Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto: il noce

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1 209 V. Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto: il noce E. Bellini, F.P. Nicese, C. Bertagnini Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli Studi di Firenze 1. Introduzione In Italia il noce da frutto è largamente coltivato, adattandosi alla variabilità ambientale e pedologica che caratterizza il nostro paese. Tuttavia la coltura è, nel suo complesso, in costante e progressivo declino da molti anni: da tonnellate circa nel triennio è passata a t/anno secondo gli ultimi dati ISTAT (Lugli e Fanigliulo, 1998). L evoluzione e l attuale situazione della coltura del noce in Toscana seguono, nel complesso, l andamento nazionale. Differenze sostanziali riguardano la distribuzione altimetrica della coltura, più diffusa in collina ed in montagna, la sua ridotta presenza come coltura specializzata (Fig. 1) e l assoluta prevalenza della produzione da piante sparse. È quindi apparsa evidente l esigenza di reperire e caratterizzare genotipi locali di pregio (soprattutto per ciò che riguarda il frutto) in aree della Toscana tradizionalmente interessate dalla presenza del noce, quali le province di Firenze ed Arezzo, per evitare la loro scomparsa. 2. Materiali e metodi La ricerca, avviata già da alcuni anni (Bertagnini, 1997; Nicese et al., 1998), si è inizialmente basata sulla raccolta di informazioni (istituzioni pubbliche e privati cittadini) circa la presenza di piante di particolare interesse (es.: età e fruttificazione); sono state quindi individuate alcune piante sulle quali è stata effettuata una serie di rilievi, basati sui descrittori IPGRI (1994) e sulle schede UPOV (1995), come segue: rilievi fenologici: epoche di germogliamento e di fioritura, tipo di fruttificazione, numero di fiori femminili/gemma e di fiori maschili/amento, epoca di maturazione; rilievi carpometrici: forma, altezza, larghezza, spessore della noce, colore e tessitura delle valve, tipo di sutura, peso totale e del solo gheriglio; rilievi merceologici: tipo di apertura delle valve, resistenza allo schiacciamento, resa in sgusciato. Fig. 1 - Noce: esempio di coltivazione consociata al nocciolo nel comune di Rignano sull Arno Fig. 2 - Noce: esempi di forme diverse di frutti reperiti nel corso della sperimentazione

2 210 Il germoplasma della Toscana aprile aprile Fig. 3 - Noce: epoca di germogliamento suddivisa in classi di frequenza aprile maggio aprile Molto precoce Precoce Media Tardiva Molto tardiva 60 Fig. 4 - Noce: peso medio (g) del gheriglio dei genotipi individuati 50 Sorrento Risultati Le ricerche hanno portato, sinora, alla individuazione di 33 ecotipi con caratteristiche morfologiche e biologiche alquanto diversificate (Fig. 2). L epoca di germogliamento, che negli ambienti dell Italia centrale è bene sia alquanto ritardata per sfuggire a pericolose gelate tardive, è risultata compresa tra la prima settimana di aprile e la prima di maggio; ben 11 ecotipi hanno evidenziato un germogliamento dopo il 22 aprile, quindi tardivo o molto tardivo (Fig. 3). Relativamente ai dati carpometrici, la maggior parte degli ecotipi si è collocata tra i 9 ed i 14 g di peso medio del frutto, con punte sino ai 17 g, anche se accompagnate da rese in sgusciato più modeste (30-35%). Anche i rilievi sul gheriglio hanno evidenziato un livello del materiale individuato sostanzialmente buono, con 18 ecotipi nell ambito o al di sopra del livello della Sorrento (4,6-5,1 g) dei quali 12 in una fascia di assoluta eccellenza (5 g o più) (Fig. 4). 4. Conclusioni In definitiva, dalle ricerche sinora condotte, è emerso un panorama genetico del noce in Toscana di notevole interesse (Fig. 5); questo materiale è attualmente in osservazione in un campo di raccolta-comparazione presso l Azienda Montepaldi (San Casciano Val di Pesa - FI) dell Università di Firenze allo scopo di individuare i genotipi di maggior interesse nella prospettiva di un loro possibile impiego commerciale. In questo campo, oltre agli ecotipi locali, sono state introdotte alcune delle più importanti varietà, italiane ed estere (americane e francesi), da utilizzare come riferimento nell opera di catalogazione del germoplasma locale.

3 211 Fig. 5 - Noce: ecotipo individuato nell Alto Mugello (Pian della Querce - Marradi) Fig. 6 - Noce: ecotipo individuato nel Valdarno (Mandri III - Reggello) 5. Scheda descrittiva semplificata del noce Allo scopo di facilitare il lavoro di reperimento delle accessioni di noce ancora presenti in Toscana, la commissione delle specie legnose da frutto (L.R. 50/97) ha redatto una scheda descrittiva semplificata, riportata nelle pagine seguenti (in fac-simile, richiedere l originale all ARSIA). Bibliografia BERTAGNINI C. (1997) - Ricerche per la caratterizzazione di biotipi di noce da frutto reperiti nelle province di Firenze e di Arezzo. Tesi di laurea. IPGRI (1994) - Descriptors for walnut (Juglans spp.). International Plant Genetic Resources Institute, Roma. NICESE F.P., FERRINI F., BERTAGNINI C. (1998) - Ricerche per la caratterizzazione di ecotipi di noce da frutto reperiti nelle province di Firenze e Arezzo. Atti VI Giornate Scientifiche S.O.I., Sanremo, 1-3 aprile. LUGLI S., FANIGLIULO G. (1998) - Il noce in Italia: coltura in ripresa. Frutticoltura (1): UPOV (1995) - Test guidelines for walnut. International Union for the protection of new varieties of plants, Geneva.

4 212 Il germoplasma della Toscana Commissione tecnico-scientifica delle Specie Legnose da Frutto - L.R. 50/97 - Scheda descrittiva semplificata NOCE (Scheda fac-simile, richiedere l originale all ARSIA) Nome e cognome del rilevatore: Periodo della rilevazione: dal al Luogo della rilevazione (nome, cognome, indirizzo): NOME CULTIVAR ETÀ DELLE PIANTE N. PIANTE INDIVIDUATE SINONIMI CARATTERI OBBLIGATORI 1) VIGORIA scarsa media elevata 2) PORTAMENTO assurgente semiassurgente espanso 3) FIORITURA MASCHILE (data) inizio (10% fiori aperti) piena (60% fiori aperti) fine (100% fiori aperti) 4) FIORITURA FEMMINILE (data) inizio (10% fiori aperti) piena (60% fiori aperti) fine (100% fiori aperti) 5) NUMERO AMENTI scarso medio elevato 6) FIORI FEMMINILI PER GEMMA uno tre due oltre tre 7) FRUTTIFICAZIONE costante incostante alternante 8) PRODUTTIVITÀ scarsa media elevata 9) RACCOLTA (data) inizio fine 10) DIMENSIONE FRUTTI ALLA RACCOLTA (noce) piccola: fino a 4 g media: da 5 a 7 g grossa: da 7a13 g molto grossa: oltre 13 g 11) FORMA FRUTTI (sez. ventrale, lungo la sutura) arrotondata ovale trapezoidale ellittica cordiforme 12) FORMA FRUTTI (sez. trasversale) circolare ellittico-allargata ellittico-stretta 13) SIMMETRIA FRUTTI simmetrica asimmetrica 14) SUPERFICIE GUSCIO liscia rugosa molto rugosa 15) SPESSORE GUSCIO sottile medio spesso

5 213 CARATTERI OBBLIGATORI 16) COLORE GUSCIO marrone chiaro marrone marrone scuro 17) DIMENSIONE GHERIGLIO piccolo medio grosso 18) COLORE GHERIGLIO molto chiaro chiaro ambrato 19) SAPORE GHERIGLIO mediocre buono ottimo 20) RIMOZIONE GHERIGLIO facile media difficoltosa 21) GIUDIZIO QUALITATIVO GENERALE senza interesse mediocre buono ottimo 22) GIUDIZIO QUALITATIVO OSSERVAZIONI 22) GIUDIZIO AGRONOMICO COMPLESSIVO 24) SUSCETTIBILITÀ A MALATTIE CARATTERI FACOLTATIVI 1) ENTITÀFIORITURA (F) scarsa media elevata 2) POSIZIONE GEMME A FRUTTO apicale mediana laterale 3) ALLEGAGIONE scarsa media elevata 4) NUMERO FRUTTI/NODO uno più di uno 5) SUTURA poco evidente evidente marcata 6) APERTURA GUSCIO facile intermedia difficile 7) SPESSORE MEMBRANE sottile medio spesso 8) PRODUZIONE (kg/albero) 9) PESO MEDIO FRUTTI (g) 10) RESA IN SGUSCIATO % 11) OLI (%) 12) FORMA DELLA FOGLIOLINA ellittico-stretta ellittica ellittico-allargata 13) SENSIBILITÀ A MACULATURA nulla media scarsa elevata 14) SENSIBILITTÀ A OIDIO nulla media scarsa elevata 15) SENSIBILITÀ A TICCHIOLATURA nulla media scarsa elevata 16) SENSIBILITÀ A CARPOCAPSA nulla media scarsa elevata arrotondata ovale trapezoidale ellittica cordiforme Frutto: forma in sezione ventrale, lungo la sutura

6 215 V. Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto: le pesche Burrone fiorentine E. Bellini, V. Nencetti, E. Picardi Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli Studi di Firenze G. Giannelli - Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose - CNR, Firenze 1. Origine delle Burrone fiorentine Il termine burrona è scarsamente presente nella letteratura pomologica; non esiste nei cartigli dei quadri del Bimbi, anche se sono rappresentate pesche simili come Lucchese, Reale, Biancona (Bellini e Pisani, 1982). È invece presente nella Pomona italiana del Gallesio ( ) secondo il quale la Reale del Bimbi corrisponderebbe alla Spiccacciola bianca Settembrina, volgarmente chiamata Burrona massima o Pesca di Parigi (Fig. 1). È nostra opinione che il termine burrona si sia generato nelle campagne di Rosano (FI). Tale vocabolo, nel linguaggio popolare fiorentino, sta a significare qualcosa di corposo e delizioso allo stesso tempo. Il contado dell epoca, non essendo uso a chiamare le pesche con nomi definiti, chiamava "burrone" quelle popolazioni di cultivar diffuse nella zona, a polpa bianca, fine, aromatica e profumata, spicca, a maturazione tardiva, talora riproducibile per seme. 2. Caratterizzazione delle Burrone fiorentine Le burrone possono essere definite un sottogruppo delle pesche a polpa bianca. Le differenze sostanziali riguardano: il tipo della polpa (meno liquescente nelle burrone); la pezzatura e la forma (più omogenee nelle burrone); il colore della buccia (più chiaro nelle burrone); le epoche di fioritura e di maturazione (più tardive nelle burrone). Di seguito si riportano le caratteristiche dell albero e del frutto tipiche delle burrone fiorentine. Albero Vigoria: da media a molto elevata. Portamento: regolare. Ramo misto: piuttosto lungo, gemme a fiore distribuite in prevalenza nei tratti mediano e basale. Fiore: campanulaceo o rosaceo, fioritura generalmente tardiva. Entrata in fruttificazione: normale (2-3 anno). Produttività: medio-elevata e costante. Epoca di maturazione: da medio-tardiva a molto tardiva. Suscettibilità ad alcune malattie: molte cultivar sono sensibili alla Cidia e alla Monilia. Frutto Pezzatura: da media a grossa. Forma: rotonda o tendenzialmente schiacciata ai poli in sezione longitudinale e rotonda in sezione trasversale. Linea di sutura: mediamente profonda, talora con presenza di umbone. Buccia: colore di fondo bianco-verdastro chiaro, marezzata o sfumata di rosso vivo nella parte esposta al sole, semiaderente alla polpa, di medio spessore e medio tomento. Polpa: di colore bianco-crema, estesamente venata di rosso vivo al nocciolo, soda, molto dolce, gradevole, aromatica e assai profumata, spicca. Nocciolo: medio grosso, di colore marrone scuro, slargato, asimmetrico, con piccolo mucrone. 3. Le principali cultivar di Burrone fiorentine Da una indagine svolta negli anni Settanta (Bellini e Bini, 1976), è emersa la presenza nelle zone peschicole fiorentine di numerose cultivar (o presunte tali) di burrone. Il perpetuarsi della propagazione per seme di poche cultivar ancestrali, ha generato popolazioni alquanto omogenee, dalle quali sono state selezionate e propagate, più recentemente per innesto, le migliori giunte fino ai giorni nostri.

7 216 Il germoplasma della Toscana Fig. 1 - Rappresentazione schematica del gruppo pomologico delle Burrone all interno delle tipologie di pesco conosciute da Gallesio ( ) Tab. 1 - Cultivar di Burrone fiorentine di maggior interesse Cultivar Luogo di origine Epoca di maturazione Burrona di Terzano Rosano agosto-i decade Burrona di Rosano (Fig. 2) Rosano agosto-ii decade Daniela (Fig. 3) Londa agosto-iii decade Spicca Bianca Rosano settembre-i decade Vittorio Emanuele III (Fig. 4) Firenze settembre-i decade Tos-China Settembre Firenze settembre-ii decade Poppa di Venere Settembrina (Fig. 5) Firenze settembre-i decade Regina di Londa Londa settembre-ii decade Tondona Presidente Firenze settembre- II decade Lucchese Tardina Rosano settembre-iii decade Burrona di Mezzano Greve in Chianti ottobre-i decade Regina di Ottobre (Fig. 6) Londa ottobre-i decade Tardiva di Firenze Firenze ottobre-i decade Tos-China-Ottobre Firenze ottobre-i decade Tra queste ne abbiamo individuate 14 che maturano nell arco di 3 mesi: 3 si raccolgono in agosto, 7 in settembre e 4 in ottobre (tab. 1). Tutte le cultivar individuate sono state valutate comparativamente per più anni, e per ciascuna è stata redatta una dettagliata scheda agro-bio-pomologica, sul tipo di quella della Burrona di Rosano, che di seguito si riporta Descrizione della Burrona di Rosano Origine: ottenuta casualmente a Rosano (Firenze), da genealogia sconosciuta. Diffusa da tempo nella zona di origine. Rami misti: lunghi, con internodi di media lunghezza; la corteccia è di colore rosso e verde intermedio; le gemme a fiore sono distribuite uniformemente lungo il ramo, l indice di fertilità è medio.

8 217 Fig. 2 - Burrone fiorentine: Burrona di Rosano, da tempo diffusa nella zona di origine Fig. 3 - Burrone fiorentine: Daniela, ottenuta nella zona di Londa, simile alla nota Michelini, ma più adatta ai nostri ambienti Fig. 4 - Burrone fiorentine: Vittorio Emanuele III, rilasciata dalla Scuola delle Cascine ai primi del Novecento Fig. 5 - Burrone fiorentine: Poppa di Venere Settembrina, ricorda la pesca Lucchese Fig. 6 - Burrone fiorentine: Regina di Ottobre, diffusa di recente, prolunga la stagione di Regina di Londa Fig. 7 - Burrone fiorentine: Londa nel Mugello è il centro della coltivazione delle Burrone; in settembre si tiene la sagra delle pesche, dove viene conferito il premio "Pesca d argento" ai migliori campioni esposti della cultivar Regina di Londa

9 218 Il germoplasma della Toscana Foglie: lunghe mm 142 e larghe mm 45, con rapporto diametrico di 3,15; la larghezza massima è prevalentemente centrale; il lembo è increspato lungo la nervatura principale; l angolo apicale e quello basale sono medi; il margine è crenato; le glandole sono reni-formi. Fiori: rosacei, piccoli; i petali sono rotondi, di colore rosa intenso, attenuato al margine che è corrugato; il pistillo è alto come gli stami; si riscontrano talvolta fiori con pistilli doppi; l epoca di fioritura è intermedia, tendente al tardivo. Frutti: medi (alti mm 59, larghi mm 64, spessi mm 65, con peso di g 160), di forma rotonda sia in sezione longitudinale che in sezione trasversale; la cavità peduncolare è mediamente profonda e mediamente larga; la linea di sutura è mediamente profonda; l apice è incavato, con umbone piccolo o assente; la buccia è verdastra, soffusa di rosso, aderente alla polpa, mediamente spessa, con medio tomento; la polpa è bianco-verdastra, mediamente soda, leggermente acidula, spicca. I noccioli sono medi (alti mm 31, larghi mm 25, spessi mm 21, con peso di g 8), di colore scuro, allungati, con profilo simmetrico; l angolo apicale è ampio; la superficie è molto corrugata, con parte dei rilievi lisci e con cresta di media larghezza. Caratteri bio-agronomici: la pianta è di vigoria elevata, con portamento regolare; la cascola delle gemme è medio-scarsa; la fioritura è abbondante; l allegagione è elevata (grado di autocompatibilità medio, grado di fertilità elevato); la cascola dei frutti è medio-scarsa; il grado di produttività è medio-elevato. Buona la resistenza alle malattie. I frutti sono molto ricercati e ben quotati sui mercati locali. Maturazione: seconda decade di agosto. Bibliografia BELLINI E. (1973) - Mostra pomologica 1972 a Firenze. Considerazioni su: Pesche e Nettarine, Prugne e Susine, Diospiri o Kaki. Vol. Ed. L Informatore Agrario, Verona. BELLINI E. (1987) - Il pesco: favorevole alternativa per la frutticoltura tardiva del Mugello. Atti Convegno Il territorio del Comune di Borgo San Lorenzo. Prospettive di sviluppo della frutticoltura nel Mugello, Ronta (FI), 7 novembre. BELLINI E., BINI G. (1976) - Contributo allo studio delle cultivar di pesco toscane a maturazione tardiva. CNR, Firenze. BELLINI E., PISANI P.L. (1982) - Pesche in: Agrumi, frutta e uve nella Firenze di Bartolomeo Bimbi pittore mediceo. CNR, Firenze. BELLINI E., SCARAMUZZI F. (1976) - Monografia delle principali cultivar di pesco. Vol. II, CNR, Firenze. GALLESIO G. ( ) - Pomona italiana, ossia trattato degli alberi fruttiferi. N. Capurro, Pisa. MORETTINI A., BALDINI E., SCARAMUZZI F., BARGIONI G., PISANI P.L. (1962) - Monografia delle principali cultivar di pesco. CNR, Firenze.

10 219 V. Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto: le pesche Cotogne fiorentine E. Bellini, V. Nencetti, E. Picardi Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli Studi di Firenze G. Giannelli - Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose, CNR - Firenze 1. Origine delle Cotogne fiorentine Le pesche cotogne sono state introdotte in Italia probabilmente dagli spagnoli durante la dominazione del Meridione, e giunte successivamente a Firenze grazie all interesse mostrato dai Medici verso la frutticoltura. Tale ipotesi è avvalorata dal fatto che tra le cultivar-popolazioni spagnole, se ne riscontrano tuttora alcune simili alle cotogne fiorentine. Nel napoletano certe cultivar locali ancora diffuse ricordano molto le cotogne fiorentine, per caratteri sia pomologici che agronomici. Lo stesso Gallesio ( ) nella Pomona italiana fa riferimento alle cotogne, quando scrive sulle pesche duracine serotine (pesche non spicche tardive) (Fig. 1). 2. Caratterizzazione delle Cotogne fiorentine Le cotogne si distinguono nettamente dalle percoche, come è chiaramente esposto nella Tab. 1. Le prime si coltivano per produrre frutti da destinare esclusivamente al mercato fresco, mentre le seconde trovano destinazione prevalente nella trasformazione industriale. Di seguito si riportano le caratteristiche dell albero e del frutto tipiche delle cotogne fiorentine. Albero Vigoria: in genere elevata. Portamento: per lo più assurgente. Ramo misto: piuttosto lungo, gemme a fiore distribuite in prevalenza nei tratti mediano e distale. Fiore: campanulaceo, a fioritura tardiva. Entrata in fruttificazione: in genere lenta (3-5 anno). Produttività: medio-elevata, talora alternante. Epoca di maturazione: da tardiva a molto tardiva. Suscettibilità ad alcune malattie: molte cultivar sono sensibili a Monilia e Oidio. Frutto Pezzatura: da media a grossa. Forma: rotondo-oblunga od oblata in sezione longitudinale e triangolare-solcata in quella trasversale, asimmetrica. Linea di sutura: da poco a molto profonda, talora con valve alquanto divise e presenza di umbone. Buccia: aderente alla polpa, molto tomentosa, fondo di colore giallo-verdastro, con sovraccolore rosso più o meno esteso. Polpa: di colore giallo-arancio, rossa al nocciolo, tessitura molto compatta e ricca di fibre, soda, sapore ottimo, aromatica, duracina (non spicca). Nocciolo: grosso, allungato, asimmetrico, con mucrone pronunciato. 3. Le principali cultivar di Cotogne fiorentine Assai numerose sono le cultivar (se così possiamo definirle) di cotogne fiorentine tutt ora presenti nelle aree peschicole della provincia. La propagazione per seme che veniva praticata nel passato, ha generato nel tempo diverse cultivar-popolazioni, ma anche genotipi ben distinti. Tra questa biodiversità sono state individuate tre tipologie di frutto: a) tipo arrotondato, simmetrico, con sutura poco pronunciata e colore della polpa poco arrossato al nocciolo, a cui afferisce la Cotogna di Rosano; b) tipo arrotondato, asimmetrico, con sutura molto pronunciata e colore della polpa molto arrossato al nocciolo, a cui afferisce la Cotogna del

11 220 Il germoplasma della Toscana Fig. 1 - Rappresentazione schematica del gruppo pomologico delle "cotogne" all interno delle tipologie di pesco conosciute da Gallesio ( ) Tab. 1 - Principali caratteri distintivi tra cotogne e percoche Caratteri Cotogna Percoca Forma del frutto asimmetrica, oblunga simmetrica, sferica Linea di sutura profonda superficiale Sovraccolore buccia rosso da 40 a 70% rosso da 0 a 20% Polpa compatta e fibrosa più liquescente Rosso al nocciolo intenso assente Aderenza al nocciolo duracina, con la torsione delle valve si divide assoluta Consumo solo fresco adatta alla trasformazione Poggio; c) tipo allungato, asimmetrico, sutura spesso molto incavata e polpa di colore alquanto arrossato al nocciolo, a cui afferisce la Cotogna del Berti (Fig. 2). Nella Tab. 2 si riportano le cultivar da noi individuate, ritenute le più importanti tra quelle maggiormente diffuse nella zona. Le indagini comparative condotte hanno consentito la stesura di dettagliate schede agro-bio-pomologiche per tutte le cultivar prescelte. A titolo di esempio si riporta la descrizione della cultivar Cotogna di Rosano. Fig. 2 - Cotogne fiorentine: frutti a confronto delle diverse tipologie: in alto tipo "Rosano"; al centro tipo "Berti"; in basso tipo "Poggio"

12 221 Fig. 3 - Cotogne fiorentine: Cotogna Ceccarelli, è la più precoce Fig. 4 - Cotogne fiorentine: Cotogna della Remola, diffusa nella zona di San Casciano Fig. 5 - Cotogne fiorentine: Cotogna Pandolfini, deve il suo nome ad una delle più importanti fattorie di Rosano Fig. 6 - Cotogne fiorentine: Regina di Montalcino, differisce dalle altre cotogne per la pianta di vigore contenuto Tab. 2 - Cultivar di Cotogne fiorentine di maggiore interesse Cultivar Luogo di origine Epoca di maturazione Cotogna Ceccarelli (Fig. 3) Rosano agosto III decade Cotogna di Rosano Rosano agosto III decade - settembre I decade Guglielmina Londa agosto III decade - settembre II decade Cotogna della Remola (Fig. 4) San Casciano agosto III decade - settembre II decade Cotogna di Villamagna Villamagna settembre II decade Ciani 1 Scandicci settembre II decade Cotogna del Berti Rosano settembre II decade Cotogna del Poggio Precoce San Casciano settembre II decade Cotogna del Poggio San Casciano settembre III decade Cotogna Cicalini Rosano settembre III decade - ottobre I decade Cotogna Pandolfini (Fig. 5) Rosano settembre III decade - ottobre I decade Gialla di San Polo San Polo ottobre I-II decade Regina di Montalcino (Fig. 6) Bagno a Ripoli ottobre I-II decade

