Diagnosi di leucemia linfoblastica acuta/linfoma linfoblastico

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1 Diagnosi di leucemia linfoblastica acuta/linfoma linfoblastico Nella grande maggioranza dei casi le neoplasie linfoblastiche si presentano all esordio con interessamento midollare, in genere massiccio e in ogni caso superiore al 25% della cellularità midollare, accompagnato o no da localizzazioni extra- midollari; la diagnosi è di leucemia linfoblastica acuta (LLA). Negli altri casi la neoplasia linfoblastica è diagnosticata in sedi extra- midollari, con infiltrazione blastica midollare inferiore al 25%; la diagnosi è di linfoma linfoblastico. In entrambi i casi è necessario un approfondito inquadramento diagnostico, per definire le caratteristiche biologiche della popolazione neoplastica e il livello di rischio clinico, e per avviare il paziente ad un programma terapeutico consono al suo profilo di rischio. Obiettivi e metodologia generale del percorso diagnostico Obiettivi I test diagnostici in caso di LLA sono eseguiti secondo una sequenza a due tempi. Il primo gruppo di accertamenti consente di iniziare tempestivamente la terapia di induzione. Il secondo permette di definire la migliore strategia terapeutica nella fase post- remissione. 1) L inquadramento diagnostico precoce deve essere completato nel volgere di ore e deve fornire al clinico le seguenti informazioni: Porre diagnosi di LLA ed escludere una diagnosi di leucemia mieloide acuta (LMA) o di altra neoplasia. Definizione del sottotipo immunologico di LLA La metodologia diagnostica minima in questa fase richiede l analisi morfologica, immunofenotipica ed eventualmente citochimica su campioni di midollo e sangue periferico. 2) L inquadramento diagnostico è completato con le indagini di citogenetica e biologia molecolare, per le quali i campioni sono raccolti anch essi alla diagnosi, ma i risultati possono essere disponibili dopo l inizio della terapia di induzione. Le indagini diagnostiche devono essere integrate secondo le indicazioni dei principali gruppi di studio internazionali, fra cui l Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e, nel caso della LLA, il Gruppo Europeo per la Caratterizzazione Immunologica delle Leucemie (EGIL). Nella LMA è ancora utilizzata, dal punto di vista pratico, la classificazione FAB, che nel caso della LLA è da ritenersi ormai obsoleta. 1. Indicazioni per definire una diagnosi di LLA Materiali diagnositici: L esecuzione della biopsia osteomidollare non è obbligatoria; la scelta è demandata pertanto al giudizio del clinico. In alcuni casi, come in presenza di grave coagulazione intravascolare disseminate, la biopsia osteomidollare può essere controindicata. Al contrario la biopsia osteomidollare può rendersi necessaria nel caso in cui l aspirato midollare sia difficoltoso e/o ipocellulare. Un altro caso particolare è il sospetto di linfoma linfoblastico. In questa circostanza la biopsia osteomidollare consente una valutazione obiettiva della cellularità midollare e una stima precisa della percentuale di blasti. E così possibile distinguere fra linfoma linfoblastico propriamente detto ed LLA senza infiltrazione midollare massiccia.

