Principi di Statica F 2 F 1 F 3

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1 Principi di Statica La statica è quella parte della meccanica che studia l equilibrio dei corpi sotto l azione di forze esercitate su di essi. Ciò richiede una definizione per i concetti di equilibrio e di forza. equilibrio. Un sistema fisico si dice in equilibrio se la velocità di tutti i punti materiali che lo compongono è costantemente nulla. orze Ai fini della statica, le forze sono gli agenti capaci di distogliere un corpo dall equilibrio. L interesse della statica è volto verso quei particolari sistemi di forze che, applicati ad un sistema, non lo distolgono dall equilibrio. In questo caso si dice che le forze in gioco si fanno equilibrio. Unità di misura della forza Sebbene sia possibile definire unità di misura della forza avvalendosi di mezzi puramente statici, l unità di misura del S.I. (Sistema Internazionale) è definita in base agli effetti dinamici delle forze. È quindi opportuno anticipare alcuni concetti di dinamica e definire il newton (N) come: newton =N= la forza che, applicata alla massa campione di kg, produce su di essa un accelerazione di m/s 2. L esperienza insegna che l accelerazione prodotta da una forza su una massa qualsiasi è direttamente proporzionale alla forza e inversamente proporzionale alla massa. Quindi le forze possono essere confrontate con l unità di misura del S.I. (il newton) misurando la massa dei corpi su cui sono applicate e l accelerazione da esse prodotta. Ad esempio, siccome sappiamo che la caduta della massa di kg avviene con una accelerazione costante di 9. m/s 2 circa, allora la forza che agisce su di esso è di 9. N. Se fossero stati 2 kg, i newton sarebbero stati 9.6. Altro dato di esperienza, le forze hanno una natura vettoriale: ovvero ad esse è possibile associare non solo un intensità ma anche una direzione ed un verso. Equilibrio di un punto materiale e di un sistema di punti materiali Si verifica che un punto materiale è in equilibrio solo se la somma vettoriale delle forze agenti su di esso (chiamata risultante delle forze) è nulla. 2 R N = 0 3 Se un sistema fisico è formato da tanti punti materiali, il sistema è in equilibrio se e solo se la condizione R=0 è soddisfatta per ognuno dei punti che lo compongono.. Equilibrio di un corpo rigido Un corpo rigido è un sistema di punti materiali che non possono cambiare la loro distanza reciproca. Questo è possibile soltanto se esistono forze presenti all interno del corpo stesso e che impediscono alle varie parti del corpo di allontanarsi o di avvicinarsi. L equilibrio di un corpo rigido, quindi, è determinato dall annullarsi, per ciascuno punto che lo compone, della somma di tutte le forze che

2 agiscono su di esso, sia quelle esterne, applicate da fuori, sia quelle che emergono all interno del corpo stesso. Sfortunatamente, noi di solito conosciamo solo le forze che agiscono dall esterno sul corpo, non quelle che emergono fra tutti i punti che lo compongono (che di solito fra l altro sono in numero enorme). Per determinare le condizioni per l equilibrio di un corpo rigido siamo quindi costretti a seguire una strada indiretta. Per cominciare notiamo due fatti sperimentali, validi per tutti i corpi rigidi: a) Se si applicano più forze con risultante nulla allo stesso punto di un corpo rigido, il corpo non viene distolto dall equilibrio (fig a) b) Se si applicano due forze uguali e opposte in punti diversi di un corpo rigido, dirette però secondo la stessa retta di azione, il corpo non viene distolto dall equilibrio (fig b). a) b) 2-3 Partendo da questi semplici principi, si ricavano tutte le condizioni fondamentali sull equilibrio dei corpi rigidi. Infatti da questi due fatti si deduce che ) L effetto di due o più forze applicate ad uno stesso punto non cambia se ad esse si sostituisce la loro risultante (fig 2a) Infatti, se nello stesso punto applico la risultante R ed il suo opposto R, si vede che -R si annulla con le forze pre-esistenti per la proposizione a), quindi rimane solo la risultante R. Il principio ) vale anche all inverso, ovvero ) L effetto di una forza non cambia se ad essa si sostituiscono due o più forze aventi la stessa risultante. Inoltre vale il seguente principio. 2) Si può trasportare una forza lungo la sua retta di azione senza mutare il suo effetto ai fini dell equilibrio. (fig 2b) Infatti, se lungo la stessa retta di azione di applico due forze uguali alla prima, ma l una opposta dell altra, ed -, si vede che e - si annullano per la proposizione b), mentre rimane solo. R 2a) 2b) -R 2 - Con i principi ) ) e 2) si possono spesso ridurre sistemi di più forze ad altri formati da un numero di forze inferiore.

