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1 IL MERCATO DEL LAVORO IN ABRUZZO RAPPORTO A cura di ABRUZZO LAVORO Luglio 2008

2 IL MERCATO DEL LAVORO IN ABRUZZO RAPPORTO A cura di ABRUZZO LAVORO Luglio

3 A cura di Direttrice Dott.ssa Rita Del Campo Questo Rapporto è stato curato dall Ufficio Osservatorio del Mercato del Lavoro Responsabile Dott. Luigi Fusco Staff Redazionale: Luigi Fusco, coordinamento e supervisione ABRUZZO LAVORO Erica Cianchetti ABRUZZO LAVORO Antonio Cicalini ABRUZZO LAVORO Mirella Di Marcoberardino ABRUZZO LAVORO Patrizia Splendiani ABRUZZO LAVORO Nadia Caporrella - ISTAT Carlo Lucarelli - ISTAT Giovino Santeusanio - ISTAT Cristina Oteri - IRES Regione Abruzzo Assessorato Politiche del Lavoro, Politiche per l Istruzione, la Formazione, il Diritto allo Studio Direzione Politiche del Lavoro e della Formazione e dell Istruzione. Si ringraziano inoltre, per la collaborazione data, i Responsabili delle Politiche del lavoro delle Province Abruzzesi: il Dott. Tiziano Amorosi, l Avv. Nicoletta Bucco, la Dott.ssa Daniela Cozzi e il Dott. Angelo Radica. Ente Strumentale della Regione Abruzzo Via Orazio, PESCARA Tel Fax: Sito internet: info@abruzzolavoro.com 3

4 Indice IL MERCATO DEL LAVORO IN ABRUZZO Indice PREFAZIONE pag L EVOLUZIONE STRUTTURALE DELLA POPOLAZIONE ABRUZZESE pag La struttura e l'andamento della popolazione 1.2 L'invecchiamento della popolazione 2. LE DINAMICHE E GLI INDICATORI DEL MERCATO DEL LAVORO: I TASSI DI PARTECIPAZIONE pag La struttura dell'offerta di lavoro 2.2 I dati dei Centri per l'impiego 2.3 La femminilizzazione del mercato del lavoro 2.4 La manodopera immigrata 3. IL SISTEMA PRODUTTIVO ED ECONOMICO: CARATTERI STRUTTURALI ED EVOLUTIVI pag la dinamica dell'occupazione e la produttività dei settori e delle province I dati censuari I dati del Registro statistico delle unità locali delle imprese (ASIA) Produttività e valore aggiunto 3.2 La dinamica imprenditoriale Le imprese artigiane 3.3 Le imprese femminili 3.4 Immigrati e imprese Il bilancio dei settori La presenza sul territorio 3.5 Il problema della dimensione aziendale 3.6 La specializzazione produttiva della Regione Abruzzo: criticità ed elementi di novità 4. GLI ASPETTI QUALITATIVI DELL'OCCUPAZIONE pag La struttura dell'occupazione e le dinamiche settoriali 4.2 Tipologie e forme flessibili d'impiego. Il lavoro atipico 4.3 Gli artigiani e i commercianti 5. LA DISOCCUPAZIONE E LE POLITICHE DEL LAVORO pag I tassi di disoccupazione 5.2 Le caratteristiche della disoccupazione 5.3 Le politiche passive 6. FOCUS pag L'occupazione femminile Nota metodologica pag. 132 Glossario pag. 136 Appendice alla pubblicazione pag

5 Prefazione Prefazione La pubblicazione del sul Mercato del Lavoro in Abruzzo risponde all esigenza di continuare a dotare gli Amministratori e le leadership regionali di uno strumento di analisi e d interpretazione dell andamento dell economia, attraverso la lettura di un indicatore fondamentale: il livello occupazionale abruzzese. Il Rapporto, curato annualmente da, si inquadra nelle attività istituzionali dell Ente ed attiene l osservazione, lo studio e il monitoraggio del mercato del lavoro regionale. Ci sono due novità che vanno evidenziate:quella relativa alle fonti, che non riguardano unicamente i dati Istat, ma si riferiscono alle banche dati INPS, INAIL e a quelle messe a disposizione dai Centri per l Impiego regionali; e c è, poi, l avvio di un ragionamento a più voci, tra gli Enti interessati allo studio dell economia regionale, gli Assessorati e le Direzioni Regionali e Provinciali del Lavoro. I primi argomenti del Rapporto, l evoluzione strutturale della popolazione abruzzese e il sistema produttivo ed economico, permettono di inquadrare la nostra analisi all interno dell evoluzione sociale ed economica della Regione. I flussi migratori, che cominciano ad interessare l Abruzzo dal 1991, hanno compensato gli effetti negativi del saldo naturale e la minore disponibilità dei giovani verso lavori meno qualificati, anche a causa delle aspettative create dall innalzamento del livello scolastico, invertendo la tendenza alla contrazione dell offerta di lavoro, che ha caratterizzato gli ultimi decenni; al contrario la disperazione sociale degli immigrati, li induce spesso ad accettare condizioni di lavoro non regolare e senza livelli adeguati di sicurezza, accrescendo un fenomeno negativo già presente nella nostra Regione. La struttura produttiva regionale, tendenzialmente in crescita nel periodo preso a riferimento, , ha successivamente risentito della concorrenza dei paesi asiatici e del processo di delocalizzazione: pesa soprattutto la struttura di piccola dimensione (il 90% delle imprese ha meno di 10 addetti) e una produttività del lavoro inferiore alla media nazionale. La forte componente industriale della Regione è esposta a difficoltà strutturali che hanno portato a casi di vero e proprio smantellamento, ma ne continua a costituire la principale impalcatura economica e sociale, testimoniata anche dall elevato indice di specializzazione, specie nelle industrie manifatturiere. La crescita del PIL pro capite, dopo la pesante contrazione registrata negli ultimi anni, può precludere ad una conclusione positiva del processo di ristrutturazione ancora in corso e confermare la crescita occupazionale registrata dall ISTAT nel 1 trimestre del

6 Prefazione In Abruzzo, la crescita dell occupazione dell ultimo anno segue l andamento del dato nazionale; tale crescita, che riguarda tutti i settori, ad eccezione dell agricoltura, avviene dopo un anno di contrazione e non può essere ancora considerata come stabile, anche se il dato tendenziale del primo trimestre 2008, ancora positivo, fa ben sperare. Per esprimere un giudizio corretto sull andamento del mercato del lavoro, la valutazione del dato numerico è stato correlato a quello della tipologia della prestazione, della durata del rapporto, della distrubuzione dell orario e dell inquadramento normativo del contratto. Da questo punto di vista, va evidenziato come il lavoro atipico non riesca a costituire, come già registrato, nel Rapporto precedente, uno sbocco verso l occupazione a tempo indeterminato, ma rappresenti ancora una riserva occupazionale a sostanziale svantaggio dei lavoratori; così come il forte ricorso al tempo parziale come modalità forzata di primo accesso all occupazione per i giovani. Risulta significativa anche la quota del lavoro parasubordinato, che può essere quantificata attorno al 10% del totale. La stabilità del dato abruzzese, relativo alla disoccupazione, è in contrasto con la tendenza alla diminuzione registrata a livello nazionale; tanto più vale per la popolazione femminile con una dinamica di segno opposto a quella nazionale. Un altro elemento di criticità è rappresentato dalla disoccupazione di lungo periodo, pari al 43,2%, che può denotare un forte rischio di esclusione; infine, particolarmente significativa è la quota di laureati in cerca di occupazione, pari al 19,4% del totale, con un balzo di 5 punti rispetto al I risultati di questo rapporto mostrano segnali positivi che, connessi alle aspettative della ripresa economica, possono far intravedere una potenziale ripresa ed una crescita economica e sociale per la Regione, ma l obiettivo principale, per il sistema Abruzzo, rimane quello di lavorare per una buona e nuova occupazione, lavorare per garantire una generazione che, altrimenti, rischia di sentirsi condannata alla precarietà. Dott.ssa Rita Del Campo Direttrice di 6

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8 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese L EVOLUZIONE STRUTTURALE DELLA POPOLAZIONE ABRUZZESE 8

9 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese 1.1 La struttura e l'andamento della popolazione Le pesanti difficoltà economiche che hanno interessato il nostro paese subito dopo la seconda guerra mondiale hanno generato, in particolare nei territori del centro sud, un forte fenomeno migratorio verso le Regioni del nord Italia e verso i paesi esteri, producendo, di fatto, una vera e propria riduzione della popolazione residente. Negli anni successivi, tale fenomeno si è lentamente ridotto fino ad una inversione di tendenza che, a partire dagli anni Novanta, ha portato ad una fase di ripopolamento. Nella Regione Abruzzo tale fase prosegue tutt oggi, seppur lievemente, grazie al saldo migratorio. Tuttavia, ad una analisi più approfondita, risultano comunque essere presenti fenomeni di ordine negativo correlati tra loro, ovvero una preoccupante diminuzione della natalità, un aumento della mortalità ed un costante invecchiamento della popolazione. Il grafico 1.1 ci mostra come, a partire dal 1951 fino agli anni 70, vi sia stata una diminuzione della popolazione abruzzese che, da un iniziale totale di unità del 1951 è passata a nel 1971; successivamente essa segue un incremento che subisce poi una battuta di arresto alla fine degli anni 90 e, solo a partire dal , riprende a crescere: siamo a unità nel 2001 fino ad arrivare ad nel 2006, con una ulteriore tendenza di crescita, confermata dai dati del 2007, con unità. Il dato complessivo sulla popolazione residente in Abruzzo, al 31 Dicembre 2007, risulta così suddivisa per sesso: maschi (48,6%) e femmine (51,4%); la città più popolata, a livello provinciale, risulta essere Chieti, mentre la meno popolata è Teramo. Dal 1991 al 2007 la popolazione abruzzese è oggetto dei seguenti incrementi percentuali provinciali: L Aquila +3,2%, Teramo +8,6%, Pescara +8,3%, Chieti +3,2%, (Totale Abruzzo +5,6%). Quanto alle componenti della crescita della popolazione si osserva un tasso di natalità costante dal 2004 al 2006 che, per la nostra regione, oscilla tra l 8,6 (per abitanti) e l 8,5; nel 2007 il valore cresce fino all 8,7, posizionandosi comunque al di sotto della media italiana del 9,5 (per abitanti). Se osserviamo i dati sulla popolazione degli ultimi 50 anni, possiamo notare come il saldo naturale regionale scenda dal 9 per mille nel 1951 allo 0,1 per mille nel 1991, e diventi negativo nel Tra il 2002 e il 2006 si ha tuttavia un costante e graduale miglioramento dell'indicatore, che passa dal -2,2 per mille al -1,3 per mille nel 2006 (contro una media italiana del +0,1 per mille), mentre nel 2007 si posiziona al -1,6 (contro una media italiana del +0,1 per mille). Questo risultato è dovuto all effetto del tasso di natalità in diminuzione dagli anni cinquanta fino ai giorni nostri, con un tasso di mortalità in aumento: 10,4 nel Tali dati avvalorano la tesi della crescita della popolazione della nostra regione per effetto del saldo positivo dei flussi migratori, per cui i valori oscillano fra le e le unità annue fino ad arrivare; negli ultimi anni, ad un incremento di unità nel 2003; in sintesi, al 1 gennaio 2007, gli stranieri residenti in Abruzzo sono : maschi e femmine. Dunque, come già accennato, la popolazione abruzzese è recentemente tornata ad aumentare, soprattutto nelle aree costiere, ciò in seguito alla presenza dei numerosi stranieri, soprattutto albanesi, rumeni e macedoni, che hanno scelto la nostra regione quale nuovo luogo di residenza. E interessante, inoltre, osservare l aumento registrato negli ultimi tre anni del numero medio di figli per donna, che è passato da 1,19 a 1,23, cifra tuttavia ancora al di sotto della media nazionale, che rileva una percentuale di 1,34 figli per donna. I tassi di nuzialità mostrano invece un aumento del numero dei matrimoni nella nostra regione negli ultimi tre anni; tuttavia la tendenza, secondo le stime Istat, è in diminuzione anche a fronte di un conseguente aumento delle convivenze, che passano da 431 del 2003 a 490 del 2006, scendendo a 482 nel

10 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese Disaggregando i dati a livello provinciale, si noti come la provincia dell Aquila detenga un saldo naturale negativo a partire dal 1983, nel 2002 questo era al -3,9 per mille, nel 2006 esso è migliorato con il -2,6 per mille per ridiscendere al -3 nel La provincia di Teramo registra un saldo naturale negativo dal 1996, che nel 2002 era -0,9 per mille, nel 2006 scende al -0,4 e nel 2007 si attesta al -0,3. La provincia di Pescara registra un saldo naturale negativo dal 1994, che se nel 2002 era.-1,3 per mille, nel 2006 scende al -0,3 e nel 2007 al -0,6. La provincia di Chieti registra un saldo naturale negativo dal 1991, e se nel 2002 era -2,4 per mille, nel 2006 scende al -1,9 e nel 2007 al -2,3. Esaminando il movimento migratorio, è solo dal 1991 che l Abruzzo, per secoli terra di emigrazione, diventa oggetto e destinatario di un flusso immigratorio proveniente dall esterno (più 5 per mille, che sale al +7,9 nel 2001 e supera il +10 per mille negli anni seguenti, torna a scendere nel 2005 e 2006 al livello del 5,7 per mille e risale al 10,9 per mille nel 2007). Per singola provincia, i saldi migratori risultano essere positivi ed in aumento negli ultimi anni, secondo il seguente ordine: provincia di Teramo (nel 2007 il 17,5 per mille), Pescara (+9,8 in calo), L'Aquila (+9,4), segue Chieti (+7,9). Nel 1991 gli stranieri soggiornanti in Italia, comunitari ed extracomunitari, erano circa : 500 mila residenti e 590 mila con permesso di soggiorno; in Abruzzo erano circa : 9 mila residenti ed 8 mila con permesso di soggiorno. Nel 2001 gli stranieri soggiornanti in Italia diventano residenti e con permesso di soggiorno, in Abruzzo diventano residenti e con permesso di soggiorno. A gennaio 2007 gli stranieri residenti in Italia diventano oltre ; in Abruzzo sono oltre , con un incremento del 64,5% rispetto agli ultimi 15 anni; gli stranieri con permesso di soggiorno sono Esaminando i dati degli immigrati, disaggregati per sesso, si rileva che dal 2001 le femmine hanno superato i maschi: nel 2006 le femmine con unità (53%, più unità sull'anno precedente) prevalgono sensibilmente sui maschi che, con unità, rappresentano il 47% (più unità sull'anno precedente). A gennaio 2007, le femmine, con unità, (il 53% del totale, più unità sull'anno precedente), prevalgono sensibilmente sui maschi che, con unità, rappresentano il 47% (più unità sull'anno precedente). Dalla suddivisione dei dati per nazionalità, a gennaio 2007, si osserva come in regione siano presenti immigrati extracomunitari, provenienti da ben 150 Paesi. In particolar modo, fra le principali nazionalità presenti sul territorio regionale, i più numerosi sono gli Albanesi con unità, pari al 22,6 % del totale regionale; seguono i Rumeni, i Macedoni, i Marocchini, i Cinesi, gli Ucraini, Polacchi e Serbi. Consistente è la presenza di immigrati provenienti dai paesi dell est europeo. Fra i paesi asiatici si registra la sensibile presenza dei Cinesi mentre, fra le nazioni africane, i Marocchini sono i più numerosi. Solo le nazionalità suindicate rappresentano il 72% del totale immigrati, mentre il restante 28% ricomprende immigrati di oltre 140 nazionalità differenti. Vi sono inoltre consistenti arrivi da Paesi con presenza di emigrati italiani, come la Germania, la Francia, l Argentina, il Venezuela, il Brasile; ciò lascia pensare ad una immigrazione di ritorno in patria, di cittadini italiani e dei loro discendenti. L analisi dei dati a livello provinciale, pone in risalto la notevole presenza di immigrati residenti in provincia di Teramo che, con unità, ha superato la provincia di L Aquila (14.099), segue quindi la provincia di Chieti con ed infine Pescara con unità. 10

11 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese Grafico 1.1. Popolazione residente in Abruzzo dal 1951 POPOLAZIONE RESIDENTE IN ABRUZZO DAL Grafico 1.2. Popolazione residente in Italia dal 1951 POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA DAL

12 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese Tabella 1.3. Popolazione residente in Abruzzo per provincia Anni (valori assoluti) ANNI PROVINCE L Aquila Teramo Pescara Chieti ABRUZZO ITALIA * *Stima Fonte: ISTAT Tabella Tassi generici di natalità, mortalità e nuzialità per provincia Anni (per abitanti) PROVINCE NATALITÀ MORTALITÀ NUZIALITÀ E REGIONI * * * 2007* L'Aquila 8,2 7,9 7,7 8,0 10,9 11,3 10,7 11,0 3,1 3,3 3,7 3,5 Teramo 9,1 9,4 8,7 9,0 9,5 10,0 9,1 9,3 3,9 4,0 4,0 3,7 Pescara 9,1 9,0 9,3 9,3 9,8 9,9 9,8 9,9 3,3 3,7 4,3 4,0 Chieti 8,1 8,3 8,3 8,5 10,2 10,3 10,6 10,8 3,6 3,8 4,2 3,8 Abruzzo 8,6 8,6 8,5 8,7 10,1 10,4 10,1 10,3 3,5 3,7 4,1 3,8 Italia 9,7 9,5 9,5 9,5 9,4 9,7 9,5 9,4 4,3 4,3 4,2 4,1 * Stima Fonte: ISTAT 12

