Indice. 1 Obiettivi della politica monetaria

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1 INSEGNAMENTO DI POLITICA ECONOMICA LEZIONE V LA POLITICA MONETARIA PROF. GAVINO NUZZO

2 Indice 1 Obiettivi della politica monetaria La teoria quantitativa della moneta Gli aggregati monetari e le funzioni della moneta La domanda di moneta La velocità di circolazione della moneta L offerta di moneta Il moltiplicatore della moneta di 23

3 1 Obiettivi della politica monetaria Le politiche monetaria e fiscale sono componenti indispensabili per la politica economica, spesso risulta difficile stabilire se un azione di politica economica rientra nella sfera monetaria oppure in quella fiscale. Secondo una classificazione di Hansen tutte le transazioni governative che fanno capo a tasse, imposte, spesa pubblica che in qualche modo riguardano l ammontare del debito pubblico, ma non la sua composizione, sono azioni di politica fiscale, quindi, di converso, tutte quelle operazioni di politica economica che riguardano la composizione del debito pubblico, ma non il suo ammontare, sono da considerarsi di politica monetaria. In quanto branca della politica economica, la politica monetaria deve tener presente tutti gli obiettivi che si vogliono raggiungere, anche se spesso sono tra loro contrastanti; i principali obiettivi comuni che ci si prefigge sono i seguenti: a. Crescita dell attività economica e contenimento delle sue fluttuazioni: tale operazione mira in modo particolare al contenimento del tasso di disoccupazione; b. Stabilità monetaria: in particolare si riferisce a quelle manovre mirate alla difesa del potere d acquisto ed al contenimento dell inflazione; c. Crescita del capitale reale: conseguente ad un elevato saggio d investimenti. Oltre a questi obiettivi di carattere comune, la politica monetari può prefiggersi obiettivi più specifici tra i quali miglior efficienza dei mercati e degli intermediari finanziari, sviluppo della struttura creditizia, ottima allocazione del risparmio. 3 di 23

4 2 La teoria quantitativa della moneta Il valore della moneta ed il livello generale dei prezzi sono grandezze che si influenzano a vicenda, quindi nelle varie teorie economiche della moneta gli economisti si sono per lo più soffermati su come queste due grandezze si possono reciprocamente influenzare. La prima teoria che andremo ad analizzare è quello quantitativa. In linea di massima il concetto che questa teoria vuole esprimere è che il valore della moneta è inversamente proporzionale alla quantità della stessa in circolazione, in pratica più moneta viene messa in circolo minore è il suo valore in termini d acquisto. Il primo economista che ha elaborato questo tipo di teoria è stato Fisher per poi essere accettata da tutta la scuola neo-classica. Secondo Fisher la teoria quantitativa della moneta si basava su di un concetto molto semplice e cioè: la quantità di moneta (M) per la velocità di circolazione della stessa (V) è uguale al livello generale dei prezzi (P) per la somma della quantità dei beni scambiati (Q), se nel breve periodo si considerano costanti V e Q la formula può essere riscritta come segue: P = V/Q x M Da questo si evince che lo Stato se immette moneta sul mercato per aumentare ricchezza non farà altro che far aumentare il livello dei prezzi. Secondo Keynes in un sistema economico non si poteva dare alla moneta solo una funzione di intermediario negli scambi come nella visione quantitativa (rielaborata anche a Cambridge), quindi su queste critiche a quella teoria elaborò la c.d. teoria della preferenza della liquidità. Per Keynes la moneta aveva anche un altro valore, che i neo-classici aveva sottovalutato, e cioè che in un sistema di mercato è anche ricchezza. Chi possiede ricchezza può farla valere e convertirla in ogni momento nel bene che più desidera. Nella concezione neo-classica la domanda di scorte liquide erano giustificate esclusivamente dal motivo delle transizione, mentre per Keynes gli operatori economici, avendo un certo reddito a disposizione, sono posti di fronte a due diverse scelte: 1. Decidere la quota del reddito disponibile da destinare ai consumi e quella da destinare al risparmio; 4 di 23

5 2. Una volta fatta la loro scelta, decidere a cosa destinare il risparmio accumulato; infatti tale risparmio può essere trattenuto in forma liquida od essere investito in qualche attività finanziaria. Chiaramente nel primo caso si ha il vantaggio di avere sempre una certa quota di liquidità immediata che tuttavia non frutta nessun interesse oltre al deprezzamento che può subire dovuto a possibili effetti dell inflazione; nel secondo caso pur avendo il lato positivo di lucrare degli interessi, non si può avere immediata disponibilità in caso di necessità. 5 di 23