13 222 Il germoplasma della Toscana 3.1. Descrizione della Cotogna di Rosano Origine: ottenuta casualmente a Rosano (FI), da genealogia sconosciuta. Talvolta è stata erroneamente identificata con la Cotogna del Berti. Rami misti: medi, con internodi corti; le gemme a fiore sono distribuite uniformemente od in prevalenza nel tratto mediano. Foglie: lunghe mm 150 e larghe mm 41, con rapporto diametrico di 3,67; la larghezza massima è centrale; il lembo è ondulato e talora increspato lungo la nervatura principale; l angolo apicale e quello basale sono medi; il margine è crenato; le glandole sono reniformi. Fiori: campanulacei, di grandezza media; i petali sono ellittico-allungati, di colore rosa più intenso ai margini; il pistillo è alto meno o come gli stami, che sono ripiegati varso l interno del ricettacolo; l epoca di fioritura è medio-precoce. Frutti: grossi (alti mm 64, larghi mm 71, spessi mm 75, con peso di g 200), di forma oblata in sezione trasversale e oblata a sutura depressa in sezione trasversale, le valve talvolta sono ineguali; la cavità peduncolare è mediamente profonda e mediamente larga; la linea di sutura è poco pronunciata; l apice è incavato, senza umbone; la buccia ha una colorazione di fondo giallo macchiata estesamente di rosso nella parte esposta al sole, è aderente alla polpa, di spessore medio, con medio tomento; la polpa è di colore gialloaranciato, poco arrossata intorno al nocciolo, molto soda, buona, aromatica e profumata, duracina (non spicca). I noccioli sono medi (alti mm 31, larghi mm 27, spessi mm 23, con peso di g 6), di colore scuro, globosi, con profilo simmetrico; l angolo apicale è molto ampio; la superficie è molto corrugata, con rilievi lisci e con cresta stretta. Caratteri bio-agronomici: la pianta è di vigoria elevata, la resistenza delle gemme alle basse temperature è buona; la fioritura è abbondante; l allegagione è elevata; la produzione è elevata e costante. La cultivar, un tempo assai diffusa sia in agro di Rosano che nei comuni limitrofi, dopo un periodo di stasi è ora in fase di ripresa. I frutti sono molto richiesti e ben quotati sui mercati locali. Maturazione: tra la terza decade di agosto e la prima di settembre. Bibliografia BELLINI E. (1973) - Mostra pomologica 1972 a Firenze. Considerazioni su: Pesche e Nettarine, Prugne e Susine, Diospiri o Kaki. Vol. Ed. L Informatore Agrario, Verona. BELLINI E. (1987) - Il Pesco: favorevole alternativa per la frutticoltura tardiva del Mugello. Atti Convegno Il territorio del Comune di Borgo San Lorenzo. Prosopettive di sviluppo della frutticoltura del Mugello, Ronta (FI), 7 novembre. BELLINI E., BINI G. (1976) - Contributo allo studio delle cultivar di pesco toscane a maturazione tardiva. CNR, Firenze. BELLINI E., GIANNELLI G., GIORDANI E., NENCETTI V., PICARDI E. (1992) - Individuazione, descrizione e conservazione delle pesche cotogne fiorentine. Atti del Congresso Germoplasma frutticolo, salvaguardia e valorizzazione delle risorse genetiche, Alghero (SS), settembre. BELLINI E., PISANI P.L. (1982) - Pesche. In: Agrumi, frutta e uve nelle Firenze di Bartolomeo Bimbi pittore mediceo. CNR, Firenze. BELLINI E., SCARAMUZZI F. (1976) - Monografia delle principali cultivar di pesco. Vol. II, CNR, Firenze. GALLESIO G. ( ) - Pomona italiana, ossia trattato degli alberi fruttiferi. N. Capurro, Pisa. MORETTINI A., BALDINI E., SCARAMUZZI F., BARGIONI G., PISANI P.L. (1962) - Monografia delle principali cultivar di pesco. CNR, Firenze.

14 223 V. Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto: il pero E. Bellini, S. Nin - Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli Studi di Firenze G. Giannelli - Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose - CNR, Firenze 1. Introduzione La rapida evoluzione della nostra frutticoltura, le sempre crescenti esigenze agronomiche e commerciali, legate al problema del contenimento dei costi, portano progressivamente alla riduzione delle cultivar di pero ed alla sostituzione delle preesistenti con nuove cultivar più rispondenti alle immediate esigenze. Questa tendenza però provoca inesorabilmente una grave erosione genetica che porta all abbandono di numerose cultivar di pero che in passato costituivano gran parte delle popolazioni locali. È ragionevole pensare che probabilmente le vecchie cultivar di pero sono portatrici dei caratteri di spiccata resistenza e rusticità, in quanto selezionate prima della massiccia espansione dei prodotti chimici (fertilizzanti, antiparassitari, ecc.), i quali hanno contribuito a mascherare e a limitare nelle nuove cultivar la presenza di questi importanti caratteri. Avvalorano questa ipotesi le numerose cultivar e biotipi che ancora oggi possono essere trovati nelle campagne della nostra regione, benché le piante spesso siano prive di adeguate cure colturali. Considerata l importanza che riveste la precocità per la nostra produzione di pero si può altresì comprendere l interesse che può avere la conservazione di alcuni individui a maturazione estiva anche per il lavoro di miglioramento genetico. È chiara pertanto la necessità di una azione immediata e coordinata intesa a garantire la salvaguardia e la conservazione del germoplasma pericolo nel nostro Paese. 2. Il pero nella Toscana medicea Il grande interesse rivolto al pero nella Toscana è testimoniato già dall epoca dei Medici. Nel Settecento il patrimonio varietale toscano aveva raggiunto una notevole ampiezza, come dimostrano le opere del Micheli, celebre botanico fiorentino vissuto a cavallo del XVII e del XVIII secolo, nelle quali sono descritte, spesso con abbondanza e molteplicità di indicazioni pomologiche, oltre 230 varietà, e soprattutto del Bimbi, nei cui dipinti sono illustrati 115 soggetti di pere differenziati per epoca di maturazione e di tipologie del frutto. È accertato che i Medici ricercavano le novità vegetali anche da Paesi esteri, soprattutto Francia e Germania. Le raccolte varietali della Toscana erano famose ed apprezzate anche all estero e coprivano un periodo di maturazione pressoché uguale all attuale calendario; notevolmente ampie erano le varietà di forme, pezzature e colori dei frutti. Ma come per altre specie da frutto, anche nel pero è andata perduta la maggior parte dell ampio patrimonio varietale esistente all epoca del Bimbi, tanto che ad oggi si ritiene che solo 17 delle 115 varietà raffigurate nei dipinti sono sicuramente pervenute fino a noi con il loro nomi originali o con sinonimi (Bellini et al., 1982). 3. Il germoplasma di pero ancora presente in Toscana Il germoplasma del pero toscano annovera 381 accessioni raccolte e conservate da 3 istituzioni di ricerca, di cui 75 sono autoctone della Toscana (Tab. 1). Tra queste meritano di essere ricordate le 20 riportate nella Tab. 2, che costituiscono il germoplasma di pero di origine toscana più antico e diffuso fino agli inizi del Novecento. Quasi tutte sono ancora conservate nelle collezioni fiorentine e soltanto una parte riveste interesse colturale.

15 224 Il germoplasma della Toscana Fig. 1 - Pero: San Giovanni, cultivar-popolazione, poco serbevole, interessante per l estrema precocità Fig. 2 - Pero: Gentile, cultivar precocissima ma poco serbevole, conosciuta già al tempo dei Medici 3.1. Notizie storiche di tre cultivar di pero precoci di antica origine toscana Nella nostra letteratura pomologica assai rare sono in genere le notizie sull origine delle varietà di pere italiane. Le descrizioni sono spesso di carattere morfologico e sul comportamento agronomico delle singole piante. Tuttavia per la Coscia, la Gentile Bianca di Firenze e la Coscia di Donna, considerate le principali varietà antiche precoci diffuse in Toscana, si hanno notizie più specifiche. Gentile (Fig. 2): il buon nome e l apprezzamento di questa varietà sono stati in parte compromessi dai contingenti di pere precoci provenienti dall Italia meridionale denominate spesso pere Gentili. Per questo motivo, ed anche a seguito delle continue lagnanze degli esportatori fiorentini, tale varietà è stata denominata Gentile Bianca di Firenze. La pera Gentile deve la sua rinomanza alle note colture dei pomari granducali, attuate per iniziativa di Cosimo III, agli albori del XVIII secolo. Il suo frutto è stato pressoché regolarmente esportato all estero a partire dalla seconda metà del XVIII e per merito, soprattutto dell esportatore Becherucci, si è affermato sui mercati dell Austria e della Germania e più tardi anche in altri Paesi. Coscia (Fig. 4): non esistono elementi sufficientemente attendibili per identificarne in modo preciso l origine. Il Racah (1927) desume, da notizie tramandate nel contado fiorentino, che la Coscia deriverebbe da una pianta da seme cresciuta a Bagno a Ripoli (Firenze), lungo le rive dell Arno ai primi dell Ottocento. Tuttavia la descrizione della Coscia, Tab. 1 - Pero: accessioni conservate in Toscana Istituzioni Accessioni (numero) totale autoctone Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Univ. di Firenze (DO-UFI) 99 Dipartimento di Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose, Univ. di Pisa (DCDSL-PI) Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose, CNR di Scandicci - FI (IPSL-CNR-FI) Totale

16 225 Tab. 2 - Pero: caratteristiche essenziali delle principali cultivar di origine toscana o di antica coltivazione nella regione (Bellini, 1978) Cultivar Origine genetica e sinonimi Epoca di consumo Caratteristiche generali Giugnolina nota fin dal 1554 metà giugno fra le cultivar extraprecoci tipo Moscatelle è la più conosciuta in Toscana San Giovanni taluni hanno ritenuto metà giugno cultivar-popolazione con frutti piriformi, di identificarla con il pero molto piccoli Hordaceus dei Romani Gentile Bianca citata e raffigurata fin dall epoca fine giugno frutto piccolo, verde-giallastro, con polpa di Firenze medicea. Sin.: Gentile d estate, liquescente, zuccherina, poco serbevole (Fig. 2) Pera zucchina, Zuccherina Gentilona diffusa in provincia di Pisa fine giugno simile alla Gentile, rispetto alla quale produce frutti più grossi, ma meno serbevoli Coscia Precoce costituita da Ragionieri nel 1910 inizio luglio frutto piccolo, piriforme, verde-giallastro, dall incrocio di Precoce con polpa granulosa e zuccherina di Cassano x Coscia Lardaia diffusa in Toscana inizio luglio frutto medio, doliforme, verde-chiaro, con polpa biancastra, translucida, non serbevole Spadoncina di Firenze nome che indica cultivar talora metà luglio frutto piriforme, medio, verde-giallastro, con polpa (Fig. 3) differenti, ma che maturano fondente, zuccherina, aromatica, ma poco serbevole precocemente Coscia è accertato che il primo centro fine luglio frutto medio, verde-chiaro, con polpa bianca, (Fig. 4) di diffusione sia stata la pianura fondente, ottima dell Arno, presso Bagno a Ripoli Coccitoia diffusa nel Livornese metà luglio frutto medio-piccolo, piriforme, verde-giallastro, di medie caratteristiche organolettiche Coscia di Donna diffusa nel Mugello intorno alla inizio agosto frutto medio-grosso, turbinato, verde-giallastro, (Fig. 5) metà dell Ottocento. con polpa bianca, tenera e dolce Sin.: Maganza, Gamba di donna Coscia Tardiva costituita dal Ragionieri metà agosto frutto medio-piccolo, piriforme, giallastro, con ai primi del Novecento polpa fondente, zuccherina e profumata Bugiarda Sin.: Brutt e buona, Mal vestita metà agosto la denominazione Bugiarda è dovuta alla non corrispondenza fra il brutto aspetto esteriore e la bontà del frutto Pera Mora di genealogia sconosciuta, diffusa nov./dic. frutto medio-grosso, maliforme, verde-bronzeo, (Fig. 6) da secoli nell Appennino con polpa leggermente acidula, di buon sapore, Tosco-Romagnolo sensibile alla ticchiolatura Curato individuata nel 1760 in Francia. nov./genn. frutto medio, piriforme, verde-giallastro, percorso (Fig. 7) Sin.: Spada, Spadona d inverno da una striscia rugginosa, con polpa croccante, zuccherina e granulosa al centro, resistente alla ticchiolatura Scipiona introdotta dall Inghilterra alla fine nov. /febb. frutto medio, calebassiforme, verde-giallastro, dell Ottocento. con polpa succosa, tenera e dolce Sin.: Fiasca, Spadona di Cesena Pera dell Orto individuata a Firenze nel 1958 nov./genn. frutto medio, turbinato breve, verdastro da Morettini e rugginoso, di buon sapore Allora in Toscana era la più diffusa dic. /febb. frutto piccolo, oblungo, verdastro, succoso, tra le pere invernali ottimo soprattutto da cuocere in forno Cento Doppie molto antica. genn. /febb. frutto medio-piccolo, rotondo, verdastro, con polpa Sin.: Pera del Duca, Gelsomino consistente e di buon sapore, ottimo da cuocere Pera Volpina di genealogia sconosciuta, indigena genn. /febb. frutto piccolo, sferico schiacciato, verde-bronzato, dell Appennino Tosco-Romagnolo con polpa di consistenza elevata e sapore discreto, ottimo da cuocere Spina Vera Sin.: Pira Spina, Pero Spina, genn. /marzo frutto medio, turbinato-appiattito, verdastro, Pero Spino, Spinoso con polpa aromatica e profumata

17 226 Il germoplasma della Toscana Fig. 3 - Pero: Spadoncina, nome che indica una cultivarpopolazione frequentemente riscontrabile nelle campagne toscane Fig. 4 - Pero: Coscia, la più importante cultivar toscana, diffusa a livello industriale e nota anche all estero Fig. 5 - Pero: Coscia di Donna, cultivar di buona qualità, diffusa nel Mugello Fig. 6 - Pero: Pera Mora, cultivar invernale, abbastanza diffusa nel Pre-Appennino toscano Fig. 7 - Pero: Curato, cultivar invernale per cuocere, molto comune in Toscana fornita dal Micheli non sembra corrispondere con l omonima cultivar attuale. Non è certo facile stabilire se la cultivar oggi diffusa provenga dalla pianta madre ritrovata nelle condizioni citate, ma non è da escludere che essa sia derivata dalla Coscia del Micheli attraverso miglioramenti successivi ed in seguito ad incroci ed a semine naturali. Rimane il fatto che la rapida diffusione di questa cultivar, assai conosciuta ed apprezzata anche all estero (es. in Spagna sotto il nome Ercolini), va ricercata nella piana di Bagno a Ripoli (periodo Leopoldino), soprattutto per merito della famiglia colonica Goggioli. Una delle prime spedizioni di frutti fu fatta dal Becherucci di Firenze, che nell estate del 1882 spedì dalla stazione ferroviaria di Firenze a Vienna una quantità modesta di pere Coscia. Coscia di Donna (Fig. 5): (nome attribuito dall esportatore fiorentino Becherucci per distinguerla dalla tipica Coscia) o Maganza, altra varietà di una certa importanza nella tradizione colturale toscana,

18 227 Tab. 3 - Pero: cultivar ottenute a Firenze tra il 1951 e il 1999 Cultivar Costitutore Origine genetica Anno di Epoca* Osservazioni diffusione di raccolta Santa Maria Morettini William x Coscia 1951 = molto rustica, con eccellenti caratteristiche agronomiche e commerciali Butirra Precoce Morettini Coscia x William frutti di bell aspetto e di squisito sapore Butirra Rosata Morettini Coscia x Butirra Clairgeau frutti attraenti, di ottimo sapore William Precoce Morettini William x Citron des Carmes frutti belli, di ottima pezzatura, ma spesso soggetti all ammezzimento Morettini 64 Morettini William x Citron des Carmes frutti di ottimo sapore, ma non si conservano bene, ammezziscono facilmente Morettini 113 Morettini William x Citron des Carmes frutti di ottimo sapore, ma non si conservano bene, di facile ammezzimento Eletta Morettini Butirra Hardy x Passa Crassana frutti di aspetto attraente e di buona serbevolezza in frigo Leopardo Morettini Coscia x Decana d Inverno la produzione non è sempre elevata, ma i frutti sono di eccellente qualità Fiorenza Breviglieri Dr. J. Guyot x William abbastanza rustica, con frutti di buona serbevolezza Etrusca Bellini Coscia x Gentile molto produttiva, entra subito in fruttificazione; frutti medio-grossi, non soggetti ad ammezzimento Sabina Bellini Santa Maria M frutti simili per forma e pezzatura x Decana del Comizio a Decana del Comizio, ma con buccia più colorata di rosso Legenda: * in ± giorni da William. non è facilmente precisabile, ma dalle notizie raccolte, risulta che le prime colture risalgono ad un secolo fa (fine Ottocento) nel pre-appennino Toscano, nella zona centrale del Mugello e nel comune di Borgo San Lorenzo, da cui poi si diffusero nei colli di tutta la Toscana Le cultivar di pero ottenute a Firenze dal 1950 Il germoplasma del pero toscano non è costituito solo da antiche varietà di origine spesso ignota, ma anche da cultivar ottenute nell ambito di programmi di miglioramento genetico finalizzati. Tra questi è doveroso ricordare i risultati conseguiti da Morettini che tra il 1951 ed il 1967 rendeva note ben 8 nuove cultivar (Morettini, 1961; Morettini et al., 1967), due delle quali (Santa Maria e Butirra Precoce) oggi molto diffuse a livello nazionale. Al lavoro del Morettini si è affiancato quello di Breviglieri con la cultivar Fiorenza del 1974, e quello di Bellini con la costituzione delle due cultivar precoci Etrusca e Sabina (Bellini, 1993), rese note rispettivamente nel 1991 e 1999 (Tab. 3) La scheda descrittiva semplificata del pero Allo scopo di rendere più agevole il lavoro di reperimento delle accessioni di pero ancora presenti in Toscana, la Commissione delle Specie Legnose da Frutto (L.R. 50/97) ha elaborato una scheda descrittiva semplificata, riportata nelle pagine seguenti. Bibliografia BELLINI E. (1978) - La coltura del pero in Italia. Edizioni L Informatore Agrario, Verona. BELLINI E. (1993) - La coltivazione del pero. Edizioni L Informatore Agrario, Verona. BELLINI E., MARIOTTI P.L., PISANI P.L. (1982) - Pere. In: Agrumi, frutta e uve nella Firenze di Bartolomeo Bimbi pittore mediceo. CNR, Firenze. MORETTINI A. (1961) - Le nuove cultivar Morettini. CNR, Firenze. MORETTINI A., BALDINI E., SCARAMUZZI F., MITTEMPERGHER L. (1967) - Monografia delle principali cultivar di pero. CNR, Firenze. RACAH V. (1927) - L origine del pero Coscio e cenni sulla sua coltivazione. L Italia Agricola, Piacenza.

19 228 Il germoplasma della Toscana Commissione tecnico-scientifica delle Specie Legnose da Frutto - L.R. 50/97 - Scheda descrittiva semplificata PERO (Scheda fac-simile, richiedere l originale all ARSIA) Nome e cognome del rilevatore: Periodo della rilevazione: dal al Luogo della rilevazione (nome, cognome, indirizzo): NOME CULTIVAR ETÀ DELLE PIANTE N. PIANTE INDIVIDUATE SINONIMI CARATTERI OBBLIGATORI 1) VIGORIA scarsa media elevata 2) PORTAMENTO colonnare intermedio pendulo eretto aperto (espanso) 3) FIORITURA (data) inizio (10% fiori aperti) piena (60% fiori aperti) fine (100% fiori aperti) 4) CASCOLA PRE-RACCOLTA scarsa media elevata 5) PRODUTTIVITÀ scarsa media elevata 6) FRUTTIFICAZIONE costante incostante alternante 7) RACCOLTA (data) inizio fine 8) N. RACCOLTE 9) DIMENSIONE FRUTTI piccola: fino a100 g media: da 101 a 150 g grossa: da 151 a 300 g molto grossa: oltre 300 g 10) FORMA FRUTTI (secondo Chasset) [vedi figura a destra] A E I M B F J N C G K O D H L P 11) SIMMETRIA FRUTTI simmetrica asimmetrica 12) PEDUNCOLO corto: fino a20 mm medio: da 21 a 35 mm lungo: oltre 35 mm 13) EPIDERMIDE liscia rugosa 14) RUGGINOSITÀ assente (%) presente 15) COLORE DI FONDO verde verde chiaro giallo 16) SOVRACCOLORE EPIDERMIDE assente rosso soffuso (%) rosso striato (%) 17) TESSITURA POLPA fine grossolana 18) SCLEREIDI assenti presenti, al torsolo presenti, nella polpa

20 229 CARATTERI OBBLIGATORI 19) CONSISTENZA POLPA croccante fondente 22) SAPORE POLPA scarso mediocre buono ottimo 20) SUCCOSITÀ POLPA croccante fondente 23) PROFUMO (aroma) assente scarso medio elevato 21) COLORE POLPA bianco bianco-giallo crema 24) SOVRAMMATURAZIONE (ammezzimento) assente presente 25) SOVRAMMATURAZIONE scarsa media elevata 26) RESISTENZA ALLE MANIPOLAZIONI scarsa media elevata 27) CONSERVABILITÀ (in fruttaio) scarsa media elevata 28) GIUDIZIO QUALITATIVO GENERALE senza interesse mediocre buono ottimo 29) GIUDIZIO QUALITATIVO OSSERVAZIONI 30) GIUDIZIO AGRONOMICO COMPLESSIVO 31) SUSCETTIBILITÀ A MALATTIE A B C D E F G H I J K L Classificazione della forma dei frutti secondo lo schema proposto da Chasset: A) sferoidali; B) turbinati brevi; C) doliformi brevi; D) cidoniformi brevi; E) maliformi; F) turbinati appiattiti; G) doliformi; H) ovoidali; I) turbinati; J) turbinati troncati; K) piriformi; L) piriformi troncati; M) cidoniformi; N) piriformi allungati; O) calebassiformi; P) oblunghi. M N O P

21 230 Il germoplasma della Toscana CARATTERI FACOLTATIVI 1) FORMA DELLA FOGLIA lanceolata ovale obovata ovale allungata ellittica subrotonda ellittico-allargata cordiforme 2) CAVITÀ PEDUNCOLARE superficiale profonda stretta ampia 3) CAVITÀ CALICINA assente mediamente pronunciata molto pronunciata 4) ENTITÀ FIORITURA scarsa media elevata 5) ALLEGAGIONE scarsa media elevata 6) PRODUZIONE (kg/albero) 7) PESO MEDIO FRUTTI (g) 8) GRADO RIFRATTOMETRICO (%) 9) SENSIBILITÀ A MACULATURA nulla media scarsa elevata 10) SENSIBILITÀ A OIDIO nulla media scarsa elevata 11) SENSIBILITÀ A TICCHIOLATURA nulla media scarsa elevata 12) SENSIBILITÀ A BRUSONE nulla media scarsa elevata 13) SENSIBILITÀ A PSILLA nulla media scarsa elevata 14) FISIOPATIE ALLA RACCOLTA assenti butteratura vitrescenza spaccature