13 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese Tabella Tassi generici di migratorietà per provincia Anni (per abitanti) SALDO MIGRATORIO SALDO MIGRATORIO CON SALDO MIGRATORIO PER SALDO MIGRATORIO PROVINCE INTERNO L'ESTERO ALTRO MOTIVO TOTALE E REGIONI * * * * L'Aquila 1,7 2,9 0,4 0,3 6,3 3,9 3,5 8,5 0,5 0,0 0,0 0,6 8,5 6,8 3,9 9,4 Teramo 3,0 2,9 1,9 1,7 6,4 5,7 4,9 7,9-0,4 1,1 1,6 7,9 9,0 9,7 8,4 17,5 Pescara 3,9 4,6 4,6 4,5 4,0 3,2 2,5 5,5 0,2-0,5-0,2-0,2 8,1 7,3 6,9 9,8 Chieti 0,0 0,3 0,1 0,7 3,5 2,6 1,9 6,9 15,9 0,0 0,0 0,3 19,4 2,9 2,0 7,9 Abruzzo 2,1 2,5 1,7 1,8 4,9 3,7 3,1 7,1 4,9 0,2 0,3 2,0 11,9 6,4 5,1 10,9 Italia 0,4** 0,1** 0,3** 0,1** 6,5 4,4 3,7 6,6 2,6 0,6 2,2 0,1 9,6 5,2 6,2 6,6 *Stima. **Il fatto che per l'italia il saldo migratorio interno non risulti nullo è dovuto dallo sfasamento temporale di uno stesso evento che viene contabilizzato da comuni diversi in momenti diversi. Fonte: ISTAT Tabella Bilanci demografici per provincia Anni (per abitanti) ANNI PROVINCE L'Aquila Teramo Pescara Chieti Crescita totale ABRUZZO ITALIA ,8 8,6 7,4 17,3 10,4 9, ,4 9,1 6,4 0,9 4,6 5, ,9 8,0 6,4 0,3 3,5 6,2 2007* 6,4 17,2 9,2 5,6 9,3 6,7 *Stima. Fonte: ISTAT 13

14 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese 1.2. L invecchiamento della popolazione Il progressivo invecchiamento della popolazione è un fenomeno che sta caratterizzando l intero territorio nazionale, pur con alcune eccezioni e variabilità territoriali. Le cause di tale processo, senz altro numericamente molteplici e di natura complessa, sono comunque legate in buona parte a quei fenomeni di emigrazione che, nel passato dopoguerra, hanno riguardato le fasce degli italiani di età più giovane. Il depauperamento demografico che ha colpito il territorio ha infatti generato un vero e proprio effetto domino : a partire da un grave calo della presenza di manodopera esso ha altresì prodotto un influsso negativo sui comportamenti riproduttivi delle donne ed ha avuto ulteriori - proporzionali conseguenze sui livelli di natalità. Solo negli ultimi anni, le ingenti migrazioni dall estero stanno provvedendo a riequilibrare lievemente la struttura della popolazione, particolarmente in favore delle classi più giovanili ed adulte: gli stranieri residenti nel nostro Paese (1 gennaio 2007) hanno un età media di soli 30,9 anni. Analizzando gli aspetti statistici demografici relativi alla terza e quarta età, la regione che oggi accoglie il maggior numero di anziani ultrasessantacinquenni residenti è la Liguria, con il 27%, seguita da quasi tutte le altre regioni del Nord; in tale contesto l Abruzzo si colloca in una posizione intermedia, con il 21,4% di anziani. Nella odierna Regione Abruzzo, possiamo valutare territorialmente un livello di maggiore invecchiamento della popolazione soprattutto nella fascia montana, laddove più forte è stato in passato il processo di spopolamento; mentre viceversa, nella fascia costiera, la popolazione risulta essere più giovane, caratterizzata da una maggiore natalità e da una più bassa mortalità. Nella suddivisione per classe di età si può confrontare la distribuzione della popolazione abruzzese negli anni e con l'italia: I valori medi abruzzesi nel sono i seguenti: CLASSE DI ETA Meno di 15 anni (27,3% del totale) (16,7% del totale) anni (27,8%) (22,7% ) anni (64,4%) (66,4%) 65 anni e oltre (8,3%) (16,9%) CLASSE DI ETA Meno di 15 anni (13,5% del totale) (13,2% del totale) anni (17,7%) (17,0 %) anni (64,4%) (65,3%) 65 anni e oltre (8,3%) (21,3%) I valori medi italiani nel sono i seguenti: CLASSE DI ETA Meno di 15 anni (14,1% del totale) (14 % del totale) anni (17,2%) (16,4%) anni (66,4%) (66,0%) 65 anni e oltre (19,5%) (19,9%) 14

15 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese Nella suddivisione per classe di età e per sesso nel la popolazione abruzzese era così distribuita: CLASSE DI ETA MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE Meno di 15 anni (14,3%) (12,8%) (14%) (12,5%) anni anni e oltre (67,3%) (18,4%) (63,6%) (23,6%) (68,2%) (18,7%) (64,5%) (23,8%) Si può fare ricorso ad alcuni indicatori di sintesi particolarmente significativi per dare conto di alcuni aspetti fondamentali della struttura della popolazione abruzzese: Indice di vecchiaia: Indice di dipendenza: Anziani per un bambino: Indice di ricambio: INDICATORI DI SINTESI UTILIZZATI Rapporto percentuale tra la popolazione in età da 65 anni in poi e quella della classe 0-13 anni Rapporto percentuale tra la popolazione in età non lavorativa (0-13 e da 65 anni in poi) e quella della classe anni Numero di persone di 65 anni e più per ciascuna persona con meno di 6 anni Rapporto percentuale tra la popolazione della classe anni e quella della classe anni Per quel che concerne l indice di vecchiaia nella Regione, esso aumenta dal 42,5% nel 1961 a 112,1 nel 1991, passa a 146,9 nel 2001, prosegue fino a 174,3 nel 2006 contro una media italiana di 152,5. L indice di dipendenza degli anziani è cresciuto dal 47,1% nel 1991, a 52,4 nel 2001, per scendere al 50,7 nel 2006 contro una media italiana di 49,3. Il numero medio degli anziani per ogni bambino è cresciuto da 1,0 nel 1961 a 2,9 nel 1991, passando a 4,0 nel 2001, fino al 4,2 nel 2006, contro una media italiana di 3,5. L indice di ricambio è cresciuto dal 36,3% nel 1961 all 84,6 nel 1991, passando a 106,1 nel 2001; successivamente a tale annualità esso comincia a diminuire, scendendo a 97,7 nel 2005, contro una media italiana di 108,6, per poi risalire nel 2006 a 102,7, contro una media percentuale italiana di 111,9. I dati esposti indicano che il processo di invecchiamento della popolazione abruzzese, pur proseguendo nell ultimo quinquennio, stia mostrando tuttavia una certa tendenza alla stabilizzazione. Dal 2001 la popolazione della classe giovanile di età inferiore ai 15 anni si mantiene per tutto il quinquennio al di sopra del 13%, con un tasso di diminuzione molto basso ed attenuato rispetto al passato; lo stesso accade per la classe giovanile anni, che si mantiene intorno al 18%. Non possiamo ancora parlare di inversione di tendenza, ma ciò induce a ben sperare per il futuro, in un ripopolamento dei contingenti giovanili. L analisi dei dati ci mostra, in modo evidente, gli immancabili e conseguenti riflessi che il progressivo invecchiamento della popolazione produce sul ricambio generazionale regionale. Inoltre, si nota una progressiva diminuzione della classe di età 0-14 anni, scesa in vent anni di circa 7 punti percentuali, una relativa stabilità della classe anni ed un deciso aumento, di oltre 6 punti nello stesso periodo, della popolazione di 65 anni e oltre. Di conseguenza, registriamo un aumento pressoché doppio degli indici di vecchiaia e di ricambio della popolazione regionale. I profondi cambiamenti demografici in atto si accompagnano ad una paritetica trasformazione sociologica, qualitativa e quantitativa, delle strutture familiari, con una riduzione del numero di componenti per famiglia, l aumento dei single ed un drastico calo delle famiglie numerose. I figli, per lo più unici, dividono spesso la loro quotidianità con i nonni, piuttosto che con i propri fratelli o cugini. 15

16 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese Tabella 1.7. Popolazione residente in Abruzzo per classe di età Anni (composizione percentuale) ANNI CLASSI DI ETÀ (ANNI) Meno di e più Totale ,3 9,7 9,5 8,5 64,4 8,3 100, ,0 7,4 8,1 7,6 65,1 9,9 100, ,7 7,6 7,6 7,3 64,0 12,3 100, ,0 8,1 7,2 6,7 64,5 14,5 100, ,7 7,3 7,6 7,8 66,4 16,9 100, ,9 5,5 6,2 7,2 65,6 20,5 100, ,8 5,3 6,0 7,0 65,4 20,8 100, ,6 5,2 5,9 6,9 65,5 20,9 100, ,5 5,2 5,8 6,8 65,4 21,1 100, ,4 5,1 5,7 6,6 65,3 21,3 100, ,4 5,1 5,6 6,5 65,3 21,3 100,0 Fonte: ISTAT Tabella 1.8. Indici di struttura per età Anni ABRUZZO ITALIA ANNI Indice di vecchiaia Indice di dipendenza Anziani per bimbo Indice di ricambio Indice di vecchiaia Indice di dipendenza Anziani per bimbo Indice di ricambio ,3 46, ,5 49,4 1,0 59,0 41,9 47,7 1,0 58, ,4 52,6 1,3 73,5 49,1 52,1 1,1 75, ,7 51,3 2,0 57,2 66,8 49,3 1,8 50, ,1 47,1 2,9 84,6 105,2 42,6 2,6 76, ,9 52,4 4,0 106,1 131,4 49,0 3,4 116, ,7 50,5 4,1 105,1 143,9 47,6 3,4 118, ,2 50,4 4,1 103,7 146,0 47,9 3,5 116, ,6 50,5 4,1 101,7 148,3 48,3 3,5 113, ,7 50,8 4,2 97,7 150,5 48,9 3,5 108, ,3 50,7 4,2 102,7 152,5 49,3 3,5 111,9 Fonte: ISTAT 16

17 1. L evoluzione strutturale della popolazione abruzzese 17

18 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione LE DINAMICHE E GLI INDICATORI DEL MERCATO DEL LAVORO: I TASSI DI PARTECIPAZIONE 18

19 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione 2.1. La struttura dell offerta di lavoro Avvertenza sulle fonti statistiche utilizzate In merito agli indicatori più significativi, dai quali si può partire per comprendere le caratteristiche dell'offerta di lavoro in Abruzzo, va tenuto presente che, per quanto riguarda le serie storiche delle forze di lavoro, i valori dal 2003 e successivi possono presentare delle incongruenze se li si confronta con i valori degli anni precedenti, in conseguenza delle variazioni che sono state apportate dall Istat nelle metodologie dell indagine sulle forze lavoro. Se si tiene conto di queste precisazioni, e considerando che le serie storiche di alcune variabili più importanti, ad esempio quelle degli occupati, sono state già ricostruite, si può ugualmente compiere un esame storico delle modificazioni intervenute nel mercato del lavoro abruzzese, nel corso degli anni. Struttura dell offerta di lavoro I cambiamenti avvenuti nella struttura demografica della popolazione negli ultimi decenni, quali invecchiamento della popolazione e scarsa natalità, hanno influito decisamente sull offerta di lavoro, anche se, negli anni più recenti, si è assistito ad una più rapida trasformazione delle tendenze di fondo che hanno determinato un rinvigorimento complessivo del mercato del lavoro. Gli elementi che hanno contribuito alla ripresa dell offerta di lavoro, anche in Abruzzo, sono riassumibili in: immigrazione di forza lavoro, soprattutto giovanile, presenza femminile nel mercato del lavoro e flessibilizzazione dei rapporti di lavoro. E proprio quest ultimo l elemento più rappresentativo della dinamicità del lavoro, anche se, ad una apparente positività, corrisponde l innesco di effetti negativi e di precarietà, che necessiterebbero la presenza di adeguati e rinnovati strumenti di politica del lavoro. Dopo la fase del boom economico degli anni cinquanta, il livello dell occupazione e delle forze di lavoro è dunque tornato a crescere solo tra la fine degli anni Novanta e l inizio del Duemila. Analizzando i dati si nota come in Abruzzo le forze di lavoro siano passate da 533 mila nel 2006 a 536 mila nel In ambito provinciale, si rispecchia in quasi tutta la Regione la crescita delle forze lavoro ad eccezione di Pescara, dove tuttavia il calo è minimo. La scomposizione dell aggregato fa però emergere comportamenti diversi: nella provincia di L'Aquila, nel 2007 cresce il numero degli occupati e delle persone alla ricerca di lavoro; nelle altre province si registra un aumento degli occupati a fronte di una diminuzione del numero delle persone in cerca di occupazione. L aumento delle forze di lavoro è correlato all incremento della componente degli occupati, (da a ), mentre si registra una diminuzione delle persone in cerca di occupazione (da 35 mila a 34 mila). Tra queste ultime si nota soprattutto un calo dei maschi mentre cresce, anche se di sole unità, il numero delle donne. Lo stesso andamento risulta comune sia per l Italia Centrale che per l Italia nel complesso generale. Non possiamo dire lo stesso dell Italia Meridionale, dove gli occupati tra il 2006 e il 2007 sono rimasti invariati ( ), ciononostante sono diminuite le persone in cerca di occupazione (da 909 mila a 808 mila). Il tasso di attività, dopo una diminuzione drastica e costante, durata oltre un secolo e mezzo, tra il 1971 ed il 2001, inverte la tendenza e torna a risalire, negli anni più recenti, per effetto dello sviluppo economico della regione e della accresciuta partecipazione della componente femminile alla attività lavorativa. I tassi di attività relativi alla popolazione in età lavorativa anni, registrano, tra il 2005 e il 2006, una lievissima riduzione, portandosi dal 62,2% al 61,7%, rimanendo invariati nel Si tratta di una tendenza comune a tutta la media italiana e soprattutto del comparto meridionale. 19

20 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Il tasso di attività per età nel 2007 vede la classe di età anni con il 28,1% in aumento sull anno precedente, la classe di età anni col 73,2%, in lieve diminuzione rispetto al 2006 e la classe di età anni col 61,7%, invariata. La distanza dai valori della media dei 25 Paesi membri dell Unione Europea resta dunque consistente: già nel 2005 il tasso UE superava il 70% e per la componente femminile era pari al 62,5%. Sul fronte della disoccupazione in Abruzzo, dopo una tendenza alla crescita durata pressoché un quarantennio, ovvero dai primi anni Sessanta alla fine degli anni Novanta, registriamo, a partire dal 2000, un orienamento alla diminuzione delle persone in cerca di occupazione, trend che prosegue tutt ora. La diminuzione nel 2006, rispetto al 2005, è del 16,7%, contro una diminuzione media nazionale dell 11,4%, la diminuzione nel 2007, rispetto al 2006, è del 5,7%, contro una diminuzione media nazionale del 10,0%. L abbandono della ricerca attiva di occupazione, nella attuale congiuntura storica, nasce in parte da una economia che si fa meno dinamica e che genera un conseguente fenomeno di perdita di fiducia nel mercato del lavoro, cui corrisponde una ulteriore diminuzione dei contingenti giovanili ed un aumento della durata del percorso degli studi. Nel 2007, se si considera il dato dell esperienza lavorativa, delle unità abruzzesi in cerca di lavoro, possiedono già una pregressa esperienza, mentre ne risultano prive; a grandi linee, queste due nuove categorie (personale con o senza esperienza di lavoro) dovrebbero corrispondere rispettivamente alle due vecchie liste dei disoccupati e delle persone in cerca di prima occupazione. Nella suddivisione per classi di età, l 81,8% delle persone in cerca di lavoro ha un età che va oltre i 25 anni, mentre il restante 21,2% ha un età compresa tra 15 e 24 anni. Nella suddivisione per titolo di studio delle persone in cerca di occupazione, sono in possesso di laurea, risultano diplomati, risultano con qualifica senza accesso, hanno raggiunto la licenza media inferiore, hanno ottenuto la sola licenza elementare. Il tasso di disoccupazione Eurostat in Abruzzo dal 1993 al 1996 cresce dall 8,9% al 9,6%, per stabilizzarsi intorno al 9,5% nel , balza oltre il 10% nel 1999, crolla nel 2000 al 7,8% e nel 2001 scende ancora fino al 5,8%, di molto inferiore alla media nazionale (9,5% nel 2001). Nel 2004 torna a salire al 7,9% e tale si mantiene anche nel 2005, contro il 7,7% della media nazionale; nel 2006 scende ulteriormente al 6,5% e nel 2007 al 6,2%. Nella analisi per sesso, il tasso di disoccupazione maschile è nel 2007 del 3,9% (4,6% nel 2006) e quello femminile del 9,8% (9,5% nel 2006). Per classi di età, il tasso di disoccupazione è del 17,2% (21% nel 2006) nella classe anni e 5,3% (5,4% nel 2006) in quella di 25 anni ed oltre. Territorialmente, la disoccupazione per provincia ha avuto un andamento differenziato nel corso del decennio: L Aquila aveva all inizio degli anni 90 il tasso di disoccupazione più basso (7,0%), Teramo (12,9%), Pescara (8,9%) e Chieti (8,9%) quello più alto. Alla fine del decennio, in un quadro di miglioramento generale, la provincia di Teramo presenta i dati migliori e raggiunge il tasso più basso di disoccupazione (4,4%); anche Pescara (5,2%) migliora notevolmente e passa al secondo posto, Chieti (5,8%) si classifica in terza posizione, mentre peggiora L Aquila che presenta ora il tasso più alto (7,8%). La classe di età più rappresentativa è indubbiamente, per tutte le province abruzzesi, quella tra 15 e 24 anni, ed è L Aquila a detenere il primato. Le non forze di lavoro nel 2007 sono (contro nel 2006), sono quelle in età anni, quelle in età 15 anni e più. L'apporto della popolazione straniera diventa consistente, nel 2006 l'abruzzo contava residenti e con permesso di soggiorno, nel 2005 erano residenti e con permesso di soggiorno, mentre nel 1992 gli stranieri residenti in Abruzzo erano circa e i permessi di soggiorno La popolazione abruzzese in età lavorativa 15 anni e più nel 2007 è costituita da persone, nel 2006 era di persone; mentre quella di 15 anni-64 anni nel 2007 è costituita da persone, nel 2006 era di persone. I dati sulla popolazione immigrata in età lavorativa di 15 anni e più si riferiscono al 2006 e sono con un aumento di circa unità rispetto al 2005; mentre la popolazione immigrata in età lavorativa di anni nel 2006 è di e nel 2005 era di unità, con un incremento di unità. 20