6 3 Gli aggregati monetari e le funzioni della moneta Secondo la visione tradizionale, sono quattro le principali forme attraverso le quali si manifesta l intervento pubblico nell economia: la politica monetaria, la politica fiscale, la politica dei prezzi e dei redditi, la politica del cambio. In questa lezione andremo ad analizzare gli aspetti salienti della politica monetaria. La definizione immediata la moneta è un mezzo di pagamento rende palesi i suoi limiti non appena la si rapporta al mondo reale. I sistemi di pagamento attualmente esistenti sono molteplici ed estremamente sofisticati, è notevole la differenza di significato economico esistente tra un assegno bancario e un obbligazione che scade tra un anno, eppure entrambi rientrano nell ampia categoria dei mezzi di pagamento!! Le maggiori difficoltà si incontrano ogni qual volta ci si soffermi sull aspetto della liquidità più o meno immediata dei diversi mezzi di pagamento. Questa ed altre problematiche hanno indotto politici ed economisti ad adottare misure ufficiali differenziate degli stock di moneta, tali misure sono note come aggregati monetari. Gli aggregati monetari possono essere paragonati a cerchi concentrici che, a partire da un nucleo primario, si allargano comprendendo categorie di pagamento caratterizzate da una liquidità sempre più differita nel tempo. A partire dal 1995, le crescenti esigenze di armonizzazione dell Unione economica e monetaria hanno spinto i Paesi aderenti alla Comunità europea ad uniformare le proprie definizioni di aggregati monetari. Attualmente, secondo i dettami del SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali), la moneta viene distinta in: M1 che comprende il circolante composto da banconote e monete metalliche ed i depositi in conto corrente. M2 che aggiunge alla M1 i depositi a breve termine, ossia quelli di durata compresa entro i due anni, più quelli rimborsabili, su richiesta, entro i tre mesi. M3 che include, oltre ad M1 ed M2, altre forme di passività negoziabili (quote di fondi di investimento, pronti contro termine, obbligazioni con durata inferiore a due anni). 6 di 23

7 L aggregato M3 è il principale parametro utilizzato dalla BCE (Banca Centrale Europea), in quanto funge da valore di riferimento quantitativo della crescita monetaria. Oltre a quella più ovvia di intermediario negli scambi, alla moneta si riconoscono altre tre importanti funzioni: Riserva di valore; gli individui possono stabilire di conservare la moneta per i periodi futuri (questa funzione può essere assolta anche da altre attività finanziarie, quali le azioni, le obbligazioni, etc.) Unità di conto; i prezzi dei vari beni e servizi sono espressi in moneta in modo da rendere immediato il raffronto tra i valori di merci molto diverse tra loro. L unità di conto utilizzata in un dato Paese corrisponde normalmente alla valuta nazionale, tranne nei casi di iperinflazione, nei quali, data l estrema instabilità del valore della divisa nazionale, si preferisce fare riferimento alle monete estere più forti. Misura per i pagamenti differiti; nelle contrattazioni che prevedono il trascorrere di un lasso di tempo più o meno lungo, i valori futuri delle prestazioni sono espressi in moneta, spesso indicizzata per tenere conto dell inflazione. 7 di 23

8 4 La domanda di moneta La teoria economica collega la domanda di moneta ai livelli del reddito e del tasso d interesse, la relazione è diretta con il livello del reddito e inversa con il livello del tasso di interesse. Keynes individua tre motivazioni alla base della domanda di moneta : Domanda di moneta per motivo transattivo Domanda di moneta per motivo precauzionale Domanda di moneta per motivo speculativo Pur distinguendo tra tre motivazioni, la domanda rivolta dall individuo è unica ed egli, quasi inconsapevolmente, sposta somme di denaro possedute da una riserva tenuta per un certo motivo a quella tenuta per un altro. La domanda di moneta per transazioni: Questa voce di domanda corrisponde alla quantità di moneta di cui un individuo ha bisogno per i suoi acquisti e pagamenti giornalieri. Essa è influenzata da diverse variabili, per individuare le quali immaginiamo il comportamento di un individuo che riceva la sua paga mensilmente, accreditata direttamente in conto corrente. Egli potrebbe ritirare interamente la paga e, distribuendo i suoi acquisti nel corso del mese, prelevare periodicamente il denaro occorrente dalla fodera del materasso. Facendo così rinuncia al beneficio rappresentato dal tasso d interesse sui depositi bancari. Egli potrebbe d altro canto, decidere di lasciare l intero ammontare della sua paga depositato in banca e di procedere al prelievo giornaliero delle somme necessarie alle sue transazioni. In questo caso egli lucra il massimo degli interessi erogati sui depositi bancari, ma deve sostenere un costo esprimibile sia in termini di tempo nel recarsi ogni giorno allo sportello, che in termini di commissione bancaria (per semplicità facciamo corrispondere tale costo alla commissione bancaria che non varia al variare del numero di prelievi ed è pari a tc). Il beneficio totale di detenere il denaro in banca (interessi sui depositi) è alto quando la moneta per transizioni giornalieri è molto scarsa, perché il denaro sosta più a lungo sul conto corrente venendo prelevato un po alla volta. 8 di 23

