Il tempo delle ciliegie

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2 P. Mariotti - G. Alpini - P. Serafini Il tempo delle ciliegie Progetto di recupero, caratterizzazione, conservazione e valorizzazione del germoplasma di ciliegio della Valle di Chio Ideato, curato e realizzato dall associazione Amici della Valle di Chio

3 PREFAZIONE Torniamo all antico e sarà già un progresso (Giuseppe Verdi) La bellezza e generosità della Valle di Chio dipendevano anche dalla presenza dei suoi Ciliegi che, in primavera si mostravano come vestiti a festa nel colore bianco dei loro fiori e ad inizio estate offrivano i loro splendidi frutti rossi e saporiti. Occupandoci, negli anni, della Valle di Chio nelle sue peculiarità e particolarità, non potevamo non preoccuparci della quasi totale scomparsa di queste piante che, per secoli, avevano caratterizzato e scandito i tempi della vallata determinandone non solo il paesaggio ma costituendo altresì una importante risorsa economica per le famiglie dei valligiani. Profondi cambiamenti nella vita sociale e nelle stesse tecniche colturali, a cominciare dalla fine degli anni sessanta, nel secolo scorso, avevano portato al progressivo disperdersi di questo patrimonio genetico, paesaggistico, economico ed anche culturale. Solo il forte radicamento di queste piante nel territorio e nella storia stessa delle persone e delle famiglie, ha fatto sì che alcuni esemplari delle specie caratteristiche autoctone siano state conservate ed anche propagate costituendo la fonte primaria di raccolta di materiale di propagazione per l innesto e quindi il recupero delle cultivar Nerona, Moscatella e Sotto l acquavite (non siamo riusciti a trovare con certezza la quarta specie Dalla punta ). 3 Abbiamo pertanto iniziato, nel 2004, un Progetto di recupero, caratterizzazione, conservazione e valorizzazione del germoplasma di ciliegio della Valle di Chio con A.R.S.I.A Regione Toscana e CNR-IVALSA che, articolatosi in tre annualità, ha portato al pieno e certo recupero delle tre cultivar citate. Questo lavoro ha già prodotto importanti risultati quali l inserimento delle tre specie nel Repertorio Regionale delle varietà locali toscane e la costituzione di campi collezione con il riconoscimento da parte di A.R.S.I.A. Regione Toscana di Coltivatori Custodi. Si tratta di un primo importante riconoscimento eventualmente utile ai fini di valorizzazioni future legate al territorio DOP o IGP se possibile. È quindi un ritorno all antico che prelude ad un possibile nuovo sviluppo nel rispetto delle nostre tradizioni, della nostra storia e del paesaggio della nostra Valle di Chio. È per questo che le centinaia di nuove piante, sono state sapientemente distribuite nel territorio, come era in passato, senza creare concentrazioni tipo frutteto specializzato anche per meglio attuare una difesa fitosanitaria la più naturale possibile. La presente pubblicazione, è suddivisa in tre parti: - la prima curata dal CNR nella appassionata, paziente e competente persona del Dott. Mariotti che, oltre ad illustrare tutta una serie di interessanti dati scientifici, offre utili indicazioni colturali per la vita dei ciliegi di estrema utilità per tutti coloro che hanno piantato ed amano queste piante; - la seconda parte è presentata dal Prof. Giuseppe Alpini che ci fa viaggiare nel tempo alla singolare scoperta di un frutto così popolare quanto misterioso;

4 - la terza ed ultima parte curata con la solita pazienza, tenacia e conoscenza dei valligiani (homo vallis incola) di Paolo Serafini, già curatore del libro C era una volta in Val di Chio, è una raccolta di testimonianze, fatti e gustosi aneddoti che provano il grande e forte legame fra i ciliegi e gli uomini della nostra Valle. Antonio Bernardini Presidente Associazione Amici della Valle di Chio Ringraziamenti - agli autori della pubblicazione Dott. Mariotti Pierluigi, Prof. Giuseppe Alpini e Maestro Paolo Serafini (valligiano ad honorem) per il loro entusiastico e competente contributo; - al Comune di Castiglion Fiorentino nella persona del Sindaco Dott. Paolo Brandi che ha subito compreso ed appoggiato l iniziativa; - alla Provincia di Arezzo per l indirizzo ed il sostegno fornito dall Assessore Roberto Vasai e dalla Dott.ssa Zelinda Ceccarelli sempre attenti nella valorizzazione dei prodotti del territorio; 4 - ai proprietari dei ciliegi residui Signori Lepri Luigi Marino, Gotti Primetta in Sensi, Dorgioni Ippolito (Poldo) e Soggetti Giuseppe che hanno saputo perpetrare le specie, che ci hanno aperto i loro campi e che ci hanno consentito di prendere materiale per l innesto; - all amico Felice Bambini che ci ha messo a disposizione la sua grande esperienza di innesti, fondamentale per il recupero; - agli amici Buccelleti che hanno tenuto in vivaio le piante innestate il periodo dopo l innesto e fino alla piantagione; - all A.R.S.I.A. Regione Toscana nelle persone del Dott. Natale Bazzanti responsabile del settore coinvolto e di Rita Turchi, non burocrati ma appassionati del proprio lavoro; - al Cavaliere Alberto Bruni, che ha realizzato nel suo stile personale due quadri che illustrano la fioritura di ciliegi e il momento della coglitura, dai quali sono tratte le illustrazioni di copertina e le altre che accompagnano il testo. - a tutti i soci dell Associazione Amici della Valle di Chio che hanno condiviso questo progetto con convinzione.

5 L Amministrazione Comunale esprime il suo più grande apprezzamento per questa bella pubblicazione che tratta di un argomento per certi aspetti insolito, come è quello della ciliegia. Non di una ciliegia qualunque, ma di quel frutto rosso e succoso che cresceva nella nostra Valle di Chio. Questo scritto sta infatti all interno di un progetto più ampio che con termine tecnico è stato definito Progetto di recupero, caratterizzazione, conservazione e valorizzazione del germoplasma di ciliegio della Valle di Chio. Ma, al di là degli aspetti scientifici, sicuramente importanti, ci piace evidenziare come quest opera, si inserisca in quel vasto progetto di riscoperta della storia e delle tradizioni locali di cui in tempi e modi diversi si sono fatti interpreti le scuole, i gruppi di volontariato e le associazioni culturali come gli Amici della Valle di Chio. Dentro questo lavoro, che da qualche anno ci vede tutti fortemente impegnati, ci sta a pieno titolo la valorizzazione degli antichi prodotti e di un modello meno invasivo di economia, un economia agricola e artigianale che riusciva a tenere insieme ambiente e lavoro, inserendosi perfettamente in un tessuto agrario e urbano per molti aspetti incorrotto. La ciliegia, in particolare, rappresentava per la nostra Valle, come da noi Castiglionesi viene indicata la Valle di Chio, un prodotto caratteristico che ha rischiato nel corso del tempo di scomparire e che solo la pazienza e un pizzico di fortuna hanno consentito di riportare alla vita. Io spero che la Valle possa tornare ad essere la Valle dei ciliegi perché vorrebbe dire che la scelta fatta è quella per un ambiente sano in cui si legano assieme le culture tradizionali, un nuovo spirito imprenditoriale e l amore per la nostra terra. Come Amministrazioni Locali dovremmo essere capaci di spingere in queste direzioni, consapevoli che la qualità di un territorio non è fatta solo di buone strade e servizi efficienti, la qualità della vita è anche bellezza e niente è più bello in primavera degli alberi fioriti come ciliegi, mandorli e peschi che punteggiano le nostre campagne. Ed aggiungo, cosa c è di più bello, mentre si avvicina l estate, di alzare lo sguardo e gioire dei colori dei frutti maturi? Infatti in quel frutto non c è soltanto la natura che esplode ma anche tanta fatica e tanto lavoro. Quella fatica e quel lavoro che oggi non siamo più abituati ad apprezzare perché tutto sembra virtuale. Questa pubblicazione serve anche a farci capire che nulla nasce per caso e spetta a noi conservare gelosamente questo mondo di valori e storie che, nonostante tutto, non è mai tramontato. 5 Paolo Brandi Sindaco di Castiglion Fiorentino

6 RECUPERO, CARATTERIZZAZIONE, CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE DEL GERMOPLASMA DI CILIEGIO DELLA VALLE DI CHIO a cura di Pierluigi Mariotti Il Progetto La Valle di Chio era considerata fino ad alcuni decenni fa una zona di buona diffusione della cerasicoltura. Le fonti storiche e popolari raccolte in questa pubblicazione hanno confermato quanta parte avesse nella vita economica e sociale di questo particolare territorio la coltivazione del ciliegio. Nel volume (pubblicato nel 1973) sulla Indagine sulle cultivar di ciliegio diffuse in Italia, la presentazione delle schede di oltre 50 cultivar di ciliegio coltivate in Toscana segnalava che nella Valle di Chio, in Comune di Castiglion Fiorentino, era pure molto sviluppata la cerasicoltura con le cultivar: Moscatella, Nerona, Dalla Punta e Sotto l Acquavite. Queste due ultime sono adatte per la conservazione sotto alcool. Nei decenni seguenti l abbandono delle attività agricole, particolarmente nelle zone collinari, ha fatto temere la perdita definitiva di questi particolari genotipi. All inizio del secolo attuale alcuni agricoltori e privati amatori della coltura del ciliegio, riuniti nell Associazione culturale Amici della Valle di Chio, hanno espresso la necessità di riappropriarsi di questo momento della storia locale, rintracciando e conservando tali varietà autoctone nell ambito di una rivalorizzazione della cerasicoltura locale. Un programma per sviluppare questo progetto ha coinvolto l ARSIA (Azienda Regionale Sviluppo e Innovazione in Agricoltura) che ha fornito i mezzi finanziari necessari, l Associazione culturale Amici della Valle di Chio che ha ritrovato, propagato e diffuso fra i soci le diverse varietà e l Istituto per la Valorizzazione del Legno e Specie Legnose del CNR (IVALSA), che ha fornito la propria decennale esperienza nella caratterizzazione e valorizzazione del germoplasma cerasicolo toscano. Sono stati localizzati sul territorio otto campioni riferibili a Nerona, quattro di Sotto l Acquavite, due di Moscatella ed una singola accessione (denominata Sconosciuta) con caratteristiche apparentemente diverse dalle altre tre; nessun esemplare di Dalla punta è stato identificato con sicurezza al termine del progetto. L attività iniziale dell IVALSA ha riguardato la ricerca documentale, la caratterizzazione morfofenologica delle accessioni recuperate ed una serie di analisi di laboratorio (meccaniche, chimiche e sensoriali) per la valutazione qualitativa dei frutti. Successivamente sono state effettuate analisi di laboratorio per quantificare la presenza nel frutto di molecole utili per la salute ed indagini molecolari per determinare il grado di similarità esistente tra i diversi genotipi. I dati raccolti sono stati utilizzati per predisporre le richieste di iscrizione delle tre cultivar locali al Repertorio Regionale Toscano (Leggi regionali 50/97 e 64/04), che sono state approvate l 8 maggio Caratterizzazione morfo-fenologica La fioritura delle cultivar in esame inizia generalmente nella prima decade di aprile. La più precoce appare Nerona seguita da Sotto l Acquavite e Moscatella L inizio della maturazione dei frutti varia secondo le annate, ma generalmente avviene nella prima-seconda decade di giugno, iniziando con Moscatella, seguita da Nerona e Sotto l Acquavite (SLA). Riportiamo i dati carpologici medi delle accessioni esaminate nel 2006.

7 Tabella 1- Dati carpologici medi dei frutti di ciliegio raccolti in Valle di Chio Cultivar e sigla Provenienza Peso medio Volume medio Altezza Larghezza Spessore Peduncolo di riferimento (grammi) (cc) (mm) (mm) (mm) (mm) Moscatella 74-D2 Orzale 5,80 5,45 20,3 22,3 18,9 43,3 Moscatella 74-L1 Santa Cristina 5,40 5,00 19,9 22,0 19,3 42,4 Nerona 96-B1 Orzale 6,77 6,63 21,0 23,3 20,4 33,1 Nerona 96-D1 Orzale 7,37 7,00 21,6 24,2 21,1 29,3 Nerona 96-D4 (*) Orzale 6,86 6,58 21,7 23,8 20,6 30,4 Nerona 96-L2 Santa Cristina 7,36 7,00 21,8 24,4 21,5 31,5 Nerona 96-P1 Santa Cristina 7,25 7,09 21,9 23,9 20,9 34,6 Nerona 96-P2 Santa Cristina 7,12 6,97 22,4 24,1 21,2 34,1 Nerona 96-P4 Santa Cristina 6,68 6,49 21,0 23,3 20,4 31,3 Nerona 96-P5 (**) Santa Cristina 6,84 6,47 22,8 24,3 21,0 29,6 Sconosciuta 73-V1 Santo Stefano 6,97 6,74 21,5 23, ,4 Sotto l Acquavite 190-D3 Orzale 4,43 4,20 20,1 21,7 19,3 28,7 Sotto l Acquavite 190-L3 Santa Cristina 4,51 4,30 18,2 20,6 18,3 34,7 Sotto l Acquavite 190-P3 Santa Cristina 4,30 3,95 17,9 18,3 17,8 32,9 (*) dati relativi alla raccolta anno 2007 (**) dati relativi alla prima raccolta anno 2006 SLA= dati relativi alla seconda raccolta Analisi di laboratorio Campionamento I frutti dei campioni esaminati (11 in totale) sono stati raccolti in due date diverse del giugno 2006 e sottoposti ad analisi il 15 giugno (6 campioni) e il 21 giugno (5 campioni), presso il laboratorio Astra di Faenza, dove erano stati analizzati precedentemente diversi altri campioni di ciliegio del germoplasma regionale toscano. Il campionamento è stato fatto utilizzando frutti di una singola pianta o mescolando, in parti proporzionali al prodotto, frutti raccolti da piante diverse dello stessa varietà. Due campioni appartenenti al gruppo della Nerona (96-P1 e 96- P2) sono stati confrontati nelle due epoche di raccolta, così come i frutti di sconosciuta 73- V1. La Moscatella, più precoce delle altre, è stata esaminata soltanto in prima epoca. Analisi strumentali Resistenza della buccia: su 20 frutti, con penetrometro manuale verticale, puntale di 2 mm di diametro, con un solo foro per frutto in zona equatoriale. Il dato è espresso in grammi come forza necessaria per forare la buccia. Durezza della polpa: sugli stessi campioni, nella parte opposta del frutto, togliendo un sottile strato di buccia, con puntale di 6 mm di diametro. Dato espresso in grammi di forza necessaria per penetrare di 1 cm la polpa. Analisi del colore: su 20 frutti con colorimetro Minolta, che analizza il colore in uno spazio tridimensionale definendo le coordinate L (luminosità da 0= nero a 100=bianco), a (variazione dal verde al rosso) e b (variazione dal blu al giallo).

8 Tabella 2 - Dati delle analisi strumentali. Gli asterischi indicano i genotipi valutati in entrambe le epoche di raccolta. No. Data Campione Cultivar Durezza Durezza Parametro Parametro Parametro buccia g polpa g L a b 1 15 giugno V1 * sconosciuta ,75 33,05 12, giugno B1-L2-D1 Nerona ,03 34,52 15, giugno P1 ** Nerona ,26 27,76 8, giugno P2 *** Nerona ,99 27,17 8, giugno D2-L1 Moscatella ,22 33,41 23, giugno D3 SLA 686 n.e. 35,09 33,89 14, giugno V1 * sconosciuta ,51 22,27 5, giugno P4 Nerona ,55 23,41 6, giugno P1 ** Nerona ,77 15,75 4, giugno P2 *** Nerona ,75 14,13 3, giugno D3-L3 SLA ,16 18,73 3,56 n.e: non eseguibile per eccesso di durezza Il gruppo di accessioni afferenti a Nerona ha mostrato un comportamento abbastanza omogeneo nei riguardi della durezza del frutto e della variazione del colore, nelle due diverse epoche di raccolta. Un dato evidente per Moscatella è stato la maggiore intensità di lucentezza della buccia, dovuto al colore molto chiaro, mentre per Sotto l Acquavite sono evidenti valori molto alti di resistenza della buccia e durezza della polpa, apprezzabili in una cultivar destinata alla conservazione sotto alcol. Analisi chimiche Effettuate sul succo filtrato dei frutti utilizzati precedentemente, snocciolati e pressati, utilizzando le seguenti apparecchiature e metodologie. Acidità titolabile: su 10 ml di succo con titolatore automatico Crison con NaOH 0,1 N. Valore come meq/l di succo. Determinazione del ph: eseguito sul succo con titolatore automatico Crison. Residuo Secco Rifrattometrico (RSR%): con rifrattometro portatile digitale, monofase multimodale Brixstix. Dato espresso in Brix, media di due letture. Acidi organici: su succo filtrato e decolorato, con HPLC GBC, equipaggiato con colonna Aminex HPX-87H e detector UV regolato a 210 nm. Dati espressi in g/kg di succo. Zuccheri semplici: su succo filtrato e decolorato, utilizzando una pompa HPLC Jasco PU 980, equipaggiata con colonna Aminex HPX- 87C e detector Jasco RI 880. Dati espressi in g/kg di succo. 9 Tabella 3 Dati delle analisi chimiche No. Data Campione Cultivar Acidità ph RSR Acido Glucosio Zuccheri Sorbitolo Zuccheri analisi titolabile % malico Fruttosio totali V1* sconosciuta 9,37 3,88 15,5 9,62 92,40 67,75 20,70 180, B1-L2-D1 Nerona 8,13 3,95 16,1 11,34 99,35 75,75 28,60 203, P1** Nerona 8,76 3,87 17,2 10,99 102,90 81,70 26,90 211, P2*** Nerona 9,10 3,86 17,0 11,06 100,90 80,95 29,55 211, D2-L1 Moscatella 6,76 3,98 16,6 9,60 102,00 82,40 23,70 208, D3 SLA 6,00 4,20 16,8 8,91 72,95 78,00 26,00 176, V1* sconosciuta 11,31 3,72 18,8 14,93 103, ,95 220, P4 Nerona 10,70 3,71 19,4 12,18 92,70 77,10 35,30 205, P1** Nerona 10,88 3,66 21,0 12,98 104,65 79,95 33,80 218, P2*** Nerona 10,97 3,68 22,0 9,98 125,50 104,20 48,95 278, D3-L3 SLA 9,23 3,87 20,6 11,19 112,00 88,30 32,95 233,25

9 Da osservare che nei tre campioni di frutti esaminati in ambedue le raccolte, a distanza di una settimana risulta un incremento dell acidità titolabile ed un notevole aumento nel contenuto di acidi organici e zuccheri semplici. In evidenza anche i contenuti in zuccheri totali di Moscatella, raccolta una sola volta per la precocità di maturazione. Analisi sensoriali Le valutazioni organolettiche sono state eseguite con un gruppo (panel) di 15 giudici, esperti delle tecniche di assaggio, ai quali erano forniti campioni di 5-6 frutti in ordine casuale, identificati con sigle numeriche, in base ad una scheda di valutazione (con intervalli da 1 a 9), nella prima parte della quale venivano segnalati i parametri rispondenti alle caratteristiche dei frutti, nella seconda parte veniva riportato un giudizio edonistico sulla gradevolezza visiva (intensità del colore della buccia), gustativa (percezione dolce, percezione acida, intensità aromatica), strutturale (consistenza della polpa, succosità, resistenza della buccia alla masticazione, grado di separazione della polpa dal nocciolo) per stabilire il punteggio del valore medio di gradevolezza complessiva, riportato nella ultima colonna della tabella. Tabella 4 - Dati medi delle analisi sensoriali 10 No. Data Campione Cultivar Intensità Dolce Acido Zuccheri/ Percezione Intensità Consistenza colore acidi amaro aromatica polpa V1* sconosciuta 6,71 5,42 3,42 6,42 2,17 3,92 6, B1-L2-D1 Nerona 5,58 5,50 3,17 5,50 1,75 4,25 6, P1** Nerona 7,58 6,00 3,83 5,42 1,92 5,00 6, P2*** Nerona 7,33 6,25 3,42 6,42 1,67 5,42 6, D2-L1 Moscatella 3,25 5,25 3,08 6,00 1,67 3,92 6, D3 SLA 5,33 4,67 2,75 5,50 4,17 3,00 7, V1* sconosciuta 7,00 6,38 5,46 5,31 2,92 6,00 6, P4 Nerona 7,00 7,00 4,00 5,85 2,62 6,23 6, P1** Nerona 8,23 7,38 4,15 6,15 2,08 6,62 6, P2*** Nerona 8,09 7,73 3,91 6,82 3,00 6,45 6, D3-L3 SLA 6,64 5,93 3,79 6,14 4,57 4,69 8,00 No. Data Campione Cultivar Succosità Resistenza Grado Gradevol. Gradevol. Gradevol. Gradevol. buccia separazione visiva gustativa strutturale media V1* sconosciuta 5,00 6,58 7,09 6,23 6,18 6,59 6, B1-L2-D1 Nerona 5,00 7,08 6,82 6,08 6,13 6,58 6, P1** Nerona 5,08 6,33 6,83 7,08 6,75 6,92 6, P2*** Nerona 5,83 6,67 6,50 7,17 6,83 7,00 7, D2-L1 Moscatella 5,25 6,00 6,50 4,25 5,75 6,25 5, D3 SLA 2,67 7,75 5,17 4,67 3,58 4,08 4, V1* sconosciuta 6,54 5,54 6,15 7,08 7,08 7,15 7, P4 Nerona 6,69 6,15 5,62 7,08 7,50 7,31 7, P1** Nerona 7,08 5,69 5,62 7,92 7,85 7,69 7, P2*** Nerona 6,18 5,45 6,82 7,73 7,55 7,27 7, D3-L3 SLA 3,36 6,86 5,29 6,14 5,43 5,86 5,81

10 Il panel test ha indicato chiaramente la maggiore considerazione per le caratteristiche visive, strutturali e gustative delle accessioni riferibili a Nerona, mentre Moscatella è stata penalizzata per il colore meno intenso della buccia, nonostante la discreta valutazione organolettica. Per Sotto l Acquavite le caratteristiche dei frutti escludono l utilizzo per il consumo fresco, ma valorizzano l attitudine all impiego come ciliegia da conservazione sotto alcol o simile. Le valutazioni raggiunte dalle accessioni di Nerona nella seconda epoca di raccolta (con punteggi di gradevolezza media superiori a 7) la collocano, dal punto di vista organolettico, fra le principali cultivar del patrimonio cerasicolo toscano. (vedi fig. 1 pag. 35) Descrizione delle cultivar Nel corso del 2006 sono stati effettuati sulle accessioni appartenenti alle cultivar locali di ciliegio, una serie di rilievi in campo ed in laboratorio per la loro caratterizzazione morfologica e fenologica. I dati raccolti vengono riportati di seguito e riguardano due campioni di Moscatella, sette di Nerona, tre di Sotto l Acquavite, più una accessione sconosciuta. I diversi genotipi vengono segnalati con una sigla identificativa. ACCESSIONE 74 Cv. Moscatella Sono state esaminate due piante, segnalate appartenenti alla cultivar Moscatella, conservate presso Ippolito Dorgioni a Orzale (74-D2) e presso Marino Lepri a S. Cristina (74-L1). Di questa ultima esiste un duplicato presso la stessa azienda, ma presenta frutti più piccoli e tardivi. ALBERO 74-D2 74-L1 Vigore medio medio Portamento: espanso espanso Chioma: rada rada RAMO DI UN ANNO Numero di lenticelle: scarso medio-scarso Forma delle lenticelle: rotonde rotonde Dimensione delle lenticelle: piccole medio-piccole Forma delle gemme: conica appuntita conica ovoidale Dimensione delle gemme: medie medie 11 FOGLIA 74-D2 74-L1 Forma: lanceolata, talora ellittica ellittica o ellittica allargata Dimensione: piccola media o medio grande Margine della lamina fogliare: seghettato seghettato Colore della pagina superiore: verde medio verde medio Posizione della massima larghezza: centrale centrale Angolo apicale: medio medio Ghiandole fogliari: scarse, su lembo e picciolo scarse, su lembo e picciolo Angolo basale: medio mediamente ampio Dati biometrici medi Lunghezza (mm): 103,9 123,2 Larghezza (mm): 51,6 62,2 Superficie (cm2): 34,23 51,29 Prodotto diametrico (cm2): 53,61 76,63 Rapporti diametrici: 2,01/0,50 1,95/0,50 Lunghezza del picciolo (mm): 41,7 42,4

11 FIORE 74-D2 74-L1 Dimensione della corolla: media media o medio piccola Dimensione dei petali: media medio grandi Forma dei petali: arrotondati, leggermente allungati arrotondati, leggermente allungati Dati biometrici medi Fiori per infiorescenza (no): due (54,5%); tre (38,25) tre (61,3%) Petalo-Diametro longitudinale (mm): 15,9 17,7 Petalo-Diametro trasversale (mm): 12,6 14,5 Superficie (mm2) 148,5 188,0 Rapporti diametrici 1,26/0,79 1,22/0,82 Parametro S 1,11 1,11 Lunghezza del peduncolo (mm): 28,3 20,1 Note: il parametro S (Shape factor) risulta dal rapporto tra il perimetro dell oggetto e quello di un cerchio della stessa area (S= P/Pc). 12 FRUTTO 74-D2 74-L1 Dimensione: medio piccola media Forma: sferoidale depressa sferoidale depressa Sezione trasversale: oblata oblata Forma dell apice: arrotondata arrotondata Forma della cavità peduncolare: superficiale e poco profonda superficiale e poco profonda Colore dell epicarpo: giallo, coperto di rosso 50-70% giallo, coperto di rosso 50% Linea di sutura: chiara, mediamente evidente chiara, mediamente evidente Colore della polpa: giallo aranciata giallo aranciata Consistenza della polpa: media media Aderenza della polpa al nocciolo: da semispicca a spicca da semispicca a spicca Sapore: intermedio intermedio Colore del succo: rosato rosato Quantità di succo: scarsa scarsa Distacco del peduncolo dal frutto: mediamente difficile da medio a difficile Apice del peduncolo dopo il distacco: asciutto asciutto Dati biometrici medi Prima raccolta Prima raccolta Peso (g): 5,7 6,2 Volume (ml): 5,5 5,7 Altezza (mm): 20,4 21,0 Larghezza (mm): 22,1 23,9 Spessore (mm): 18,8 20,5 Lunghezza del peduncolo (mm): 41,6 41,9 Dati biometrici medi Seconda raccolta Seconda raccolta (*) Peso (g): 5,9 4,6 Volume (ml): 5,4 4,3 Altezza (mm): 20,3 18,7 Larghezza (mm): 22,5 20,1 Spessore (mm): 19,0 18,0 Lunghezza del peduncolo (mm): 45,0 42,8 Note: alcuni frutti presentavano spaccature sulla guancia. Forza di distacco del peduncolo dal frutto (F.R.F.): media (da 250 a 500 grammi) ENDOCARPO 74-D2 74-L1 Dimensione del nocciolo: piccola piccola Forma del nocciolo: ellissoidale ellissoidale Sezione trasversale: ellittica ellittica Base: arrotondata arrotondata Apice: conico conico

12 ENDOCARPO 74-D2 74-L1 Cresta della sutura ventrale: poco rilevata poco rilevata Dati biometrici medi: Peso (g): 0,32 0,29 Volume (ml): 0,28 0,30 Altezza (mm): 11,3 10,3 Larghezza (mm): 9,1 8,3 Spessore (mm): 7,1 7,0 Rapporto con il frutto (%): 5,1 6,0 Commenti: sebbene alcuni parametri biometrici (ad esempio lunghezza del peduncolo del fiore) non coincidono con i dati della letteratura, le due piante forniscono frutti assai simili tra loro, con numerose caratteristiche coincidenti con la scheda pomologica consultata (Baldini et al., 1973) in particolare con la maturazione più precoce delle altre cultivar locali, per cui si ritengono ambedue cloni di Moscatella. (*) La seconda raccolta della accessione 74-L1 è stata effettuata sulla pianta duplicata, poiché la pianta madre aveva terminato i frutti. ACCESSIONE 96 Cv. Nerona Sono riportati i dati biometrici di tre piante segnalate appartenenti alla cultivar Nerona, la prima presso Giuseppe Soggetti a Orzale (96-B1), la seconda presso Ippolito Dorgioni a Orzale (96-D1), l ultima presso Marino Lepri a S. Cristina (96-L2). Un altra pianta appartenente ancora a Ippolito Dorgioni (96-D4) a Orzale, è stata trovata al momento della prima raccolta del 2006 praticamente priva di frutti, per cui non vengono nemmeno riportati i dati biometrici sulla fioritura presi in precedenza. La pianta appartenente a R. Giommetti (96-G1) non è stata considerata perché non produttiva ed in cattive condizioni generali. ALBERO 96-B1 96-D1 96-L2 Vigore: medio scarso medio medio scarso Portamento: espanso espanso espanso Chioma: rada media rada RAMO DI UN ANNO Numero di lenticelle: scarso scarso scarso Forma delle lenticelle: da rotonda a ellittica rotonda rotonda Dimensione delle lenticelle: piccola piccola piccola Forma delle gemme: conico ovoidale conico appuntita conico appuntita Dimensione delle gemme: medie media media 13 FOGLIA 96-B1 96-D1 96-L2 Forma: ellittico allargata ellittico allargata ellittica o ellitt. allarg. Dimensione: media o m. grande media media Margine della lamina fogliare: seghettato seghettato seghettato Colore della pagina superiore: verde medio verde medio verde medio Posizione della massima larghezza: centrale centrale o centro apicale centrale Angolo apicale: ampio ampio medio ampio Ghiandole fogliari: scarse scarse scarse Angolo basale: ampio ampio medio Dati biometrici medi Lunghezza (mm): 116,3 113,3 116,7 Larghezza (mm): 68,3 58,7 58,5 Superficie (cm 2 ): 53,2 44,1 46,52 Prodotto diametrico (cm 2 ): 79,5 66,5 68,27 Rapporti diametrici 1,70/0,58 1,93/0,52 1,99/0,50 Lunghezza del picciolo (mm): 41,6 39,2 43,4

13 FIORE 96-B1 96-D1 96-L2 Dimensione della corolla: media media media Dimensione dei petali: grande grande medio grande Forma dei petali: arrotondata arrotondata, legg. allun. arrotondata, legg. all. Dati biometrici medi Fiori per infiorescenza (no): quattro (52%) 3 (33%) tre (60,4%) tre (57,1%) Petalo-Diametro longitudinale (mm): 17,1 17,4 16,5 Petalo-Diametro trasversale (mm): 15,0 13,3 12,6 Superficie (mm 2 ) 191,6 165,8 155,1 Rapporti diametrici 1,14/ 0,88 1,31/ 0,76 1,31/0,76 Parametro S 1,10 1,13 1,12 Lunghezza del peduncolo (mm): 20,9 18,7 17,8 14 FRUTTO 96-D1 96D4 96-L2 Dimensione: media media o medio grossa media o medio grossa Forma: cuoriforme cuoriforme cuoriforme depressa Sezione trasversale: da arrotondata a oblata arrotondata oblata Forma dell apice: arrotondata arrotondata arrotondata Forma della cavità peduncolare: superficiale poco prof. superficiale poco prof. superficiale poco prof. Colore dell epicarpo: rosso scuro rosso scuro rosso Linea di sutura: evidente evidente evidente Colore della polpa: rosata da rosa a rosso rosata Consistenza della polpa: elevata elevata elevata Aderenza della polpa al nocciolo: spicca spicca spicca Sapore: intermedio dolce intermedio intermedio Colore del succo: da rosa a rosso da rosa a rosso rosato Quantità di succo: medio scarsa Medio scarsa media Distacco del peduncolo dal frutto: facile facile mediamente difficile Apice del peduncolo dopo il distacco: asciutto asciutto poco gocciolato Dati biometrici medi Prima raccolta Prima raccolta Prima raccolta Peso (g): 6,54 7,77 7,96 Volume (ml): 6,45 7,50 7,50 Altezza (mm): 20,9 21,6 22,6 Larghezza (mm): 23,1 24,5 25,2 Spessore (mm): 20,3 21,5 22,1 Lunghezza del peduncolo (mm): 34,6 28,5 29,3 Dati biometrici medi Seconda raccolta Seconda raccolta Seconda raccolta Peso (g): 7,00 6,97 6,76 Volume (ml): 6,80 6,50 6,50 Altezza (mm): 21,1 21,6 20,9 Larghezza (mm): 23,4 23,8 23,6 Spessore (mm): 20,4 20,7 20,8 Lunghezza del peduncolo (mm): 31,6 30,1 33,7 Note: 96-B1- presenza di frutti danneggiati alla seconda raccolta. Forza di distacco peduncolo: variabile (da 350 a 900 grammi) 96-D1- presenza di frutti danneggiati in ambedue le raccolte. Forza di distacco peduncolo: media (intorno 500 grammi) 96-L2- i frutti hanno mantenuto anche alla seconda raccolta una colorazione rossa, più chiara delle altre due accessioni

14 ENDOCARPO 96-B1 96-D1 96-L2 Dimensione del nocciolo: piccola piccola medio piccola Forma del nocciolo: ellissoidale ellissoidale ellissoidale Sezione trasversale: ellittica ellittica ellittica Base: arrotondata arrotondata arrotondata Apice: conico conico conico Cresta della sutura ventrale: poco rilevata poco rilevata poco rilevata Dati biometrici medi: Peso (g): 0,31 0,32 0,34 Volume (ml): 0,28 0,31 0,30 Altezza (mm): 10,2 10,5 10,9 Larghezza (mm): 8,4 8,7 9,5 Spessore (mm): 7,1 7,2 8,1 Rapporto con il frutto (%): 4,2 4,4 4,3 Commenti: delle tre accessioni confrontate, la 96-D1 è apparsa quella più vigorosa e maggiormente produttiva. Occorre considerare che le altre due accessioni avevano subito nell inverno precedente una notevole sfoltita di rami per raccogliere materiale di propagazione. Nella seconda raccolta (15 giugno 2006) sia la 96-B1 che la 96-L2 avevano conservato pochissimi frutti. È interessante segnalare che questa ultima presentava, anche nella seconda raccolta, frutti di un colore rosso intenso, a differenza delle altre due che avevano già assunto una colorazione più scura. ACCESSIONE 96 - Cv Nerona Sono state esaminate le prime due piante (96-P1e 96-P2), attribuibili alla cultivar Nerona, conservate presso Primetta Gotti a S. Cristina, nei pressi del canale Vingone, accanto alla accessione 190-P3 segnalata come Sotto l Acquavite. ALBERO 96-P1 96-P2 Vigore: elevato elevato Portamento: espansa espanso Chioma: folta folta RAMO DI UN ANNO Numero di lenticelle: scarso molto scarso Forma delle lenticelle: rotonda rotonda Dimensione delle lenticelle: piccola piccola Forma delle gemme: conico appuntita conico appuntita Dimensione delle gemme: media media 15 FOGLIA 96-P1 96-P2 Forma: ellittica o ellittico allargata ellittica o ellittico allargata Dimensione: piccola piccola Margine della lamina fogliare: seghettato seghettato Colore della pagina superiore: verde medio verde medio Posizione della massima larghezza: centrale o centro apicale centrale o centro apicale Angolo apicale: ampio ampio Ghiandole fogliari: scarse scarse Angolo basale: medio medio Dati biometrici medi Lunghezza (mm): 112,4 114,2 Larghezza (mm): 55,2 56,7 Superficie (cm2): 40,90 42,09 Prodotto diametrico (cm2): 62,04 64,75 Rapporti diametrici 2,04/ 0,49 2,01/0,50 Lunghezza del picciolo (mm): 41,6 39,8