21 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Tavola Popolazione di 15 anni e oltre per regione, ripartizione, condizione professionale e sesso Anni (dati in migliaia) CONDIZIONE PROFESSIONALE ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE FORZE LAVORO Occupati Persone in cerca di occupazione INATTIVI POPOLAZIONE 15 ANNI E PIÙ ITALIA CENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE FORZE LAVORO Occupati Persone in cerca di occupazione INATTIVI POPOLAZIONE 15 ANNI E PIÙ ITALIA MERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE FORZE LAVORO Occupati Persone in cerca di occupazione INATTIVI POPOLAZIONE 15 ANNI E PIÙ ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE FORZE LAVORO Occupati Persone in cerca di occupazione INATTIVI POPOLAZIONE 15 ANNI E PIÙ Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 21

22 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Tavola (segue) - Popolazione di 15 anni e oltre per provincia, condizione professionale e sesso Anni (dati in migliaia) CONDIZIONE PROFESSIONALE L'AQUILA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE FORZELAVORO Occupati Persone in cerca di occupazione INATTIVI POPOLAZIONE 15 ANNI E PIÙ TERAMO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE FORZELAVORO Occupati Persone in cerca di occupazione INATTIVI POPOLAZIONE 15 ANNI E PIÙ PESCARA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE FORZELAVORO Occupati Persone in cerca di occupazione INATTIVI POPOLAZIONE 15 ANNI E PIÙ CHIETI MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE FORZELAVORO Occupati Persone in cerca di occupazione INATTIVI POPOLAZIONE 15 ANNI E PIÙ Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro Tavola Forze di lavoro per titolo di studio e sesso in Abruzzo Anno 2007 (dati in migliaia) TITOLO DI STUDIO MASCHI FEMMINE TOTALE Licenza elementare Licenza media Diploma 2 3 anni Diploma 4 5 anni Laurea breve, laurea, dottorato Totale Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 22

23 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Grafico 2.3. Popolazione attiva in Abruzzo dal 1861 Fonte: ISTAT, Censimenti della popolazione, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 590 POPOLAZIONE ATTIVA IN ABRUZZO DAL Migliaia NUOVA Anni SERIE Grafico 2.4. Popolazione attiva in Italia dal 1861 Fonte: ISTAT, Censimenti della popolazione, Rilevazione sulle Forze di Lavoro POPOLAZIONE ATTIVA IN ITALIA DAL Migliaia NUOVA Anni SERIE 23

24 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Tavola 2.5. Tassi di attività in età anni per regione, ripartizione e sesso Anni (valori percentuali) RIPARTIZIONI MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE ABRUZZO 73,1 51,2 62,2 73,9 49,4 61,7 74,4 49,0 61,7 ITALIA CENTRALE 75,2 55,5 65,2 76,3 56,0 66,0 76,0 55,8 65,8 ITALIA MERIDIONALE 69,9 37,5 53,6 69,3 37,3 53,2 68,4 36,6 52,4 ITALIA 74,4 50,4 62,4 74,6 50,8 62,7 74,4 50,7 62,5 UE15* Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro * Fonte: Employment in Europe Tavola Tassi di attività per classe di età, sesso e provincia Anno 2007 (valori percentuali) CLASSI DI ETÀ L AQUILA TERAMO PESCARA CHIETI ABRUZZO MASCHI anni 33,1 42,8 29,3 35,1 35, anni 81,9 88,6 80,9 87,6 85, anni 93,7 94,4 95,9 98,4 95, anni 92,0 91,8 91,0 94,2 92,3 55 anni e oltre 21,3 22,3 19,9 22,3 21,5 Totale anni 72,5 76,9 72,4 75,5 74,4 Totale 57,7 61,3 57,8 59,8 59,2 FEMMINE anni 19,0 23,7 22,9 17,8 20, anni 61,1 60,9 56,7 63,8 61, anni 75,1 64,4 52,1 70,2 65, anni 67,6 57,6 59,2 59,4 60,9 55 anni e oltre 8,4 9,8 8,8 8,7 8,9 Totale anni 52,1 49,7 43,7 50,3 49,0 Totale 37,8 37,3 32,3 36,8 36,1 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 24

25 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Grafico 2.7. Tassi di attività in età anni per provincia, regione, ripartizioni negli anni ,0 60,0 50,0 40, ,0 20,0 10,0 0,0 L'AQUILA TERAMO PESCARA CHIETI ABRUZZO ITALIACENTRALE ITALIAMERIDIONALE ITALIA UE15* Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 25

26 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Grafico 2.8. Persone in cerca di occupazione in Abruzzo dal PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE IN ABRUZZO DAL 1951 Disoccupazione allargata - Eurostat Grafico Migliaia Anni Serie1 Serie2 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro Grafico 2.9. Persone in cerca di occupazione in Italia dal PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE IN ITALIA DAL 1951 Disoccupazione allargata - Eurostat Grafico 37A Migliaia Anni Serie1 Serie2 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 26

27 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Grafico Tasso di disoccupazione in Abruzzo e Italia dal 1960 TASSO DI DISOCCUPAZIONE IN ABRUZZO E ITALIA DAL 1960 Tasso allargato - Eurostat Grafico % NUOVA Abruzzo1 Italia1 Abruzzo2 Italia2 SERIE EUROSTAT Anni Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 27

28 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione 2.2 I dati dei Centri Per l Impiego Per il 2007, nell ambito della Regione Abruzzo, sono stati complessivamente avviati lavoratori, con unità in più rispetto al 2006 ed un incremento percentuale del 31,5%. La classe di età maggiormente caratterizzata dagli avviamenti è stata quella compresa tra 19 e 30 anni, che ha rappresentato il 38,7% delle assunzioni totali. I rami di attività risultati prevalenti sono stati nell ordine: Industria ed Artigianato, cui sono seguite altre attività terziarie e professionali, Commercio, Alberghi e Ristoranti. Significativi sono i dati sulla tipologia del rapporto di lavoro: nel 2007 i contratti di assunzione a tempo determinato sono stati , pari al 59,7% del totale, 4,5 punti percentuali in più rispetto al 2006; i contratti a tempo indeterminato risultano corrispondenti a , pari al 34,4%, percentuale stabile rispetto al 2006; i contratti di apprendistato e gli altri tipi di assunzione sono stati (5,9%), con 4 punti percentuali in meno rispetto al Da tali dati si evince che nel 2007 i contratti di forma atipica hanno rappresentato il 65,6% delle assunzioni in Abruzzo, ed è un dato che conferma quanto registrato nel 2006, poiché anche in detta annualità la forma atipica ha rappresentato la tipologia contrattuale maggiormente utilizzatata, percentualmente identica al Analizzando la durata del contratto, si può notare che il 33,2% degli avviati è impiegata per un periodo di tempo che non supera i 3 mesi ed il 57% non va oltre i 12 mesi di attività. In sintesi, oltre la metà degli avviati in Abruzzo nel 2007 ha una durata contrattuale inferiore ad un anno. A livello provinciale, le assunzioni part time costituiscono il 10,9% del totale in provincia di L Aquila, l 11,5% in quella di Chieti, il 19,4% neul Teramano. Non vi è ancora disponibilità dei dati per la provincia di Pescara. Poiché gli avviamenti risultano complessivamente a livello regionale , si può dedurre che un lavoratore è stato assunto in media 1,5 volte nell anno considerato. Le cessazioni registrate sono , pertanto risulta un saldo annuale di Nel 2007 risultano avviati al lavoro in Abruzzo stranieri, pari al 17,7% degli avviati totali, dei quali maschi (61,5%) e femmine (38,5%). Anche per i lavoratori stranieri la classe di età maggiormente interessata dagli avviamenti risulta quella tra 19 e i 30 anni, con il 42% del totale. E interessante osservare che, per quanto riguarda la classe di età anni, il 48,2% del totale degli avviati è rappresentato da popolazione autoctona, mentre per gli stranieri la percentuale balza al 71,3%. Dunque, i livelli occupazionali regionali sono sempre più caratterizzati dalle classi di lavoratori medio-giovani straniere, rispetto alle forze lavoro originarie - locali. Ciò rappresenta una conferma della preferenza delle aziende italiane ad assumere personale estero. Nel 2007 si registra un exploit di assunzioni di rumeni, che da soli rappresentano il 36,7% del totale degli avviati stranieri; cui seguono i lavoratori di nazionalità albanese con il 10,2%, i marocchini (9,3%), i polacchi (5,4% ), i cinesi (5,2%). 28

29 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione I Comuni nei quali si sono verificati i maggiori avviamenti nel 2007 in valori assoluti sono: per la Provincia di Teramo: Teramo, Roseto degli Abruzzi, Giulianova, Alba Adriatica, Silvi; per la Provincia di Chieti: Chieti, Lanciano, Vasto, Atessa, San Salvo; per la Provincia di L Aquila: L Aquila, Avezzano, Sulmona, Celano, Luco dei Marsi; per la Provincia di Pescara: Pescara, Montesilvano, Cepagatti, Spoltore, Città Sant Angelo. Tavola Lavoratori avviati per fascia di età - anno 2007 REGIONE ABRUZZO Lavoratori avviati per fascia di età - anno 2007 fino a 18 anni da 19 a 30 anni da 31 a 39 anni da 40 a 60 anni oltre 60 anni Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale % per provincia fino a 18 anni da 19 a 30 anni da 31 a 39 anni da 40 a 60 anni oltre 60 anni Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale M+F Lavoratori avviati per fascia di età - anno 2007 % fasce d'età fino a 18 anni da 19 a 30 anni da 31 a 39 anni da 40 a 60 anni oltre 60 anni Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Fonte: Centri Per l Impiego 29

30 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Tavola Lavoratori avviati per durata del contratto - anno 2007 Lavoratori avviati per durata del contratto - anno 2007 (valori assoluti) minore di 1 mese da 1 a 3 mesi da 4 a 6 mesi da 7 a 12 mesi oltre 12 mesi Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale Lavoratori avviati per durata del contratto - anno 2007 % per durata del contratto minore di 1 mese da 1 a 3 mesi da 4 a 6 mesi da 7 a 12 mesi oltre 12 mesi Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale M+F Lavoratori avviati per tipologia di contratto - anno 2007 (valori assoluti) a tempo determinato a tempo indeterminato apprendistato Totale maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale Lavoratori avviati per tipologia di contratto - anno 2007 % per tipologia di contratto a tempo determinato a tempo indeterminato apprendistato Totale maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale Fonte Centri Per l Impiego 30

31 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Tavola Lavoratori stranieri avviati anno 2007 REGIONE ABRUZZO Lavoratori stranieri avviati per fascia di età - anno 2007 fino a 18 anni da 19 a 30 anni da 31 a 39 anni da 40 a 60 anni oltre 60 anni Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale % per provincia fino a 18 anni da 19 a 30 anni da 31 a 39 anni da 40 a 60 anni oltre 60 anni Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale Lavoratori stranieri avviati per fascia di età - anno 2007 % per fasce d'età fino a 18 anni da 19 a 30 anni da 31 a 39 anni da 40 a 60 anni oltre 60 anni Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale Fonte Centri Per l Impiego 31

32 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Tavola Lavoratori stranieri avviati per durata del contratto - anno 2007 Lavoratori stranieri avviati per durata del contratto - anno 2007 (valori assoluti) minore di 1 mese da 1 a 3 mesi da 4 a 6 mesi da 7 a 12 mesi oltre 12 mesi Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale Lavoratori stranieri avviati per durata del contratto - anno 2007 % per durata del contratto minore di 1 mese da 1 a 3 mesi da 4 a 6 mesi da 7 a 12 mesi oltre 12 mesi Totali maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale M+F Lavoratori stranieri avviati per tipologia di contratto - anno 2007 (valori assoluti) a tempo determinato a tempo indeterminato apprendistato Totale maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale Lavoratori stranieri avviati per tipologia di contratto - anno 2007 % per tipologia di contratto a tempo determinato a tempo indeterminato apprendistato Totale maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale maschi femmine totale Chieti L'Aquila Pescara Teramo Totale generale Fonte Centri Per l Impiego 32

33 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione 2.3 La femminilizzazione del mercato del lavoro Il mondo del lavoro ha assunto anche nella nostra Regione, negli ultimi anni, una tendenza alla femminilizzazione, con un apporto di forza lavoro di genere femminile sempre più consistente. La spiccata propensione alla partecipazione al mercato del lavoro di questa componente si è accentuata a partire dai primi anni Novanta, quando le donne erano poco più del 35% della occupazione totale, fino a raggiungere livelli notevoli di partecipazione negli anni Duemila, con quasi il 39%. In termini assoluti, le donne che lavorano sono passate da poco più di 150 mila, nei primi anni Novanta, a 191 mila nel 2007, con un progressivo e costante aumento negli ultimi anni. Si tratta del segnale più significativo di un mercato del lavoro in continua evoluzione socio - economica. A partire da tale constatazione si può arrivare a descrivere un mercato del lavoro dove la compagine femminile sta, seppur lentamente, favorendo lo sviluppo di tipologie e modalità di lavoro più congeniali alle esigenze delle donne, soprattutto in termini di orario. Tuttavia siamo ancora agli inizi, in quanto in alcuni settori chiave dell economia esistono forti resistenze e discriminazioni tra i sessi, resiste la presenza del cosiddetto tetto di cristallo che determina una scarsa presenza delle donne in luoghi apicali di potere e per figure professionali di genere prettamente maschile, e laddove, in generale, risultano ancora essere poco adeguate le misure cautelative adottate nei confronti delle donne e delle mamme - lavoratrici. A causa delle profonde trasformazioni della società, della famiglia e delle dinamiche del mondo del lavoro, va difatti sottolineata la maggiore difficoltà riscontrata dal genere femminile, rispetto a quello maschile, del soddisfacimento delle proprie esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Nonostante l affermazione delle donne sulla scena lavorativa, i dati sull occupazione del 2007 ci parlano di una diminuzione delle lavoratrici che diventano rispetto alle unità presenti nel 2006, quando i maschi passano da a A tale calo numerico corrisponde però un aumento delle donne in cerca di occupazione, da a , mentre i maschi diminuiscono da a In tale contesto, l aumento delle forze di lavoro ha interessato maggiormente la componente maschile piuttosto che quella femminile: a livello provinciale si ha addirittura una riduzione delle cifre nella provincia di Teramo ( nel 2006 e nel 2007) come pure a Pescara, mentre aumentano lievemente a L Aquila e Chieti. Disaggregando le forze di lavoro per titolo di studio e per sesso, si nota come le donne siano più scolarizzate dei colleghi maschi. Un analisi dei dati sulla popolazione abruzzese in età lavorativa di 15 anni e più, nel 2007, mostra che su persone il 51,7% è rappresentato dal sesso femminile, mentre la popolazione in età lavorativa di anni nel 2007 è costituita da maschi e femmine. Risulta interessante analizzare il tasso di attività per età e per sesso, che vede la classe di età anni rappresentata con il 35,2% per i maschi e con il 20,8% per le femmine; la classe di età di anni con l'85,1% per i maschi ed il 61,1% per le femmine e la classe di età anni col 74,4% per i maschi e il 49,0% per le femmine. Nel 2007 il numero delle persone in cerca di occupazione per provincia è così distribuito: sono le donne teatine ad essere maggiormente impegnate nella ricerca di lavoro (6.000), seguono quelle di L Aquila e Pescara con attive, ultima è la provincia di Teramo, con unità. I maschi, in numero inferiore, presentano maggiori difficoltà di occupazione a L Aquila e meno a Pescara. Riguardo alla durata del periodo di disoccupazione, le persone in cerca di lavoro da 12 mesi ed oltre (altrimenti dette disoccupati di lunga durata ) sono così suddivise: unità di genere maschile e di genere femminile, che rappresentano il 46,4% e il 44,5% del rispettivo totale delle persone alla ricerca di un lavoro. Il genere femminile è colpito da maggiori tassi di disoccupazione rispetto a quello maschile: nel 2007 gli uomini sono presenti nelle liste dei Centri per l Impiego in misura del 3,9 %; mentre le femmine sono il 9,8%, comunque in calo rispetto all anno precedente e presenti maggiormente nella classe di età anni. Territorialmente, le forze di lavoro per provincia e per sesso sono così distribuite: nel 2007 a L Aquila sono maschi e femmine, a Teramo sono maschi e femmine, a Pescara sono maschi e femmine, a Chieti sono maschi e femmine. Nel 2007, il tasso di attività distinto per provincia e per sesso è il seguente: per i maschi, a L Aquila è del 57,7%, a Teramo del 61,3%, a Pescara del 57,8%, a Chieti del 59,8%, mentre per le femmine a L Aquila è del 37,8%, a Teramo del 37,3%, a Pescara del 32,3%, a Chieti del 36,8%. 33