3 Ad esempio, per due forze complanari ma non parallele (fig 3a), si può applicare prima la 2), sostituendo ogni forza con una equivalente ma applicata nel punto di incontro delle rette di applicazione, e poi la ), sostituendo le due forze con la loro risultante. 3a) 3b) 2 R Invece, con due forze parallele (fig 3b), prima si applicano due forze uguali e contrarie, che non hanno effetto per la proposizione b), poi si calcolano le due risultanti e si procede come nel caso precedente. Come conseguenza, sarà quasi sempre possibile equilibrare due forze complanari applicando l opposto della loro risultante in un punto opportuno, scelto in modo tale che, con l applicazione dei principi ) ) e 2), il sistema di forze complessivo sia equivalente ad una forza nulla. Il quasi del periodo precedente è dovuto al fatto che sussiste una eccezione importante: quella di due forze parallele ed opposte (fig 4). In questo caso, si verifica che l applicazione di altre due forze opposte e dirette lungo una stessa retta di azione non produce l effetto di far convergere le direzioni delle risultanti in un punto: si ottengono infatti ancora due rette parallele. 2 R 4) - L insieme di due forze parallele ed opposte si chiama coppia di forze. Una coppia di forze può essere ridotta ad un altra coppia ad essa equivalente, ma non ad una forza singola come nel caso precedente. Data una coppia di forze, si chiama momento della coppia il prodotto del modulo di una delle forze per la distanza fra le due rette d azione, detta braccio della coppia. Si nota che, riducendo una coppia ad un altra equivalente, il momento della coppia non cambia. 5) b b θ θ

4 Infatti, con riferimento alla figura 5: ' = mentre b ' = b cosθ, quindi = b = ' b' = '. cosθ Dal punto di vista fisico, l effetto di una coppia si traduce in una tendenza alla rotazione del corpo a cui la coppia è applicata. Ora, data una coppia di forze applicate nei punti P e Q (fig 6), la cui distanza si possa rappresentare con il vettore r, il momento della coppia si può esprimere in funzione dell angolo formato da r ed nel seguente modo 6) b P θ r θ Q = b sinθ Ciò suggerisce di definire un vettore momento della coppia, dato dal prodotto vettoriale del vettore distanza r fra i punti di applicazione P e Q e la forza applicata a Q (oppure, la distanza fra Q e P e la forza applicata a P): = r Si tratta di un vettore che ha direzione ortogonale al piano della coppia, e verso determinato dal verso della rotazione indotta dalla coppia: guardando dalla direzione indicata dal vettore, la rotazione avverrebbe in senso antiorario. Si può notare che, se si fissa un punto O qualsiasi (fig 7), e si considerano i due prodotti vettoriali = r ed 2 = r2 2, dove r ed r 2 sono le distanze di P e Q da O ed ed 2 sono i due elementi della coppia di forze, si ottiene = r + r = r + r = r r = r = ( ) ( ) 7) 2 P r Q r2 r O Ciò è come dire che se definiamo il momento di una forza rispetto ad un punto O come il prodotto vettoriale fra il vettore posizione del punto di applicazione rispetto ad O e la forza stessa, il momento di una coppia risulta uguale alla somma dei momenti delle forze che la compongono. Enunciamo ora un teorema che accetteremo senza dimostrazione

