del sistema produttivo di sostegni specifici alla RTDI, così come valori superiori all unità dell indice relativo alle politiche significa, a parità di risorse, un maggiore orientamento specifico dell attenzione del policy maker verso gli interventi in esame. La lettura del grafico non segnala sorprese particolari: i policy maker tendono a orientare le proprie spese largamente in funzione della domanda con alcuni aspetti di interesse. Il quarto quadrante, che rappresenterebbe regioni con una forte attività di ricerca delle imprese e un modesto orientamento delle politiche verso questa tipologia di intervento non include nessuna regione, mentre il primo quadrante (regioni con intensa attività di ricerca e forte diffusione di politiche RTDI) vede la presenza di Lazio, Liguria, Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna. Va segnalato come queste due ultime regioni abbiano una intensità della politica relativamente maggiore rispetto alla pur alta domanda presente. Il secondo quadrante rappresenta regioni con una intensità di ricerca relativamente bassa, ma con uno sforzo significativo della Politica RTDI: si distinguono Veneto, Toscana e Val d Aosta e, sia pure con intensità minore, Marche e Umbria. Le rimanenti regioni si collocano nel terzo quadrante con sistemi produttivi a bassa intensità di ricerca e livelli relativi della politica non orientati alla RTDI. Va notato come siano presenti in questo numeroso gruppo tutte le regioni meridionali e le principali amministrazioni a statuto speciale. Si tratta delle regioni che erogano le maggiori risorse in valore assoluto a sostegno delle imprese e che destinano una quota relativamente modesta delle stesse al sostegno della ricerca e dell innovazione. In questo caso, in particolare, la politica non sembra creare particolari incentivi al cambiamento della produzione in essere verso sistemi a più alta intensità di ricerca. I due grafici appena presentati sembrano offrire informazioni non coerenti, ma in realtà contribuiscono a un quadro unitario. Si è in presenza, infatti, di una spesa relativamente maggiore della politica RTDI nelle regioni con minore attività di ricerca; se si guarda al sistema degli aiuti alle imprese nel suo insieme, tuttavia, questo non sembra avere, in queste stesse aree, un carattere di incentivo particolare del sistema produttivo verso tali attività, nel senso che una quota relativamente ridotta di risorse rispetto al totale delle risorse disponibili è destinata 12

13 agli obiettivi in esame. Quanto maggiori sono le risorse complessive della politica industriale (regioni meridionali e a statuto speciale) tanto minore è tale incentivo. Le strategie e le scelte operate La ricognizione delle misure rivolte al sostegno delle attività di RTDI ha evidenziato la presenza di 124 strumenti attivi nelle regioni italiane: 7 sono le misure nazionali rivolte all intero territorio, 28 i regimi regionalizzati e 89 i regionali; l analisi per ripartizione geografica evidenzia come oltre il 52% degli strumenti regionali appartenga alle regioni settentrionali, il 22% a quelle dell Italia centrale, mentre le misure relative alle regioni meridionali rappresentano circa il 26% degli interventi censiti. In generale si registra una media di 4-6 interventi per regione: la Lombardia presenta in assoluto il numero più elevato di interventi (24 va tuttavia segnalato, come si vedrà più avanti, come la maggior parte di questi abbia fatto registrare importi di spesa particolarmente esigui); si discostano inoltre dalla media generale, in positivo anche se in modo meno significativo, le Marche (10 strumenti), l Emilia Romagna (8), la Toscana e il Lazio (entrambe con 7). La Sicilia con tre interventi e Valle d Aosta, Umbria e Sardegna con due, sono le regioni che presentano il minore numero di strumenti attivi nel periodo considerato. Nella tabella 1 è analizzata la distribuzione degli interventi regionali in base al livello istituzionale di riferimento: oltre il 75% delle misure (89 unità) sono interventi che originano dall attività legislativa regionale, 28 sono gli strumenti conferiti alla regioni (si tratta della L.140/97 e della 598/94 nelle loro diverse articolazioni), mentre, come segnalato in precedenza, le misure nazionali sono 7. Tabella 1 Distribuzione regionale degli interventi RTDI 13