2 Campioni di midollo e sangue periferico. Per una diagnosi sufficientemente accurata di LLA è necessaria la valutazione sia delle cellule midollari sia delle cellule del sangue periferico. Campione di liquor. Si dovrebbe eseguire appena possibile la rachicentesi allo scopo di escludere la presenza di interessamento meningeo alla diagnosi. Indagini diagnostiche Morfologia. Dovrebbero essere rilevati i caratteri citologici delle cellule leucemiche. Come precedentemente accennato, la classificazione della LLA secondo i criteri FAB, è priva di utilità. Sussiste ancora qualche interesse per il sottotipo L3, tipicamente associato ad una leucemia a cellule tipo Burkitt. Tuttavia la disponibilità di indagini diagnostiche ben più accurate rende pressoché inutile anche questa distinzione. Citochimica. Nella LLA le cellule sono tipicamente negative al Sudan Nero B e alla mieloperossidasi, sebbene si osservi un esigua minoranza di LLA granulari, Sudan debolmente positive ma mieloperossidasi negative. Non vi sono test citochimici specifici per la LLA. Tuttavia nella maggioranza dei casi si osserva un quadro peculiare di positività per PAS (acido periodico- Schiff) e beta- glicuronidasi. Il PAS nella LLA, quando positivo, si presenta con aspetto granulare, a differenza della positività citoplasmatica diffusa presente nella serie mieloide. La beta- glicuronidasi, quando positiva, nella LLA assume un carattere polare. L analisi immunofenotipica deve comprendere tutte le indagini necessarie per la diagnosi differenziale fra LLA ed LMA o altre neoplasie. Deve inoltre fornire un quadro completo degli antigeni citoplasmatici e nucleari della popolazione linfoblastica. Tabella 1 riassume il protocollo di diagnostica immunofenotipica, proposto da EGIL con i seguenti obiettivi: - Escludere la presenza di malattie non ematologiche - Distinguere fra LLA e leucemia mieloide acuta - Attribuire la LLA alla linea B o alla linea T - Riconoscere ulteriori sottogruppi all interno delle due linee principali. - Riconoscere le leucemie a cellule natural killer (NK) Tabella 1. Indicazioni EGIL per la diagnosi immunofenotipica di LLA. Neretto=obbligatorio: le altre indagini possono essere eseguite per meglio definire la diagnosi. Sono riportati fra parentesi i risultati attesi e brevi note. Obiettivo Selezione delle cellule non eritroidi e diagnosi differenziale con neoplasie non ematologiche Diagnosi differenziale vs LMA Linea- B - pro- B (B- I) - common (B- II) più CD10 (>10%) CD antigens (c=citoplasmico; Tdt=nucleare) CD45 (pos) cmpo, CD117 (neg, CD117 raro linea- T pos) vs. ccd22 e/o ccd79a (pos linea- B) ccd3 (pos linea- T) ccd79a e/o ccd22 più CD19

3 - B maturo (B- IV) Linea- T pro- T (T- I) pre- T (T- II) T corticale (T- III) T maturo (T- IV) NK Ulteriori indagini più Ig+, di superficie o citoplasmatiche, kappa o lambda ccd3 più CD7 più CD2 e/o CD5 e/o CD8 più CD1a+ più CD3+, CD1a CD3-, CD56+ TdT CD24 (linea- B), anti- TCR (linea- T), CD34, CD13, CD33, CD15, anti- MPO, CD64, CDw65 (staminale/mieloide) 2. Diagnosi di LLA e sotto- classificazione I dati morfologici e immunofenotipici devono essere integrati con quelli citogenetici, sia in metafase sia in interfase, e con quelli di biologia molecolare, per identificare entità specifiche di LLA all interno di ciascun sottogruppo immunofenotipico. A questo scopo lo strumento principale è rappresentato dalla classificazione OMS delle neoplasie ematologiche. L ultimo aggiornamento è stato pubblicato nel 2016 e, per quanto riguarda la LLA, non presenta sostanziali novità rispetto alla versione precedente del LLA e linfoma linfoblastico sono raggruppati insieme come neoplasia linfoblastiche e suddivisi in due gruppi a seconda della linea, B o T, a cui risultano appartenere. LLA/linfoma linfoblastico a precursori B, in breve LLA a precursori B. LLA/linfoma linfoblastico a precursori T, in breve LLA a precursori T. Entità cliniche - LLA a precursori B. La forma leucemica è nettamente predominante rispetto alla variante