5 Teorema: Ogni sistema di forze applicate ad un corpo può essere ricondotto ad una sola forza ed una sola coppia; il sistema così ottenuto ha uguale risultante ed uguale momento risultante (rispetto ad un punto qualsiasi) di quello di partenza. Quindi, le trasformazioni ) ) e 2) permettono di sostituire qualsiasi sistema di forze, per quanto complesso, all azione di una sola forza e di una sola coppia. Il teorema appena enunciato ha i seguenti importanti corollari: Corollario : perché un corpo rigido sia in equilibrio è necessario e sufficiente che la forza e la coppia equivalenti al sistema di forze siano entrambi nulli, ovvero che siano entrambi nulli la risultante ed il momento risultante delle forze applicate; quindi: R = 0 prima equazione cardinale della statica. = 0 seconda equazione cardinale della statica È importante notare che ai fini dell equilibrio non è importante la scelta del punto rispetto al quale si calcolano i momenti delle forze, perché se il momento risultante è nullo rispetto ad un punto, è nullo anche rispetto a qualsiasi altro punto. Le due equazioni cardinali della statica permettono di impostare e risolvere qualsiasi problema di statica di un corpo rigido. 2. Vincoli e forze vincolari È esperienza comune che il moto di più corpi rigidi l uno rispetto all altro sia limitato proprio dalla rigidità dei corpi stessi. Ad esempio, un corpo può scivolare su un piano rigido, ma non può attraversarlo; un pendolo può tendere una funicella inestensibile, ma non può allungarla, una porta può ruotare sui suoi cardini, ma non può svellerli, e così via. Gli oggetti che limitano il moto dei corpi a causa della propria rigidità sono chiamati vincoli, e le forze che essi esercitano per mantenere il moto dei corpi su traiettorie geometricamente definite sono dette forze vincolari o anche reazioni vincolari. Esistono fondamentalmente tre tipi di vincoli che interessano in meccanica: ) punti fissi (fig a), che obbligano un corpo a mantenere fisso uno dei suoi punti. Tipico esempio è il giunto sferico, costituito da una sfera che può ruotare in una sede opportuna: a) b) c) 2) asse fisso (fig b) che obbliga il corpo a mantenere fissi due dei suoi punti (e quindi anche tutti i punti dell asse a cui i due punti appartengono) 3) superficie (fig c), che obbliga uno o più punti di un corpo a restare sulla superficie stessa (o comunque a non attraversarla).

6 I vincoli suddetti si dicono ideali o non ideali a seconda che si verifichino o meno le seguenti circostanze Punto fisso: è ideale se non esercita alcun momento rispetto al punto stesso, in pratica, se la rotazione intorno al punto non è ostacolata Asse fisso: è ideale se il momento delle forze da esso esercitate è perpendicolare all asse stesso, in pratica, non ostacola la rotazione intorno all asse. Superficie: è ideale se non esercita alcuna forza tangenziale su punti che si muovono parallelamente alla superficie, in pratica, non ostacola lo scivolamento lungo la superficie. Alcuni semplici problemi di applicazione: ) Una lastra piana praticamente senza peso può scivolare su tre punti posti sul piano orizzontale xy nelle posizioni (riferite ad un piano cartesiano ortogonale): O(0,0), P(2,0), Q(0,4). Una massa praticamente puntiforme di 0kg viene appoggiata sul punto R(,), determinare le reazioni esercitate su ciascuno dei punti O, P, Q. 2) Un pennone di massa m = 7 kg e lungo 4 m viene fissato su un piano verticale nel modo indicato in figura, libero di ruotare intorno al punto fisso P ma fissato alla parete da una fune inestensibile. Gli angoli sono quelli indicati in figura, mentre il peso del pennone si può immaginare praticamente concentrato nel baricentro (un concetto che introdurremo rigorosamente fra poco), posto a metà asta. Determinare le reazioni esercitate dalla fune e dal punto fisso. R P PQ = 2 m Q S 3. Centro di massa e baricentro Se un corpo è costituito da un certo numero N di punti materiali, ognuno di massa m, m 2 m N, poste nei punti r, r 2, r N (fig 9), le forze peso che agiscono sul corpo sono tutte forze fra loro parallele e proporzionali ad ognuna delle masse: = m g, 2 = m 2 g, e così via. Si vuol dimostrare che il sistema di forze, 2 N è riducibile ad un unica forza. In pratica, basta dimostrare che la risultante R = N, se applicata in un punto opportuno, produce lo stesso momento del sistema di forze, 2 N rispetto a qualsiasi centro di riduzione O. Infatti, per il teorema di pagina 5, la forza e la coppia equivalenti al sistema di forze hanno la stessa risultante e lo stesso momento risultante del sistema originario. Se si può ridurre il sistema ad una sola forza quindi (senza la coppia), questa deve per forza essere uguale alla risultante, ed il momento da essa prodotto deve essere uguale a quello complessivo del sistema.