15 FIORE 96-P1 96-P2 Dimensione della corolla: medio grande media Dimensione dei petali: media o medio grande media Forma dei petali: arrotondata, legger. allungata arrotondata, legger. allungata Dati biometrici medi Fiori per infiorescenza (no): tre (56,1%) tre (56,9%) Petalo-Diametro longitudinale (mm): 16,4 16,0 Petalo-Diametro trasversale (mm): 12,7 12,3 Superficie (mm 2 ) 154,9 152,5 Parametro S 1,10 1,10 Rapporti diametrici 1,29/ 0,77 1,30/0,77 Lunghezza del peduncolo (mm): 20,6 22,3 16 FRUTTO 96-P1 96-P2 Dimensione: medio grossa media Forma: cuoriforme cuoriforme Sezione trasversale: rotonda oblata Forma dell apice: appiattita appiattita, leggermente incavata Forma della cavità peduncolare: superficiale superficiale Colore dell epicarpo: rosso scuro da rosso scuro a nero Linea di sutura: mediamente evidente mediamente evidente Colore della polpa: rosso chiaro rosso chiaro Consistenza della polpa: elevata elevata Aderenza della polpa al nocciolo: spicca spicca Sapore: intermedio dolce intermedio dolce Colore del succo: da rosato a rosso da rosato a rosso Quantità di succo: scarsa scarsa Distacco del peduncolo dal frutto: mediamente difficile facile Apice del peduncolo dopo il distacco: asciutto asciutto Dati biometrici medi Prima raccolta Prima raccolta Peso (g): 7,03 7,08 Volume (ml): 6,83 6,90 Altezza (mm): 21,8 22,2 Larghezza (mm): 23,8 24,3 Spessore (mm): 20,7 21,2 Lunghezza del peduncolo (mm): 33,5 35,7 Dati biometrici medi Seconda raccolta Seconda raccolta Peso (g): 7,46 7,15 Volume (ml): 7,35 7,03 Altezza (mm): 21,9 22,5 Larghezza (mm): 23,9 23,8 Spessore (mm): 21,0 21,2 Lunghezza del peduncolo (mm): 35,7 32,5 ENDOCARPO 96-P1 96-P2 Dimensione del nocciolo: media media Forma del nocciolo: ellissoidale ellissoidale Sezione trasversale: ellittica ellittica Base: da arrotondata a rastremata da arrotondata a rastremata Apice: conico conico Cresta della sutura ventrale: mediamente rilevata mediamente rilevata Dati biometrici medi: Peso (g): 0,37 0,35 Volume (ml): 0,35 0,31 Altezza (mm): 10,7 10,2 Larghezza (mm): 8,4 8,2 Spessore (mm): 7,1 7,0 Rapporto con il frutto (%): 4,9 4,4

16 Commenti: le due accessioni esaminate si trovano a pochi metri di distanza e presentano caratteristiche molto simili. Sono discretamente produttive, con frutti di buona pezzatura, di bell aspetto e raccolta scalare. F.R.F. per la 96-P1: variabile (2/3 dei frutti da 350 a 650 grammi; un terzo da 700 a 1000 grammi). ACCESSIONE 96 - Cv Nerona Sono state esaminate le ultime due piante (96-P4e 96-P5), attribuibili alla cultivar Nerona, conservate presso Primetta Gotti a S. Cristina, nei pressi del canale Vingone, a circa 50 metri di distanza dalle accessioni 96-P1 e 96-P2. ALBERO 96-P4 96-P5 Vigore. elevato elevato Portamento: assurgente assurgente Chioma: folta folta RAMO DI UN ANNO Numero di lenticelle: scarso medio Forma delle lenticelle: rotonda rotonda Dimensione delle lenticelle: piccola piccola Forma delle gemme: conico appuntita conico appuntita Dimensione delle gemme: media media FOGLIA 96-P4 96-P5 Forma: ellittica o ellittico allargata ellittica Dimensione: piccola medio piccola Margine della lamina fogliare: seghettato seghettato Colore della pagina superiore: verde medio verde medio Posizione della massima larghezza: centrale centrale Angolo apicale: mediamente largo medio Ghiandole fogliari: scarse scarse Angolo basale: stretto stretto Dati biometrici medi Lunghezza (mm): 113,8 120,3 Larghezza (mm): 56,1 54,2 Superficie (cm 2 ): 41,60 44,97 Prodotto diametrico (cm 2 ): 63,84 65,20 Rapporto diametrico 2,03/ 0,49 2,22/ 0,45 Lunghezza del picciolo (mm): 42,3 39,9 17 FIORE 96-P4 96-P5 Dimensione della corolla: medio piccola media Dimensione dei petali: media medio grande Forma dei petali: arrotondata, leggerm. allungata arrotondata, leggerm. allungata Dati biometrici medi Fiori per infiorescenza (no): tre (66,0%) tre (70,0%) Petalo-Diametro longitudinale (mm): 16,0 16,7 Petalo-Diametro trasversale (mm): 12,3 12,7 Superficie (mm 2 ) 146,6 157,9 Rapporti diametrici 1,32/ 0,76 1,31/ 0,76 Parametro S 1,10 1,09 Lunghezza del peduncolo (mm): 19,4 25,6

17 18 FRUTTO 96-P4 96-P5 Dimensione: media o medio-grossa media o medio grossa Forma: cuoriforme cuoriforme Sezione trasversale: oblata rotonda Forma dell apice: arrotondata arrotondata Forma della cavità peduncolare: superficiale superficiale Colore dell epicarpo: rosso scuro rosso scuro Linea di sutura: mediamente evidente mediamente evidente Colore della polpa: da rosato a rosso da rosato a rosso Consistenza della polpa: elevata elevata Aderenza della polpa al nocciolo: spicca spicca Sapore: intermedio intermedio Colore del succo: da rosato a rosso da rosato a rosso Quantità di succo: scarsa scarsa Distacco del peduncolo dal frutto: difficile mediamente difficile Apice del peduncolo dopo il distacco: asciutto asciutto Dati biometrici medi Prima raccolta Prima raccolta Peso (g): 6,23 6,84 Volume (ml): 6,07 6,47 Altezza (mm): 20,6 21,7 Larghezza (mm): 22,5 24,0 Spessore (mm): 20,0 20,7 Lunghezza del peduncolo (mm): 29,6 28,7 Dati biometrici medi Seconda raccolta Seconda raccolta Peso (g): 7,10 Volume (ml): 6,90 Altezza (mm): 21,4 Larghezza (mm): 23,8 Spessore (mm): 20,7 Lunghezza del peduncolo (mm): 31,3 Note: della 96-P5 non è stata fatta la seconda raccolta per la estrema difficoltà a prelevare un adeguato campione di frutti ENDOCARPO 96-P4 96-P5 Dimensione del nocciolo: medio piccola media Forma del nocciolo: ellissoidale ellissoidale Sezione trasversale: ellittica ellittica Base: arrotondata arrotondata, legger. rastremata Apice: conica conica Cresta della sutura ventrale: poco rilevata mediamente rilevata Dati biometrici medi: Peso (g): 0,33 0,35 Volume (ml): 0,29 0,29 Altezza (mm): 10,7 10,5 Larghezza (mm): 8,7 8,4 Spessore (mm): 7,4 7,2 Rapporto con il frutto (%): 4,5 4,5 Commenti: le due accessioni sono apparse simili alle precedenti (96-P1 e 96-P2), che si trovano a poca distanza, difettando forse per le caratteristiche dei frutti, leggermente inferiori per dimensioni e di minore gradevolezza.

18 ACCESSIONE 73 - sconosciuta La pianta esaminata (73-V1), di altezza elevata e sicuramente di notevole età, era stata segnalata erroneamente come appartenente alla cv. Dalla Punta. I rilievi biometrici sono risultati non coincidenti con la descrizione bibliografica della cultivar, per cui ne abbiamo esclusa l appartenenza. Considerata comunque l età della pianta e la gradevolezza dei frutti, si è ritenuto interessante includere l accessione nell indagine in corso, nella speranza di una futura identificazione. ALBERO 73-V1 Vigore: molto elevato Portamento: assurgente Chioma: folta RAMO DI UN ANNO Numero di lenticelle: scarso Forma delle lenticelle: rotonda Dimensione delle lenticelle: piccola Forma delle gemme: conico appuntita Dimensione delle gemme: medie FOGLIA 73-V1 Forma: ellittica Dimensione: media Margine della lamina fogliare: seghettato Colore della pagina superiore: verde medio Posizione della massima larghezza: centrale Angolo apicale: ampio Ghiandole fogliari: scarse Angolo basale: mediamente ampio Dati biometrici medi Lunghezza (mm): 116,1 Larghezza (mm): 58,7 Superficie (cm 2 ): 46,31 Prodotto diametrico (cm 2 ): 68,15 Rapporti diametrici 1,98/ 0,51 Lunghezza del picciolo (mm): 41,1 19 FIORE 73-V1 Dimensione della corolla: media Dimensione dei petali: grandi Forma dei petali: arrotondata, leggermente allungata Dati biometrici medi Fiori per infiorescenza (no): tre (58,9%); due (36,9%) Petalo-Diametro longitudinale (mm): 17,7 Petalo-Diametro trasversale (mm): 13,0 Superficie (mm 2 ) 171,4 Rapporti diametrici 1,36 /0,73 Parametro S 1,11 Lunghezza del peduncolo (mm): 24,9

19 20 FRUTTO 73-V1 Dimensione: medio Forma: sferoidale Sezione trasversale: arrotondata, leggermente oblata Forma dell apice: arrotondata Forma della cavità peduncolare: superficiale Colore dell epicarpo: rosso vermiglio Linea di sutura: mediamente evidente Colore della polpa: rosata Consistenza della polpa: elevata Aderenza della polpa al nocciolo: semispicca Sapore: intermedio Colore del succo: rosato Quantità di succo: scarsa Distacco del peduncolo dal frutto: mediamente facile Apice del peduncolo dopo il distacco: asciutto Dati biometrici medi Prima raccolta Peso (g): 6,56 Volume (ml): 6,33 Altezza (mm): 21,3 Larghezza (mm): 23,1 Spessore (mm): 20,3 Lunghezza del peduncolo (mm): 28,1 Dati biometrici medi Seconda raccolta Peso (g): 7,37 Volume (ml): 7,14 Altezza (mm): 21,7 Larghezza (mm): 22,8 Spessore (mm): 21,4 Lunghezza del peduncolo (mm): 32,6 ENDOCARPO 73-V1 Dimensione del nocciolo: media Forma del nocciolo: ellissoidale Sezione trasversale: ellittica Base: arrotondata Apice: conico Cresta della sutura ventrale: poco rilevata Dati biometrici medi: Peso (g): 0,39 Volume (ml): 0,33 Altezza (mm): 10,8 Larghezza (mm): 8,8 Spessore (mm): 7,4 Rapporto con il frutto (%): 4,9 Commenti: frutto di un certo interesse che matura dopo Moscatella, contemporaneo a Nerona, gusto abbastanza aromatico, polpa croccante, colore piuttosto attraente, specie alla seconda raccolta (metà giugno). Il notevole sviluppo della pianta indica un eccezionale adattabilità all ambiente. Ha una F.R.F. decisamente alta: nella seconda raccolta circa il 20% dei frutti esaminati presentava valori tra 300 e 500 grammi; il restante valori fra 700 e 1000 grammi. Genotipo da riprodurre e seguire.

20 ACCESSIONE Cv Sotto l Acquavite Sono state esaminate tre piante segnalate come appartenenti alla cultivar Sotto l Acquavite. La prima si trova presso Ippolito Dorgioni a Orzale (190-D2), la seconda presso Marino Lepri a S. Cristina (190-L3), l ultima da Primetta Gotti a S. Cristina, nei pressi del canale Vingone (190- P3). Un altra pianta appartenente a Giuseppe Soggetti (190-B2) a Orzale, è risultata capitozzata su una sola branca e non ha mai prodotto, per cui non vengono nemmeno riportati i dati biometrici raccolti in fioritura. ALBERO 190-D3 190-L3 190-P3 Vigore: medio medio medio-elevato Portamento: assurgente assurgente assurgente Chioma: folta mediamente folta folta RAMO DI UN ANNO Numero di lenticelle: medio scarse scarse scarse Forma delle lenticelle: rotonda rotonda rotonda Dimensione delle lenticelle: piccola piccola piccola Forma delle gemme: conico appuntita conico appuntita conico ovata Dimensione delle gemme: medie medie medie FOGLIA 190-D3 190-L3 190-P3 Forma: ellittica allungata ellittica allungata ellittica allungata Dimensione: media media media o medio grande Margine della lamina fogliare: seghettato seghettato seghettato Colore della pagina superiore: verde medio verde medio verde medio Posizione della massima larghezza: centrale centrale centrale Angolo apicale: mediamente ampio mediamente ampio mediamente ampio Ghiandole fogliari: scarse molto scarse scarse Angolo basale: mediamente ampio mediamente ampio mediamente ampio Dati biometrici medi Lunghezza (mm): 105,7 111,6 126,3 Larghezza (mm): 63,1 58,6 59,7 Superficie (cm 2 ): 42,64 42,96 49,71 Prodotto diametrico (cm 2 ): 66,70 65,40 75,40 Rapporti diametrici 1,67/ 0,60 1,90/ 0,53 2,12/ 0,47 Lunghezza del picciolo (mm): 45,5 46,9 45,9 21 FIORE 190-D3 190-L3 190-P3 Dimensione della corolla: media medio grande medio grande Dimensione dei petali: medio grandi grandi grandi Forma dei petali: arrotondati, legg. all. arrotondati, legg. all. arrotondati Dati biometrici medi Fiori per infiorescenza (no): tre (57,7); due (28,2%) due (78,8%) due (56,9%); tre (37,3%) Petalo-Diametro longitudinale (mm): 17,2 17,3 17,5 Petalo-Diametro trasversale (mm): 14,0 14,6 15,2 Superficie (mm 2 ) 177,8 187,4 199,9 Rapporti diametrici 1,23/0,81 1,18/0,84 1,15/0,87 Parametro S 1,11 1,09 1,11 Lunghezza del peduncolo (mm): 19,0 22,9 20,6

21 22 FRUTTO 190-D3 190-L3 190-P3 Dimensione: piccola piccola piccola Forma: cuoriforme sferoidale cuoriforme sferoidale cuoriforme sferoidale Sezione trasversale: rotonda rotonda rotonda Forma dell apice: leggermente incavato leggermente incavato leggermente incavato Forma della cavità peduncolare: mediamente profonda mediamente profonda mediamente profonda Colore dell epicarpo: rosso scuro rosso scuro rosso scuro Linea di sutura: mediamente evidente mediamente evidente mediamente evidente Colore della polpa: rosata rosata rosata Consistenza della polpa: elevata elevata elevata Aderenza della polpa al nocciolo: aderente aderente aderente Sapore: mediocre mediocre mediocre Colore del succo: rosato rosato rosato Quantità di succo: scarso scarso scarso Distacco del peduncolo dal frutto: mediamente difficile mediamente evidente mediamente evidente Apice del peduncolo dopo il distacco: asciutto asciutto asciutto Dati biometrici medi Prima raccolta Prima raccolta Prima raccolta Peso (g): 4,16 Volume (ml): 3,90 Altezza (mm): 18,0 Larghezza (mm): 19,7 Spessore (mm): 17,3 Lunghezza del peduncolo (mm): 27,6 Dati biometrici medi Seconda raccolta Seconda raccolta Seconda raccolta Peso (g): 4,43 4,51 4,30 Volume (ml): 4,20 4,30 3,90 Altezza (mm): 20,1 18,2 17,9 Larghezza (mm): 21,7 20,6 20,0 Spessore (mm): 19,3 18,3 17,8 Lunghezza del peduncolo (mm): 28,7 34,7 32,9 Note: maturazione scalare. Si possono trovare sulla piante sia frutti completamente colorati che frutti giallo chiaro ENDOCARPO 190-D3 190-L3 190-P3 Dimensione del nocciolo: grande grande grande Forma del nocciolo: sferoidale sferoidale sferoidale Sezione trasversale: rotonda rotonda rotonda Base: arrotondata arrotondata arrotondata Apice: arrotondato arrotondato arrotondato Cresta della sutura ventrale: Dati biometrici medi: Peso (g): 0,42 0,40 0,37 Volume (ml): 0,37 0,38 0,35 Altezza (mm): 10,5 10,3 10,0 Larghezza (mm): 9,7 9,4 9,3 Spessore (mm): 8,1 7,8 7,8 Rapporto con il frutto (%): 8,6 9,0 8,9 Commenti: le tre accessioni presentano molti punti di contatto, fra i quali una maturazione tardiva ed il frutto estremamente piccolo, per cui si ritiene di poterle considerare tutte appartenenti alla cv. Sotto l Acquavite. La gradevolezza dei frutti è decisamente scadente per il consumo fresco, per cui l unica utilizzazione può essere la conservazione sotto alcol o simile. F.R.F. (rilevata su190-l3): variabile ( per metà dei frutti da 300 grammi a 650 grammi; per l altra metà da 700 grammi a 1100 grammi)

22 Caratterizzazione delle cultivar di ciliegio della Valle di Chio Riepilogo dei principali caratteri morfo-fenologici e carpologici delle cultivar di ciliegio autoctone della Valle di Chio. Caratteri / Cultivar Moscatella Nerona Sotto l Acquavite Vigoria Media Medio elevata Media Portamento Espanso Espanso Intermedio Fioritura Seconda decade aprile Metà aprile Seconda decade aprile Fruttificazione Incostante Incostante Incostante Produttività Media Media Media Raccolta (inizio) Prima-seconda decade gi. Seconda decade giugno Seconda terza decade Numero raccolte Una o due Due o tre Una o due Dimensione dei frutti Piccola (da 4 a 6 grammi) Medio grossa (da 6 a 9 g) Piccola (da 4 a 6 g) Forma dei frutti Sferoidale depressa Cordiforme Sferoidale depressa Simmetria dei frutti Simmetrica Simmetrica Simmetrica Peduncolo Medio (da 40 a 50 mm) Corto (da 30 a 40 mm) Corto (da 30 a 40 mm) Colore epidermide Arancione rosso Rosso scuro-nero Vermiglio Colore polpa Bianco giallastro Rosso Da giallastro a rosso chiaro Consistenza polpa Media Medio elevata Elevata Succosità polpa Medio scarsa Scarsa Scarsa Sapore polpa Buona Buona Mediocre Frutti spaccati % 5-10% 10% 5% Aderenza al nocciolo Semiaderente Semiaderente Aderente Resistenza a manipolazioni Media Media Elevata Forma delle gemme Conico appuntite Conico appuntite Conico appuntite Numero medio fiori Tre Tre Da due a tre Entità di fioritura Media Media Media Dimensioni corolla Medio piccola Media Media Forma dei petali Arrotondata Arrotondata Arrotondata Allegagione Media Media Media Peso medio frutti 5,5 grammi (da 4,6 a 5,9) 7,1 grammi (da 6,2 a 9,0) 4,2 (da 3,8 a 4,5) Peso medio noccioli 0,30-0,32 grammi 0,30-0,35 0,37-0,42 Grado refrattometrico % 16,6 Da 19 a Forma della foglia Lanceolata Ellittico allargata Ellittico allargata Dimensione della foglia Media Media Media Lunghezza picciòlo foglia Medio lungo Medio Medio lungo Sensibilità a mosca Scarsa Medio-scarsa Media Sensibilità a afidi Media Medio elevata Scarsa Sensibilità a spacco Media Medio Scarsa Sensibilità a cancro batterico Scarsa Scarsa Scarsa Sensibilità a monilia Medio-scarsa Media Scarsa 23 Giudizio: piante mediamente vigorose. Fioritura intermedia. Maturazione precoce. Autoincompatibile, si avvale del polline di Nerona. Frutto di gradevole colorazione e buona gradevolezza, abbastanza resistente ai trasporti. Adatta per consumo fresco. Giudizio: piante generalmente vigorose e espanse. Fioriture e maturazione medie. Autoincompatibile, si avvale del polline di Moscatella. Frutti di colorazione intensa, polpa da rosso chiaro a molto scuro, di ottima qualità gustativa, specialmente in raccolta tardiva. Giudizio: piante mediamente vigorose e assurgenti. Fioritura e raccolta tardive. Autoincompatibile, si avvale del polline di Moscatella e Dalla punta. Frutti molto piccoli, sodi e colorati, di scarsa gradevolezza. Adatti per la conservazione sotto alcol.

23 Composizione chimica e attività biologica del frutto di ciliegio Nelle ciliegie (frutti freschi) la parte edibile corrisponde a circa lo 86% del frutto. In essa troviamo molti costituenti importanti per l equilibrio acido-base del corpo e una discreta quantità di potassio, elemento fondamentale nel controllo dell ipertensione arteriosa: Composizione Unità Valore per 100 g Composizione Unità Valore per 100 g chimica di misura di parte edibile chimica di misura di parte edibile Acqua grammi 86,2 Ferro mg 0,6 Proteine grammi 0,8 Calcio mg 30 Lipidi (grassi) grammi 0,1 Fosforo mg 18 Glucidi (zuccheri) Vitamine Disponibili grammi 9,0 Tiamina-Vit.B1 mg 0,03 Solubili grammi 9,0 Riboflavina-Vit.B2 mg 0,03 Fibra grammi 1,3 Niacina- Vit.PP mg 0,5 Minerali Vitamina A (retinolo equi.) µg 19 Sodio mg 3 Vitamina C mg 11 Potassio mg 229 Energia kcal (kj) 38 (158) Fonte: Istituto Nazionale della Nutrizione (1977)- Tabelle di Composizione degli Alimenti. A cura di E. Carnovale e L. Marletta. 24 Benché la correlazione fra alimentazione e salute fosse riconosciuta fin dai tempi antichi (il cibo veniva considerato nutrizione e medicina) lo studio funzionale degli alimenti che apportino un benefico effetto anche sulla salute umana è peraltro piuttosto recente. Il termine nutraceutica, acronimo di nutrizione e farmaceutica, fu proposto nel 1989 dal Dott. Stephen De Felice per indicare lo studio di alimenti contenenti principi attivi naturali con proprietà nutrizionali e curative. I principi nutritivi dei cibi vengono classificati in macronutrienti (glucidi, lipidi e proteine) sostanze che producono energia, materiale plastico di crescita e rigenerazione del corpo e micronutrienti (vitamine e sali minerali) da assumere in quantità ridotte, ma necessarie per il mantenimento delle diverse funzioni fisiologiche. Moltissime reazioni metaboliche del corpo umano producono prodotti di scarto quali, ad esempio, i radicali liberi, più propriamente indicati come ROS (composti reattivi dell ossigeno), responsabili di danneggiamenti cellulari che causano processi di invecchiamento dell organismo e sono spesso correlati a stati patologici quali tumori, morbo di Alzheimer e di Parkinson, diabete e molti altri. L ambiente esterno (inquinamento atmosferico, fumo di sigaretta, radiazioni, etc) e l assunzione di cibi mal cotti o mal conservati contribuiscono ad aumentare il livello di queste sostanze. Queste nocive reazioni ossidative sono inibite o controllate da una serie di sostanze, genericamente designate come antossidanti, che possono essere prodotte dall organismo o molto spesso vengono assunte con gli alimenti. I vegetali (frutta, verdura e bevande derivate quali tè, caffè e vino) sono fonti primarie di antiossidanti, in particolare i cosiddetti polifenoli, gruppo che comprende diversi componenti utili. La ciliegia presenta alti contenuti di polifenoli, variabili a seconda della varietà, quantificabili fino a diversi grammi per chilogrammo. Un gruppo molto importante è rappresentato dagli antociani, pigmenti presenti in particolare nei frutti con buccia e polpa molto scura. Altri polifenoli presenti nei frutti sono gli acidi fenolici e i flavonoidi; tutti questi componenti hanno dimostrato in sperimentazioni di laboratorio di agire in senso positivo nella neutralizzazione di composti di ossidazione dannosi per la salute. Nel corso dei tre anni di sviluppo del programma sono state effettuate prove comparative per caratterizzare i frutti delle cultivar della Valle di Chio per tipo e quantità di molecole utili per la salute. Campioni di frutti, appena raccolti, venivano denocciolati e conservati a 20, 22 C fino al momento delle analisi di laboratorio. Per la determinazione dei contenuti è stata impiegata una complessa metodologia, messa a punto in indagini precedenti, che prevede l omogenizzazione del campione e

24 varie estrazioni con solventi fino ad ottenere un campione filtrato e concentrato da sottoporre ad analisi HPLC/DAD tramite un cromatografo liquido HP 1100 modulare munito di autocampionatore a fotodiodi. I dati quantitativi sono stati ottenuti mediante curve di calibrazione utilizzando standard commerciali quali keracianina con lettura a 520 nm per gli antociani, acido clorogenico con lettura a 330 nm per gli acidi fenolici e quercetrina con lettura a 350 nm per i flavonoidi. Nell istogramma riportato a pag. 35 (fig. 2) sono state messe a confronto accessioni comuni ai primi due anni di raccolta (segnalati come 06=2006 e 07=2007). Dalla figura viene evidenziato che i contenuti quantitativi di molecole utili sono variabili secondo la cultivar e l anno di raccolta. Nel 2006 alcune accessioni di Nerona hanno presentato contenuti più elevati di antocianine ( 96-B1 con 1,4 mg/g e 96-P1 con 1,0 mg/g ), mentre i contenuti di acidi fenolici sono rimasti abbastanza livellati tra le diverse cultivar. Da notare che in Moscatella, caratterizzata dalla scarsa pigmentazione dei frutti, i valori in antocianine sono risultati pressoché nulli. Nel 2007 i valori medi di antocianine sono risultati generalmente inferiori a quelli dell anno precedente (il livello maggiore è risultato per Sotto l Acquavite 190-D3 con circa 0,50 mg/g), mentre si mostrano costantemente aumentati i livelli di acidi fenolici, che presentano i valori più elevati in Sotto l Acquavite 190-P3 e in Moscatella 74-D2 con circa 0,8 mg/g. I valori di flavonoidi negli anni e tra le cultivar sono risultati assai bassi, per cui non si ritiene utile commentarli. Il campione 193-S1 si riferisce ad una accessione di difficile attribuzione, ricevuto al momento delle analisi, per cui è stato esaminata sul fresco, senza una precedente crio-conservazione. Confrontando questi risultati con quelli ottenuti in anni precedenti su campioni di altre cultivar toscane di ciliegio, possiamo affermare che i valori dei contenuti in antocianine in Nerona, collocano la cultivar in un gruppo di riferimento intermedio nella scala dei valori. Non abbiamo la possibilità di comparare i valori di acidi fenolici ed i flavonoidi, poiché non erano stati esaminati nelle precedenti ricerche. 25 Analisi genetica di campioni di ciliegio presenti in Valle di Chio (AR) con la tecnica dei marcatori microsatellitari Scopo dell indagine è stata quella di stabilire il grado di similarità genetica esistente tra le accessioni rinvenute in Valle di Chio e segnalate come appartenenti ad una medesima cultivar. A tale scopo è stato prelevato dalle piante madri un campione di giovani foglie, affidate immediatamente ad un laboratorio specializzato, che ha provveduto all analisi genetica utilizzando la tecnica dei microsatelliti. Il prelievo ha interessato due campioni segnalati come appartenenti a Moscatella (74-D2 e 74-L1), quattro campioni attribuiti a Sotto l Acquavite (190-B2, 190-D3, 190-L3 e 190-P3), otto campioni attribuiti a Nerona ( 96- B1, D1, D4, L2, P1, P2, P4, P5), più due campioni di incerta attribuzione ( Sconosciuta 73-V1 e 73-V2 presunta Dalla Punta ). A questo materiale sono stati aggiunti come riferimento nove campioni di cultivar di ciliegio toscano, esaminati in precedenza nello stesso laboratorio, prelevati dalla collezione di ciliegio del CNR a Follonica (Grosseto), compresa una diversa accessione di Nerona (96-G2) originaria della zona di Polvano e coltivata nel Comune di Castiglion Fiorentino. Tralasciando le varie fasi di attività di laboratorio (estrazione del DNA, SSR analizzati, sequenza dei primer impiegati, motivo del repeat e elenco degli alleli rintracciati), l elaborazione dei dati ha consentito una rappresentazione grafica (dendrogramma di similarità) che permette di evidenziare i risultati ottenuti (Fig. 1, pag. 26). Sette campioni, degli otto attribuiti a Nerona, sono risultati estremamente simili fra loro, il che fa presumere per essi una origine genetica comune. Anche il campione identificato come Sconosciuta- V1 appartiene a questo gruppo, al quale si aggiungono tre accessioni non di origine locale, quali Ciliegia di Faeta (Grosseto), Marchiana di Lari (Pisa) e Poponcina (Firenze). Molto vicino a questo raggruppamento è il campione di Sotto l Acquavite B-2, l unica accessione che nel trien-

25 nio del programma non ha fornito alcun riscontro produttivo. Gli altri tre campioni di Sotto l Acquavite, che avevano sempre presentato una omogenea caratterizzazione morfo-carpologica e fenologica, sono risultati invece chiaramente appartenenti allo stesso raggruppamento. L accessione di Nerona 96-B1 è risultata invece geneticamente diversa dalle altre Nerona segnalate in Valle di Chio, ma appare simile al controllo Nerona 96-G2, prelevato nella collezione di Follonica. I due campioni di Moscatella che attraverso rilievi morfo-fenologici erano stati inizialmente ritenuti simili sono risultati, con una certa sorpresa, diversi fra loro e diversi da tutti gli altri campioni esaminati. Infine, il campione 73-V2, attribuito recentemente a Dalla Punta, è risultato unico e differente dagli altri campioni locali, per cui può essere avvalorata l ipotesi di appartenenza alla varietà segnalata; risulta comunque abbastanza simile ad altri due campioni di controllo, originari della provincia di Firenze. 26 Dendrogramma di similarità ottenuto dall analisi con sette marcatori SSR, applicando il metodo UPGMA. (Nel dendrogramma accanto al nome di alcuni campioni è stato indicato il numero di introduzione piuttosto che la sigla). Norme tecniche per la coltivazione del ciliegio Il ciliegio appartiene alla famiglia delle Rosaceae, genere Prunus, sottogeneri Cerasus e Padus, comprendenti oltre cento specie, raggruppate dal punto di vista pomologico in due gruppi: con infiorescenza a corimbo e con infiorescenza a racemo. Al primo gruppo appartengono il

26 Prunus avium L. (P. cerasus var. avium L.) che è conosciuto come ciliegio dolce o ciliegio comune e il Prunus cerasus L. che è il ciliegio acido, entrambi di origine europea. Allo stesso gruppo appartengono il P. mahaleb L. (magaleppo o S. Lucia), di origine europea, utilizzato soltanto come portinnesto, il P. tormentosa Thumb., il P. pseudocerasus L., utilizzato come ciliegio da fiore, entrambi di origine asiatica, il P. pumila L. di origine nord-americana, con frutti neri di scarso interesse colturale e molti altri. Al gruppo pomologico con infiorescenza a racemo appartengono varie specie, appartenenti al sottogenere padus, di trascurabile interesse commerciale. Il ciliegio dolce, il cui nome scientifico ricorda l attrazione degli uccelli per il frutto, comprende pomologicamente varietà a frutto tenero (tenerine, guignes, english gean) e varietà a frutto compatto (duroni, graffioni, bigarreau). Il ciliegio acido comprende le amarene (P. cerasus var. caproniana L.) con frutto rosso chiaro, depresso ai poli, succo incolore, poco acido e poco amaro, le visciole (P. cerasusm var. austera L.) con frutti rosso scuro, globosi o cuoriformi e succo rossastro scuro ed infine le marasche (P. cerasus var. marasca Rchb), con frutto piccolo, rosso vivo, peduncolo lungo e succo rosso intenso, acidulo e piuttosto amaro. Esigenze ambientali Il ciliegio dolce è una specie frutticola rustica che si adatta bene alle diverse condizioni climatiche europee, per cui trova in Europa il suo ambiente colturale praticamente dai 40 di latitudine dell Italia Meridionale ai 60 di latitudine della Scandinavia, coprendo nel continente un periodo di raccolta dall inizio di maggio alla fine di agosto. Il ciliegio acido è una tipica specie dell Europa centrale, dove assume spesso anche l aspetto ornamentale nei giardini della città. In Italia la coltivazione del ciliegio dolce è diffusa dalla Sicilia al Piemonte ed è frequente nelle pendici appenniniche fino ai metri di altitudine e nelle zone prealpine ed alpine intorno ai metri, dove il ciliegio è spesso parte integrante del paesaggio. Per la sua coltivazione sono da evitare comunque ambienti con elevata umidità in periodo di fioritura e maturazione, in quanto nel primo caso agevolano attacchi fungini al fiore (monilia), nel secondo aumentano il rischio della spaccatura dei tessuti della buccia del frutto, con conseguente deprezzamento del prodotto. 27 Terreno Il ciliegio si adatta a terreni diversi, ma preferisce terreni sciolti e profondi, freschi e permeabili, escludendo terreni argillosi quando non sono perfettamente drenati, in quanto la specie è molto sensibile al ristagno idrico. L apparato radicale del ciliegio predilige un franco di coltivazione intorno ai 100 cm (quando è allevato su P. mahaleb), pur adattandosi a profondità di cm (nel caso di portinnesto franco di P. avium o P. cerasus). Preferisce terreni con reazione tendente al neutro (ph 6,5-7,5) tollerando reazioni subacide fino al 5,5 o subalcaline fino all 8,5. Presenta esigenze di calcare attivo nel terreno inferiore al 7%, adattandosi comunque a valori fino al 9-10% e richiede valori di salinità inferiori a 3mS/cm. Propagazione e portinnesti Nella usuale tecnica vivaistica il ciliegio viene propagato per innesto; tale tecnica può dare comunque risultati notevolmente variabili a seconda dell anno di esecuzione e della cultivar utilizzata. Le tecniche maggiormente utilizzate sono quelle dell innesto ad occhio dormiente ed a marza (triangolo, spacco, etc). Il primo tipo viene effettuato nel periodo estivo, in epoca più precoce (fine luglio) se si utilizza il portinnesto magaleppo, oppure nel periodo da metà agosto a metà settembre per gli altri portinnesti. Per questa tecnica è necessario che il portinnesto dia la buccia, cioè permetta il distacco agevole della corteccia, quindi in annate siccitose è consigliabile irrigare le piante alcuni giorni

27 prima dell esecuzione dell innesto. La tecnica di innesto a occhio dormiente prevede di effettuare un taglio a T diritto alla base del soggetto (portinnesto) e scostare i bordi del taglio per inserire una singola gemma prelevata da un ramo ben lignificato, raccolto per l occasione, al quale sono state tolte preventivamente le foglie lasciando una piccola porzione del picciolo. Subito dopo l innesto occorre legare strettamente sopra e sotto il punto d innesto con l apposita strisciolina di gomma (Figura 1). Nella primavera dell anno seguente avviene il germogliamento della gemma e si provvede quindi a spuntare il soggetto (sgarrettatura) poco sopra il punto d innesto, per permettere lo sviluppo della varietà innestata. Al termine della vegetazione autunnale avremo ottenuto una pianta finita (astone) da utilizzare immediatamente per l impianto. Fig. 1- Gemma sagomata ; taglio a T verticale; inserimento della gemma; inizio legatura (da Baldini e Scaramuzzi). 28 L innesto a triangolo viene effettuato nel tardo inverno, poco prima la ripresa vegetativa, utilizzando una marza (oggetto), cioè una porzione di ramo provvista di alcune gemme, dello spessore appena superiore a quello di un lapis. Il soggetto viene tagliato orizzontalmente a pochi centimetri dal colletto (punto di unione fra fusto e radice), successivamente viene asportata una porzione di corteccia e di legno, formando una apposita cavità nella quale alloggiare la base della marza opportunamente sagomata. Per mantenere il contatto delle zone cambiali (generatrici dei tessuti di unione) dei due bionti (cioè soggetto e oggetto) viene fatta dapprima una legatura con rafia o materiale plastico, coprendo poi i punti di unione e la punta della marza con del mastice, in modo da impedire il contatto con pioggia o umidità (Figura 2). Fino ad alcuni anni fa i mastici venivano preparati artigianalmente dagli innestini con formule tramandate da generazioni; attualmente sono in commercio prodotti industriali molto validi. Un tipo di innesto a marza molto usato è quello a spacco, impiegato specialmente su soggetti di diametro elevato, che prevede di effettuare una fenditura verticale lungo il diametro del soggetto, inserendo successivamente una o due marze opportunamente sagomate, in modo che le zone cambiali dei bionti si trovino in contatto fra loro (Figura 2). L innesto a spacco può avere varie modifiche ed adattamenti, ma la tecnica di base rimane comune. Il vantaggio degli innesti a marza è quello di fornire in un periodo breve (da fine inverno a fine autunno dello stesso anno) un astone da mettere a dimora. La tecnica può essere anche utilizzata per sanare le fallanze, cioè fare i ripassi a fine inverno sulle piante innestate a gemma in estate e non attecchite. Fig. 2- Innesto a triangolo (a sinistra) ed a spacco (a destra). Marza(e) sagomata(e), soggetto predisposto, inserimento della(e) marza(e); legatura ed inizio immasticiatura (da Baldini e Scaramuzzi).