22 231 V. Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto Il germoplasma toscano delle specie legnose da frutto: il susino E. Bellini, V. Nencetti, S. Nin Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università degli Studi di Firenze 1. Il susino nella pomologia toscana del passato La presenza in Toscana di una variegata quantità di tipologie di frutta è dimostrata fino dal XVII secolo dall opera del pittore naturalista Bartolomeo Bimbi, vissuto alla corte di Cosimo III de Medici. In due tele dell autore vengono infatti raffigurate rispettivamente 39 e 36 tipi di susine di varie forme e colori che testimoniano l interesse dimostrato all epoca anche per questo tipo di frutta (Bellini e Pisani, 1982). Numerose sono inoltre le descrizioni del Gallesio nella Pomona Italiana ( ) ove tra le altre specie vengono raffigurate 10 tipologie di susine, che furono da lui raccolte e collezionate. Tra queste ne ricorda alcune di origine toscana come: Susino Catelano giallo o Buon Boccone, Susina Catelana, Susino Catelano violaceo o Susino Vecchietti, Susino Verdacchio. 2. Il germoplasma di susino ancora presente in Toscana In epoca più moderna i primi tentativi di valorizzare il germoplasma nazionale dei fruttiferi furono intrapresi nel 1940 per iniziativa dell Ente Economico per l Ortoflorofrutticoltura con il coordinamento del Guzzini. Anche per il susino fu avviata un indagine pomologica a carattere nazionale che rimase però incompiuta a causa degli eventi bellici. Tale inventario fu poi ripreso nell immediato dopoguerra ad opera del Centro Miglioramento Piante da Frutto e da Orto del CNR, sotto la direzione del Prof. Alessandro Morettini. Egli raccolse nell Azienda Sperimentale di Firenze numerose cultivar italiane ed estere delle principali specie da frutto con lo scopo di valutarle e di utilizzarle nei programmi di miglioramento genetico. Le cultivar di susino presenti nella collezione vennero descritte da Baldini (1960); tra quelle di probabile origine toscana si ricordano: Florentia, Porcina, San Piero, Vecchietti, Morettini 355 e Morettini 243. Il germoplasma del susino, oggi ancora presente in Toscana, annovera 401 accessioni raccolte e conservate da 3 istituzioni di ricerca, di cui 44 sono ritenute autoctone della nostra regione (Tab. 1). Per 21 di queste si ritiene utile riportare le essenziali caratteristiche (Tab. 2), che evidenziano alcune peculiarità. Tab. 1 - Susino: accessioni conservate in Toscana Istituzioni Accessioni (numero) totale autoctone Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Univ. di Firenze (DO-UFI) 38 9 Dipartimento di Coltivazioni e Difesa delle Specie Legnose, Univ. di Pisa (DCDSL-PI) Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose, CNR di Scandicci - FI (IPSL-CNR-FI) Totale

23 232 Il germoplasma della Toscana Tab. 2 - Susino: caratteristiche essenziali delle principali cultivar di origine toscana o di antica coltivazione nella regione Cultivar Gruppo Pomologico Origine genetica Epoca Maturaz. Caratteristiche generali Florentia cino-giapponese probabile l.i. di Burbank 1 luglio albero vigoroso e produttivo; frutto medio, buccia (Fig. 1) rossa, polpa poco consistente e buon sapore Morettini 355 cino-giapponese ottenuta da Morettini 7 luglio albo vigoroso e produttivo; frutto grosso, (Fig. 5) da Florentia x Beauty rosso-violaceo, media consistenza e sapore Shiro cino-giapponese probabile incrocio 10 luglio albero vigoroso e costantemente produttivo; frutto [P. munsoniana x (P. triflora medio-grosso, con polpa tenera, dolce x P. simoni)] x P. cerasifera e di buon sapore Morettini 243 cino-giapponese ottenuta da Morettini da 12 luglio albero vigoroso e produttivo; frutto medio, violaceo, Shiro x Santa Rosa polpa consistente e sapore aromatico Mirabelle cino-giapponese di origine sconosciuta, 14 luglio albero vigoroso e scarsamente produttivo; frutto de Metz molto antica piccolo, giallo, dolce e consistente Burbank cino-giapponese semenzale di P. triflora, 15 luglio albero vigoroso e costantemente produttivo; frutto di origine giapponese medio-grosso, a buccia rossa su fondo giallo, di buona consistenza e sapore Porcina europea antica cultivar toscana, 18 luglio albero vigoroso e di scarsa produttività; frutto di origine sconosciuta medio, violaceo, di scarsa consistenza e sapore Vecchietti europea antica cultivar toscana, 20 luglio albero di medio vigore e poco produttivo; frutto (Fig. 2) di origine sconosciuta grosso, rosso-violaceo, di scarsa consistenza e di ottimo sapore San Piero europea probabilmente toscana, 24 luglio albero vigoroso e con produttività incostante; frutto (Fig. 3) di origine sconosciuta medio, violaceo scuro, di scarsa consistenza e buon sapore Presidente europea di origine sconosciuta, 25 luglio albero vigoroso e di scarsa produttività; frutto probabilmente toscana medio, violaceo-verdastro, di media consistenza e buon sapore Claudia Nera europea di origine incerta, 28 luglio albero di medio vigore e produttività; frutto medio, probabilmente belga violaceo, di scarsa consistenza e medio sapore Claudia europea probabile l.i. 28 luglio albero vigoroso, assurgente e produttivo; frutto Mostruosa di Regina Claudia grosso, giallo a maturazione, di scarsa consistenza e buon sapore Firenze 90 europea ottenuta da E. Bellini 30 luglio albero vigoroso, assurgente e produttivo; frutto a Firenze da Ruth grosso, blu a maturazione, di buona consistenza Gerstetter x President e sapore Claudia Verde europea di origine sconosciuta, 4 agosto albero di medio vigore e di elevata produttività; (Fig. 4) molto antica frutto piccolo, verde, polpa compatta, di ottimo sapore Regina Vittoria europea di origine sconosciuta, 13 agosto albero di media vigoria e produttività elevata; introdotta dall Inghilterra frutto grosso, rosso-violaceo, polpa compatta e di medio sapore Santa Caterina europea di origine sconosciuta, 13 agosto albero vigoroso e produttivo; frutto piccolo, verde, introdotta dalla Francia con polpa dolce e succosa Claudia Diafana europea ottenuta da l.i. 16 agosto albero vigoroso e produttivo; frutto medio, giallo di Regina Claudia chiaro, polpa compatta, dolce e aromatica Prugna d Italia europea antica cultivar italiana 22 agosto albero vigoroso e produttivo; frutto medio, violaceo, di origine sconosciuta polpa consistente, acidula e zuccherina Coscia europea di origine sconosciuta, 22 agosto albero mediamente vigoroso e produttivo; frutto di Monaca forse locale italiana medio, giallo chiaro, con polpa tenera, succosa e dolce Anna Spath europea di origine sconosciuta, 27 agosto albero mediamente vigoroso e produttivo; frutto ottenuta in Germania medio, rosso scuro, con polpa compatta nel 1870 da Spath e di buon sapore Zuccherina europea di origine sconosciuta, 15 settembre albero mediamente vigoroso e di elevata di Somma forse locale italiana produttività; frutto medio, giallo, con polpa compatta e di buon sapore Altre cultivar: AA Spinosa-Terrosi, BB Spinosa-Terrosi, Franceschini 1, Prugna d Oro, Sant Anna, Mascina di Montepulciano.

24 233 Fig. 1 - Susino: Florentia, cultivar fiorentina molto produttiva, propagata intorno al 1920 Fig. 2 - Susino: Vecchietti, cultivar molto antica individuata nella provincia di Firenze Fig. 3 - Susino: San Piero, ancestralmente presente nella regione, la sua origine toscana è discutibile Fig. 4 - Susino: Regina Claudia Verde, sebbene di origine incerta, è presente in Toscana fin dall antichità 2.1. Notizie storiche di tre antiche cultivar di susino toscane La letteratura pomologica del passato raramente riferisce sull origine delle varietà di susino, mentre è generosa di caratteri morfologici ed agronomici. Tuttavia per Florentia, Vecchietti e Porcina, si dispongono notizie di una certa attendibilità. Florentia (Fig. 1): secondo Racah questa cultivar deriverebbe dalla propagazione di un albero nato, intorno al 1920, in prossimità di un susino Burbank coltivato nei pressi di Bagno a Ripoli (FI). Alla sua diffusione contribuì iniziamente l occasionale scopritore a nome Picciolo. Porcina: antica cultivar italiana di probabile origine toscana ricordata da P.A. Micheli in un manoscritto dei primi del XVIII secolo. Vecchietti (Fig. 2): la cultivar avrebbe avuto origine, secondo Racah da un albero allevato nel pomario della Parrocchia di Quintole, nei pressi di Compiobbi (FI). Essa è infatti localmente nota anche con Fig. 5 - Susino: Morettini 355, cultivar fiorentina che si è diffusa un po ovunque anche all estero

25 234 Il germoplasma della Toscana il sinonimo Susina del Prete di Quintole. P.A. Micheli, peraltro, in un suo manoscritto dei primi del XVIII secolo, illustrante le frutta allora coltivate in Toscana, ricorda una Susina del Vecchietto, descrivendola tuttavia come caratterizzata da frutto bianco maturante in agosto. In ogni caso sembra trattarsi di un antica cultivar toscana La scheda descrittiva semplificata del susino Al fine di facilitare il compito di rilevamento dei dati per le accessioni di susino presenti in Toscana, non ancora consevate nelle collezioni di cui alla Tab. 1, la Commissione delle Specie Legnose da frutto (L.R. 50/97) ha predisposto la scheda descrittiva semplificata, che si riporta nelle pagine seguenti. Bibliografia AUTORI VARI (1994) - Elenco delle cultivar autoctone italiane. Agabbio M. (Ed.) CNR, Carlo Delfino Editore, Sassari. BALDINI E. (1960) - Le cultivar introdotte presso il Centro di miglioramento piante da frutto e da orto del CNR. Da La coltura del susino, Riv. di Ortoflorofrutticoltura Italiana, n.s. BELLINI E. (1990) - Firenze 90 a new european plum cultivar obtained by cross-breeding. Firenze, XXIII Internationale Horticultural Congress, ISHS-SOI, 27 agosto-1 settembre. BELLINI E., PISANI P.L. (1982) - Susino. In: Agrumi, frutta e uve nella Firenze di Bartolomeo Bimbi pittore mediceo. CNR, Firenze. GALLESIO G. ( ) - Pomona Italiana, ossia Trattato degli Alberi da Frutto. N. Capurro, Pisa. MORETTINI A. (1961) - Le nuove cultivar Morettini. CNR, Firenze. RACAH V. (1933) - La susina Florentia nel suo terzo anno di prova. Firenze Agricola.

26 235 Commissione tecnico-scientifica delle Specie Legnose da Frutto - L.R. 50/97 - Scheda descrittiva semplificata SUSINO (Scheda fac-simile, richiedere l originale all ARSIA) Nome e cognome del rilevatore: Periodo della rilevazione: dal al Luogo della rilevazione (nome, cognome, indirizzo): NOME CULTIVAR ETÀ DELLE PIANTE N. PIANTE INDIVIDUATE SINONIMI CARATTERI OBBLIGATORI 1) PORTAMENTO assurgente espanso pendulo 4) CASCOLA PRE-RACCOLTA scarsa media elevata 2) VIGORIA scarsa media elevata 5) FRUTTIFICAZIONE costante incostante alternante 3) FIORITURA (data) inizio (10% fiori aperti) piena (60% fiori aperti) fine (100% fiori aperti) 6) PRODUTTIVITÀ scarsa media elevata 7) RACCOLTA (data) inizio fine 8) N. RACCOLTE 9) DIMENSIONE FRUTTI piccola: fino a 35 g media: da 36 a 60 g grossa: da 61 a 80 g molto grossa: oltre 81 g 10) FORMA FRUTTI (vista ventrale lato sutura) oblata ellissoide sferoidale ovale 11) SIMMETRIA FRUTTI simmetrica asimmetrica 12) SPACCATURA BUCCIA assente presente 13) FRUTTI SPACCATI (%) 14) COLORE EPIDERMIDE rosso viola chiaro rosso-violaceo viola scuro rosso-giallastro verde giallo verde-giallastro giallo-dorato blu giallo-verdastro blu scuro giallo-rossastro nero viola 15) COLORE POLPA giallo giallo-verdastro giallo-aranciato giallo-rossastro verde verde-giallastro ambrato rosso

27 236 Il germoplasma della Toscana CARATTERI OBBLIGATORI 16) SAPORE POLPA croccante fondente 17) CONSISTENZA POLPA scarsa media elevata 18) SUCCOSITÀ POLPA bianco bianco-giallo crema 19) ADERENZA POLPA AL NOCCIOLO scarsa media elevata 20) PEDUNCOLO corto: fino a 15 mm medio: da 15 a 20 mm lungo: oltre 20 mm 21) DIMENSIONE NOCCIOLO piccola media grande 22) RESISTENZA ALLE MANIPOLAZIONI scarsa media elevata 23) GIUDIZIO QUALITATIVO GENERALE negativo mediocre buono ottimo 24) GIUDIZIO QUALITATIVO OSSERVAZIONI 25) GIUDIZIO AGRONOMICO COMPLESSIVO 26) SUSCETTIBILITÀ A MALATTIE CARATTERI FACOLTATIVI 1) ENTITÀ FIORITURA scarsa media elevata 2) ALLEGAGIONE scarsa media elevata 3) CASCOLA DI GIUGNO scarsa media elevata 4) FORMA NOCCIOLO ellittico-stretta ellittica ellittico-allargata 5) FORMA FOGLIA circolare ovale-allargata ellittica 6) DIMENSIONE FOGLIA piccola media grande 7) PRODUZIONE (kg/albero) 8) GRADO RIFRATTOMETRICO (%) 9) PESO MEDIO FRUTTI (g) 10) PESO MEDIO NOCCIOLI (g) 11) RESA IN POLPA (%) 12) SENSIBILITÀ A RUGGINE nulla media scarsa elevata 13) SENSIBILITÀ A BATTERIOSI nulla media scarsa elevata 14) SENSIBILITÀ A CORINEO nulla media scarsa elevata 15) SENSIBILITÀ A SCLEROTINA nulla media scarsa elevata 16) SENSIBILITÀ A PSILLA nulla media scarsa elevata Frutti: forma vista ventralmente, lato sutura

28 237 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico La Pecora Massese: conoscenze attuali Mina Martini, Paolo Verità Dipartimento di Produzioni Animali, Università degli studi di Pisa Introduzione La razza ovina Massese originaria della località di Forno (MS), si è diffusa in buona parte della Toscana, ed in particolare nelle province di Lucca, Pisa, Pistoia, Grosseto e Livorno. La sua area di espansione si è a tutt oggi allargata all Emilia Romagna e ad alcune zone della Liguria inoltre, un piccolissimo numero di greggi è stato portato anche in Abruzzo e Puglia. La consistenza attuale ammonta a capi, di cui però, solo femmine circa sono sottoposte ai controlli funzionali in un ottantina di allevamenti (dati 1997). Nello standard di razza viene indicata come razza tipicamente da latte e presenta una produzione media di circa 150 litri in 5 mesi di lattazione. Oltre a questa attitudine, ha anche una buona produzione di carne, una notevole fecondità ed una prolificità di circa il 130%, con un numero elevato di agnelli che alla nascita pesano sui 5,0-5,5 Kg, ed a 30 giorni di età sui Kg. Attualmente è in forte crescita il numero di femmine che presentano i calori in buona parte dell anno, permettendo così alla razza di avvicinarsi ai tre parti ogni due anni. Gli indirizzi selettivi attualmente perseguiti sono rappresentati dalla ricerca di una migliore conformazione somatica e della mammella, soprattutto in vista dell impiego della mungitura meccanica. Su questi aspetti sono stati effettuati studi dal Dipartimento di Produzioni Animali dell Università di Pisa i cui risultati sono riportati di seguito. Caratteri morfologici Recenti ricerche condotte sui caratteri zoometrici della pecora Massese (Tab. 1) hanno evidenziato che i valori riferiti agli animali adulti riportati dallo standard di razza (ASSO.NA.PA.) si presentano superiori eccetto l altezza e la circonferenza del torace. Ciò potrebbe indicare un evoluzione morfologica dell attuale popolazione verso soggetti a torace più ampio. Lo studio dell evoluzione morfologica della peco- Tab.1 - Rilievi zoometrici nelle femmine e nei maschi adulti (medie ± d.s.) Femmine Maschi Soggetti n. 174 n. 41 Altezza al garrese cm 76.8 A ± 76,8 81.8B ± 4,8 Altezza al torace cm 34.5A ± 1, B ± 3,85 Lunghezza tronco cm 81A ± 4, B ± 4,81 Larghezza groppa cm 21,3 ± 1,54 21,1 ± 2,17 Circonferenza torace cm 94.4A ± 6, B ± 7,13 Profondità torace cm 46.1A ± 5, B ± 4,82 Circonferenza stinco cm 8.8A ± 0, B ± 1,11 Padiglione auricolare cm 11,6 ± 1,04 11,4 ± 1,08 Arco profilo fronto-nasale cm 20.7A ± 1,3 22.7B ± 1,74 Coda profilo fronto-nasale cm 19.2A ± 1,2 20.8B ± 1,5 A, B: < 0.01

29 238 Il germoplasma della Toscana Fig. 1 - Massese: Tipi di mammelle Foto 1 - Tendenza all orizzontalità dei capezzoli ra ha rilevato che le misure di altezza e lunghezza sono definitive entro i due anni, mentre quelle di larghezza si completano successivamente. Ciò porta a ritenere che la pecora Massese raggiunge delle dimensioni da adulta dopo la seconda lattazione. Studi relativi alla localizzazione altimetrica degli animali evidenziano che i soggetti allevati in pianura presentano dimensioni maggiori di quelli allevati in collina e questi ultimi sono caratterizzati da una maggiore capacità respiratoria ed un maggiore mesomorfismo. Le diverse province di appartenenza presentano tipi morfologici differenti dovuti ad indirizzi produttivi diversi. In particolare, le femmine allevate in provincia di Lucca presentano le dimensioni maggiori ed un dolicomorfismo più spiccato (caratteristico degli animali maggiormente orientati alla produzione del latte), seguite dai soggetti allevati nella provincia di Pisa e contrariamente a quelli allevati a Livorno e Massa Carrara. Il maggior numero di animali più produttivi sono presenti nelle provincie di Lucca e Massa Carrara mentre la maggior parte delle pecore di Pisa e Livorno appartengono alla classe di minore produttività. Sempre in relazione alle capacità produttive é stato riscontrato che i soggetti che presentano quantità di latte più elevate in seconda lattazione lo sono anche in terza ed in quarta. Dalle indagini effettuate sulla mammella della pecora Massese si rilevano 6 tipologie: due sono di forma globosa tipica della razza Sarda, mentre le altre 4 presentano una forma parallelepipeda tipica di questa razza; le differenze tra i due gruppi riguardano essenzialmente gli inserimenti e l inclinazione dei capezzoli (Fig. 1). Sostanzialmente si può dire che la mammella della pecora Massese si presenta di forma parallelepipeda, sufficientemente compatta e con attacco mediamente rettangolare. Le dimensioni di lunghezza e diametro dei capezzoli rientrano nello standard per la utilizzazione della mungitrice meccanica, mentre l inserzione dei capezzoli, benché si inseriscano nel terzo inferiore della mammella, si presenta piuttosto elevata rispetto ad altri tipi genetici in cui l inserzione più bassa favorisce l emissione del latte ed una sua minore ritenzione. L angolo di inserzione dei capezzoli risulta mediamente di 62 indicando una tendenza all orizzontalità, mentre la forma dei capezzoli, rilevandosi tendenzialmente conica, potrebbe creare difficoltà all utilizzo della mungitrice meccanica (Foto 1 e 2). Foto 2 - Massese: forma dei capezzoli

30 239 Conclusioni Per quanto riguarda le caratteristiche morfologiche, la pecora Massese, presenta una notevole variabilità biometrica dovuta essenzialmente alle diversità ambientali in cui viene allevata (localizzazione degli allevamenti nelle diverse province e zone altimetriche, anche se in collina si riscontra una conformazione più compatta con maggiore equilibrio dell attitudine latte-carne); le tecniche di conduzione adottate nelle diverse aziende, inoltre, e gli orientamenti selettivi non ancora omogeneamente seguiti dagli allevatori favoriscono questa situazione di diversificazione. L andamento dell accrescimento può far ritenere la Massese una razza precoce con caratteristiche morfologiche da latte. È da rilevare la limitatezza della selezione genetica fino ad oggi effettuata sulla razza, basata su rimonte interne con conseguente lentezza del miglioramento dei caratteri. Analogamente a quanto evidenziato per la conformazione morfologica, anche la mammella presenta già in seconda lattazione caratteristiche pressoché definitive, ma non sono state riscontrate correlazioni significative tra forma della mammella e produzione di latte. In provincia di Massa Carrara si riscontra una attività selettiva più mirata, che privilegia una mammella più contenuta nelle dimensioni. Risulta indispensabile una selezione mirata al miglioramento dei capezzoli per l impiego della mungitrice meccanica soprattutto per quanto riguarda la forma che dovrebbe tendere a quella cilindrica e l inserzione più bassa con tendenza alla verticalità. Bibliografia CIANCI D., MARTINI M., TACCINI F. (1988) - Variabilità delle funzioni produttive nell allevamento ovino massese della provincia di Pistoia. Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, vol. XLI, MARTINI M., PASQUINI M., VERITÀ P., CIANCI D. (1989) - Caratterizzazione genetica della razza ovina massese: Analisi dei caratteri produttivi. Pisa. Atti S.I.S. Vet., vol. XLIII, VERITÀ P., NICASTRO F., MARTINI M., GIULIOTTI L. (1989) - Produzione dell agnello da latte Massese allevato artificialmente: influenza dell età di macellazione sulle rese e sui parametri quanti-qualitativi della carcassa. Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, vol. XLII, MARTINI M., PASQUINI M., LEOTTA R., GIULIOTTI L., CIANCI D. (1989) - Caratterizzazione genetica della razza ovina Massese: produzione di latte. Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, vol. XLII, VERITÀ P., MARTINI M., GIULIOTTI L., CIANCI D. (1991) - Influenza del tipo di alimentazione sulla produzione di latte di pecore di razza Massese. Agricoltura e Ricerca, 127, VERITÀ P., MARTINI M., GIULIOTTI L., CIANCI D. (1990) - Accrescimento di agnelli di razza Massese allattati artificialmente: influenza della 1 settimana di vita. XXV Simp. Inter. di Zoot. Milano, MARTINI M., VERITÀ P., GIULIOTTI L., NICASTRO F. (1990) - Accrescimento post-svezzamento di agnelli di razza massese: rilievi in vivo ed alla macellazione. Atti S.I.S. Vet., XLIV, MARTINI M., LEOTTA R., GIULIOTTI L., PASQUINI M., CIANCI D. (1990) - Ereditabilità della produzione di latte nella pecora Massese. Ann. Fac. Med. Vet. Pisa. XLIII, VERITÀ P., SIGHIERI C., MARTINI M., GIULIOTTI L., CIANCI D. (1991) - Polimorfismo genetico dell Alfa-La e della Beta-Lg nella pecora Massese. Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, vol. XLIV, RASERO R., FIANDRA P., VERITÀ P., MARTINI M., MARTINI A. (1992) - Marcatori genetici in popolazioni ovine da latte: Massese. Atti XLVI Conv. Naz. S.I.S. Vet., MARTINI M., LEOTTA R., VERITÀ P., CIANCI D. (1993) - Rilievi zoometrici sulla razza ovina Massese. Zoot. Nutr. Anim., XIX, 4-5, MARTINI M., LEOTTA R., VERITÀ P., ALBANO E., CECCHI F. (1993) - Studio delle relazioni tra le misure somatiche di ovini di razza Massese. Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, XLVI, MARTINI M., CECCHI F., VERITÀ P., LEOTTA R., CIANCI D. (1993) - Caratterizzazione morfologica degli ovini di razza Massese. Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, XLVI, MARTINI M., VERITÀ P., CECCHI F. (1994) - Valutazione morfologica della mammella nella razza ovina Massese. Risultati preliminari. Atti XI Congr. Naz. S.I.P.A.O.C. Perugia 1-4 giugno 1994, RUSSO C., TACCINI F., MARTINI M., LEOTTA R., CIANCI D. (1994) - Osservazione sulla durata dell interparto nelle pecore di razza Massase. Atti XI Congr. Naz. S.I.P.A.O.C. Perugia 1-4 giugno 1994, CECCHI F., LEOTTA R., TACCINI F., MARTINI M., VERITÀ P. (1995) - La produzione del latte della pecora Massese dal 1988 al 1994 in alcune province della Toscana. Atti XLIX Conv. Naz. S.I.S. Vet., MARTINI M., CECCHI F., RUSSO C., VERITÀ P., LEOTTA R., CIANCI D. (1995) - Studio delle relazioni tra misure somatiche e produzione di latte in ovini di razza Massese. Atti Conv. Naz. Parliamo di...produzione e trasformazione del latte, Fossano ottobre, MARTINI M., CECCHI F., VERITÀ P. (1996) - La razza ovina Massese: caratteristiche aziendali in alcune province della Toscana. L allevatore di ovini e caprini, 11, 6. BOTTONI L., TACCINI F., CECCHI F., MARTINI M., LEOTTA R., VERITÀ P. (1996) - La produzione di latte della pecora Massese dal 1987 al 1995 in alcune provincie della Toscana: Le secondipare. XII Congr. Naz. S.I.P.A.O.C., Varese ottobre 1996, ACCIAIOLI A., SARGENTINI C., MARTINI M., CECCHI F., LEOTTA R., LUPI P., MARTINI A. (1996) - Studio della Morfologia di ovini di razza Massese. XII Congr. Naz. S.I.P.A.O.C., Varese ottobre 1996, MARTINI M., CECCHI F., GIULIOTTI L., VERITÀ P. (1996) - Influenza della prima settimana di vita sugli accrescimenti di agnel-