9 Il beneficio marginale (BMa) di detenere il denaro in banca si riduce per ogni prelievo aggiuntivo in quanto ogni prelievo costituisce un costo (commissione bancaria). Nella figura si stabilisce la corrispondenza tra il beneficio marinale ed il costo marginale (fisso e quindi pari al costo medio) il numero ottimale dei prelievi da effettuare nel mese, n*. CMa BMa E tc CMa BMa 0 n* n Numero di prelievi ottimali William Baumol e James Tobin hanno valutato la quantità di moneta ottimale da detenere essere pari a : M* = tcxy 2i E questa la famosa formula della radice quadrata per la domanda di moneta. Secondo questa formula, la quantità ottimale di moneta da detenere per il motivo delle transazioni sarà maggiore quando aumenta il reddito e quando aumenta il costo di commissione bancaria, sarà minore per un tasso di interesse più elevato. 9 di 23

10 La formula della radice quadrata per la domanda di moneta implica che l elasticità della domanda di moneta rispetto al reddito sia inferiore ad uno. Ciò significa che quando il reddito aumenta, aumenterà anche la domanda di moneta per il motivo delle transazioni, ma di una percentuale più bassa. All aumentare del reddito gli individui richiedono una percentuale dello stesso in forma liquida più ridotta. Ciò accade perché si verificano delle economie di scala nell'amministrazione del reddito e il costo medio di ogni euro di transazione si abbatte quando le transazioni sono ingenti; infatti per molte transazioni il costo è fisso al variare dell'entità della transazione (si pensi, ad esempio, alla commissione fissa sulla ricarica telefonica dei cellulari applicata nel nostro Paese per alcuni anni). Guardando la cosa in diverso modo, potremmo, però, immaginare che il costo di intermediazione bancaria, comprensivo dei tempi necessari a recarsi in banca e ad attendere la fila allo sportello, aumenti quando il reddito dell'individuo è più alto (il suo tempo è più prezioso). Ciò potrebbe rendere più conveniente ridurre il numero di prelievi e quindi aumentare la domanda di moneta. Sottolineiamo pure che la formula di Baumol-Tobin funziona in assenza di illusione monetaria. Infine, notiamo che anche la frequenza con cui gli individui ricevono la loro remunerazione influenza la domanda di moneta; infatti risulta che gli individui pagati mensilmente detengono mediamente la metà del loro stipendio, mentre anche quelli pagati settimanalmente detengono, in media, la metà della paga, ma questa corrisponde ad un quarto del loro reddito mensile. In altri termini, più si allunga il periodo di attesa tra una paga e l'altra, maggiore sarà l'ammontare desiderato di moneta. La domanda di moneta per il motivo precauzionale: Il motivo precauzionale si connette a quel margine di incertezza più o meno ampio che impedisce all'individuo di conoscere esattamente il volume delle spese cui andrà incontro nel periodo. Il grado di difficoltà di previsione delle spese sarà diverso da individuo a individuo a seconda del tipo di vita condotto e della soggettiva inclinazione alla prudenza. Quando qualcuno si trova ad affrontare una spesa imprevista, la sua eventuale illiquidità lo costringe a sopportare dei costi. L'esempio banale ma calzante è quello di un individuo che davanti ad una vetrina in cui si espone l'offerta speciale di una merce di cui sente il bisogno, non 10 di 23