28 Caratteristiche dei principali portinnesti utilizzati nella coltura del ciliegio Portinnesto Origine Propagazione Vigoria Affinità Esigenze e Resistenza e sviluppo di innesto adattamenti o suscettibilità delle piante con ciliegio a condizioni a stress biotici dolce pedologiche e e abiotici agronomiche Franco Piante coltivate Per seme elevata ottima Terreni freschi, di Resistente ai nematodi (P. avium L.) o selvatiche medio impasto, Melodoygine incognita ben drenati, con e M. javanica, calcare attivo mediamente resistente inferiore al 7% a marciume radicale e marciume del colletto (Phytophthora), suscettibile a verticilliosi e al nematode Pratylenchus vulnus Ciliegio acido Piante coltivate Per seme medio-elevata media Terreni di medio Tendenza alla gommosi, (P. cerasus L.) o selvatiche impasto, pesanti disaffinità dei bionti, con e scarsamente drenati. rischi di moria precoce Magaleppo Piante coltivate Per seme media- elevata, media, Terreni calcarei, Mediamente suscettibile (P. mahaleb L.) o selvatiche inferiore al franco con sintomi di poveri, sciolti al cancro batterico parziale disaffinità ma ben drenati, (Pseudomonas al punto di innesto non asfittici. mors-prunorum) Indicato per ambienti freddi. ed a Pratylenchus vulnus. Sensibile all asfissia radicale al marciume radicale (armillaria) e marciume del colletto (Phytophthora) SL 64 Francia. Per talea medio-elevata, elevata Indicato per terreni Maggiormente resistente Selezione clonale o in vitro inferiore di sciolti, ricchi di del magaleppo comune di P. mahaleb circa il 20% scheletro, siccitosi e ai tumori radicali rispetto al franco calcarei. Induce (Agrobacterium precoce entrata in tumefaciens), produzione e sensibile ai nematodi maggiore pezzatura dei frutti. Non consigliabile per terreni asfittici e pesanti. Colt Inghilterra. Per margotta di medio-elevata, buona Sconsigliato per terreni Abbastanza resistente a Incrocio ceppaia o in vitro inferiore di circa siccitosi, richiede Phytophthora. Scarsa P. avium x il 15% rispetto terreni freschi, tolleranza agli stress idrici P. pseudocerasus al franco di medio impasto, ed ai tumori radicali con possibilità (Agrobacterium di irrigazione. tumefaciens). Si adatta al reimpianto (ristoppio) su terreno precedentemente utilizzato per la coltivazione del ciliegio. CAB 6 P Italia. In vitro medio-elevata, buona Buona adattabilità Tollerante a verticilliosi Selezione clonale inferiore di circa a terreni compatti e marciume del colletto di ciliegio acido il 20% rispetto e asfittici, media (Phytophthora), sensibile al franco adattabilità a quelli a marciume radicale clorosanti. Indicato da armillaria per il l ristoppio. Mediamente pollonifero. MaxMa USA-Francia. In vitro media, inferiore buona Si adatta a diversi tipi Tollerante al cancro Delbard 14 Incrocio di ciliegio di circa il 30% di terreno. Induce batterico e clorosi ferrica, Brokforest* dolce per magaleppo rispetto al franco precocità di entrata in mediamente sensibile al produzione. Scarsa marciume del colletto. attività pollonifera. MaxMa USA-Francia. In vitro media-elevata elevata Si adatta a diversi Tollerante al cancro Delbard 60 Incrocio di tipi di terreno, anche batterico, mediamente Broksec* magaleppo non irrigui. Media sensibile al marciume per ciliegio dolce emissione di polloni. del colletto. GiSelA 5 Germania. Incrocio In vitro medio-scarsa, buona Si adatta maggiormente Sensibile a monilia e di P. cananescens può ridurre circa a terreni fertili e freschi, Pseudomonas, per ciliegio acido della metà lo inducendo buona mediamente sensibile a sviluppo rispetto produttività e rapida armillaria, poco sensibile al franco messa a frutto. a Coccomyces Adatto per impianti fitti. Attività pollonifera molto scarsa. 29

29 Negli ultimi anni sono stati introdotti in commercio altri portinnesti clonali, tra i quali MaxMa Delbard 97 Brokgrove*, Tabel Edabriz, Inmil GM9 (Prunus incisa x Prunus serrula), Damil GM61/1(selezione di Prunus dawekensis), Camil GM79 (selezione di P. cananescens), Weihroot 158* (P. cerasus x P. avium), alcuni dei quali sembrano possedere caratteristiche molto interessanti, ma occorre una sperimentazione più diffusa per dare un giudizio definitivo. 30 Sistemi di allevamento Per il ciliegio è maggiormente adottato una forma di allevamento in volume (vaso) piuttosto che in parete (palmetta). Il vaso è la logica evoluzione della forma libera, nella quale la struttura scheletrica è impostata su 3-4 branche primarie sulle quali sono inserite alcune branche secondarie distanziate a seconda la vigoria degli alberi. Il cosiddetto vaso basso si ottiene da astoni provvisti di rami secondari, dei quali si sceglie quelli che costituiranno le future branche, che devono esser opportunamente sterzati tra loro e distanziati di cm, speronando a 2-3 gemme gli eventuale altri rami. L astone viene generalmente spuntato a circa 50 cm di altezza. Nel caso l astone non presenti rami anticipati, occorre ridurlo a cm subito dopo la messa a dimora, per utilizzare come branche quei germogli, generalmente nella parte centrale del tronco, che si svilupperanno nella prima vegetazione. In seguito si otterranno le branche secondarie, attraverso cimature dei prolungamenti delle primarie o utilizzando rami anticipati su queste sviluppate, nel caso di cultivar vigorose allevate in ambiente fertile. Per mantenere ben aperto il vaso è conveniente predisporre all inizio della seconda vegetazione un telaio di canne, sul quale inclinare i rami prescelti come branche principali. Negli anni seguenti con opportune cimature si contiene la vegetazione e si irrobustisce la struttura. È preferibile praticare la potatura di allevamento nel periodo estivo, quando la pianta in vegetazione cicatrizza più rapidamente i tagli e riduce l emissione di gomma. In alcune zone cerasicole viene adottato anche il vaso ritardato, costituito da un asse centrale sul quale sono inserite, a partire da un metro di altezza, 4 o 5 branche opportunamente distanziate, inclinate di circa 45 e provviste di branche secondarie. Il mantenimento dell asse centrale, che non viene spuntato nei primi anni di vegetazione, consente di ottenere le branche primarie con un angolo di inserzione sufficientemente aperto, senza ricorrere all inclinazione forzata. L asse viene asportato al di sopra delle branche a partire dal quarto anno, quando la struttura è ormai consolidata. Per le forme a parete, oltre la palmetta diffusa per le altre specie frutticole, possiamo segnalare la forma a bandiera nella quale l astone è posto a dimora inclinato rispetto al terreno di circa 35-40, portato a circa 45 al termine della prima stagione vegetativa, favorendo lo sviluppo di rami (inclinati di 90 ) lungo il tronco, tra i quali sarà possibile scegliere branche principali sulle quali sviluppare le branchette fruttifere, opportunamente orientate e distanziate tra loro. Il tronco principale viene contenuto annualmente con opportune cimature, mentre le branche principali vengono mantenute intatte. Anche per questa forma è consigliato la potatura estiva. Variazioni alla forma a bandiera prevedono forme a Y o V (siepe belga) con sovrapposizione delle branche della stessa pianta (Goyer) od anche di branche di piante tra loro contigue (tricroissilon). Generalmente le piante allevate a siepe belga hanno un modesto sviluppo e consentono la raccolta anche da terra; di contro appare piuttosto onerosa la spesa per l allevamento e per il materiale di sostegno (paletti, fili, etc). Fig. 3 - Rappresentazione schematica dei sistemi di allevamento a bandiera, siepe Goyer, tricoissilon [da: Baldini E. (1973)- Arboricoltura.- Bologna, CLU]

30 Potatura di produzione Negli alberi adulti in fase produttiva gli interventi sono limitati, in quanto la specie ciliegio possiede generalmente una notevole attitudine a a differenziare gemme a fiore, assicurata dalla presenza costante di mazzetti di maggio. Si consiglia comunque un rinnovo parziale (10%) circa delle formazioni fruttifere, un diradamento della vegetazione per consentire una più adeguata illuminazione e raccorciare le branche con tagli di ritorno per contenere lo sviluppo della pianta. In ambienti con inverni umidi e freddi è consigliabile effettuare le operazioni di potatura in tarda estate, fino alla caduta delle foglie, per evitare processi di gommosi. Concimazione Il ciliegio è una specie piuttosto esigente riguardo la concimazione. La quantità di principi nutritivi utilizzati varia in rapporto all età ed alla dimensione del tronco. È stato calcolato che un ciliegio di circa 5-10 anni, con una circonferenza del tronco di 10 cm, asporta (grammi/anno) 100 grammi di azoto, 30 grammi di anidride fosforica, 100 grammi di potassio e 150 grammi di calcio; una pianta di oltre 30 anni, con una circonferenza del tronco di 90 cm, può asportare annualmente dal terreno 350 grammi di azoto, 100 grammi di anidride fosforica, 350 grammi di potassio e 500 grammi di calcio. Un impianto di ciliegio in piena produzione, su terreno di medio impasto e fertilità, richiede il reintegro, riferita ad ettaro/anno, di kg di azoto (N), 60 kg di anidride fosforica (P2O5), kg di potassio (P2O5), Le informazioni riportate si riferiscono all apporto dell elemento puro. I diversi fertilizzanti semplici o complessi, commercializzati in Italia, presentano titoli variabili dell elemento singolo o dei diversi elementi, per cui occorre rapportarsi ad esso attraverso apposite tabelle oppure, per i concimi semplici, con una formula del tipo: quantità di elemento da distribuire (in kg) dose di concime occorrente (in kg)= 100 x titolo del concime (in %) 31 (esempio: per distribuire 40 kg/ha di N, utilizzando un concime azotato con titolo 26%, occorre una dose di circa 154 kg di prodotto) All impianto del ciliegeto è consigliata una concimazione di fondo con materiale organico (letame q/ha, compost, altri corrispondenti organici) che permette di migliorare le caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche del terreno. In aggiunta può essere sufficiente solo una piccola quantità di concime fosforico localizzato nelle formelle d impianto. Tale concimazione organica sarebbe consigliabile ripeterla ogni 5-6 anni, in periodo invernale. Per i primi anni dopo l impianto è importante fornire un apporto, progressivo, di azoto (da 40 a 100 kg/ha) per favorire la rapida costruzione della struttura della pianta. La distribuzione sarà frazionata in due fasi (fine inverno-inizio primavera e termine estate-inizio autunno) in terreni di medio impasto non irrigui, su una area localizzata intorno agli alberi. Dal terzo - quarto anno si aggiunge progressivamente anche potassio (da 50 fino a 100 kg/ettaro) ed eventualmente fino a 40 kg/ha/anno di concimi fosfatici. In piena produzione l azoto potrà esser distribuito sull intero frutteto in due volte, fine inverno e dopo raccolta, per un quantitativo variabile tra 50 e kg/ha in base al vigore delle piante e alla produzione; nei terreni collinari non irrigui conviene una sola distribuzione al termine dell inverno, con concimi di azione prolungata. Nei disciplinari di produzione agricola integrata vengono fissati somministrazioni massime di 80 kg/ha/anno, con limite di 60 kg per singola distribuzione. L apporto di potassio varia da 80 a

31 140 kg/anno a seconda della produzione ottenuta; per il fosforo si consigliano apporti di kg/annui, ambedue distribuiti a fine inverno. Nella produzione agricola integrata i limiti fissati sono di 100 kg per il potassio e 50 kg per il fosforo. Per la coltura del ciliegio sono indicati come concimi semplici: nitrato ammonico, perfosfato triplo e solfato potassico (in ambienti asciutti), come concimi composti: concimi con rapporto 1:1 tra fosforo (P2O5) e potassio (K2O). Molto importante l apporto di elementi minori, che agiscono sull attività clorofilliana (magnesio) o sulla formazione delle sostanze peptiche (calcio). Eccessi di potassio agiscono sfavorevolmente nei confronti di questi due elementi, ostacolando la loro attività. La somministrazione di ferro, assorbibile sotto forme di chelato, può bilanciare l eccesso di calcare attivo in terreni poco permeabili e con eccesso di fosforo; altri microelementi essenziali risultano boro, zinco e manganese. Quando possibile effettuarla, l analisi del terreno fornisce utili informazioni sui contenuti di elementi presenti e sulla struttura del suolo. La diagnostica fogliare fornisce informazioni dal punto di vista nutrizionale sull esistenza di fattori limitanti l accrescimento e la produttività, ma può essere condizionata dalla cultivar, dal portinnesti, dall età della pianta, dalle tecniche di coltivazione e dall ambiente climatico e podologico. Un esame visivo delle condizioni della pianta può essere quindi utile per l accertamento di manifestazioni provocate di eventuali squilibri nutrizionali. 32 Elemento Azoto Fosforo Potassio Ferro Magnesio Boro Zinco Manganese Sintomatologie e possibili rimedi Carenza: ridotto accrescimento dei germogli; foglie decolorate, con sfumature rossastre o rosso scuro al margine, tendenti alla caduta; legno che assume colorazioni giallastre o rosso scure; frutti piccoli, colorati ma poco saporiti. Effettuare adeguate concimazioni azotate Carenza: piuttosto rara, si presenta foglie giallastre in primavera, seguite da colorazioni internervali fino al bruno, lembo con forma docciata a cucchiaio, caduta di foglie e frutticini. Trattamenti fogliari con fosfato monocalcico (1%). Eccesso: limita l assorbimento del ferro, provocando gommosi e clorosi ferrica. Carenza: imbrunimenti marginali delle foglie, lembo che si arrotola verso l alto, con andamento dalla base all apice della pianta. Trattamenti fogliari con solfato potassico (1%) Carenza: elevate concimazioni fosfatiche, terreni con calcare attivo alto,a reazione alcalina, pesanti e poco permeabili. Foglie con decolorazioni internervali, dall inizio alla base dei germogli, che tendono a disseccare. Alberi sensibili al freddo, con scarsa produzione. Regolazione delle acque in eccesso, inerbimento, somministrazione alle foglie od al terreno di ferro-chelati (soluzione al 0,15%). Carenza: favorita da eccesso di potassio e terreni acidi. Foglie con zone internervali da rosso scure a necrotiche, iniziando da quelle più vecchie fino all apice dei germogli. Trattamenti fogliari di solfato di magnesio (2%). Carenza: nel tratto terminale dei germogli le foglie assumono colorazione blu rossastra al margine, si arrotolano e sviluppano irregolarmente. Gemme necrotizzate nel tratto terminale dei rami, ritardo della ripresa vegetativa e della fioritura. Somministrazione di borace al terreno (50 kg/ha). Trattamenti fogliari con pentaborato sodico (1%). Eccesso: morte dei germogli, gommosi, macchie necrotiche sulla nervatura fogliare, ritardo della ripresa vegetativa e della fioritura. Controllo delle acque di irrigazione. Carenza: foglie piccole, distorte, strette, con ondulazioni e clorosi internervale, dai margini al centro, formazioni a rosetta. Si presenta maggiormente su piante vecchie, terreni con eccesso di fosforo e calcio. Trattamenti con solfato di zinco (0,1) al termine della vegetazione o prima della ripresa vegetativa. Trattamenti con chelati di zinco. Carenza: macchie internervali,da giallo scuro a a rosso porpora su foglie adulte. Tendenza accentuata da terreni neutro-alcalini. Trattamenti epigei con solfato di manganese (5%) prima del germogliamento, allo 0,3% dopo la fioritura.

32 Avversità e difesa fitosanitaria Il ciliegio presenta un quadro patologico abbastanza ampio, ma rispetto ad altre specie le principali avversità parassitarie e non parassitarie non sono sostanzialmente molte e nei loro confronti è possibile utilizzare mezzi di lotta tradizionali, di lotta integrata o biologica efficaci, purché utilizzati nelle forme e nei tempi richiesti da una tecnica razionale. Le principali malattie possono avere origine fungina, batterica o da parassiti animali. MALATTIE FUNGINE Monilia (Monilia laxa e M. fructigena): colpisce durante la fioritura, con disseccamento dei fiori che si coprono di una muffetta e di una polvere grigiastra, veicolo di successive infezioni; i frutti in allegagione ed in prossimità della maturazione, che marciscono, si coprono di pustoline grigie e mummificano e le branche fruttifere disseccano per la diffusione dell attacco. Anche i frutti conservati in magazzino od in frigorifero possono essere soggetti a tale patologia. L andamento climatico con primavere piovose e fresche facilitano lo sviluppo della malattia. Si richiede una potatura invernale limitata al materiale vegetale infetto e trattamenti con prodotti a base di rame (poltiglia bordolese, ossicloruro, idrossido) od a base di ditiocarbammati dopo la caduta delle foglie; trattamenti con IBE (Propiconazolo, etc.) durante la fioritura ed in stagione umida e fredda proseguiti dalla invaiatura fino alla raccolta (in produzione integrata sono consentiti 3 trattamenti). Agronomicamente è consigliabile limitare l azoto apportato con le concimazione ed effettuare una potatura verde estiva per consentire una maggiore circolazione di aria nella chioma e contenere la vegetazione. Corineo (Coryneum bejerinckii): si presenta particolarmente in autunno ed in primavera, con macchie circolari rossastre sulle foglie, a seguito delle quali i tessuti disseccano e si formano sulla lamina numerose perforazioni; in casi più gravi si ha un defogliamento precoce. Il fungo agisce anche sui rami, che disseccano e sui frutti che possono cadere precocemente o rimanere sulla pianta, ma con vistose lesioni necrotiche che li rendono non commerciabili. Agronomicamente si agisce come per la monilia (asportazione materiale infetto, limitazione azoto, potatura verde). È previsto impiego di prodotti rameici (consentiti in maniera illimitata nella produzione agricola integrata) nelle fasi di caduta delle foglia e ripresa vegetativa, o di Ziram una tantum prima della scamiciatura dei frutticini. Gli interventi contro il corineo sono generalmente in grado di controllare anche attacchi di Gnomonia erythrostoma (nebbia delle foglie) e di Cylindrosporium padi caratterizzati dalla presenza di foglie e frutti disseccati che persistono per molto tempo sulla pianta. 33 MALATTIE DA BATTERI Cancro batterico (Pseudomonas syringae pv morsprunorum Wor): si presenta con alterazioni necrotiche depresse sui rami, con essudati di gomma e disseccamento della parte superiore dei rami. Colpisce anche i germogli, con tacche allungate scure o nere, i fiori che avvizziscono e diventano scuri, i frutti con piccole tacche tuberose e le foglie con areole rosso scuro, circondate da un alone clorotico, che cadono precocemente. I consueti trattamenti in periodo di riposo con prodotti rameici, più un eventuale trattamento con poltiglia bordolese a dosi molto ridotte all ingrossamento delle gemme, sono in grado di controllare questa batteriosi. MALATTIE DA INSETTI Afide nero (Myzus cerasi F.): sverna allo stato di uovo nelle screpolature dei rami e del tronco per poi agire dall allegagione in poi, increspando le foglie, riducendo lo sviluppo dei rami, provocan-

33 34 do danni sul peduncolo delle ciliegie e spesso anche sul frutto. La sua attività provoca la formazione di una melata, sulla quale si sviluppa fusaggine, che attira fortemente le formiche. Si può agire in maniera convenzionale con trattamenti di olio bianco attivato come ovicida, oppure impiegando prodotti ad azione aficida come Pirimicarb, Etofenprox, Imidacloprid e Acetamiprid ai primi sintomi di infestazione. Questi tre ultimi prodotti sono ammessi alla coltura agricola integrata con un solo trattamento annuo, in alternativa tra loro nel caso degli ultimi due. Come trattamento biologico è consentito l impiego di piretro naturale senza limitazioni d uso. Cocciniglia di S. Josè (Cormstockaspis (Quadraspidiotus) perniciosa Comst.) ed altre cocciniglie (C. a virgola, C. bianca): agiscono sulla piante formando incrostazioni su tronchi e rami, con alterazioni rossastre evidenziabili asportando la corteccia e conseguenti deperimenti, disseccamenti, morte della pianta, per cui in regioni particolarmente colpite è prevista la lotta obbligatoria. Sulla buccia dei frutti colpiti da Cocciniglia di S. Josè si forma un alone rossastro nei punti d'insediamento, al centro del quale risalta il follicolo dell'insetto, con grave danno per la commerciabilità. La difesa convenzionale prevede l utilizzo di oli gialli o oli bianchi attivati; nella produzione agricola integrata è consentito l utilizzo di Polisolfuro di Calcio e olio bianco senza limitazione d uso in periodo precedente la rottura delle gemme. Questi presidi svolgono azione anche nei confronti di Corineo e Monilia. Come interventi agronomici è necessario provvedere all eliminazione invernale dei rami maggiormente infestati. Mosca delle ciliegie (Rhagoletis cerasi L.): l insetto sverna nel terreno allo stato di pupa ed in primavera verso la fine di maggio, sfarfalla come adulto. La femmina depone uova isolate nei frutticini all invaiatura e dopo giorni nascono le larve che si nutrono della polpa, scavando profonde gallerie, successivamente abbandonano il frutto ormai compromesso e proseguono il ciclo nel terreno. La quasi generalità delle cultivar di ciliegio, escluse quelle molto precoci, sono soggette all azione del fitofago. Con l ausilio di trappole cromotropiche gialle è possibile stabilire l inizio e l intensità dell attacco. Per la difesa chimica sono utilizzabili esche proteiche attivate con Dimetoato (in coltivazione integrata per un solo intervento annuo) al momento della comparsa degli insetti adulti o prodotti insetticidi come Etefonprox, Triclorfon, Dimetoato, sempre per un singolo intervento in produzione agricola integrata. Le informazioni fornite su vari argomenti sono forzatamente sintetiche ed incomplete. Per maggiori informazioni possono essere consultati i Disciplinari delle produzioni agricole integrate stabiliti dalle varie regioni e le Schede tecniche per la conservazione di accessioni raccolte in situ in pubblicazione da parte dell ARSIA, nelle quali sono accennati per la parte fitopatologia principi di interventi di lotta integrata e biologica e calendari di trattamenti.

34 Illustrazioni relative alla prima parte Fig. 1 (da pag. 11) Giudizio conclusivo del test e rappresentazione grafica (radar) del profilo sensoriale dei frutti di Nerona 96-P1, seconda epoca di raccolta (2006). Colorazione del frutto molto intensa e molto attraente. Frutto dal gusto dolcissimo e leggermente acidulo, dolce/amaro spostato verso il gusto dolce, poco amarognolo. Decisamente aromatica, polpa consistente ma anche molto succosa, buccia di media resistenza e media separabilità del nocciolo. Ai giudizi di gradevolezza è stata molto apprezzata sotto tutti gli aspetti: attraente, gusto dolcissimo, ottima struttura. Punteggio complessivo medio di 7, Fig. 2 (da pag. 25) Comparazione del tenore quantitativo di flavonoidi, acidi fenolici ed antociani in campioni di ciliegio nel biennio Dati espressi in mg/g di sostanza fresca.

35 Frutti di Moscatella 36 Frutti di Nerona Frutti di Sotto l Acquavite Frutti di Nerona sulla pianta

36 VALLE DI CHIO: VALLE DELLE CILIEGIE a cura di di Giuseppe Alpini Il frutto del Paradiso Che i ciliegi in fiore abbiano qualcosa di straordinario lo sta a dimostrare il fatto che un popolo dai sentimenti particolarmente delicati come quello giapponese ne ha tratto una vera e propria arte e un occasione per alcuni riti primaverili. Allo stesso modo il popolo napoletano, così ricco di estro e fantasia, ha scelto a cerasa come termine di paragone per esaltare la bellezza femminile. L ammirazione dell uomo per il ciliegio non si limita soltanto all apprezzamento dei fiori o del colore dei suoi frutti, ma è indirizzato soprattutto alla bontà dei suoi sapori. La bellezza in questo caso si associa alla bontà del gusto che assume il particolare valore delle cose consumate alla svelta, perché le meravigliose drupe del ciliegio vanno consumate non più tardi di tre o quattro giorni da quando sono state raccolte. Non giova metterle in frigorifero, il freddo infatti, contrariamente a quello che accade per altri frutti, è il nemico principale delle ciliegie perché le priva della maggior parte delle sostanze e del sapore. È per questo che le ciliegie sono frutto di un desiderio particolare ed è per questo che una ciliegia tira l altra e non si cesserebbe mai di mangiarle, perché incosciamente sentiamo che si tratta di prodotto buono, bello, ma di breve durata. Perciò quando si inizia a consumarle si rischia spesso di vuotare il cesto pieno di questi frutti dal gusto intenso e delicato che ha, tra le altre, la prerogativa di piacere a tutti, grandi e piccini. Sono proprio gli adulti che hanno un rapporto particolare con questo stupendo prodotto della natura, perché in presenza di questo frutto i grandi vengono riportati dalla memoria ai tempi della prima infanzia, quando spiavano il comparire del primo rossore sul desiderato frutto che da quel momento non aveva scampo, sia che l albero fosse di proprietà, sia che appartenesse ad altri. Era, anzi, proprio il frutto proibito a suscitare maggiori desideri, come affermava un detto popolare che così recitava: le ciliegie non sono buone se non sono rubate. Ogni bambino di campagna infatti è stato, almeno con il pensiero, un ladro di ciliegie. A Castiglion Fiorentino fin dalla metà di maggio i bambini si aggiravano per la Val di Chio e taonavano in continuazione le ciliegie prossime alla maturazione, aggiungendo al piacere di gustare un frutto delizioso anche l emozione provocata dal rischio di essere scoperti dal padrone e di dover fronteggiare le ire conseguenti dei genitori nel caso fossero stati identificati. Da qui la necessità di tenersi pronti alla fuga. Più tardi, sui banchi di scuola, quei bambini avrebbero appreso che era pericoloso schiacciare il nocciolo e consumare la piccola mandorla in esso contenuta in quanto ricca di acido cianidrico. Il maestro avrebbe insegnato anche che questo frutto presentava molti aspetti positivi perché ricco delle vitamine A,B,B 1, di proteine, zuccheri, sali di potassio, ferro e fosforo. A scuola si apprendeva poi che questa pianta apparteneva alla numerosa famiglia delle rosacee, al genere prunus e che era imparentata con il pesco, il melo, il mandorlo e il susino. A casa le nonne, mentre preparavano la marmellata insegnavano alle nipoti che le ciliegie avevano effetti diuretici e antiurici, che erano leggermente lassative e che, come per il maiale, della ciliegia era buono tutto a parte i noccioli; anche i piccioli che si usavano freschi o secchi per ricavare dei decotti utilizzati come astringenti, come diuretici e come lenitivi contro le infiammazioni delle vie urinarie. Veniva presa una manciata di piccioli che erano fatti bollire in circa un litro di acqua. Il liquido ricavato doveva poi esser versato su un misto di ciliegie e mele affettate, della quantità di circa mezzo chilogrammo. Il tutto veniva lasciato riposare per circa mezz ora per poi 37

37 essere filtrato attraverso un panno bianco pulito. La cura consisteva nel bere un bicchierino di questo decotto più volte nel corso della giornata. Si trattava di una ricetta molto antica, frutto dell esperienza di più generazioni e che era stata trasmessa oralmente da madre in figlia, ma anche la medicina ufficiale, come per esempio la Scuola Salernitana che operò nel XII secolo dopo Cristo, sosteneva che le ciliegie possiedono tre grandi virtù : purificano lo stomaco, liberano la vescica dai calcoli e depurano il sangue. Già secoli prima Plinio il Vecchio, il grande naturalista romano, prescriveva le ciliegie contro la stitichezza e apprezzava anche la pianta per il suo legno pregiato. Da ritrovamenti archeologici anche recenti veniamo a conoscenza che, fin dai tempi più antichi, il ciliegio veniva apprezzato e coltivato dalle genti che popolavano l Europa, ma è una poesia cinese del V secolo a.c. il testo scritto più antico che esalta la bellezza della pianta e la bontà del suo frutto. Successivamente Teofrasto, filosofo e naturalista greco allievo di Aristotele, ne parla nelle sue opere: Storia delle piante e Ricerche sulle piante. Fra i romani sono Terenzio Varrone e Plinio il Vecchio a ricordare nei loro scritti scientifici le ciliegie che, nelle varietà oggi più comuni, non sarebbero originarie dell Europa, bensì del Medio-Oriente. 38 Prima di giungere in Italia e in seguito in Val di Chio, i ciliegi hanno dovuto fare un lungo e difficoltoso percorso, affrontando i rischi di un viaggio di migliaia di chilometri e le insidie del tempo. Infatti i viaggi più rapidi erano quelli via mare, molto rischiosi per le imbarcazioni del tempo. Plinio il Vecchio sostiene che fu il condottiero romano Lucullo a portare per primo in Italia la pianta del ciliegio dopo la vittoria su Mitridate re del Ponto, ma questa afermazione appare piuttosto debole, perchè altri autori dei secoli precedenti avevano sostenuto convintamente che nell Italia centrale e a Roma ai tempi della monarchia venivano consumate ciliegie denominate cornum e che gli Etruschi nei loro territori coltivavano ciliegi della qualità aproniana. Era largamente diffusa infatti la leggenda che vedeva protagonista un tal Apronio, vissuto in quell epoca in Val di Chiana, il quale avrebbe introdotto nell aretino questa specie di ciliegia. Si sa che le leggende nascondono sempre un nucleo di verità, quindi non è improbabile che dall innesto di queste due specie abbiano avuto origine le qualità di ciliegi presenti da molti secoli nell aretino ed anche in Val di Chio. Le attività umane, in particolare quelle agricole, sono state infatti sempre caratterizzate da un progressivo sviluppo dovuto soprattutto ai contatti fra genti provenienti da territori diversi. Per quanto concerne il nostro territorio si sa che frequenti erano i contatti degli Etruschi con gli altri popoli che vivevano lungo le coste mediterranee ed in particolare con i Greci, dai quali non impararono solo a fare vasellame e a lavorare il bronzo, ma importarono anche nuove piante con le relative tecniche di coltivazione. Non è escluso quindi che gli Etruschi abbiano apprezzato il valore del ciliegio e lo abbiano coltivato addirittura prima dei Romani. I primi abitanti della VaI di Chio si erano insediati in un territorio particolarmente vocato alla coltivazione dei cereali, della vite, dell ulivo e degli alberi da frutto. Sappiamo che il pieno possesso di questo territorio si realizzò in seguito ad un lungo e faticoso travaglio, che i primi villaggi si formarono soltanto quando larga parte dei terreni era stata strappata ai boschi sui pianori collinari e agli acquitrini nel fondovalle e che quando, in un secondo momento, provenendo da sud vi giunsero le genti etrusche, la valle si presentava ormai come un territorio fertile con i suoi campi, i suoi pascoli e le sue strade che la percorrevano in lungo ed in largo. Con l avvento degli Etruschi, i villaggi esistenti si trasformarono in piccoli centri fortificati, men-

38 tre le campagne si popolarono sempre di più, rendendo ogni palmo di terra ricco di coltivazioni. Per secoli la Val di Chio, salvo qualche triste parentesi dovuta alle guerre o a cattive annate, fu una valle felice e ricca, ma con la caduta dell Impero Romano e con la crisi iniziata già da qualche secolo, le cose mutarono notevolmente in peggio e raggiunsero il punto più basso con la guerra greco-gotica ( d.c.) tanto che le campagne si spopolarono quasi completamente, per cui multi agri deserti erant. La guerra si accompagnò, come spesso accade, a carestie e pestilenze e in quel particolare frangente a carestie unite ad inondazioni, tanto che lo storico di questa guerra, Procopio, ci dice che nella Tuscia gli uomini arrivarono al punto di sfamarsi mangiando le ghiande. Ebbe inizio poi la conquista barbarica dei Longobardi che durò per quasi tutto il secolo successivo, segnato da una serie infinita di battaglie e di scaramucce con i Bizantini che occupavano i territori che si trovavano dietro la Montanina, mentre le popolazioni erano costrette a mutar padrone a seconda del vincitore di turno. La loro condizione fu perciò quella di un duro servaggio... Questa situazione spinse i pochi abitanti sopravvissuti a un diverso uso del territorio che in teoria conservò il tessuto rurale precedente, ma in pratica venne utilizzato solo in quella porzione ritenuta indispensabile per la sopravvivenza. Si modificò così l ambiente: non più, come nel passato, un paesaggio caratterizzato da ville sparse nel territorio, ma tanti piccoli insediamenti formati da povere abitazioni strette attorno alla piccola chiesa ed al fortilizio, dimora del signore di turno, mentre il territorio inutilizzato si ricoprì di boschi e le antiche colture arboricole si ridussero a ben poca cosa. Il paesaggio-giardino che nei precedenti secoli aveva rappresentato la testimonianza più evidente del dominio dell uomo sul suo territorio, dominio che era iniziato nel periodo arcaico-etrusco ed aveva raggiunto il culmine sotto il dominio romano, rimase solo un ricordo nei racconti delle persone più anziane che ne parlavano come di una mitica età dell oro. Così, nei secoli dell alto medioevo, la natura, precedentemente sottomessa dal volere e dalla fatica dell uomo, prese ampiamente la sua rivincita con il riapparire degli scopeti, dei boschi, dei ginestreti dei saliceti, dei castagneti, delle poche radure. Solo qua è là, a primavera, nel dominio del verde ovunque predominante, risaltavano i fiori dei pochi alberi da frutto sopravvissuti all incuria dell uomo e al trascorrere del tempo. 39 Intorno all anno mille, quasi per un inatteso miracolo, le cose iniziarono a mutare e si registrò un diffuso e generalizzato risveglio delle popolazioni. Gli uomini ripresero forza e coraggio e, animati di una nuova volontà, con buona lena cominciarono a riconquistare il territorio riportandolo alle condizioni antecedenti i secoli bui, come del resto, per quanto concerne la Val di Chio, testimonia il Catasto stilato nell anno 1347 durante il dominio perugino. Da questo importante documento risulta che non solo era coltivato tutto il territorio della Val di Chio, ma che esso era anche molto particellizzato e che le colture in atto erano ben diversificate. Gli uomini vi avevano impiegato ancora una volta qualche secolo di fatiche, ma i risultati erano pienamente soddisfacenti. La veridicità di questo documento fu garantita dal notaio Johannes Bavosi, coadiuvato in questa impresa da tre tabulatores e da due extimatores, rispettivamente: Caruccius de Ritio, Johannes de Montepolliciano, Petrus de Lucignano, Amatus Vanni et Simon Magisteri Felippi da Castiglione Aretino. Questo documento è particolarmente prezioso perché testimonia che tutto il terreno coltivabile era stato utilizzato in modo intensivo e ci dice anche quali erano le esigenze dell uomo di quel tempo e quali erano le coltivazioni più comuni.