31 240 Il germoplasma della Toscana li di razza Massese. XLIX Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, CECCHI F., GIULIOTTI L., RAMPILLI M., BENVENUTI N., MARTINI M. (1997) - Caratterizzazione lattodinamografica del latte della razza ovina Massese: osservazioni preliminari. XII Congresso Nazionale A.S.P.A., MARTINI M., CECCHI F., VERITÀ P. (1997) - Valutazione morfologica della mammella nella razza ovina Massese: differenza tra provincie. Agricoltura e ricerca, n. 169, maggio/ giugno, CECCHI F., RAMPILLI M., GIULIOTTI L., MARTINI M., VERITÀ P. (1998) - Correlazioni tra composizione chimica e parametri lattodinamografici nel latte della razza ovina Massese. Agricoltura e Ricerca, 174: MARTINI M., CECCHI F., VERITÀ P., CIANCI D.(1997) - Valutazione morfologica della mammella nella razza ovina Massese. Zoot. Nutr. Anim., 23: MARTINI M., CECCHI F., BOTTONI L. (1997) - Influenza del peso alla nascita e dell allattamento materno sugli accrescimenti di agnelli massesi: osservazioni preliminari. XLIX Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, vol. L, GIULIOTTI L., CECCHI F., MARTINI M., BENVENUTI N., BOTTONI L., VERITÀ P. (1998) - Chemical composition and coagulation capacity of the massese sheep milk. Agr. Med., vol. 128, MARTINI M., BENVENUTI N., GIULIOTTI L., BOTTONI L., CECCHI F., VERITÀ P. (1999) - Influence of meal and drawing time on the quality of Massese ewe s milk: preliminary research. Agr. Med., vol. 129, 1-7. MARTINI M., RAPACCINI, GIULIOTTI L. (1999) - Coagulation properties of Massese Sheep milk: effects of feeding management. XIII Congr. Naz. ASPA, Piacenza giugno,

32 241 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico La razza ovina Massese: aspetti quanti-qualitativi della produzione di latte A. Acciaioli, G. Parisi, O. Franci, C. Pugliese, S. Rapaccini, M. Lucifero Dipartimento di Scienze zootecniche, Università degli Studi di Firenze Nell ovinicoltura da latte toscana l unica razza autoctona è la Massese, caratterizzata da un particolare ritmo riproduttivo che le consente di avere tre parti ogni due anni, alternando una lattazione lunga a due più brevi. Nell ambito di più progetti di ricerca sono stati studiati alcuni aspetti della produzione del latte di questa razza. Studio della curva di lattazione Sono state individuate e caratterizzate tre tipologie di lattazione in base all epoca di parto ed alla durata. La produzione di latte è stata controllata con frequenza settimanale e per il calcolo dei parametri della curva e della produzione totale è stato utilizzato il seguente modello matematico (Wood, 1967): y = a x b e -c x y = quantità di latte prodotta al giorno x dal parto a, b, c = parametri che caratterizzano la forma della curva Per ogni singola lattazione sono stati stimati: momento in cui si verifica il picco, valore della produzione massima, persistenza e produzione totale (vedi Tab. 1). Pecore Massesi al pascolo g/d Graf. 1 - Produzione di latte della lattazione autunnale breve: tipologia 1 (136 giorni) d 2500 g/d 2500 g/d d d Graf. 2 - Produzione di latte della lattazione primaverile breve: tipologia 2 (94 giorni) Graf. 3 - Produzione di latte della lattazione autunnale lunga: tipologia 3 (240 giorni)

33 242 Il germoplasma della Toscana Tab. 1 - Studio della curva di lattazione Tipo di lattazione Tempo al picco (d) Produzione al picco (g) Persistenza Prod. totale di latte (kg) - 1 (Graf. 1) (Graf. 2) (Graf. 3) % 9 8,5 8 7,5 7 6,5 6 % proteina totale caseina 5,5 Grasso 4 5 4, d d Graf. 4 - Grasso Graf. 5 - Proteina totale e caseina log 5,8 min 5,6 30 5,4 5, ,8 5 4, d d Graf. 6 - Cellule somatiche Graf. 7 - Tempo di coagulazione (R) Tab. 2 - Valutazione del periodo di macellazione 0-20 giorni 0-30 giorni giorni Totale latte prodotto (kg) Peso agnello (kg) Incremento p.v. agnello (kg) Indice conversione (kg/kg) Studio della qualità del latte Durante le lattazioni, con cadenza settimanale, sono stati prelevati 984 campioni di latte rappresentativi della mungitura mattutina e serale, le analisi hanno riguardato: parametri composizionali: proteina e caseina (Graf. 5), grasso (Graf. 4), lattosio e cellule somatiche (Graf. 6) ph parametri tecnologici: tempo di coagulazione (R) (Graf. 7), velocità di formazione del coagulo (k20), consistenza del coagulo a 30 minuti (a30). È stata calcolata la conversione del latte in agnello per valutare la convenienza ad anticipare o ritardare la macellazione.

34 243 Lavorazione del latte di pecore Massesi Prodotti del latte di pecore Massesi Conclusioni La lattazione primaverile breve si è differenziata per picco produttivo più elevato ed anticipato e minore persistenza della fase discendente; ha fornito, inoltre, latte con le migliori caratteristiche sia composizionali che tecnologiche. Con il procedere della lattazione si è verificato per tutte le tipologie un aumento delle percentuali di grasso, proteina e caseina, un leggero peggioramento delle caratteristiche tecnologiche. Considerato che il raggiungimento di 20 giorni di età è comunque necessario per ottenere un agnello di pregio e per recuperare il valore alla nascita, la convenienza a protrarre l allattamento dipende dal prezzo della carne e del latte. In questa fase per ottenere 1 kg di accrescimento occorrono 7 kg di latte.

35 245 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico La Capra Garfagnina Mina Martini, Paolo Verità Dipartimento di Produzioni Animali, Università degli studi di Pisa Attualmente la capra Garfagnina, allevata in provincia di Lucca, è rappresentata da circa capi suddivisi in 49 allevamenti nell area della Garfagnana (Fig. 1) e nella Media Valle del Serchio (Fig. 2). Le aziende, a conduzione diretta, sono di piccole dimensioni e spesso gli animali vengono allevati insieme a razze ovine. L allevamento è di tipo estensivo con ricoveri modesti e scarse attenzioni igieniche. L alimentazione si basa soprattutto sull utilizzo di vegetazione spontanea del sottobosco e dei pascoli. La popolazione caprina, non avendo mai usufruito di interventi di miglioramento programmati, presenta una certa variabilità dei caratteri e soprattutto di quelli fanerotici; spiccano comunque le caratteristiche di robustezza ed adattabilità a zone poco impervie, disagiate e poco produttive. Caratteri esteriori della popolazione Camporgiano 11 capi, 1 allevamento Le caratteristiche morfologiche delle capre Garfagnine possono essere così riassunte: taglia: media; testa: proporzionata, profilo rettilineo o leggermente montonino; orecchie abbastanza grandi, dritte, protese in avanti orizzontalmente; labbra grosse da buona pascolatrice; possibilità di corna sia nel maschio che nella femmina, in quest ultime sono rivolte all indietro, diritte o ricurve, a sezione rotonda; nei maschi, oblique e più lunghe, dirette lateralmente; la barbozza è sempre presente; collo lungo ma robusto; le tettole non si riscontrano in tutti gli animali; tronco con diametri longitudinali sviluppati; linea dorso lombale di solito rettilinea; groppa inclinata posteriormente; arti robusti con unghielli solidi; Villa Collemandina 26 capi, 3 allevamenti Pievefosciana 192 capi, 3 allevamenti Minucciano 204 capi, 5 allevamenti Fosciandora 37 capi, 2 allevamenti Vergemoli 95 capi, 2 allevamenti Fig. 1 - Consistenze e numero di allevamenti caprini in Garfagnana. Totale capi: 600 Totale allevamenti: 18 Careggine 20 capi, 1 allevamento Castelnuovo Garfagnana 15 capi, 1 allevamento

36 246 Il germoplasma della Toscana Barga 162 capi, 6 allevamenti Coreglia Alteminelli 80 capi, 5 allevamenti Fig. 2 - Consistenze e numero di allevamenti caprini nella media Valle del Serchio. Totale capi: 1839 Totale allevamenti: 31 Caratteri generali Fabbriche di Vallico 82 capi, 2 allevamenti Borgo a Mozzano 70 capi, 1 allevamento mantello molto variabile per i colori che lo compongono, per la distribuzione e per l intensità di questi nelle varie parti del corpo; tra i colori più frequenti troviamo il bruno rossastro, il grigio dato dall unione di peli bianchi e neri, il fulvo ed il marrone, sono frequenti anche mantelli pezzati bianchi con macchie grigie, fulve e rossastre. Il pelo si presenta lungo e folto ed è quasi sempre più abbondante nei maschi. Nella Tab. 1 sono riportate le misure biometriche dei maschi e delle femmine adulte. Spesso gli animali vengono messi in riproduzione a partire dai 6 mesi di età e i maschi rimangono con le femmine per tutto l anno. Le monte iniziano in agosto e si protraggono fino ad ottobre inoltrato. I parti avvengono normalmente in gennaio-marzo ed in questo periodo, le capre, ricevono una limitata integrazione alimentare costituita prevalentemente da fieno di prato polifita naturale, rare integrazioni di concentrati e sottoprodotti come barbabietole. I caratteri riproduttivi riportati nella Tab. 2 rilevano una fertilità ed una prolificità non elevate dovute alle precarie condizioni di allevamento ed alla scarsa selezione fino ad oggi effettuata. Gli animali rimangono in azienda a lungo determinando un basso tasso di rimonta (15%). I pesi dei nati da parto singolo sono mediamente di 4,8 e 4,5 Kg rispettivamente per i maschi e per le femmine, nei gemelli si registrano valori medi per i due sessi di 4,4 Kg e 3,8 Kg. Bagni di Lucca 1445 capi, 17 allevamenti Tab. 1 - Misure biometriche dei maschi e delle femmine adulte Maschi d.s. Femmine d.s. Altezza al garrese Altezza del torace Lunghezza del tronco Lunghezza del torace Lunghezza della groppa Larghezza del torace Larghezza anteriore groppa Larghezza posteriore groppa Circonferenza torace Circonferenza stinco Parte libera degli arti

37 247 I capretti, alimentati esclusivamente con latte materno, vengono venduti al macello ad un età di circa 40 giorni con un peso medio di 11 Kg. La lattazione dura in media 180 giorni con una produzione di latte di circa 200 Kg (Tab. 3). Il latte, di solito misto a quello ovino o bovino viene utilizzato per la produzione di formaggio tipo pecorino e ricotta con rese medie del 9,6 e 5,3%. Conclusioni La popolazione caprina Garfagnina, anche se la variabilità dei caratteri biometrici risulta modesta, non presenta una conformazione perfettamente armonica per un notevole sviluppo degli arti indicandone il carattere di buona pascolatrice che le permette di inserirsi perfettamente nell ambiente di origine, caratterizzato da limitate risorse alimentari. La sua notevole disomogeneità fanerotica deriva dalla ricerca degli allevatori, non supportati da organizzazioni tecniche, di combinazioni genetiche più favorevoli, talvolta dettate da semplici motivazioni estetiche e non da veri e propri obiettivi di selezione. In sintesi, il miglioramento produttivo di questa popolazione necessita di un avanzamento delle tecniche di allevamento con particolare attenzione agli aspetti alimentari, riproduttivi ed igienico sanitari. Tutto ciò, dovrà essere affiancato ad un opera di miglioramento genetico conservando le caratteristiche di adattabilità alle difficili aree della collina e della montagna Toscana. Sono quindi auspicabili ulteriori studi per approfondire le conoscenze sulle attitudini funzionali della capra, al fine di portare vantaggi tecnici ed economici agli allevatori e favorire così un rilancio di questo settore zootecnico in relazione soprattutto alla tipizzazione dei prodotti. Tab. 2 - Parametri riproduttivi Media Rapporto maschi/femmine 1:25 Incremento demografico % 63,50 Fecondità % 93,00 Fertilità % 71,50 Prolificità % 130,00 Rimonta % 15,00 Età 1 salto maschi gg 268,00 Età 1 accopp. femmine gg 299,00 Carriera riprod. maschi anni 4,80 Carriera riprod. femmine anni 8,20 Mortalità % 14,50 Tab. 3 - Produzione caratteristiche del latte Media d.s. Latte capo litri Giorni Proteine % 3,07 0,47 Lipidi % 3,58 0,69 Lattosio % 4,290,25

38 248 Il germoplasma della Toscana Bibliografia COLOMBANI B., ORLANDI M., VERITÀ P., MARTINI M., BERNI P., PITTI A. (1987) - Influenza del livello energetico della razione sulla produzione di latte nella specie caprina. Ann. Fac. Med. Vet. Pisa, vol. XL, MARTINI M., PAGANELLI C. (1988) - La capra della Media Valle del Serchio. Agricoltura Toscana, 9-10, MARTINI M. (1988) - Prove di alimentazione su una popolazione caprina poco conosciuta: la capra della Media Valle del Serchio. Inf. Zoot., 24, MARTINI M., COLOMBANI B., GREPPI G.F. (1989) - Caratteristiche quanti-qualitative del latte prodotto dalle capre della Media Valle del Serchio. Milano XXIV Simp. Inter. di Zoot., PASQUINI M., CICERI A., MARTINI M., COLOMBANI B., GREPPI G.F. (1991) - Capacità produttive della capra della Media Valle del Serchio: analisi del profilo metabolico. Atti IX Cong. Naz. A.S.P.A. Roma 1991,

39 249 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico La Pecora Zerasca Mina Martini, Paolo Verità Dipartimento di Produzioni Animali, Università degli studi di Pisa Tra le popolazioni ovine presenti in Toscana ne è stata individuata una le cui origini non sono ben note. La prima citazione in documenti tecnici risale alla metà del secolo scorso, ma l ipotesi più accreditata è quella della derivazione da incroci fra una popolazione autoctona e razze del Nord Italia, in particolare la Bergamasca, la Biellese ed altri ceppi appenninici. Il solo indirizzo selettivo evidente, condotto in maniera molto empirica dagli allevatori, è degli anni Sessanta e Settanta facendo ampio ricorso ad arieti di razza Massese per aumentare la produzione lattea, ma questa pratica ha portato ad una riduzione della rusticità e della capacità di adattamento ad un ambiente non facile sia dal punto di vista climatico che di reperimento delle fonti alimentari. Attualmente, tale tipo di incrocio non viene più attuato e sono quasi completamente scomparse le caratteristiche morfologiche che ricordano la razza incrociante, anche se qualche particolarità del mantello sussiste in alcuni soggetti sotto forma di piccole macchie colorate sul muso e sugli arti. Già da qualche anno gli ovini Zeraschi sono stati inseriti nell elenco delle razze-popolazioni meritevoli di difesa approvato dalla Comunità Europea, e dal 1992 sono iscritte nel Registro Anagrafico ai fini del miglioramento genetico. Le caratteristiche produttive della popolazione Zerasca hanno suscitato l interesse del Dipartimento di Produzioni Animali dell Università di Pisa, che ha condotto studi sia sulle caratteristiche morfologiche, produttive e riproduttive degli ovini, sia sull ambiente di allevamento, considerando anche la tipologia delle aziende zootecniche. Caratteristiche generali Attualmente, i soggetti Zeraschi sono rappresentati da poco meno di capi, di cui circa il 60% con caratteristiche morfologiche e produttive ben fissate. Allevati nel Comune di Zeri (MS), gli ovini sfruttano i terreni marginali, ad alta e media declività, compresi fra 700 e 1200 metri di altezza s.l.m., con una tecnica di allevamento esclusivamente estensiva. La presenza sui pascoli dura tutto l anno, anche nei periodi di maggiore inclemenza climatica, quando si effettua l unico momento d integrazione alimentare con fieno prodotto nelle stesse aziende o con foglie essiccate raccolte durante la stagione vegetativa arborea (castagno, carpino, faggio, etc.). Il programma alimentare è evidenziato nella Fig. 1, da cui risulta anche evidente come il pascolamento sia raramente effettuato su terreni arborati. Fig. 1 - Programma alimentare G F M A M G L A S O N D Pascolo naturale (1.2) Sottobosco Pascolamento raro Stalla (3), Fieno (4) Sfalcio (1.2) Pascolo nudo di crinale; pascolo arborato sottostante (2.3) Nel centro aziendale da dicembre a febbraio (4) Sfalcio unico

40 250 Il germoplasma della Toscana Tab. 1 - Dati aziendali (su 30 aziende) Totale aziende del Comune 199 Aziende con n. capi > Aziende con n. capi < Superficie media ha 17,87 Superficie per animali ha 15,33 Giacitura terreno acclive (>30%) Altezza centro aziendale s.l.m. Pascolo utilizzato s.l.m. Numero medio di Capi/azienda 50 Tab. 2 - Dati rilevati alla macellazione (medie stimate; ANOVA) Allev. 1 Allev. 2 Allev. 3 Maschi Femmine Parto Sing. Parto Gem. Peso vivo alla nascita kg 5.26 b 4.32 a 4.51 a 4,894, b 3.98 a Età alla macellazione d. 74 B 59 A 62 A b 63 a Peso vivo alla macellazione kg 18,86 20,32 19,81 19,64 19,68 19,12 20,21 Peso vivo netto kg 16,4 17,94 17,82 17,32 17,45 16,37 18,05 Carcassa a caldo kg 8,87 9,09 9,31 9,16 9,02 9,06 9,11 Medie stimate ed aggiustate al peso medio del P.V. nascita di 4.65 kg ed età media di macellazione di 65 giorni A,B: P 0,01 a,b: p 0,05 Tab. 3 - Parametri riproduttivi e produttivi (su 30 aziende) PARAMETRI RIPRODUTTIVI Dati Stimati Capi totali 50 primipare 12 pluripare 29 agnelle 7 arieti 2 Attiv. riprod. femmine anni 9,4 Attiv. riprod. maschi anni 4,7 Rimonta tipo interna Rimonta annua 16-18% 1 salto maschi mesi accopp. femmine mesi Maschio/Femmine monta 1/1 Femmine partorite anno 8/4 Concentrazione parti mese tutto l anno PRODUZIONE CARNE Dati rilevati Peso medio nascita: maschi kg 5,43 femmine kg 4,67 gemelli kg 3,8 Peso medio vendita kg 19,67 Età media vendita gg 62 PRODUZIONE LATTE Durata lattazione gg Latte/capo/lattazione kg Latte/capo/giorno kg Utilizzazione latte agnello PRODUZIONE LANA non utilizzata Le caratteristiche medie delle aziende zootecniche sono presentate nella Tab. 1: il terreno molto acclive supera anche il 30% di pendenza, ma non crea problemi di spostamento agli ovini che, del resto, utilizzano la maggior parte della superficie aziendale. Tuttavia, non solo questa è a disposizione degli animali, ma anche buona parte del territorio comunale. L indirizzo produttivo è tipicamente da carne; il latte prodotto è devoluto nella quasi totalità agli agnelli, e solo una minima parte viene utilizzata per la caseificazione per l autoconsumo. Le caratteristiche produttive carnee degli agnelli sono riportate sinteticamente nella Tab. 2, in cui appare anche il confronto con soggetti allevati con il sistema intensivo (Allev. 1) e semiestensivo (Allev. 2): i pesi di carcassa migliori sono riscontrabili nei soggetti allevati tradizionalmente (Allev. 3). L età di macellazione, che non supera i 2 mesi, ed il peso vivo che gli agnelli raggiungono (mediamente intorno i 20 kg p.v.) indicano la buona attitudine alla produzione di carne, qualitativamente molto apprezzata dal mercato locale (Tab. 3). Le caratteristiche morfologiche degli ovini Zeraschi possono essere così sintetizzate: taglia medio-grande; testa leggera e proporzionata, profilo rettilineo o leggermente convesso, orecchie di medie dimensioni leggermente pendenti; collo di media lunghezza; tronco relativamente lungo; groppa ben sviluppata in lunghezza e larghezza;

41 251 Gregge di Pecore zerasche arti solidi e diritti; mammella piccola e ben attaccata al corpo; mantello bianco, talvolta con pigmentazioni grigie o rossastre sul muso e sugli arti. Nella Tab. 4 sono riportate le misurazioni biometriche di alcune categorie di soggetti. I parametri riproduttivi (Tab. 3) appaiono estremamente interessanti in relazione sia all età del primo accoppiamento, precoce per soggetti rustici ed allevati estensivamente, sia per il fatto che la maggior parte delle pecore presenta i calori in tutto l arco dell anno: non esistono quindi momenti di particolare concentrazione dei parti, se non quelli voluti dall allevatore nei periodi pre-pasquale e prenatalizio. Gli indirizzi selettivi attualmente perseguiti sono rappresentati dalla ricerca di una migliore conformazione somatica per la produzione della carne, e l istituzione del Registro Anagrafico sta facilitando tale attività. Conclusioni I diversi studi condotti dal Dipartimento di Produzioni Animali dell Università di Pisa, e qui riassunti sinteticamente, indicano come questa Tab. 4 - Misurazioni biometriche Ordine parto I II III e oltre Soggetti (numero) Peso vivo kg 39,73 56,6 62,93 Larghezza testa cm 13,2913,72 13,97 Altezza al garrese cm 71,67 73,74 75,08 Lunghezza tronco cm 74,86 77,21 78,17 Profondità toracica cm 38,48 39,98 40,42 Altezza toracica cm 32,33 33,87 34,36 Circonferenza toracica cm 88,32 92,19 94,36 Lunghezza groppa cm 22,75 23,7924,06 Distanza tuberosità ischiatiche cm 9,84 10,76 10,86 Distanza trocanteri cm 20,36 21,27 21,44 Distanza bisiliaca cm 19,68 18,45 18,9 Circonferenza stinco cm 8,43 8,78 8,82 Lunghezza natica cm 31,66 31,84 32,26

42 252 Il germoplasma della Toscana razza-popolazione risulti estremamente interessante per la produzione di un agnello meritevole di tipizzazione non solo per le caratteristiche quantitative, ma anche per quelle qualitative alle quali apporta un contributo l ambiente di allevamento lontano da qualsiasi fonte industriale di inquinamento. Da parte di questo Dipartimento sono attualmente in corso studi volti a definire la capacità di adattamento di piccoli nuclei di maschi e femmine al di fuori del loro tradizionale ambiente, nella prospettiva della creazione e dell ampliamento della zona di espansione. Bibliografia DEL PERCIO M. Studio di pascoli della Lunigiana. Tesi di laurea, Fac. Med. Veterinaria, Pisa, A.A DODI L. Tecniche di allevamento degli agnelli della popolazione Zerasca. Tesi di laurea, Fac. Med. Veterinaria, Pisa, A.A MARTINI M., VERIT P., CECCHI F., RICCI G., GIULIOTTI L., COLOMBANI B. - Prove di accrescimento e rese alla macellazione della popolazione ovina Zerasca. Atti XXVIII Simp. Internaz. Zootecnia, Milano, 1993, MEINI A.F. Valutazione morfometrica della popolazione ovina Zerasca. Tesi di laurea, Fac. Med. Veterinaria, Pisa, A.A VERITÀ P., MARTINI M., LEOTTA R., CECCHI F., COLOMBANI B. - Studio biometrico della popolazione ovina Zerasca. Atti XXVIII Simp. Internaz. Zootecnia, Milano, 1993,