14 Il dettaglio per regione mostra la tendenza presente tra le amministrazioni del centro-nord, ad esclusione del Lazio, a perseguire il sostegno delle attività di RTDI attraverso il ricorso a proprie linee di intervento. Nelle regioni meridionali tende a prevalere al contrario il ricorso agli strumenti regionalizzati, in particolare attraverso la 598/94 art.11 che in seguito al decentramento amministrativo ha subito numerose modifiche rispetto alla modalità classica, accanto all utilizzo degli interventi cofinanziati dall UE. La numerosità in sé degli interventi rappresenta un aspetto solo parziale: se, da un lato, un numero elevato di provvedimenti per risorse complessivamente ridotte dà conto solo del frazionamento della politica, una corretta impostazione deve analizzare anche la finalizzazione degli interventi per cogliere differenti target o obiettivi. L impostazione della politica deve partire da una specificazione ragionevole degli obiettivi che vengono posti. Se si analizzano quelli considerati nelle norme nazionali e regionali si può giungere ad un elenco ragionato. In generale, il fatto che la quantità di ricerca e sviluppo effettuata dalle imprese sia sub-ottimale appare largamente accettato e condiviso tanto da incorporare tale obiettivo in tutte le politiche di sviluppo programmate. La crescita del benessere connessa a tali obiettivi li fa considerare compatibili e desiderabili sia nelle prospettive locali e regionali che nelle prospettive nazionali ed europee. Rispetto a un obiettivo che potremmo definire come obiettivo finale e generale, si hanno molti possibili obiettivi intermedi. Pur limitando il campo agli interventi di sostegno alle imprese, la tipologia di intervento può variare grandemente in funzione dei sub-obiettivi posti. Si va dal sostegno ai programmi di ricerca delle imprese, all agevolazione nell introduzione delle innovazioni, allo sviluppo di prototipi fino alle attività volte alla facilitazione nell accesso alle reti della conoscenza. Nel campo sono impegnati sostanzialmente tutti i livelli di governo e le istituzioni coinvolte nella politica industriale. Gli effetti sono rilevanti anche alla scala locale ed hanno (o possono avere) un impatto diretto sulla crescita. Non si tratta quindi di un gruppo di politiche omogeneo, ma di un insieme eterogeneo che deve essere analizzato nella sua articolazione. Si possono identificare sette sub-obiettivi, in materia di politiche locali per l innovazione, di seguito elencati: 1. Investimenti in ricerca; si tratta del sostegno all attività di ricerca delle imprese con il sussidio, prevalentemente finanziario, di alcune tipologie di spese documentate dando ampio spazio al sostegno delle spese per il personale di ricerca, per il deposito di brevetti e per l acquisto di servizi qualificati, 2. Investimenti in innovazione; si tratta dello sviluppo e dell introduzione di innovazioni con un rilievo maggiore degli acquisti, degli investimenti anche per macchinari; sono interventi per 14

15 molti versi simili a quelli delle agevolazioni ordinarie, la differenziazione avviene spesso sulle procedure, 3. Rapporti con università e centri di ricerca; in questo caso l intervento tende a favorire i rapporti tra imprese e centri regionali, sia agevolando direttamente l acquisto di servizi, sia favorendo il trasferimento tecnologico con progetti comuni e con il sostegno all introduzione di personale di ricerca dedicato, 4. Brevetti ed altri servizi; si tratta del sostegno esplicito all acquisizione di brevetti e marchi, nonché di alcune tipologie di servizio qualificanti, 5. Capitale di rischio; si tratta del sostegno alla capitalizzazione delle imprese finalizzata a progetti di ricerca o di innovazione, 6. Spin-off da ricerca; sono in genere interventi di dimensione non elevata dedicati a favorire la creazione di nuove imprese costituite da ricercatori e docenti per l utilizzazione economica dei risultati di quelle ricerche che si prestano, per caratteristiche della produzione e del mercato, a dar vita a nuove imprese con potenzialità di crescita elevate; 7. Sostegno alla partecipazione a programmi nazionali e internazionali; nel campo delle politiche in esame la larga prevalenza delle risorse nazionali ed europee rispetto a quelle regionali può consigliare di privilegiare interventi che non siano dotati di una finalizzazione autonoma, ma che servano a facilitare l accesso di soggetti relativamente deboli (si pensi alle imprese di piccola o di media dimensione che non hanno al loro interno personale altamente qualificato o risorse per la partecipazione ai programmi di vasta scala nazionali e internazionali). 15