39 Il fondovalle, dove i terreni erano più fertili e più freschi, era coltivato a cereali perchè spesso viene chiamato dai relatori terra ortiva ; in collina invece si parla spesso di terra viniata, terra olivata, terra arborata diversis arboribus. Più in alto troviamo terra arborata oppiis, terra arborata castaneis, terra arborata quercubus, con una dettagliata specificazione del tipo di coltivazione del resto giustificata dal fine fiscale del documento catastale. Nelle terre arboratae variis arboribus possiamo immaginare la presenza di frutteti e quindi anche una consistente presenza dei ciliegi, la cui coltivazione non era mai cessata del tutto data anche la presenza di specie selvatiche di facile innesto, presenti fin nei luoghi più abbandonati. Dal documento appare evidente che il processo di riconquista del territorio, iniziato qualche secolo prima, era ormai giunto alla sua naturale conclusione, perché altrimenti sarebbe stato impensabile realizzare un equilibrio migliore tra le esigenze dell uomo e quelle della natura, equilibrio che si è protratto nel tempo fino a giungere immutato fin quasi ai giorni nostri. 40 Questo equilibrio ha accompagnato sempre il lavoro dell uomo, che dalla terra ha tratto il suo sostentamento, anche durante i forzati cambiamenti della sua condizione giuridica: servo della gleba, fittavolo, livellario, mezzadro. Fu con la mezzadria che le colture promiscue subirono un nuovo impulso, anche se la coltivazione del grano, dei cereali, dell olivo e della vite ebbero sempre un posto importante nel podere, chiamato a soddisfare da solo tutte le esigenze della famiglia contadina che lo coltivava. Poteva accadere però che il contadino, pressato dalle esigenze immediate di sopravvivenza e volendo cogliere quindi anno per anno i frutti del suo lavoro, non avvertisse l utilità delle piante da frutto, perché non ne vedeva un ritorno nel tempo breve. È per questo che nei patti agrari, su richiesta della classe padronale, sostenuta anche dagli Statuti cittadini, venne imposto al mezzadro di procedere ogni anno alla piantata di almeno quattro ulivi e quattro piante da frutto pel bene et utile et honore de la Cittade e di tutto il Contado. Solo un secolo dopo perciò, il poeta aretino Giovanni Famio, non faceva sforzo alcuno per descrivere la Val di Chio nei seguenti termini: Extat et vallis mobilissima in longum ad orientem porrecta, pogis et villis cicumqua redimita, arboribus, vinetis, olivetis decorata, pomorumque omnì genere referta que ita sapiunt ut nihil dulcius, suavius huiusmodi valeat reperiri; habet inde planitiemper quam evalle amnis defluit Celo qui si perpetuo esset aquisve abundaret, nihil esse optandum quod oppidso deesset 1... In quegli stessi anni il De Crescenzo nel suo trattato sull agricoltura così descriveva il ciliegio da lui denominato Ciriegio : Non credo che sia oggidì in Italia albero più conosciuto di Ciliegi. Questi (secondo che scrisse Plinio al XXV cap. del V libro) furono portati primieramente in Italia di Ponto per cosa nuova, et per alberi quivi forestieri, né più veduti, da Lucullo nella vittoria che egli riportò a Roma contra Mitridate. Ma tanta è stata l amistà del terreno dell amenissima ltalia con questo albero, che non solamente ha confermato et ampliato le specie de domestici, ma come pregano per grande affabilità del loro umore, per sé stesso, senza alcun seme, per le campagne, per li monti, et per li boschi in numerabilissime piante di grandissima procerità ce n ha prodotte e produce. Sono i lor frutti, liquami che volgarmente chiamiamo Ciliegie, di diverse specie, fra le quali in più prezzo lo fanno le Niarchine et le Duracine, avvenga che di queste e di più grosse e di più piccole, di 1 Vi è anche una nobilissima valle orientata verso est, circondata da poggi e da villaggi, abbellita dalle colture di alberi, vigneti e oliveti, ricca di frutti di ogni genere che sono così saporiti che niente di più dolce si può ritrovare altrove; vi è poi una pianura attraverso la quale scorre il fiume Cilone che se avesse acque perenni, non vi sarebbe niente che mancasse alla città (di Castiglioni).

40 rosse, et di più bianche se ne ritrovino. Quelle che per diventare molto nere, chiamiamo noi Corbine e Plinio nomina Attie e Ceciliane, essendo di quelle che son durette, et dolci, sono assai aggradevoli dal gusto, quantunque poco s usino nei conviti per tingere elle fuor di modo et le mani et la bocca. Nelle specie di ciliegie che si commemorano anchora quelle che in Toscana e in Siena massime si chiamano Ciliegie Amarine, in Roma visciole e in Vinegia Marasche.... Da quanto scrive il De Crescenzo si deduce che il ciliegio oltre a essere diffuso in quasi tutto il territorio della penisola, era presente ovunque nelle molte sue varietà. Così si può pensare che, come al ciliegio, molta attenzione venisse prestata nel basso medioevo e in tutto il rinascimento agli alberi da frutto, in genere sfruttati non solo per il loro prodotto naturale, ma anche come tutori di altre piante, per il legname, per l ombra ecc. Con il passare del tempo infatti non solo il ciliegio, ma anche l acero, la quercia, il gelso, il pero, il melo, il susino, assunsero grande importanza per l economia mezzadrile, data anche la durata temporale di questo tipo di contratto agricolo che poteva protrarre i suoi effetti per più generazioni. Se infatti la terra si dimostrava sufficientemente grata a chi la lavorava ed il colono era gradito al padrone del terreno, una famiglia poteva restare nella stessa abitazione e continuare a operare sulla medesima terra anche per alcuni secoli. Ogni azienda poderale, come si è già detto, era un mondo a se stante ed il rapporto tra padrone e mezzadro era diretto e quasi sempre senza intermediazioni. Per la Val di Chio si trattava perlopiù di piccole proprietà. Come si sa, una profonda crisi dei commerci internazionali coinvolse, a partire dal XV secolo, tutto il territorio della penisola italiana ed anche larga parte dei paesi del Mediterraneo. La crisi si ebbe sia per le continue guerre, sia perché in seguito alla scoperta dell America, il baricentro dei traffici si spostò dal Mediterraneo all Atlantico, tagliando fuori molti paesi europei che fino ad allora erano stati al centro dei commerci internazionali. Questa novità spinse la borghesia cittadina a rivolgersi con maggior attenzione alla terra ritenendo che, per la nuova situazione economica, le colture sarebbero state un buon investimento. Così ebbe inizio la riconquista di nuovi terreni da strappare, per esempio, alle aree umide, oppure vennero messi a coltura terreni fino ad allora non ritenuti remunerativi, ma soprattutto si investì in nuove colture con le specie provenienti dal nuovo mondo o comunque in colture specializzate. Fra queste subì un nuovo impulso la frutticoltura, cosa che favorì in tutto il territorio toscano la piantata di specie più rustiche e meno esigenti fra le quali il mandorlo, il sorbo, il nespolo, il nocciolo; tuttavia là dove le condizioni climatiche e la struttura del terreno lo consigliavano, prese nuovo vigore la coltivazione di piante da frutto più pregiate fra le quali il ciliegio. Fine dichiarato delle nuove piantate era quello di garantire risorse alimentari da utilizzare in tutto il corso dell anno, essendo molti di questi frutti facilmente conservabili nei fruttai. Questi alberi, collocati dove non davano noia e non facevano uggia ad altre coltivazioni divennero così, unitamente all immancabile cipresso collocato ad indicare i confini della proprietà, una caratteristica anche pittoresca del nuovo paesaggio che si era venuto a creare. Queste nuove risorse svolsero un ruolo importante non solo per l economia, ma anche per le relazioni sociali di buon vicinato. Non mancano infatti testimonianze sullo scambio di frutta tra un podere e l altro, sappiamo inoltre che le ragazze quando andavano spose in luoghi distanti da quello di origine, portavano con sé nella nuova residenza alcune piantine ed essenze proprie della zona di origine. Così le varie specie si moltiplicavano di numero, ma acquisivano anche, con il tempo, caratteristiche proprie dovute al nuovo ambiente, al clima, al terreno ed alle cure ricevute. Nel 1882 il Mazzini che svolse un accurata indagine in Toscana, descrisse i poderi di questa Regione: 41

41 Sparsi pei poderi, o frammisti agli olivi od alle viti nei filari, s incontrano ovunque alberi fruttiferi di ogni specie, fra i quali raramente manca, nelle colline, una pianta di giuggiolo, allevata quasi sempre presso la casa colonica. Nelle vicinanze dei centri principali di popolazione, le frutta contribuiscono ad aumentare notevolmente il reddito del fondo, vendendosi fresche nel mercato: nei luoghi più lontani, se ne trascura spesso la piantagione e la coltura, ed ivi per la facile conservazione della frutta che producono, si preferiscono le nocciole, pere, mele e fichi. Non mancano privati che hanno introdotto nei loro possessi apprezzate varietà di frutta. Ma nel complesso, può dirsi che la frutticoltura in Toscana assuma pochissima importanza. Principale ostacolo al progressivo sviluppo della frutticoltura è il fatto che pochissime sono le varietà di frutta generalmente coltivate in Toscana, e che queste, per mancanza di buona coltura, riescono per lo più scadenti e non sono di qualità fine e delicata, come si ricercano all estero. Il sostituire nuove e migliori varietà a quelle del paese, e lo introdurre nuovi sistemi di coltura, sono riforme troppo radicali per poterle ottenere in pochi anni....il commercio di esportazione ha però fatto subire un vistoso aumento del prezzo delle nostre frutta, e ciò fu naturalmente potente eccitamento, per estenderne la coltivazione ed aumentare la produzione. Infatti non vi è proprietario di piccoli o grandi possessi, che non procuri ogni anno di accrescere il numero di piante fruttifere, collocandole per lo più nelle fosse destinate alle nuove piantagioni nei campi, insieme agli olivi ed alle viti, o lungo le viottole dei campi stessi; quasi sempre però in luoghi non adatti per ottenere piante rigogliose e ben formate Per chi conosce la Val di Chio sembra proprio che il Mazzini si sia ispirato alla sua realtà. Qui i coltivatori, nel succedersi dei secoli, avevano affrontato la fatica dei campi trasmettendosi di padre in figlio le tecniche e le conoscenze agrarie, ma senza porsi quasi mai il problema di sperimentare, di tentare nuove strade per cercare di migliorare la qualità e la quantità dei prodotti delle coltivazioni. Se qualche mutamento c era stato, esso era dovuto più alla particolare intuizione di singoli che non a vere e proprie direttive scientifiche, che peraltro non erano state diffuse fino all anno 1852, anno in cui a Firenze 1 Accademia dei Georgofili avvertì il bisogno di istituire una Commissione che creasse in tutto il Granducato una Società di Orticoltura che doveva premiare tutti gli sforzi di coloro che si fossero occupati e anco coloro che fossero riusciti ad ottenere colla riproduzione, per seme o per innesto, varietà pregevoli fra quelle conosciute o cresciute da lunga pezza nel nostro paese. I proprietari più aperti ed illuminati furono così informati di questa opportunità tramite il Giornale Agrario Toscano e la fecero propria soprattutto là dove il commercio era facilitato da una più agevole viabilità. La famiglia Pallotti, che possedeva diversi poderi tra la Pieve di Chio e Pergognano, fu certamente una di quelle che comprese subito il vantaggio derivante dalla possibilità di poter vendere fuori dal mercato di Castiglioni la frutta prodotta nei propri poderi. I fratelli Pallotti, don Domenico e Francesco, coltivavano direttamente il podere di casa che era quello dell Aiola, mentre gli altri li avevano concessi a mezzadria a diverse famiglie contadine. Un campo poi era dato in affitto a Luigi Vanneschi, che svolgeva la professione di mugnaio in località Gaggioleto. Chi curava le relazioni esterne (gli interessi) era certamente don Domenico che era anche maestro di Casa (economo) presso il Collegio Serristori, dove insegnava anche la lingua latina. Francesco, che era sposato, aveva il compito di seguire direttamente le proprietà, ma l ultima parola spettava sempre a don Domenico, come si può facilmente dedurre dalla corrispondenza privata di questa famiglia.

42 Nel corso del suo esercizio più che ventennale quale Maestro di Casa dell Ente Serristori, don Domenico aveva fatto sì che alle proprietà dell Ente venissero apportate notevoli migliorie e non è difficile supporre che questa attenzione l abbia esercitata anche nei confronti dei suoi possedimenti che da tempo erano affidati alle famiglie di Biagio Malentacchi, Giulio Amatucci, Pietro Mazzoni, Clemente Brocchi, Angelo Nocentini, Francesco Belli e Domenico Carnevali. Questi ultimi lavoravano poderi situati nella zona collinare: uno a Cerreta, l altro a Corniolo. Dai libretti dei conti colonici di queste famiglie, a riprova del fatto che ogni podere doveva essere autosufficiente, risulta che nei poderi della proprietà Pallotti intorno agli anni 80 del XIX secolo, oltre al grano si coltivavano anche segale, orzanella, fave grosse, veccione, vena marzola, patate, fagioli di diverse qualità, granturco, castagne, canapa, lino, uva, olio, mele, noci, ceci, fichi, lupini, capecchio, piselli, cicerchie, cipolle ed una gran quantità di ciliegie. Questo frutto assumeva una grandissima importanza per l economia delle famiglie coltivatrici dei terreni Pallotti. È proprio grazie alla precisione contabile di Francesco Pallotti che ancor oggi, a distanza di tanto tempo, conosciamo con precisione non solo la quantità e la qualità delle ciliegie prodotte, ma anche le destinazioni verso le quali venivano inviate per essere vendute. Si trattava di delle quattro tipologie di ciliegie conosciute e coltivate da tempi immemorabili nel territorio di Castiglion Fiorentino: da la punta, nerone, dall acquavite e moscatelle. Una grande quantità veniva inviata attraverso il treno a Firenze; altre trovavano collocazione in Arezzo o raggiungevano addirittura Roma; una modica quantità veniva collocata sui mercati di Cortona e Castiglion Fiorentino. I Pallotti, spinti ad incrementare la coltivazione anche dalla recente costruzione della stazione ferroviaria, non ricorsero certamente ad essenze di ciliegio forestiere per le loro coltivazioni ma, forti dell esperienza dei padri che si erano tramandate le tecniche di coltivazione e di innesto ed avevano verificato la bontà e la quantità del prodotto, avevano certamente adottato le specie autoctone presenti che, per gente prudente come loro, erano una garanzia certa di risultato. Si trattava certamente di piante discendenti degli antichi ciliegi che, come afferma Dionigi di Alicarnasso, erano state recate nel nostro territorio dall etrusco Apronio e che avevano come loro capostipite il cerasum rubrum apronianum. Secondo le carte Pallotti, che abbiamo potuto consultare nell archivio del signor Giulio Corinti e che si ringrazia vivamente per la cortese, generosa disponibilità offerta, i Pallotti, che già nel Seminario Vescovile di Arezzo avevano trovato un ottimo cliente per i prodotti dei loro poderi, vendevano le loro ciliegie in Arezzo, a Cortona, a Roma ed anche a Firenze, oltre che in Castiglion Fiorentino, ma non sempre le cose scorrevano lisce. Per esempio, nell anno 1885 sorse una contesa fra loro e Lorenzo Borghesi, un grosso commerciante di frutta di Firenze. Grazie alla corrispondenza intercorsa tra le parti possiamo conoscere i vari aspetti della produzione e commercializzazione di questo gustoso, ma delicato prodotto che, rispetto a qualche anno prima, adesso poteva raggiungere mercati anche lontani, grazie al trasporto ferroviario. I contadini raccoglievano le ciliege a scalare, cioè ogni volta che il commerciante o un suo collaboratore, dopo averle visitate sulle piante, ne ordinavano il raccolto. Il frutto veniva sistemato nei bigoni che venivano pesati al Molin Bianco di proprietà dei Pallotti stessi e da lì portati con i carri alla stazione ferroviaria per essere spediti all acquirente in Firenze. Dalle carte risulta che i Pallotti ed i loro contadini vendettero in quell anno, solo al signor Borghesi, ciliegie per quasi dodici quintali. La controversia sorse perché, contrariamente ai patti stabiliti, con tutta probabilità, alcune qualità di ciliegie, anziché essere inviate come convenuto al Borghesi erano state vendute in Castiglioni dove ogni anno, la terza domenica di giugno, in occasione della festa della Madonna del Rivajo, si teneva un grosso mercato di questo frutto. 43

43 Come i Castiglionesi sanno, la festa della Madonna del Rivajo è anche detta festa delle Chjochene, cioè delle chiaviche, o fogne, perché si dice che in quel giorno abitualmente piova. Non tutti però sanno che, poiché vi si vendevano le ciliegie più grosse, questa festa era anche chiamata festa delle saragione dal termine dialettale che trasforma ciliegia in saregia. A questo proposito si racconta che un giorno una venditrice bandisse il suo prodotto con il grido: Saragione, saragione! e che un passante le abbia detto: E chji te dà torto! (equivocando intenzionalmente sul suono della parola: s ha ragione). Si narra anche che una volta un grosso ed improvviso temporale rovesciò tutti i bigoni pieni di ciliegie che erano in vendita presso la Porta Fiorentina e che queste andarono ad intasare le chjochene; è per questo che da quel momento, in segno di scherno, gli abitanti dei comuni vicini hanno chiamato la festa della Madonna del Rivajo festa delle chjochene. 44 Per favorire la produzione abbondante della frutta, era un tempo tradizione nel castiglionese legare le piante da frutto con un venco il Sabato Santo, quando il rito della resurrezione era ancora celebrato a mezzogiorno e non, come adesso, a mezzanotte. Al momento del Gloria, le campane che erano rimaste legate in segno di lutto per tutto il venerdì santo, venivano sciolte e suonate a distesa. A quel punto i componenti della famiglia contadina che non erano andati alla messa facevano a gara a chi legava più piante nella convinzione che l ora solenne della liturgia influenzasse positivamente l opera della pianta. Questa operazione doveva infatti essere terminata mentre suonavano le campane, perché solo in questo modo la pianta avrebbe legato tutti i fiori che in seguito si sarebbero trasformati in frutti. Questa credenza, come altre, è rimasta in vigore fino al secondo dopoguerra. In seguito alla crisi del sistema di mezzadria, i poderi situati nelle zone più impervie sono stati i primi ad essere abbandonati ed erano proprio quelli più ricchi di piante da frutto. Cosi, lentamente ma inesorabilmente, sono andate scomparendo sia le tradizioni, sia i ciliegi. L inserimento della meccanizzazione in agricoltura e i nuovi sistemi di coltivazione hanno eliminato dai bordi dei campi tutta una serie di piante che li contornavano. In questo modo è stato modificato profondamente il paesaggio, perché le nuove tecniche hanno giudicato gli alberi un inciampo, un intralcio. Quindi sono scomparse dalla Val di Chio migliaia di piante, molte delle quali da frutto, come le persone più anziane testimoniano nei loro racconti: sorbi, giuggioli, cornioli, peri volpini, meli di poggio e soprattutto tanti ciliegi diffusi ai margini dei campi per tutta la valle. Oggi soltanto nei boschi, a primavera, fa bella mostra di sé la chioma fiorita di qualche ciliegio selvatico, certamente figlio del seme portato da qualche uccello. Per il resto poche sono le famiglie contadine che hanno piantato intorno casa un ciliegio per consumo, gli altri comprano le ciliegie dal fruttivendolo o al supermercato. Si tratta di frutti che, specialmente d inverno, arrivano da molto lontano, dai paesi dell altro emisfero. La scomparsa delle piante da frutto ha fatto venir meno anche un altro aspetto della vita contadina: il senso di sicurezza che derivava dal sapere che in soffitta o in dispensa vi erano conservate, per le necessità invernali della famiglia, le noci, i fichi secchi, le mandorle, le nespole, le sorbe, che si maturavano nella paglia, le pere e le marmellate, che rassicuravano gli abitanti della casa sul fatto che anche nei tempi più tristi del periodo invernale e primaverile si poteva contare su questi prodotti e che, male che fossero andate le cose, ci sarebbe stato sempre un frutto o una confettura da mettere sulla tavola. Adesso, dopo anni di indifferenza e di abbandono per la coltura delle antiche specie di ciliegie un tempo esistenti in Val di Chio, si è voltato pagina grazie alla proposta avanzata dagli Amici della Val di Chio, proposta che è stata fatta propria dall Assessorato all Agricoltura della Provincia di Arezzo.

44 Grazie ai genoma a suo tempo selezionati e conservati dal CNR-Toscana è stato possibile riprodurre le piante dei ciliegi delle qualità nerona, da l acquavite, moscatella e da la punta e ripiantarle in alcuni appezzamenti di terreno della Val di Chio, cioè nel loro habitat di origine. Così le ciliegie possono tornare ad essere il frutto simbolo di un territorio, divenendo al tempo stesso un frutto particolarmente legato al territorio. La ciliegia infatti non matura staccata dalla pianta e si conserva con difficoltà nel tempo, quindi non può che avere un mercato locale. Solo così più facilmente si può apprezzare non solo il gusto dei prodotti di un territorio, ma anche tutta la storia che li ha accompagnati nei secoli e che li rende unici nel panorama nazionale. In questo modo le ciliegie, che sono state definite il frutto del paradiso, potranno riportare il paesaggio della Val di Chio al suo primitivo splendore grazie anche ai fiori dei ciliegi, riproponendo quella fiorita che in una primavera del XVIII secolo fece esclamare al Granduca di Toscana che si era affacciato dal Loggiato Vasariano Valle di Chio, valle di Dio!. 45 La Valle di Chio come si presentava all inizio del Novecento

45 IL TEMPO DELLE SARÉGE: RACCOLTA DI TESTIMONIANZE E RICORDI a cura di Paolo Serafini con contributi di Alfiero Fanciullini Premessa La ricerca sulla produzione delle ciliegie mi ha dato l'occasione di riprendere e approfondire un argomento già emerso, ma appena accennato, nella raccolta di storie e testimonianze C era una volta in Val di Chio da me curata e realizzata assieme al Circolo di Studio sulla Valle di Chio. Il presente lavoro ha dato una ulteriore e più ampia opportunità per riappropriarsi, prima che sia troppo tardi, della memoria legata a questa tipicità. Se il merito di questo tipo di ricerche è quello di aver recuperato pezzi di vissuto dei singoli e di piccole comunità che si sono intrecciati con la Storia, la pecca più grave è a mio avviso quella di aver maturato tardi questa esigenza. A quattro anni dal precedente lavoro infatti, molti degli anziani allora interpellati non possono più consegnarci i loro ricordi. Ho potuto incontrare personalmente più di venti persone, tra i cinquanta e gli oltre ottanta anni, raccogliendo informazioni e racconti che risalgono fino agli anni 30 del secolo passato. Sono quasi tutti personaggi rappresentativi del contesto agricolo della Valle di Chio: proprietari, coltivatori diretti e mezzadri. Data l importanza e la tipicità di questa produzione che, pur nella diversità dei ruoli, li ha visti protagonisti, tutti quanti hanno fatto trasparire dalle loro parole una punta di orgoglio mista a nostalgia. Ringrazio in particolare l'amico ALFIERO FANCIULLINI, che ha fornito un suo esteso scritto, da me suddiviso nei vari paragrafi ed evidenziato graficamente con uno sfondo grigio. Tra gli informatori ricordo con particolare affetto i signori ERMETE BADINI ed EGIDIO MONTANINI che ci hanno lasciato proprio negli ultimi mesi. Ugualmente esprimo riconoscenza per la disponibilità a tutti gli altri intervistati: AMADORI MARIANNA, BARBONI ANTONIO, BARNESCHI RAFFAELLO, BIANCONI GIORGIO, BRUNI ALBERTO, CACIOLI LUCIO, CASUCCI GIULIANO, CHIANUCCI GINO, CHIANUCCI MASSIMO, GALLORINI ROBERTO, MACCHERONCINI GIUSEPPE, MANGANI VITTORIO, MENCI ALFIERO, MENCI BRUNO, MILIGHETTI ADELINDO DINDO, MINIATI GIROLAMO GIROGLIOMO, PANTINI GIUSEPPE, POLIDORI LIDIA, POLVANI VIRGILIO, ROMITI GIULIANA, SALVI BENITO, SEGANTINI BRUNO, SOGGETTI GIUSEPPE, STANGANINI EBE, VITALI GIUSEPPE. Mi scuso con tutti coloro che per motivi di spazio e di tempo non è stato possibile far parlare. 47 Tengo a precisare che le interviste sono state registrate e trascritte in modo fedele, al fine di non perdere le coloriture dell'espressione orale e del vernacolo, tuttavia la grafia utilizzata per i termini più tipicamente dialettali non ha la pretesa di essere foneticamente rigorosa ma vuole imitare il parlato, pur senza appesantire lo scritto. Paolo Serafini

46 Sarége... Siliegie... Cigljegie... Ciliegie! 48 UNA QUESTIONE DI TERMINI Nei diversi racconti degli intervistati, il termine usato per appellare i rossi frutti del ciliegio è tutt'altro che univoco, infatti nella trascrizione delle registrazioni figurano varie forme alterate dell italiano quali sarége, cigliegie, siliegie o simili. Vediamo di fare un po di luce in proposito. Del leggendario arrivo del ciliegio in Italia si è già parlato nella parte curata dal Prof. Alpini. Come gli scrittori latini, anche San Girolamo ( d.c.) riteneva che le ciliegie fossero originarie del Ponto, in particolare dell antica colonia ellenica di Kerasunte 2 (l attuale Giresun in Turchia). Considerando che alcune varietà di ciliegie sono effettivamente originarie dell Asia Minore, può esserci un fondo di verità. Il ciliegio era chiamato dai greci «kerasion», nome che rimanda sia alla città di Kerasunte, sia al termine «kera», che in greco significa corno (espressione che richiama la forma dei frutti). Ne può nascere una disputa simile a quella dell uovo e della gallina. In turco troviamo il termine «kiraz». Il latino classico chiamò la pianta cerasium (in latino volgare ceresium) e il frutto cerasia (in latino volgare ceresea o ceresja). Le moderne lingue europee hanno mantenuto quasi sempre la erre all inizio della seconda sillaba: il francese cerise, l inglese cherry, lo spagnolo cereza, il rumeno cires, il tedesco kirske, il provenzale seriers, il corso chjarasgia, il sardo cherasa/chiriasha. Analogamente è avvenuto in tutti i dialetti italiani. A titolo esemplificativo facciamo una carrellata attraverso la nostra penisola: sirìa (Piemonte), scirésa (Lombardia 3 ), siaresa (Veneto), ziresa (Trentino), sariesa (Friuli), sarésa/sresa/zresa (Romagna), ceràcia (Lazio), ciresce (Abruzzo), cerasa (Campania), girasu (Sicilia). Per venire all aretino, l accademico della Crusca Francesco Redi nel suo Vocabolario Aretino 4 che risale alla metà del XVII secolo, nota che mentre il popolo in Firenze dice ciliegia, nel contado aretino sono in uso i termini siriegia, sariegia e sariegio ai quali il curatore della riedizione 5 affianca i più moderni sarègia e sarègio, soregio, sariegio e siriegio. Don Sante Felici individua in Val di Chiana le forme siriégia, sarégia e saràgia 6, mentre nella Maremma centrale si usano i termini saracia/saracio. Nella parlata fiorentina, come detto, la erre si è modificata in elle, originando l italiano ciliegia, con tutta la polemica che segue sulla possibilità o meno di omettere la i nel plurale 7. Non manca chi abbia voluto vedere un legame, anche solo di immagine, con cilium, ossia il ciglio del campo dove solitamente i ciliegi venivano piantati. Il termine visciola ha invece origine dal longobardo wihsla. Nel testo si sono utilizzate alternativamemente la forma sarége, che ha una connotazione tipicamente dialettale in Valle di Chio e quelle decisamente più italianizzate cigljégie/cigliègie. 2 La città è chiamata anche Kerasous, Cerasous, Chirizonda, Cerasonte, Kerassunde. Il romanziere Jules Verne in Keraban il testardo, una delle sue opere meno conosciute, fa passare i protagonisti lungo le coste del Mar Nero, in direzione di Istanbul. Essi attraversano una città chiamata Kérésoum, dove abbondano i ciliegi. Egli aggiunge che il legno di questi alberi era utilizzato per la costruzione delle pipe. 3 In Lombardia troviamo anche càlum e motìna, di origine chiaramente diversa. 4 Cfr. A. Nocentini, Il vocabolario Aretino di Francesco Redi, Elite Cfr. anche Alberto Basi, L aretino Piccolo Vocabolario..., Calosci Cfr. Sante Felici, Vocabolario Cortonese Sapienza popolare in Val di Chiana, Marmorini 1975, pag La diatriba sembra ormai definitivamente risolta, la forma ciliege, presente da tempo nei dizionari della Lingua italiana, è tollerata anche se non del tutto accettata dalla maggioranza dei puristi. L ultimo libro di Oriana Fallaci si intitola proprio Un cappello pieno di ciliege - senza la i.

47 Le cose le faceva per bene chi era in vita allora! (Ermete Badini) COME UN QUADRO D AUTORE Racchiusa a cerchio da poggi di media altezza, con crinali che rendono uniforme il suo circondario, la Valle di Chio nel mese di aprile si rivestiva di un immagine da mozzare il fiato anche a colui che fosse stato il più pigro degli osservatori. Il vestito di festa che la Valle forgiava in quel mese splendido, era ricamato da una miriade di fiori bianchi, fiori questi dei tanti ciliegi dislocati in tutto il territorio valligiano. Nell intera vallata non v era appezzamento di terreno, grande o piccolo che fosse, che a bordo dei piccoli corsi d acqua, lungo i filari di testucchi 8 e di viti non avesse qua e là dislocate piante di ciliegio coltivate con precisione e cura. Questo manto incantevole e profumato si spandeva da un lato fino alle propaggini di Castiglion Fiorentino, dall'altro fino agli ultimi declivi di Polvano e S. Stefano. Di fronte a una così mirabile veduta, la contemplazione del nostalgico, del sognatore avrebbe voluto racchiudere il tutto, se avesse potuto, in un quadro d autore 9. Il paesaggio della Valle di Chio sa ancora offrire allo sguardo del visitatore più attento alcune delle sue caratteristiche originarie, tuttavia negli ultimi decenni la vallata ha subito profondi mutamenti, che appaiono evidenti soprattutto a chi ha conosciuto questo territorio prima dell esodo dalle campagne, avvenuto progressivamente dal dopoguerra agli anni sessanta. La Valle di Chio la chiamavono la Conca d oro una volta. Quande s era al Ponte de Pecione 10 dicevono: _De qui se va su la Conca d oro! Perché c era l olio bono, l vino... C era tutto bono. Anche ntorno al paese c era tutti orti con ogni ben de ddio. Ora nvece... (Ebe Stanganini) 49 La Valle, anche la montagna, era se pol dire... il giardino de la Toscana. Tutte piante... (Girolamo Miniati) Era chiamata Valle di Dio aposta, perché nel piccolo non mancava niente... perché c era grano, c era vino, c era olio, le cigljegie, i frutti... C era gente ch aìon le macchie da marroni na vecchia tradizione diceva: Le citte a la Valle portecele, ma no levalle 12. (Giorgio Bianconi) Come a dire che i valligiani, tutto sommato, potevano essere considerati un buon partito. Particolare era anche l'organizzazione delle superfici coltivate. Io ho sempre vissuto in mezzo ai racconti sia da parte dei nonni che dei genitori. La Valle di Chio era piena di piante da frutto di ogni genere: ciliegi, meli, peschi, susini, albicocchi, fichi, nespoli, noci, mandorli, sorbi, giuggioli, melograni, viti di ogni qualità che oggi sono sparite come il moscatello e l'aleatico che non se ritrovono più. C era il clabrese, c era il canaiolo... E pensare che mica c era il frutteto... le piante erono sparse qua e là nei poderi. L'agricoltura a quel tempo lì era tutta impiantata in piccoli appezzamenti e campi con filare a próda 13. Il filare a próda era costituito da testucchi, cioè aceri campestri, e viti di ogni specie. 8 I testucchi sono gli aceri campestre ai quali venivano appoggiate le viti nel filare. 9 Come detto nella premessa, le parti con sfondo grigio risultano da una memoria scritta di Alfiero Fanciullini. 10 Nei pressi di Noceta, all inizio della Val di Chio. 11 Castagneti. 12 Le ragazze (da marito) portale in Valle di Chio, non portarle via. 13 Margine del campo.

48 Intervallate ai testucchi c'erono le piante da frutto che non erono messe un filare tutti ciliegi, un filare tutti peri... Erono intervallate all'acero e senza alcun ordine preciso. L'unico ordine era il filare: il filare a próda e le doppie, cioè il filare di qua e di là dal fosso. Questa non era altro che la biodiversità che c è all'interno dei boschi, dove non trovi mai le piante della stessa varietà tutte insieme. Questa diversità e questa alternanza davano anche modo alle piante di difendersi meglio dalle malattie. (Massimo Chianucci) La ricchezza e la particolare utilizzazione del suolo produttivo risultano anche dalle antiche rilevazioni catastali. Rimando i lettori agli studi specifici condotti sull argomento 14 e alla ormai vasta e varia bibiliografia per l approfondimento delle tematiche socio-culturali relative alla Valle di Chio 15. Passo quindi ad esaminare attraverso le testimonianze gli aspetti paesaggistici, culturali ed economici più strettamente legati all argomento della ricerca. Percorrendo la Valle di Chio nel mese di aprile, tra la vegetazione ancora in gran parte caratterizzata dai rami spogli e dall assenza di verde, spiccano nelle macchie e tra le pieghe delle colline, decine e decine di giovani ciliegi selvatici in fiore. Altre nuvole bianche, quelle dei ciliegi innestati e curati da mani esperte, possiamo contare in minor numero lungo gli argini e in alcuni orti e giardini. Questo è niente in confronto alle descrizioni ancora vive nel ricordo dei testimoni: 50 La Valle éra l centro de sarégi: ce n éra tanti, ma tanti... Io stavo a Belvedere 16 e quando arrivava la Settimana Santa, ch iniziavono a fiorire, éra un divertimento da l alto guardare in giù e vedere il grande spettacolo de questa pianura tutta piéna de sarégi fioriti... Ce n éra tantissimi... (Alberto Bruni) Fa conto... fino al dopoguerra, fino a verso l sessanta... la Valle faceva spavento. Io stavo a Santo Stefano e da Santo Stefano capirai... Da le finestre de la casa vedevi tutta la vallata. Fa conto... la Valle éra tutt un fiore quande c éra i sarégi, perché su le scarpate del fiume, prima che arfacessero l fiume, éron tutti sarégi... grossi come le querce! n tutti i campi éra una cósa paurosa. Do c aìvo la vigna io, passato le case de Santo Stefano, appena passato l primo ponte su la curva c è quela stradetta a sinistra che va su. La mi vigna éra de lì sopra la strada cento metri. I sarégi de qua e de là sui du boschi c éron fitti n questo módo, anche sul poggio própio. Pecato... me divertiva a vedelli quand éron tutti carichi... Ma ppo stiamo attenti, che la Valle alora éra bella anche pel fatto ch éra tutta piantata. C éra ogni campo, giro giro, tutti i su alberi. Ora è diventato un padule anche la Valle... Anche se le piante potevon campare, han dovuto cavalle perché i contadini un ce son più. (Adelindo Milighetti) A quei tempi là i ciliegi ce l avevon tutti nei campi... Dov era l filare un ciliegio o due ce l avevon tutti... (Alfiero Menci) 14 Particolarmente meritevole di attenzione a questo riguardo e non adeguatamente valorizzata è la Tesi di Laurea intitolata Agricoltura e paesaggio della Val di Chio nel catasto lorenese di Alessandra Barneschi, Univ. agli Studi di Siena, Fac. di Lettere e Filosofia, anno 2000/ Vedi la bibliografia al termine del presente volume 16 L insediamento di Belvedere si trova sopra Pieve di Chio a circa 530 metri s.l.m.