11 disponga di contanti con sé. Egli dovrà, alternativamente, chiedere un prestito o ritornare 1' indomani, oppure ancora rinunciare ed acquistare altrove quella merce al suo prezzo normale. Nella domanda di moneta per il motivo precauzionale rientrano anche le riserve destinate, ad esempio, a spese mediche impreviste, tanto per citare un esempio meno consumistico. Semplificando, assumiamo che la mancanza di liquidità abbia mediamente un costo pari a q. L'individuo dovrà, anche in questo caso, stabilire quale sia la quantità ottimale di moneta da detenere a scopo precauzionale, sulla scorta delle seguenti motivazioni: a partire da una riserva nulla per motivi precauzionali, che lo espone ad una eventualità quasi matematica di spese inattese e di costi di illiquidità, man mano che aumenta la riserva monetaria,. rinuncia ad un ammontare crescente di interessi sul conto corrente. Egli valuterà i costi attesi si tratta di costi attesi e non di costi effettivi perché il loro computo richiede una valutazione delle spese impreviste che sono però puramente eventuali per la detenzione di moneta precauzionale pari a: costi attesi = im + p(m, σ) q Dove im rappresenta la quantità di interessi cui un individuo rinuncia quando decide di detenere la moneta M, p rappresenta la probabilità di insorgenza delle spese impreviste, questa probabilità è funzione di M (riserva precauzionale) e di un valore σ, stimato dal soggetto e relativo al suo tenore di vita e alla sua avversione al rischio, q è il costo unitario di illiquidità, già segnalato. Riguardo alla probabilità p(m, σ ) vediamo che essa è tanto maggiore quanto minore è M, perché è facile che si verifichino spese cui non siamo preparati se la nostra riserva per il motivo precauzionale è bassa. Il beneficio marginale di detenere M è molto alto quando partiamo da una riserva nulla, ma quando la nostra riserva inizia ad assumere una certa consistenza, esso si abbassa perché stiamo creando riserve precauzionali per spese sempre più improbabili. Il costo marginale della riserva precauzionale è invece fisso e pari al costo medio: per ogni riserva di moneta, il suo costo è pari all'interesse a cui si rinuncia quando si preleva dal conto corrente. La quantità ottimale di moneta per lo scopo precauzionale sarà quella in corrispondenza della quale il beneficio e il costo marginale coincidono. Nella figura B si vede che questa quantità è pari ad M* 11 di 23

12 CMa BMa E i CMa BMa 0 M Quantità ottima di moneta detenuta a scopo precauzionale Se il tasso di interesse cala, sarà conveniente aumentare la quantità di moneta a scopo precauzionale, nel grafico l'eventualità corrisponde ad un abbassamento della retta CMa. Se l'incertezza aumenta occorre aumentare le scorte e questo si traduce in uno slittamento della curva BMa verso l'alto; di converso BMa si sposta in basso quando il costo di illiquidità q cala, ciò accadrebbe, ad esempio, se diventasse più facile lo smobilizzo di attività finanziarie. La domanda di moneta per il motivo speculativo: Nei due precedenti punti abbiamo focalizzato l'attenzione su una particolare funzione della moneta che è quella di mezzo di scambio. Infatti tanto il motivo delle transazioni, quanto quello precauzionale fanno riferimento a spese certe nel primo caso o eventuali nel secondo. II motivo speculativo, invece, enfatizza maggiormente la funzione di riserva di valore. Tra le diverse attività finanziarie che compongono il portafoglio di un individuo vi è, quasi sempre, la riserva monetaria. Lo scopo di questa presenza è duplice. Da un lato si intende così limitare il rischio nel quale si incorre quando il portafoglio delle attività finanziarie si concentra in poche 12 di 23