16 3. I modelli di aggregazione per lo sviluppo locale In alcuni paesi europei ed extraeuropei, soprattutto negli ultimi anni, lo stimolo agli investimenti nei settori a maggiore contenuto di innovazione tecnologica sta passando anche attraverso lo sviluppo di alcune nicchie o poli di eccellenza, con l impulso di interventi di politiche territoriali, previsto almeno nelle fasi iniziali. In Italia, da alcuni anni, oltre ai distretti industriali tradizionali esistono i distretti tecnologici : contrariamente ai primi, nati spontaneamente e solo in un secondo momento riconosciuti (sviluppo di tipo bottom-up), il fattore di innesco distretti tecnologici è rappresentato da un considerevole investimento della ricerca pubblica o dall iniziativa di una grande azienda locale (sviluppo di tipo top-down). Elemento chiave che li accomuna è la dimensione territoriale che caratterizza entrambi con la fondamentale funzione di valorizzare le specificità locali, sfruttare le economie che derivano dall agglomerazione e accrescere l attrattività del territorio. L iniziativa dei distretti tecnologici in Italia non è un esperienza isolata, altri paesi negli anni più recenti hanno infatti sperimentato iniziative di policy simili: in Francia, Germania e Svezia in Europa e, all esterno dell Europa, in Giappone e Corea solo per citare alcuni casi, si sono avviati programmi per favorire a livello locale l interazione tra centri di ricerca, università e industrie specificamente destinati alle tecnologie più innovative, al fine di favorire il sorgere di poli di eccellenza profondamente radicati nel tessuto imprenditoriale del territorio in cui è situato il polo prescelto. 3.1 Dal Distretto Industriale al Polo di Innovazione : evoluzione di un concetto Il distretto industriale è un limitato ambito geografico con la presenza di un insieme di imprese di piccole e medie dimensioni che sono specializzate nelle fasi di uno stesso processo produttivo, con una cultura locale ben definita, e che presentano una rete di istituzioni locali favorevoli all interazione, competitiva e cooperativa, sia fra imprese diverse, sia fra imprese e popolazione lavoratrice (Becattini, 1979) I Distretti non vanno confusi con i Poli Industriali (Perroux, 1955) che sono territori in cui si trova un alta concentrazione di imprese, di settori e specializzazioni differenti, molto spesso senza alcun tipo di collaborazione e senza alcun legame con il territorio 16