49 I cigljegi che c era su la Valle non c erono da nessuna parte. Piùcchemai le piante erono dal cimitero di S. Cristina in su, pe le Vie Larghe... Verso la Noceta ce n era pochi. Vicino al Cilone 17 c era una striscia de terra che ora è ristretta e lì s aveva sei cigljegi grossi. Dopo ce n era tre sopra quelli lì, quattro a Materna comincia a esser roba eh! E per passalli tutti...! (Egidio Montanini) Pe le vie larghe, la via che da Collesecco arvà a Orzale, de lì e su ce n éra un infinità de sarégi. (Giuliano Casucci) Sono tuttora chiamate Vie larghe le stradicciole che, quasi perpendicolarmente alle due direttrici principali, tagliano la valle da nord a sud congiungendo Collesecco, Santa Margherita e S. Cristina con Ferioli, Orzale e Petreto. Quando venne l Adriana da Perugia a fare il matrimonio col Reattelli, era dopo il negli anni buoni dei cigliegi. Era aprile e le dissi: _Lo vuoi vedere uno spettacolo naturale che tu non hai mai visto certamente? Lei dopo due o tre giorni che era arrivata, col marito si affacciò dalle logge di Piazza del Comune La Valle era tutta un fiore. Si vedevano solo i camini che uscivono da dietro le piante, perché le case erano coperte dai ciliegi fioriti. Da Cappuccini n su c era ciliegi grossissimi come le querce che in due non si abbracciavano. Io so del 28, ma l ho trovati già belli grossi... (Ermete Badini) In Valle di Chio ogni elemento naturale e antropico ha trasmesso il nome ai luoghi, ma a fronte dell'abbondanza di toponimi legati a specie vegetali o coltivazioni di ogni genere (vigne, uliveti, querce, fichi...), non c'è quasi traccia di denominazioni che facciano riferimento ai ciliegi. È quindi probabile che questa coltivazione non abbia origini troppo antiche, o comunque non abbia assunto una rilevanza tale da determinare una sedimentazione a livello toponomastico. Unica eccezione il Mulino dei Ciliegi, di cui sono ancora visibili i ruderi sotto Valuberti, lungo la sponda sinistra del Nestore 20. Siamo al limite del confine con i comuni di Arezzo e Cortona. Ancora oggi in questa zona, a primavera, nel bosco spicca il biancore dei ciliegi selvatici. L erta che da Col di Bidone si arrampica a nord-est fino a raggiungere i borghi montani di Badia Largnano e Ranchetto, è chiamata Via degli Amareti. Si può almeno ipotizzare un qualche legame con il termine amarena? Per la verità da più di due secoli a questa parte le colline della zona sono coperte di uliveti, ma la denominazione pare essere precedente 21. Inoltre si conserva la memoria di una buona presenza di ciliegi proprio attorno ai borghi di S. Enea, Gelle, Alteto Ancora c era parecchia montagna 22 e a Gelle... al Teto era pieno de cigljegie. 17 Il torrente che raccoglieva, attraversandola, le acque della vallata. Le lunghe opere di canalizzazione dei rii della Valle di Chio, avviate già alla fine del XVII secolo e soprattutto quelle effettuate negli anni sessanta lo hanno trasformato in quello che oggi è chiamato Vingone. 18 Gruppetto di case del versante sud della Valle di Chio, situate lungo la strada tra le frazioni di Orzale e Petreto. 19 Il loggiato vasariano che si affaccia proprio sulla Valle di Chio. 20 Del Mulino, appartenuto da ultimo alla famiglia Giommetti di Valuberti e funzionante fino a circa sessanta anni fa, restano gli ultimi ruderi. Le macine sono state sottratte. 21 Cfr. Luca Serafini, I nomi di luogo, toponimi, microtoponimi nell area sudorientale del territorio di Castiglion Fiorentino, Tesi di laurea, Univ. degli Studi di Perugia, Fac. di Lettere e Filosofia, 1993, pag. 37. Nei dintorini di Montecchio troviamo Saregeto o Ciaregeto. 22 La montagna era ancora molto abitata. 23 Insediamenti montani raggiungibili anche proprio dalla Via degli Amareti.

50 C era una stradina vicino al Romani 24 che era chiamata la strada dei cigljegi perché c era i cigljegi di qua e di là, con certi pedoni (Bruno Segantini) Ne le zone de Santa Néa 26 c éra l padron Michéle che c avea tutti quì campi tutti piéni... Anche al Teto c érono. Pe la Via de l Amareti éron tutti uliveti, de sarégi ce ne poteva esse qqualcuno nato da sé. (Virgilio Polvani) Più improbabile il collegamento tra una varietà di ciliegie chiamata cagnaccia e i toponimi campo di cagnaccia / poggio di cagnaccia, poco sotto Ristonchia nel versante che scende verso la Valle di Chio. Il termine è infatti conosciuto anche come soprannome per la famiglia Giannetti. Curiosamente i registri parrocchiali di S. Cristina, attestano la presenza della famiglia Ceriegi/Ciliegi tra gli anni Mulino dei Ciliegi, ruderi 24 In località La Strada. 25 Tronchi. 26 Sant Enea, borgo posto a mezza costa nel versante nord della Valle.

51 Quelle più bone arivavono tra l quindici e l venti de giugno... (Gino Chianucci) LE VARIETÀ Vari fattori assicuravano una produzione di ciliegie abbondante e prolungata: la quantità dei ciliegi, la varietà delle specie e il fatto che le piante si trovassero sia in valle che in costa, fin su alla montagna. I frutti giungevano così a maturazione in tempi diversi 1. La raccolta delle ciliegie tutti gli anni era davvero copiosa, vuoi per i tantissimi ciliegi in produzione che per le qualità di ciliegie. Va pure segnalato che il frutto maturava dall inizio di maggio fin oltre il venti di giugno. Apriva la sfilata la ciliegia PRIMATICCIA seguita dalla MOSCATELLA e dalla GUISCIOLA 2, poi seguivano in ordine quella DALLA PUNTA, la CAGNACCIA, la BELLA PISTOIESE, la DURO- NA, la NERONA e infine chiudeva la passerella la CILIEGIA D ACQUAVITE. La ciliegia guisciola era la selvatica, non aveva mercato, tuttavia veniva prelevata e messa in grandi caraffe sotto zucchero. Col passar del tempo lo zucchero diluiva e s incorporava nella polpa ciliegina. Era davvero una leccornia rifarsi lo stomaco nelle prime ore mattutine con qualche cucchiaiata di quella delizia. Le altre qualità di ciliegie facevano grande il mercato e il commercio. Venivano messe in mostra e, in piena maturità, si differenziavano sia per la forma sia per i colori. La ciliegia dalla punta era di fattura ovale e terminava con una sottilissima puntina somigliante a un piccolo spino di rovo, il suo colore era di rosa sfumato. La durona, chiamasi così per compostezza e solidità, era di color rubino e come un rubino la sua buccia appariva lucente. La cagnaccia era una ciliegia abbastanza grossa, ma aveva la forma del nostro pianeta, era schiacciata ai poli e pure il picciolo si protraeva in cavità fino al nocciolo. Era di gusto e sapore unico. La bella pistoiese poteva paragonarsi alla donna odierna: più che bella appariscente. Messa in mostra era subito evidenziata, ma tutto sommato era un frutto di immagine, una bella ingannatrice. La ciliegia regina nostrana era la nerona, frutto questo di squisitezza, di gusto e di vera immagine. Era più grossa e polposa di tutte le altre, tanto succulenta da lasciare il palato pronto a fare il bis, infine era munita di un piccolissimo nocciolo. In piena maturazione si tingeva di un colore tra il rosso cupo e l amaranto. Era così tanto gradita questa ciliegia che molti di noi ragazzi non mancavamo di prendere un tozzo di pane e far con questi frutti companatico per la nostra merenda. 53 L acquajolina non éra un vero sarégio gentile, però éra bóna quante quell altre, e forse forse... C éra la nerona, c éra la moscatella, c éra quella da la punta... (Adelindo Milighetti) C'éra tante razze; le migliori de tutti éron quattro qualità: moscatelle, da la punta, nerone e d acquavita. Doppo c è le sarége guisciole... quelle magari sono mezze salvatiche... (Alberto Bruni) 1 Nella valle di Chio, in Comune di Castiglion Fiorentino, era pure molto sviluppata la cerasicoltura con le cultivar: Moscatella, Nerona, Dalla Punta, e Sotto l Acquavite. Queste due ultime sono adatte per la conservazione sotto alcool. M. Basso et al., Toscana, p.86. Sta in AA. VV, Indagine sulle cultivar di ciliegio diffuse in Italia- 1973,.cap.7 2 La visciola è prodotta da un ciliegio acido, frequentemente usato come portinnesto e che in caso di insuccesso dell innesto produceva direttamente i propri frutti.

52 C era quelle da la punta e le moscatelle, quelle bianche, che venivono in un primo tempo, poi veniva l acquavite, la durona, po le nerone... Le primaticce 3 cominciavono a maturasse verso l Ascensione.. Non ce n era poi tante, tutt al più se portavono n paese. (Raffaello Barneschi) La moscatella era debole per il viaggio: toccava avere una delicatezza enorme perché sennò arrivavono al mercato in condizioni che non le prendevono. Molto buona, si maturava quasi bianca, diventava un po pallida e non era dura.. Quante n ho mangiate... Quando arrivavo a scuola ce n era uno... salivo su come una scimmia perché erono buone. C era anche un ciliegio a cuore, o da la punta, e queste erano dure, ma come ragazzo preferivo quelle moscatelle che erano più morbide. Quelle da l acquavite sono piccoline e anche quando sono ben mature si presentano sempre dure... (Ermete Badini) Quella da la punta nonn è una cigljégia pregiata, però dura di molto. È una cigliégia dura, che sur un cestino un fruttivendolo la pol tenere anche otto giorni e non va a male. nvece la moscatella e la nerona n du o tre ggiorni se ne va. Anche l acquavite dura dimolto, sono simili alla nerona, ma un po più schiacciatine e non vengon grosse come la nerona. (Giuseppe Vitali) 54 Quelle prematicce maturavono verso il dieci di maggio; le tardiole, quelle più bone, arivavono tra l quindici e l venti de giugno... Non ce trovavi niente dentro... (Gino Chianucci) 3 Precoci.

53 CURE E INNESTI Si se semina l nocciolo, l sarégio non nasce. (Adelindo Milighetti) A fronte delle variabili stagionali erano di fondamentale importanza le poche regole d oro da seguire per la piantagione, l innesto e la cura dei ciliegi. Le regole erano ovviamente acquisite con l esperienza e tramandate di padre in figlio. Sembra un impossibile: si se pianta n nocciolo l sarégio non nasce. Nasce se sta dentro al gòccio 1 de l ucelli, non c è gnente che fare. Anche questa è póco buffa? La noce no, la noce non ha problemi, la noce nasce facile; anche l pesco nasce che n c è male, ma si se semina l nocciolo l sarégio non nasce, sòn l ucelli quelli che li fan nascere. (Adelindo Milighetti) Dal momento che gli uccelli oltre a cibarsi di questo frutto, determinano in gan parte la diffusione della specie arborea, con buona ragione possiamo capire il perché del nome scientifico del ciliegio: Prunus avium 2, ossia Pruno degli uccelli. Noi a Cantalena ce se n aveva tanti, tanti, tanti, perché s éra sempre a piantare fòri dei campi, torno casa, pei prati... Se faceva de le grande buche, però c éra un fatto: arivavono a un certo punto e poi se seccavono... Trovavono el masso, el coltellino... n tutti i campi c éra questi sarégi, però possibilmente li mettevono sempre ne l angoli perché sfruttavano... pocciavono tutto 3. Dove c éra el sarégio vicino i filari, le viti un gni facevon gnente eh!...quand éra grossetto così, l selvatico veniva nnestato... a spacco. A volte nei rami grossi c éra anche sette o otto ignesti... 4 Non tutti ataccavono eh! (Alberto Bruni) 55 Io parlo del mio nonno, ma più o meno era l abitudine di tutti. D autunno partivano a cercare il selvatico e questo veniva recuperato sui boschi, lungo i fiumiciattoli, sulle greppe... 5 e anche del selvatico c era diverse qualità. Queste varietà le abbinavono con quelle che credevono più opportune, per esempio alla nerona gli davano quel tipo di selvatico che aveva una ciliegina molto morbida, oppure viceversa... La bellezza degli innesti era quella che venivano innestate qualità diverse, cioè a dire che anche le stesse ciliegie gentili non maturavono li stessi giorni. Se dilungava per un mese intero la raccolta de le ciliegie. Fra tanti c era anche chi aveva un ciliegio solo e quelli se divertivono: se la pianta era grossa ce facevono l innesti de tre o quattro qualità, sicché praticamente tutto l mese c avevono le ciliegie, se fossero state tutte uguali l andavono a male. Quande faceva la tagliatura de l innesto l mi nonno li dava n po de ramato che dava a le viti. L innesti li faceva co la terra, ora ce son de le colle... ma ataccavono perché sapevono scegliere i momenti. Poi c era questa tecnica... ora l'innesti li fanno a metà tronco e su l innesto vien rotto la bellezza del fusto, questo fatto qui fa sì che la pianta è tutta d una qualità, mentre prima veniva nnestato su l impalcatura, do 1 Gozzo, inteso come intestino. 2 Prunus è il termine generico che comprende tutte le drupacee (piante a nòcciolo, quindi oltre il ciliegio dolce (P. avium) ed acido (P. cerasus) ed i vari tipi di susino (europeo, cino-giapponese, etc.), il pesco (P. persica), l albicocco (P. armeniaca), il mandorlo (P. dulce), etc. In effetti è stato proposto da vari botanici di riservare al susino il genere Prunus ed alle altre drupacee generi diversi (Persica, Armeniaca, Amygdalus, Cerasus, etc.) ma ancora si usa Prunus o si aggiunge una seconda classificazione [p.e Prunus armeniaca L.= Armeniaca vulgaris Lam.]. 3 Sfruttavano il terreno. 4 Innesti. 5 Scarpate.

54 c erono tre, quattro, cinque rametti e li bastava che gnen attaccasse una che dopo era fatta. Siccome quande attaccava faceva diversi rametti, il mi nonno quel altr anno li pigliava, li piegava e li mandava n quel altro legno e faceva l rincolco 6, come se fa sul terreno per altri frutti o pe le viti... Questo nvece veniva fatto lassù alto, bastava che sbucciasse le du bucce e quelle eron sicuri che ataccavono... Perché unn ataccasse ce voleva proprio un annata brutta, qualche gelata... l ciliegio è facile come l melo... (Bruno Menci) Si uno avea un guisciolo, se nnestava subito. Nascon da sè i guiscioli. (Giuseppe Vitali) Per l'innesto dei sarégi c era l giorno adatto che era San Giuseppe. (Gino Chianucci) 56 Il ciliegio, pianta tanto delicata, preferisce la sua collocazione e la sua crescita su terreni non aridi e al tempo stesso non gravati di umidità. Lo scavo o fossa deve essere dotato di drenaggio per fare in modo che le piogge eccessive non lascino nei pressi della pianta residui stagnanti. In Val di Chio il ciliegio aveva trovato il suo terreno, il suo habitat, quindi questa coltura ricompensava con abbondanti e squisiti frutti l opera e la tenacia dell uomo come risorsa economica. In tempi più lontani le piccole piante di ciliegio erano tutte selvatiche 7, poi un gran numero di ciliegi era stato innestato da validi operatori. Dopo la piantagione dovevano passare non meno di tre anni, l innesto veniva eseguito dopo quel periodo. Mai le piante di ciliegio venivano potate, ma per provvedere all innesto occorreva prelevare dai ciliegi di qualità un arbusto 8, anzi più arbusti e questi venivano messi per una decina di giorni sotto la rena. Passato questo tempo l arbusto, che veniva smussato alla base, prendeva il nome di marza ed era pronto per la fase successiva. Al ciliegio selvatico venivano amputati i rami una trentina di centimetri sopra al suo tronco e ad ogni troncone di ramo venivano fatte due incisioni profonde circa sei centimetri tra la buccia e il legno. Terminata questa operazione venivano prese le marze e la smussatura veniva delicatamente e lentamente introdotta nell incisione praticata nel troncone. Non più di due marze dovevano essere introdotte nel troncone. L attenzione maggiore nel fare l innesto era quella di verificare che sia le marze che le incisioni non fossero difettate con ammaccature delle bucce. Se così fosse stato l innesto sarebbe andato a farsi benedire. Il tutto veniva fasciato con carta consistente e legato strettamente con vinco 9. La carta doveva sporgere una decina di centimetri dal punto in cui era stata fatta la segatura 10 del ramo e quell involucro a mo di cartoccino veniva riempito di rena finissima. È doveroso ricordare che l attaccatura dell innesto è dovuta al contatto delle bucce 11 e delle ninfe 12. Le qualità di ciliegie dovute all innesto per mio ricordo erano queste: la primaria o primaticcia, la cagnaccia, la ciliegia dalla punta, la moscatella, la bella di Pistoia, la durona, la guisciola, la nerona, la ciliegia d acquavite. Tradizionalmente i ciliegi in Valle di Chio non venivano potati e quasi mai subivano altri trattamenti. L'uso di prodotti chimici, prima praticamente assente, si diffuse progressivamente nel dopoguerra parallelamente al diffondersi di alcune malattie. 6 Tecnicamente si dice propaggine. Generalmente l operazione con cui si ricollocava sul terreno un tralcio attaccato a una vite per farne una nuova pianta. 7 Termine pratico per indicare piante ottenute dalla naturale semina di noccioli di ciliegia. 8 Ramo vegetativo sviluppato l anno precedente. 9 Ramo sottile di salice o vitrice. 10 Taglio orizzontale. 11 Epidermide dei bionti, cioè delle due parti combacianti. 12 La zona cambiale dove si formano i tessuti che differenziandosi permettono il passaggio della linfa.

55 La sarégia è un frutto che nonn è che duri molto... dura pochi giorni, non c è gnente che fare... Le nostre nonn eron meddicate... La pianta non va né potata, né lavorata col trattore, né innaffiata. Come concime vole solo letame di bestiame. (Alberto Bruni) In Val di Chio non c era coltura intensiva. In Romagna questa pianta la potano la curano e fanno un ciliegio molto raccolto, invece qui non la potavano e la lasciavano allo stato brado... come va va. (Ermete Badini) C éra de le piante ch éron come le querce, alte... Specialmente quelle sotto acquavite. Non se potevono abassare parecchjo perché non campono. E chi l arivava a coglielle fino a su? un le prendevon mica mai... Non se sa quante ne cadeva n terra. Quand éron guasi secche, quant éron bóne... Quande s éra ragazzacci non ce pareva l vero d andare a cercà qqueste sarége guasi secche... Non c éra i bachi 13 gnanche se ce li mettevi! Oggi nvece c è l baco subito! Il baco è sul fiore. Non se conosce subito perché il baco principia a lavorare, a crescere, d in man d in mano che matura l frutto... Ma sennò già sul fiore c è l baco. Bisognarebbe l sarégio medicallo béne quando è guasi pe scoppiare Una bella medicata... Se conosce béne l baco quando sòn proprio mature, perché si se cogliono che non sòno propio mature mature, alora l baco c è meno. Doppo c è le razze... Per dire l acquajolina, quella più piccina che è dimolto languida... che nonn è propio rossa rossa, magari è rosa, e nonn è grossa... lì non ce va l baco. l baco con più è dura la sarégia e con più vulinchjéri 15 ce va... Perché un ce va sul caco? Una volta me davono una medicina, ma non era facile... Robor 16 se chiamava. Quande gnen avevi data nn ave ppaura, i pulcioni 17 cadevon tutti n terra ch éra un divertimento. Ora bisogna stare attenti: il progresso è bello, per carità, però da na parte ce s ha l progresso e da na parte l regresso. Un c è gnente che fare, perch alora éra sano tutto: éra sano le piante, le frutte, éra sano l aria, éra sano tutto. Oggi come fa a esse ssana anche l aria? (Adelindo Milighetti) 57 Al basso li davono dele qualità de acque... Non so che medicine li davono perché sennò li pigliava l baco, a le moscatelle specialmente. Bisognava coglielle appena ch avevono aviato a arrossire perché sinnò se bacavon tutte. (Benito Salvi) Ciliegi in fiore a Pieve di Chio 13 Mosca delle ciliegie (Rhagoletis cerasi L.) 14 Fiorire. 15 Volentieri. 16 Rogor (principio attivo Dimetoato) insetticida a varie concentrazioni, utilizzato anche contro la mosca delle ciliegie. 17 Afide nero (Myzus cerasi F.) che agisce generalmente sulle foglie del ciliegio, sui peduncoli e talvolta sui frutti, formando abbondante melata che favorisce attacchi di fumaggine e attira le formiche.

56 Parecchie volte la domenica le coglievono... a tempo avanzo, l altri giorni c avevon da lavorare... (Alfiero Menci) LA RACCOLTA Quello della raccolta dei frutti era il lavoro più impegnativo, soprattutto per il fatto di coincidere con altri lavori come la mietitura, ben più assorbenti dal punto di vista della fatica e della tensione. La coglitura delle ciliegie poteva svolgersi anche di domenica, ma molto dipendeva dai tempi dettati dall'arrivo dei grossisti. Alla raccolta si cominciava a pensare già durante l'inverno provvedendo a predisporre scale sufficientemente lunghe e robuste e costruendo i paggnéri da l uncino 1 che sarebbero serviti anche a settembre per l'uva. 58 Ovviamente tra i raccoglitori v era bonaria sfida e nel periodo della coglitura di questi frutti, venivano posti ai varchi dei campi vari recipienti quali casse di legno, ceste, paniere da foraggio, panieri dall uncino, bigoni 2 di legno e pure bigoncini atti al trasporto del grano trebbiato. Talvolta i recipienti erano insufficienti per tanto raccolto. Qua e là vedevasi rami di ciliegi che sporgevano ricurvi di tanta abbondanza; pur le più alte cime reclinavano a centottanta gradi e pareva provassero sofferenza a sopportare quel peso opprimente. Dapprincipio per noi ragazzi era grande gioia salire su come gatti e spavaldamente dondolavamo su incroci di ramificazione abbastanza alti da dar modo alla pianta di far oscillare le sue dubitanti cime. Dopo pochissimo tempo quella gioia fanciullesca diveniva noia perché più coglievamo e più ancora v era da cogliere e soprattutto dovevamo far attenzione a non spicciolare 3 le ciliegie, perché se spicciolate non avrebbero avuto rendita. Però tutto sommato quella vendemmia di ciliegie era festa e divertimento. Tengo personalmente un ricordo nostalgico e rivedo stesa sull erba la grande tovaglia tolta dal paniere di vimini e pronta per l apparecchiatura di quel pranzo agreste dove ognuno di noi addetti ai lavori prelevava dal piatto quella pancetta così buona, fatta in umido e con copioso intingolo. Io mi stendevo su quell erba di profilo, sembravo una di quelle statuine poste nei presepi. Così disteso mi rifocillavo. D inverno veniva fatto le ceste per la raccolta de le ciliegie e queste venivon fatte co le vitalbe durante l inverno, quando s andava a veglia su le stalle che c era l calduccio. E lì mentre a noi ragazzi ce facevon pulire le vitalbe, l nonno o la persona anziana tesseva il paniere. Veniva chiamato l paggnére da l uncino, praticamente veniva adoprato anche per l uva...io li faccio anche ora... l mi nonno rinnovava due panieri ogni anno. Mentre se lavorava c era qualche burlone che a noi ragazzi picini ce faceva credere che le roncole volavono addirittura. Una delle tante era quella che l mondo finiva sulle cornici delle montagne circostanti, e noi s aboccava 4 : _De lì finisce l mondo... Quande se più grande te ce porto a vedello... De là non c è gnente... Ce facevono credere che la valle era stato l paradiso terrestre dove c era Adamo ed Eva e che Eva dava sì la mela a Adamo, ma in cambio d una cestina de ciliegie... E i nostri genitori se ncavolavono qualche volta... La raccolta era l momento più importante dell anno in quanto i proventi non passavano per i famo- 1 Panieri che avevano una sorta di uncino sul manico in modo da poterli appendere. 2 Contenitori di legno usati anche per l uva, bigonce. 3 Distaccare il peduncolo. 4 Ci si credeva.

57 si libri dei saldi 5...ma non tutti... Venivano divisi con i padroni ancora con i cesti nel campo e quando venivono pesati e riscossi questo era una bella boccata di ossigeno per le famiglie più numerose. Poi c erano delle piccole aziende che per cogliere le ciliegie dovevano ricorrere a chiamare operai al di fuori delle famiglie e qui c è una storiella che in parte è vera: C era un incaricato astuto che andava a cercare l operai e nel contattarli li domandava: _Ma tu sai fischiare? E l operaio rispondeva: _Sì so fischiare. _Allora quande l padrone ti chiamerà, dopo avere risposto a tutte le domande che ti farà, tu li devi dire: Io so fischiare. E lui darà mezza lira in più. Il padrone dopo il colloquio avuto con l operai chiamò l incaricato e li domandò: _Quasi tutti mi hanno dichiarato che sanno fischiare, non ho capito cosa voglia dire, me lo spieghi? _Glielo spiego subito signor padrone, quelli che sanno fischiare, mentre fischiano non possono mangiare le ciliegie e poi ne cògliono di più durante la giornata. È stabilito che chi raccoglie le ciliegie fischiando ne fa 15 kg in più al giorno, per cui merita mezza lira in più di chi non fischia. Allora il padrone un po irritato li disse: _Sei stato sempre un furbo imbroglione! (Bruno Menci) Io le cigljegie non le mangio, non le posso vede ppiù. Avevo il negozio di frutta e verdura a Porta Romana dal 1985 al 90 e andavo a pigliare le ciliegie do le trovavo. Le pigliavo, le spezzavo: se c era l baco le buttavo e se un c era l baco le buttavo lo stesso. Me dicevono: _E perché? _Eh, l mi cittino non ne posso più perché io n ho colte anche cinquanta quintali l anno. S era du o tre ppersone e per coglienne cinquanta quintali l anno ce vole... Co la scala se saliva le rame più basse. S aveva una scala de ventotto-trenta pij 6 per arivare n cima de fori, ma sennò de dentro sui rami alti bisognava andacce scalzi. Quande s era a la sera i piedi eron gonfi così! E allora non l ho potute più vedere. Anche da ragazzo ne potevo mangia qqualcuna, ma poche, perché oramai s era stufi... Eh, tutto l giorno sopra i cigljegi ragazzi...! Quel lavoro lì era un discorso balordo perché a quel epoca lìe c era el fieno, c era le cigljegie, c era l acqua a le viti, la zappatura del granturco eppoi veniva la mietitura... era tutta una baracca 7! Da l ultimi de maggio a guasi tutto giugno noi se coglievono tutti i giorni, ma la domenica mai. Non era il fatto della festa, era l fatto che le cigljegie la domenica un le pigliavono. Noialtri se sapeva quando venivono a piglialle e se coglievono l giorno stesso... l lunedì, l martedì, l mercoledì, poi quando che non se potevon cogliere che c era qualche altre faccende toccava fare quell altre, e via. Prima se coglieva le moscatelle, poi quelle da la punta, poi le nerone e a la fine quelle de San Giovanni... meno male che venivono sterzate 8 perché sennò Dio ce ne guardi! (Egidio Montanini) 59 La coglitura iniziava dal ghjéci maggio fino a l ultimi de giugno. Noi se niziava prima de la battitura... Se faceva una ghjecina 9 de quintali. na volta me ricordo che se mieteva o s aveva mietuto... nsomma sotto i sarégi... 5 I libretti nei quali si annotavano i conti tra il colono mezzadro e il padrone. 6 Pioli. 7 Un insieme di tanti lavori diversi da svolgere. 8 Sfalsate come maturazione. 9 Decina.

58 C éra tutta la famiglia eppù qualch altro amico, ma éra un lavoro de un par de giorni o tre. La coglitura ne le piante la faceva solo le persone un po agili, l anziani no e nianche le donne. Se saliva su co le scale lunghe, ognuno co l su famoso paggnéri a l uncino... l paggnéri che ce se coglieva anche l uva... e non andavono amaccate. A vvolte quande che s andava a l infuriata 10 se mettevono anche n seno; se faceva n ansenata n quele camicie grande... e se portavono a casa. Ma ce se rende conto, anche l igiene? E se mangiavon tutti... éra n quello modo Doppo c éra un fatto, da sarégio a sarégio e da posizione a posizione, c éra la distanza de l un a l altro de un mese de differenza... A Cantalena maturavono cor un mese de differenza: noi de Belvedere ce s aveva questi grossi sarégi quaggiù n basso a Pieve de Chio, du cché sta l Gotti... ce s aveva i campi lì... L istessa qualità, quaggiù éron già mature e lassù ancora gnanche... (Alberto Bruni) 60 Se n aveva diversi a Palazzólo, sotto Santa Crestina, érono del padrone, ma toccava coglielle a noialtri. Éron piante grosse e anche pericolose, s éra ragazzi e s azzardava... C éra bisogno e s andava a coglielle anche la domenica perché quande viniva i furischjéri 12 a ritiralle toccava a preparalle... se vinivono l lunidì o l martedì toccava preparalle la domenica. Quest altri giorni c éra da fa qquest altre faccende e la domenica... _Oh, c è da coglie lle sarége domani perché lunedì viéne tizio... caio... a prendelle. Doppo l padrone te ce dava la metà. Io c avevo una scala de ventidue pij per arivare certe rame scomode che toccava poggialla de fori a la pianta, perché de dentro non s arivono le rame. Se metteva contro la pianta, no a scoscio. El mi poro zio na volta ce cadde e se fece male. (Benito Salvi) Tante volte i contadini le ciljegie esterne, lunghe, lontane, che noi si chiamavano scomode non le coglievano perché erano tanto pericolose. Le coglievano al centro della pianta. (Ermete Badini) C era piante alte più di tre metri d impalcatura, più il resto dei rami... Quello da l acquavite è scomodo, fa i rami lunghi voltati tutti in su, invece la moscatella c ha l ramo largo che è comodo, tu arrivi in quello de sopra ma ste co piedi n quello de sotto. (Bruno Menci) La coglitura era noiosa perché toccava coglielle tutte col picciolo. Si erono spicciolate un le volevono... Io c avevo un sarégio grosso che me toccò andare a pigliare una stanga de dieci metri a S. Egidio per facce una scala da trenta pij per arivare tutte le sarége. Me diceva l mi babbo che ce n aveva uno che ce ne fecero dieci bigoni colte e due arcatte de quelle che cadeva de quelle fradice pe i majali... perché un se buttava niente... (Giorgio Bianconi) Quande se coglievono per vendelle non è che se faceva presto a coglielle, perché na sarégia si se vol vendere bene bisogna ch abbi l picciolo. Se è spicciolata dura anche meno. (Adelindo Milighetti) 10 Di fretta. 11 Andavano così le cose. 12 Forestieri. 13 Raccolte per terra.

59 I compratori le volevano colte bene. C era un contadino che era sdatto su tutte le ruote 14. Per essere più comodo e per non portare il pagnere sul ciliegio le pigliava sul ciliegio, apriva la camicia e le metteva in seno... spicciolate, non spicciolate... Poi scendeva e le vuotava nel pagnere, dal pagnere le metteva su le casse da uva per portarle al posto di raccolta. Erano lucide perché la carne un po sudata le lucidava. Il commerciante le vedeva bene subito, li dava un occhiata e diceva: _Ma tutte le sere consegni questa robaccia? (Ermete Badini) A di lla verità noi ragazzi le sarége se maledivono parecchio, perché la domenica toccava andare a coglielle e n quel periodo lì c era la mietitura del grano, c era l fieno, c era da trattare le viti, l olivi... Veniva l lavoro tutto nsieme, sicché le feste n se facevon mai. S andava co le scale, poi a un certo punto se legava le frasche più lontane e co na fune o co n uncino de ferro se cercava de tiralle al centro de la pianta. (Giuseppe Soggetti) Quande stavo a la valle c avevo du o tre sarégi da l acquavita ch érono comme le querce. Roba che facevono du o tre qquintali de sarége eh! Per coglielle ce voleva d esse ggatti. Io per coglielle n so mai stato molto energico... quande c andavo col mi babbo io stavo n mezzo, ma le quelle più bone éron su le cime 15. (Giuliano Casucci) 61 Ciliegi in fiore a S. Cristina 14 Poco adatto a tutti i lavori. 15 Sui rami più alti.

60 IL COMMERCIO Se desiderava ch arivasse le sarége che se pigliava qualche soldo, perché alora i dollari...(benito Salvi) Al dire dei contadini, le campane della Pieve di Chio, con il loro suono grave, profondo e autoritario sembrava dicessero: SON TUT-TI DEB-BITI... SON TUT-TI DEB-BITI... Le campane di Santa Cristina, sempre con una certa autorità, ma con suono meno grave rispondevano: SE PA-GA-RÈ-NO, SE PA-GA-RÈ-NO. Da Santa Margherita, un suono argentino e giocherellone, ma con un velo di preoccupazione faceva eco: CON CHE? CON CHE?... Le piccole campane di Orzale chiudevano il concerto: COI DIN-DI, COI DIN-DI... Un buon raccolto di ciliegie costituiva una discreta fonte di entrate per l economia dei grandi come dei piccoli proprietari. Anche i mezzadri potevano arrotondare i loro spesso magri bilanci con un guadagno immediato, che restava a margine dei saldi con il padrone e giungeva giusto in tempo per far fronte alle spese della battitura. Infine anche i più indigenti potevano riuscire a togliere qualche soddisfazione al proprio palato. La storiella che segue evidenzia l'importanza economica di un buon raccolto. 62 Un giorno un padre capoccia di Santa Cristina si trovava a far faccende poderali con uno dei suoi diversi figli. Eravamo in pieno giugno e il caldo sole verso il mezzodì s era fatto davvero cocente. I due lavoratori cercarono ristoro e frescura all ombra di un grande ciliegio e tanta era la loro meraviglia nel voltarsi in su e posare lo sguardo sui rami stracarichi di ciliegie. Nel rude dialetto valligiano, il giovane chiese al padre: _O babo, gnaribbe 1, si vo m ascoltète, che io ve chjedessi na cósa. Me so alochèto 2 da na ragazza... nsomma, vulìo divve ch ho ngumincèto a discurrere cun le e vo sapite megghjo de mèe che l mondo n va avanti solo de chjacchjere. gnaribbe che vo me desti n pó de guadrini, tanti che ne bastono pe ppotecce cumpré n capillino stivo. Cun questo tempo acalièto, a vi ggiù da le n bricighetta, pu dasse che l sole me picchj n tul chèpo e io rimanghi sciancianito! 3 Rispose il padre perentorio: _Cumme? Me maravigghj? Chjégghi i guadrini a mèe e n vegghi che te pendono sopra l chèpo? 4 El vegghi quel rèmo de sirége che te pende n tul chèpo? Amirolo béne perché própio n quel rèmo stèno i guadrini che te servono pe pputé cumprè qquel capèllo. Morale: il padre capoccia dette da intendere al figlio che se voleva comprare il cappello doveva cogliere quel ramo di ciliegie, quindi venderle e con il ricavato fare il suo acquisto. Il commercio locale assorbiva una minima parte della produzione. Chi si rivolgeva ai fruttivendoli erano soprattutto i piccoli produttori e per lo più per modeste quantità di ciliegie primaticce che non avevano altro mercato. Il grosso della produzione successiva veniva preventivamente fissato da sensali o mediatori locali detti accozzatori o accuzzini, quindi era radunato nelle principali frazioni della vallata (Pieve di Chio e La Strada) e ritirato da grossisti provenienti da 1 Bisognerebbe. 2 Fidanzato 3 Intende acquistare un cappellino estivo in modo da non essere stordito dal sole quando si reca dalla fidanzata in bicicletta.. 4 Chiedi i soldi a me e non vedi che ti pendono sopra la testa?