linfomatosa. Sono comprese le LLA con caratteri immunofenotipici da B- I a B- IV (Tabella 1). In quest ambito è poi possibile un ulteriore distinzione sulla base dei caratteri citogenetici e molecolari. o B- LLA non altrimenti specificata. Neoplasia a linfoblasti con caratteri della linea B, che deriva da una cellula staminale emopoietica o da un precursore B. In questo gruppo non sono presenti anomalie citogenetiche caratteristiche con un particolare valore prognostico. o B- LLA con anomalie citogenetiche ricorrenti. Questo gruppo si caratterizza per la presenza di anomalie citogenetiche specifiche, dotate di rilievo clinico, cui corrisponde spesso una controparte molecolare. B- ALL con t(9;22)(q34;q11.2); BCR/ABL1 B- LLA/linfoma con t(v;11q23.3);kmt2a riarrangiato B- LLA/linfoma con t(12;21)(p13.2;q22.1); ETV6- RUNX1 B- LLA/linfoma con iperdiploidia B- LLA/linfoma con ipodiploidia B- LLA/linfoma con t(5;14)(q31.1;q32.3); IL3- IGH B- LLA/linfoma con t(1;19)(q23;p13.3);tcf3- PBX1 Inoltre la classificazione OMS del 2016 ha proposto due entità provvisorie

4 B- LLA/linfoma, BCR- ABL1 like B- LLA/linfoma con iamp21 - LLA a precursori T. Comprende LLA con caratteri immunofenotipici da T- I a T- IV (Tabella 1). Si presenta caratteristicamente con iperleucocitosi periferica. Si accompagnano spesso linfoadenopatie mediastiniche e altre localizzazioni extra- midollari. Sono comuni linfoadenopatie ed epatosplenomegalia. La variante linfomatosa è più comune rispetto alla corrispondente neoplasia a cellule B. Nonostante la mole di indagini condotte sulle LLA a cellule T, anche la classificazione OMS del 2016 non è stata in grado di individuare sottogruppi definiti. Sono state indicate solo due entità provvisorie. LLA/linfoma linfoblastico a precursori T LLA/linfoma linfoblastico a cellule NK 3. Diagnosi differenziale fra LLA, LMA e altre neoplasie L impiego combinato dei dati morfologioci, citochimici e immunofenotipici è necessario per distinguere la LLA dalla LMA e da altre neoplasie, ematologiche o no, che possono determinare un interessamento del midollo e/o del sangue periferico. In ogni caso il ruolo più importante è quello svolto dall analisi immunofenotipica. Vs. LMA. Le cellule linfoidi sono positive per uno degli antigeni citoplasmatici di linea (linea T: ccd3; linea B: ccd79a, ccd22), a differenza dei blasti mieloidi che sono positivi per la mieloperossidasi citoplasmatica (cmpo). Vs. linfoma mantellare blastico. Questa entità clinico- patologica, sebbene all esame morfologico possa creare qualche problema di diagnosi differenziale con la LLA, è caratterizzata da alterata regolazione di bcl- 1 con aumentata espressione di ciclina D, dalla traslocazione t(11;14)(q13;q32) e da un fenotipo a cellula B e concomitanza di CD5+ CD23- TdT-. Vs. linfoma epatosplenico a cellule T gamma-. Le cellule simil- linfoblastiche che infiltrano il midollo, hanno un immunofenotipo CD3+, CD4-, CD8- (spesso CD56+) e soprattutto il riarrangiamento del T cell receptor gamma- delta; L epatosplenomegalia è un rilievo clinico saliente Vs. mieloma plasmablastico. Gli elementi di aspetto blastico sono tipicamente TdT-, CD38+ e positivi per le immunoglobuline citoplasmatiche. Vs. neoplasia non ematologiche. L infiltrazione midollare da parte del sarcoma di Ewing, del neuroblastoma e del carcinoma polmonare a piccole cellule, per citare i meno infrequenti, può creare qualche problema di diagnosi differenziale con la LLA. I dati clinici, l esame citologico e istologico, oltre alla negatività per i marker immunofenotipici leucocitari, consentono di orientare agevolmente la diagnosi nella maggior parte dei casi. Un ultimo, ma non irrilevante, tema è la distinzione fra blasti leucemici ed ematogoni. Vs. ematogoni. Gli ematogoni sono precursori linfoidi normali, che in corso di leucemia possono essere aumentati in occasione della rigenerazione midollare post- chemioterapica. Si pone pertanto il problema di distinguere fra persistenza/recidiva di LLA e normale rigenerazione midollare. L importanza dell argomento è accresciuta dal fatto che gli ematogoni hanno un immunofenotipo