17 Figura 3 Mappa dei distretti industriali 17

18 Distretti Industriali I distretti industriali costituiscono oggi l asse portante del sistema produttivo italiano per il contributo che essi forniscono in termini di produzione, occupazione, esportazione. Un occupato su quattro lavora all interno di queste realtà territoriali che generano il 38% del valore aggiunto dell industria. Le produzioni distrettuali rappresentano circa la metà dei manufatti esportati dall Italia, con punte che toccano il 70/80% per alcuni prodotti (per esempio: tessuti di lana, tessuti di seta, cuoio, gioielli e articoli di oreficeria, macchine per l industria delle pelli e calzature). Uno dei fattori che è stato alla base del successo dei distretti italiani è costituito dall integrazione virtuosa tra le imprese produttrici di beni finali nei settori tradizionali del Made in Italy con le imprese della meccanica strumentale che proprio grazie alla vicinanza con i loro utenti hanno saputo costruire macchine all avanguardia, conquistando esse stesse nel tempo posizioni di eccellenza sul mercato mondiale, con quote che raggiungono in molti settori della meccanica strumentale valori vicini al 10%. Oggi in un momento in cui le esportazioni di beni di consumo soffrono per la concorrenza sempre più forte de nuovi paesi competitori sono proprio le macchine a trainare l export italiano grazie anche alla sostenuta dinamica degli investimenti nei paesi emergenti. I distretti tradizionali nel tentativo di adeguarsi ai mutamenti dello scenario competitivo internazionale stanno progressivamente cambiando, sia attraverso i processi di delocalizzazione internazionale di alcune fasi dei processi produttivi - sia intraprendendo diversi percorsi innovativi. In effetti il modello di innovazione senza ricerca tipico dei distretti industriali, basato su design e su innovazioni di prodotto di natura incrementale, non appare più sufficiente ad assicurare la competitività delle produzioni locali sul mercato globale. La consapevolezza di questi limiti sta spingendo il sistema distrettuale italiano verso l adozione di un nuovo modello di innovazione, fondato sulle attività di R&S e finalizzato a migliorare i processi produttivi a sostegno della competitività e della produttività. La vera sfida per la modernizzazione dei distretti passa per investimenti in intangible assets e in hi-tech e per una massiccia introduzione di tecnologie digitali all interno delle imprese distrettuali. Distretti Tecnologici I distretti tecnologici sono aggregazioni di competenze su determinati settori ad alto contenuto tecnologico considerati prioritari per un territorio. Essi rappresentano un evoluzione del tradizionale concetto di distretto industriale e si caratterizzano come sistemi di trasferimento e collegamento della conoscenza in funzione delle condizioni che si realizzano su un determinato territorio regionale. I distretti tecnologici sono stati delineati dal Piano Nazionale della Ricerca come un nuovo strumento di governance locale delle attività di ricerca ispirato al raggiungimento di tre obiettivi fondamentali: Consentire la collaborazione delle tre reti del sistema italiano della ricerca, cioè le università, gli enti pubblici di ricerca e le imprese; Orientare il sostegno pubblico a programmi di ricerca e sviluppo principalmente verso settori strategici per l economia e l industria; 18

19 Consentire di aggregare più imprese attorno a programmi ad alto contenuto tecnologico e con forti ricadute applicative. La centralità dei distretti tecnologici quale strumento di policy per favorire il recupero di competitività e l emergere di eccellenze scientifiche e tecnologiche attorno a poli territoriali è stata ribadita anche successivamente, nel Decreto Legge del 2005 sulla competitività (poi convertito in Legge, n. 80/2005) e nel nuovo Piano Nazionale per la Ricerca La nascita di un distretto tecnologico presuppone alcune condizioni di base: la presenza sul territorio di università o centri di ricerca, che siano in grado di fornire conoscenze pre-esistenti sul tema del distretto in fase di formazione; un tessuto industriale in grado di ricevere tale conoscenza; un sistema di piccole e medie imprese che, in qualità di partner tecnologici, diventa il collante fra università, grandi aziende. Oltre a questo, il distretto necessita di un apposita struttura di governance, con il compito di aggregare aziende e centri di ricerca attorno a programmi dall alto contenuto tecnologico, in grado di avere ricadute positive sul mercato. A partire dal 2002 il Ministero dell Università e la Ricerca (MUR) ha stipulato protocolli di intesa per la costituzione di 25 distretti tecnologici, mentre un certo numero di ulteriori candidature sono attualmente in fase di definizione. A fronte di tali processi di riconoscimento, le agende di ricerca proposte dai distretti sono state finanziate mediante specifici accordi di programma quadro Governo-Regioni. Inoltre, le attività dei distretti prevedono l utilizzo di ulteriori risorse finanziarie, definite attraverso la predisposizione di bandi mirati del MUR, per il finanziamento di specifici progetti di ricerca proposti dagli attori del distretto. Di seguito, si riporta anche una definizione 2 del termine cluster: I cluster sono agglomerati geograficamente concentrati di imprese interconnesse ed istituzioni associate in un particolare settore, legate da tecnologie e capacità comuni. Esistono normalmente in situazioni geografiche che consentano facilità di comunicazione, di logistica e di interazione personale. Normalmente i cluster si individuano a livello regionale e a volte a livello di singole città. (Porter, 1998) Negli ultimi anni nel descrivere la trasformazione in corso dei distretti o il sorgere di nuove tipologie di cluster, gli studiosi hanno posto l accento soprattutto sul ruolo svolto dalle nuove tecnologie e come nel caso già richiamato delle forme tradizionali di produzione, si continuano ad utilizzare le espressioni già richiamate di distretto o cluster seguiti in questo caso dall espressione 2 Porter,