61 Firenze, Siena, Grosseto, Perugia, Pesaro... Questo intenso commercio si fermò solo nei mesi del passaggio del fronte, ma negli anni del dopoguerra andò via via scemando fino a cessare del tutto nei primi anni 60. Erano un frutto abbastanza interessante per l'economia. Il mercato di Arezzo e Castiglioni non le poteva assorbire tutte. La ciliegia è sempre stata un prodotto di élite, oggi costa soldi e in proporzione costava anche allora... (Massimo Chianucci) Come quantità, chi n aveva tante era Michelino Giusti. Aìva grande spazio, una superficie enorme... aìva ghjecimila ulivi da sé... Quand ero mezzadro a la Pieve, la padrona era la Ferruccia Barneschi, che era zitella. anche lé aìva tre o quattro poderetti soli e nonn era ch avesse una grande superficie... forse manco trenta ettari de terreno in tutto... ma nel suo piccolo era una delle produttrici più forti della Valle. Anche i Badini... Men de cinque quintali un ne faceva nessuno! (Giorgio Bianconi) Prima de guerra venivono de Castiglion del Lago con un furgone, doppo du che le mandavono un lo so. Se c éra presempio un sarégio prematiccio, i grossisti un vinivono a ritiralle e alora se portavono a Castiglioni a questi che l arvendevono. Quande se faceva la raccolta vera e ppropria andavono tutte fori. (Benito Salvi) Come entrata aiutava... I vecchi raccontavono che anni prima ce fu la crisi de sarégi e alora parecchi li tagliarono, poi dopo ritornò l periodo che chi c aveva le sarége prendeva qualche soldo. Erono una risorsa bona anche perché i soldi te li davon subito mentre co le beschje 5 li prendevi quande facevono i saldi, anche dopo qualche anno. Questi de le sarége erono immediati e un facevono scomodo. (Giuseppe Soggetti) 63 Venivono al momento giusto pe la mietirura e pe la battitura. Chi nn aveva le cigljégie diceva: _Oh poarini! Come se fa a fa lle spese? Perché allora un c éra mica le risorse come c è ora. E come ce stavono attenti che nessuno andasse a rubballe! So stato ventidue anni a Gioncheta 6 sotto i Bernardini e lì ce n avevo due soli de cigljégi, uno a nerone e uno moscatello. Per quelli del piano la risorsa éron le cigljégie, ma per noialtri de montagna éron le castagne. Il podere s aveva piccino e se s aveva bisogno d un par de scarpe, d un vestito, tocchèa aspettare la castagnatura e alora se chjappava quattro soldi... (Giuseppe Vitali) Questo succoso e indiscutibile frutto aveva gran mercato sia in loco, sia altrove. I tanti fruttivendoli di Castiglion Fiorentino pur d accaparrarsi la primizia non badavano al prezzo richiesto. Chi possedeva ovviamente diverse piante di ciliegio primaticcio ne ricavava un bel gruzzolo. La vendita delle moscatelle doveva essere effettuata in tempi brevi, perché questa deliziosa e gustosissima ciliegia si sarebbe deteriorata in poco tempo, tuttavia non mancavano commercianti che avviassero il prodotto presso industrie confetturiere. Sul tardo pomeriggio v era un andirivieni, per quelle stradette poderali, di compratori e accozzatori giunti a trattare il prodotto. Venivano catalogate le scelte di ogni qualità di ciliegie e, come veniva stipulato l accordo e verificato il peso con tanto di stadera, le caricavano sui loro mezzi e le recavano nei loro magazzini. 5 I proventi della vendita del bestiame. 6 Giuncheta, casa posta in posizione elevata, nei pressi di San Lorenzo alla Montanina.

62 Certi accozzatori compravano le ciliegie per conto dei due ingrossi operanti in Castiglioni, quali Baco e Pecione 7. Una persona che si chiamava (o era soprannominato) Azelino, acquistava i prodotti e li piazzava fuori del comprensorio castiglionese. Il signor Refi di Vitiano e un certo Gallorini mercanteggiavano le ciliegie inoltrandole verso Gubbio e Umbertide. Comunque il grosso mercato della Val di Chio veniva svolto a la Strada. L ultima ciliegia in graduatoria, cioè quella dell acquavite era commerciata localmente, ma il suo prezzo, badiamo bene, superava quello delle altre perché essendo questa ciliegia dura e compatta (talvolta occorreva un temperino per spaccarla) si adattava molto ad essere sciroppata. Giusto per questo era conosciuta come ciliegia dell acquavite. Va sottolineato che, anche se restava per anni sotto sciroppo, inzuppata e impregnata d acquavite, la ciliegia rimaneva dura e compatta come se fosse stata colta allora. 64 Me ricordo quande éro giovanotto, e quande uno è giovanotto i pensiéri se n ha meno de ora... unn avevo nianche un soldo... Morì l mi poro babbo che io aveo doddec anni... Me piaceva vire a ballare... bischero so stato sempre... e li dicevo a la mi pora mamma: _Mamma dèteme mezza lira. E le me diceva: _ l mi cittino do l ho? 8 E alora io m éro aruffianato n pó col sonatore, li portavo la fisarmonica e alora non pagavo... Sinnò toccava pagare o stare a casa, perché se doveva pagare pel sonatore e pel lume 9. S andava su verso Giogo, Vica C éra quanche cittarella che a questi del piano ce tirava 11 e alora sganzicchiavo 12 n pochino... Alora m éro fidanzato e un pagavo nianche pel lume, sinnò éron pasticci... i quatrini n c érono! Quande stavo qui a Taragnano c avevo un sarégio prematiccio che le faceva dimolto presto, alora io qualche volta le coglievo e le portavo a Castiglioni da nascosto e quando capitava l padrone... _A quele sarége te gnen han fatta! Te l han porte via tutte! _Ma pussibile? C éron ier l altro... _Va a vede... vedarè! Ma io l mi padrone, l Badini devo solamente ringraziallo perché quande murì l mi poro babbo s éra n quattro e l più grande éro io, ma un ce molestò 13, sinnò si ce mandavon via toccava vire per servi e per garzoni, che altri lavori n c érono... Stavo sempre attento quando la padrona s afacciava a la finestra, me facevo vedere e diceva: _Benito, me c arivi a La Strada a fa lla spesa? Per quande me l aveva detto c ero belle arivato. Quande tornavo su me metteva a tavola... formaggio... pane... (Benito Salvi) La Strada è posta lungo la direttrice principale che attraversa la vallata nel versante nord, dopo il ponte di S. Cristina. La posizione felice dell insediamento ha favorito in passato il sorgere di attività produttive e commerciali quali il frantoio, il forno, e due botteghe 14. C erano anche una piccola cappella, un locale usato come scuola prima dell attuale edificio di S. Cristina, e un circolo 7 Rispettivamente Frappi e Biagianti, che avevano ingrossi di frutta a Castiglion Fiorentino. 8 Bambino mio, dove la trovo? 9 Si contribuiva alle spese per i suonatori e a quelle sostenute dalla famiglia che ospitava la festa. 10 Borghi montani oltre la Rassinata. 11 Interessata ai ragazzi del piano. 12 Oggi si direbbe flirtavo. 13 Non ci costrinse a lasciare il podere. 14 Dice Bruno Segantini: Del 90, quando la mi mamma ha cessato le licenze, il Monopolio da Roma gl ha mandato una medaglia d argento che erono trecento anni (!) che se gestiva il Monopolio, da babbo in figlio...

63 ricreativo ACLI con TV. Qui tradizionalmente dopo la metà di Luglio, ancora in tempo di trebbiatura, fino agli anni 50 si svolgeva una fiera. Erano soprattutto i pastori della montagna a scendere, alcuni arrivavano anche da S. Maria Tiberina, per vendere pecore, agnelli o altri animali, ma nei varchi dei campi c erano banchi di stoffe, mesticheria e dolciumi per i più piccoli 15. Proprio negli ambienti di proprietà della famiglia Segantini, come anche negli spazi messi a disposizione dalle famiglie Giusti e Sensi veniva radunata gran parte delle ciliegie. Le testimonianze raccolte non sono concordi nel dire quale fosse il più importante di questi punti di raccolta, se ne desume che nel corso degli anni i grossisti che venivano a rifornirsi di ciliegie si sono serviti alternativamente dei tre punti di raccolta, per la verità molto prossimi tra loro. La sera avevamo tre punti di raccolta: uno a La Strada, da Segantini, alla bottega che ancora esiste; un altro era di sopra, dal Giusti (Bistino, Michelino...) che la faceva per conto suo; una era alla Pieve di Chio... insomma erano tre punti e chi aveva più simpatia con uno, chi con l altro. La sera andavano a sentire chi pagava meglio... _Quante me dai? C ho du quintali de ciliegie... Non erano camion grossi, ma camion continui C era uno di Siena che ne comprava tante, tante, tante. La provincia Siena non aveva ciliegi e lui le vendeva benino laggiù. Tutte le sere immancabilmente veniva col camion da Siena, le pesavano, le caricava e le pagava. Ricordo che io vedevo pagare tutto per contanti, tutto coi soldini... I Segantini mettevano a disposizione la stanza, la bascola 16 e dopo, da ultimo, li davano qualcosa del disturbo. (Ermete Badini) Quand ero ragazzetto me ricordo che portavono queste ciliegie, quelli più comodi coi baroccini e quelli da l alto venivon giù co la miccia 17 e i bigoni da le parti, col famoso basto. Le portavono su la mi piazza. Dopo, l ultimi anni, anche dal Giusti e dal Sensi. Venivono camion da Perugia, Orvieto, Siena... moglie e marito con un camioncino le caricavono... Qualch anno perfino da Roma me ricordo. Ormai erono amici col mi poro babbo, venivon qui e li dicevono: _Oh, me piazzo qui! Se li poteva mprestare la bascola... era a titolo di favore. Dopo se l mi poro babbo c aveva cinque quintali de cigljegie, se a quel altri li davon quattro a lui li potevon dare cinque... Ma non se pensava noi a avvertire i contadini, la maggior parte facevon loro da sé, quando venivono avevon piacere de compralle direttamente dal produttore. Sceglievono le meglio partite e de quelle più scadenti li davono de meno... l poro Giusti Annibale quando fece l camioncino le portava un po al giro quande c era i mercati. Anche l Sensi ce provò qualche po de volte col camioncino... (Bruno Segantini) 65 C éra l radduno da Michéle Giusti. Lu aìva più spazio, pu cunusciva parecchja gente... n aìva tante anche lui, ma nunn è che faciva i prezzi... s accozzavon lì. Passèvono: _Chi c ha le cigljégie le pagon tanto... Chi vól dalle costono tanto... pigliono anche quelle de terra... Anche quelle che andava n terra se pigliavon tutte. C éra l prezzo da 50, 70, 100 lire. Qualche volta se portavono e de già éron tutte mufficchiate 18, ma le pigliavono uguale che ce facivono le marmellate... È come ora coi pomodori Talvolta, per rendere più interessante la fiera i contadini locali portavano qualche bel capo di bestiame da mettere in mostra. 16 Bascula. Tipo di bilancia. 17 Asina. 18 Erano ormai passate.

64 Però quande c éra presempio le nerone o quelle da l acquavita le mettivono da sé e dèvon qualcósa de più. (Virgilio Polvani) Da Michelino Giusti si mettevano dove ora c è quel pino. Una volta, parlo del a uno si guastò il camion. Era uno di Siena con la moglie. Alberghi non ce n erano e dovevano dormire sul camion, ma camion erano scomodi e allora chiesero ospitalità alla mi manmma: _Per favore... si dormirebbe anche in terra... No, no, lei fece del su meglio e li ospitò. La mattina, in punta di piedi senza disturbare, se n andarono e lasciarono un biglietto per dire grazie. Sull angolo dell orto alla Strada c era un ciliegio grossissimo e il babbo diceva a quello di Siena: _Un camion ci vuole per me. (Giuliana Romiti) Facevano la raccolta a La Strada dal Sensi, in quel piazzaletto che c era davanti al Giusti e quaggiù di sotto dal Segantini. Al momento che mi ricordo io forse il Sensi ne raccoglieva più del Giusti. (Vittorio Mangani) 66 Quando stavo a Santa Cristina s aveva l podere del prete, Don Lorenzo Teoni, e n po de terra del nostro. Tre o quattro cigljegi c erono sul nostro, poi altri sei o sette... ma mica come c è ora... grossi! Sicché le tiravon giu eh! Un anno se prese più soldi su le cigljegie che sul grano. S aveva la miccia, l baroccio, le vacche e se ne coglieva sempre sett otto... dieci, quindici casse l giorno. Se portavono al Sodo 19, oppure venivono de tutte le parti a piglialle lì a La Strada che c era la bottega del Banelli e del Segantini. C era una piazzetta dal Giusti do c eron queste cigljegie e venivon de fori, pagavono e le pigliavono. In paese era difficile, qualche poche ce se portavono, ma poca roba perché ce n era tante... Chi le pigliava? (Egidio Montanini) Chi n aveva in quantità le portava a vendere ne la piazza de Dante de Beppetto (dal Romiti), passato l ponte n dove c è l Sensi... Lì c éra l raduno. Doppo non me ricordo si c éra anche n quaggiù n verso la Noceta... Nei giorni addetti c érono i negozianti che vinivono da fori a prendelle. Io quello che ce facevono non lo so... n so mica chi éra che diceva che ce facevono la marmellata... Quelli del basso, del piano, le portavono con dei barocci dentro le paggnére fatte coi ruschj 20 de castagno; noi de l alto, che se scendeva da la montagna, me ricordo, se portavon giù a basto co la miccia o col somaro, con do bigoni da l uva, colmi, béne nguluppati co fazzoletti da la spesa a quadretti, oppure con dei sciugamani puliti 21. Noi se carreggiavono eppù arrivava l padrone... Io me ricordo che Girogliomo de Cantalena 22, lo chjamono el Vulpino, un anno éra sempre a careggiare co na miccinaccia 23 queste sarége. Alora a quì tempi lassù la vendita éra finita e le portava n paese. Per ogni viaggio de sessanta, settanta chili de sarégie gni davono un sacco de farina, me lo ricordo tuttora. Diceva: _Eh, quest anno io ho battuto du volte! 24 (Alberto Bruni) 19 Località lungo l attuale Strada Statale, sotto la città di Cortona. 20 Grandi ceste fatte con ramaglie flessibili che venivano intrecciate. 21 Sul basto dell asina erano poste le due bigonce ben coperte. 22 Cantalena è un borgo della montagna cortonese, posto sul fianco del monte S. Egidio a oltre 650 metri di altitudine. 23 Trasportava le ciliegie su un asina un po malconcia. 24 Ho fatto due raccolti.

65 C era na differenza d almeno dieci, quindici giorni dal piano a qui 25. L ultime se coglievono a la fine de giugno, per San Pietro. Dopo anche su a Sant Egidio ce n era..., piùcchemai erono guiscele e acquaiole. Qualche volta se portavono a La Strada dal Giusti. A faccelo sapere ci pensava Menco de l Antógni 26. Lui passava e diceva: _Guarda, la tal sera vengono a ritiralle. Sennò noi se portavono a Cortona. Alora i mezzi da le rote non c erono, se portavono a basto. Ce s avea l somaro, la miccia e con du bigonce, a basto, se portavono giù. C erono anche i barocci, però alora le strade erono a breccia... e se s andava col baroccio tuturuttuttù, faceva tante scosse e s arrivava a Cortona co la marmellata. Ormai c era la conoscenza, c aspettavono; c era na specie de piccolo mercato su na piazzetta. Se tratta che io ne coglievo da trenta a cinquanta quintali a l anno, doppo secondo annate... (Girolamo Miniati) Le portavono giù a La Strada da Cantalena, da Fiume, da Valuberti, ma ne portavon tante eh! l mi Menco le comprava e l arvendeva. Poi veniva uno giù de Grosseto a piglialle... com erono eh! Bacate, senza baco... le pigliavon de tutte. Quelle col baco loro dicevono che le mettevono non lo so dove, che l baco spariva e facevono la marmellata. Qualche volta, se non facevono n tempo, questi de fori ce stavono anche la sera a dormire. (Marianna Amadori) Lo zi Menco le raccoglieva de tutte le pendici de la Valle, grosse quantità, ma non saprei dire quante e il deposito era a La Strada, su la casa del Giusti, dove ora c è l agriturismo. Veniva anche uno di Pesaro con il camion e faceva un viaggio o due. Loro ce facevono i canditi e dice che le facevono bollire e il baco usciva. Una volta Menco li disse: _Se le vòi ce sono, però c è i bachi. Questo li rispose: _Te la prendi per un baco nella ciliegia? Se tu vedessi quando fanno la mortadella! Per quel tempo erono le prime scoperte di queste cose confezionate. (Giuseppe Maccheroncini) 67 Qualche volta n ho vendute qualche gabbiotto, ma non granché. Quande s éra tutti nsieme e io aìo sposato da poco, s éra sett otto n famiglia e m arcordo che l mi poro babbo qualch anno diceva: _Oh, volete guadagna qqualche soldo? Andate a coglie lle sarége, le vendete e pigliate i soldi per voialtri. E alora via noi... È che non me divertiva: portavo un gabbiotto 27 de sarége, lo vendevo e magari a me l fruttivendolo me dava dumila lire, ma un facevo n tempo a votallo che l'arvendeva a sei! li dicevo: _Come! A me gnente però! Oggi purtroppo lo capisco, c è da mangiacce, c è le tasse e ttutto... Po venivono a La Strada coi camij 28 a carica lle sarége... perché i contadini le portavono col carro o col baroccio pieno! A carri pieni! Venivono anche da Firenze... Son finiti tutti. (Adelindo Milighetti) l mi babbo queste ciliegie doveva anda dal contadino a fissalle e a compralle. Il compratore era di Castel del Piano e l aveva lasciato dei soldi per pagare. l aveva promesso un tanto 25 L intervistato abita tuttora in località Toppo Moro, vicino a Cantalena. 26 Soprannome della famiglia Polvani. 27 Cesta di vimini. 28 Camion.

66 al quintale, ma ho l impressione che nonn abbia preso nianche l becco d un quatrino. Mi ricordo che lu diceva che loro queste ciliegie le trasformavono in canditi e avrebbero fatto del panforte. Disse: _Voialtri me raccogliete queste ciliegie... se poi avete bisogno di acquistare del panforte venite laggiù che io c ho la possibilità. A Siena conosco il grossista che vi farà lo sconto. Lu poi veniva col camion e le prendeva a carico completo... Io a quel momento lì c avevo l negozio e andai a prendere l panforte... Si stette lì tutto l giorno e si tornò al buio, ma senza panforte... (Antonio Barboni) Io so parente co l Ebe 29 e quande se n aveva tante, un pochine se portavono a lei che le comprava e le vendeva. (Giuliano Casucci) 68 I contadini de la valle ce le portavono co le pagnere... alora usavono quele pagnere grande che ce facevono l segato 30 a le beschje... Portavono i duroni, ch eron l ultimi, la morella, la corgnola, l bigherò... ma qui le chiamavono nn antro modo..., le guisciole, eppoi quelle biancacce... A quel momento lì eron bone come ciliegie, però avevon poca durata. Prima eron bone, poi l ultimi tempi cominciarono a mbacare. Me ricordo l ultima mandata... era vivo anche l mi poro zi Pecione: ce portarono quindici casse l lunedì sera e la mattina quande se venne su, sul magazzino de là i bachi se raccattavon così, a manciate, da quante n era scappati... I prezzi erono due e cinquanta al chilo, tre lire, i duroni tre e cinquanta... (Ebe Stanganini) Non c era manutenzione o concime, eron piante che venivon da sé... Le spese non c erono e qualche ripresina anche i contadini la facevono. Non dico per di più, ma insomma qualcosa se tirava fori. Io c avevo una pianta che ha fatto dodici bigoni di ciliegie... Veniva sempre un camioncino da Perugia e uno da Siena e qui a la Pieve c era il mercatino delle ciliegie. Alla sera quande cominciava a calare l sole, tutti portavono le casse da l uva (che servivono pe l uva e le ciliegie) col baroccino, il somaro o la somara. Poi le mettevono nei cestini, andavon via e i compratori le portavono a Siena e a Perugia. Venivono un giorno sì, un giorno no, ma spesso tutte le sere perché ce n era in abbondanza... Era l su interesse... Adopravono lo zolfo per mantenelle... e ce facevono le marmellate... le stufate, loro dicevono. Anche a La Strada c era un altro mercato, ma noi ragazzotti se conosceva qui a la Pieve perché venivon qui, a l aperto... e noi da ragazzi ce se divertiva anche a freganne qualcuna, senza voglia ma per istinto, così da ragazzi... Belle eh! Mature! Ora manco le guardo le ciliegie... (Raffaello Barneschi) Venivono raddunate dal Barneschi a la Pieve e sinnò da Michilino a La Strada. C avevo un cigljégio a nerone: nóve bigoni ne colsi un anno. Certe nerone grosse n questa magnéra, de qualità. E allora le portai su la cantina de Eugénio Barneschi. Venivono mmagazzinate da questi proprietari e ogni du o tre ssere viniva l camio, le caricava e le portava via. Uno éra un perugino de la Perugina e le confezionavono. Al paese non se portavono. Se uno portava un paggnéri al paese, magari invece de pigliare per dire 29 Ebe Stanganini, nipote di Pecione che aveva in paese un ingrosso di frutta e verdura. 30 Foraggio di erba e paglia tritate con il falcione per nutrire gli animali da stalla.

67 cinque lire, ne potea piglie cinque e mmezzo, ma la quantità non c éra. Il Sensi co la cavalla le portava a Arezzo, lu non ce le portava al ritiro 31 e certamente le vendeva a qualcósa de più. (Giuseppe Vitali) Se ne son fatte anche quindici quintali. Noi s aveva la moscatella, la ciliegia da la punta, la nerona e quella dura, chiamata da l acquavita, da mette sotto spirto. Altra robetta non conveniva manco cogliella perché l tempo c andava... Se trattava che davono una lira per quelle rosse (moscatella e da la punta), le nere un franco e mmezzo... Quelle da stufare, de meno pregio, davono mezza lira e non conveniva piglialle. Un piccolo fruttivendolo che voleva un cistino de sarége de quelle sottospirito, belle, li poteva dare anche du lire, ma a uno che c ha una pianta con du quintali de sarége, conveniva più portalle tutte nsieme... La prematiccia era altro che un esclusiva, una premazìa 32, però nonn era pregiata. Ce n era poche e non c era mercato, allora toccava ricorrere a questi che ne pigliavono cinque chili... Le prime eron care. La vendita come tutte le cose era al cinquanta per cento col padrone e tutti stavono attenti. Chi n aveva parecchie non se poteva mettere col fruttivendolo a piglianne venti chili per volta. Veniva l Rossi, veniva l famoso Zilino... lui oltre che vendele faceva n po l mediatore. Però sul posto ce n era tanti che le potevon vendere e non c era grande spazio de vendita... Dal paese chi n aea voglia andava n campagna e diceva: _Io prendo na sportata 33 de sarége per uso de famiglia. Se era un conoscente se diceva: _Te ce porto io... Per quì tempi l interesso era portalle tutte lì a la Pieve... Anche avelle volute vendere da sé prima di tutto era difficile e seconda cosa l interesse era essere onesti:...doppo i padroni potevon dire: _Mi m ha venduto le sarége... mi quello è un ladro... L ardicevon subito e i padronati l arsapevono... Da noi veniva un impresa grossa, un negoziante perugino. La roba andante la mandavon via per stoccare, pe le marmellate, eccetera... e la roba bona la mandavono via tutta in cestini, acomoda bene... La padrona accozzava le sarége a la Pieve sul mulino, tutti le portavon lì... Quelle che se portava lì dovevon rimane llì, eppoi se divideva sera per sera. Ogni sera, ogni du sere, la Ferruccia Barneschi diceva: _Se divide i soldi de le sarége.. C era de quelli che invece li pigliava tutti l padrone e al contadino gnene dava pochi. I soldi venivon per un ora che noialtri contadini con quei pochini ce se faceva le spese de la mietitura e de la trebbiatura, perché il giro dei soldi un c era. C era proprio la miseria, prima de la guerra massama 34. Roba da rincugliunire e alora con quì pochi de soldi ce s arfaceva 35. (Giorgio Bianconi) 69 Veniva a prenderle il Busatti detto Scanzino. Le raccoglieva eppoi le rivendeva a l ingrosso. A volte veniva Rigo a prendelle direttamente sul campo, sicché qualche volta lui s arrangiava n po co la ricevuta (Giuseppe Soggetti) In linea generale la riscossione la faceva il contadino che si trovava lì e poi diceva: 31 Al punto di raccolta comune. 32 Primizia. 33 Riempio una sacca. 34 Specialmente prima della guerra. 35 Si ritirava su un bilancio spesso magro. 36 In assenza del padrone favoriva nei conti il colono.

68 _Padrone, delle ciliegie in quattro consegne ho preso 100 lire. _Va bene facciamo cinquanta per uno. Erano pochi quelli che portavono in conto le ciliegie e si andava sulla fiducia. Come disse anche Nenni, se esisteva in Italia un patto sociale era proprio la mezzadria perché il datore di lavoro e il lavoratore viaggiavano accoppiati nella perdita e negli utili. (Ermete Badini) Tocchèa avegnene la fiducia 37, perché questi che davono l posto per radunare le cigljégie éron proprietari. Mettiamo che io avessi portato le cigljégie dal Barneschi, el Barneschi sapeva che io n avevo fatte tante. Se al mi padrone li dicevo de meno, doppo lu l arsapeva che io aveo bracconato qualcósa de chili 38 e c éra subito la critica. Noialtri se portavono lì e c éra chi c aspettava. Se éra la sera avanti se faceva ognuno il su cantone 39 e se metteva un cartellino: questo è del Vitali, questo del Barboni... S amministravono noi. (Giuseppe Vitali) Col padrone quando se faceva l conto de le beschje se faceva anche l conto de le cigljegie. (Egidio Montanini) La presenza ai piedi del paese di una stazione ferroviaria della principale linea nazionale, all indomani dell unità d Italia permetteva moderni e rapidi (per l epoca) collegamenti con Firenze e Roma. Così grandi quantitativi di ciliegie, stipati all interno dei vagoni merci finivano sulle tavole della capitale e addirittura presso qualche industria estera. Ecco alcuni ricordi in proposito. 70 Ai tempi del mi babbo le caricavono sui bigoni e le portavono a la stazione col carro co le vacche. (Giuliano Casucci) Succedeva questo, al momento del raccolto le ciliegie che non venivano piazzate nel circondario, quelle che erano in esubero o quelle che erano un pochino peggio venivano solfurate 40 e le mettevano dentro a grandi botti di legno per mantenere per un certo tempo il prodotto. Poi venivano spedite con il treno anche all estero... in Germania... e venivano usate per le confetture e per la roba sciroppata. Venivano candite praticamente. A Roma venivano portate anche sui mercati generali perché c era la gente che le accozzava e le spediva con il treno, come facevano anche per le verdure e per altre cose. (Vittorio Mangani) Eron tre o quattro come i Badini, che avevon diversi poderi. Accumulavono quei venti, trenta quintali de cigljegie e le mandavono ai mercati generali a Roma. C han provato un po de volte, ma i romani s approfittavono e quand eron lì li toccava vendelle anche per poco. C era il vecchio Badini che se chiamava Angiolo, Giangio. Me disse che una volta, dopo guerra, n avevono spediti a Roma diversi quintali. La mattina c era questi mercati generali e quando sono andati a vendere questo carrello de cigljegie han cominciato a dilli: _Ce sta er Carletto! 37 Bisognava averla la fiducia. 38 Che avevo dichiarato una quantità minore di ciliegie in modo da guadagnare qualcosa in più rispetto al padrone. 39 Ognuno faceva il proprio mucchio di ciliegie. 40 Trattate con anidride solforosa, per evitare marciumi.

69 Lui non capiva che era questo Carletto. Era il baco no? Me ricordo che fu na storia lunga e li dicevono: _Giangio, alora le cigljegie? _Ah, va a Roma a vendelle, vai! Ce trovon Carletto! A quei tempi lì da la Valle andare sui mercati a Roma era da sciagurati a provacce... c era da fasse cavare anche la giacca! (Bruno Segantini) Una volta ce fu qualche questione d'interesse tra i mediatori e successe che di notte qualcuno fece pestare tutte le ciliegie dentro 'l vagone che le portava a Roma, così la merce arrivò tutta deteriorata e da Roma reclamarono. (Bruno Menci) Più d una volta e successo che gente che voleva fa ddel male l aveva rovinate e arrivarono a Roma che eron da buttare. Quando succedeva queste cose ero ragazzino, ma lo diceva il mi babbo e il mi nonno, che addirittura era del sicché queste cose l avevano vissute. (Vittorio Mangani) Quando le portavano a Roma il mi babbo c è stato. Il commissionario dei mercati generali diceva: _La ciliegia è un frutto molto richiesto o meglio colpisce molto i piccoli. Bene le pesche, le pere, ma le ciliegie... I bambini vanno alle ciliegie. Con Roma hanno smesso un po presto e dopo guerra non sono più partite. Le ciliegie erano tante e quando la piazza non le assorbiva o le assorbiva fino a un certo punto dovevano ripiegare a vendere a questi che le ritiravano senza riguardi. Quante erano erano. Dopo le mettevono in magazzino... C era dei magazini giù in fondo al nostro mulino che non erano nostri, erano del Romani... Poi turavano 41 tutto il magazzino e li davono il solfuro. Solfuravano le ciliegie per conservarle, dopo le mandavano ai centri di Arrigoni 42. (Ermete Badini) 71 Ricordo che negli anni 58-59, quando Papa Giovanni tenne l udienza per i lavoratori della terra di tutta Italia, passammo in gruppo con il nostro cartello dove era scritto «ACLI - Valle di Chio» proprio davanti a un fruttivendolo romano che leggendo esclamò: _Guarda! Vengono da dove arrivano le ciliegie senza il baco! (Bruno Menci) Probabilmente le spedizioni più grosse in termini di quantità avvenivano prima della guerra. Giuseppe Pantini non ricorda infatti grosse spedizioni di ciliegie dopo il 1942, anno della sua entrata in servizio presso la locale stazione ferroviaria Le portavano con i barocci, ma non ricordo come venivano sistemate dentro il vagone per evitare che si sciupassero. In genere quando il vagone partiva veniva piombato, ma poteva succedere che se non era completato rimanesse aperto durante la notte. A Roma doveva arrivare con il piombo intatto. Comunque sono passati tanti anni e non mi ricordo di avere spedito tante ciliegie, mentre si spedivano grandi quantità di cavolo, verdure, rape, barbabietole, castagne, grano, farina, maiali, vitelli, 41 Chiudevano. 42 Industria conserviera.

70 pecore... La fornace del Lovari 43 un vagone di laterizi al giorno lo faceva tutto l anno e lo spediva nei paesi dell Agro Pontino, nei paesi costruiti nel periodo fascista... Pian piano queste spedizioni si assottigliarono con l avvento del trasporto su gomma. (Giuseppe Pantini) 72 Verso il 55 c era già crisi, c erano le nuove piantate della Romagna che davano noia. Insomma Cesena aveva rovinato un po il nostro mercato e non venivano più a comprarle. Avevo notizie che tutti i giorni a Perugia c era il mercato generale, allora una sera presi le cassette da olive e caricai tutte le ciliegie... per arrangiarmi un poco avevo un camioncino... Erano tutte ciliegie da la punta. Dissi: _Domattina se va a Perugia. Io guidavo e c erano anche tre contadini che avevono completato il carico e volevano vedere lo svolgimento del mercato. Io ce li portai volenteri... se ci incontra la polizia stradale ora ci sequestra il camion e gnicosa. Paggnéri da l uncino, realizzati da Bruno Menci Ai cancelli del mercato dico: _Senta un po, io c ho un camion di ciliegie e vorrei entrare sul mercato, come si può fare? che devo pagare? _Voglio vede la roba com è! Il commissionario me guardò la roba e me disse: _Questa roba non è una specialità... o è pel carcere o pel manicomio. Dissi: _E siamo lustri 44 stamani...che trattamento mi fa? _La roba non è come si deve, sennò ben volentieri, anzi avrei una bella richiesta sul mercato. Comunque vedrò de sistemare questa partita de ciliegie. Sentirò chi paga più e chi paga meno, ma da quei due posti che ho detto non si scappa. Infatti le ciliegie erano mezze mature... erano fitte fitte quell anno, ma a casa non ce le volevo riportare. Dopo un quarto d ora tornò: _Il manicomio ce l ha, il carcere invece è vuoto e le prenderebbe tutte. _Va bene, ma sono 14 o 15 quintali. Insomma s andò al carcere e le scaricarono dei carcerati. (Ermete Badini) 43 Industria di laterizi situata in località S. Lucia. 44 Stiamo freschi. Andiamo bene.