43 253 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico Caratteristiche morfo-funzionali della razza bovina Garfagnina P. Secchiari, G. Ferruzzi, M. Mele, A. Pistoia C.I.R.A.A. E. Avanzi, D.A.G.A., Settore Scienze zootecniche A. Serra - D.A.G.A., Settore Scienze zootecniche Cenni storici e diffusione originaria La razza, la cui origine è ascrivibile alla Podolica primitiva, è allevata dai tempi più lontani nell alta valle del Serchio. Negli anni Trenta, come riportato da Bianchi (1939), la Garfagnina era diffusa, oltre che in provincia di Lucca, nel territorio delle provincie di Massa Carrara (un tempo Apuania), Reggio Emilia e Modena. Questo bestiame, che era indicato con denominazioni diverse quali Nostrano, Grigio dell Appennino Reggiano, Modenese di Monte, presentava, tuttavia, caratteristiche tali da farlo considerare un tipo unico presente nelle zone collinari e montane fra la Toscana nord-occidentale e l Emilia. In provincia di Massa Carrara, della quale la Garfagnana era parte fino al 1923, la razza Garfagnina ha conservato il suo nome originario, derivatole dal territorio di maggiore diffusione. In particolare, l allora Ispettorato dell Agricoltura di Apuania riconosceva, nel 1939, per l attuazione dei programmi zootecnici relativi alla razza, un area di diffusione di circa ha, compresa nei territori comunali di Casola, Fivizzano, Comano, Licciana

44 254 Il germoplasma della Toscana Mozzano, Pescaglia, Bagni di Lucca, Coreglia Antelminelli e Barga, si può dire che questo bestiame, sia pure con un altro nome e un po deviato dal tipo allevato in Garfagnana, popolava tutta la dorsale Appenninica delle quattro provincie di Lucca, Modena, Massa Carrara e Reggio. Diffusione attuale e consistenza Diffusione della razza bovina Garfagnina La zona di diffusione della razza Garfagnina, attualmente, comprende le aree della Garfagnana, della Lunigiana e della Lucchesia. La consistenza, al 31 dicembre 1998, ammontava a 410 capi, di cui 151 vacche, 172 manze, 81 vitelli e 6 tori distribuiti su 70 allevamenti. In realtà sarebbe più corretto parlare di nuclei di allevamento di soggetti meticci derivanti da incrocio delle poche femmine conservate negli anni 70 con tori di razza Bruno Alpina (in qualche caso anche Frisona) e successivo meticciamento. Nella razza Garfagnina attuale, infatti, è possibile notare caratteristiche influenzate dalle razze Bruno Alpina e Frisona. Caratteristiche morfologiche e Tresana ed in parte di quelli di Aulla, Podenzana e Fosdinovo. In questa zona i bovini appartenenti al tipo prevalentemente garfagnino, ammontavano a capi di cui vacche e manze e buoi, vitelli e tori; questi ultimi nel 1939 erano 29 e, in poco tempo, sempre secondo Bianchi, sarebbero dovuti diventare una cinquantina. Nell alto e medio Appennino Reggiano il bestiame bovino allora esistente, come sopra ricordato, era chiamato col nome di Razza Grigia dell Appennino Reggiano. Si trattava di bestiame indigeno che non aveva subìto incroci né con la razza Bruna Alpina né con quella Reggiana e che veniva riprodotto in purezza. A questo proposito l Ispettorato di Modena forniva in merito le seguenti indicazioni: il bestiame bovino allevato nell alto Appennino modenese a mantello brinato e con pigmentazioni apicali ardesia scuro, ascrivibile al tipo appenninico, e che in questa provincia è classificato come Modenese di monte, è effettivamente lo stesso allevato in Garfagnana ove ha subito le influenze dell ambiente migliorando segnatamente nelle attitudini produttive. Pertanto, sebbene il decreto ministeriale 21 marzo 1935 avesse stabilito che l area di allevamento della razza Garfagnina comprendeva i comuni della provincia di Lucca che costituivano il circondario di Castelnuovo Garfagnana e quelli di Borgo a Mantello: di colore grigio (detto brinato) con variazioni dal grigio chiaro al grigio scuro; Testa: nelle femmine è di media lunghezza, leggera, con fronte ampia e leggermente depressa; nei maschi si presenta corta e larga, ma non tozza; Lombi: piuttosto larghi, ben attaccati e robusti; Groppa: larga anteriormente, stretta e spiovente posteriormente, nel complesso scarna; Coscia: non piatta, nei maschi è abbastanza muscolosa; Peso: nei maschi kg, nella femmine kg; Altezza al garrese: nei maschi cm, nelle femmine 129,2-130 cm. La parte superiore delle corna, le palpebre, il musello, la faccia dorsale della parte libera della lingua, il palato, gli unghielli, gli orifizi, il fondo dello scroto ed il fiocco della coda, nei soggetti definiti tipici, dovrebbero essere sempre neri. Allevamento ed attitudine produttiva: la razza si distingue per le buone capacità di utilizzo di foraggi scadenti come ricacci del sottobosco e dei castagneti da frutto ed è ben adattata alle condizioni climatiche della zona d allevamento, talora severe (Bianchi, 1939; Bonadonna, 1951). Originariamente veniva definita come razza a triplice attitudine, anche se ha sempre prevalso

45 255 Esemplare di bovina Garfagnina Bovini Garfagnini al pascolo l attitudine lattifera. Le vacche Garfagnine, tuttavia, dimostravano una tale resistenza ed energia da vedersi affidare totalmente il lavoro dei campi, in sostituzione anche degli stessi buoi. In ordine alla produzione di latte, bisogna sottolineare che, nel quadro dell agricoltura mezzadrile del tempo, era tenuta in grande conto la trasformazione casearia che si attuava mettendo in comune, ogni settimana, il latte prodotto da più stalle. Ciascuno dei partecipanti a questa forma associativa di trasformazione, a turno, produceva un formaggio dalle qualità molto apprezzate, la cui commercializzazione avveniva tradizionalmente in occasione della fiera che si teneva e si tiene a Castelnuovo Garfagnana nelle prima settimana di settembre. In forza di queste caratteristiche attitudinali, attualmente la razza Garfagnina viene allevata principalmente allo stato semibrado (solo nei mesi invernali viene ricoverata in stalla) e vede considerata, come produzione principale, quella del latte (medie delle pluripare di circa litri al 4,5% di grasso, per lattazione) e, come produzione secondaria, quella della carne, apprezzabile soprattutto se il vitello viene macellato precocemente. A questo proposito, infatti, fonti risalenti agli anni Trenta (Bianchi, 1939), riportano che la carne dei vitelli da latte di questa razza era particolarmente apprezzata in tutta la zona della Toscana nord occidentale e della Liguria orientale, fino anche a Genova, per il colore chiaro e l eccellente sapore e che i vitelli, grazie all elevato valore nutritivo del latte materno, facevano registrare incrementi medi giornalieri fino a kg 1,3. Bibliografia BIANCHI A. (1939) - I bovini di razza Garfagnina e il miglioramento conseguito con la selezione. Scuola tipografica Artigianelli, Lucca. BONADONNA T. (1951) - Zootecnia speciale, Vol. III, Seconda ed., Istituto editoriale Cisalpino, Varese.

46 257 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico Caratteristiche morfo-funzionali della razza bovina Mucca Pisana P. Secchiari, A. Pistoia, G. Ferruzzi, M. Mele C.I.R.A.A. E. Avanzi, D.A.G.A., Settore Scienze zootecniche A. Serra - D.A.G.A., Settore Scienze zootecniche Cenni storici Sull origine della razza Mucca Pisana (detta anche razza Nera della Toscana o Mucca Nera Pisana) gli autori non sono completamente concordi. Le prime notizie sulla razza si hanno tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo e, secondo Fogliata, deriverebbe dall introduzione dalla Svizzera nell Agro Pisano della razza Schwyz che, secondo lo stesso autore, avrebbe trovato in questa zona condizioni migliori di prosperità rispetto ad altre razze con la medesima attitudine. Nell archivio di San Rossore si trova invece una documentazione che attribuirebbe la sua origine alla razza svizzera Luganese a mantello nero; tale ipotesi è avallata anche da C.M. Mazzini (Lucifero, 1989). Malgrado queste discordanze di parere tra gli studiosi, si ritiene comunque che la Mucca Pisana possa derivare da un incrocio tra una razza autoctona detta Podolica Locale (che denotava caratteristiche intermedie tra la Maremmana e la Pontremolese) e bovini svizzeri Schwyz e/o di Lugano (più probabilmente questi ultimi, dato il colore nero del loro mantello), importati in provincia di Pisa verso la metà del Settecento ad opera dei Lorena. Per molti anni è stato inoltre praticato l incrocio con la razza Bruna Alpina; dal 1850, tuttavia, si iniziano ad avere notizie di insanguamenti effettuati con riproduttori Olandesi, Shortorns e Charolais. L incrocio che, per durata ed ampiezza, ha maggiormente influito sulle caratteristiche della razza Mucca Pisana, è stato, tuttavia, quello con soggetti di razza Chianina, praticato per una decina d anni a partire dal 1880, al fine di irrobustirla, aumentarne la mole e la resistenza al lavoro. Tali effetti sono tuttora ben manifesti nella popolazione esistente. (Lucifero 1989; Ciampolini e Cianci 1990; Secchiari et al., 1996) Diffusione e consistenza La culla della razza Mucca Pisana è rappresentata dalla bassa Valle del Serchio con aree di allevamento che, originariamente, comprendevano la pianura di Pisa (da Cascina fino a Viareggio) ed una parte della Lucchesia. Gli allevamenti della provincia di Pisa si trovavano soprattutto nei Comuni di Pisa, Vecchiano, San Giuliano Terme, Calci, Cascina, Vicopisano e Calcinaia. Attualmente i 22 allevamenti sono ubicati in un area abbastanza limitata, tra le Provincie di Pisa, Livorno e Lucca (Secchiari et al., 1996). Diffusione e consistenza della razza Mucca Pisana

47 258 Il germoplasma della Toscana Le prime notizie relative alla consistenza numerica della razza risalgono ai primi del Novecento e si riferiscono ad un censimento e a dati riportati sui registri di monta. Nel 1906 il Fogliata calcolava che esistessero circa capi, ma, dal primo vero censimento, risalente al 1908, risultarono effettivamente circa capi, distribuiti nei comuni di Pisa, San Giuliano, Vecchiano e Cascina (Ciampolini e Cianci,1990). Nel 1928 i soggetti di razza Mucca Pisana erano circa , ma già immediatamente prima della seconda guerra mondiale, i capi allevati erano scesi fino a Con la guerra, che nei sopraindicati Comuni fu combattuta in maniera particolarmente intensa, si registrò una brusca caduta della consistenza numerica che passò a soggetti. Il diffondersi della meccanizzazione agricola ha fatto sì che gli allevatori abbandonassero la Mucca Pisana a favore di razze decisamente più specializzate come la Bruna Alpina e la Frisona, per quanto riguarda la produzione di latte e la Chianina per quella della carne. Tutto ciò ha determinato un ulteriore decremento della numerosità della razza che, con soli 60 capi, nel 1978 ha finito per sfiorare l estinzione. Da quell anno, con la nascita del primo programma regionale di salvaguardia nell ambito del progetto di ricerca e valorizzazione delle razze bovine autoctone, in collaborazione con il CNR, si è avuta una certa inversione di tendenza e si è verificato un seppur limitato recupero della consistenza numerica della razza (Graf. 1). Attualmente è in atto un lavoro di recupero patrocinato dagli Enti locali (Provincia di Pisa e ARSIA - Regione Toscana), volto alla salvaguardia della razza ed al suo inserimento in un sistema produttivo che ne valorizzi le caratteristiche peculiari. Un iniziativa importante nell ambito di questo lavoro di valorizzazione è stata l istituzione, nel corso del 1997, da parte dell Ente Parco Regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, di un marchio di identificazione geografica della carne dei bovini di razza Mucca Pisana, la gestione del quale è stata affidata all APA di Pisa. Caratteristiche morfologiche Mantello: Il colore fromentino dei vitelli alla nascita (caratteristica delle razze podolico derivate) evolve gradualmente verso il marrone (detto focato), più scuro nei maschi, con riga dorsale (spigatura) rossiccia dei soggetti adulti. Testa: Nelle femmine si presenta corta, pesante con fronte ampia e riccioluta; nei maschi con profilo diritto o leggermente convesso e sincipite molto convesso. Le corna, corte e tozze di colore giallognolo alla base e nero in punta, dirette all infuori in avanti e leggermente in basso, sono a sezione ellittica. Le corna in direzione opposta a quella indicata sono tollerate, purché il colore e la sezione siano quelli tipici. Lombi: Lunghi, larghi, in armonia con la groppa Groppa: Rettangolare con prevalenza del diametro antero-posteriore, piana Coscia e natica: Lunghe, muscolose, ma con profili rettilinei. Pesi vivi: Lo standard di razza prevede per le femmine un peso di kg e per i maschi un peso di kg. Graf. 1 - Evoluzione della consistenza numerica della razza negli ultimi venti anni

48 259 Foto 1 - Torello di razza Mucca Pisana Foto 2 - Vacca di razza Mucca Pisana a stabulazione libera Altezza al garrese: Lo standard di razza prevede per le femmine cm e per i maschi cm. Allevamento ed attitudine produttiva In passato la razza Mucca Pisana è stata sempre allevata a stabulazione fissa, ma negli ultimi anni si stanno diffondendo allevamenti che adottano la stabulazione libera e, in taluni casi, lo stato semibrado, con risultati non sempre incoraggianti (Foto 2). Per quanto riguarda le attitudini produttive, i soggetti pisani sopperiscono con le caratteristiche di prolificità, vitalità, longevità e resistenza alle malattie, alle carenze di resa in latte e dell indice di accrescimento, ma il pregio forse maggiore della razza è rappresentato dallo spiccato istinto materno, tanto che si è saputa meritare l appellativo di balia per eccellenza : infatti, accetta di allattare con facilità qualsiasi vitello e riesce a nutrirne, oltre al suo, altri due. Originariamente la Mucca Pisana era a triplice attitudine e tale definizione le è stata attribuita fino agli anni 50 (Bonadonna, 1951; Trimarchi, 1956). Attualmente, caduta la necessità dell attitudine al lavoro per le mutate condizioni dell agricoltura, ci si propone di utilizzarla soprattutto per la produzione della carne che, come sopra ricordato, può ora giovarsi di un marchio di qualità. Per quello che concerne le performance di allevamento, i vitelloni di razza Mucca Pisana, fanno registrare Incrementi Medi Giornalieri (IMG) prossimi a kg 1, se alimentati con razione di tipo tradizionale, ma che possono raggiungere kg 1,2 se sottoposti a regime alimentare di più elevato valore nutritivo (0,83 UFC/kg SS). Gli Indici di Conversione degli Alimenti (ICA) peggiorano notevolmente con l avanzare dell età: a 8 mesi, infatti, l ICA risulta poco superiore alle 4 UFC/kg di incremento di PV, ad un anno si attesta intorno alle 6,5-7 UFC/kg di incremento di PV per arrivare e talora superare le 9 UFC/kg di incremento di PV dopo i 18 mesi (Secchiari et al., 1996). Proprio per questo motivo, nel caso dei vitelloni di razza Mucca Pisana, l alimentazione spinta per tutto il periodo di allevamento è da sconsigliare non solo dal punto di vista della convenienza economica, ma anche da quello delle caratteristiche delle carcasse che, nei soggetti allevati in tale regime alimentare, appaiono sensibilmente grasse ; pare pertanto più opportuno adottare una dieta ad elevata concentrazione energetica solo nella prima fase dell ingrasso (fino a circa un anno di età) e poi diminuire gli apporti energetici e proteici (Secchiari et al., 1996). Le rese alla macellazione sono molto variabili, infatti la resa lorda oscilla dal 55 al 60% e la resa netta dal 62 al 65%, in funzione del tipo di alimentazione e dell età di macellazione. Per quanto riguarda i rilievi alla macellazione, l elevata incidenza sul peso vivo netto del peso della testa (dal 3,5 al 4,2 %) e degli stinchi (dal 2,3 al 2,9%) indicano un notevole sviluppo scheletrico di questi soggetti; tale rapporto, tuttavia, tende a ridursi con l avanzare dell età. Lo studio di questi aspetti, unitamente alla definizione dei valori ottimali dell età di macellazione e della lunghezza del periodo di frollatura delle carni, è oggetto di ulteriori prove sperimentali con il finanziamento ARSIA nell ambito del progetto Valorizzazione del materiale genetico bovino toscano e della produzione di carne, i cui risultati saranno presto pubblicati.

49 260 Il germoplasma della Toscana Bibliografia BONADONNA T., (1951) - Zootecnica speciale, Vol. III,Seconda ed.; Istituto editoriale Cisalpino, Varese. CIAMPOLINI R., CIANCI D., (1990) - Mucca Pisana una razza da salvaguardare. Inf. Zoot. 23, 56. LUCIFERO M., (1989) - La zootecnia all esposizione Agraria Toscana del 1857 e le razze dell album Semplicini. Terra e allevamento, 29-65; Alinari, Firenze. SECCHIARI P., PISTOIA A., FERRUZZI G., SERRA A., (1996) - Aspetti della produzione della carne con vitelloni di razza Mucca Pisana Provincia di Pisa. TRIMARCHI G., (1956) - Panorama agricolo-zootecnico regionale. La regione 3 (8-9);

50 261 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico L allevamento di vitelloni di razza Mucca Pisana per la produzione della carne: accrescimento e caratteristiche alla macellazione P. Secchiari, A. Pistoia, M. Mele, G. Ferruzzi C.I.R.A.A. E. Avanzi, D.A.G.A., Settore Scienze zootecniche A. Serra - D.A.G.A., Settore Scienze zootecniche Scopo della prova La ricerca è stata condotta allo scopo di approfondire le conoscenze sull accrescimento dei vitelloni maschi di razza Mucca Pisana e di studiare la loro evoluzione corporea; si è inoltre voluto verificare l effetto dell età sulle caratteristiche alla macellazione. Materiali e metodi Per la prova sono stati utilizzati 16 vitelli maschi svezzati (6 mesi di età) di razza Mucca Pisana, suddivisi in 4 gruppi omogenei corrispondenti a 4 diverse età di macellazione: 14, 16, 18 e 20 mesi e alimentati con la medesima razione di tipo unifeed costituita da insilato di mais, fieno polifita, paglia e MCI in ragione di kg 1,5/q Peso Vivo (PV) e caratterizzata dal Valore Nutritivo (VN) di 7,9 UFC/kg SS. Rilievi in vita. Mensilmente sono stati rilevati i PV individuali ed i consumi alimentari di gruppo; sulla base di questi controlli sono stati calcolati gli Incrementi Medi Giornalieri (IMG) e gli Indici di Conversione degli Alimenti (ICA). Con la stessa periodicità, su tutti i soggetti, sono state inoltre effettuate le seguenti misurazioni somatiche: altezza al garrese, circonferenza toracica, altezza del torace, lunghezza del tronco, circonferenza stinco anteriore destro. I dati relativi ai pesi vivi hanno permesso di definire la curva di accrescimento dei vitelli maschi di razza Mucca Pisana da 6 a 20 mesi di età utilizzando una regressione semilogaritmica (Bettini, 1988), del tipo: y = a + b x + c lnx dove y = PV al tempo x; x = età in giorni. Vitellone di razza Mucca Pisana Si sono inoltre messi in relazione i PV e l altezza al garrese con i sopra citati rilievi morfometrici, mediante la funzione allometrica y = axb, dove y = misura allometrica, x = variabile di riferimento (peso vivo o altezza al garrese), b = coefficiente allometrico, previa trasformazione logaritmica dei dati originali. Rilievi alla macellazione. Immediatamente dopo la macellazione sono stati pesati i componenti del quinto quarto : la testa (separata a livello dell articolazione occipito-atlantoidea e spellata); le estremità distali degli arti (stinchi anteriori e posteriori destri, recisi rispettivamente a livello delle articolazioni carpo-metacarpica e tarso-metatarsica); la pelle (compresa quella della testa) dopo sommaria sgocciolatura dell acqua di lavaggio; la corata, comprendente il fegato, la milza, il cuore, la trachea ed i polmoni; l apparato digerente, limitatamente a stomaci ed intestini pesati pieni e vuoti e, per differenza, il contenuto gastrointestinale. Quindi, sono state calcolate la resa lorda e la resa netta di ciascun soggetto macellato.

51 262 Il germoplasma della Toscana Graf. 1 - Andamento del peso vivo rispetto all età Tab. 1 - Coefficienti allometrici rispetto al peso vivo e all altezza al garrese Peso vivo Altezza al garrese Medie stimate ES Medie stimate ES Altezza al garrese 0,2090,011 Lunghezza del tronco 0,288 0,014 1,151 0,081 Altezza del torace 0,335 0,025 1,378 0,116 Circonferenza del torace 0,362 0,012 1,430 0,089 Circonferenza stinco ant. 0,296 0,018 1,239 0,086 Tab. 2 - Rese alla macellazione ed incidenza percentuale dei componenti il quinto quarto sul peso vivo netto 14 mesi 16 mesi 18 mesi 20 mesi Resa netta (%) 62,14 62,31 64,82 62,13 Testa spellata 4,25 4,193,74 3,85 Pelle 9,45 8,75 9,41 8,78 Estremità distali degli arti 2,91a 2,90a 2,37b 2,30b Corata 3,00 3,15 3,36 3,03 Apparato gastrointestinale 9,78 8,88 7,35 7,88 Lettere diverse sulla stessa riga p < 0.05 Risultati I vitelloni hanno fatto registrare, nel periodo svezzamento-macellazione, un IMG prossimo a kg 1, in linea con i risultati ottenuti in una precedente prova (Secchiari et al., 1996) in soggetti alimentati con razioni di VN prossimo a quello adottato in questa prova. Inoltre, anche questa volta, tale parametro è risultato più elevato nelle fasi iniziali dell allevamento (kg/d 1,1) durante le quali si sono ottenuti i migliori Indici di Conversione degli Alimenti (fino ad un anno di età dei soggetti si sono mantenuti al di sotto delle 5,5 UFC/kg di incremento di PV). Nelle fasi successive dell allevamento si è registrato un progressivo peggioramento degli ICA come dimostrano i valori ottenuti alle diverse età di riferimento (14, 16, 18 e 20 mesi) pari rispettivamente a 6,44; 7,29; 8,14; 8,99 UFC/kg di incremento PV. I coefficienti allometrici relativi alle varie misure corporee rispetto al peso vivo sono risultati inferiori

52 263 all unità, come del resto è lecito attendersi quando si confrontano misure lineari con misure tridimensionali (Tab. 1). In tal caso l isoauxesi, ovverosia la proporzionalità diretta tra il ritmo con il quale le diverse regioni del corpo si sviluppano e l aumento del peso vivo, è pari a 0,333. Pertanto, rispetto ai coefficienti stimati, soltanto l altezza al torace è risultata in isoauxesi, mentre altezza al garrese, lunghezza del tronco e circonferenza dello stinco anteriore sono apparse in bradiauxesi e la circonferenza del torace in tachiauxesi (cioè, nel primo caso, lo sviluppo è stato meno che proporzionale rispetto all aumento del peso vivo e, nel secondo, più che proporzionale) (Tab. 1). L età di macellazione non ha influito sulla resa netta di macellazione che è risultata in ogni caso inferiore al 65%, cioè sui livelli tipici delle razze da carne italiane (Tab. 2). L incidenza percentuale dell apparato scheletrico sul peso vivo netto sembra diminuire con l avanzare dell età di macellazione, come si rileva dai valori significativamente più elevati relativi alle estremità distali degli arti nei vitelli macellati più precocemente (p < 0,05). Il fenomeno si nota anche per i dati relativi all incidenza percentuale della testa, anche se a livelli di significatività più bassi (p<0,39) (Tab. 2). In conclusione, questi dati confermano sostanzialmente le osservazioni precedenti; la parte più corposa dei risultati della prova, in corso di elaborazione, riguarda però gli aspetti qualitativi della carne e ci permetterà di aggiungere nuove acquisizioni sulle caratteristiche della razza Mucca Pisana. Bibliografia BETTINI T.M. (1988) - Elementi di scienza delle produzioni animali 285; Edagricole Bologna SECCHIARI P., PISTOIA A., FERRUZZI G., SERRA A. (1996) - Aspetti della produzione della carne con vitelloni di razza Mucca Pisana. Provincia di Pisa. Ricerca condotta nell ambito del Progetto valorizzazione del materiale genetico bovino toscano della produzione di carne. Finanziamento ARSIA.