13 tipologie o, addirittura, in un'unica attività, magari molto rischiosa perché è molto remunerativa, e comunque molto rischiosa perché è l'unica in cui si è investito. Dall'altra parte gli individui possono detenere moneta per il motivo speculativo quando essi intendano intraprendere «azioni speculative», ad esempio acquistare titoli quando sono al ribasso, oppure effettuare investimenti in un momento successivo rispetto all'attuale, giudicando il differimento temporale opportuno e vantaggioso. In ogni caso questa tipologia di domanda di moneta risente essenzialmente di tre variabili: - la ricchezza (piuttosto che il reddito), che come aggregato economico tiene conto della composizione complessiva del portafoglio individuale, si ipotizza solitamente che un suo aumento faccia aumentare la domanda di moneta, giudicata l'attività finanziaria più sicura; - il tasso di interesse che rappresenta, come al solito il costo-opportunità associato alla detenzione di moneta; - il tasso di rendimento di tutte le diverse attività finanziarie che sono, normalmente, contraddistinte proprio da tassi di rendimento diversificati per rischiosità e superiori a quelli che si possono lucrare dal deposito in conto corrente. Variazioni del livello dei rendimenti associati alle singole attività influenzano le scelte di portafoglio andando a variare il costo-opportunità della detenzione di moneta rispetto all'investimento in altre attività finanziarie. Quando il tasso di interesse monetario o il tasso di rendimento per talune attività finanziarie (o per tutte) aumenta, la domanda di moneta per il motivo speculativo diminuisce. L'evidenza empirica mostra una correlazione positiva tra livello del reddito e domanda di moneta e l'esistenza di un peso esercitato dal tasso di interesse sulla domanda di moneta coerente con quanto ipotizzato dalla teoria economica, tuttavia gli adeguamenti degli individui a nuovi livelli del reddito o del tasso di interesse avvengono con ritardo. Le importanti variazioni del sistema delle attività finanziarie che hanno sortito un grosso impatto nelle decisioni di portafoglio, modificando la domanda di moneta in un modo che gli economisti non sono ancora riusciti completamente a spiegare, si sostanziano principalmente in: - nuovi prodotti finanziari; - tecniche moderne e più efficaci della gestione del portafoglio; - alta informatizzazione del comparto, con possibilità anche per il piccolo investitore di ricevere informazioni dai mercati, praticamente in tempo reale. 13 di 23

14 5 La velocità di circolazione della moneta Possiamo definire la velocità di circolazione della moneta rispetto al reddito come il numero delle volte che lo stock di moneta circola in un anno per poter finanziare il flusso annuale del reddito monetario (Dornbusch - Fischer). Una volta noti il valore nominale del PIL e la quantità dell'aggregato monetario M1 dal rapporto PIL/M1 si ottiene la velocità di circolazione della moneta. Analogamente, conoscendo il reddito annuale di un individuo e la quantità di moneta mediamente da questi detenuta, si ottiene la velocità di circolazione della moneta individuale dividendo il reddito annuale per l'ammontare medio di moneta. Pertanto, la velocità di circolazione della moneta rispetto al reddito sarà pari a: V = Yn / M Dove Yn rappresenta il livello del Prodotto Interno Lordo espresso in termini nominali e M lo stock di moneta circolante, aggregato monetario Ml. Poiché il PIL nominale è pari al PIL reale moltiplicato per il livello dei prezzi, si può anche scrivere che: M x V = P x Y Questa equazione è nota come equazione quantitativa e costituisce la base della teoria quantitativa della moneta che ritiene la velocità di circolazione costante. Muovendoci nell'ottica della teoria quantitativa, qualsiasi aumento dello stock di moneta M1 si traduce in un aumento dei prezzi. A partire dalla equazione quantitativa ciò sarà vero poiché si ipotizza che il sistema economico si trovi in piena occupazione, per cui l'offerta aggregata è rappresentata da una retta verticale, quindi, poiché la produzione non può espandersi, la maggiore domanda aggregata, indotta dall'aumento della moneta in circolazione, spingerà i prezzi verso l'alto (inflazione da domanda) fino al punto in cui questi risulteranno aumentati della stessa proporzione in cui è aumentata l'offerta di moneta. In sostanza la teoria quantitativa nega ogni possibilità alla politica monetaria. 14 di 23

15 Ma abbandonando le ipotesi fortemente restrittive della piena occupazione e della costanza della velocità di circolazione della moneta i risultati dell'aumento dello stock M1 cambiano notevolmente. Lontani dalla piena occupazione, un aumento della quantità della moneta farà variare sia il livello dei prezzi che il livello di produzione. Possiamo inserire il concetto di velocità della moneta nella determinazione di domanda di moneta. Consideriamo la domanda di moneta, espressa in termini reali, funzione del reddito e del tasso di interesse, per cui: Md (Y,i) L'equilibrio del mercato monetario prevede che la domanda di moneta sia pari all'offerta, cioè: M/P =Md (Y, i) dove anche lo stock di moneta offerta 'e espresso in termini reali. Sostituendo l'offerta nominale di moneta M nella equazione ( avremo: V = Yn /P x Md da cui, poiché: Yn/P = Y, si ricava: V = Y/Md La velocità di circolazione della moneta appare qui espressa come variabile dipendente dal tasso di interesse e dal livello del reddito reale. Come si può leggere in termini effettivi questa dipendenza? Si consideri un aumento del tasso di interesse, come abbiamo già mostrato questo aumento rende la detenzione di moneta più onerosa, la domanda reale di moneta diminuisce e, di conseguenza, aumenta la velocità di circolazione, la minor moneta detenuta dagli individui passa più velocemente da una mano all'altra. Nel caso di aumento del reddito, abbiamo già visto che l'elasticità della curva di domanda di moneta rispetto ad esso sia inferiore all'unità, pertanto, quando il reddito aumenta gli individui deterranno, proporzionalmente, una minore quantità di moneta, anche questo caso comporta l'aumento della sua velocità di circolazione. I risultati delle ricerche empiriche sconfessano la formulazione tradizionale della teoria quantitativa in quanto variazioni del tasso di interesse e del livello del reddito modificano la 15 di 23