34 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Analizzando i dati relativi al tasso di disoccupazione a livello territoriale, non emergono grosse differenze tra le quattro province. L Aquila detiene il primo posto con il 10,3 % di disoccupate, segue Pescara con il 10% e Chieti con il 9,9%, solo Teramo si discosta lievemente dalle altre con l 8,9% di disoccupate. La provincia aquilana ha anche il più alto tasso di disoccupazione tra i maschi, maggiormente nella classe di età compresa tra 15 e 24 anni. Tavola Tassi di crescita della popolazione attiva in età anni e dei tassi di attività in età anni per sesso, regione e ripartizione Anni (valori percentuali) TASSI DI CRESCITA % ANNI 2004/2005 RIPARTIZIONI POPOLAZ. ATTIVA ANNI TASSI DI ATTIVITA' ANNI MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE ABRUZZO 1,58 4,13 2,61 0,55 3,02 1,63 ITALIACENTRALE 0,23 1,29 0,68-0,53 0,73 0,00 ITALIAMERIDIONALE -0,16-2,96-1,16-0,57-3,10-1,29 ITALIA 0,65-0,07 0,35-0,13-0,40-0,16 UE15 0,00 1,46 0,71 TASSI DI CRESCITA % ANNI 2005/2006 RIPARTIZIONI POPOLAZ. ATTIVA ANNI TASSI DI ATTIVITA' ANNI MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE ABRUZZO 1,29-3,23-0,57 0,80-1,80-0,50 ITALIACENTRALE 2,01 1,21 1,67 1,10 0,50 0,80 ITALIAMERIDIONALE -0,90-0,42-0,73-0,60-0,20-0,40 ITALIA 0,59 1,06 0,78 0,20 0,40 0,30 UE15 TASSI DI CRESCITA % ANNI 2006/2007 RIPARTIZIONI POPOLAZ. ATTIVA ANNI TASSI DI ATTIVITA' ANNI MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE ABRUZZO 1,37-0,13 0,77 1,37-0,13 0,77 ITALIACENTRALE 1,58 1,60 1,59 1,58 1,60 1,59 ITALIAMERIDIONALE -1,12-1,74-1,34-1,12-1,74-1,34 ITALIA 0,26 0,25 0,26 0,26 0,25 0,26 UE15 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 2.4 La manodopera immigrata La popolazione immigrata sta incrementando e ringiovanendo sempre più il mercato del lavoro. Gli immigrati, pertanto, costituiscono in definitiva una vera e propria risorsa, di carattere demografico e lavorativo, in un Paese che presenta attualmente un tasso di crescita zero e nel quale molti, tra i lavori più duri e faticosi, eppur utili ed importanti per la collettività, vengono rifiutati da italiani. E per questo motivo che l Istat, da quest anno, ha promosso ed avviato una analisi disaggregata dei dati sulle forze lavoro, che vengono distinte tra quelle italiane e quelle di provenienza straniera, ciò al fine di consentire una più approfondita analisi della struttura, della natura e della diversificazione della partecipazione al mercato del lavoro della manodopera immigrata. I dati sulla popolazione straniera, al termine del 2006 annoveravano in Italia residenti, in Abruzzo contavano residenti ( maschi e femmine) con un incremento di oltre 4 mila unità rispetto al 2005, di cui con permesso di soggiorno. Solo nel 1992 gli stranieri residenti in Abruzzo erano appena unità (5.505 maschi e femmine). La popolazione immigrata in età lavorativa tra anni, al termine del 2006, era di unità, ( maschi e femmine), mentre nel 2005 era di unità, ( maschi e femmine). 34

35 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione Ad oggi, i dati sulle forze di lavoro immigrate non sono stati ancora disaggregati per regione; tuttavia, a livello nazionale, le stime più recenti fornite dall ISTAT indicano che in Italia le forze lavoro di origine straniera nel 2007 ammontano a mila unità (1.502 mila occupati e 136 mila persone in cerca di occupazione) e costituiscono il 6,6 per cento dell offerta complessiva di lavoro, in costante crescita, contro il 6,0% del 2006 e il 4,5% del Secondo l ipotesi che la media regionale dell'abruzzo non debba discostarsi di molto dai valori della media nazionale, approssimativamente, le forze lavoro straniere dovrebbero aggirarsi intorno alle unità contro le unità nel In ordine allo stesso canone di stima, per quanto concerne gli occupati stranieri per il 2007, otterremmo le seguenti cifre: circa unità contro le unità del 2006, cui si aggiungerebbero circa persone in cerca di occupazione nel 2007, come nel Il tasso di occupazione degli stranieri risulta essere superiore a quello degli italiani, con una maggiore partecipazione al mercato del lavoro rispetto ai colleghi italiani: il loro tasso di attività nel 2007 è pari al 66,1 per cento, superiore di circa 20 punti percentuali rispetto a quello riferito alla popolazione italiana. Lo scarto in favore degli stranieri è presente in tutte le ripartizioni e, all interno di queste è tale sia per gli uomini sia per le donne, con l eccezione della componente femminile del Nord. La significativa distanza tra i tassi di partecipazione al mercato del lavoro deriva soprattutto dalla differenza degli elementi considerati rispetto al grado di inserimento nell occupazione. La quota di popolazione, in età lavorativa occupata, è di circa nove punti percentuali più elevata per la componente straniera rispetto a quella degli italiani. Nell ambito italiano, se si considera il dato sul sesso, il differenziale a favore degli stranieri è particolarmente ampio per la componente maschile, con un tasso di occupazione superiore di oltre 24 punti percentuali: per gli uomini, infatti, il lavoro rappresenta il principale viatico d ingresso nel nostro Paese. Invece, il tasso di occupazione femminile è relativamente più vicino a quello delle donne italiane. Differenze molto ampie si riscontrano nella partecipazione al mercato del lavoro delle donne, al variare della nazionalità. La più elevata incidenza dell occupazione straniera può essere ricondotta sia alla sua specifica struttura per età sia a differenze di comportamento, che emergono dall esame dei relativi tassi specifici. Se si considera la posizione nella professione, l'84% degli stranieri occupati lavora in qualità di dipendente, la distribuzione per settori di attività economica vede una elevata presenza straniera nelle costruzioni e nei servizi alla famiglia, quindi abbiamo più stranieri dipendenti e occupati nell industria, inoltre un terzo degli occupati stranieri nei servizi lavora nel commercio, alberghi e ristoranti; si hanno professionalità specifiche, a seconda del paese di provenienza, anche se, generalmente, il lavoro non qualificato interessa i tre quarti degli immigrati. Edilizia, commercio e servizi domestici sono i settori in cui prevalgono i rumeni, la gran parte degli ucraini è occupata nei servizi domestici, mentre è forte la presenza della comunità cinese nel commercio e nella produzione tessile. Riguardo la nazionalità, il 90 per cento dei lavoratori stranieri proviene da paesi non Ue. La parte preponderante è rappresentata dagli europei, in particolare rumeni e albanesi in forte aumento, che concentrano la propria attività nel Centro-nord. Tra il i lavoratori domestici regolari sono più che raddoppiati, dato che aumenta la domanda di servizi alla persona da parte delle famiglie. Vi sono dunque lavori che tendono ad essere diffusamente coperti dalla popolazione straniera presente sul mercato del lavoro, a conferma di un inserimento della forza lavoro straniera nel segmento inferiore del mercato del lavoro italiano, dove le attività sono poco allettanti, spesso svolte con orari disagevoli e scarse opportunità di carriera. Il lavoro autonomo rappresenta per gli stranieri uno sbocco occupazionale di rilievo, talvolta come attività solo formalmente autonoma, talvolta, invece, come sintomo di una vitalità imprenditoriale frutto di un reale processo di integrazione nel paese di accoglienza. Quasi il 5% degli imprenditori è uno straniero non Ue; gli imprenditori stranieri sono in media più giovani di quelli italiani ed aumentano le imprenditrici provenienti dall'asia. L'imprenditoria straniera non Ue è attiva soprattutto nel commercio, alberghi e ristorazione; al Nord prevalgono gli imprenditori europei e africani, al Centro soprattutto gli asiatici. L incidenza del lavoro a tempo determinato degli stranieri non è di molto superiore all analogo segmento di nazionalità italiana. Questa situazione è in parte determinata dallo stretto legame tra il rinnovo del permesso di soggiorno dei lavoratori non Ue e la durata del contratto di lavoro. Per quanto riguarda la scolarizzazione, solo poco più 35

36 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione del 10% dei giovani immigrati risulta inserito all interno del sistema formativo nazionale, mentre al contrario, metà degli stranieri, soprattutto gli adulti, possiede un livello di istruzione superiore. Circa la metà degli occupati stranieri è in possesso di un titolo di studio assimilabile ad almeno un diploma; per gli italiani la corrispondente proporzione è di sei ogni dieci. Per quel che riguarda la distribuzione territoriale, poco meno dei due terzi dell occupazione straniera si concentra nel Nord, un quarto al Centro e poco più del 10% nel Mezzogiorno. Altre caratteristiche degli stranieri riguardano gli spostamenti all interno del territorio, interessati da una maggior mobilità rispetto ai nostri connazionali. Tra le principali cause di tale dinamicità c è sicuramente la questione lavorativa, che inoltre favorisce la possibilità dei ricongiungimenti familiari. Sul fronte della disoccupazione, il tasso di disoccupazione degli stranieri è di poco superiore a quello degli italiani, che è particolarmente concentrata tra le donne e nelle regioni settentrionali. Infatti, mentre la disoccupazione italiana è ampiamente localizzata nel Mezzogiorno, quella straniera trova il suo bacino più ampio nei territori maggiormente sviluppati e che offrono più occasioni di impiego. Un altro aspetto che caratterizza la disoccupazione straniera è la sua crescente incidenza con l aumentare dell età: gli individui in età adulta, nonostante l esperienza professionale pregressa, trovano maggiore difficoltà nel reinserimento lavorativo, a fronte di una domanda che, come detto, richiede soprattutto resistenza e forza fisica. Come è noto, le reti informali di comunicazione e di relazione rappresentano il più importante canale utilizzato per la ricerca di un lavoro, sia dagli italiani che dagli immigrati. Per trovare un impiego, la quasi totalità dei disoccupati stranieri ricorre alle segnalazioni fornite da parenti, amici e conoscenti. Purtroppo, in situazioni di generale precariato, non manca la presenza di risvolti negativi quali il lavoro nero ed episodi di criminalità diffusa, che, pur nella loro inevitabilità, in quanto fattori comunemente presenti in tutti i Paesi sviluppati ad elevato assorbimento migratorio, potrebbero essere notevolmente contenuti e ridotti attraverso politiche di welfare maggiormente tese all integrazione, programmata ed assistita. Tavola Popolazione immigrata totale in Abruzzo Anni (Dati al 31 dicembre) POPOLAZIONE IMMIGRATA ANNI RESIDENTE CON PERMESSO DI SOGGIORNO Fonte: ISTAT Tavola Popolazione immigrata in età lavorativa per sesso in Abruzzo Anni (Dati al 31 dicembre) POPOLAZIONE IMMIGRATA IN ETÀ LAVORATIVA ANNI 15 ANNI E PIÙ ANNI MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Fonte: ISTAT 36

37 2. Le dinamiche e gli indicatori del mercato del lavoro: i tassi di partecipazione 37

38 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi IL SISTEMA PRODUTTIVO ED ECONOMICO: CARATTERI STRUTTURALI ED EVOLUTIVI 38

39 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi 3.1. La dinamica dell occupazione e la produttività dei settori e delle province I dati censuari Analizzando il panorama delle imprese attive in Abruzzo nell ultimo censimento (2001), nel settore manifatturiero erano presenti unità; mentre quelle operanti nel terziario erano La Tavola 3.1 ci mostra l andamento del numero di imprese per settore, nell arco degli ultimi quattro censimenti. Come si può notare, per l industria manifatturiera abruzzese si rileva una fase di espansione graduale, contrariamente a quanto è avvenuto a livello ripartizionale (nel Centro e nel Sud), dove il numero delle imprese ha subito notevoli oscillazioni tra una tornata censuaria e l altra. Il comparto delle costruzioni, ha registrato, invece, ovunque un vero e proprio boom, con una moltiplicazione del numero di imprese. Nel terziario, la crescita più rilevante ha interessato le attività immobiliari e di intermediazione. All interno del terziario, il commercio ha perso consistenza ed ha diminuito il suo peso nel comparto dei servizi (Tavola 3.1). A livello provinciale l andamento delle costruzioni ha rispecchiato quello degli altri livelli territoriali, mentre soltanto a Teramo (la provincia con il maggior numero di imprese) e a Pescara si riscontra la crescita dell industria manifatturiera. A Chieti, infine, dopo il forte calo del 1981, si rileva un trend positivo (Tavola 3.2). Tavola 3.1. Numero di imprese per anno di censimento e settore di attività economica Imprese Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale Italia Agricoltura Estrattiva Manifatturiera Energetica Costruzioni Totale Industria Commercio Alberghiero Trasporti Intermediazione Att.immobiliari Istruzione Servizi pubbl.,soc Tot. Altre attività Fonte: Istat, Censimenti 39

40 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Numero di imprese per anno di censimento e settore di attività economica Imprese L Aquila Teramo Pescara Chieti Agricoltura Estrattiva Manifatturiera Energetica Costruzioni Totale Industria Commercio Alberghiero Trasporti Intermediazione Att.immobiliari Istruzione Servizi pubbl.,soc Tot. Altre attività Fonte: Istat, Censimenti Come mostra l analisi dei dati censuari, all interno del terziario le attività immobiliari e di intermediazione, nel periodo osservato, sono state interessate da crescite notevoli (Tavola 3.1). In Abruzzo, il numero delle imprese operanti nel settore delle attività immobiliari cresce di dieci volte in 30 anni (da 562 imprese nel 1971 a nel 2001), così come nella ripartizione geografica di appartenenza (il Meridione), mentre nell Italia Centrale il ritmo di crescita è stato, assai più sostenuto. Passando agli altri settori economici, si riscontra un aumento delle imprese anche per i comparti alberghiero, dei trasporti e dei servizi sociali, dove il ritmo di crescita è maggiore in Abruzzo rispetto alle altre realtà territoriali considerate. L unico settore, invece, il cui andamento è incerto è il commercio, che negli anni perde consistenza in termini di incidenza sull intero comparto dei servizi. Tali tendenze regionali sono riscontrabili in modo abbastanza omogeneo anche nelle quattro province, seppur con alcune differenziazioni. Così, L Aquila e Teramo si distinguono per il peso della struttura alberghiera, Pescara detiene il primato delle attività immobiliari, mentre Chieti, che è la provincia che registra il più alto numero di imprese nel complesso, si caratterizza per il commercio. 40