20 tecnologico. Entrambe queste espressioni vengono utilizzate per definire agglomerazioni spaziali di attività ad alta intensità tecnologica (Cesaroni e Piccaluga 2003; Lezzeroni, 2004). Rullani (2000) in particolare ritiene il termine cluster più adatto a spiegare la presenza di economie di agglomerazione (Krugman,1991; Porter,1998) che caratterizzano in particolar modo i cosiddetti cluster tecnologici. Non che questi aspetti non si possano cogliere anche nei distretti industriali, ma ciò che consentirebbe ai cluster di cogliere meglio tale processo sarebbe proprio la loro maggiore attenzione agli aspetti cognitivi, come il processo di generazione e di applicazione delle conoscenza (Rullani, 2000). Parchi Scientifici e Tecnologici Il termine Parco Scientifico e Tecnologico, il cui primo utilizzo risale a circa mezzo secolo fa e la cui accezione è modificata nel tempo, indica oggi un organizzazione che ha come scopo primario quello di promuovere la cultura dell innovazione e la competitività delle imprese e delle istituzioni che generano sapere. A tal fine incentiva il flusso di conoscenze e tecnologie fra università, centri di R&S, aziende e mercati, facilitando la creazione di imprese innovative mediante processi di incubazione e di spin off. I Parchi possono, quindi, avere un ruolo chiave nella promozione dell innovazione come mezzo per incrementare la competitività del territorio e stanno infatti diventando uno degli artefici importanti del processo di trasformazione della conoscenza (scoperte scientifiche e soluzioni tecnologiche derivanti dai centri di ricerca) in innovazioni di prodotto/processo e in impresa. Il Parco si sta dimostrando uno strumento utile per permettere all industria di beneficiare delle innovazioni provenienti dal mondo della ricerca, sia a livello nazionale che internazionale, contribuendo a creare piattaforme tecnologiche multidisciplinari utilizzabili anche nei settori tradizionali. Questa realtà si sta concretizzando soprattutto nell aera bio-medicale e chimica, cioè in quegli ambiti in cui il sistema della ricerca è strettamente connesso con le imprese specializzate del settore, con le imprese utilizzatrici di settori innovativi e con tutti gli altri settori sinergici. 20

21 3.2 Il modello Polo d Innovazione I Poli di Innovazione sono iniziative implementate dalle amministrazioni locali con strategie di sviluppo economico basate sullo sfruttamento delle università, dei centri di ricerca e, in genere, del potenziale di ricerca locale. L obiettivo di fondo è stimolare l espansione della base tecnologica locale, o attraverso la creazione di nuove imprese (in particolare start-up e spin-off tecnologici), o attraendo nel sito imprese già esistenti. I progetti di tecnopolo sono basati sulla teoria della cross fertilisation. Questo concetto è stato sviluppato da numerosi autori, uno dei quali, Pierre Lafitte, il fondatore di Sophia Antipolis, ha definito come: Bringing together, within the same location, of high technology activities, research centres, companies, universities and financial institutions. Contact between these bodies is promoted in such a manner as to produce a synergy effect from which new ideas and technological innovation can emerge, and therefore trigger off the creation of new companies. L aggregazione, nello stesso luogo, di attività tecnologiche innovative, centri di ricerca, imprese, università e istituzioni finanziarie. I contatti tra questi soggetti sono promossi in maniera tale da produrre un effetto sinergico dal quale possano emergere nuove idee ed innovazione tecnologica, e quindi stimolare la creazione di nuove imprese. Operativamente, i Poli sono generalmente un gruppo di organizzazioni industriali e di ricerca che condividono un comune interesse in tutti gli aspetti dello sviluppo scientifico, dalla fase di laboratorio alla produzione e commercializzazione. La loro rappresentazione fisica è una zona industriale, per lo più costituita da imprese di piccole e medie dimensioni, che comprende uffici, laboratori ed unità di produzione, tutti localizzati in zone dal forte valore ambientale. Sono frequentemente localizzati dentro un area demarcata che comprende strutture di alta formazione pubbliche e private, e istituzioni tecniche di ricerca. Il concetto di Polo di Innovazione si riferisce, inoltre, ad uno spazio definito, un focal point dove attività economiche basate sulle tecnologie avanzate, che costruiscono futura innovazione, sono spazialmente concentrate. Questo fattore è una spinta all emergere di modelli di mutua cooperazione. La natura fondamentale dei processi di tecnopolizzazione può essere così sintetizzata: Il Tecnopolo è essenzialmente un immagine, che rappresenta il quadro percepito delle dinamiche economiche, costituendo così lo spazio produttivo del ventunesimo secolo. Il Tecnopolo genera lo spazio per una nuova forma di organizzazione economica. L insediamento di una nuova logica produttiva è favorito dalla ricerca di collegamenti tra industrie innovative, ricerca pubblica e privata, ed alta formazione. Il trasferimento tecnologico è una funzione essenziale per i tecnopoli. 21