71 I ragazzotti che andavano a fregare le ciliegie cantavano: Fiorino giallo, nel ciliegio monteremo a cavallo... (Raffaello Barneschi) FURTI, SCHERZI E CONTROMISURE 21 giugno Giulio Conti viene punito con mezza giornata di carcere perché qualche giorno prima un suo figlio era stato sorpreso a rubare le ciliegie di Antonio Gallorini. Sgridato dal proprietario, il ragazzo aveva chiamato il padre Giulio il quale prima prese a male parole Pasquino Gallorini, zio di Antonio, poi lo minacciò con la falce di tagliargli il collo. Miglior sorte toccò a Simone Pasquale Bernardini e Alfredo Marchetti, sedici anni il primo, quattordici il secondo. I due, figli di coloni residenti a Pozzo Nuovo, erano imputati per aver rubato il 18 giugno 1898 una quantità di ciliegie del valore di centesimi 50 a Cesare Bartolini in località Santa Margherita. La sentenza di primo grado pur riconoscendo agli imputati le attenuanti dovute alla giovane età, allo scarso valore della cosa rubata e alla buona condotta, aveva inflitto tre giorni di reclusione oltre al risarcimento del danno e alle spese processuali. La sentenza di appello del 23 novembre successivo dichiarò il non luogo a procedere per insussistenza di reato 1. Si può facilmente comprendere che l abbondanza e la varietà dei frutti e degli ortaggi della Valle di Chio fosse motivo di scorribande più o meno improvvisate che avvenivano di notte, all alba, in tempo di Messa o comunque quando si presumeva che nessuno fosse nei paraggi. Molto ambite erano le ciliegie primaticce, meno saporite delle altre, ma motivo di orgoglio poiché erano il primo frutto che tornava dopo l inverno. C erano poi i cosiddetti pigionanti, famiglie anche numerose ridotte dagli eventi della vita in uno stato di grande indigenza. Non avevano né poderi da coltivare in proprio né a mezzadria, alloggiavano come affittuari e vivevano malamente mancando spesso del necessario. Per sbarcare il lunario andavono a ópra, cioè ricorrevano a lavori stagionali, occasionali, e spesso erano costrette a sopravvivere di espedienti. Non che potessero sfamarsi con le ciliegie ma il frutto, fosse anche della varietà meno gentile, poteva dare una minima soddisfazione al palato e calmare il brontolio della pancia, salvo sollecitare un altro genere di brontolio in caso di indigestione. Squadre di bordellotti 2 che partivano dal paese in bici o in moto potevano razziare nottetempo il prezioso raccolto, minacciando l'integrità degli stessi ciliegi. Da questa grande preoccupazione nasceva la proverbiale vigilanza dei contadini valligiani nei confronti delle primizie, frutto della loro fatica: se per sorvegliare i popponi 3 si costruivano sul bordo dei campi capanni nei quali appostarsi, per proteggere le ciliegie si circondavano i tronchi di spini o filo spinato e all occorrenza si teneva pronto il fucile caricato a sale Un ragazzetto nel passare per una strada poderale non resse alla tentazione suggerita da un grande ciliegio stracarico di succosi frutti. Sembrava che gli dicesse: Sali su! Non vedi? Sono tutto tuo! Satollati! Riempi pure le tasche... Il ragazzo non stette ad indugiare, salì sul ciliegio e con relativa calma s accavallò fra due rami ed ingoiava ed intascava le più belle ciliegie. Era così rilassato e intento nel suo operato, quando sentì una voce per nulla rassicurante che da sotto la pianta gli andava dicendo: 1 I due episodi mi sono stati segnalati dal prof. G. Alpini che ha visionato i relativi atti processuali. 2 Ragazzotti. 3 Poponi, meloni.

72 74 _Si te serve aìto te do na mèna 4, eppùe quande scendi t aìto con quest altra. Coglie cun calma, tanto io unn ho fretta, posso aspettè fin a stisera e a bon bisògno anco tutta la notte. Il ragazzo fu invaso da un panico incontrollabile. Dapprima cominciò a piagnucolare e poi pianse a dirotto. La voce da sotto la pianta continuava: _Smettala de frignère, sinnoe va a finire che tutte ste lècreme m ennummidiscono el sarégio 5 e doppo me se secca. Con angoscia il ragazzo domandò alla persona sottostante: _Scusatemi buon uomo, so di aver sbagliato, vi chiedo pure perdono e vi rendo pure le ciliegie che mi sono messe in tasca però, e ve lo giuro su San Clemenziano, patrono di Petreto, che so pentito davvero e ve lo chiedo in nome d Iddio... Una volta che sarò sceso giurate che non mi picchierete... _NO! NO! Mèi sia che io te picchj! L unnaca cosa che te faccio una volta che sire sceso è questa: T AMAZZO! Il ragazzo si vide perduto e invaso da grande timore, spiccò un salto e via a gambe levate. Fortunatamente saltò bene e nulla successe. * * * Vergilio curava il suo campo come un giardino, ma la sua passione e la sua tribolazione era un bellissimo ciliegio in un filare del campo. Ogni sera, dopo cena, anche quando i frutti erano ancora acerbi, faceva la visita al suo ciliegio avanti di andare a giocare a bocce al pallaio di Collesecco che distava circa duecento metri in linea d aria dal ciliegio. Da qui la vista era panoramica e lui non aveva problemi a localizzare la sua proprietà. Una volta, verso la fine di maggio, noi ragazzi sapevamo che lui sarebbe andato a giocare a bocce, allora dopo averlo tenuto d occhio, si attaccò sul pedone del ciliegio un cartone con scritto: sono acerbe, presto ritorneremo firmato i ladri. Il giorno seguente lui circondò la pianta fino a metà tronco di scaccavelli 6 e rovi. Facemmo passare tre o quattro giorni e all imbrunire io e Gigi attraverso un campo di grano portammo nei pressi del suo campo una lunga scala e un lume a carburo: salimmo sul ciliegio e legammo saldamente il lume acceso al ramo più alto. Quindi riponemmo la scala fra il grano e andammo al pallaio dove Virgilio era preso dal gioco. Fingevamo di essere spettatori, ma aspettavamo che prima o poi lui volgesse lo sguardo al suo campo. Così accadde, Vergilio appena vide la luce chiara sul suo campo bisbigliò qualcosa a una persona, poi disse: _Finite voi che c ho un urgenza! Noi lo seguimmo a debita distanza: arrivato sotto la pianta sembrava lo Zirafa di Pirandello quando vide rotta la giara: _Scendete, mascalzoni...! Si v aunceco 7 ce faccio le polpette...! Brutti scomunichèti, briganti, dilinguenti... accidenti a chj v ha dêto l batizzo e a chj v ha leghêto l bilico 8!...Ah, ma prima o doppo scendarete... ntanto ve prepèro la buca...! Insomma, a notte inoltrata ancora minacciava. Me ricordo che se conosceva i sarégi, ma anche i peschi, a distanze de chilometri e chilometri... l frutto primaticcio de qualsiasi specie éra del padrone e se per caso vinìa a mancare éron problemi grossi. Quella éra la prelibatezza del padrone, ma al proprietario non li toccavon mai, perché quande arivava éra belle spogliato. Quelli primaticci toccava sta attenti che sennò un ce ne toccava manc una. 4 Se ti serve aiuto ti do una mano... 5 Queste lacrime mi inumidiscono il ciliegio. 6 Spini. 7 Se vi acciuffo. 8 Accidenti a chi vi ha battezzato e a chi vi ha legato l ombelico.

73 Tutte tanto un ce toccavono! C andavon de notte. Se vigilava giorno e notte, sempre. Se sapeva più o meno quand éron l orari... Ce facevono l capanno come a l orti de popponi, sennò un le salvavon mica! C éra anche la fame... A vvolte anche si se pescavono toccava stare zitti: o érono amici, o éron ragazzetti, come se faceva? Lassù a Belvedere scendevono da l alto do n ce l aevono... Se capiva ch éra la fame... ma nsomma non dava piacere... A vvolte presempio ce s arcomandava perché c éra de quelli n po gnorantelli che stroncavono i rami... se gnene coglieva, se gnene faceva mangia qquante li pare... ma se li diceva: _Un c artonnate... Fra Santa Cristina e Petreto c éra anche un bel pesco vicino a la greppa del fiume che le maturava presto, ma belle belle. Sicché noialtri quande se vedevono n po russine s aviavano a porta vvia no? Ma quella volta il proprietario avea ragione eh! 'gni prese tanto la rabbia... che quande ce s arindette l avea proprio tagliato da la rabbia. un gni toccavon mai... ce vinivono da lontano, anche da Cantalena a queste piante de pesche e sarége. Se per caso un bambino andava a ruballe rischiava anche qualche ruschjata ne le gambe, c éra anche l rischio de prendere qualche mpallinata... 9 Una volta s éra a la Pieve de Chio e se zappava i fagióli bianchi... éra sempre i primi de giugno. Lì poco distante, a n par de chilometri, c éra questo famoso sarégio ch éra de Chjappesecche... de Annibale, e sicché arriva l famoso Don Silvano che éra già n seminario e ogni tanto tornava da la su famigghja... avea qualch anno meno de me... Venne da me e dice... _Berto se va a quel sarégio? E noi chjotti chjotti via. Ce trovò la proprietaria, na donna. Ce trattò de tutti i tipi, me ricordo sempre. l mi pòro babbo prese un legacciòlo 10 e me le dette... Aveo na quindicina d anni e l ho sempre tenuto a mente e dico: piutosto móio de fame... Ma si unn éra questo cogliombolo 11 del préte un c éro mica andato! (Alberto Bruni) Ce n era tante, ma tante... Quando si rubavano qui a la vigna tutti insieme, uno si metteva di vedetta in cima a quel greppo lassù. Mi ricordo che era il bon del giorno e la vedetta che guardava la zona era l Annetta del Cacioli. Il contadino doveva arrivare in bicicletta da Collesecco e arrivò: _Ehi ragazzi! E noi giù per il pedone due per volta... Le gambe arrivavano al sedere. Era bello! Quante volte mi so sgusciato per scendere giù di corsa!. (La moglie lo interrompe dicendo:...ma pensa, lui dice le rubavo quando aveva i ciliegi del suo...) Ma allora di divertimenti che s aveva? Era quello il passatempo: _Se va a sbrullare 12 il ciliegio tale? Se va a sbrullare il susino? Dopo s andava ai poponi... Il ciliegio era anche il frutto più aggredito dagli uccelli: passerotti, merli... I contadini ci mettevono gli spauracchi sopra. Erano giaccacce piene di paglia. Ricordo che quando tornavo da scuola in fondo alla strada giravo a sinistra per venire a casa e c era un ciliegio enorme, grossissimo. La strada era bianca e veniva alimentata con dei ciottolini che venivono schiacciati dagli schiaccini 13. Tutti noi ragazzi, s andava giù e si pigliava i sassi che c erano in questi cumuli che erano tutti sulla destra... Si finivano da quanti se ne tirava per pigliare una ciliegia come bersaglio. Il contadino era cattivo perché l campo s empiva di sassi... le ciliegie erano l meno! (Ermete Badini) 75 9 C era il rischio di essere frustati o di finire impallinati. 10 Vinco usato per legare i mannelli e le fascine, ma anche a mo di frustino. 11 Sciocco. 12 Anche scrollare. Ripulire. 13 La manutenzione delle strade comunali spettava all ente locale: si provvedeva a depositare ai bordi delle strade mucchi di sassi che venivano poi frantumati a colpi di mazzetta da squadre di schiaccini pagati a metro cubo di ghiaia prodotta.

74 C era un ciliegio prima di girare verso casa. Io scendevo sulla destra dopo il ponte e quando ero a metà discesa quanti sassi che l ho tirato... Prima però toccava guardare se c era Guido di guardia... (Giuliana Romiti) Éra difficile che venissono a fregalle, perché lassù s avevon tutti... Ogni contadino quande c aveva póco c aveva na ghjecina de sarégi. Magari uno poteva rubare un po quelle primaticce qualche volta. Non è che se stava sempre attenti a le sarége perché éron tante... L amici venivon de paese a mangialle... Io un volevo che me rompesson le rame no? Ce li lasciavo anche la scala. (Adelindo Milighetti) Qualche volta se li faceva la guardia, ma piùcchemai la guardia se faceva a l uva. A quel epoca lì c era parecchja pigionanza e sicché parecchi andavono a lavorare, scendevono de bicigletta e andavono a l alberi. Ma a le cigliegie era difficile perché potevon prendere quelle che potevon ariva dde terra sui rami bassi, ma poca robba. (Egidio Montanini) 76 Per la Valle era non dico una ricchezza, ma qualcosa... e se uno c aveva qualche sarégio prematiccio toccava falli la guardia oppure spinallo per via che non c andessono a coglielle. De giorno non c'andavono perché uno li guardava, de notte ce voleva la scala e allora mettevono l filo spinato intorno al tronco perché non se potesseno agrappelare 14. Quande c era un sarégio prematiccio, da ragazzi se fregavono o le fregavono prima a me... S arsapeva subito, ma quande un c eron piùe... Piùcchealtro erono bramate dai ragazzi e andava a finì sur una risata... (Giorgio Bianconi) Se spinavono. S andava a fare i spini, quele scarnigge 15 che nasce al bosco..., i scaccavelli 16. Cor una scala se metteva queste scarnigge a ciondelone su la pianta, eppù cor un filo de ferro gni se legavono su la forconaia 17. Con quella macchia de spini de sotto non se passava. Eh, quanta gente che li spinavono! (Giuseppe Vitali) Qualcuno c andava a fregalle, specialmente quande c éra qualche sarégio prematiccio, ma io avevo paura a vire n quel de l altri e m è sempre piaciuto bazzicare l mio l terreno, perché éra anche un po rischioso e qualcuno n ha anche busche, perché a quel momento lì a la Valle ce n éra i quintali de sarége e i primi quatrini che parecchj contadini se pigliava érono pe le sarége e allora toccava stare attenti perché c éra da piglia qqualche druscione perché i ragazzi nonn è che mangiono solamente le sarége, ma rompono i rami... (Benito Salvi) Si faceva le piante molto alte, perché? Perché purtroppo c andavono a portalle via, poi si metteva in cima al pedone una corona de scaccavelli legati con un filetto... C'erano di Santa Margherita che andavono di notte a ruba lle sarége; il proprietario stava su verso la Foce e dai una volta, dai due, da ultimo li fece la guardia armato di fucile con l intenzione di spaventare. Aspettò che sti ragazzi salissero sul sarégio eppoi sparò in alto. Questi sentendo ste botte se mpaurirono: chi scese di corsa, chi se buttò n terra, e uno de questi scivolò e dice che dette una botta 14 Arrampicare. 15 Rose selvatiche. Rosa Canina L., in spagnolo Escaramujo. 16 Spine di acacia. 17 Si legavano alla sommità del tronco prima della biforcazione dei rami.. 18 Si potevano prendere delle botte.

75 co lo stomaco in un testucchio ch'era sotto e a seguito de sta battuta, nel giro de qualche tempo morì... Gente brava, gente per bene tutti... ma capitò sta cosa qui. (Gino Chianucci) C éra quattro o cinque giovanottelli che a la sera andavono al giro come oggi... altri divertrimenti non c érono e alora dice se va al sarégio del (...) che éra próprio n fondo a la piaggia de Collosecco... c éra na viarina de lì e giù... Questo lo guardava anche de notte, perché se lo prevedeva... _Da na sera e ll altra me lo puliscono... Lu éra dentro l fusato, s éra m po apalugginato 19. Questi bordellotti gnarpocono su ppe l sarégio e quande che furono su la forconaia _E uno, ddue e ttre: Fiorino giallo, al saregio del (...) gne monteremo a cavallo! Questo PUM na schjoppettèta sul sarégio. _Odìo! odìo! odìo!... Li mpallinò tutti eh! Riscesono e andiedono a l ospadale a cavare i pallini eh! Uno dopo è morto da giovono e dimolti voglion dire che n avea buscate quela volta. (Giuseppe Vitali) Ogni tanto quando lavoravo ne la vigna passava una cricchetta de ragazzotti e me dicevono: _Se posson cogliere n po de ciliegie? E io li rispondevo: _Sì, ma coglietene qualcuna anche per me che le porto a casa, così s assaggiano anche noi... (Raffaello Barneschi) C éra un cigljégio a nerone, bello, giùe difronte a le case de La Strada, lungo il Cilone... allora c éra il rio a piétre... Un ragazzetto de sett-otto-diéc anni, monta su n quel cigljégio. Gn era morto l babbo e erono otto o nóve figlióli e gli era toccato lasciare l podere e andare a pigione 21. Vidde un cigljégio tutto rosso e che fa quel ragazzo? La fame a quì tempi li voltava... le gambe l aveva bóne... Ariva l vecchio (...) e tróva sto citto: _Scende giù! _No, che me picchiète! _Non te picchio, t amazzo! C era l figliólo de questo vecchio che vangava sur un filone 22 più distante dal cigljégio. _Porta la vanga che se fa la buca e se soterra... Ma questo unne smise de vangare eh! Ma al ragazzo li faceva paura... El ragazzo poarino un voleva scendere. Alora c éra el vecchio Nando de Seggétti 23, che cunfinavono de campi e sentiva tutti questi berci. Vide quel ragazzo sul cigljégio e quel altro de sotto... _Scende giù ragazzo che ce so io e un te tocca! Ma che, volete mpaurire na creatura che móion de fame? _Son sempre a fruscole 24 e ce pigglion tutte le cigljégie... Che, noialtri se lavora per l altri? Si era quasi addormentato dentro al fossato del campo. 20 Si arrampicano sul tronco e una volta saliti cantano. 21 Divenire affittuari o pigionanti. 22 Filare. 23 Soggetti. 24 Anche fruselè, frusolare. Girare continuamente intorno a qualcosa come gli uccelli tra i rami degli alberi.

76 El ragazzo pianin pianino, quande che fu a metà del pedone fece un salto come un pesce e Via! Questa discussione per quelli che l han saputa è stata raccontata parecchie volte. (Giuseppe Vitali) Questo citto porino ncominciò a piangere... Me ricordo che s era lì sul campo che se mieteva e toccò anda llì al mi zio a regge llui e a fa scende sto ragazzo e fallo anda' vvia, sennò li fa male per davero. I ragazzi andavono a ruballe la notte. Tante volte ce mettevono i spini o ce mandavono a guardalle noi ragazzi più piccini, ma ce se metteva a giocare, ce mportava di molto de le sarége... se mangiavono anche noi, perché nn è che anche noi se potevon mangiare quande ce pareva... Ce brontolavono anche a noi benché s era sul nostro. (Giuseppe Soggetti) Ecco una serie di aneddoti riferiti da Giuliano Casucci. Sarà stato na quarantina d anni fa... du amici ce dissono: _Se va a rubbare le sarége al camposanto de Pergognano. Quande partirono co la moto, noi ragazzetti più giovani se prese a traverso e s andette al camposanto de Pergognano: uno batteva co la chiave de la candela che faceva dan dan dan dan, uno salì col linzólo bianco sopra al muro... io aveo preso l limbuto de quelli da cantina e facevo uuuuh. E quande arrivonno lì... bóne ste sarége, bóne ste sarége... se cuminciò a fare tutto sto bailamme... Partirono a razzo e quande partirono co la moto zepponno drento a n fusato piéno d acqua Un altro ragazzaccio ce lo trovò l padrone a rubbare le sarége e li diceva: _Tanto vorre scende dde custì... Questo nvece mangiava e li tirava i noccioli su la testa. E l contadino: _Oh, nne scendi? _Ora quand ho finito! A la fine l padrone se straccò e andò via. El ragazzo scese e attornò a casa. A Orzale c éra uno che se chiamava Titarino, andette ai sarégi del préte ch érono diétro a la chiésa e montò su... l préte quande lo scuprì disse: _M han fregato tutte le sarége, gni vinisse l mal de corpo a chj l ha mange tutte. sto Titarino stette tre o quattro giorni col mal de corpo e doppo li dissono: _Guarda che l préte ha ditto cusì e ccusì... Alora lu andette dal préte e discusse. E l préte: _Alora se stato tè a rubamme le sarége! Finì tutto su na risata. Un altro c aveva un saregiotto un po pichjnotto 26, peròe le faceva bóne, de quelle da la punta e tre o quattro ragazzi c'andettono, ma un l arivavono perché c aveva l fustone lungo. Alora ronconno 27 l 25 Si infilarono dentro un fosso pieno d acqua. 26 Piccolino, poco sviluppato. 27 Tagliarono.

77 sarégio dal fondo e l lascionno lì. l padrone del saregio andette da le famiglie de questi ragazzi e qualche scapaccione partì... Alora ce se conosceva tutti e se trovava a la svelta chi éra stato. Andavono dal babo e li dicevono: _ l tu citto m ha rubbato le sarége! E tu potevi anche ave rrubato le sarege, ma doppo l babo qualche chjocco sul culo 28 te lo dava. È capitato più d una volta che tiravono a sale col fucile. Chinch è stato non me ricordo, ma comunque co le cartucce a sale tiravono a chjappare al culo... (Giuliano Casucci) A Collosecco 29 so stato sotto de Ferdinando Orsini seddec anni. C aéo un cigljégio moscatello prematiccio própio sul varco davanti al cancello de l Ursini e non lo salvavo. Questi ragazzi andavono a scóla e quande ch arpassavon da scóla c éra le cigliégie mature e io ogni volta che ce li trovavo li gridavo: _Ragazzi! Andavo giù, prendevo un legaccione 30 e li facevo paura. Un giorno che era scappo le scóle scendo giù própio per vedere quel cigljégio, sinnò a mè un me ne toccava pónte. Du o trè, éron de Santa Margherita e quande me viddon tutto arrabbiato n quella magnéra scapparon via. Sul tronco ce tróvo Lucio del Cacioli. Questo cittino, come nn avesse fatto niente vinne verso de mè: _Mi, io sul sarégio ce so monto, ma vo berciate e l éte discioncato tutto 31. Io ho mangiato le sarége, ma la pianta non ve l ho sciupata, non l ho tocca per gnente... Io nn ho tocco na foglia. Sì, le sarégie éte ragione... Oh alora, m han fatto gola e ce so monto... Me toccò ridere, dissi: _Mira che coraggio che ha questo ragazzo... unn avrà avuto manco ghijéc anni... (Giuseppe Vitali) 79 Non ricordo bene questo episodio, dovevo essere molto piccolo. Mi ricordo invece che un volta con un amico andai a raccogliere le ciliegie che erano in terra sotto un ciliegio del Sensi, vicino a dove ora è l asilo. Avevamo un po paura perché il Sensi era considerato il terrore dei ragazzi e proprio mentre si raccoglievano saltò fuori da dietro un cespuglio. Noi impauriti si disse: _ La pianta non s è toccaata... Si raccattavano soltanto quelle che sono in terra... Lui capì che avevamo detto la verità e rimanemmo sorpresi perché ce ne colse un po per uno dalla pianta e ce le regalò. Un altro ricordo che mi è rimasto impresso è quando, usciti da scuola, Marcellino ci riportava a casa con il pullman. Quando fu sulla cunetta vicino al frantoio dell Amatucci fermò la corriera, salì sul tetto e si mise a mangiare un po di ciliegie da una pianta che aveva i rami che sporgevano sulla strada. (Lucio Cacioli) Una trentina di anni fa, da ragazzi, quando in paese la sera non si sapeva cosa fare qualcuno diceva: _Andiamo a mangiare un po' di ciliegie alla Valle! Una volta alla Pieve di Chio, mentre si mangiavano le ciliegie si sentì gridare: _Chi siete? Che fate?! 28 Sculacciata. 29 Collesecco, frazione tra S. Margherita e S. Cristina. 30 Cfr. nota 10, pag A forza di urlare l avete sciupato.

78 Per scappare di corsa, uno del gruppo entrò in un fosso pieno d'acqua. Appena al sicuro ci si fermò in un campo mezz'ora a ridere. (Roberto Gallorini) Ancora oggi i pochi ciliegi sopravvissuti subiscono qualche assalto. A me tutti l anni me le fregano... C ho un ciliegio bello che è nel greppo, guasi nel fosso, lo innestò l mi zio. Anno scorso c avevo il grano nel campo sicché da la strada per andare al ciliegio c avevon fatto il viottolo nel grano... se conosce anche bene... (Alfiero Menci) Quela volta ce n éra tante... O chi è che un ce l aveva? Solo qualche pigionante... È ora che li drucchiono! Mo scappa la città, la sera tardi o la mattina presto (Virgilio Polvani) 80 Seggiolai di Agordo (Belluno) all opera 32 Una volta quasi tutti avevano le ciliegie... È soprattutto ora che le rubano quelli che vengono dalla città...

79 Quande s era piccini se mangiava noccioli e gnicosa... na volta per famme rifare du noccioli toccò tribolare. (Giuseppe Soggetti) UTILIZZO DEI FRUTTI E DEL LEGNO Il rosso vivo delle ciliegie, unito al verde delle foglie, ha sempre suscitato l'idea della gioia, della primavera, della gioventù. Ecco allora le ciocchette o picce di ciliegie divenire motivo di ornamento per le ragazzine che con questo ambito e saporito vezzo amavano ornare l'acconciatura o più frequentemente le orecchie. Il periodo delle ciliegie diventava una festa anche a scuola. Quando insegnavo a Polvano, lungo la stradella che portava alla scuola c erano tanti guiscioli. Vicino alla scuola c'era un bel ciliegio selvatico dal quale si poteva cogliere liberamente. Era difficile trattenere i ragazzi. Poi si facevano dei giochi. Solitamente si stringeva fra le dita il nocciolo della ciliegia appena mangiata, ancora umido, vinceva chi lo faceva schizzare più lontano facendo anche schioccare le dita. Era buon segno regalare ciliegie e proprio i bambini portavano le prime ciliegie alle maestre: _Maestra, c ho le ciliegie mézze! Allo stesso modo il contadino attento portava le primizie al padrone in un cestino di vimini fatto con le proprie mani. Era segno di buon auspicio trovare, o meglio ancora ricevere in dono, coppie di ciliegie che per gioco diventavano orecchini da esibire. Le ciliegie davano lo spunto anche per gioiose attività di osservazione, disegno e studio. Per esempio si facevano spesso problemi con le ciliegie e perfino grafici per contare le piante di ciliegio. I bambini erano attenti a non conteggiare eventuali piante innestate all insaputa del padrone. In qualche casa mi veniva offerto un cucchiaino di marmellata cotta sulla stufa a legna. Una delizia. (Lidia Polidori) 81 Éra un frutto molto goloso e anche sfamava tanta gente, specie in tempo di guerra. Anche quelle che cadevono per terra non venivono calpestate, venivono raccolte e mangiate. Da ragazzetto se prendeva la sera verso l tramonto mezzo chil de pane sotto l braccio e se montava sul sarégio a fa lla cena e ce se stava béne me ricordo. A vvolte ce s éra anche quattro, cinque o séi persone su, perché éron tant alberi grandi e ce se sfamava. C éra anche gente del contorno che venivon proprio apposta a mangia lle sarége. (Alberto Bruni) Al passaggio del fronte n queste zone qui éra piéno e fu própio su la mietitura. Quel anno se sfamò co le cigljégie la gente... unn aveva gnente che mangiare. Questi ch érono sfollati quassue i soldi l aìvono, ma fori dal mercato nero un se trovava mica gnente! La mattina presto salivon tutti su ppe sti sarégi... (Virgilio Polvani) Se n arportava anche per mangiare, ma un tempo ce se mangiava anche l pane. l mi póro babo, la mi póra mama arportavono un pagnére de cigljégie, pu mettevono una pagnotta de pane sopra la tavola e... una fetta de pane e na manciata de cigljégie per uno... Bastava buttare i noccioli (Giuseppe Vitali) Siccome era una risorsa, montare sul ciliegio co na fetta de pane e mangianne in quantità era tollerato più che consentito. (Massimo Chianucci) 33 Per evitare il mal di pancia.

80 Quelle d acquavita se mettevono sotto spirito e se rimangiavono doppo poco, nel tempo de radunatura de le manne 34, quande se mieteva l grano... Tre quattro sarége ne la grappa... n pochin de zuccoro... Ah! (Alberto Bruni) Più che sott'acquavite le mettevono sotto grappa. Facevono la grappa in casa col lambicco 35. (Bruno Menci) Le marmellate un se facevono, ce voleva lo zucchero... Se conservava quelle sotto acquavite... De mietitura la mattina le prendevono quelli più grandi ch andavono a mietere. Non è che ce le davono, ma qualche volta se riusciva a fregalle... (Giuseppe Soggetti) Le conserve di frutta son sempre usate per i signori che se lo potevono permettere. Anche bone. Io me ricordo d avelle mangiate proprio co le ciliegie a pezzettini. Avevono un sapore che non l ho più ritrovato... (Massimo Chianucci) L'importanza del ciliegio andava ben oltre la sua capacità di produrre frutti succulenti. Per le sue caratteristiche infatti, il legno di ciliegio è tra i più apprezzati. In vista di questo utilizzo si cercava di ottenere piante che avessero un fusto bello e dritto. 82 Parecchio i ciliegi non è che campavono anche allora, non sono una pianta secolare. Veniva delle annate che se ne seccava diversi, per quello ogni anno li rimettevano. l mi nonno me portava su dei burroncini, perché sapeva do nascevono queste piantine e mentre sceglieva me spiegava... Gli levava, se c era, qualche ramicello che andava un pochino fori... Andava a scegliere quelli che avevano il fustone più bellino e lungo, perché si poteva lavorare il terreno sottostante senza che i rami drusciassero sulle groppe degli animali e dopo la pianta doveva servire quando si seccava come legno pregiato. (Bruno Menci) Prima che se seccassero n pianta l arlavoravono, ce facevono i tavoloni e c accomodavono le botti. (Giorgio Bianconi) S aveva tre ppedoni ce cigljegio grossi n questo modo. Se tagliarono e da Orzale se vendettero al falegname ch era lì a Porta Montanina 36. (Egidio Montanini) Il legname era buono era profumato. Il ciliegio è bello, ma si muove leggermente 37. L atterraggio della pianta lo faceva il contadino. (Ermete Badini) Le potature eron del contadino... li servivono anche per fa scalda ll acqua pe l animali. Quande la pianta veniva sradicata il contadino se pigliava i cozzi 38 e l ceppo 39 ; l tronco era del padrone. (Gino Chianucci) Si era quasi perso il ricordo dei seggiolai provenienti generalmente dal Veneto che passavano di 34 Fasci di grano mietuto. Mannelle. 35 Apparecchio per distillare. 36 Zona del centro storico in prossimità dell incrocio tra Via Dante e Via dietro le mura, dove anticamente sorgeva una porta chiamata anche Porta dell Ala. 37 Reagisce ai cambiamenti ambientali, soprattutto temperatura e umidità. 38 Groviglio di nodi in una pianta. 39 La parte inferiore del tronco dalla quale si diramano le radici.

81 villaggio in villaggio, di casa in casa e, utilizzando il legname a disposizione, con i loro attrezzi realizzavano sul posto i manufatti richiesti. Quello del seggiolaio era un lavoro duro e faticoso, nato come esperienza solitaria, ma esercitato in forma più organizzata già dalla fine del XIX secolo. Gi artigiani dovevano sottoporsi a continui spostamenti. A fienagione completata, dopo la metà di Agosto 40 partivano dalle loro case nel bellunese, con pochi oggetti personali e gli attrezzi del mestiere in spalla. Si poteva partire anche a dodici anni. Squadre di tre o quattro Conze o Conthe (così si chiamavano i seggiolai nel loro gergo originale che utilizzavano anche per non essere capiti) vestiti un po alla tirolese e generalmente taciturni, esercitavano il loro mestiere nel sud della Francia, in tutte le regioni dell Italia centro settentrionale, giungendo fino in Abruzzo. Quando arrivavano in una zona avvertivano i contadini mostrando loro un modello di seggiola e raccogliendo eventuali ordinazioni. Il legno più utilizzato era proprio il ciliegio, con il suo bel colore rosa, ma anche il pioppo o l olmo; meno frequentemente il noce, più duro a lavorarsi. Nel realizzare le sedie si dividevano il lavoro realizzando di fatto una catena in cui ognuno aveva la sua specializzazione. Silenziosamente e in breve tempo le sedie erano costruite e impagliate. Erano sedie di uno stile essenziale e dal costo modesto, inoltre se il contadino aveva fornito ai seggiolai vitto e alloggio, una parte del prezzo era già pagata. Se uno fa un mobile de sarégio è qualcosa de bello. Non se po fare sul gentile, perché nel gentile c è dei nódi... El selvatico... certi selvatici, venivono alti che facìon paura, con quì pedoni lisci, puliti, belli... E na volta che se faceva? Specialmente d inverno venivon giù i seggiolai piucchemai i veneti a fa lle seggiole de sarégio. Noi se preparava l legno e quande venivon loro... Quante venivon belle! (Adelindo Milighetti) I cigljégi nonn è che duron dimolto, ma éra un legno bóno. Viniva i seggiolai de Agurdo 41, de le montagne vicino a l Austria. El mi poro babbo, che aveva fatto la guerra del éra stato a Belluno e artrovò gente che éra de du cche avea combattuto. C érono de Treviso, che portavono la schianza 42, la portavon da sé n quei fastelli n questa magnéra, eppù avevon tutti i su coltelli. Gni se conzegnava anch un cigljégio secco, pigliavon l acetta, abbattevono quel cigljégio... avevono le seghe, lo tagliavono e con tutte quele stecche ce facevon quele seggiole belle. Le facevono sul posto perché avevono que banchini per lavorare. Passavono a casa per casa: _C è i seggiolai... Quante ne volete? Le facevono un tanto la seggiola e chi ne voleva cinque, chi ne voleva otto... Io gnen ordinai undici. Le facevono con qualsiasi legno, ma se uno aveva l legno bello... De quele seggiole ne devo avere ancora una in cantina. (Giuseppe Vitali) Molti di loro erano coltivatori e dall autunno fino all inizio della primavera la neve impediva loro di svolgere i lavori agricoli. 41 Agordo, in provincia di Belluno. 42 Scarza. Crine di tipo vegetale, derivato da piante palustri, usato per impagliare sedie e damigiane.

82 Dopo la guerra ha cominciato a finire, venne un epidemia e cominciarono giù giù... (Giorgio Bianconi) LA SCOMPARSA DEI CILIEGI Tutte le cose di questo mondo, si sa, sono destinate a passare. A questa inesorabile legge non sono sfuggiti i ciliegi della Valle di Chio. Il lento declino di queste piante, secondo alcuni iniziato già alla fine degli anni quaranta con la comparsa di malattie, è divenuto in breve tempo agonia e nel giro di pochi anni, già alla fine degli anni sessanta, la maggior parte delle piante si era seccata o era stata tagliata. Ognuno dei nostri interlocutori ha ipotizzato cause diverse legate all'uso dei fertilizzanti chimici e dei pesticidi, al cambiamento climatico, alle nuove opere stradali o di regimazione delle acque della vallata, all impiego dei trattori per l aratura dei campi, al cambiamento del tessuto socioeconomico, alla fine della mezzadria e più in generale alla crisi dell'agricoltura. 84 I cigljegi quando ch è una cert ora parton tutti, non durano. Quelli che s aveva non so come fecero a resistere n quel modo, perché per coglienne cinquanta-sessanta quintali l anno ce volevon grossi eh! Magari avevono già cinquant anni, cento... A Materna ce n era uno de quelli da la punta, ma non c è razza de pedoni n quello modo da quanto era grosso. Noi se ripiantavono, ma nonn attaccavono. Sul Vingone, da le Vie Larghe in là se ne piantò una diecina e ataccarono. Venne l fratello de la mi moglie che faceva l ignesti... però dopo un po se seccarono. (Egidio Montanini) Le piante c erono diverse anche a tempo mio, ma quande se ncominciò a lavorare coi trattori erono già cominciate a diminuire. Io in mezzo a l olivi ce n avevo du o tre... dopo se seccarono. Uno l mi babbo lo tagliò perché faceva ombra a l olivi. (Alfiero Menci) Io penso che è stato l fatto dei famosi trattori... perché i sarégi avevon le barbe n aria 43, pescavono l concime... l concio de vacca, de pecora, de maiale... na volta entrati i trattori l hanno distrutti. Po el clima... l acqua... Prima quassù érono freschi, ora nvece gnente. A Belvedere noi s aveva comprato che c erono grossi così. Una volta finito le famiglie, una volta finito le pecore... seccati! Perché d istate sotto queste piante le pecore c andavono a l ombra e le cuncimavono. E dopo me ricordo, ma questo capitò dopo guerra bén béne, c aviò a vinire qualche baco, in quele d acquavita piùcchemai, perché stavono guasi fino a agosto... Quando l sarégio iniziava a fare delle bollicine nel pedone e nei rami, noi se chjamava l oro chicco e tante volte da bambini se mangiava. Era il segno dei suoi anni e significava la sua fine 44. Quelle da la punta non l ho più riviste. Éro riuscito un sarégio a nnistallo, a riportare la razza... e 43 Radici in superficie. 44 Non si tratta generalmente di una malattia, causata da funghi o parassiti animali, ma propriamente di una fisiopatia chiamata comunemente gommosi che può comparire negli appartenenti al genere Prunus (ciliegio, albicocco, pesco, susino etc.) come manifestazione di uno stress generale della pianta. Spesso la causa può ritrovarsi in condizioni colturali non adeguate, quale terreno asfittico, carenza o assenza di elementi o microelementi minerali, ristagni di umidità, PH del terreno non adatto alla coltivazione. Sul tronco della pianta si formano delle fessurazioni, dalle quale geme un essudato dapprima fluido, che si rapprende con il tempo, creando queste secrezioni traslucide di gomma. Per evitare l istaurarsi sul secreto di colonie di funghi o batteri possono essere fatti trattamenti con prodotti a base di rame.