41 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi I caratteri dell'economia abruzzese presentano dunque alcune peculiarità, sia rispetto al resto dell'italia, che rispetto alle circoscrizioni territoriali cui l Abruzzo può essere accomunato, per appartenenza geografica (il Meridione) o per tendenze del modello socio-economico (il Centro Italia). Per poter avere una visione d insieme e di lungo periodo, è opportuno storicizzare i dati statistici, al fine di comprendere in quale fase dello sviluppo si trovi l Abruzzo in questo momento. L Abruzzo, fino alla prima metà del Novecento, era annoverato tra le regioni più povere dell Italia, occupando gli ultimi posti nelle classifiche relative alla ricchezza. E solo a partire dall ultimo dopoguerra, ed in particolare nell ultimo trentennio, che si determina l insieme delle condizioni atte a far emergere la regione dalla situazione di sottosviluppo, che l allontanerà dallo spettro della povertà per innescare quel meccanismo virtuoso, volano della crescita interna, che la porterà all attuale livello di benessere generale. I fattori di questa crescita vanno rintracciati in un quadro di molteplicità di natura politica, sociale, economica e geografica. L imprenditoria locale ha ivi svolto un ruolo determinante, che ha favorito l inserirsi del nostro territorio nel solco del progresso, verificatasi nella fascia adriatica del nostro Paese negli ultimi decenni. Il tasso di attività, che aveva seguito un costante andamento discendente per più di un secolo, ha dunque manifestato negli anni Sessanta una netta ripresa. Il decollo economico dell Abruzzo comincia proprio in questo periodo, alla fine degli anni Sessanta, anche se qualche primo segnale di sviluppo cominciò a manifestarsi già negli anni Trenta e Quaranta. Le caratteristiche di questo sviluppo sono un notevole tasso di industrializzazione, legato al settore dell edilizia, trainato da urbanizzazione e edilizia turistica e agli insediamenti industriali di grandi gruppi in alcune aree (Aquilano e Chietino), all espandersi del modello adriatico, con la crescita di aree produttive locali (distretti industriali) (Teramano). Negli anni Novanta il meccanismo di crescita si inceppa ed ha inizio una delicata fase di oscillazioni periodiche. Nel 1991 il livello degli occupati, dopo quasi un ventennio di crescita pressoché ininterrotta, inizia a diminuire e questo calo dura fino al 1999; nel 2000 l occupazione riprende ad aumentare per un triennio; nel 2003 si verifica un nuovo calo, dal 2005 riprende a crescere, se pur con un rallentamento nell ultimo anno I dati del Registro statistico delle unità locali delle imprese (ASIA) La pubblicazione dei dati del Registro delle imprese attive (ASIA) da parte dell Istat, consente la visione di una fotografia 1 del tessuto produttivo extragricolo 2 provinciale aggiornata al I dati ASIA confermano sostanzialmente le indicazioni provenienti dai dati censuari. In Abruzzo, nel 2005 (ultimo anno disponibile) risultano esservi unità locali. L incidenza delle province, in termini di unità locali, è la seguente: Chieti (27,7%) Pescara (25,9%), Teramo (24,7%) e L Aquila (21,5%). Osservando la struttura settoriale si nota il ruolo preponderante delle attività terziarie nella regione (Tavola 3.3), che sono ben il 73,5% delle imprese (in termini di unità locali) presenti nell archivio ASIA, che, come evidenziato, non comprende tutti i comparti produttivi (si veda nota 2). Assai rilevante all interno dei servizi è il peso del commercio (30,1%). L industria manifatturiera (in senso stretto) e le costruzioni pesano entrambe intorno al 13%. 1Le informazioni contenute nell archivio ASIA non sono del tutto confrontabili con quelle rilevate nei Censimenti dell Industria e Servizi, poiché vi sono alcune differenze nelle definizioni e classificazioni utilizzate. In particolare: 1) il periodo di riferimento. Le informazioni del registro Asia si riferiscono ad un dato medio calcolato nell anno di riferimento, mentre i dati censuari colgono la situazione di un dato giorno (il 22 ottobre). Il diverso periodo di riferimento determina a livello nazionale una differenza di circa imprese: in Asia e nel Cis; 2) Le unità produttive di ASIA-2004 sono ordinate, secondo la nuova classificazione Ateco 2002, quelle censuarie secondo l Ateco 1991; 3) il diverso universo di riferimento. 2 Sono escluse dal campo di osservazione le attività economiche relative ai settori: agricoltura, caccia e silvicoltura; pesca, piscicoltura e servizi annessi; istituzioni pubbliche; attività di organizzazioni associative; attività svolte da famiglie e convivenze; organizzazioni ed organismi extraterritoriali; le unità classificate come Amministrazioni pubbliche e istituzioni private no profit. Le unità locali e gli addetti dell Agricoltura e alla Pesca, presenti nei prospetti e tavole, sono relativi ad unità locali di imprese che, come attività principale, non svolgono tali attività. 41

42 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Unità locali delle imprese attive per regione e provincia dell'unità locale e sezione e sottosezione di attività economica. Anno 2005 (Valori assoluti e percentuali) Tavola - Unità locali delle imprese per sezione/sottosezione di attività economica, ripartizione geografica, regione e provincia. Anno 2005 (Valori assoluti) Valori assoluti Valori percentuali Settori L'Aquila Teramo Pescara Chieti Abruzzo L'Aquila Teramo Pescara Chieti Abruzzo Estrazione di minerali % 0.11% 0.07% 0.12% 0.11% Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco , % 2.23% 2.04% 3.02% 2.44% Industrie tessili e dell abbigliamento , % 3.62% 1.27% 1.45% 1.75% Industrie conciarie; Fabbricaz. di prodotti in cuoio, pelle e similari % 1.87% 0.10% 0.23% 0.55% Industria del legno e dei prodotti in legno , % 0.96% 0.62% 1.10% 1.01% Fabbricaz. di pasta-carta, carta, cartone e prodotti di carta; Stampa ed editoria Fabbricaz. di coke, raffinerie di petrolio, trattam. di combustibili nucleari Fabbricaz. di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali Fabbricaz. di articoli in gomma e materie plastiche Fabbricaz. di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi % 0.72% 0.66% 0.70% 0.65% % 0.01% 0.03% 0.04% 0.02% % 0.13% 0.15% 0.14% 0.15% % 0.34% 0.21% 0.33% 0.28% % 0.98% 0.52% 0.71% 0.76% Metallurgia; Fabbricaz. di prodotti in metallo , % 2.09% 1.68% 3.00% 2.16% Fabbricaz. di macchine e apparecchi meccanici Fabbricaz. di macchine elettriche e di apparec-chiature elettriche, elettroniche e ottiche % 0.83% 0.75% 0.96% 0.73% , % 1.05% 1.27% 0.95% 1.08% Fabbricaz. di mezzi di trasporto % 0.19% 0.14% 0.23% 0.16% Altre industrie manifattu-riere % 1.25% 0.90% 0.79% 0.91% Produzione e distribuz. di energia elettrica, gas e acqua % 0.12% 0.08% 0.18% 0.15% Costruzioni 3,392 4,044 3,223 3,875 14, % 15.40% 11.73% 13.14% 13.69% Commercio all ingrosso e al dettaglio; Riparaz. di autoveicoli, motocicli, beni personali e per la casa 6,946 7,256 8,758 9,011 31, % 27.63% 31.87% 30.55% 30.12% Alberghi e ristoranti 2,107 2,029 1,503 1,919 7, % 7.73% 5.47% 6.51% 7.12% Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni ,114 1,127 3, % 3.33% 4.05% 3.82% 3.64% Attività finanziarie , % 1.82% 2.21% 1.90% 1.98% Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese 4,192 4,377 5,925 5,310 19, % 16.67% 21.56% 18.00% 18.66% Istruzione % 0.29% 0.51% 0.48% 0.42% Sanità e assistenza sociale 1, ,509 1,530 5, % 3.80% 5.49% 5.19% 4.94% Altri servizi pubblici, sociali e personali 1,398 1,784 1,818 1,905 6, % 6.79% 6.61% 6.46% 6.51% Totale 22,909 26,257 27,484 29, , % % % % % Fonte: ns. elaborazione su dati Istat, Archivio Statistico delle Unità Locali (ASIA) 42

43 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Produttività e valore aggiunto Secondo le stime di contabilità regionale, recentemente riviste dall'istat, nel 2006 il PIL della regione è cresciuto di circa un punto sul Più accentuato l'aumento del Pil procapite che rispetto all'annualità precedente cresce dello 0,4%. Un recente Rapporto regionale della Banca d Italia 3 evidenzia, nel 2006, una fase congiunturale moderatamente espansiva, avviatasi già nel secondo semestre del La crescita del PIL regionale, sulla base delle stime Svimez, dovrebbe essere pari all'1,6% nel 2006 ed inferiore all incremento nazionale (1,9%). Tavola Valore aggiunto e PIL per settore di attività economica nel 2006 (1) - Abruzzo - (valori concatenati in milioni di euro, anno di riferimento 2000 e valori percentuali) Settori e voci Valori assoluti Quota % Variazioni percentuali sull anno precedente Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria in senso stretto Di cui Costruzioni Servizi Di cui Commercio, alberghi, trasporti e comunicazioni Di cui Intermediazione finanziaria, attività immobiliari e imprenditoriali Di cui Pubblica amministrazione, istruzione, sanità, altri servizi sociali e domestici Totale valore aggiunto PIL PIL pro capite (2) Fonte: elaborazioni Banca d Italia su dati Istat. (1) Valore aggiunto ai prezzi base, al lordo dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati. (2) PIL ai prezzi di mercato per abitante, migliaia di euro. (3) La quota del PIL pro capite è calcolata ponendo la media dell Italia pari a 100. Tra il 2000 e il 2006 il valore aggiunto in agricoltura è diminuito del 3.8%, a fronte di un calo medio dello 0,2% a livello nazionale. Nel 2006, il contributo dell agricoltura alla formazione del valore aggiunto regionale è stato pari al 3,4%; un valore inferiore al dato medio meridionale, ma superiore di un punto alla media nazionale. L'industria in senso stretto continua a seguire il trend positivo registrato nell'anno precedente, registrando un aumento dello 0,5% rispetto al Scendendo nel dettaglio del comparto industriale, si assiste ad un crollo delle raffinerie e delle industrie chimiche e farmaceutiche (-16.7 rispetto al 2000 ), scendendo di ben 26.2 punti percentuali rispetto al La lavorazione di minerali non metalliferi, al contrario, ha registrato una forte ripresa, passando da -3.2% del 2004 al 15.5 del Anche il tessile, che nel 2004 risultava essere un settore fortemente in calo (- 10.7), nel 2005 è in ripresa, attestandosi intorno allo 0,5%. 3 Banca d Italia, L economia nell Abruzzo nell anno 2006, maggio

44 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Valore aggiunto dell industria manifatturiera per branca nel 2005 (1) Abruzzo - (valori concatenati in milioni di euro, anno di riferimento 2000 e valori percentuali) Branche Valori assoluti Quota % Variazioni percentuali sull anno precedente Industrie alimentari, delle bevande e del Tabacco Prodotti tessili e abbigliamento Industrie conciarie, cuoio, pelle e similari Carta, stampa ed editoria Cokerie, raffinerie, chimiche, farmaceutiche Lavorazione di minerali non metalliferi Metalli e fabbricazione di prodotti in metallo Macchine ed apparecchi meccanici, elettrici ed ottici; mezzi di trasporto Legno, gomma, e altri prodotti manifatturieri Totale Fonte: elaborazioni Banca d Italia su dati Istat. - (1) valore aggiunto ai prezzi base, al lordo dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati. Accanto al prodotto interno lordo pro-capite, una misura della ricchezza prodotta dal sistema impresa in un contesto territoriale è rappresentata dalla stima del valore aggiunto per unità di lavoro (ULA) 4. Questo permette di valutare un sistema produttivo in termini di efficienza. La Figura 3.6. riporta la situazione tra il 2000 e il Nel complesso, la realtà abruzzese registra una produttività inferiore a quelle nazionale e alla media delle regioni del Centro di oltre il 10%, mentre mostra un lieve vantaggio (anche questo costante nell intero periodo) nei confronti del Mezzogiorno. Figura Valore aggiunto per unità di lavoro in euro (Valori concatenati - anno di riferimento 2000) Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale Italia Fonte: ns. elaborazioni su dati Istat 4 Per Unità di Lavoro Standard si intende la trasformazione in unità a tempo pieno delle posizioni lavorative ricoperte, anche in settori produttivi diversi, da ciascuna persona occupata nel periodo di riferimento. L ipotesi è che ciascuna persona lavori un numero di ore pari a quelle prestate in quel settore di attività economica e in quella posizione nella professione (dipendente e indipendente) da un occupato a tempo pieno. 44

45 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Scendendo nel dettaglio del settore di attività economica, l Abruzzo detiene il risultato peggiore rispetto alle altre realtà territoriali prese a confronto in termini di produttività in agricoltura, sebbene nel 2005 vi sia un consistente incremento rispetto agli anni precedenti (+13% sul 2004). Nel periodo la produttività dell industria abruzzese è diminuita dell 8,8%, a fronte di una riduzione di circa il 2% a livello nazionale. Nel medesimo periodo la flessione dell input di lavoro è stata sostanzialmente in linea con la media del Paese e pari al 2,1%. Il valore aggiunto per unità di lavoro è diminuito nel quinquennio di oltre un quarto nel settore del tessile e dell abbigliamento, del 15% nell industria meccanica ed elettronica e del 12% nell alimentare. Nei comparti del settore chimico, della lavorazione di minerali non metalliferi e dei prodotti in metallo si è invece registrata una crescita (Tavola 3.7). Va evidenziato che, se pur a fronte di una performance non brillante, il comparto del tessile e dell abbigliamento rimane il secondo settore per importanza nell industria regionale: nel 2005 il peso è del 19,4%, in diminuzione di mezzo punto percentuale rispetto al 2000; il peso di tale comparto rimane comunque superiore al valore medio nazionale (12,4%). La produttività del settore edile è in crescita soprattutto negli ultimi due anni, ed è la più elevata tra le realtà territoriali considerate 5, specie se confrontata con la diminuzione registrata nella ripartizione centrale (-10% tra il 2000 e il 2005). Il settore dei servizi chiude il sessennio considerato con una crescita dello 0,8%, che è il risultato di una fase di declino nella prima metà del periodo e di rialzo nella successiva, con un progresso di quasi due punti percentuali nell ultimo anno. Un buon risultato, se paragonato a quello del Mezzogiorno e della nazione nel suo complesso, che rilevano, nello stesso periodo e in entrambi i casi, perdite di mezzo punto percentuale. Settori trainanti in questa fase positiva sono decisamente i comparti del commercio 6, del turismo 7 e dei trasporti, che nell insieme registrano nell ultimo anno una crescita del 9%. Non sono però ancora del tutto chiare le determinanti di questo risultato, dal momento che i dati dei sottocomparti non sono disponibili per il Si può comunque segnalare per il periodo il saldo positivo di trasporti e comunicazioni, quelli negativi del commercio e soprattutto di alberghi e ristoranti (circa -20%), dove tuttavia, secondo gli ultimi dati provenienti da fonti istituzionali, sembrerebbe esserci stata nell ultimo anno una ripresa (si vedano note 7 e 8). Una crescita sostenuta si rileva nelle altre attività dei servizi, che, nel periodo osservato, registrano un +5,1%. All interno del comparto va segnalato l aumento del segmento della pubblica amministrazione (+20% circa tra 2000 e 2004), mentre il comparto dell intermediazione e dell immobiliare segna un forte calo (-11,4%). Per quanto riguarda gli altri contesti territoriali si registra un sostanziale allineamento nelle dinamiche dei comparti. Ovunque, infatti, emergono situazioni di contrazione per il commercio ed intermediazione e di crescita per le altre attività di servizi. Nel Mezzogiorno queste tendenze assumono toni più accentuati. E necessario considerare, a margine di quanto detto sopra, che i livelli assoluti di produttività abruzzesi nel settore dei servizi risultano sensibilmente inferiori alla media nazionale (43 mila euro circa contro 48 mila), anche se la differenza viene determinata quasi esclusivamente dal comparto del commercio, turismo e trasporti. 5 Secondo quanto riportato nel rapporto regionale della Banca d Italia, i dati dell ANCE Abruzzo, evidenziano che nel comparto dell edilizia privata la produzione di nuovi fabbricati ha mostrato un andamento sostanzialmente stazionario. L edilizia residenziale ha continuato a beneficiare delle agevolazioni per gli interventi di recupero. In base ai dati dell Agenzia delle entrate nel 2006 sono state presentate da residenti abruzzesi domande di detrazione fiscale per le spese di ristrutturazione edilizia, con un incremento dell 1,6 per cento. Nel comparto delle opere pubbliche si è registrata una diminuzione dei bandi di gara, sia nel numero sia nel valore complessivo a base d asta. 6 Secondo i dati del Ministero dello Sviluppo economico, le vendite al dettaglio in Abruzzo sono cresciute in valore dello 0,5%, un ritmo inferiore a quello medio nazionale (1,2%). L incremento riflette l espansione dei ricavi verificatasi nella grande distribuzione (2,2%, al pari dell Italia), a fronte di una diminuzione dello 0,4 cento per gli esercizi di minore dimensione. 7 Nel 2006 il movimento turistico regionale ha registrato un andamento positivo, con un incremento sia negli arrivi (5,0%) che nelle presenze (6,7%). 45

46 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Valore aggiunto per unità di lavoro in Abruzzo e in Italia anni (Valori concatenati in euro - anno di riferimento 2000) Settori di attività economica Abruzzo Italia Agricoltura, silvicoltura e pesca Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industria Industria in senso stretto Di cui Estrazione di minerali Di cui Industria manifatturiera Di cui Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Di cui Industrie tessili e dell'abbigliamento Di cui Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari Di cui Fabbricazione della pasta-carta, dei prodotti di carta; stampa ed editoria Di cui Cokerie, raffinerie, chimiche, farmaceutiche Di cui Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi Di cui Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo Di cui Fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici, elettrici ed ottici; mezzi di trasporto Di cui Industria del legno, della gomma, della plastica e altre manifatturiere Produzione e distribuzione di energia elettrica, di gas, di vapore e acqua Costruzioni Servizi Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni Di cui Commercio all'ingrosso e al dettaglio; ripar. autoveicoli, motocicli e di beni personali Di cui Alberghi e ristoranti Di cui Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari ed imprenditoriali Di cui Intermediazione monetaria e finanziaria Di cui Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali ed imprendit Altre attività di servizi Di cui Pubblica amministrazione e difesa; assicurazione sociale obbligatoria Di cui Istruzione Di cui Sanità e altri servizi sociali Di cui Altri servizi pubblici, sociali e personali Di cui Servizi domestici presso famiglie e convivenze Valore aggiunto a prezzi base Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT 46