22 I tecnopoli offrono anche una particolare forma di localizzazione. Le forme della progettazione, architettura ed animazione stabilite nei tecnopoli sono tutte concepite per promuovere lo stabilirsi di una nuova filosofia socio-produttiva. Infine, un tecnopolo consiste in una forma territoriale di polarizzazione presente in uno spazio ampio. Il tecnopolo fornisce un interfaccia tra le relazioni produttive basate sulla prossimità ed una più ampia prospettiva globale, stimolando così uno sviluppo armonico del sistema. L organizzazione dei tecnopoli, pertanto, può essere vista come un tentativo di incrementare la creazione tecnologica, minimizzando i costi di transazione relativi, con la collaborazione di forze economiche ed industriali precedentemente rallentate da vincoli istituzionali. Tecnopoli e specializzazioni Nel 2002, uno studio prodotto dalla IASP 3 delineava la seguente situazione riguardo alle aree di specializzazione dei Parchi Scientifici e Tecnologici: - il 27% sono "generalisti", cioè accettano imprese e attività da diversi settori e campi tecnologici - il 25% sono "specialisti", essendo stati progettati e concepiti per uno o più settori specifici, come biotecnologie, ICT, ecc. - il 48% are "generalisti focalizzati", inizialmente concepiti come generalisti (in molti casi anche ufficialmente rimasti tali) ma essendo gradualmente divenuti più specializzati. 3.3 Elementi peculiari di un Polo di Innovazione I Poli di Innovazione possono essere definiti come comunità o centri di risorse strutturati, dedicati allo sviluppo dell innovazione. Considerati come forti strumenti di sviluppo regionale e trasformazione economica, generalmente aggregano in una località (o diffondono su una regione) i componenti necessari per generare innovazione, in particolare la realtà accademica, la ricerca e le imprese. Ma soprattutto i Poli di Innovazione si fondano su una filosofia, una visione di lungo termine: il lato immateriale (conoscenza scientifica, consenso sociale, motivazione imprenditoriale) diviene più importante di quello materiale (le infrastrutture hard, le attrezzature tecnologiche, gli investimenti in R&S). Ciascuna nuova iniziativa economica che fronteggia una sorta di competizione potenziale ha l obiettivo di soddisfare, con un modello originale, i bisogni di uno specifico target di mercato. Di conseguenza, l identificazione delle esigenze di una categoria di destinatari (non ancora, o non adeguatamente, soddisfatte) è una delle attività critiche da espletare prima di predisporre l appropriata organizzazione per rispondere a tali esigenze. Questa considerazione si applica anche al caso dei Poli di Innovazione: questi mirano a rispondere alle esigenze di sviluppo di specifiche categorie di utenti le imprese ma anche i ricercatori, gli investitori. La predisposizione di un adeguato ambiente sociale ed economico, la selezione 22 3 IASP-International Association of Science Park