5 e CD10). Tuttavia l analisi citofluorimetrica consente abbastanza agevolmente di escludere la progressione di LLA. 4 Leucemie acute con ambiguità di linea L utilizzo appropriato e integrato delle indagini diagnostiche fin qui presentate, fa sì che raramente si giunga a una diagnosi di autentica leucemia bi- fenotipica o di leucemia indifferenziata/inclassificabile. Per quanto rare, anche queste malattie derivano da una cellula staminale emopoietica. Ai fini pratici questi pazienti dovrebbero essere trattati secondo i protocolli terapeutici in uso per la LMA. La tabella 2 riassume I criteri EGIL per la diagnosi di leucemia bifenotipica acuta. Tabella 2. Score system EGIL per la diagnosi di leucemia bifenotipica (Cyt=espressione intracitoplasmatica; m= positività di membrane; non indicato= positività di membrana; TdT= espressione nucleare) Punti Linea B Linea T Mieloide Cyt CD79a, Cyt 2 Cyt/m CD3, anti- TCR MPO IgM, Cyt CD22 CD117, CD13, CD33, 1 CD19, CD20, CD10 CD2, CD5, CD8, CD10 CD TdT, CD24 TdT, CD7, CD1a CD14, CD15, CD64 Le leucemie bi- fenotipiche e quelle indifferenziate/inclassificabili, sono raccolte dalla classificazione OMS sotto il termine di leucemie acute con ambiguità di linea, secondo la seguente classificazione: - Leucemia indifferenziata acuta - leucemia acuta a fenotipo misto (MPAL) con t(9;22)(q34.1;q11.2); BCR- ABL1 - MPAL con t(v;11q23.3); KMT2A riarrangiato - MPAL, B/mieloide, non altrimenti specificata - MPAL, T/mieloide, non altrimenti specificata La classificazione OMS presenta poi criteri per l attribuzione di linea delle cellule leucemiche, che costituiscono alternativa/integrazione dei criteri EGIL dianzi presentati. I criteri OMS sono riassunti in tabella 3. Tabella 3. Criteri OMS per l attribuzione di linea delle cellule leucemiche Linea mieloide MPO: citofluorimetria, immune- istochimica o citochimica oppure Differenziazione monocitaria: almeno due fra: positività citochimica per esterasi aspecifiche (per approfondimento cfr il capitolo diagnosi di LMA ), positività per CD11c, CD14, CD64 o lisozima. Linea T Positività citoplasmatica per CD3, con anticorpi diretti contro la catena ε di CD3. oppure

6 Linea B Intensa positività per CD19, accompagnata da almeno una positività fra le seguenti: CD79a, CD22 citoplasmatico o CD10 oppure Debole positività per CD19, accompagnata da almeno due positività fra le seguenti: CD79a, CD22 citoplasmatico o CD10 DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DI RISCHIO CLINICO La determinazione del livello di rischio clinico per ciascun paziente, ha lo scopo di far sì che ogni paziente riceva il trattamento più consono alle caratteristiche biologiche della sua malattia, per evitare sia il rischio di sotto- trattamento sia quello di esporre il paziente ad un trattamento inutilmente aggressivo. Tradizionalmente la definizione della classe di rischio si basa su elementi a priori derivanti dalla caratterizzazione clinica e biologica del paziente e della malattia, eseguita alla diagnosi. Più recentemente si sono imposti all attenzione criteri a posteriori basati non solo sull ottenimento o no di una risposta alla chemioterapia, ma anche sulla qualità della risposta. A) DETERMINAZIONE DEL RISCHIO SECONDO I CRITERI CONVENZIONALI L individuazione delle classi di rischio secondo i criteri convenzionali si basa su alcune caratteristiche cliniche e sui risultati della caratterizzazione immunofenotipica, citogenetica e molecolare della popolazione leucemica. Dato che parlare di leucemia acuta a basso rischio può suonare come un ossimoro, i livelli di rischio individuati sono spesso denominati a salire da un livello standard. Una distinzione gerarchica comunemente accettata comprende tre livelli di rischio, molto elevato, alto e standard. I fattori prognostici negativi più comunemente accettati, che, variamente combinati a seconda degli schemi proposti, contribuiscono alla definizione delle classi di rischio, sono di seguito elencati. 