53 265 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico Caratteristiche morfo-funzionali della razza bovina Pontremolese P. Secchiari, M. Mele, G. Ferruzzi, A. Pistoia C.I.R.A.A. E. Avanzi, D.A.G.A., Settore Scienze zootecniche A. Serra - D.A.G.A., Settore Scienze zootecniche Cenni storici e diffusione originaria La razza è originaria della montagna appenninica e preappenninica e delle valli della Magra e del Vara, situate nelle provincie di Massa Carrara e La Spezia dove, nel 1940, raggiungeva una consistenza di capi. La sua area di allevamento, tuttavia, si estendeva anche alle zone montagnose del Piacentino e nell Oltrepò pavese (Varzi). Infatti, i bovini chiamati nell Oltrepò bettolesi o pontremolesi erano in realtà della stessa razza, non solo per i caratteri morfologici comuni, ma anche perché la differenza di denominazione era soprattutto locale, essendovi l uso di intendere per bettolesi i buoi e per pontremolesi i giovani animali (Bonadonna, 1951). Questa razza, in passato, veniva principalmente utilizzata proprio per la produzione di buoi che erano richiesti sul mercato da aziende agricole liguri e lombarde, ma soprattutto da quelle locali per il trasporto dei marmi dalle Apuane al mare (Ciampolini, 1993). In seguito, l evolversi della meccanizzazione, che portò ad una diminuzione della richiesta di buoi da lavoro e la scarsa attitudine della razza Pontremolese alla produzione di latte e di carne, hanno influito negativamente sul suo sviluppo, inducendo gli allevatori ad operare incroci di sostituzione con la razza Bruna Alpina (Bonadonna, 1951). Pontremolese Diffusione attuale e consistenza Attualmente nessun soggetto di razza Pontremolese è allevato nelle provincie di origine, infatti i 50 capi (22 vacche, 11 manze, 15 vitelli e 2 tori) che compongono la popolazione sono concentrati in sole tre aziende nel comprensorio della Garfagnana (fonte: APA Pisa, Lucca e Livorno). Diffusione e consistenza della razza Pontremolese

54 266 Il germoplasma della Toscana Pontremolese Caratteristiche morfologiche Mantello: di colore rosso (fromentino carico) con striscia chiara lungo la linea dorso lombare, occhiaie nere. Testa: nei maschi relativamente leggera, profilo rettilineo frontale breve, quadrata, leggermente depressa fra le arcate orbitali, nelle femmine si presenta più leggera e un po più corta. Lombi: brevi, larghi, robusti e ben attaccati alla groppa Groppa: spiovente, stretta posteriormente e con spina sopraelevata costituisce uno dei difetti salienti della razza. Coscia: poco muscolosa Peso: nei maschi kg, nelle femmine kg Altezza al garrese: nei maschi cm, nelle femmine cm. Pontremolesi a stabulazione fissa La Pontremolese si caratterizza anche per una buona efficienza riproduttiva; essa, infatti, partorisce un vitello all anno, prevalentemente nel periodo primaverile, che viene solitamente macellato all età di 18 mesi (Ciampolini, 1993). Malgrado in passato venisse utilizzata sia per la produzione di carne che per quella di latte (media pluripare stimata in 2100 kg per lattazione), attualmente potrebbe essere perseguibile solo l allevamento per la produzione di carne, soprattutto nelle forme brado o semibrado per l utilizzo delle risorse foraggere delle zone montane più impervie (Bonadonna, 1951). Allevamento ed attitudine produttiva Razza molto rustica in grado di utilizzare pascoli degradati, aree boschive e cespugliose, caratteristica che le consente di superare, senza particolari problemi, i periodi siccitosi estivi. Bibliografia BONADONNA T. (1951) - Zootecnia speciale, Vol. III, Seconda ed., Istituto editoriale Cisalpino, Varese. CIAMPOLINI R. (1993) - Le popolazioni animali autoctone delle Toscana. APA, Pisa.

55 267 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico Stima della variabilità genetica nella razza Mucca Pisana M. Carmen Pérez Torrecillas Dottorato in Agrobiotecnologie per le Produzioni Tropicali Dipartimento di Scienze zootecniche, Università degli Studi di Firenze Obiettivo L obiettivo del presente studio è ottenere una stima della variabilità genetica presente nella razza Mucca Pisana, analizzando campioni rappresentativi della popolazione iscritta al Registro Anagrafico delle popolazioni autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione mediante l uso di marcatori molecolari (AFLP). La stima di questa variabilità risulta di interesse nei programmi di miglioramento della razza, perché permette di: adottare schemi di accoppiamento avendo ben presente la situazione genetica del patrimonio animale nel suo complesso, l acquisire un quadro genetico specifico di ogni capo oggetto della prova, utile ai fini della scelta dei singoli soggetti da utilizzare per la riproduzione. La consistenza numerica della razza Mucca Pisana, al 12 dicembre del 1998, era di 244 animali (107 vacche, 90 manze, 42 vitelli e 10 tori in FA), distribuiti in 19 allevamenti. Programma di lavoro Identificazione delle aziende e raccolta dei campioni. Su un gruppo di 40 soggetti, prescelti in base al calcolo delle relazioni di parentela tra tutti gli individui, si effettueranno prelievi di materiale ematico, come materiale di partenza per l estrazione del DNA. Inoltre è previsto l impiego di materiale seminale disponibile presso il CIZ-San Miniato per l estrazio- Evoluzione della consistenza numerica della razza Mucca Pisana nel periodo Evoluzione del Ne della popolazione di Mucca Pisana nel periodo

56 268 Il germoplasma della Toscana ne del DNA dei 10 maschi che vengono utilizzati nel programma di FA. L obiettivo è quello di arrivare a un gruppo di 50 animali, che rappresenta un 20,5% della popolazione totale. Ottenimento di una stima della variabilità attuale mediante l uso di marcatori molecolari AFLP. Si procederà, se possibile, alla determinazione della distanza genetica tra la popolazione di Mucca Pisana e popolazione delle razze Chianina e Bruno Alpina dalle quali deriva.

57 269 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico Caratterizzazione genetica e produttiva della razza bovina Calvana e distanza genetica con la razza bovina Chianina M. Moretti - Dottorato in Agrobiotecnologie per le Produzioni Tropicali Dipartimento di Scienze zootecniche, Università degli Studi di Firenze Obiettivo Fornire un contributo alla conoscenza della razza bovina Calvana, apprezzata razza autoctona toscana a duplice attitudine (carne e lavoro), originaria dei Monti della Calvana (Province di Prato e Firenze). La caratterizzazione genetica sarà effettuata analizzando campioni rappresentativi della popolazione iscritta al Registro Anagrafico delle popolazioni autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione mediante l uso di marcatori molecolari (AFLP). I risultati ottenibili da questa ricerca sono interessanti perché: possono permettere, da un lato, la stesura di un piano di accoppiamenti razionale che miri innanzitutto alla conservazione del germoplasma di questa razza, che è attualmente minacciata di estinzione riducendo i rischi di consanguineità; possono contribuire ad una riscoperta e ad una valorizzazione produttiva della razza; con lo studio della distanza genetica della Calvana dalla razza Chianina, da cui indubbiamente discende, possono servire inoltre a chiarire se la Calvana può essere definita razza, come la maggioranza degli autori sostiene, oppure se debba essere ancora considerata una sottorazza, ecotipo o varietà della Chianina. Programma di lavoro Identificazione delle aziende, degli animali appartenenti a questa razza, raccolta dei campioni ematici e misurazioni somatiche. La raccolta di materiale ematico si farà su un numero ampio di soggetti, che probabilmente comprenderà gran parte della popolazione, considerato che la numerosità attuale stimata è di soltanto 180 animali totali e i dati sulle relazioni di parentela sono frammentari. Gli animali verranno misurati in vivo e pesati alle età tipiche. Analisi dei campioni. Dai campioni ematici, si estrarrà il DNA. Ottenimento di una stima della variabilità attuale e della distanza genetica con la razza Chianina mediante l uso di marcatori molecolari AFLP. Caratterizzazione fenotipica della razza. Motivi della ricerca La Calvana dispone di interessanti doti di rusticità, frugalità, resistenza alle avversità, risultato dell adattamento alle condizioni abbastanza difficili del suo habitat e al modo di allevamento, e sembra fornire produzioni di carne pregevoli. Pertanto potrebbe essere considerata interessante sia per l allevamento in purezza destinato a produzioni tipiche di nicchia nella zona di origine in zone dove è ampiamente usato il pascolamento brado, sia come razza incrociante soprattutto in paesi in via di sviluppo, su razze autoctone scarsamente produttive. Inoltre non deve essere dimenticata la sua potenziale utilità come motore animale, data la sua grande forza e resistenza, per situazioni di agricoltura mista (sistemi agrozootecnici) in paesi emergenti.

58 271 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico Caratteristiche produttive di vitelli di razza Maremmana C. Sargentini, A. Giorgetti, A. Martini, R. Bozzi, D. Rondina Dipartimento di Scienze zootecniche, Università degli Studi di Firenze La razza bovina Maremmana è tradizionalmente usata per la produzione di vitelli da ristallo facendo largo ricorso all incrocio con razze da carne. Annoverata tra le razze a limitata diffusione (Reg. CE 2078/92), a causa principalmente dei meticciamenti non controllati, si è ritenuto opportuno indagare sulle potenzialità produttive della razza in purezza. Materiali e metodi Per caratterizzare e valorizzare le produzioni di vitelli maremmani puri sono state condotte, presso l allevamento biologico (L.R.T. n. 54 del 12 aprile 1995) Il Filetto (GR), due prove sperimentali: Prova A: riguardante le performance di 24 soggetti macellati a 12 e 18 mesi di età; Prova B: riguardante le modalità di accrescimento e le caratteristiche produttive di 19 vitelli, nell intervallo compreso tra i 12 ed i 20 mesi. Risultati In ambedue le prove l accrescimento ponderale degli animali, si è dimostrato continuo e crescente, in accordo con la dinamica di sviluppo tipica della specie bovina. Gli incrementi medi giornalieri sono risultati molto variabili, ma, nel complesso più che soddisfacenti (Figg. 1-2). La resa netta alla macellazione, che, nella prova A, ha presentato valori mediamente superiori al 58%, ha evidenziato nella prova B, una netta tendenza ad aumentare in funzione dell età; crescono anche i punteggi di conformazione e di adiposità, ad indicare carcasse più mature. Diminuisce tuttavia l incidenza del coscio, regione dalla quale provengono i tagli più pregiati (Fig. 3). Le caratteristiche fisiche indicano (prova A) carni tenere, e con buona capacità di ritenzione idrica. Questo andamento è stato riscontrato sostanzialmente anche nella prova B: solo il M. semimembranosus tende a ridurre significativamente le perdite di cottura al crescere dell età. Fig. 1 Andamento del peso vivo

59 272 Il germoplasma della Toscana Fig. 2 Andamento dell incremento medio giornaliero Fig. 3 Rese e valutazione commerciale delle carcasse Tab. 1 Composizione acidica delle carni a 12 e 18 mesi Acidi grassi (%) Età 12 mesi Età 18 mesi DSR Saturi 39,76 40,41 2,42 Monoinsaturi 28,77 b 33,14 a 2,81 ω-6 Polinsaturi 26,57 22,98 3,90 ω-3 Polinsaturi 4,89a 3,46 b 0,90 C14+C16 20,97 22,55 1,75 MUFA/SFA 72,42 b 82,23 a 5,72 PUFA/SFA 81,68 66,87 17,47 a, b: medie entro la riga con lettere differenti differiscono per (P<0,05). La composizione acidica delle carni risulta invece differente tra i 2 gruppi della prova A: le carni dei soggetti macellati a 12 mesi sono risultate più ricche di acidi grassi polinsaturi, in modo particolare della serie ω-3, a cui viene riconosciuto un effetto ipocolesterolemizzante. Conclusioni I vitelli Maremmani puri offrono, dal punto di vista quantitativo, produzioni in linea con quelle delle razze rustiche. Dal punto di vista qualitativo, le carni risultano ottime sia per le caratteristiche fisiche che per quelle dietetiche, sotto il cui aspetto è da considerare assai favorevolmente l elevata incidenza di polinsaturi della serie ω-3 ed ω-6.

60 273 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico Studio della razza bovina Maremmana mediante marcatori molecolari AFLP R. Bozzi - Dipartimento di Scienze zootecniche, Università degli Studi di Firenze P. Ajmone-Marsan, R. Negrini - Istituto di Zootecnia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza La razza Maremmana ha una consistenza di circa soggetti al Libro Genealogico, distribuiti nella Maremma toscana e laziale. La razza ha subito dal dopoguerra ad oggi una forte contrazione numerica ed è pertanto sostenuta dal Reg. CE 2078/92. Il progetto ARSIA prevede uno studio approfondito volto alla conservazione, caratterizzazione e valorizzazione della razza. Le strategie di conservazione sono strettamente connesse ad una stima della variabilità genetica presente nella razza. A tal fine viene utilizzata la tecnologia AFLP (Amplified Fragment Length Polimorphism): valido strumento per lo studio del genoma animale. Materiali e metodi È stato analizzato il DNA di 159 Maremmani puri campionati in due allevamenti toscani (Alberese e Massa Marittima) ed uno laziale (Castelporziano). L analisi con AFLP ha utilizzato 4 combinazioni di primers EcoRI/TaqI. Variabili analizzate: eterozigosi attesa (Het), indici Ai e Gst, similarità genetica (GS) tra tutte le possibili coppie di individui. Analisi PCOOA utilizzata per verificare la presenza di sottogruppi genetici. 55 Alberese Massa Marittima Fig. 1 - Similarità genetiche tra allevamenti Castelporziano

61 274 Il germoplasma della Toscana Tab. 1 - Valori di eterozigosi media Allevamenti Eterozigosi media Errore Standard Castelporziano 0,237 0,0187 Alberese 0,284 0,0183 Massa Marittima 0,242 0,0183 Totale 0,262 0,0183 Fig. 2 - Analisi PCOOA basata sui valori GS Risultati Identificati 111 marcatori polimorfici e 316 bande totali, con una media di marcatori per combinazione di primer ed un indice di efficienza (Ai) di 39,38. Eterozigosi attesa di 0,262 in accordo con valori ritrovati in razze più diffuse come Frisona e Bruna. Valori di similarità genetica compresi tra 0,58 e 0,96 (media 0,76). Differenze tra allevamenti non significative. Indice Gst di 0,05 (il 95% della variabilità AFLP è entro allevamento) (Fig. 1). L analisi PCOOA, basata sui dati di GS, non ha evidenziato la presenza di sottogruppi genetici (Fig. 2). Conclusioni Esiste un livello sufficiente di variabilità genetica ed è ancora possibile intervenire efficacemente per conservare e migliorare la razza. Non si sono evidenziate differenze a livello genetico tra le popolazioni del Lazio e quelle della Toscana.

62 275 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico La Cinta Senese, razza suina da salvare 1. Parametri genetici O. Franci, G. Campodoni, R. Bozzi, A. Acciaioli, C. Pugliese Dipartimento di Scienze zootecniche, Università degli Studi di Firenze G. Gandini - Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Milano L introduzione di genotipi migliorati ha contribuito alla notevole contrazione numerica della Cinta Senese con conseguente perdita di variabilità genetica ed aumento della consanguineità, già elevata nella popolazione di partenza. Analisi storica e attuale della razza Cinta Senese Sono stati presi in esame dal libro genealogico storico della razza le genealogie e i caratteri riproduttivi degli animali iscritti dal 1936 al 1966 e quelle dei soggetti registrati dopo la ripresa dei controlli a partire dal 1976 fino al Come fattori influenti sono stati considerati: 1) l allevamento; 2) l anno; 3) la stagione di parto; 4) l ordine di parto. Effetto significativo dell allevamento su tutti i parametri considerati; interparto più breve per le scrofe partorite in autunno-inverno; le scrofe di primo parto hanno prodotto un numero inferiore (7,8) di suinetti rispetto a quello dei 6 parti successivi (8,5); il peso dei suinetti a 30 e 60 giorni di età è cresciuto dal 1936 al 1966; la consanguineità ha influito negativamente sul peso della nidiata e su quello medio individuale alla nascita, con valori rispettivamente di -17,3 g e -1,8 g per punto percentuale di incremento di inbreeding; l incremento medio di consanguineità annuo in entrambi i periodi analizzati è stato di 0,012. Strategia di gestione dei riproduttori Attualmente la consanguineità media di popolazione presenta un valore molto elevato di 0,172, soprattutto se si considera che è stato raggiunto nell arco di 4-5 generazioni. L elevata consanguineità è il risultato dell utilizzo di un bassissimo numero di riproduttori negli anni Ottanta e di un impiego fortemente disomogeneo delle linee genetiche nella fase di espansione dell ultimo quinquennio. Risulta quindi estremamente urgente avviare un adeguato piano di gestione Programma di gestione genetica È stato sviluppato un piano di gestione genetica della razza imperniato sui tre seguenti criteri: 1. Individuazione del numero minimo di allevamenti e riproduttori che partecipano attivamente al programma di gestione per contenere la consanguineità; 2. Scelta dei verri e delle scrofe in base al criterio di minimizzare la parentela tra riproduttori; 3. Assegnazione dei verri agli allevamenti e pianificazione degli accoppiamenti. Simulazione del programma di gestione Sulla base di simulazione, l applicazione dei tre principi di gestione condurrebbe ai seguenti risultati

63 276 Il germoplasma della Toscana 1. Tra gli allevamenti attivi al marzo 1999, diciannove hanno 2 o più scrofe. Ipotizzando 25 verri per queste aziende, che in totale allevano 134 scrofe, otteniamo un numero effettivo di popolazione di 84 corrispondente ad un incremento di consanguineità attesa per generazione sufficientemente basso (0,6%). 2. In tabella sono riportati i valori di parentela tra verri, tra scrofe e tra verri e scrofe prima e dopo la scelta dei riproduttori. La consanguineità media della progenie, grazie alla scelta dei riproduttori in base ai principi sopra esposti, si dimezza scendendo da 11,5% a 6%. Tutto ciò assumendo accoppiamento casuale. 3. Con la pianificazione degli accoppiamenti in alternativa all accoppiamento casuale, con appropriata assegnazione dei verri agli allevamenti, la parentela di accoppiamento scende dal valore precedente del 12% a circa il 7% e conseguentemente la consanguineità della nuova progenie si ridurrebbe al 3,5%. Parentela Parentela Parentela tra maschi Coeff. di consanguineità tra maschi tra femmine e femmine dei figli prima della scelta 25% 19% 23% 11,5% dopo la scelta 22% 19% 12% 6%

64 277 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico La Cinta Senese, razza suina da salvare 2. Caratteristiche chimico-fisiche della carne C. Pugliese, R. Bozzi, A. Acciaioli, G. Campodoni, O. Franci Dipartimento di Scienze zootecniche, Università degli Studi di Firenze Il recupero e la valorizzazione della razza Cinta Senese trovano giustificazione nell ambito della salvaguardia della biodiversità, ma importanza fondamentale, al fine di garantire nel futuro il mantenimento della razza, assume la tipizzazione dei prodotti che la razza stessa può fornire. A tale scopo, in seno ad una più ampia sperimentazione condotta per testare le capacità produttive della Cinta senese, sono state confrontate le caratteristiche chimiche e fisiche della carne da consumo fresco di suini Cinta Senese e Large White. Quarantuno soggetti di razza Cinta Senese (CS) e Large White (LW) sono stati allevati con sistema intensivo impiegando usuali miscele commerciali. Maschi e femmine sono stati castrati. I soggetti sono stati macellati al raggiungimento del peso idoneo per il maiale medio-pesante, 136 kg per CS e 154 per LW. Su campioni di muscolo della lombata (Longissimus Lomborum) sono state effettuate le seguenti determinazioni: colore (determinato anche sul grasso dorsale); ph; composizione chimica; perdite idriche; sforzo al taglio. Rispetto ai Large White i suini Cinta Senese hanno fornito: grasso meno traslucido, più opaco e meno giallo carne - più rossa - a ph 24 ore più elevato - più ricca di grasso - meno umida - con minori perdite idriche - più tenera dopo cottura Cinta Senese Large White ph a 24 ore 5,78 5,51 Sul tal quale Acqua % 73,23 74,27 Proteina % 22,80 23,91 Grasso % 3,190,88 Ceneri % 1,08 1,13

65 278 Il germoplasma della Toscana Cinta Senese Large White Colore grasso L* (luminosità) 60,32 65,43 a* (indice del rosso) 6,17 5,44 b* (indice del giallo) 5,03 5,58 Colore magro L* (luminosità) 49,67 51,28 a* (indice del rosso) 11,40 9,1 b* (indice del giallo) 4,62 4,44 Perdite idriche bagnomaria % 26,05 33,25 forno % 31,07 33,65 acqua libera cm 2 99,7 117,5 Sforzo al taglio kg carne cruda 9,8 8,06 carne cotta 9,63 12,23

66 279 VI. Germoplasma toscano di interesse zootecnico Laboratorio Renzo Giuliani per lo studio e la valorizzazione del germoplasma animale autoctono D. Rondina, A. Mafucci, A. Giorgetti, M. Lucifero Laboratorio Renzo Giuliani *, Dipartimento di Scienze zootecniche, Università degli Studi di Firenze Scopo del Laboratorio La conservazione genetica Istituzione di un archivio di materiale genetico crioconservato (seme, embrioni, oociti, follicoli a diverso stadio maturativo o porzioni di tessuto ovarico), provenienti da germoplasma animale autoctono. Conservazione di materiale genetico proveniente da razze o specie a rischio o in via di estinzione. La valorizzazione delle razze autoctone Studio dei fattori che controllano le performance riproduttive. Caratterizzazione delle razze autoctone e ottimizzazione quantitativa e qualitativa delle loro produzioni. Promozioni di marchi di qualità per i prodotti. Studio delle capacità di adattamento in diverse condizioni climatico-ambientali. Aree di lavoro del Laboratorio Studi di cinetica follicolare mediante microscopia ottica e elettronica, coadiuvati dall analisi d immagine. Studi sull isolamento, crioconservazione e maturazione in vitro di follicoli a stadio di preantro allo scopo di costituirne parte dell archivio. Maturazione (MIV) e fecondazione (FIV) in vitro, al fine di produrre embrioni crioconservabili utilizzabili nella costituzione di serbatoi genetici. Impiego di materiale crioconservato nei piani di miglioramento genetico delle razze autoctone italiane sia in Italia che all estero. Studi per l ottimizzazione qualitativa delle produzioni delle razze autoctone in Italia e all estero. Obiettivo a medio termine del Laboratorio è la creazione di una banca del germoplasma di razze domestiche e selvatiche autoctone toscane di interesse zootecnico. A tal fine si è avviato uno specifico e parallelo programma di ricerca con lo scopo di ottenere su queste razze il maggior numero di informazioni. Il programma è stato suddiviso in più fasi, una prima fase prevede una serie di studi di follicologenesi ovarica in situ e la costruzione di modelli specifici di cinetica follicolare del germoplasma toscano. Le informazioni che si avranno inoltre, consentiranno la messa a punto di biotecniche di isolamento, conservazione e di coltura follicolare in vitro, corpo centrale delle successive fasi del programma di ricerca. Follicologenesi in situ Le attività di ricerca si svolgono in collaborazione con il Dipartimento di Biologia Animale e Genetica dell Università di Firenze e hanno interessato inizialmente la razza bovina Chianina e la razza ovina Massese, sulle quali sono già disponibili i primi dati. Parallelamente il recupero del materiale ovarico sta interessando popolazioni caprine, bovini di razza Maremmana, Calvana e specie ad interesse faunistico (caprioli, daini e cervi), sempre di origine autoctona. * Il Laboratorio Renzo Giuliani è nato grazie ad una donazione dell Ente Cassa di Risparmio di Firenze ed ha sede presso l Azienda Agraria Montepaldi di proprietà dell Università di Firenze, Via di Montepaldi, San Casciano in Val di Pesa - Firenze (Italy) Tel. e Fax renzo.giuliani@unifi.it

67 280 Il germoplasma della Toscana Stima della popolazione follicolare in soggetti prepuberi di razza ovina Massese Crescita follicolare: sviluppo della granulosa e dell antro nella razza ovina Massese Cluster di follicoli primordiali in manze di razza Chianina Espansione del cumulo in follicolo preovulatorio di vacca di razza Chianina

68 281 Follicolo primario poliovulare in capra adulta SRD brasiliana Isolamento meccanico di follicoli preantrali mediante Tissue chopper: Figueiredo et al., (1995) Il termine di questa fase di ricerca è previsto nella primavera dell anno 2000, quando saranno presumibilmente disponibili i primi dati completi sulle principali razze autoctone toscane. Nutrizione e follicologenesi Sono inoltre in progresso, su ovini e caprini, studi specifici sugli effetti della nutrizione nelle fasi precoci della follicologenesi e sull influenza nutrizionale della madre sullo sviluppo qualitativo e quantitativo della popolazione follicolare ovarica del feto. Isolamento e crioconservazione Il laboratorio si è inoltre gemellato con il corrispondente dell Università Statale del Cearà - Brasile, diretto dal prof. J.R. de Figueiredo, allo scopo di condurre studi specifici di isolamento, crioconservazione e maturazione in vitro, di follicoli allo stadio di preantro provenienti da razze autoctone brasiliane e toscane. Isolamento meccanico di follicoli preantrali mediante Tissue chopper: Figueiredo et al., (1995)

69 283 VII. Ricerca, conservazione e valorizzazione del germoplasma locale: altre esperienze I genotipi autoctoni Amministrazione Provinciale di Grosseto La Provincia di Grosseto ha inserito dal 1998 nei suoi progetti la salvaguardia del Germoplasma delle specie animali e vegetali più tipiche del territorio. Un primo intervento è sato realizzato in convenzione con l'istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose del CNR. Si tratta di un programma di attività che prevede la conservazione e la caratterizzazione del germoplasma autoctono dell'olivo. Una mappatura realizzata su tutto il territorio permetterà la definizione di un percorso di tutela e recupero di quanto è rimasto del germoplasma autoctono del territorio grossetano. Il materiale vegetale sarà collocato in campi per la consevazione e utilizzato per avviare una serie di osservazioni per la valorizzazione. I Genotipi autoctoni della provincia di Grosseto Olivo Vite ansonica Vacca e cavallo maremmano Asino Miccio amiatino Riso Carciofo Melone Fagiolo Grano Erba medica Piante officinali Macchia mediterranea.