23 del management, e la realizzazione delle appropriate infrastrutture tecniche devono essere funzionali alle esigenze cui rispondere e che prevedono la combinazione di più componenti pubblici e privati focalizzati sulle priorità territoriali in grado di assicurare però un vantaggio competitivo globale; pertanto, i componenti tipici di un Polo di Innovazione sono di solito 5: Una infrastruttura di ricerca, di solito pubblica, collegata alle Università e ai centri di R&S pubblici; Una competenza e una infrastruttura di formazione universitaria avanzata e post-laurea anche questa coordinata con l Università; Un incubatore di imprese; Un area di produzione che comprende anche specifici spazi per attività di R&S delle imprese; Un centro di testing e dimostrazione al servizio delle imprese e delle Università e dei loro progetti collaborativi. Sovente si osservano casi in cui si è seguita una logica opposta: la progettazione delle infrastrutture, la decisione sugli investimenti da intraprendere, precedono di molto la comprensione dei fabbisogni degli utenti nonché delle azioni da avviare per soddisfarli. Questo approccio genera una strategia di posizionamento che non è allineata con le esigenze dei potenziali beneficiari del Polo di Innovazione. Pertanto, la coerenza tra i bisogni e l offerta è la più importante azione di posizionamento e determina fortemente le probabilità di successo di un Polo di Innovazione. Ogni processo di posizionamento di un polo di innovazione è differente poiché: I. Ogni Polo di Innovazione trae vantaggio da diversi input disponibili nell economia locale; II. Ogni ambiente ha uno specifico potenziale di assorbimento dei risultati del polo (che deriva da distinte tradizioni storiche e specifici fabbisogni); III. Il diverso ruolo degli stakeholders pubblici e privati può influenzare il percorso di implementazione. 23

24 Tabella 2 Caratteristiche dei soggetti associati ad un polo di innovazione Sponsor e stakeholders Caratteristiche Possibili obiettivi di coinvolgimento Caratteristiche finanziarie Enti istituzionali n a z i o n a l i, regionali e locali Possono rivestire un ruolo chiave nella formazione dei partenariati e nell organizzazione e diffusione di programmi di sostegno. Sviluppo economico attraverso l incremento del numero di imprese (incubazione di impresa e processi di mentoring) o delle dimensioni di quelle esistenti Coinvolgimento nella fase di fattibilità e progettazione Università è istituti di gestione e diffusione della conoscenza Partner essenziali nella partecipazione a significativi programmi di finanziamento dai governi centrali Organizzazioni stabili con un grande patrimonio di competenze, idée e conoscenza Non possono partecipare come soci finanziatori Possono contribuire in-kind con la messa a disposizione di terreni, risultati tecnologici, attrezzature I poli di innovazione sono uno strumento chiave di sviluppo economico, nonché strumenti di marketing Un coinvolgimento di lungo termine è richiesto per gli investimenti infrastrutturali Technology transfer; Maggiore fonte di impulso alla nascita di spin-off Spostare i risultati tecnologici nella catena del valore attraverso la creazione di imprese spinout; Profitti da contratti di ricerca o attività di consulenza specialistica. I network internazionali sono utili per la costruzione di progetti collaborativi Centri di ricerca Grandi centri di ricerca pubblici possono fondare un Polo come parte di un processo di crescita dell autonomia commerciale e operativa Il trasferimento tecnologico può avvicinare la base scientifica finanziata dal governo al sistema dell industria Out-sourcing di attività alle imprese spin-out create come parte di un processo di ristrutturazione industriale. Esigenza di un modello di generazione di profitti per i clienti interni ed esterni; Attori chiave nella creazione e individuazione di progetti collaborativi; Esigenza di fondi per attività di ingegnerizzazione e prototipazione. 24

25 Imprese Incremento dell immagine e della reputazione del polo; Conquistare vantaggio commerciale; Necessità di seed capital; Appartenenza ad una comunità tematica con obiettivi comuni; Vicinanza ad università o centri di ricerca; Possibilità di sviluppo personalizzato; Risolvere esigenze di risorse; Accesso diretto a servizi di trasferimento tecnologico e problem solving. Forte domanda di servizi take-up; Business model; Servizi di coaching; Assistenza IPR. 25

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