1.Iperleucocitosi: leucociti > o /mcl per le LLA B; leucociti > /mcl per le LLA T 2. Interessamento del sistema nervoso centrale (SNC) 3. Immunofenotipo sfavorevole: pro- B i.e. EGIL B- I per LLA B: pro/pre/maturo T i.e. EGIL T- I/II/IV per LLA T 4. Caratteri citogenetici (determinati sia in metafase sia in interfase) o molecolari sfavorevoli. Quelli più comunemente accettati sono: t(9;22)/ riarrangiamento BCR- ABL t(4;11)/ riarrangiamento AF4- MLL t(1;19)/ riarrangiamento PBX/E2A t(12;21)/ riarrangiamento TEL- AML1-7, +8, del6q, t(8;14), altri riarrangiamenti di MLL 11q23 ALL iperdiploide (>50) Bassa ipodiploidia con cromosomi Corredo quasi triploide con cromosomi Cariotipo complesso, con >5 anomalie clonali indipendenti 5. Remissione tardiva, ottenuta cioè dopo più di un ciclo di chemioterapia

7 DEFINIZIONE DELLE CLASSI DI RISCHIO CLINICO Rischio molto elevato Se è presente almeno uno dei seguenti fattori altamente sfavorevoli 1.Iperleucocitosi: leucociti > /mcl per le LLA B; leucociti > /mcl per le LLA T 2. Interessamento del SNC 3. Immunofenotipo sfavorevole: pro/pre/maturo T i.e. EGIL T- I/II/IV (CD1a- )* per ALL T 4. Caratteri citogenetici (determinati sia in metafase sia in interfase) o molecolari sfavorevoli. Quelli più comunemente accettati sono: t(9;22)/ riarrangiamento BCR- ABL t(4;11)/ riarrangiamenti di MLL 11q23-7, +8, del6q, t(8;14), Bassa ipodiploidia con cromosomi Corredo quasi triploide con cromosomi Cariotipo complesso, con >5 anomalie clonali indipendenti * Il significato prognostico sfavorevole di CD1a- è stato stabilito nella LLA pediatrica. Non sono disponibili dati conclusivi sulla LLA dell adulto e ancor meno sul linfoma linfoblastico. Pertanto non sembra consigliabile assegnare un paziente adulto al livello di rischio molto elevato sulla base della sola negatività di questo marker. Alto rischio Se è presente almeno uno dei seguenti caratteri e nello stesso tempo sono assenti tutti i fattori di rischio molto elevato, dianzi elencati. - Iperleucocitosi; GB>30.000/mcl, limitatamente alle LLA B - Immunofenotipo pro- B - Remissione complete non ottenuta dopo il primo ciclo di chemioterapia Rischio standard Assenza di ognuno dei fattori di rischio molto elevato o alto. In particolare sono richiesti Leucociti <30x10e9/L per LLA B Leucociti <100x10e9/L per LLA- T; immunofenotipo corticale EGIL T- III (CD1a+) per LLA T. B) LIVELLI DI RISCHIO BASATI SULLA MALATTIA MINIMA RESIDUA (MRD) L analisi della MRD si è imposta all attenzione come uno strumento fondamentale per migliorare la definizione del livello di rischio. La determinazione molecolare della MRD è stata studiata come fattore prognostico da gruppi cooperativi, sia italiani come il NILG (the Northern Italy Leukemia Group) sia internazionali (GMALL, MRC). Anche il gruppo cooperativo italiano GIMEMA ha approvato il protocollo LAL 1913 che prevede la determinazione periodica della MRD nei pazienti in remissione completa (RC) che eseguono la terapia di consolidamento/mantenimento. Attualmente la determinazione periodica dalla MRD a scopo prognostico, viene eseguita nei pazienti a rischio alto o standard che abbiano completato la fase di

8 induzione/consolidamento. Sulla base della persistenza o della scomparsa della MRD, questi pazienti possono essere riclassificati come M- NEG o M- POS e possono di conseguenza essere assegnati a programmi di trattamento diversificati. La determinazione periodica della MRD è eseguita anche nei pazienti con caratteristiche prognostiche di rischio molto elevato, ma questi, anche in caso di MRD negatività, rimangono candidati alle forme più aggressive di intensificazione, in particolare al trapianto allogenico in tutti i casi in cui questo sia eseguibile. Non vi sono infatti dati che dimostrino che in questa classe di pazienti l ottenimento della MRD negatività, si traduca in un incremento della probabilità di guarigione con strategie terapeutiche meno aggressive. CENNI