16 velocità di circolazione della moneta, di conseguenza si restituisce efficacia alla politica economica, capace di modificare con i suoi interventi il livello del prodotto interno espresso in termini reali e non soltanto, fittiziamente, il livello dei prezzi, ossia il PIL nominale. 16 di 23

17 6 L offerta di moneta La politica monetaria è attuata tradizionalmente dalla Banca centrale; in generale, il suo intervento nei mercati si esplica in quattro forme: 1) operazioni di mercato aperto; 2) determinazione del tasso di sconto; 3) determinazione del coefficiente di riserva obbligatoria per le banche del circuito; 4) controllo del credito. Tutti insieme questi strumenti dovrebbero consentire la determinazione della offerta di moneta e del tasso di interesse. Avvertiamo subito che, per l'imprevedibilità dei comportamenti degli operatori (famiglie, imprese e banche), ben difficilmente l'autorità monetaria riesce ad attuare un controllo molto rigido e puntuale su queste variabili, essa tenta piuttosto di indirizzare l'andamento del mercato finanziario verso la direzione prescelta in base ai propri obiettivi. Da questo momento ci riferiamo all'aggregato monetario Ml, per cui la quantità di moneta presente nel sistema in ogni momento è pari alla somma del circolante più l'ammontare dei depositi bancari, analiticamente possiamo scrivere: M = CU + D dove CU sta per circolante (dal termine anglosassone currencv) e D sta per depositi. Questa somma è influenzata -dal comportamento di tutti gli operatori economici: infatti le famiglie e le imprese stabiliscono la quantità di circolante (CU) desiderata, mentre le banche, in particolare la banca centrale, influenzano il livello dei depositi. In ogni caso anche famiglie e imprese svolgono un ruolo nella determinazione dell'ammontare di depositi bancari, il comportamento delle imprese viene ipotizzato analogo a quelle delle famiglie e, per praticità, nominiamo soltanto queste ultime. Concentriamo l'attenzione su tre elementi determinanti: a) il rapporto circolante-depositi; b) il rapporto riserve depositi; 17 di 23

18 c) lo stock di base monetaria. a) Il rapporto circolante-depositi Questo rapporto, che indica la preferenza per la liquidità da parte delle famiglie, viene influenzato dalla facilità con cui esse possono effettuare prelievi. Quanto più il sistema bancario, attraverso bancomat e sportelli, risulta sviluppato e capillarmente distribuito, tanto meno le famiglie avvertiranno la necessità di detenere, presso di sé, somme di denaro elevate. Il rapporto circolante depositi sarà, perciò, più basso. Sebbene esso vari durante il corso dell'anno con un picco nel periodo natalizio, possiamo ipotizzare che corrisponda ad una percentuale fissa del livello dei depositi per cui: CU = cud Immaginiamo pure che su di esso il tasso di interesse sia ininfluente. b) Il rapporto riserve-depositi La Banca centrale stabilisce il valore minimo di questo rapporto e, in tale maniera, crea un limite all'espansione dei depositi bancari. In altri termini, sulla base del volume totale dei depositi viene calcolata una percentuale di riserve obbligatorie che vanno depositate presso la Banca centrale. Le banche possono, tuttavia, decidere di depositare una quantità aggiuntiva di riserve da utilizzare in caso di necessità. La banche utilizzano le riserve in eccesso per temporanee mancanze di liquidi a fronte di un'imprevista richiesta di circolante da parte dei clienti, e per pagamenti da effettuare a fronte di assegni emessi da correntisti. Quando il cliente di una banca emette un assegno a favore di un altro soggetto e questi va a depositarlo presso la propria banca, tra le due banche sorge un obbligo regolato direttamente dalla Banca centrale che sposta la somma dell'assegno dalle riserve della prima banca su cui l'assegno è stato spiccato, a quelle della seconda, il cui cliente risulta beneficiario. La Banca centrale può anche trasferire contanti ad una banca che li richiede, attingendoli dalla sua riserva. 18 di 23