70 285 VII. Ricerca, conservazione e valorizzazione del germoplasma locale: altre esperienze Ricerca e conservazione di germoplasma fruttifero di melo, pero e mandorlo in Abruzzo I. Dalla Ragione - Agronomo, Associazione Archeologia Arborea, Città di Castello (PG) D. Silveri - ARSSA, Agenzia Regionale Servizi di Sviluppo Agricolo d Abruzzo, Avezzano (AQ) 1. Introduzione L Agenzia Regionale Servizi di Sviluppo agricolo d Abruzzo (ARSSA), con il Programma Attuativo Misura 3.2 POM (Programma operativo monofondo) sottoprogramma 3, ha dato inizio nel 1998, in collaborazione con l Istituto di Miglioramento Vegetale Università di Perugia, il CERMIS e Agronomi liberi professionisti, al programma di ricerca, conservazione e valutazione delle risorse agrarie della regione. Nell ambito frutticolo sono state scelte tre specie (pero, melo e mandorlo) che sono risultate ad una prima osservazione le più significative dal punto di vista economico, paesaggistico e storico. La regione presenta vaste aree di alta collina e montagna coltivate con una agricoltura di sussistenza o in abbandono da diversi decenni. La presenza di fruttiferi di diverse specie però segna ancora decisamente il territorio anche se dal punto di vista economico, solo il melo tra le specie scelte, ha ancora una certa importanza (Fig. 1). Fig. 1 - Varietà locali di mele 2. Materiali e metodi La ricerca è iniziata incontrando tecnici delle organizzazioni agricole, provenienti da diverse zone, alcuni dei quali erano interessati a collaborare concretamente alla realizzazione del progetto, mentre altri hanno dato la loro disponibilità a fornire informazioni e dati dei territori di loro conoscenza. Si sono quindi potute individuare alcune aree prioritarie di ricerca, per le tre specie scelte da questo progetto: l area di Capestrano e Navelli in provincia dell Aquila per il mandorlo, l area di Ortona dei Marsi e della Marsica sempre in provincia dell Aquila per il melo, l area a Nord di Teramo e l area di Lanciano (CH) per il melo e il pero. La mappa di rilievo che possiamo disegnare, ci sarà utile in futuro per impostare una mappa delle varietà ritrovate che costituirà uno strumento prezioso dal quale potremo verificare, leggendo i dati in essa contenuti, gli spostamenti, gli arrivi, i cambiamenti, la storia delle varietà e in definitiva la storia del territorio e delle attività umane. Abbiamo nel frattempo raccolto ulteriori dati sulla bibliografia storica e su quella scientifica e tecnica attuale. Altre fonti di preziose informazioni per la nostra ricerca sono state al di fuori del settore strettamente agricolo, proloco, anziane cuoche, negozi alimentari, mercati locali, conventi e santuari. Sono stati però soprattutto gli anziani agricoltori, depositari del sapere popolare, che ci hanno fornito informazioni sulla storia delle varietà e le trasformazioni del materiale coltivato. Il materiale ritrovato è stato fotografato e descritto in schede opportunamente create per l intero progetto dell ARSSA, costituite utilizzando i descriptor list e altri dati, che verranno utilizzati in futuro dagli stessi tecnici regionali che dovranno proseguire il

71 286 Il germoplasma della Toscana Fig. 2 - Mela Zitella Fig. 3 - Mela Limoncella Fig. 4 - Mela Gelata Fig. 5 - Mela Rosa Per il mandorlo il campo è a Capestrano (AQ) con due tipi di portinnesti: Franco e GF677. Saranno fatte quattro repliche per varietà, due su Franco e due sul clonale. 3. Risultati e discussione Fig. 6 - Mela Mula programma. Sono state individuate delle aree che per la loro posizione e disponibilità potranno essere utilizzate come campi collezione del materiale trovato. Per il melo il campo è nella zona di Ortona dei Marsi (AQ), e sono stati utilizzati due tipi di portainnesto: Franco e il clonale M25 che ha dimostrato di avere un buon risultato in queste zone. Per il pero il campo è a Vasto (CH), dove stati impiantati due tipi di portinnesti: Franco e clonale OHF DELBARD. In tutte le zone che abbiamo visitato abbiamo trovato grandi potenzialità e molte risorse, anche se spesso i testimoni diretti non ci sono più e diventa sempre più difficile ricostruire la storia e l utilizzo di determinate piante. Spesso abbiamo infatti trovato esemplari notevoli delle specie coltivate di cui ci occupiamo, ma nessuna traccia della loro coltivazione e quindi del sapere popolare intorno a queste piante. Per quanto riguarda il melo, in molte zone è ancora una specie presente e sono ancora discretamente coltivate le varietà locali quali Renetta, San Giovanni, Bianca o Zitella (Fig. 2), mela Alice o Limoncella (Fig. 3), Gelata (Fig. 4), Pianuccia, Annurca, Rosa (Fig. 5). Altre varietà sono presenti molto più sporadicamente e in zone assai ristrette quali: Cocciona, Della cava, Dolce, Cipolla, Rozza, Mula (Fig. 6), Piana.

72 287 Fig. 7 - Vecchio esemplare di pero Fig. 8 - Pera Spina Fig. 9 - Pera Francesca Fig Vecchio esemplare di mandorlo a Capestrano (AQ) Il pero è ormai rappresentato quasi solo da grandi esemplari sparsi (Fig. 7) e la specie è in netto calo come coltivazione e come consumo. Tra le varietà ancora coltivate: Spina (Fig. 8), Spadoncina, Mazzuta, Della mietitura, Moscarella. Altre varietà sono presenti in pochi esemplari: San Francesco (ecotipo spontaneo) (Fig. 9), Bottiglia, Ficarola, Celana, Brutta e buona, Putierre, Cannella di giugno, Cannella d agosto, Prosciutto, Ficora o D inverno, Lattara. Il mandorlo era quasi l unica specie da frutto coltivata nell area di Navelli e Capestrano (Fig. 10), nella quale rappresentava spesso la più importante entrata economica per molte famiglie (con il raccolto delle mandorle venivano pagati i debiti di tutto l anno e venivano preparate le doti per le figlie). La coltura è in totale decadenza ma sono ancora presenti centinaia di piante di notevoli dimensioni che costituiscono un grande patrimonio anche paesaggistico da salvaguardare. Molte delle piante presenti sono riprodotte da seme e quindi la variabilità è notevole. Circa 40 anni fa sono state introdotte tramite innesto molte varietà dalla Puglia perché molto più produttive. Tra le varietà locali più stabili ancora presenti: Mandorlone (da consumo verde) (Fig. 11), Fig Mandorlone Mandorla pesca, Romparola o Acciaccarola, Piccola rotonda, Mandorla di Capestrano, Morosina, Tenerella, Pugliese, Piatta cornuta, Amara. 4. Conclusioni Allo stato attuale della ricerca possiamo senz altro affermare che il materiale ritrovato presenta molte caratteristiche interessanti oltre che essere un importante testimonianza culturale e genetica.

73 288 Il germoplasma della Toscana In futuro caratterizzando meglio e verificando a fondo le possibilità di queste varietà, queste potrebbero ritrovare un loro ruolo nell agricoltura locale, tenendo conto della vocazione turistica della regione e della presenza di una notevole parte di territorio protetto dal punto di vista naturalistico. Molte delle varietà sono legate ad una grande tradizione gastronomica locale e potrebbero ritrovare un ruolo proprio nel settore del prodotto tipico. 5. Bibliografia Atti del convegno Germoplasma frutticolo, salvaguardia e valorizzazione delle risorse genetiche, Carlo Delfino ed., Sassari MONASTRA F., Monografia di cultivar di mandorlo, Ist. Sper. Frutticoltura, Roma PASTORE R., Coltivazione del mandorlo (4), Vallecchi ed., Firenze PETINO A., Il mandorlo, Italia Historia Oeconomica vol. X, A.P.E. ed., Catania TAMARO D., Frutta di grande reddito, (II ed.) U. Hoepli ed., Milano TAMARO D., Trattato di frutticoltura, U. Hoepli ed., Milano TRENTIN L., Frutticoltura, Fratelli Ottavi ed., Casale Monferrato 1949.

74 289 VII. Ricerca, conservazione e valorizzazione del germoplasma locale: altre esperienze Collezione e studio del germoplasma di specie di interesse agrario della Regione Abruzzo: i cereali a paglia* O. Porfiri - CERMIS, Centro Ricerche e Sperimentazione per il Miglioramento Vegetale "N. Strampelli", Tolentino (MC) D. Silveri - ARSSA, Agenzia Regionale Servizi di Sviluppo Agricolo d Abruzzo, Settore Agroalimentare, Sulmona (AQ) La collaborazione fra ARSSA e CERMIS è iniziata nel 1994 quando l allora ERSA affidò al Centro la classificazione e la caratterizzazione di 8 popolazioni di farro coltivate in Abruzzo. Il presente progetto ha consentito di continuare il lavoro avviato, di ampliarlo ad altre specie di cereali a paglia e di integrarlo nell ambito di un progetto più ampio, con il coordinamento scientifico dell Istituto di Miglioramento Genetico Vegetale dell Università di Perugia (responsabile Prof. Fabio Veronesi). Le specie oggetto di valutazione sono: farri o frumenti vestiti T. dicoccum Schubler, farro medio o dicocco o comunemente farro: è la specie più diffusa/coltivata in Abruzzo; T. spelta L., farro grande o spelta: specie limitatamente coltivata in regione, con materiali genetici sicuramente non locali. Notizie storiche riferiscono di antiche coltivazioni di speuta, di colore rosso, che fanno pensare alla probabile coltivazione in passato di questo farro. frumento tenero (T. aestivum L.); frumento duro (T. turgidum ssp. durum Desf.); orzo (Hordeum vulgare L.); segale (Secale cereale L.). Materiali e metodi Il progetto ha previsto le fasi operative di seguito sintetizzate. 1. Incontri organizzativi con i responsabili locali e gli altri gruppi di lavoro. 2. Collezione dei materiali genetici e prima identificazione sulla scorta delle caratteristiche della granella e/o delle spighe. La gran parte delle accessioni è stata raccolta tramite i tecnici locali, solo alcune sono pervenute al CERMIS in modi diversi negli anni precedenti. Nella Fig. 1 sono evidenziati i siti di raccolta, nella Tab. 1 è riportato l elenco delle accessioni collezionate, suddivise per specie, e contraddistinte da anno di arrivo al CERMIS, località di provenienza, fonte di reperimento della semente. Delle 33 accessioni fino ad oggi collezionate, 13 sono di farro medio (39%), 12 di frumento tenero (36%) delle quali oltre il 50% rappresentate dalla popolazione Solina, 3 di frumento duro, 3 di segale e 2 di orzo. 3. Impostazione delle attività di valutazione in campo. Tutti i materiali raccolti sono stati introdotti in allevamenti di ridotte dimensioni, strutturati in file lunghe due metri, con interfila di 25 cm, seminate e raccolte a mano. Delle entrate di cui si disponeva di campioni delle spighe, si è provveduto all allevamento in spiga-fila (20 spighefila). Sono state valutate le caratteristiche morfologiche e fisiologiche di maggiore rilievo. Le entrate che presentavano quantitativi idonei di granella sono state incluse in prove parcellari comparative sia a Tolentino che in altri ambienti afferenti alla Rete Nazionale Farro coordinata dal CERMIS, fra i quali è stata inclusa nel una località abruzzese, Ofena (AQ), allo scopo di osservare le caratteristiche agronomiche in due ambienti, compreso quello di origine dei materiali stessi. Il prodotto di queste parcelle sarà destinato a valutazioni di tipo tecnologico. * Progetto commissionato e finanziato da ARSSA (Convenzione del 15 settembre 1998).

75 290 Il germoplasma della Toscana Fig. 1 - Localizzazione dei siti di raccolta delle accessioni collezionate * farro * frumento tenero * frumento duro * segale * orzo Fig. 2 - Alveogramma della accessione n. 15 di frumento tenero della popolazione Solina P = 46 mm H 2 O L = 101 mm G = 22,4 W = E-4 J P/L = 0,45 Ie = 35,8 % Glutine umido = 31,3% Glutine secco = 9,2% Risultati Nella Tab. 2 sono riportate le caratteristiche morfo-fisiologiche rilevate a Tolentino MC nel sulle prime 8 accessioni di farro collezionate fin dal 1994, provenienti dalle più importanti aziende coltivatrici della regione. Nella Tab. 3 sono presentati i dati qualitativi. La Tab. 4 riporta le prime osservazioni condotte sugli allevamenti in fila singola o plurima realizzati nel presso i campi sperimentali di Tolentino relativamente alle accessioni collezionate nel

76 291 Tab. 1 - Elenco delle accessioni di cereali collezionate in Abruzzo fino al 1998 N. ordine Specie N. access. Nome attribuito Anno provenienza Località di provenienza Azienda di provenienza Reperimento/invio semente (scheda) (catalogo CERMIS) nel catalogo CERMIS (1 anno di raccolta e/o nomenclatura locale presso i campi CERMIS) 1 T. dicoccum 1A ERSA Torano Nuovo TE Fiore Amadio Giulio Codoni/ARSSA 1B ERSA 1 2 T. dicoccum 2 ERSA Guardiagrele CH Santoleri Codoni/ARSSA 3 T. dicoccum 3A ERSA Guardiagrele CH Santoleri Codoni/ARSSA 3B ERSA 3 4 T. dicoccum 4 ERSA Penne PE Coop. Cogecstre Codoni/ARSSA 5 T. dicoccum 5A ERSA Penne PE Coop. Cogecstre Codoni/ARSSA 6 T. dicoccum 6 ERSA Civitaluparella CH Pasquarelli Codoni/ARSSA 7 T. dicoccum 7A ERSA Montereale AQ Filosini Codoni/ARSSA 7B ERSA7 8 T. dicoccum 7BIS originale Filosini 1996 Montereale AQ Filosini Codoni/ARSSA 9 T. dicoccum 8 ERSA Caporciano AQ D Innocenzo Codoni/ARSSA 10 T. dicoccum 105 LIVESA* 1997 Torano Nuovo TE? Fiore? Morganti 11 T. dicoccum 107 DICOCCO AMATRICE 1997 Amatrice RI ARSIAL dr. Ghini 12 T. dicoccum Castelvecchio S. AQ Silveri Silveri/ARSSA 13 T. dicoccum - FARRO DE MATTEIS 1999 Villa S. Angelo AQ De Matteis Antonio Crisi - ARSSA 14 T. aestivum 50/98 SOLINA 1 (spiga chiara) 1998 Aurelio Manzi 51/98 SOLINA 1 (spiga rossa) 1998 Aurelio Manzi 15 T. aestivum 49/98 SOLINA Castelvecchio S. AQ Silveri Silveri/ARSSA 16 T. aestivum 166/98 SOLINA Caramanico PE Codoni/ARSSA 17 T. aestivum - SOLINA Casali di Aschi AQ Roselli Cesare Silveri/ARSSA 18 T. aestivum - SOLINA Aschi Alto AQ Di Salvarore Giovanna Silveri/ARSSA 19 T. aestivum - SOLINA Capestrano AQ Pellegrini Nemo Silveri/ARSSA 20 T. aestivum - SOLINA Casali di Aschi AQ Di Salvatore Gabriele Silveri/ARSSA 21 T. aestivum - BIANCHETTA o CASIRELLA 1999 Liscia CH D Ottavio N. e G. Silveri/ARSSA 22 T. aestivum - FRASINESE 1999 Roccaspinalveti CH Masciota Michele? Silveri/ARSSA 23 T. aestivum - FRASSINESE 1999 Carunchio CH Conti Nicola Bolognese/ARSSA 24 T. aestivum - MARZUOLO (americano) 1999 Montenerodomo CH Carozza Serafino Bolognese/ARSSA 25 T. aestivum - BELVEDERE 1999 Torrebruna CH Pelliccia Rita Bolognese/ARSSA 26 T. durum - LA RUSCIA 1999 Castelvecchio S. AQ Salutari Silveri/ARSSA 27 T. durum - LA CAPPELLA 1999 Chieti Silveri/ARSSA 28 T. durum - CAPPELLA 1999 Torrebruna CH Pelliccia Rita Bolognese/ARSSA 29 Secale cereale - SELINA (segale 1) 1999 Collarmele AQ Ranalli Giuseppe Granese/ARSSA 30 Secale cereale - SEGALE Castel Del Monte AQ Silveri/ARSSA 31 Secale cereale - SPEVITELLA 1999 Lanciano? Travaglini/ARSSA 32 Hordeum vulgare - ORZO GRANDE 1999 Collarmele AQ Ranalli Granese/ARSSA 33 Hordeum vulgare - ORZO MARZUOLO 1999 Capestrano AQ Pellegrini Nemo Silveri/ARSSA * Questa accessione è stata fornita dall Azienda Fiore al Sig. Morganti, che l ha fatta pervenire al CERMIS.

77 292 Il germoplasma della Toscana Tab. 2 - Caratteristiche morfo-fisiologiche di accessioni abruzzesi di farro valutate a Tolentino MC nel a confronto con accessioni di altra provenienza N. access. Nome Classif. farro medio Pigmentaz. basale Danni freddo Spigatura Oidio Ruggine Septoria Carbone Septoria Altezza Allett. a CERMIS accessione (Porfiri et alii, 1995) (1= assente/debole tardivo (0-9) (maggio) (0-9) bruna tritici nodorum pianta cm maturaz. 2=media; 3=forte) (0-9) (0-9) (0-9) (0-9) (alla spiga) (0-9) 1A ERSA 1-bianco ITALIA CENTRALE B ERSA 1-rosso ITALIA CENTRALE ERSA 2 ITALIA CENTRALE A ERSA 3 GLAUCO MERIDIONALE B ERSA 3 NON GLAUCO MERIDIONALE ERSA 4 MERIDIONALE , A ERSA 5-bianco ITALIA CENTRALE , ERSA 6 MERIDIONALE , A ERSA 7-bianco ITALIA CENTRALE , B ERSA 7-rosso ITALIA CENTRALE , bis originale Filosini ERSA , ERSA 8 GARFAGNANA , FARRO LIVESA* dicocco MERIDIONALE 107 DICOCCO AMATRICE* dicocco ITALIA CENTRALE 13 GARFAGNANA check dicocco ALTGOLD ROTKORN check spelta ROUQUIN check spelta FARVENTO check dicocco MERIDIONALE TRIVENTINA check spelta , MOLISE SELEZ. COLLI check dicocco FORENZA check spelta LUCANICA check dicocco *--Accessioni giunte in ritardo e seminate a fine inverno: non sono spigate, il che indica che sono ad habitus invernale.

78 293 Tab. 3 - Caratteristiche qualitative di accessioni abruzzesi di farro valutate a Tolentino MC nel a confronto con farri e frumenti di altra provenienza N. access. Nome Proteina % su s.s. Hardness 1 Volume CERMIS accessione (met. NIR) (met. NIR) sedimentazione SDS (ml) 1A ERSA 1-bianco 11,7 H 17 1B ERSA 1-rosso 12,1 H 16 2 ERSA 2 12,1 H 17 3A ERSA 3 GLAUCO 12,5 H 19 3B ERSA 3 NON GLAUCO 12,7 H 22 4 ERSA 4 13,7 H 21 5A ERSA 5-bianco 14,2 H 18 6 ERSA 6 11,7 H 21 7A ERSA 7-bianco 14,3 H 19 7B ERSA 7-rosso 14,3 H 16 7bis originale FILOSINI ERSA 7 11,7 H 15 8 ERSA 8 11,3 M GARFAGNANA check dicocco 12,2 H 22 59ROUQUIN check spelta 15,7 M FARVENTO check dicocco 14,2 H TRIVENTINA check spelta 15,2 M MOLISE SELEZ. COLLI check dicocco 13,4 H FORENZA check spelta 14,9M LUCANICA check dicocco 14,3 H 18 test GRAZIA frumento duro 12,2 H 32 test SIMETO frumento duro 15,7 H 33 test ERIDANO frumento tenero 11,2 M 45 test EUREKA frumento tenero 11,3 M 44 test MIETI frumento tenero 11,6 M 47 1 Hardness (indice di durezza della cariosside): H = hard, M = medium, S = soft La farina della accessione n. 15 di Solina (Solina 2) proveniente dal raccolto 1998 a Castelvecchio Subequo (AQ) è stata analizzata alveograficamente e i risultati (Fig. 2) consentono di classificare (pur con i limiti di un unico campione e di un unica analisi) questo frumento nella categoria da biscotti, infatti il W è pari a 108 e il P/L Tuttavia, i parametri sono al limite superiore per questa classe, verso la panificabilità diretta, tali da consentire una buona lavorabilità dell impasto, anche a mano. Si ottiene un pane di discrete caratteristiche, anche mescolando la farina con altri prodotti, esempio la patata lessa (tradizione diffusa in alcune zone dell Abruzzo che favorisce una conservazione più a lungo del pane), con una alveolatura della mollica non ottimale, ma comunque soddisfacente. Considerazioni conclusive Sulla base dei primi risultati ottenuti emergono alcune considerazioni e possono essere delineati alcuni possibili sviluppi del presente progetto. La maggior parte delle accessioni pervenute al CERMIS era stata attribuita in maniera corretta alla specie di appartenenza, ad eccezione di un farro giunto come spelta, in realtà si trattava di un dicocco e di una segale ( Spevitella ), inizialmente identificata come monococco. Frequentemente le stesse popolazioni sono chiamate con nomi diversi attribuiti dai diversi agricoltori che le coltivano. Riguardo il farro non sono emersi elementi sufficienti per affermare che fra quelle analizzate siano presenti popolazioni autoctone abruzzesi.