DI TERAPIA La LLA dell adulto, pur avendo nel complesso una prognosi sensibilmente peggiore rispetto alla forma pediatrica, rientra nel novero delle neoplasie potenzialmente guaribili con la chemioterapia. Tuttavia solo una parte dei pazienti affetti da LLA è idoneo a un trattamento aggressivo con finalità curative; si tratta dei pazienti più giovani (al di sotto dei 65 anni) e privi di gravi patologie concomitanti. Negli altri casi la terapia ha solo finalità di contenimento della malattia, per quanto possibile, o di semplice supporto. La terapia delle leucemie acute ha lo scopo di raggiungere e mantenere RC, ed è suddivisa in fasi secondo criteri definiti negli anni Settanta, che non rispecchiano del tutto gli attuali orientamenti terapeutici, ma mantengono una certa validità nomenclativa. - Induzione. La terapia di induzione è un associazione di farmaci in grado di ottenere la RC. Tuttavia, rispetto alla nomenclatura tradizionale, la terapia di induzione della LLA non si compone di un singolo ciclo chemioterapico. Molti protocolli prevedono una pre- induzione con corticosteroidi ed eventualmente ciclofosfamide, allo scopo di saggiare la sensibilità delle cellule leucemiche e/o di ottenere un debulking e prevenire la sindrome da lisi tumorale. Inoltre la terapia di induzione propriamente detta, può articolarsi in due cicli, denominati fasi. Il nucleo della terapia di induzione è comunque rappresentato in genere da una combinazione di corticosteroidi, vincristina, antraciclinici e L- asparaginasi, Quando è prevista una seconda fase, questa si basa sull associazione di farmaci differenti, come il sinergismo fra methotrexate e Ara- C ad alte dosi. Parte integrante della terapia di induzione è la definizione tradizionale di RC, identificata dalla scomparsa dei segni clinici di malattia, da una ragionevole risalita dei valori emocromocitometrici (piastrine > /mcl, emoglobina > 10 g/dl, neutrofili >1000/mcl), da normale cellularità midollare, assenza di blasti nel sangue periferico e quota blastica inferiore al 5% nel mielogramma. La quota blastica è stata fissata empiricamente al 5% per la mancanza di criteri per distinguere, su basi esclusivamente ìmorfologiche, i blasti midollari normali da quelli leucemici. - Consolidamento e intensificazione. Dopo l ottenimento della RC, lo scopo della terapia successiva è quello di mantenerla. Sono pertanto praticati alcuni cicli basati su combinazioni chemioterapiche di intensità paragonabile a quella del ciclo o dei cicli di induzione. La nomenclatura tradizionale distingue fra consolidamento e intensificazione. Il consolidamento è un ciclo che impiega gli stessi farmaci usati in induzione, eventualmente con dosaggi diversi. L intensificazione si basa su farmaci differenti. Dato che la terapia di induzione finisce per comprendere gran parte dei farmaci disponibili, ma non include quasi mai L- asparaginasi, può essere più appropriato parlare di una sola fase di consolidamento/intensificazione precoce. Questa fase comprende una sequenza di cicli che ha lo scopo di ridurre al minimo la malattia residua, sfruttando combinazioni non cross- resistenti di farmaci sinergici, come vincristina e antracicline, Ara- C e methotrexate, VP- 16 e ciclofosfamide, VP- 16 e Ara- C, e antracicline e Ara- C. Il numero di cicli, e talvolta

9 la loro intensità, può essere diverso a seconda che il paziente sia candidato o no al trapianto allogenico. Dopo alcuni cicli di consolidamento/intensificazione precoce, può essere eseguita la raccolta di cellule staminali emopoietiche autologhe qualora ciò sia previsto dal protocollo terapeutico selezionato o sia richiesto dalle esigenze cliniche del paziente. - Mantenimento ed eventuali reinduzioni. Nei pazienti che non sono candidati al trapianto di cellule staminali emopoietiche, la terapia di consolidamento/intensificazione può essere seguita da una fase di mantenimento. Il mantenimento è definito come la somministrazione continuativa a lungo termine di farmaci a basse