19 seguente: Possiamo immaginare il bilancio estremamente semplificato di un ente bancario come il Attività Passività Riserve Depositi Crediti bancari Prestiti Investimenti meno Prestiti della banca centrale Prestiti (netti) sul mercato monetario Il bilancio di una banca Le attività sono elencate a sinistra e comprendono: - riserve, il cui funzionamento e la cui necessità abbiamo già spiegato; - crediti bancari che possono essere distinti in prestiti e investimenti; - prestiti ottenuti dalla Banca centrale o dal mercato monetario, che esamineremo tra poco. Le passività sono rappresentate dai depositi e inserite a destra. Indichiamo come re il rapporto tra riserve e depositi, e notiamo che per stabilire il valore di questo rapporto le banche dovranno adottare misure cautelari del tipo di quelle già analizzate per gli individui con riferimento alla domanda di moneta a scopo precauzionale. L'utilizzo dei fondi bancari, alternativo a quello della costituzione di riserve aggiuntive, può essere la concessione di crediti o l'acquisto di titoli, su queste attività le banche lucrano interessi maggiori di quelli ottenuti dal deposito presso la Banca centrale, tuttavia ridurre all'osso le riserve può risultare molto pericoloso nell'ipotesi di un'imprevista richiesta di circolante da parte dei correntisti. Una banca che abbia al suo attivo poche riserve può comunque far fede ai suoi impegni chiedendo prestiti alla Banca centrale o alle altre banche (vedi terza voce del precedente elenco). Su questi prestiti pagherà un interesse pari al tasso di sconto quando prende a prestito dalla Banca centrale, e pari al tasso interbancario quando attinge credito da un'altra banca. Per 19 di 23

20 semplicità ci riferiremo al solo tasso di sconto, in quanto il tasso interbancario, segue questo molto da vicino. L'ammontare ottimo di riserve, re, dipenderà perciò dal tasso di interesse cui la banca rinuncia quando aumenta le riserve piuttosto che concedere prestiti o effettuare investimenti (i), dal livello di incertezza (che definiamo 6 ), dal tasso di sconto (id) e dal coefficiente di riserva obbligatoria (ro) che di per sé può essere tanto alto da scoraggiare ulteriori riserve, per cui: re =r(i, id, ro, σ) L'incremento del tasso di interesse riduce la desiderabilità di riserve aggiuntive, mentre l'aumento di tutte le altre variabili, rende più conveniente la costituzione di nuove riserve. Il vincolo delle riserve obbligatorie serve a scongiurare il fallimento delle banche. Un episodio storicamente rilevante mise in luce il pericolo che si incorre se le riserve sono scarse. Negli anni della Grande Depressione moltissime banche fallirono perché l'idea stessa di un'eventuale mancanza di liquidi spinse i correntisti tutti insieme a ritirare i propri fondi dalle banche. Ovviamente nessuna banca potrebbe nel giro di una mattina o di pochi giorni liquidare tutti i conti correnti, per tali motivi la corsa agli sportelli che ne seguì, nella quale ogni correntista temeva che il ritiro da parte di un altro impedisse la sua possibilità di venire liquidato, si rivelò infruttuosa. Le banche fallirono, ossia dichiararono la propria impossibilità a rimborsare i correntisti. Per evitare il ripetersi di simili eventi, non soltanto le banche centrali hanno posto limiti di riserve obbligatorie, ma esistono attualmente assicurazioni sui depositi. c) Lo stock di base monetaria Esso si compone del circolante (CU) e dei depositi delle banche presso la Banca centrale (R), e si indica solitamente con H dalla dizione anglosassone high powered money, ossia moneta ad alto potenziale. La potenzialità che viene riconosciuta a questa moneta è data dalla sua capacità di aumentare, a fronte di un suo incremento, più che proporzionalmente l'offerta di moneta. Il motivo di questa capacità è dovuto al meccanismo del moltiplicatore monetario che analizzeremo nel prossimo paragrafo, per il momento definiamo la base monetaria come: H=CU+R 20 di 23