47 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Valore aggiunto per unità di lavoro nelle ripartizioni dell Italia centrale e meridionale anni (Valori concatenati in euro - anno di riferimento 2000) Settori di attività economica Abruzzo Italia Agricoltura, silvicoltura e pesca Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industria Industria in senso stretto Di cui Estrazione di minerali Di cui Industria manifatturiera Di cui Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Di cui Industrie tessili e dell'abbigliamento Di cui Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari Di cui Fabbricazione della pasta-carta, dei prodotti di carta; stampa ed editoria Di cui Cokerie, raffinerie, chimiche, farmaceutiche Di cui Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi Di cui Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo Di cui Fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici, elettrici ed ottici; mezzi di trasporto Di cui Industria del legno, della gomma, della plastica e altre manifatturiere Produzione e distribuzione di energia elettrica, di gas, di vapore e acqua Costruzioni Servizi Commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni Di cui Commercio all'ingrosso e al dettaglio; ripar. autoveicoli, motocicli e di beni personali Di cui Alberghi e ristoranti Di cui Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari ed imprenditoriali Di cui Intermediazione monetaria e finanziaria Di cui Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali ed imprendit Altre attività di servizi Di cui Pubblica amministrazione e difesa; assicurazione sociale obbligatoria Di cui Istruzione Di cui Sanità e altri servizi sociali Di cui Altri servizi pubblici, sociali e personali Di cui Servizi domestici presso famiglie e convivenze Valore aggiunto a prezzi base Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT 47

48 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi 3.2. La dinamica imprenditoriale La dinamica imprenditoriale del 2007, valutata rispetto alle imprese attive, indica un decremento rispetto al 2006 pari a 0,1% che, in termini assoluti, si è tradotta in un saldo negativo (calcolato come differenza tra le imprese iscritte e quelle cessate) pari a -98 unità; nel 2006 il saldo era stato di unità (Tavola 3.9). Il volume complessivo di imprese registrate si attesta sotto le unità; quelle attive sono con un rapporto attive-iscritte prossimo all 88%; il flusso annuo di iscrizioni nell ultimo biennio è risultato mediamente pari a imprese, simile a quello delle cessazioni. Il dato indica quindi una preoccupante ed inedita stasi. Da un punto di vista settoriale si è verificata nell ultimo anno una contrazione delle imprese attive nel settore primario e nelle attività della pesca con riduzioni rispettive del 3,4 % e dell 11,6%; esse rappresentano sebbene in diminuzione un quarto di tutte le imprese attive abruzzesi. Le industrie estrattive diminuiscono del 7,9%. Le imprese attive nelle branche manifatturiere il cui peso nell economia regionale è pari all 11,2% del totale scendono leggermente nel corso del Nella disaggregazione per gruppi di attività si evince una diminuzione quasi generale; fanno eccezione il recupero e preparazione per il riciclaggio, e la fabbricazioni di prodotti di carta. Negli altri rami il commercio rimane stabile, mentre diminuiscono i trasporti. Incrementano invece il numero di imprese attive le Costruzioni, l intermediazione monetaria e finanziaria, e il composito ambito del terziario avanzato (attività immobiliari, noleggio, informatica e della ricerca) che ha manifestato una progressione del 5%. Tavola Regione Abruzzo: movimento anagrafico delle imprese nel biennio (valori assoluti; variazioni espresse in percentuale) Divisioni economiche Registrate Attive Iscritte Cessate Saldo (1) Registrate Attive Iscritte Cessate Saldo (1) Agricoltura, caccia e silvicoltura ,4 Pesca,piscicoltura e servizi connessi ,6 Estrazione di minerali ,9 Attivita' manifatturiere ,5 Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua ,7 Costruzioni ,3 Commercio ingrosso e dettaglio ,2 Alberghi e ristoranti ,7 Trasporti,magazzinaggio e comunicaz ,1 Intermediazione.monetaria e finanziaria ,1 Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca ,0 Istruzione ,0 Sanita' e altri servizi sociali ,8 Altri servizi pubblici,sociali e personali ,4 Imprese non classificate ,1 Totale ,0 Fonte: Uniocamere, Movimprese. (1) Differenza tra imprese iscritte e imprese cessate nell anno. - (2) La variazione % è stata calcolata rispetto alle imprese attive (2) 48

49 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi La composizione imprenditoriale indica, per un verso, che la regione in termini di imprese attive rappresenta il 2,6% del volume complessivo nazionale; analoghe quote, per il 2007, riguardano lo stock di imprese registrate, i flussi di iscrizioni e cessazioni (Tavola 3.9). Secondo i dati diffusi da Infocamere, il complesso delle imprese attive non agricole abruzzesi ha registrato una crescita dello 0 7% rispetto al 2006, solo lievemente superiore a quella media italiana (0,4%). Il tasso di sviluppo inteso come la differenza tra i tassi di iscrizione e cancellazione su mille imprese attive - è stato tuttavia negativo (-3,4%) per le perdite subite da tutti i comparti ad eccezione delle costruzioni e degli intermediari finanziari. In termini sociologici ampi ciò significa che vi è in atto un vero e proprio declino regionale, declino confermato anche dall avanzamento di settori tradizionalmente di rifugio, quali le Costruzioni, o di ripiego verso il prestito privato, tramite le intermediazioni finanziarie. Tra le province, quella di Pescara ha mostrato il valore più elevato (+11,8%) mentre Chieti registra un decremento molto forte (-17,6%). L artigianato regionale ha visto un aumento dell 1,3% delle imprese attive. Si sono evidenziate le province di Cheti e di Teramo, mentre sotto il profilo settoriale, emergono agricoltura e costruzioni. Nel 2007 l agricoltura ha registrato un calo della produzione e del valore aggiunto. A ciò si affianca anche il peggioramento della bilancia del saldo commerciale. Secondo l ANCE, il 2007 non è stato un anno particolarmente positivo per l edilizia regionale, e, seppur vi sia stata una crescita, sono apparsi i primi segnali di rallentamento. Nel 2007 l export abruzzese cresce più di quello nazionale(+11,8% contro +8%). I mezzi di trasporto si confermano come il prodotto abruzzese più venduto all estero. Sotto il profilo degli investimenti diretti esteri (IDE), l Abruzzo gioca un ruolo complessivamente modesto (0,8% e 0,9% degli IDE nazionali rispettivamente in uscita ed in entratata). A fronte di un numero di IDE in uscita doppio di quello in entrata, si rileva, quanto a dipendenti e fatturato, che le imprese regionali partecipate da operatori stranieri rappresentano realtà più grandi rispetto alle imprese estere a partecipazione abruzzese. La composizione territoriale delle imprese (attive) indica che circa un terzo ha la sua sede nella provincia di Chieti; nelle province di Teramo e Pescara si localizzano circa imprese ovvero il 46-47% di tutte le imprese abruzzesi. Nella provincia dell Aquila risiede il restante 20%. 49

50 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Regione Abruzzo e Province dell Abruzzo: movimento anagrafico delle imprese nel 2007 (valori assoluti; variazioni espresse in percentuale; quote espresse in percentuale) Imprese Valori assoluti L Aquila Teramo Pescara Chieti Quote (1) Valori assoluti Quote (1) Valori assoluti Quote (1) Valori assoluti Quote (1) Italia (valori ass.) Quota Abruzzo (2) Registrate , , , , ,4 Attive , , , , ,5 Iscritte , , , , ,4 Cessate , , , , ,4 Saldo (1) , , , , ,0 Tasso di Variazione extragicola ,6 +0,5 +1,6 0,0 +0,5 Fonte: Uniocamere, Movimprese. (1) Quote provinciali calcolate rispetto alle rispettive variabili regionali. - (2) Quote regionali calcolata rispetto alle rispettive variabili nazionali. L analisi del movimento delle imprese abruzzesi nel corso della prima parte dell attuale decennio malgrado la fase di stasi dell economia nazionale evidenzia, per il complesso delle imprese attive, una progressione media annua prossima all 1% (Tavola 3.10). Tale risultato proviene sia dalla tenuta delle imprese attive nelle branche manifatturiere che nel loro complesso si sono evolute ad un tasso annuo dell 1,4%, sia dalla progressione del comparto delle costruzioni (4,3%) sospinto dalle modificazioni avvenute sul mercato immobiliare (rilevanti incrementi di compravendita di abitazioni residenziali, incentivi alla ristrutturazione delle abitazioni, tassi di interesse sui mutui in forte riduzione) sia, soprattutto, dal crescente avanzare dei rami del terziario (+6,3%). Osservando i dati nel periodo si evidenziano le seguenti tendenze di medio - lungo periodo delle imprese attive abruzzesi (in corsivo i rami di attività in declino): aziende agricole, -90 per la per la pesca, +600 industrie alimentari, scomparsa dell industria del tabacco, +130 industrie tessili (grazie a quelle cinesi), nel vestiario, -130 nella concia del cuoio, -130 nel legno, +120 nell editoria e stampa, +360 nella lavorazione dei prodotti in metallo, +140 nella fabbricazione di apparecchi meccanici, -200 nella fabbricazione mobili, raddoppio del recupero del riciclaggio, nelle Costruzioni, nel commercio, negli Alberghi e ristoranti, +500 nell intermediazione monetaria e finanziaria, nelle attività immobiliari, +700 nell informatica, nelle altre attività imprenditoriali,+ 100 nell Istruzione, +160 nella sanità e altri servizi sociali, +700 nei servizi domestici. Oltre alla forte diminuzione delle aziende agricole, si evince che alcune branche della manifattura essenzialmente il made in Italy hanno risentito della concorrenza internazionale. Rilevanti si mostrano le performance positive delle Costruzioni, del Turismo, delle Attività immobiliari. 50

51 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Regione Abruzzo: movimento anagrafico delle imprese per sezioni e divisioni di attività. Anni 2000 e 2007 (valori assoluti) Settori e rami di attività Anno 2000 Anno 2007 Registrate Attive Iscritte Cessate Registrate Attive Iscritte Cessate Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca,piscicoltura e servizi connessi Estrazione di minerali Attivita' manifatturiere Industrie alimentari e delle bevande Industria del tabacco Industrie tessili Con fez.art.li vestiario;prep.pellicce Prep./concia cuoio;fabbr.art.viaggio Ind.legno,escl.mobili;fabbr.in paglia Fabbr.pasta-carta,carta,prod.di carta Editoria,stampa riprod.supp.registr Fabbr.coke,raffinerie,combust.nucl Fabbr.prod. chimici e fibre sintet Fabbr.art. gomma e mat.plastiche Fabbr.prod. lavoraz.min.non met Produzione di metalli e loro leghe Fabbr.e lav.prod.met,escl.macchine Fabbr.macch. ed appar.mecc.,instal Fabbric.macch. per uff.,elaboratori Fabbr.macch. ed appar.elettr.n.c.a Fabbr.app.radiotel.e app.per comun Fabbr.app.medic,precis.,strum.ottici Fabbric.autoveicoli,rimorchi etc Fabbric.di altri mezzi di trasporto Fabbric.mobili;altre ind.manif Recupero e preparaz. per riciclaggio Prod.e distr.ener.elettr.,gas e acqua Costruzioni Comm.ingr.e dett.;riparaz Alberghi e ristoranti Trasporti,magazzin. e comunicaz Intermediaz.monetaria e finanziaria Attiv.immob.,noleggio,informat.,ric Attivita' immobiliari Noleggio macc.e attrezz.senza oper Informatica e attivita' connesse Ricerca e sviluppo Altre attivita' profess.li e imprendit Istruzione Sanita' e altri servizi sociali Altri servizi pubbl.,soc. e person Serv.domestici c/o famiglie e conv Imprese non classificate Totale Fonte: Unioncamere, Movimprese. 51

52 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi L analisi del movimento anagrafico settoriale delle imprese delle quattro province dell Abruzzo rivela, rispetto al dato aggregato, un ampia concentrazione d imprese (39,5%) del settore primario nella provincia di Chieti, mentre negli altri contesti provinciali tale quota oscilla tra il 17% di Pescara e il 21,6% di Teramo (Tavola 3.12). Le imprese delle branche manifatturiere sono localizzate maggiormente nella provincia di Teramo (14,6%), mentre nelle altre province le imprese attive manifatturiere hanno un peso che si aggira attorno al 10%. Fatto pari a 100 il numero di imprese attive nelle branche manifatturiere di ciascuna provincia, l industria alimentare e delle bevande ricopre un peso tra il 23% di Pescara e il 25% di Chieti. Anche la fabbricazione e la lavorazione di prodotti in metallo che in provincia di Chieti raggiunge il 19,4% - è mediamente presente con il 12-15% di imprese. La rilevanza dell altro settore industriale, quello delle costruzioni, si concentra per lo più nelle province di L Aquila (16,2%) e di Teramo (15,6%). In tutte le province, la quota di attività connessa con il commercio all ingrosso e al dettaglio è superiore al 20%; il maggior addensamento si trova nella provincia di Pescara (32,3%) e quello minore nella provincia di Chieti (21,2%). 52

53 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Regione Abruzzo: movimento anagrafico delle imprese per settori economici. Anni 2006 e 2007 (valori assoluti e variazioni percentuali) Settori e rami di attività L Aquila Chieti Pescara Teramo Agricoltura, caccia e silvicoltura , , , ,4 Attivita' manifatturiere , , , ,3 Industrie alimentari e delle bevande 670 1, , , ,4 Industrie tessili 52-11, ,6 95-3, ,2 Confez.articoli vestiario;prep.pellicce , , , ,5 Prep.e concia cuoio;fabbr.artic.viaggio 15-6,3 80-9,1 28-3, ,8 Ind.legno,esclusi mobili;fabbr.in paglia 352-2, , , ,6 Fabbric.pasta-carta,carta e prod.di carta 19 0, ,1 13 0,0 56 0,0 Editoria,stampa e riprod.supp.registrati 139 0, , , ,2 Fabbric.prodotti chimici e fibre sintetiche 37-2,6 34-2, , ,3 Fabbric.artic.in gomma e mat.plastiche 34-10,5 84 2,4 40-9,1 62-3,1 Fabbric.prodotti lavoraz.min.non metallif , , , ,0 Produzione di metalli e loro leghe 18 5,9 32 0,0 15-6,3 28 7,7 Fabbricaz.e lav.prod.metallo,escl.macchine 420 0, , , ,3 Fabbric.macchine ed appar.mecc.,instal. 83-5, , , ,9 Fabbric.macchine per uff.,elaboratori 13 0, ,8 24 4,3 22-4,3 Fabbric.di macchine ed appar.elettr.n.c.a. 53-1,9 59-6,3 77 1,3 77 0,0 Fabbric.appar.radiotel.e app.per comunic. 44-8,3 27-3,6 40-4,8 33-2,9 Fabbric.appar.medicali,precis.,strum.ottici 166 0, , , ,5 Fabbric.autoveicoli,rimorchi e semirim ,0 54 1,9 20-4, ,3 Fabbric.di altri mezzi di trasporto 6 20,0 30 7,1 16-5,9 19-5,0 Fabbric.mobili;altre industrie manifatturier 261-2, , , ,6 Recupero e preparaz. per il riciclaggio 14 27,3 27-3,6 23 0,0 32 6,7 Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 32-11,1 22-8,3 13 8,3 15 0,0 Costruzioni , , , ,2 Comm.ingr.e dett.;rip.beni pers.e per la cas , , , ,3 Alberghi e ristoranti , , , ,8 Trasporti,magazzinaggio e comunicaz , , , ,5 Intermediaz.monetaria e finanziaria 462 3, , , ,9 Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca , , , ,6 Istruzione 87 3, , ,4 65-3,0 Sanita' e altri servizi sociali 124 2, , , ,5 Altri servizi pubblici,sociali e personali , , , ,3 TOTALE , , , ,1 Fonte: ns. elaborazione su dati Unioncamere, Movimprese. 53