83 me s è seccato... Ora i cigliégi nonn anticon 45 più... (Alberto Bruni) Lo stallatico non c è più, ma è una cosa basilare per la terra, come il mangiare per una persona... (Ermete Badini) Da quando è venuto fori questi insetticidi... e anche l aria, se capisce, nonn è più quella... un po a la volta sòn morti tutti. Ce s aìva in tutti... comme minimo undici o dodici sarégi. Volevo bene a tutti per carità, ma due éron quelli chiamati sotto acquavite... Belle quele sarége, dure... e un nerone che faceva certe sarége. Gnente che fare, han dovuto morì ttutti... Uno a la volta, uno a la volta sòn morti tutti. C éra l burrone, i fossi, lì vicino al mio, che non se sa quanti sarégi ce nasceva. Riprovavo a ripiantalli, l arinnestavo... Sicché li nnestavo sul posto, po quande avevono ataccato li portavo sul mio. Quande arivavono a un certo punto... gnente che fare... non sémo stati bóni a salvalli. El mi fratello che n po n po ancora s arangia 46, anche lui c ha arprovato e... gnente che fare! L arivono a un certo punto, a la grossezza d un braccio, po a le fine... gnente che fare. Ogni campino na volta giro giro c éra tutti alberi e vite. Magari l trattore rovinava la vite, ma no i sarégi perché i sarégi éron tutti più lontano... Macché se sòn amalati... na grande malattia. Perché campono in Romagna? Perché lo fanno de meschjere 47 perché anche il sarégio è una pianta che va medicato d inverno quanto d estate. Sempre va medicato, perché sennò oggi non campa più. È un pasticcio oggi. Ma po quello che c éra de bello éra che alora l aria éra sana, diserbi e veleni non se davono... Oggi c è tante piante che non campon più. L ucelli che arseminavono i noccioli c è na barca de razze che son morti e non se rivedono, perché queste medicine l hanno amazzati tutti. Specialmente quelli che stavono n terra, questi che parini 48 montavon su la pianta, se facevon dal pedone, a tutti i rami... quelli próprio son morti subito perché la pianta è medicata... Non granché ma c è rimasta qualche lepre, io n so com ha fatto a campa... De primo colpo éron morte tutte anche quelle eh! L allodola per dire, che faceva anche l nido n terra, quella po è morta subito, è sparita da la circolazione. Quest uccellini piccini tutti colorati che montavono su rami e beccavon tutto... quelli son finiti. (Adelindo Milighetti) 85 De la Valle n andava via le diecine de quintali... éra una risorsa... Venne la malattia e cominciarono a seccasse. (Benito Salvi) Prima erono sanissime. Dopo, non so l perché, incominciarono a avere qualche baco. Prima duravono che se mieteva l grano, duravono anche tutto agosto. Dopo le piante sono sparite. Le piante quando hanno un diametro de centimetri se seccono. Chi lo sa? L aria, le malattie... (Girolamo Miniati) Dopo la guerra ha cominciato a finire, venne un epidemia e cominciarono giù giù... Da quande fecero il rio grande 49 hanno ritratto tutte l acque, perché una volta sui fusati anche d'istate c era l pesce Non attecchiscono e quindi non invecchiano. 46 Che ancora riesce ad essere attivo. 47 La coltivazione è intensiva e seguita da professionisti. 48 Poverini. 49 Si riferisce alla canalizzazione delle acque nel Vingone, ultimata negli anni sessanta.

84 mica n tutti... ma si se piglia Mulinacci, l Mugnaino Ora nvece è tutto sciutto perché l umidità tende a andare verso l fiume... Ma de già n aveon buscate da prima. Quande cominciarono a esse ammalati la pora Ferruccia a noi ce diceva: _Se tagliono que sarégi, tanto se seccono. Al poggio han retto de più, qualcuno ancora bono c è. Ora vanno n cerca altro che de le sarége da la punta che non esiston più perché i sarégi vecchj son seccati e le nove generazioni non sono come quelle d una volta... Tant è vero che no gnistino 51 me volse per forza le marze de le sarége da la punta... E do le trovi? Lo portai a la Montanina, sapevo che c era n par de sarégi vecchj... perché la vecchja sarégia de vecchjo stampo non esiste più... Quelle moderne son belle d occhjo, ma l sapore è poco... È difficile trovare un sarégio de vecchjo stampo: le famose sarége dure, che noi se chiamavon da mette sotto spirito, quelle nn esiston più. Il problema è che se c è rimasto qualche sarégio ch è vecchjo è difficile arpiglia na marza con du occhj da un ramo d ottant anni... Va presa nel duro, su la guida, perché sinnò l istessa marza, da piglialla n cima e piglialla quaggiùe è sempre l istessa cijiegia, però rimane un po più bastardella, più piccina. (Giorgio Bianconi) 86 Fino al 50 c erano tante piante, ma già se n andavano, cominciava la discesa, però ancora c erano. Ora il ciliegio più grosso che si vede in Val di Chio... Non vivono più non ingrandiscono, arrivano a una grossezza di cm di diametro e poi... Ne abbiamo messi una decina due o tre anni fa... Di già uno non sa dove andare, se anda dde qua o se anda dde là... Bella che noi coi dottori in agraria siamo sempre insieme, ma non ci sanno mica spiegare niente del male che c è. (Ermete Badini) Fino al 45 ancora ce n era tanti; dopo se ce fu una malattia, se ce fu che costavon poco... ce fu l abbandono dei cigljegi. (Bruno Segantini) Se n aveva uno da l acquavite che un anno se ne colse quattro quintali. La su fine fu che prima se lavorava co n paio de beschje. Dopo n anno ce s aiutò co n altro contadino per andare più fondi con du paj de beschje 52 e me ricordo che se troncò una barba grossa e da alora cominciò a perdere... (Giuseppe Soggetti) Quande s alargò la strada che se fece l primo asfalto ne partì una diecina de cigljegi solo qui tra Santa Cristina e Collesecco. Erono su la próda del campo. Dopo verso l ottanta se sistemò le scarpate più alte e ne sparì altre de le piante, che de già però n avevon buscate o eron bacate... A Polvano c è rimasto un cigljegio de quelle da la punta che maturano bianche e rosse, squisite. Del baco un ce guardo, ma se in montagna c è una pianta sola che fa l frutto, l animali son tutti lì ntorno: merli, ghiandaie, cinghiali per quelle che sono n terra... non se salva più niente! Se oggi vedi che son mature prendile perché se aspetti domani... (Giuseppe Maccheroncini) 50 Gorghe d acqua in prossimità dei vecchi mulini di fondovalle. 51 Innestino, operatore di innesti. 52 I contadini spesso univano le loro forze quando si trattava di eseguire i lavori più grossi.

85 Queste piante un durono più comm alora, cuminciono a seccasse da le punte... Io c ho dei pedoncetti, li sego, e anche si l pedone è verdo, arbuttono de nóvo lenti lenti e nonn è che reggono... Se secca gnicósa! I cignali le dringolono e le roncono tutte... quì pedoncetti li sbuccion tutti 53. Doppo non pióve... Tra na ghjecina d anni, io ce scommetto, da le querce n là un ce resta gnente... (Virgilio Polvani) De fronte a dove sta Mattio... do c è le scole 54, andando verso l fiume, dove s incrocia que du fiumiciatteli, c éra n sarégio ch éra del Seggétti, dei Barneschi de la Pieve de Chio. Ne faceva... ma tanti quintali, tanti. Éra n quest angolo ch éra l ideale... e se vede che lì a quì tempi se raddunava l sugo del letame... E sicché me ricordo che faceva paura da quant éra grosso. Doppo successe che alargarono l fiume... E un altra cosa che si c éra oggi un la toccavono: più n quaggiù, sempre a l incrocio de quel fiumiciattolo che viéne da n do c è l rallevamento de maiali c éra una grande quercia, ch éra chiamata de Casanova... de certi Menci... Ce raccoglievono centinaia de staj 56 de ghiande. Da quant éra grossa facea paura. De Belvedere se vedeva questa grande pianta d istate quande éra tutta n vegetazione e dopo successe che fecero l fiume e la tagliarono. Quande se vide cascare se disse: Addio l nostro punto de riferimento. Ma io ricordo sempre de questi sarégi talmente tanto grossi che un torneran mai più. Speriamo che la nostra Conca d oro ritorni fiorita. Ma anche se questo fosse non tutti faremo in tempo a rivederla. Buona fortuna a tanti di voi che la rivedrete fiorita. (Alberto Bruni) I cinghiali danneggiano il tronco delle giovani piante. 54 Intende le attuali scuole di S. Cristina. I poderi tra la strada provinciale e il Vingone in questa zona erano particolarmente fertili. 55 Sempre nella zona tra Collesecco e S. Cristina. 56 Recipienti usati per misurare il grano. Lo staio fiorentino, adottato in tutta la Toscana, aveva una capacità di 24,36 litri. Con il termine staio veniva indicata anche una misura di superficie, che nell aretino equivaleva a circa 1750 metri quadri, pur essendo variabile da comune a comune.

86 ALCUNE RICETTE Tra le tante possibili preparazioni che hanno nelle ciliegie l ingrediente principale, ne ho scelte tre tra le più semplici, curiose e ghiotte. CILIEGE COTTE Questa preparazione permette di utilizzare anche quelle ciliegie che presentano qualche magagna e finirebbero con l essere scartate. Una volta spicciolate, le ciliegie vengono messe a cuocere con mezzo bicchiere di vino e mezzo di acqua, aggiungendo uno o due cucchiai di zucchero. Le proporzioni tra gli ingredienti possono variare a seconda dei gusti. Dopo circa un quarto d ora, quando la ciliegia appare ammosciata e ben cotta e il liquido si è sciroppato sono pronte per essere gustate. CILIEGE SOTTO ACQUAVITE 88 Occorrono ciliegie mature ma dalla polpa soda. Una volta tolto il picciolo si lavano, si asciugano e si mettono in un barattolo precedentemente ben lavato e scolato. Per 1 kg di ciliegie si aggiungono 150/200 grammi di zucchero e della cannella (una stecca o 2/3 cucchiaini). Da ultimo (anche il giorno seguente) si versano 3 o 4 bicchieri di acquavite, quindi si chiude ermeticamente e si lascia riposare il tutto per due o tre mesi. VISCIOLE SCIROPPATE Si riempie un barattolo mettendo ogni volta uno strato di visciole e uno strato di zucchero a fino a riempire definitivamente con lo zucchero. Il tutto si mette al sole per diversi giorni, finché lo zucchero non si sarà liquefatto divenendo sciroppo. VINO DI VISCIOLE O VISNER Dosi per 6 kg di visciole. Si frangono le visciole con tanto di osso in un recipiente aggiungendo poi 5 litri di vino nero. Dopo un paio di giorni di macerazione si passa il composto con il passatutto, versando il liquido in una damigianetta a bocca larga. A parte si prepara uno sciroppo con 750 g di acqua e 1,5 kg di zucchero, questo una volta raffreddato si versa nella damigianetta. Si aggiunge quindi un kg di alcol e si chiude ermeticamente. Dopo 40 giorni si può filtrare e imbottigliare.

87 La fioritura in Valle di Chio e la coglitura delle ciliegie - opere di Alberto Bruni 89

88 La coglitura delle ciliegie. Particolari dall opera di Alberto Bruni 90 Paggnéri da l uncino Al ladro...! Bigoni a basto

89 Sono come le ciliegie: una tira l altra... ZIBALDONE STORIE DI CILIEGIE Dal quarto millennio a.c le popolazioni europee disponevano di una varietà di ciliegie autoctone di tipo selvatico. Poco a poco, selezionando i frutti più grossi o più dolci, più saporiti o precoci, si sono originate nei secoli le diverse varietà. Di ciliegie si parla già nel VII sec. a.c. in Egitto, mentre nel mondo greco la coltivazione del ciliegiò è descritta da Teofrasto (IV-III secolo a.c.). La prima testimonianza scritta della presenza di ciliegie in Italia risale al II secolo a.c. Fu lo scrittore latino Varrone a illustrarne dettagliatamente l'innesto nell opera De re rustica. Successivamente Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia riferisce la leggenda secondo la quale il console romano Lucio Licinio Lucullo avrebbe per primo importato a Roma albicocche e «perle rosse», ossia ciliegie, tornando vittorioso dalla sua campagna di guerra contro Mitridate, re del Ponto, verso il 70 a.c. Sappiamo che a Roma nel I secolo a.c. le ciliege erano già note, ma non si può escludere che Lucullo, grande generale, ma anche uomo raffinatissimo, collezionista di libri e di oggetti d'arte, viaggiatore e buongustaio (dal suo nome deriva l aggettivo luculliano riferito a un pasto particolarmente ricco e succulento) abbia portato a Roma dalle sue campagne d'oriente varietà di ciliegi che producevano frutti particolarmente dolci e invoglianti. Le avrebbe piantate nel giardino della sua magnifica villa sulla collina del Pincio (in cima all'attuale scalinata di Trinità dei Monti). Comunque altre antiche fonti danno per certo che 120 anni prima del ritorno di Lucullo dal Ponto (regione del Mar Nero), i ciliegi erano già presenti in Britannia e crescevano spontaneamente in tutti i boschi d'europa. Plinio il Giovane ben 75 anni prima della data fornita da Plinio il Vecchio, aveva già classificato otto qualità di ciliegie: le aproniane (dal nome di Apronius, un gaudente epulone celebre in Roma), le ceciliane, le juniane o julianee, le duracine o pliniane, le lusitaniche, le laurine, le luteziane e le macedoniche. In Europa le ciliegie declinarono insieme all impero romano per poi tornare di moda nel XVII secolo. 91 APICIO Il celebre gastronomo latino per conservare a lungo ciliegie e altri tipi di frutta suggeriva di fare così: Cogli tutti questi frutti insieme con i loro gambi, quindi puliscili ad uno ad uno con estrema cura e mettili nel miele. Affinché le verdure si conservino a lungo, devono essere raccolte ancora novelle riposte in un otre chiuso con la pece: in questo modo, si conserveranno a lungo. PROPRIETÀ MEDICINALI Presunte o reali che siano, ecco una serie di virtù attribuite al ciliegio e ai suoi frutti 57 : Se a un ragazzo scende l ernia, si tagli a mezzo un giovane ciliegio che sta ancora non lontano dalle 57 Cfr. R.M. Suozzi, Dizionario delle erbe medicinali, Newton Compton 1995

90 radici, in modo tale che il ragazzo possa essere passato attraverso l apertura, poi si ricongiunga l arboscello e si copra con letame prodotto da bovini e con altro che dia calore, affinché più facilmente si saldino quegli elementi che si erano dissaldati e, quanto più facilmente l arboscello si salderà e cicatrizzerà, tanto più celermente guarirà l ernia del ragazzo. (Teodosio Marcello Burdigalense, V secolo) La cerasa assai purga il grave stomaco e nocinali di lei scaccia la pietra 58 e fa nelle vene ottimo sangue. (Scuola Medica Salernitana, IX secolo) Le ciliegie mangiate fresche lubrificano il corpo e secche lo restringono. La gomma dell albero bevuta in vino annacquato giova alla tosse antica, fa buon dolore, acuisce il vedere e provoca l appetito. Bevuta nel vino vale al mal della pietra. (Mattioli, XVI-XVII secolo) Le dolci muovono il corpo, le austere lo ristringono. L acqua stillata dalle cerase subito colte dall arbore à fuoco lento, messa in bocca à quei ch anno il mal caduco 59, gli risveglia subito dal paroxismo 60. (Castore, XVI secolo) Il ciliegio è utile contro il furore melanconico, ossia la potomania il vino maraschino è desiderato dai malati nelle febbri putride e nelle tifoidee epidemiche 62, come ancora nella febris rubra 63. (Comi 1886) NOCCIOLI PER LA CERVICALE 92 Navigando nella Rete ci si imbatte in siti che propongono al pubblico cuscini, materassi e perfino orsetti di pelouche imbottiti di noccioli di ciliegia. C è addirittura chi vende i noccioli a chili (oltre 4 euro al kg) per realizzare cuscini fai da te. Tali cuscini, riscaldati nel microonde (per due minuti a livello medio) o nel forno (a 100 per 10 minuti) si usano come alternativa alla borsa dell acqua calda; congelati per alcune ore sostituiscono le compresse di ghiaccio. CHIRURGIA Tra le storie che narrava Nonna Stella, uno di quelli che preferivo da bambino era il racconto di un fatto avvenuto nella prima metà del secolo scorso in una località dell Appennino Umbro- Marchigiano. Protagonisti erano due anziani, Novéna e Giuachino. L uomo aveva ingurgitato una quantità spropositata di ciliegie, con tanto di nocciolo. La digestione era difficoltosa e... l azione conseguente completamente bloccata. Novéna con grande abilità e buona dose di coraggio intervenne aiutandolo a liberarsi ottenendo il plauso successivo del dottore: _M ha ditto l dottore ch l ho salvèto! Gn ho arcavèto dal culo più de centotrenta ossi de cerase co la furcinella dai capelli! Litiasi urinaria, calcolosi. 59 Epilessia. 60 Fase acuta dell attacco. 61 Malattia psichiatrica che si manifesta con il desiderio incontenibile di assumere liquidi. 62 Febbri di tipo tifoide sul genere della salmonellosi. 63 Scarlattina. 64 L operazione di estrazione era stata eseguita con la forcina in osso usata un tempo per l acconciatura, beninteso dalla parte della curvatura.

91 OROSCOPO CELTICO Il Ciliegio è uno dei segni dell oroscopo celtico. Il periodo va dal 21 aprile al 20 maggio, quando le forze della natura sono fecondate e in pieno potere produttivo. I nati sotto questo segno hanno spirito pratico e concreto e possiedono molta creatività, ma non amano volare troppo con la fantasia. Le loro qualità migliori sono la costanza, la tenacia e la concentrazione attraverso le quali realizzano i loro obiettivi. Altre caratteristiche sono la riservatezza nella sfera personale e la diffidenza per le innovazioni. Sono abitudinari, spontanei e sinceri, ma guai a contrariarli. In amore cercano legami solidi ed essendo molto passionali possono manifestare eccessi di gelosia. Molto legati alla casa e alla famiglia, sanno affrontare e risolvere con saggezza i problemi del vivere quotidiano. Sono adatti a svolgere attività anche ripetitive ma che richiedano costanza e concentrazione. Sono buoni amministratori e possiedono doti in campo musicale. I punti fisici più delicati sono la gola e le corde vocali. SIMBOLOGIA E SUPERSTIZIONE Il ciliegio prende significati simbolici contrastanti nelle diverse culture: spesso è emblema di prosperità e felicità terrena, ma nei paesi scandinavi ed in Gran Bretagna, annuncia sventura e prossime disgrazie. Se il fiore rappresenta la purezza ed è per alcune popolazioni l'emblema dell'ideale cavalleresco, il rosso dei frutti, specie in Finlandia, è il simbolo del peccato. 93 Nei Paesi dell'europa Centrale il ciliegio ospitava le divinità campestri capaci di proteggere i campi. In Oriente e soprattutto in Giappone il ciliegio è l'emblema della sensualità e della femminilità, ma rappresenta anche l'educazione, l'amabilità e le buone maniere. La simbologia cristiana assimila le ciliegie, per il loro colore rosso intenso, al sangue del Redentore e, per la dolcezza del sapore, al buon carattere derivato dalle opere buone. Nell'iconografia cristiana spesso la ciliegia rappresenta il frutto del Paradiso, l'antidoto della mela causa del Peccato Originale. Contando i noccioli rimasti nel piatto alla fine un pasto, le ragazze possono prevedere quando si sposeranno, recitando: quest anno, l anno prossimo, un giorno, mai. Come nel m ama non m ama l ultimo nocciolo contato fornirà la risposta. Se si desidera che un vigneto produca buon vino, bisogna piantarci in mezzo un ciliegio. MADONNA DELLE CILIEGIE Nel Vangelo Apocrifo attribuito allo Pseudo-Matteo si riporta un episodio avvenuto durante la fuga in Egitto, quando Giuseppe e Maria con il piccolo Gesù scappano per sottrarsi alla ferocia di Erode. In realtà il testo parla di una palma, ma fior di pittori tra i quali Tiziano, il Barocci e il Sassetta, hanno illustrato questa scena sostituendo la palma con un ciliegio e ponendo in mano alla Vergine o al bambino qualche ciocca di ciliegie.

92 [20, 1] Nel terzo giorno di viaggio, gli altri camminavano, ma la beata Maria stanca per il troppo calore del sole del deserto e vedendo un albero di palma disse a Giuseppe: "Mi riposerò alquanto all'ombra di quest'albero". Giuseppe dunque la condusse premuroso dalla palma e la fece discendere dal giumento. Sedutasi, la beata Maria guardò la chioma della palma, la vide piena di frutti e disse a Giuseppe: "Desidererei, se possibile, prendere dei frutti di questa palma". Giuseppe le rispose: "Mi meraviglio che tu dica questo, e che, vedendo quanto è alta questa palma, tu pensi di mangiare dei suoi frutti. Io penso piuttosto alla mancanza di acqua: è già venuta meno negli otri e non abbiamo onde rifocillare noi e i giumenti". [2] Allora il bambino Gesù, che riposava con viso sereno sul grembo di sua madre, disse alla palma: "Albero, piega i tuoi rami e ristora mia mamma con il tuo frutto". A queste parole, la palma piegò subito la sua chioma fino ai piedi della beata Maria; da essa raccolsero i frutti con i quali tutti si rifocillarono. Dopo che li ebbero raccolti tutti, la palma restava inclinata aspettando, per drizzarsi, il comando di colui al cui volere si era inclinata. Gesù allora le disse: "Palma, alzati, prendi forza e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio padre. Apri con le tue radici la vena di acqua che si è nascosta nella terra, affinché da essa fluiscano acque a nostra sazietà". La palma subito si eresse, e dalla sua radice incominciò a scaturire una fonte di acque limpidissime oltremodo fresche e chiare. Vedendo l'acqua sorgiva si rallegrarono grandemente e si dissetarono con essi anche tutti i giumenti e le bestie. 94 Un Carol, cioè un canto natalizio di tradizione anglosassone, rimaneggia il racconto apocrifo secondo una tradizione medievale che vedeva Giuseppe in preda al dubbio ancora dopo la nascita di Gesù. Il testo, parafrasato è stato utilizzato anche da Angelo Branduardi per la canzone Il ciliegio. Giuseppe era vecchio, era vecchio davvero Quando sposò Maria in terra di Galilea. Giuseppe e Maria camminavano per un bel frutteto, Dove c'erano bacche e ciliege rosse come il sangue. Giuseppe e Maria camminavano per un verde frutteto Dove c'erano ciliege e bacche fitte da non dirsi. Allora parlò Maria, così mite e così dolce: "Coglimi una ciliegia, Giuseppe, perchè sono incinta." Allora parlò Giuseppe, con parole assai scortesi: "Chiedi al padre di tuo figlio di raccoglierle per te." Allora parlò il bambino dentro al grembo di sua madre: "Si pieghi l'albero più alto perchè mia madre ne colga." Fu l'albero più alto che si chinò fino a sua madre, E lei gridò: "Guarda, Giuseppe, ho tutte le ciliege che voglio." Allora parlò Giuseppe: "Ho fatto un torto a Maria, Ma tu rallegrati, mia amata, e non buttarti giù." Allora Maria colse una ciliegia rossa come il sangue E dopo se ne andò a casa, con il suo grave fardello. Maria prese il bambino e se lo mise sulle ginocchia. E disse, "Mio figlio caro, che ne sarà di questo mondo?" "Oh, io sarò morto, madre, come le pietre nel muro; Le pietre della strada, madre, piangeranno per me.

93 Il giorno di Pasqua, madre, sarà la mia resurrezione, Il sole e la luna, madre, si leveranno con me." POESIA DIALETTALE ARETINA Dalle Stanze di Cecco del Pulito 65 : I nostri pèr s ennamoren de Maggio che son delle sariegie, e de bacegli... Poi fèn l inserenète a le lor Dème co i fior, con le sariegie, e con le rème. E ancora... I trovè la mi Dèma al mi sariegio Che l deramèva dal pie a la vetta. FESTA DELLE CHIOCHENE Si dice la festa della Madonna delle Grazie di Rivaio 66 Festa delle Chiochene non datigli da quelli di fuori perché da prima usavano gli amorosi del contado regalare in tale occasione alle loro belle un mazzetto fiorito con le ciliegie, una mazzetta come oggi usa il regalo delle cittine di pasta e miele intrise e poste sopra una canna fissa in grande ostia rotonda. Queste chiochene o mazzi di ciliegie si ponevano anche in cima a una antenna ritta e insaponata 67 dove si correva il palio e vincitore riusciva chi a forza di mani e di piedi arrivava in vetta a coglierle. Ma un certo Brogi contadino che ci cadde e restò storpio e miserabile per tutta la vita fe dismettere questo uso per questa festa e soltanto per un po rimase tal palio nelle feste di contado ma in oggi non usa più manco in queste. 68 Sull originario significato di chiochene o chiocane, intese come ciocche di ciliegie piuttosto che chiaviche 69, si sono costituite due scuole di pensiero. Se può servire all una e all altra causa faccio notare che sotto Valuberti, alcuni terreni in prossimità del torrente Nestore (comprendenti anche un fossato), prendono il nome di Piochene. Per aggrovigliare ancora di più la matassa il luogo è quasi attiguo al... Mulino dei Ciliegi! 95 MODI DI DIRE - Sono come le ciliegie: una tira l altra... Si dice di cose positive o negative che si succedono senza interruzione; anche quando si mangiano le ciliegie non si smetterebbe mai. - Amico ciliegia Si dice di una persona nota che non si vuol nominare. Il soggetto in questione per la sua furbizia o invadenza è paragonato al baco che si trova nel frutto. - Far ciccia e ciliegia Cioè tentare un azione alla disperata, senza limitazioni. La ciccia sottintende il baco. 65 Poeta aretino identificato da taluni con Giovan Paolo Lappoli ( ), secondo altri sarebbe uno pseudonimo dello stesso Francesco Redi. 66 Si svolge a Castiglion Fiorentino la terza domenica di Giugno. 67 In pratica un albero della cuccagna. 68 Trascrizione dalla filza 469 fondo Ghizzi dell Istituzione Culturale educativa castiglionese. 69 Rimando all episodio narrato a pag. 44.

94 - Mettere la ciliegina sulla torta - Colombo pasciuto, ciliegia amara. - Aprile carciofaio, maggio ciliegiaio. - De Maggio cigliege per assaggio, de giugno cigliege a pugno. - Non è buono mangiar ciliegie co' signori. - Tutto l rosso un son ciliegie FILASTROCCHE Tenendosi per mano in girotondo le bambine potevano cantare: Io son contadinella, alla campagna bella, se fossi una regina, sarei incoronata, ma son contadinella, mi tocca lavorar. E cinquecento cavaglieri con la spada rovinata, 70 con la testa nzanguinata, indovina che cos è? a questo punto si fronteggiavano a due a due e tirandosi avanti e indietro per le braccia proseguivano E sono solo le cigliegie, e sono solo le cigliegie, e sono solo le cigliegie, che maturon nel giardin. E tira e molla e molla e tira e tira e molla e molla e tira e tira e molla e molla e tira e tira e molla e lascia andar. Negli anni 30 i bambini cantavano anche un altra filastrocca. Negli anni 30 era in uso presso l istituto delle Maestre Pie Venerini 71 in Castiglion Fiorentino. Quando è il tempo delle ciliegie, le ciliegie si vanno a cogliere, si vanno a cogliere col canestrino, questo è il frutto del mio giardino; il bustino mi stà benino, la sottana mi fa a campana, le scarpette con le fiocchette, l'orologio fa tic e tac, tic e tac, tic e tac... Quando è il tempo delle ciliege le ciliege si vanno a cogliere Si vanno a cogliere col panierino questo è il frutto del mio giardino. La sottana larga larga la cintura stretta stretta le scarpine a punta a punta Ballerò con te, ballerò con te 70 In altre versioni i cavalieri sono trecento e la spada è sguainata. 71 Istituto religioso femminile votato all istruzione e all educazione cristiana della gioventù. Aveva sede in Via San Michele.

95 COMPILATION Ciliegi Rosa (Nilla Pizzi) Un diadema di ciliegie (Ricchi e Poveri) La collina dei ciliegi (Lucio Battisti) Come erano venute buone le ciliegie nella primavera del 42 (Mario Castelnuovo) Il ciliegio (Angelo Branduardi) Signora bianca dei ciliegi (Ivan Graziani) Su un ciliegio estremo (Max Gazzè) Pane e ciliegie (Grazia di Michele) Fragole ciliegie e miele (Luca di Risio) COMPETIZIONI A Celleno, nel viterbese, si svolge annualmente nella prima settimana di Giugno il torneo di Sputo del nocciolo. Il primato italiano è di 16,20 metri. Il primatista mondiale di questa disciplina, nata negli Stati Uniti nel 1974 con il nome di Cherry Pit Spit, vanta un record di 28,6 metri. L impresa, ottenuta nel corso del campionato mondiale che si svolge ogni anno in una fattoria del Michigan, gli è valsa il soprannome di giovane fucile. PROBLEMI... DI UN TEMPO Un fruttivendolo acquista quintali 0,38 di ciliegie a il Kg. Le rivende con un guadagno totale di Quanto ricava dalla vendita delle ciliegie? A quale prezzo ha venduto 1 Kg di ciliegie? Non possiamo terminare senza ricordare Mastro Ciliegia, personaggio minore del Pinocchio di Collodi, collega e antagonista di Mastro Geppetto. Nella rilettura che il Cardinale Biffi ha fatto della storia, mastro Ciliegia impersona il razionalismo moderno: si trova davanti un pezzo di legno parlante ed è incapace di accogliere questo mistero: un pezzo di legno è solo un pezzo di legno..., Geppetto al contrario accoglie la realtà con il suo mistero e riesce a vedere ben oltre la materia 72. Mi piace tuttavia concludere con quanto Mauro Corona, scrittore e artista friulano, scrive a proposito del ciliegio: Dal grande popolo delle piante vi sono anche coloro che se ne sono andati. Sono usciti dal bosco per emigrare in città a stare meglio. Rappresentano gli affetti, le cose buone della vita e sono il ciliegio, il pero e il melo. Nel bosco sono rimasti solo i fratelli selvatici, loro, invece, hanno preferito mettere nella gerla ciliegie, mele e pere e trasferirsi nei cortili. Buoni d'animo e dal temperamento mite, questi alberi possiedono un corpo caldo e un colore che comunica affetto. Il ciliegio, in verità, ha un carattere un poco superbo ma bisogna dire che è anche l'albero dei sogni e degli amori. Forse per il suo color rosa intenso con fiammature scure e per il suo legno odoroso di fresco, il Creatore gli aveva affidato un compito speciale nei paesi della valle. Lo aveva incaricato di contenere come in uno scrigno affettuoso l'amore e il sonno degli uomini. Da noi, nonni, genitori, bambini, generazioni intere hanno dormito e si sono voluti bene in letti di ciliegio. Mentre il ciliegio stimola i sentimenti, il pero e il melo sono maestri d'asilo. Hanno sempre a che fare coi bambini che diventano i loro educatori. Sono alberi che vivono per dare pace e serenità. Non sono pionieri, non cercano l'avventura ma si accontentano di una vita quieta negli orti, nei cortili o nei giardini G. Biffi, Contro Mastro Ciliegia, Jaca Book. 73

96 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Per la parte scientifica è stato consultato principalmente il seguente materiale bibliografico: Autori vari (1981)- Il ciliegio. Roma, REDA. Baldini E. (1973)- Arboricoltura. Bologna, CLU. Baldini E., Scaramuzzi F. (1965) - Glossario dei termini usati nella propagazione degli alberi da frutto a foglia caduca. Frutticoltura (XXVII), no.2. Perelli M., Pimpini F. (2004)- Il nuovo manuale di concimazione.venezia, Arvan. Regione Emilia-Romagna (2007)- Disciplinari di produzione integrata Norme tecniche di coltura. Regione Toscana (2006-7)-Disciplinari delle produzioni agricole integrate (L. R. 25/99). Scheda No 8: Ciliegio. Vivai F.lli Zanzi-( PUBBLICAZIONI E STUDI SULLA VALLE DI CHIO 98 Tafi - Una piccola chiesa di campagna, Calosci 1969 L. Serafini I nomi di luogo, toponimi, microtoponimi nell area sud orientale del territorio di Castiglion Fiorentino, tesi di laurea Univ. degli studi di Perugia, Fac. Lettere e Filosofia, 1993 A. Barneschi Agricoltura e paesaggio della Val di Chio nel catasto lorenese, tesi di laurea Univ. degli studi di Siena, Fac. di Lettere e Filosofia 2000/01 P. Bennati - S. Maria a Chio, una Pieve millenaria tra due valli, tip. Tanganelli 2002 L. Castellucci e M. Frontini La Valle di Chio: per un recupero della memoria, Quaderno di Biblioteca n 24, Arti Tipografiche Toscane 2005 (anche tesi di laurea Univ. degli studi di Firenze, Fac. di Architettura 2004) P. Serafini (a cura di) e Circolo di studio C era una volta in Val di Chio... Storie, testimonianze e curiosità, Litograf Editor 2005 P. Bennati e P. Verrazzani: Valle di Chio... Valle di Dio Litograf Editor 2005 AA.VV. - Conoscere l Etruria: contributi per la Valle di Chio, Quaderno di Biblioteca n 30, Tip. Tanganelli 2007 L. Serafini e A. Cappelletti Intorno a Castiglion Fiorentino: itinerari per mountain bike e trekking, I ed. Centro Stampa 2003, II ed. Petruzzi 2008 AA.VV. Conoscere l Etruria: i sentieri dell acqua, Quaderno di Biblioteca n 31, Centro Stampa 2008 Carta dei sentieri della Valle di Chio.

97 INDICE RECUPERO, CARATTERIZZAZIONE, CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE DEL GERMOPLASMA DI CILIEGIO DELLA VALLE DI CHIO (a cura di P. Mariotti)...pag. 7 VALLE DI CHIO: VALLE DELLE CILIEGIE (a cura di G. Alpini)...pag. 37 IL TEMPO DELLE SARÉGE: RACCOLTA DI TESTIMONIANZE E RICORDI (a cura di P. Serafini)...pag. 47 Una questione di termini...pag. 48 Come un quadro d autore...pag. 49 Le varietà...pag. 53 Cure e innesti...pag La raccolta...pag. 58 Il commercio...pag. 62 Furti, scherzi e contromisure...pag. 73 Utilizzo dei frutti e del legno...pag. 81 La scomparsa dei ciliegi...pag. 84 Alcune ricette...pag. 88 Zibaldone...pag. 91 Bibliografia...pag. 98

98 Comune di Castiglion Fiorentino IVALSA Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree Istituzione Culturale ed Educativa Castiglionese

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