dosi, spesso per via orale, con un intensità quindi nettamente inferiore ai cicli delle fasi precedenti. Lo schema più tradizionale di mantenimento è la somministrazione quotidiana di 6- mercaptopurina in associazione con basse dosi di methotrexate settimanali. La durata della terapia di mantenimento può andar da uno a tre anni. Alcuni protocolli terapeutici, prevedono interruzioni periodiche della terapia di mantenimento, allo scopo di somministrare cicli più intensi, denominati reinduzioni. Nelle LLA bcr- abl positive, alla chemioterapia delle diverse fasi, si associa la somministrazione di inibitori di bcr- abl. - Profilassi della localizzazione al SNC. La frequenza con cui la LLA può determinare l interessamento del SNC giustifica la necessitò di attuare in tutti i pazienti una profilassi, eventualmente di intensità adeguata al livello di rischio. La profilassi dell interessamento del SNC si basa su tre presidi 1) Somministrazione periodica intratecale di methotrexate ed eventualmente Ara- C. 2) Somministrazione per via endovenosa di farmaci in grado di superare la barriera emato- encefalica. Oltre all associazione ad alte dosi di ara- C e methotrexate, che superano parzialmente la barriera ematoencefalica ma sono presenti in quasi tutti i protocolli terapeutici, thio- tepa, procarbazina, nitrosouree e fludarabina superano con elevata efficienza la barriera ematoencefalica, ma trovano scarso impiego nella chemioterapia convenzionale. Appartiene a questa categoria anche busulfano che viene impiegato solo ad alte dosi nella terapia di condizionamento al trapianto di cellule staminali emopoietiche.. 3) Radioterapia craniospinale, che sfrutta l elevata radiosensibilità della LLA. Mentre i primi due trattamenti trovano collocazione pressoché in tutti protocolli terapeutici, il ricorso alla radioterapia come profilassi avviene solo in casi selezionati. Diverso è il caso della LLA con localizzazione al SNC all esordio. In questi casi si dovrà fare ricorso a tutte le modalità terapeutiche summenzionate. Inoltre questi pazienti dovranno essere considerati a rischio elevato e candidati al trapianto allogenico; nella scelta della terapia di condizionamento si dovrà tenere conto della differente attività dei singoli schemi sulla malattia localizzata al SNC. - Trapianto di cellule staminali emopoietiche. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche, autologo o allogenico, è il paradigma dell intensificazione tardiva nelle leucemie acute. Tuttavia il trapianto autologo nella LLA merita solo un cenno. Si tratta infatti di una strategia che trova una razionale indicazione solo in casi selezionati, senza che sia definibile a priori nemmeno un indicazione di nicchia. Il ricorso al trapianto autologo, in mancanza di alternative, in pazienti non idonei al trapianto allogenico o privi di un qualsiasi donatore non appare consigliabile. Un discorso a parte merita l infusione di cellule staminali autologhe in altri contesti. Il primo è il supporto a terapie di intensificazione fortemente mielotossiche ma non mieloablative, in pazienti a rischio elevato che non dispongono di un donatore, come previsto da alcuni protocolli terapeutici e come accennato in precedenza. Il secondo è la ricostituzione autologa in pazienti con

10 graft failure dopo trapianto allogenico, quando non siano disponibili né un rescue allogenico del medesimo donatore né un altro donatore. Il trapianto allogenico è invece la naturale intensificazione tardiva nelle LLA a rischio elevato o molto elevato e nelle LLA a rischio intermedio/standard con MRD positiva. E tuttavia noto come il trapianto allogenico nella LLA, si caratterizzi per una ridotta capacità di indurre una graft versus leukemia (GVL) efficace e per un rischio elevato di graft versus host disease (GVHD). Sono candidabili al trapianto allogenico pazienti giovani, di età inferiore a 65 anni, privi di controindicazioni, alla diagnosi o acquisite nel corso del programma di chemioterapia convenzionale, che dispongano di un idoneo donatore. I donatori ideali sono il donatore familiare HLA- identico e il donatore non consanguineo HLA- compatibile (9/10 o 10/10). Il ricorso ad un donatore alternativo, familiare aploidentico o unità di sangue placentare, pur praticato, pone il quesito se il beneficio di una GVL moderata compensi il rischio di recidiva e di complicazioni infettive, legato alla profonda e prolungata immunodepressione. Per quanto riguarda gli schemi di condizionamento si possono distinguere. 