21 7 Il moltiplicatore della moneta Per comprendere in che modo la Banca centrale controlli l'offerta di moneta, occorre partire dalla base monetaria che abbiamo visto essere costituita dal circolante e dalle riserve bancarie. Da questa quantità su cui la Banca centrale può attuare un puntuale controllo si ricava l'offerta di moneta attraverso un meccanismo noto come moltiplicatore della moneta. Per derivare con precisione il legame tra base monetaria e offerta di moneta, legame che si instaura via moltiplicatore, riportiamo la condizione di equilibrio tra domanda e offerta di moneta: M = CU + D. Avendo ipotizzato che la domanda di circolante CU è proporzionale al livello di depositi CU = cud, sostituendo il valore di CU nella [1] e mettendo in evidenza D, si avrà: M=(cu+l)D La condizione di equilibrio tra la domanda e offerta di base monetaria H è pari a H=(cu+re)D con questa ultima abbiamo espresso la domanda di base monetaria in termini di rapporto tra circolante e depositi e riserve e depositi. Verificando simultaneamente le due condizioni di equilibrio, si avrà una situazione in cui le famiglie detengono il rapporto desiderato circolante/depositi e le banche sono soddisfatte del proprio rapporto riserve/depositi. Dividendo la prima equazione per la seconda si ottiene il rapporto tra l'offerta di moneta e la base monetaria, ossia il moltiplicatore della moneta pari a: M/H=mm=(l+cu)/(cu+re) da cui moltiplicando entrambi i membri per H M=(l+cu)/(cu+re)H=mmH Come si ricava agevolmente, il moltiplicatore dipende dalla preferenza alla liquidità delle famiglie (cu), dalle preferenze delle banche rispetto al livello di riserve (re), dal livello di 21 di 23

22 instabilità ed incertezza del sistema (σ) e dal livello dei diversi tassi di rendimento (i, id). Esso sarà minore quando il rapporto riserve/depositi è elevato (elevato grado di incertezza nel sistema bancario), mentre è maggiore quando la preferenza alla liquidità delle famiglie è bassa, ossia quando il rapporto tra circolante e depositi (cu) è ridotto. Il moltiplicatore, dunque, può essere espresso come funzione di: mm=f(i,id,cu,re) La dipendenza del moltiplicatore da tutte queste variabili fa sì che la Banca centrale pur determinando il livello di base monetaria, non riesca a stabilire quello dell'offerta, essendo il moltiplicatore variabile. Al di là del ragionamento analitico vediamo concretamente come accade che aumenti della base monetaria producano aumenti più che proporzionali dell'offerta di moneta. Quando la Banca centrale aumenta la base monetaria, ricorre ad un'operazione di mercato aperto e acquista titoli dagli operatori. L'immediato effetto di ciò è l'aumento delle riserve bancarie, infatti il venditore che riceve un assegno per il pagamento dei titoli alienati, porterà questo assegno, emanato dalla Banca centrale su se stessa, alla sua banca. La banca presenta l'assegno alla Banca centrale che lo aggiunge alle sue riserve. Il venditore del titolo iniziale adesso si trova con un volume di depositi troppo alto rispetto al circolante (il cu non è più quello da lui preferito), per cui chiederà di aumentare il circolante, questo riduce sia le riserve bancarie che i depositi. La banca del venditore, però avendo registrato un contemporaneo aumento sia dei suoi depositi che delle riserve di identico ammontare (equivalente all'assegno depositato) si ritroverà con un rapporto non ottimale tra riserve e depositi (re sbilanciato), pertanto deciderà di procedere ad un prestito. Il prestito concesso da una banca si trasforma in un accredito sul deposito del debitore, pertanto l'offerta di moneta pari a (CU +D) è ora aumentata in misura maggiore dell'iniziale assegno di pagamento; infatti, poiché al venditore è già riconosciuta la titolarità dell'intera somma (in parte ritirata come circolante ed in parte depositata), l'offerta di moneta risulta aumentata più che proporzionalmente dopo la concessione del prestito. 22 di 23

23 Colui cui è stato concesso il prestito può ritirare l'intero deposito o parte di esso e pagare i fornitori in contanti, ovvero emettere assegni per onorare i pagamenti. Queste somme tornano, in qualche misura, alle banche incrementando ulteriormente i loro depositi e destabilizzando il rapporto re, per cui le banche continueranno ad espandere il credito fino a quando il rapporto riserve/depositi non sarà tornato al livello da esse giudicato ottimale. Gli incrementi della offerta di moneta generati da questo processo sono via via minori, la loro sommatoria sarà determinata dal moltiplicatore. 23 di 23

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