54 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Su base provinciale i rami di attività delle imprese attive che hanno visto i maggiori incrementi in termini percentuali rispetto al 2006 sono i seguenti: - L Aquila: Costruzioni, Alberghi e ristoranti, Intermediazione monetaria e finanziaria, Recupero e preparazione per il riciclaggio, Istruzione. - Chieti: Industrie tessili, Fabbricazione pasta-carta, Editoria, Fabbricazione articoli in gomma, Fabbricazione di altri mezzi di trasporto, Costruzioni, Intermediazione monetaria e finanziaria, Attività immobiliari, Noleggio, Informatica, Ricerca. - Pescara: Prod. e distrib. En. elettr. gas e acqua, Costruzioni, Intermediazione monetaria e finanziaria, Attività immobiliari, Noleggio, Informatica, Ricerca, Alberghi e ristoranti - Teramo:Industrie tessili, Produzione di metalli e leghe, Recupero e preraz. per il riciclaggio, Costruzioni, Intermediazione monetaria e finanziaria, Attività immobiliari, Noleggio, Informatica, Ricerca, Sanità e altri servizi sociali. Un ulteriore indicatore congiunturale dell andamento produttivo regionale e provinciale proviene dalle informazioni sul consumo energetico (Tavole 3.13 e 3.14). Nel 2007, ultimo in termini di monitoraggio, il consumo energetico regionale è stato pari a milioni di chilowattora, poco più del 2,2% del consumo nazionale, in diminuzione dell 1,7% rispetto al A livello provinciale si registrano aumenti di consumi e Dall osservazione settoriale della domanda di energia settoriale emerge che il fabbisogno energetico per usi produttivi è compreso tra l 80 e l 81% del totale; l 1,4% del consumo totale per usi produttivi viene assorbito dal settore primario mentre la parte più consistente (attorno al 69%) rappresenta uno degli input delle attività industriali. Poco meno del 30% è la quota destinata alle attività terziarie. Comportamenti di consumo differenti, in relazione alla struttura produttiva, riguardano le province abruzzesi. Tavola Consumo energetico per occupato e per unità di valore aggiunto. Anno 2006 per la regione Abruzzo e per le province abruzzesi. (valore del consumo espresso in milioni Kwh; consumo pro-capite espresso in kilowatt per occupato; consumo settoriale espresso in kilowatt per euro di valore aggiunto) Variabili L'Aquila Chieti Pescara Teramo Abruzzo Italia Consumo energia elettrica totale di cui usi produttivi di cui agricoltura di cui industria di cui altre attività Consumo energia elett. nei settori produttivi/occupati , , , , , ,11 - (Agricoltura) Consumi energia elettrica/occupati 7.804, , , , , ,63 - (Industria) Consumi energia elettrica /occupati , , , , , ,61 - (Altre attività) Consumi energia elettrica/occupati 4.409, , , , ,87 Consumo energia elett. nei settori produttivi/valore aggiunto 0,27 0,23 0,24 0,23 0,24 0,19 - (Agricoltura) Consumi energia elettrica/valore aggiunto 0,13 0,13 0,14 0,16 0,14 0,20 - (Industria) Consumi energia elettrica /valore aggiunto 0,83 0,47 0,52 0,40 0,52 0,45 - (Altre attività) Consumi energia elettrica/valore aggiunto 0,10 0,10 0,11 0,12 0,11 0,09 Fonte: Terna, ISTAT, Istituto Tagliacarne 54

55 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Consumo energetico - Anno 2007 per la regione Abruzzo e per le province abruzzesi. (valore del consumo espresso in milioni Kwh) Variabili L'Aquila Chieti Pescara Teramo Abruzzo Italia Consumo energia elettrica totale di cui usi produttivi di cui agricoltura di cui industria di cui altre attività Fonte:Terna Sulla base delle stime Svimez, la crescita del prodotto interno lordo abruzzese è stata prossima all 1%, in lieve rallentamento rispetto al In termini pro capite Il PIL regionale è pari a circa l 83% del livello nazionale, in calo di 4 punti percentuali rispetto al Nell industria manifatturiera sono cresciuti il fatturato e l occupazione. In presenza di un ulteriore rialzo dei tassi di interesse, i finanziamenti bancari a residenti in Abruzzo hanno rallentato. La decelerazione ha riguardato sia il settore delle famiglie che quello delle imprese, dove si è estesa a tutti i principali comparti produttivi. Le nuove erogazioni di mutui alle famiglie per l acquisto di nuove abitazioni hanno registrato una lieve flessione Le imprese artigiane E interessante osservare sia la consistenza sia l andamento delle imprese artigiane, considerando che a livello nazionale il peso dell artigianato (imprese artigiane attive) si attesta attorno al 28,6%. Le imprese artigiane attive raggiungono, nel 2007 e a livello regionale, un volume prossimo alle unità ad indicare un incidenza rispetto al totale delle imprese attive abruzzesi che supera il 27%, un punto e mezzo al di sotto della media nazionale (Tavola 3.15). La variazione assoluta tra il 2006 e il 2007 delle imprese attive è stata positiva e pari a 454 unità in più. Nel contempo si è ridotto il numero delle imprese iscritte ed è aumentato il numero delle cessazioni. A livello provinciale, la situazione di Teramo e di Pescara indica una presenza più consistente (tra il 27% e il 30%) di artigiani rispetto alla media regionale; a L Aquila l andamento congiunturale dell ultimo anno mostra un incremento delle imprese attive e delle nuove iscrizioni, rispettivamente, di 58 e 30 unità, nella provincia di Teramo si registra la maggior espansione di imprese attive (199 unità). Nella provincia di Chieti, in cui si osserva la più bassa incidenza d artigiani (23,2%), si è assistito ad una crescita consistente del numero di imprese attive (174 unità). Tavola Province dell Abruzzo: movimento anagrafico delle imprese artigiane nel 2007 e variazioni (valori assoluti; quote espresse in termini percentuali) 2007 Variazioni assolute Regione, province, quote Imprese registrate Imprese attive Imprese iscritte Imprese cessate Imprese registrate Imprese attive Imprese iscritte Imprese cessate Abruzzo Peso dell artigianato in Abruzzo 24,3 27,6 32,1 26,4 L'Aquila Peso dell artigianato a L Aquila 21,7 21,7 19,9 20,7.. Chieti Peso dell artigianato a Chieti 21,0 23,2 29,7 26,6 Pescara Peso dell artigianato a Pescara 23,6 27,3 27,1 29,7. Teramo Peso dell artigianato a Teramo 27,0 30,8 33,9 27,5 Fonte: ns. elaborazione su dati Unioncamere, Movimprese 55

56 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi 3.3. Le imprese femminili Su 5 persone che occupano posizioni apicali nelle imprese italiane, una è donna ed una su 7 le fa funzionare. La loro presenza è dunque ancora troppo esigua, pur tuttavia esse risultano non essere pochissime, se si compie un raffronto con altri contesti sociali, ed addirittura lievemente in crescita rispetto a 5 anni fa. Questi sono solo alcuni dei dati che emergono dall Osservatorio sull imprenditoria femminile di Unioncamere Infocamere, che costruiscono un variegato quadro d insieme dell universo femminile nel mondo dell imprenditoria nazionale. I dati rivelano che le donne che rivestono cariche nelle imprese sono oltre 2 milioni, pari al 26,64% delle persone che detengono incarichi aziendali. Rispetto al 2003, l incremento delle donne al vertice d impresa è stato superiore a quello medio: +2,75% contro l 1,84% complessivo. Attualmente, nella cabina di regia delle aziende italiane, siedono donne, tra amministratori delegati, amministratori unici, consiglieri delegati, presidenti di consiglio di amministrazione e presidenti di consorzio, pari al il 20,7% del totale. Rispetto al 2003, sono aumentate soprattutto le amministratrici uniche (oltre 26mila in più), quindi le donne a capo dei C.d.A. (quasi in più). Tavola Le donne al vertice dell impresa Tipoloogia di carica Donne con cariche di % sul totale Saldo donne vertice (2007) (2007) con cariche Amministratore Delegato ,1% -271 Amministratore Unico ,4% Consigliere Delegato ,5% Presidente Consiglio di Amministrazione ,4% Presidente Consorzio 58 7,3% 27 TOTALE ,7% Fonte: Osservatorio dell'imprenditoria Femminile Unioncamere - Infocamere Progredisce anche l incremento delle donne nelle cariche gestionali: dei 37mila incarichi d impresa a fine dell anno scorso, sono stati affidati a donne manager, che rappresentano oggi 6% dei direttori generali, il 18% dei direttori ed oltre il 15% dei direttori tecnici. Tavola Le donne direttore Tipologia di carica Donne manager 2007 % donne manager su Saldo donne totale 2007 manager Direttore generale 280 6,4% 84 Direttore ,4% 41 Direttore tecnico ,2% TOTALE ,4% Fonte: Osservatorio dell'imprenditoria Femminile Unioncamere Infocamere Alla fine del 2007, le imprese femminili attive erano , poco più del 24% di tutto il sistema d impresa. Si tratta di una quota numericamente ancora limitata, sostanzialmente stabile rispetto al 23,51% del Le cifre delle imprese gestite dalle donne sono aumentate, tra dicembre 2003 e dicembre 2007, del 5,84%, (il 2,25% in più rispetto alla crescita del totale delle imprese, pari al 3,59%), a conferma della maggiore dinamicità delle attività imprenditoriali al femminile. Centro e Mezzogiorno restano le aree a maggior diffusione delle imprese rosa, tuttavia si nota la tendenza di una loro diffusione anche nelle regioni settentrionali. Nel quinquennio, gli incrementi più significativi si registrano nel Lazio (+10,92%), in Sardegna (+7,88%), in Lombardia (+8,60%), in Campania (+7,66%), in Calabria (+6,64%), in Sicilia (+6,59%). Al contrario, le variazioni percentuali negative più significative hanno interessato Molise (-2,91%), Valle d Aosta (-2,79%), Basilicata (-1,78%). 56

57 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Imprese femminili attive REGIONE IMPRESE ATTIVE TOTALI AL SALDO % TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE di cui: di cui: di cui: Imprese % imprese femminili femminili su totale TOTALE Imprese femminili TOTALE Imprese femminili Abruzzo ,51% ,03% 3,85% Basilicata ,67% ,12% -1,78% Calabria ,38% ,63% 6,64% Campania ,56% ,36% 7,66% Emilia Romagna ,27% ,46% 5,31% Friuli Venezia Giulia ,57% ,74% 0,30% Lazio ,63% ,61% 10,92% Liguria ,08% ,77% 1,23% Lombardia ,64% ,84% 8,60% Marche ,03% ,38% 6,10% Molise ,84% ,44% -2,91% Piemonte ,19% ,91% 3,58% Puglia ,53% ,98% 3,82% Sardegna ,41% ,95% 7,88% Sicilia ,81% ,84% 6,59% Toscana ,95% ,87% 5,00% Trentino Alto Adige ,33% ,58% 2,99% Umbria ,15% ,04% 4,62% Valle d Aosta ,12% ,67% -2,79% Veneto ,31% ,24% 4,94% ITALIA ,02% ,59% 5,84% Fonte: Osservatorio dell'imprenditoria Femminile Unioncamere - Infocamere Se i tassi di femminilizzazione (la percentuale di imprese femminili sul totale) più elevati si registrano ancora in settori naturalmente caratterizzati dalla presenza delle donne (Altri servizi pubblici 49,34%; Sanità e altri servizi sociali 41,95%; alberghi e ristoranti 33,65%; Agricoltura 29,30%), forte è la tendenza da parte delle imprenditrici di inserirsi in ambiti tradizionalmente maschili. Le variazioni percentuali più elevate si registrano infatti nella produzione di energia (+59,39%) e nelle costruzioni (+34,50%), oltre che nella sanità (+34,53%). Bene anche i servizi alle imprese - attività immobiliari (+24,74%) ed i trasporti (+23,32%). Rallenta l incremento delle imprese manifatturiere (+1,15%) e di quelle del commercio (+4,01%). Si riduce ulteriormente il comparto agricolo (-4,74%), ma ad un ritmo meno accentuato rispetto a quanto avvenga nel complesso delle altre imprese (-6,70%). 57

58 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Le imprese femminili per settore SETTORE IMPRESE ATTIVE TOTALI AL TOTALE di cui: Imprese femminili % imprese femminili su totale SALDO Var. % TOTALE di cui: Imprese femminili TOTALE di cui: Imprese femminili A - Agricoltura, caccia e silvicoltura ,30% ,70% -4,74% B - Pesca,piscicoltura e servizi connessi ,76% ,45% 10,85% C - Estrazione di minerali ,37% ,28% 7,04% D - Attivita' manifatturiere ,19% ,97% 1,15% E - Prod. e distrib. energ. elettr. gas e acqua ,83% ,02% 59,39% F - Costruzioni ,81% ,53% 34,50% G - Comm. ingr. e dett. rip. beni pers.e per la casa ,55% ,39% 4,01% H - Alberghi e ristoranti ,65% ,26% 9,75% I - Trasporti, magazzinaggio e comunicazione ,12% ,10% 23,32% J - Intermediaz. monetaria e finanziaria ,53% ,11% 13,42% K - Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca ,82% ,01% 24,74% L - Pubbl.amm.e difesa, assic. sociale obbligatoria ,31% ,08% -90,70% M - Istruzione ,48% ,31% 11,39% N - Sanita' e altri servizi sociali ,95% ,59% 34,53% O - Altri servizi pubblici, sociali e personali ,12% ,67% 7,25% P - Serv. domestici presso famiglie e conv ,86% ,55% -91,18% X - Imprese non classificate ,15% ,34% -0,26% TOTALE ,02% ,59% 5,84% Fonte: Osservatorio dell'imprenditoria Femminile Unioncamere - Infocamere La stragrande maggioranza delle imprese femminili ( ) è stata costituita dopo il 1980, ed oltre di essere sono nate nel decennio Soltanto 901 sono le imprese guidate da donne iscritte al Registro Imprese antecedentemente al Le più mature appartengono al settore del commercio. Risalenti invece al sono poi aziende, le più numerose delle quali operano nelle attività immobiliari. Al decennio successivo appartengono imprese, delle quali operano nel commercio, che nel complesso risulta essere è il settore imprenditoriale femminile più longevo. 58

59 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Le imprese rosa per anno di nascita * n.c. Antecedente al 1940 Antecedente al 1940 Dal 1940 al 1949 Dal 1950 al 1959 Dal 1960 al 1969 Dal 1970 al 1979 Dal 1980 al 1989 Dal 1990 al 1999 Dal 2000 al 2009 Fonte: Osservatorio dell'imprenditoria Femminile Unioncamere Infocamere Una caratteristica dell imprenditoria femminile è il grande numero di imprese individuali. Il ricorso a questa forma giuridica risulta comunque stabile nel tempo. Tra il 2003 ed il 2007, infatti, le imprese individuali femminili sono passate da a , con un incremento di solo lo 0,08%. Al contrario, le società di capitali hanno conosciuto un vero boom, passando da a , con un aumento dell 83,69%. Aumenti consistenti riguardano anche i consorzi (+39,09%), le altre forme (+15%), le cooperative (+13%) e le società di persone (+6%). Tavola Le imprese femminili per forma giuridica SOCIETA' SOCIETA' IMPRESE DI CAPITALE DI PERSONE INDIVIDUALI COOPERATIVE CONSORZI ALTRE FORME TOTALE ,7% 6,0% 0,1% 13,9% 39,1% 15,0% 5,8% Fonte: Osservatorio dell'imprenditoria Femminile Unioncamere - Infocamere 59

60 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi 32mila imprese di donne immigrate Particolarmente significativo è il contributo delle donne straniere all espansione delle ditte individuali con titolare di genere femminile. Le cinesi si confermano di gran lunga le più numerose (sono oltre 11mila, in crescita addirittura del 111% rispetto a cinque anni fa), seguite dalle marocchine (3.438 unità) e dalle rumene (3429 unità). Tavola Le titolari di ditta individuali di altra nazionalità Paesi Titolari immigrate 2007 SALDO % ALBANIA % ARGENTINA % BRASILE % CINA % SERBIA E MONTENEGRO % MAROCCO % NIGERIA % ROMANIA % SVIZZERA % VENEZUELA % TOTALE % Fonte: Osservatorio dell'imprenditoria Femminile Unioncamere - Infocamere 3.4. Immigrati e imprese L impresa si conferma entità fulcro di integrazione dei tanti immigrati extracomunitari residenti nel nostro Paese. Nel corso del 2007 sono state le imprese individuali aperte da persone nate al di fuori dei confini dell Unione Europea. Rispetto all anno precedente, il totale delle imprese individuali gestite da titolari immigrati da paesi non appartenenti all UE è aumentato di unità, raggiungendo così il valore di imprese, l 8% in più rispetto al dato di fine Il bilancio del 2007 conferma l eccezionale vitalità dell imprenditoria immigrata, a fronte della tendenza ormai consolidata alla diminuzione complessiva delle micro-aziende condotte da italiani. Nonostante l apporto positivo dell imprenditoria immigrata, infatti, il bilancio demografico complessivo delle micro - aziende negli ultimi dodici mesi è stato deficitario per quasi 30mila unità (-0,9%). Nella classifica delle provenienze, il paese più rappresentato tra le nuove iscrizioni dello scorso anno è la Cina (6.929 i titolari nati nell impero di mezzo che hanno iscritto il proprio nome nei registri delle Camere di Commercio). Subito dietro seguono i nati in Marocco (5.756 nuovi titolari) e in Albania (5.118 nuovi imprenditori). Insieme, i primi tre paesi di provenienza hanno determinato il 47,4% delle nuove iscrizioni nel