79 294 Il germoplasma della Toscana Tab. 4 - Caratterizzazione delle 8 accesioni di farro provenienti dall Abruzzo e di altre accessioni di controllo nel Semina: 24 novembre Raccolta: 23 luglio 1996 N. access Popolazione, Allevamento Classificaz. farro medio Danni da Portam. Pigment. guaina Spigatura Altezza Allett. a Note CERMIS linea o varietà realizzato 95/96 (Porfiri et al., 1995) freddo (0-9) piante a fine pianta cm (maggio) (alla spiga) maturaz. di campo accestim. 1 basale 2 (0-9) 1A ERSA 1-bianco 4 file ITALIA CENTRALE 1 -S *** B ERSA 1-rosso 4 file ITALIA CENTRALE 1 -W ** ERSA 2 4 file ITALIA CENTRALE 2 -W ** A ERSA 3 GLAUCO 2 file MERIDIONALE 0 -S * B ERSA 3 NON GLAUCO 2 file MERIDIONALE 0 -S * ERSA 4 4 file MERIDIONALE 0 -S * A ERSA 5-bianco 4 file ITALIA CENTRALE 2 -W *** ERSA 6 4 file MERIDIONALE 0 -W * A ERSA 7-bianco 2 file ITALIA CENTRALE 2 -S *** uguale al 7B (al 28 febbraio) 7B ERSA 7-rosso 2 file ITALIA CENTRALE 2 -S *** uguale al 7A (al 28 febbraio) 8 ERSA 8 4 file GARFAGNANA 0 -W ** GARFAGNANA check dicocco 4 file 1 -W * ROUQUIN check spelta 4 file 1 WW * FARVENTO check dicocco 4 file MERIDIONALE 1 -S ** TRIVENTINA check spelta 4 file 2 S ** molto glaucesc., glume nere 1 Portamento piante fine accestimento: WW = molto prostrato, W = prostrato, -W = semi-prostrato, -S =s emi-eretto, S = eretto 2 Pigmentazione guaina basale: * assente o debole, ** media, *** forte.

80 295 Frumento tenero Bianchetta o Casiretta Frumento tenero Solina Alcune sono tipiche dell Appennino Centrale (definite Italia Centrale), quindi comuni all Umbria e al Lazio, e potrebbero essere sopravvissute in regione da lungo tempo oppure essere state reintrodotte in tempi più recenti dalle regioni limitrofe. Dalle informazioni raccolte dai tecnici locali soltanto l accessione n. 11 (denominata originale Filosini ) potrebbe avere origini antichissime, pur non presentando caratteristiche dissimili dal tipo Italia Centrale (habitus primaverile, culmo sottile, mescolanza di individui con livelli diversi di glaucescenza). Per certo i farri di tipo meridionale e gli spelta coltivati attualmente sono di esclusiva provenienza extraregionale. Fra tutti i materiali genetici collezionati appare evidente che il frumento tenero Solina rappresenta la popolazione coltivata più importante, sia per numero di accessioni reperite, sia per l entità delle superfici coltivate, sia per il notevole interesse da parte degli agricoltori a continuare a coltivarla. Certamente questo interesse è da attribuire sia ad aspetti agronomici (la popolazione viene coltivata in zone molto marginali, resiste al freddo e garantisce costantemente una produzione minima) sia, e soprattutto, ad aspetti di utilizzazione, per quanto poco sopra accennato, nella preparazione tradizionale del pane. Il lavoro svolto nel 1998 non può certamente raggiungere risultati definitivi entro i tempi programmati dal presente progetto. Infatti, tutte le valutazioni da effettuare morfologiche, fisiolo-

81 296 Il germoplasma della Toscana Panoramica dei campi sperimentali del Cermis a Tolentino (Macerata) Coltivazione di farro dicocco tipo Italia Centrale in Comune di Castelvecchio di Subequo (L Aquila), a circa metri di altitudine giche, agronomiche e qualitative debbono essere necessariamente ripetute nel tempo e nello spazio. Inoltre, tempi maggiori servono per ulteriori indagini sul territorio e per il completamento della collezione dei materiali genetici. Bibliografia BORASIO E., Classificazione merceologica del frumento con indici di qualità. Atti GranoItalia, Bologna, settembre 1997: CASTAGNA R., PORFIRI O., D ANTUONO L.F., ERRANI M., MAZZOCCHETTI A., CODIANNI P. (1995) - Genotipi di farro a confronto. L Informatore Agrario, 38: PORFIRI O. (coord.) (1996) - Farro: scelta varietale. L Informatore Agrario, 36: PORFIRI O., PAPA R., VERONESI F. (1997) - Il farro nel rilancio delle aree marginali umbro-marchigiane. In Quaderni del CEDRAV "Conservazione delle varietà locali di farro in Italia: aspetti genetici e culturali", Atti convegno, Monteleone di Spoleto, 17 agosto 1995: PORFIRI O., D ANTUONO L.F., CODIANNI P., MAZZA L., CASTAGNA R. (1998) - Genetic variability of a hulled wheats collection evaluated in different agronomic environments in Italy. In JARADAT A.A: (Editor) - Proceedings of 3 International Triticeae Symposium, Aleppo, Syria, 4-8 maggio 1997, Science Publishers, Inc. USA:

82 297 VII. Ricerca, conservazione e valorizzazione del germoplasma locale: altre esperienze Le risorse genetiche abruzzesi: risultati di un lavoro di collezione e prima valutazione R. Torricelli, N. Tosti, F. Veronesi Istituto di Miglioramento Genetico Vegetale, Università degli Studi di Perugia D. Silveri - ARSSA, Agenzia Regionale Servizi di Sviluppo Agricolo d Abruzzo, Avezzano (AQ) Introduzione L Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo d Abruzzo (ARSSA) sta sviluppando, con la collaborazione scientifica dell Istituto di Miglioramento Genetico Vegetale dell Università degli Studi di Perugia (IMGV-PG), un programma volto a collezionare, conservare e valutare le risorse genetiche agrarie presenti nella regione. L attività ha avuto inizio nel 1997 con la collezione di popolazioni locali di erba medica (Medicago sativa L.) e con l acquisizione delle varietà locali di frumento duro (Triticum durum Desf.), frumento tenero (Triticum aestivum L.) e farro (Triticum dicoccum Schubler). Nel corso del 1998 il programma è proseguito con la collezione di popolazioni naturali di leguminose foraggere e di varietà locali di fagiolo (Phaseolus vulgaris L., Phaseolus coccinesus L.), pomodoro (Lycopersicon esculentum L.), peperone (Capsicum annuum L.), lenticchia (Lens culinaris Medikus), frumento tenero, frumento duro, melo (Malus domestica Borkh), pero (Pyrus communis L.) e mandorlo (Amygdalus communis L.). Nel complesso sono state collezionate 144 accessioni. Per le specie erbacee, i semi raccolti sono attualmente conservati presso la banca del germoplasma dell IMGV-PG, in attesa che l ARSSA si doti di un proprio sistema di conservazione, mentre per le specie arboree sono in fase di avanzata costituzione in Abruzzo tre campi di conservazione clonale. Per i più interessanti materiali erbacei è in corso la caratterizzazione molecolare mediante utilizzazione di marcatori RAPD e AFLP. Tale caratterizzazione è già stata realizzata per l erba medica e per il fagiolo e sta procedendo per la lenticchia e per i frumenti. In questo lavoro vengono riassunti i risultati relativi alle leguminose da granella, alle ortive e alle foraggere (esclusa l erba medica). Leguminose da granella Fagiolo (Phaseolus vulgaris L. e Phaseolus coccineus L.) Lenticchia (Lens culinaris Medikus). Per questo gruppo di specie sono state collezionate 13 accessioni di fagiolo (Tab. 1, Fig. 1) e 7 accessioni di lenticchia (Tab. 2, Fig. 2). Fig. 1 - Alcune collezioni di fagiolo collezionate in Abruzzo Fig. 2 - Le 7 popolazioni di lenticchia collezionate a confronto con la popolazione di Castelluccio e la varietà canadese Laird

83 298 Il germoplasma della Toscana Tab. 1 - Elenco delle popolazioni di fagiolo collezionate nel 1998, quantità di seme disponibile e caratteristiche commerciali N. Specie Caratteristiche commerciali del seme g di seme disponibile 1 P. vulgaris Albenghino o verdolino 425,00 2 P. vulgaris Verdolino aquilano o roviotto (simile a albenghino) 1462,00 3 P. vulgaris Tipo messicano 1415,00 4 P. vulgaris Mangiatutto 30,00 5 P. vulgaris Pisello di Paganica 465,00 6 P. coccineus Fagiolone (spagnone o corona) 430,00 7 P. vulgaris Tondino bianco 1975,00 8 P. vulgaris Fagiolo pane (tipo albenghino) 705,00 9 P. vulgaris Borlotto tipo Lamon 1825,00 10 P. vulgaris Fagiolo tabacchino (tipo olandese) 1635,00 11 P. vulgaris Fagiolo tabacchino (tipo olandese) 700,00 12 P. vulgaris Fagiolo pane (tipo albenghino) 432,00 13 P. vulgaris Cannellino 1480,00 Tab. 2 - Elenco delle popolazioni di lenticchia collezionate nel 1998, località e quantità di seme disponibile N. Specie Località di provenienza g di seme disponibile 1 L. culinaris Santo Stefano di Sessanio (AQ) 22,62 2 L. culinaris Santo Stefano di Sessanio (AQ) 21,33 3 L. culinaris Santo Stefano di Sessanio (AQ) 24,48 4 L. culinaris Santo Stefano di Sessanio (AQ) 30,16 5 L. culinaris Santo Stefano di Sessanio (AQ) 16,08 6 L. culinaris Santo Stefano di Sessanio (AQ) 13,46 7 L. culinaris Castelvecchio Calvisio (AQ) 9,34 Per le varietà locali di fagiolo è iniziata la fase di valutazione condotta mediante un analisi della forma e del colore del seme grazie all aiuto di un esperto commerciale del settore (Tab. 1). Sugli stessi materiali, ad esclusione della varietà contrassegnata con il numero 4, è stata condotta un analisi molecolare mediante AFLP. Ai fini dell analisi ai Fig. 3 - Livello di diversità genetica presente tra le accessioni di fagiolo materiali collezionati è stata aggiunta una varietà commerciale di P. coccineus (n. 14). Il livello di diversità genetica presente tra le accessioni abruzzesi di fagiolo, come definito dall analisi AFLP, è riportato nel dendrogramma di Fig. 3. Il dendrogramma evidenzia che tutte le varietà risultano distinguibili; in particolare per il P. coccineus si nota come l analisi AFLP riesca a distingure la varietà commerciale da quella locale. La capacità di questi marcatori molecolari di distinguere specie differenti e individuare variabilità tra popolazioni di una stessa specie ne fa un valido strumento ai fini della caratterizzazione e protezione dei prodotti tipici. Specie ortive Pomodoro (Lycopersicon esculentum L.) Peperone (Capsicum annum L.) Per queste specie dopo una fase di analisi preliminare che ha permesso la messa a punto delle linee di ricerca su cui muoversi, sono state condotte indagini mirate in alcune zone di saggio nei dintorni di Sulmona (AQ), Pescara, Aquila e Teramo. Il lavoro

84 299 Tab. 3 - Elenco delle specie ortive collezionate con i nomi locali N. Specie Nome locale 1 L. esculentum Pomodoro nostrano 2 L. esculentum Pomodoro grande 3 C. annum Peperone 4 C. annum Peperone piccante 5 C. annum Peperone sfuso Fig. 4 - Alcune specie di Leguminose foraggere collezionate in Abruzzo Tab. 4 - Leguminose foraggere collezionate nel , siti di collezione e seme disponibile (g) N. Specie Suto di collezione g di seme disponibile 1 Medicago polymorpha L. Capestrano (AQ) Medicago polymorpha L. Castel di Ieri (AQ) Medicago rigidula Desr. Capestrano (AQ) Medicago rigidula Desr. Civitaretenga (AQ) Medicago rigidula Desr. Cast. Sub. Crapella (AQ) Medicago rigidula Desr. Ofena (AQ) Medicago rigidula Desr. Cast. Sub. Vignara (AQ) Medicago orbicularis All. Capestrano (AQ) Medicago orbicularis All. Ofena (AQ) Medicago orbicularis All. Civitaretenga (AQ) Medicago orbicularis All. Cast. Sub. Crapella (AQ) Medicago orbicularis All. Castel di Ieri (AQ) Medicago orbicularis All. Cast. Sub. Casette C. (AQ) Medicago minima Grufb. Capestrano (AQ) Medicago minima Grufb. Ofena (AQ) Medicago minima Grufb. Cast. Sub. Crapella (AQ) Medicago arabica Huds. Castel di Ieri (AQ) Medicago disciformis DC. Civitaretenga (AQ) Trifolium campestre Schreb. Ofena (AQ) Trifolium campestre Schreb. Cast. Sub. Casette C. (AQ) Trifolium pratense L. Cast. Sub. Vignara (AQ) Trifolium stellatum L. Ofena (AQ) Trifoluim scabrum L. Civitaretenga (AQ) Trifolium fragiferum Castel di Ieri (AQ) Trifolium subterraneum L. Castel di Ieri (AQ) Trifolim montanum L. Santo Stefano di S. (AQ) Coronilla scorpioides L. Cast. Sub. Casette C. (AQ) Coronilla minima L. San Benedetto Per. (AQ) Coronilla varia L. Cast. Sub. Casette C. (AQ) Anthyllis vulneraria L. San Benedetto Per. (AQ) Anthyllis vulneraria L. Santo Stefano di S. (AQ) Onobrychis viciifolia Scop. Santo Stefano di S. (AQ) Onobrychis viciifolia Scop. Santo Benedetto Per. (AQ) Onobrychis caput-galli Lam. Ofena (AQ) Onobrychis caput-galli Lam. Santo Stefano di S. (AQ) Lotus corniculatus L. Santo Stefano di S. (AQ) Lotus tenuis L. Castel di Ieri (AQ) Vicia sativa L. Santo Stefano di S. (AQ) Vicia villosa Roth. Castelv. Subequo (AQ)

85 300 Il germoplasma della Toscana svolto ha permesso di individuare come varietà sicuramente locali 2 accessioni di pomodoro e 3 di peperone (Tab. 3); inoltre, questa attività ha reso possibile l individuazione di interessanti materiali di fagiolo e mais nell aquilano e di fagiolo e zucca nella zona di Paganica (AQ). Leguminose foraggere Per quanto concerne le popolazioni naturali di leguminose foraggere raccolte nei pascoli abruzzesi nel corso del , esse sono riportate nella Tab. 4. Nella Tab. 4 a vengono riportate le specie collezionate, le località di raccolta e il seme disponibile. Nella Fig. 4 vengono riportate alcune specie particolarmente interessanti. Nell autunno 1999 le accessioni di M. rigidula [Capestrano (AQ), Castelvecchio Subequo (AQ), Civitaretenga (AQ), Ofena (AQ)], M. orbicularis [Castelvecchio Subequo (AQ), Civitaretenga (AQ), Ofena (AQ)], T. fragiferum [Castel di Ieri (AQ)] e T. subterraneum [Castel di Ieri (AQ)] sono state seminate a piante spaziate (60 piante per accessione) presso il campo sperimentale dell IMGV-PG, con lo scopo di effettuare una prima caratterizzazione morfologica e nello stesso tempo moltiplicarne il seme.

86 301 VII. Ricerca, conservazione e valorizzazione del germoplasma locale: altre esperienze Collezione e caratterizzazione di popolazioni locali abruzzesi di Medicago sativa L. ai fini della conservazione e della costituzione varietale R. Torricelli, F. Travaglini, E. Albertini, G. Zarroli, F. Veronesi Istituto di Miglioramento Genetico Vegetale, Università degli Studi di Perugia D. Silveri - ARSSA, Agenzia Regionale Servizi di Sviluppo agricolo d Abruzzo, Avezzano (AQ) S. Velletri - Consorzio per la Divulgazione e Sperimentazione delle Tecniche Irrigue s.r.l., COTIR - Vasto (CH) Introduzione L erba medica (Medicago sativa L. subsp. sativa L., 2n=4x=32) rappresenta la più importante leguminosa foraggera; attualmente è coltivata in Italia su quasi un milione di ettari. Questa specie riveste un notevole interesse economico per ristabilire la fertilità e la struttura dei terreni e costituisce un elemento essenziale nell alimentazione zootecnica. Nel nostro paese gli ecotipi coprono ancora circa il 70% della superficie ad erba medica. Il Decreto Ministeriale del 3 marzo 1995 ha disposto che a decorrere dal 2002 non verrà più concessa la certificazione alla semente degli ecotipi e la loro commercializzazione sarà vietata in tutta l Unione Europea. Questa decisione è certamente utile a mettere ordine nel mercato sementiero nazionale, ma aumenta il rischio di erosione di materiali adatti alle condizioni pedoclimatiche del nostro Paese. Alla luce di quanto detto l Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo d Abruzzo (ARSSA) ha attivato, con la consulenza dell Istituto di Miglioramento Genetico Vegetale dell Università degli Studi di Perugia (IMGV-PG), un progetto di ricerca volto alla collezione, caratterizzazione e utilizzazione del germoplasma abruzzese di erba medica sia ai fini della conservazione che della costituzione varietale. La caratterizzazione molecolare dei materiali raccolti è stata condotta attraverso l uso dei marcatori molecolari AFLP. Collezione e valutazione agronomica delle popolazioni locali All inizio del 1997 sull intero territorio regionale (Fig. 1) sono state collezionate, 24 popolazioni di Fig. 1 - Mappa dei siti di collezione delle popolazione locali di erba medica, con i rispettivi codici e l altitudine (m s.l.m.). Sono inoltre riportate le varietà e gli ecotipi commerciali con i relativi codici.

87 302 Il germoplasma della Toscana Tab. 1 - Produzioni di sostanza secca (g m -2 ) di 24 ecotipi di erba medica abruzzesi e 6 materiali di controllo (da Travaglini et al., 1999) Ecotipi e varietà Vasto 1997 Capestrano 1998 Perugia Roseto degli Abruzzi (TE) 384 BCDEFG 417 DEFGH 383 DEF 2 Magliano dei Marsi 1 (AQ) 365 BCDEFG 403 DEFGH 312 AB 3 Magliano dei Marsi 2 (AQ) 375 BCDEFG 374 CDEFGH 323 ABC 4 Magliano dei Marsi 3 (AQ) 304 AB 363 CDEFGH 326 ABCD 5 Forcella (TE) 431 G 436 EFGH 364 BCDEF 6 Valle Rosea (TE) 401 DEFG 407 DEFGH 346 ABCDEF 7 Mezzanotte (TE) 339ABCDEFG 380 DEFGH 357 ABCDEF 8 Castelvecchio Subequo (AQ) 340 ABCDEFG 441 FGH 384 EF 9 Rosciano Villa Badessa (PE) 324 ABCDE 443 FGH 377 CDEF 10 Pietranico (PE) 349BCDEFG 344 BCDEFG 352 ABCDEF 11 C. da Pagliaporci (PE) 362 BCDEFG 482 H 325 ABC 12 Raiano (AQ) 334 ABCDEF 368 CDEFGH 305 A 13 San Giacomo di Atri (TE) 359BCDEFG 470 GH 400 F 14 Colle San Donato (CH) 378 BCDEFG 392 DEFGH 332 ABCDE 15 Casere Casoli (CH) 372 BCDEFG 465 GH 333 ABCDE 16 Paludi (CH) 320 ABCD 300 ABCD 329ABCDE 17 Roccaspinalveti (CH) 415 EFG 405 DEFGH 354 ABCDEF 18 Atessa (CH) 430 G 448 FGH 343 ABCDEF 19 Casale Montenerodomo (CH) 403 DEFG 309 ABCDE 333 ABCDE 20 Piano Carlino (CH) 397 CDEFG 369 CDEFGH 309 AB 21 C. le Serre Casoli (CH) 390 BCDEFG 410 DEFGH 340 ABCDE 22 San Domenico (CH) 423 FG 414 DEFGH 326 ABCD 23 San Marco (AQ) 364 BCDEFG 404 DEFGH 314 AB 24 San Venanzio (CH) 378 BCDEFG 425 DEFGH 348 ABCDEF 25 Var. Sabina ABCD 321 BCDEF 354 ABCDEF 26 Var. Sabina ABCDEFG 222 AB 360 ABCDEF 27 Var. Sabina ABC 248 ABC 351 ABCDEF 28 Ec. Italia Centrale 385 BCDEFG 187 A 349ABCDEF 29 Ec. Romagnolo 344 ABCDEFG 387 DEFGH 348 ABCDEF 30 Var. Equipe 255 A 323 BCDEF 363 BCDEF DMS 0, Le medie seguite dalle stesse lettere non differiscono per P 0,05. erba medica, presso quelle aziende che garantivano la riproduzione del seme da almeno 10 anni. Il seme delle popolazioni collezionate è stato archiviato presso la banca del germoplasma dell IMGV-PG, in attesa che l ARSSA si doti di una banca del seme. Con parte del seme delle popolazioni collezionate e con il seme di 2 ecotipi e 4 varietà commerciali, nell aprile 1997 sono stati impiantati tre campi sperimentali in altrettante località: Capestrano (AQ) (Fig. 2), Vasto (CH) (Fig. 3), Perugia. I campi sono stati impiantati secondo un disegno sperimentale a blocchi randomizzati con tre ripetizioni e parcelle di 4.5 m 2. La Tab. 1 riguarda la produzione di sostanza secca (g m -2 ) delle 24 popolazioni locali di erba medica a confronto con 6 materiali di controllo. Come è possibile notare, per questo carattere è stata messa in luce una notevole variabilità tra i materiali e in ogni località di valutazione alcune popolazioni abruzzesi sono risultate statisticamente superiori ai controlli. In particolare, due popolazioni locali (M5, Forcella e M18, Atessa, provenienti da siti di collezione a 240 e 475 m s.l.m., rispettivamente) sono state caratterizzate da una notevole capacità di adattamento a condizioni pedoclimatiche diverse mentre la popolazione M22 (San Domenico, 300 m s.l.m.) è particolarmente adatta ad ambienti litoranei e la popolazione M8 (Castelvecchio Subequo, m s.l.m.) sembra molto interessante per sviluppare varietà adattate ad elevate altitudini.

88 303 Fig. 2 - Campo sperimentale a Capestrano (AQ) Fig. 3 - Campo sperimentale a Vasto (CH) Fig. 4 - Campo sperimentale con trapianti a Vasto (CH) Costituzione varietale Le prove di valutazione agronomica effettuate nel corso del in particolare a Capestrano e Vasto, ambienti contrastanti per le condizioni climatiche, hanno evidenziato la presenza di materiali interessanti per il prosieguo del programma di costituzione varietale. In base ai dati produttivi la popolazione selezionata per l ambiente pedemontano è stata quella proveniente da Castelvecchio Subequo (AQ). Per le zone di bassa e media collina il materiale selezionato è stato quello collezionato a Forcella (TE). Il 12 marzo 1999 circa duemila semi per ciascuna delle due popolazioni locali scelte sono stati seminati in jiffy pots nella serra dell IMGV. Il 19 maggio e il 2 giugno 1999, circa 1000 piante spaziate (100 cm x 60 cm) della popolazione M5 e della popolazione M8 sono state trapiantate a Vasto (Fig. 4) e ad Avezzano (Fig. 5) rispettivamente, al fine di procedere alla costituzione di due varietà a larga base genetica. Fig. 5 - Campo con trapianti ad Avezzano (AQ) Caratterizzazione molecolare Per l analisi molecolare sono state escluse le popolazioni M18 e M20. I marcatori AFLP, di cui un esempio di profilo è riportato in Fig. 6, hanno fornito polimorfismi genomici riproducibili ed informativi delle accessioni di erba medica analizzate. L analisi dei centroidi (Fig. 7), definiti sulla base Fig. 6 - Esempio di profilo AFLP generato dalla combinazione di primer Eco+CCA/Mse+ACA in erba medica. Le frecce indicano i polimorfismi che permettono di discriminare i bulk di DNA

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