7 9) O r i r G i =m i g R Infatti, se r, r 2, r N sono i vettori posizione rispetto ad O, si vede che N m r N N N N i i N i i ri i ri mig miri g = = = = = mig = rg R N i= i= i= i= i= mi i= Quindi, se si applica la risultante R esattamente nel punto G (chiamato baricentro del sistema), la cui posizione r G è calcolata come N miri i= rg = N m i= i (media ponderata con le masse delle posizioni dei vari punti), si ottiene che la risultante ha lo stesso momento che vien fuori dalla somma di tutti i momenti delle forze peso delle masse che costituiscono il corpo, essa quindi è equivalente alle forze peso, ai fini dell equilibrio. La media dei vettori posizione, ponderata con le masse dei punti, è anche chiamata centro di massa, ed è un concetto che ha diverse altre applicazioni, sia in statica (come vedremo più avanti), sia, soprattutto, nella dinamica dei sistemi. Per un corpo rigido il baricentro ha una posizione indipendente dall orientazione, che si può considerare anch essa rigidamente collegata con quella di tutte le masse m i. Se il vettore g non fosse lo stesso per tutti i punti, ma avesse comunque la stessa direzione, ancora si potrebbe definire un baricentro, perché ancora le forze peso sarebbero equivalenti ad una sola forza (senza la coppia), ma questo baricentro avrebbe una posizione che dipende dall orientazione del corpo. Problemi ) calcolare la posizione del baricentro di un asta rigida sottile omogenea di massa e lunghezza l. 2) Calcolare la posizione del baricentro di una lastra sottile omogenea a forma triangolare. 3) Calcolare la posizione del baricentro di un cono circolare retto di raggio di base r e altezza h.

8 4. Il problema della stabilità dell equilibrio L introduzione dei concetti di equilibrio stabile ed instabile è facilitata dalla discussione del seguente problema di esempio. Il sistema rappresentato in figura è costituito da due volani, uno dei quali costruito con due cilindri solidali di raggio diverso. I due volani sono vincolati a ruotare intorno al proprio asse in modo che la velocità periferica dei due cilindri a contatto sia la stessa (assenza di strisciamento). Due masse m e 2m vengono fissate nelle posizioni indicate in figura. Determinare tutte le posizioni in cui il sistema è in equilibrio, nell ipotesi che R = 2R 2. Bisogna tenere presente che ognuno dei due volani è soggetto, oltre che alla forza di gravità, anche alla forza che si sviluppa nel contatto fra i due cilindri, forza che ha componenti uguali ed opposte sul primo e sul secondo cilindro (nella figura a fianco, le due forze per 2m chiarezza sono disegnate con i punti di applicazione di poco distanti, in realtà bisogna pensarle applicate in due punti a contatto delle due ruote). Inoltre, l angolo di rotazione del primo volano (quello θ - costituito da due ruote) è superiore all angolo di rotazione del secondo, perché lo spazio percorso dai punti periferici del primo cilindro, che ha raggio 2mg φ minore, deve essere uguale allo spazio percorso dal mg secondo, per cui si ha R 2θ = Rφ, ovvero θ = 2φ (questa relazione viene anche chiamata vincolo cinematico, perché rappresenta una relazione fra due spostamenti che non dipende dalle forze applicate). L equilibrio del primo volano, che può ruotare liberamente intorno al proprio asse, sarà regolato dalla seconda equazione cardinale della statica, per cui: 2 m + = R sinθ 2mg R2 = 2R2 sinθ 2mg R2 = 0, mentre per il secondo volano 2m R 2 R m R m + = R sinφ mg + R = 0 le quali si riducono, considerando il vincolo cinematico, a 4mg sin 2φ = 0 mg sinφ = 0 Il sistema di equazioni suddetto si riduce facilmente all equazione goniometrica 4 sin 2φ sinφ = 0 ovvero sin φ ( cosφ ) = 0 Le soluzioni di quest equazione sono quindi: φ = 0 + kπ e φ = arccos + 2kπ, φ = 2 π arccos + 2kπ Per 0 φ 2π si hanno quindi le soluzioni schematizzate nel disegno di seguito raffigurato:

9 2φ -2φ φ - φ φ=arccos/ Sono quindi presenti, sostanzialmente, quattro posizioni di equilibrio distinte. acciamoci ora la seguente domanda: Se il sistema si trova in una di queste posizioni di equilibrio, e viene spostato leggermente da essa, e poi lasciato andare sotto l azione delle forze presenti, che cosa fa? Torna indietro verso la posizione di equilibrio dalla quale l abbiamo lasciato? Oppure se ne allontana ancora di più per andare a cadere, magari, in un altra delle possibili posizioni di equilibrio? Il problema, è analogo ad altri più semplici la cui soluzione è più intuitiva. Per esempio, se lasciamo un corpo rigido libero di ruotare intorno ad un asse orizzontale non passante per il baricentro, è intuitivo che le posizioni di equilibrio sono due, entrambi con il baricentro sul piano verticale che contiene l asse: solo che la prima è sotto l asse di rotazione, l altra è sopra. Qui è immediato constatare che se si allontana il corpo dalla posizione inferiore esso tende a tornarci, mentre se si allontana da quella superiore esso, sotto l azione della forza peso, se ne allontana ancora di più. Nel primo caso si parla di equilibrio stabile, nel secondo equilibrio instabile. Per affrontare nel modo più semplice il problema della stabilità dell equilibrio di un sistema, studiamo un problema apparentemente scorrelato da quello che vogliamo risolvere: cerchiamo di studiare, in funzione dell angolo φ, il comportamento della quota del baricentro del sistema. Con riferimento alla figura a fianco, se poniamo un sistema di assi cartesiani ortogonali con l origine nel punto di contatto fra i due cilindri e l asse y verticale, avremo che la y del baricentro è data da θ φ y G = 2mgR cosθ mgr cosφ mr = 2m + m ( 2 cos 2φ cosφ ) Dove, 2 ed sono rispettivamente le masse dei due volani e la massa totale di tutto il sistema. Studiamo ora l andamento della funzione y G (φ) al variare dell angolo φ, in particolare, studiamo i punti in cui la funzione è stazionaria ovvero quelli in cui ha un massimo, o un minimo, o eventualmente un flesso orizzontale. La derivata di y G rispetto all angolo φ è mr mr y G ' ( φ) = 4sin 2φ + sinφ = sinφ cosφ ( ) ( )

10 Che è uguale a zero proprio in φ = 0 + kπ e φ = arccos + 2kπ, φ = 2 π arccos + 2kπ. La derivata seconda, inoltre, è mr y G ' ' ( φ) = ( cos 2φ + cosφ ) che nei punti suddetti assume i seguenti valori: mr in φ = 0 + 2kπ y ' ' (0) = 7 G < 0 quindi si tratta di un punto di massimo relativo (il mr mr baricentro si colloca alla quota y G = ( 2 ) = ), mr in φ = π + 2kπ y ' ' ( ) = 9 G π < 0 ancora un punto di massimo relativo (stavolta il mr mr baricentro è a y G = ( 2 + ) = 3 ), 63 mr in φ = arccos + 2kπ e φ = 2 π arccos + 2kπ y ' ' (arccos ) G = > 0, questi sono punti di 33 mr minimo, e y G =. 6 Il grafico della funzione è quello descritto di seguito: arccos(/) 0 π 2π - arccos(/) 2π Ora enunciamo un principio che potrà essere giustificato solo verso la fine del corso (dopo che avremo trattato dell energia meccanica e della sua conservazione): principio della stazionarietà della quota del baricentro: Se un sistema è soggetto soltanto alle forze peso e a vincoli ideali, le sue posizioni di equilibrio sono tutte e sole quelle in cui il baricentro assume una quota stazionaria (massimi relativi, minimi relativi o flessi orizzontali ) rispetto a quelle vicine. ra queste, le posizioni di equilibrio stabile sono quelle in cui la quota del baricentro assume un valore minimo relativo. Se la posizione del baricentro è descritta da più di un incognita (p.es. due angoli invece di uno) allora invece che di flessi si parla di punti di sella, ma questo è un punto che richiederebbe il possesso di qualche nozione del corso di analisi II.

11 Applicando questo principio si deduce che le posizioni di equilibrio sono proprio quelle già ricavate per mezzo delle equazioni cardinali della statica, in più, si ricava l informazione che i punti di equilibrio stabile sono φ = arccos + 2kπ, φ = 2 π arccos + 2kπ.

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