1) Schemi comprendenti radioterapia. I linfoblasti leucemici sono radiosensibili e pertanto la LLA rimane una delle non molte indicazioni univoche al trapianto dopo condizionamento comprendente la panirradiazione corporea (TBI). La TBI presenta il vantaggio di essere attiva sul SNC e non preclude l esecuzione della radioterapia craniospinale, sebbene a dosi ridotte, in una fase successiva. La TBI è somministrata preferibilmente con modalità iperfrazionata ed è classicamente associata a ciclofosfamide, eventualmente ad un secondo farmaco, come Ara- C o VP- 16. In considerazione della tossicità, è prudente fissare un limite di età per la TBI, inferiore a quello di idoneità al trapianto 2) Schemi convenzionali per le leucemie acute non comprendenti TBI, come ad esempio, Bu- Cy o thiotepa-ciclofosfamide. Costituiscono un alternativa alla TBI, sia essa controindicata o no. In genere solo uno dei farmaci supera la barriera ematoencefalica. 3) Schemi comprendenti farmaci che superano la barriera ematoencefalica. Costituiscono un alternativa alla TBI, sia essa controindicata o no, in pazienti per i quali si ritiene necessario un trattamento attivo sul SNC. La base è rappresentata dall associazione thio-tepa/nitrosourea, a cui si aggiungono VP-16 o fludarabina. 4) Schemi non mieloablativi. Possono trovare indicazione in pazienti che si ritiene possano trarre vantaggio dal trapianto, ma che non possono affrontare i rischi connessi con un condizionamento mieloablativo. Per le considerazioni all inizio di questa sezione, il condizionamento non mieloablativo non è una scelta consigliabile in pazienti affetti da LLA, pienamente idonei al trapianto. - Pazienti non idonei a un trattamento aggressivo. Nei pazienti che, per età e/o patologie concomitanti, non possono sottoporsi ad un trattamento con finalità curative, si possono ipotizzare strategie di contenimento della malattia o, a decrescere, di solo supporto. Sotto il profilo del contenimento, l associazione vincristina/corticosteroidi è in grado di determinare RC di breve durata in una percentuale considerevole di pazienti affetti da LLA. La naturale prosecuzione potrebbe essere un mantenimento con 6-mercaptopurina e methotrexate. E tuttavia incerto se la transitoria RC, ottenibile con un ciclo poco mielotossico ma non privo di altre tossicità in soggetti anziani, si traduca in un reale beneficio in termini di sopravvivenza. Si può considerare la somministrazione periodica o continua a basse dosi di altri chemioterapici, come VP-16 o Ara-C, allo scopo di migliorare l effetto di contenimento sulla malattia o di riottenerlo in caso di perdita di efficacia di 6-mercaptopurina/methotrexate. In un contesto di terapia non aggressiva possono talvolta avere un lieve vantaggio i pazienti affetti da LLA bcr-abl positiva. Anche in pazienti anziani o con patologie concomitanti possono

11 volta migliorare e prolungare la risposta ottenibile con la sola chemioterapia di contenimento. Tralasciando i problemi connessi con la prescrivibilità, gli inibitori di bcr-abl di generazione successiva presentano il rischio di favorire complicazioni cardiovascolari, un rischio tuttavia non immediato, sopravanzato dal beneficio di potere controllare per qualche tempo una malattia mortale a breve scadenza. Nei pazienti non idonei nemmeno ad una terapia di contenimento o in cui la terapia di contenimento ha perso di efficacia, rimane solo la terapia di supporto.

Prof AM Vannucchi AA2009 10

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