61 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Imprese individuali con titolari non UE iscritte nel 2007 (Valori assoluti e peso % sul totale delle imprese non UE iscritte nel periodo) Paesi Imprese individuali con Peso % sul totale titolare non UE iscrizioni non UE 1) CINA ,5% 2) MAROCCO ,3% 3) ALBANIA ,6% 4) EGITTO ,7% 5) TUNISIA ,7% 6) SVIZZERA ,0% 7) BANGLADESH ,6% 8) SERBIA E MONTENEGRO ,1% 9) BRASILE 912 2,4% 10) SENEGAL 835 2,2% Altri ,7% Totale ,0% Fonte: Unioncamere-InfoCamere, Movimprese Tavola I primi 30 paesi di provenienza dei titolari di imprese individuali non UE (Imprese registrate al 31 dicembre Valori assoluti) Paesi Imprese Imprese Imprese Paesi Paesi individuali individuali individuali 1) MAROCCO ) PAKISTAN ) UCRAINA ) CINA ) ARGENTINA ) MOLDAVIA ) ALBANIA ) MACEDONIA ) AUSTRALIA ) SVIZZERA ) BRASILE ) LIBIA ) SENEGAL ) VENEZUELA ) INDIA ) TUNISIA ) USA ) IRAN ) EGITTO ) PERU' ) BOSNIA-ERZEGOVINA ) SERBIA MONTENEGRO ) CANADA ) TURCHIA ) BANGLADESH ) ECUADOR ) SRI LANKA ) NIGERIA ) ALGERIA ) ETIOPIA Fonte: Unioncamere-InfoCamere, Movimprese 61

62 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Il bilancio dei settori La crescita del 2007 si concentra per il 40% nelle costruzioni (6.603 unità in più), tradizionale settore di attività per un gran numero di cittadini immigrati che - soprattutto in questi anni di forte sviluppo del comparto - hanno finito per trasformare un rapporto di dipendenza in una forma di lavoro autonomo. Subito a ridosso segue il contributo del commercio (cresciuto di unità) e, più in là, quello delle attività manifatturiere ( imprese). Il confronto con il quadro registrato al 31 dicembre del 2006 conferma sia la dinamica sia la struttura che ha assunto ormai stabilmente la presenza degli imprenditori immigrati, nel tessuto delle nostre piccole e piccolissime imprese. Il volano dell allargamento della base imprenditoriale è costituito dall accoppiata dei settori costruzioni - commercio: insieme determinano il 72,3% di tutto il saldo dei dodici mesi passati ed il 70,7% dello stock complessivo di imprese individuali con titolare immigrato esistenti alla fine di dicembre Il resto della spinta alla crescita di questo universo proviene dalle attività manifatturiere (l 11,8% dello stock di imprese con titolare immigrato esistenti e un tasso di crescita negli ultimi dodici mesi di poco superiore al 10%) e, in modo crescente dai servizi che, con una quota pari al solo 4,2% dello stock (9.497 imprese), hanno però messo a segno nell ultimo anno una crescita vicino al 13%. Tavola Imprese individuali totali e con titolare non UE iscritte al 31 dicembre 2007 e 2006 Graduatoria dei saldi delle imprese per attività economica (Valori assoluti, saldi e variazioni %) Attività economica Imprese registrate al 31 dicembre 2007 Con titolare non UE TOTALE saldo var.% Con titolare non UE TOTALE Con titolare non UE TOTALE Costruzioni ,2% 2,7% Commercio ,8% -1,2% Attività manifatturiere ,2% -2,3% Att. immob., noleggio, informatica, ricerca ,8% 1,3% Alberghi e ristoranti ,2% -0,3% Altri servizi pubblici, sociali e personali ,9% -0,3% Agricoltura ,8% -2,9% Intermediazione monetaria e finanziaria ,1% 2,7% Istruzione ,3% -1,2% Energia ,7% 8,2% Pesca, piscicoltura e servizi connessi ,6% 1,3% Estrazione di minerali ,0% -6,8% Sanità e altri servizi sociali ,6% 1,6% Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni ,1% -4,0% Imprese non classificate ,4% 27,1% TOTALE ,0% -0,9% Fonte: Unioncamere-InfoCamere, Movimprese 62

63 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi La presenza sul territorio La concentrazione maggiore dell imprenditoria immigrata si registra in termini assoluti in Lombardia ( imprese, il 18,2% di tutte le imprese con titolare non UE), ma è la Toscana che ospita il numero più elevato di imprenditori immigrati in proporzione al numero di imprese individuali residenti: su , in pratica più di un impresa ogni 10. Il record provinciale va a Prato, dove oltre un impresa ogni quattro (il 27,4%) ha un titolare immigrato. All opposto, il valore più basso tra le regioni si rileva in Basilicata (2,2% il peso delle imprese di immigrati sul totale delle imprese individuali) mentre, tra le province, Enna è quella con la presenza più ridotta (1,5%). Tavola Imprese individuali totali e con titolare immigrato da paesi non UE - Distribuzione per regioni (Valori al 31 dicembre 2007 ) Regione Imprese individuali con titolare non UE Totale imprese individuali % non UE sul totale TOSCANA ,4% LOMBARDIA ,4% EMILIA-ROMAGNA ,9% LIGURIA ,9% FRIULI-VENEZIA GIULIA ,3% VENETO ,3% LAZIO ,0% MARCHE ,6% PIEMONTE ,2% ABRUZZO ,1% UMBRIA ,8% CALABRIA ,5% CAMPANIA ,6% SARDEGNA ,4% TRENTINO-ALTO ADIGE ,1% SICILIA ,8% VALLE D'AOSTA ,5% MOLISE ,5% PUGLIA ,9% BASILICATA ,2% ITALIA ,5% 63

64 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Imprese individuali totali e con titolare non UE Graduatoria provinciale rispetto al peso % delle imprese non UE sul totale delle imprese individuali (Valori al 31 dicembre 2007) Provincia Imprese con titolare non UE Totale imprese individuali % non UE sul totale Provincia Imprese con titolare non UE Totale imprese individuali % non UE sul totale ANCONA ,8% PRATO ,4% ASCOLI PICENO ,8% TRIESTE ,4% ROVIGO ,8% MILANO ,0% PAVIA ,6% REGGIO EMILIA ,9% LECCO ,6% FIRENZE ,8% REGGIOI CALABRIA ,5% GORIZIA ,1% TRENTO ,4% PISA ,9% ALESSANDRIA ,3% PARMA ,5% PALERMO ,3% GENOVA ,3% VERBANO C.O ,1% TERAMO ,8% L'AQUILA ,1% CATANZARO ,8% PADOVA ,1% RIMINI ,7% BIELLA ,0% TREVISO ,5% ISERNIA ,9% MANTOVA ,1% GROSSETO ,8% MODENA ,0% FERRARA ,7% BRESCIA ,0% ASTI ,7% RAVENNA ,0% VIBO VALENTIA ,6% ROMA ,0% FROSINONE ,5% MASSA CARRARA ,7% AVELLINO ,3% NOVARA ,6% SALERNO ,3% LODI ,5% MESSINA ,3% VICENZA ,4% SONDRIO ,3% PIACENZA ,4% RAGUSA ,3% IMPERIA ,4% COSENZA ,2% VARESE ,3% SASSARI ,2% PISTOIA ,2% TERNI ,2% LIVORNO ,9% CUNEO ,0% LA SPEZIA ,8% NAPOLI ,8% VERONA ,7% AGRIGENTO ,7% CASERTA ,7% CHIETI ,7% COMO ,6% CALTANISSETTA ,7% MACERATA ,6% LATINA ,7% BOLOGNA ,6% AOSTA ,5% BERGAMO ,6% SIRACUSA ,3% LUCCA ,5% CATANIA ,3% CREMONA ,3% VITERBO ,1% TORINO ,3% CAMPOBASSO ,0% PESARO E URBINO ,1% BOLZANO - BOZEN ,9% PESCARA ,1% CROTONE ,9% BELLUNO ,1% NUORO ,9% PORDENONE ,0% TRAPANI ,8% MONZA E BRIANZA ,9% RIETI ,7% SIENA ,8% BENEVENTO ,6% FORLI' - CESENA ,7% MATERA ,5% UDINE ,6% BARI ,5% SAVONA ,6% ORISTANO ,2% VENEZIA ,6% POTENZA ,0% VERCELLI ,5% TARANTO ,0% PERUGIA ,3% BRINDISI ,8% LECCE ,0% FOGGIA ,8% CAGLIARI ,9% ENNA ,5% AREZZO ,9% ITALIA ,5% Fonte: Unioncamere-InfoCamere, Movimprese 64

65 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Imprese individuali con titolare non UE Distribuzione per regioni e settori di attività economica (Valori al 31 dicembre 2007) Agricoltura Pesca Estrazione di minerali Attività manifatturiere Energia Costruzioni Commercio Alberghi e ristoranti Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni Intermediazione monetaria e finanziaria Attiv. immobiliare, noleggio, informatica, ricerca Istruzione Sanità e altri servizi sociali Altri servizi pubblici,sociali e personali Imprese non classificate TOTALE ABRUZZO BASILICATA CALABRIA CAMPANIA EMILIA- ROMAGNA FRIULI-VENEZIA GIULIA LAZIO LIGURIA LOMBARDIA MARCHE MOLISE PIEMONTE PUGLIA SARDEGNA SICILIA TOSCANA TRENTINO-ALTO ADIGE UMBRIA VALLE D'AOSTA VENETO ITALIA Fonte: Unioncamere-InfoCamere, Movimprese 65

66 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi 3.5. Il problema della dimensione aziendale In Abruzzo i processi di ristrutturazione del sistema produttivo sono stati più intensi che nel resto del Paese, dato che nella regione hanno agito anche alcuni fattori specifici, in particolare l appartenenza a un area (ossia, la direttrice adriatica, insieme con Marche e Molise), che è stata interessata nel recente passato da un modello di sviluppo del tutto peculiare, che ha portato alla nascita di aree distretto. A fronte di questi processi, tutti riconducibili alla competitività sui mercati nazionali e mondiali, è evidente il peso che assume la questione della dimensione delle aziende come fattore di efficienza. La struttura produttiva abruzzese è fortemente caratterizzata dalla elevata presenza di imprese di piccola e piccolissima dimensione, un dato che come mostra la Tavola 3.28 è piuttosto allineato con il dato medio nazionale. Prendendo in considerazione i dati provenienti dall archivio ASIA che, come già anticipato, non comprende tutti i settori produttivi 8 si nota che ben il 95.29% delle unità locali impiega fino a 9 addetti. Le unità locali delle grandi imprese rilevate dall archivio ASIA sono 43, di cui 13 unità negli altri servizi e 26 nei comparti dell industria manifatturiera. A livello provinciale l incidenza maggiore delle piccole e piccolissime imprese sul totale si rileva a L Aquila e a Pescara. (Tavola 3.28) Tavola Unità locali delle imprese attive per classe di addetti, ripartizione geografica, regione e provincia dell'unità locale. Anno 2005 (valori assoluti). *sono escluse le Isole PROVINCE 1-9 addetti addetti UNITÀ LOCALI addetti 50 addetti e più L'Aquila 22, ,909 Teramo 24, ,257 Pescara 26, ,484 Chieti 27, ,497 Abruzzo 101,144 3,097 1, ,147 Italia centrale 956,609 31,842 12,641 5,725 1,006,817 Italia meridionale 1,268,108 32,911 12,639 5,096 1,318,754 ITALIA 4,519, ,744 65,435 30,237 4,769,783 Fonte: Istat, Registro delle imprese attive (ASIA) Tavola Unità locali delle imprese attive per classe di addetti, ripartizione geografica, regione e provincia dell'unità locale. Anno 2005 (valori percentuali) *sono escluse le Isole UNITÀ LOCALI PROVINCE addetti addetti addetti addetti e più Totale L'Aquila 96.42% 2.34% 0.71% 0.53% % Teramo 94.38% 3.37% 1.55% 0.70% % Pescara 95.80% 2.74% 0.99% 0.47% % Chieti 94.74% 3.12% 1.47% 0.66% % Abruzzo 95.29% 2.92% 1.20% 0.59% % Italia centrale 95.01% 3.16% 1.26% 0.57% % Italia meridionale 96.16% 2.50% 0.96% 0.39% % ITALIA 94.75% 3.24% 1.37% 0.63% % Fonte: ns. elaborazione su Istat, Registro delle imprese attive (ASIA) Totale 8 Si veda nota 2. 66

67 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Prendendo in considerazione i dati censuari in relazione alla dimensione di impresa, si nota che ben il 92,4% di quelle abruzzesi ha una dimensione che va tra 1 e 5 addetti. Un valore assai elevato e superiore al dato medio nazionale, pari all 89%. Tavola Numero di imprese per anno di censimento e classe di numero di addetti* Classe di addetti Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale Italia e più Totale * Non sono comprese le imprese agricole Fonte: Istat, censimenti Osservando la dinamica imprenditoriale in relazione alla classe dimensionale, risulta che in Abruzzo la crescita del numero delle imprese riguarda tutte le classi dimensionali, in proporzioni non troppo diverse tra loto. Le imprese fino a 5 addetti presentano nel trentennio considerato (Tavola 3.31) un tasso di crescita inferiore a quelle di dimensione maggiore. Ciò, tuttavia, non incide in modo significativo sulla preponderanza della piccolissima e piccola impresa (la consistenza di questa classe dimensionale passa nel tempo dal 93% del totale al 90%). E buona la performance delle imprese più grandi che (secondo i dati censuari) in Abruzzo passano da 19 a 52; un progresso che non trova riscontro nelle altre realtà oggetto di questa analisi. Anche le classi di imprese tra 50 e 249 addetti avanzano a ritmi sostenuti. Le tendenze sopra evidenziate variano tra le diverse province. L aumento più consistente nel numero di imprese si registra in provincia di Teramo, seguito dal dato di Pescara. Dal punto di vista delle dimensioni di azienda però la situazione è diversa. Le grandi aziende con più di 250 addetti crescono di più in provincia di Chieti. La crescita di Pescara è dovuta principalmente al dinamismo sul fronte della piccola impresa, mentre Teramo mostra un andamento sostanzialmente omogeneo per classe dimensionale. A L Aquila la crescita segue un andamento a scacchiera, dove si registrano ritmi sostenuti per le classi tra 6 e 15 addetti, ma anche per quelle oltre i 50. Le altre classi, viceversa, osservano incrementi più modesti. Ancora in termini di classe dimensionale di azienda è interessante considerare la percentuale del numero di addetti sul totale. Se la stragrande maggioranza delle aziende si concentra sulla classe più piccola (come visto sopra la quota si aggira intorno al 90%) a livello di numero di occupati le cose sono diverse. Osservando i dati censuari si nota che nel contesto nazionale e nel Centro la percentuale di addetti nelle imprese più piccole aumenta, mentre in Abruzzo e nel Mezzogiorno si riduce in modo consistente (Tavola 1.17). In Abruzzo la quota scende dal 50,8% del 1971 al 41,3% del Per quanto riguarda le altre classi, gli andamenti sono decisamente diversi da area ad area. In Abruzzo il calo della piccola impresa si riflette su tutte le altre classi dimensionali, che dunque crescono più o meno proporzionalmente. Nel Mezzogiorno (area di appartenenza della realtà abruzzese dal punto di vista geografico-statistico) a trarne beneficio sono le imprese nelle classi comprese tra i 6 e i 50 addetti, mentre le classi dimensionali successive vivono situazioni di ripiegamento. Nel Centro, che è l area di riferimento alla quale guarda l Abruzzo, la crescita riguarda tutte le classi fino ai 49 addetti, con una brusca riduzione delle proporzioni della grande impresa, che passa da oltre 37% al 27%. Nelle tendenze evidenziate la situazione regionale è sostanzialmente analoga a quella nazionale 67

68 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Numero di addetti nelle imprese per anno di censimento e classe di numero di addetti* (dati in migliaia) Classe di addetti Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale Italia ,8 44,7 42,9 41,3 30,0 35,1 31,6 34,4 55,0 48,9 50,3 48,6 32,1 34,8 34,8 35, ,2 9,2 10,0 10,0 6,2 8,9 8,4 8,5 6,7 8,7 10,1 10,6 6,2 8,3 9,2 8, ,6 8,6 8,3 8,4 4,9 7,8 6,9 7,5 4,9 7,5 7,7 8,5 5,1 7,5 7,8 7, ,9 3,5 3,8 3,7 2,1 3,0 3,1 3,2 2,2 2,9 3,2 3,5 2,3 2,9 3,5 3, ,2 11,1 13,3 11,0 8,3 10,0 8,5 9,1 8,6 9,3 10,1 10,1 9,3 9,8 10,4 10, ,9 6,3 5,9 6,8 5,1 5,7 4,2 5,0 5,5 4,8 4,6 5,2 6,6 6,1 5,6 6, ,5 6,0 5,8 7,0 5,9 6,2 4,5 5,2 5,9 5,1 4,8 4,8 7,9 7,3 6,3 6,8 250 e più 9,9 10,6 10,0 12,0 37,5 23,3 32,8 27,0 11,3 12,7 9,4 8,7 30,5 23,4 22,5 21,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: ns. elaborazione su dati Istat, censimenti Un quadro aggiornato, seppur non comprensivo di tutti i settori produttivi, può essere delineato attingendo informazioni dall archivio ASIA. In Abruzzo, come mostra la Tavola 3.34, il 53,4% degli addetti lavora in imprese molto piccole, ossia di dimensione inferiore ai 10 addetti, mentre il 24,6% lavora nelle imprese di medio-grande e grande dimensione. Confrontando il dato regionale con quello nazionale si osserva una prossimità di percentuali degli addetti delle piccole imprese e degli addetti delle grandi imprese. Nel confronto con le ripartizioni territoriali si evidenzia, invece, una distanza marcata tra l Abruzzo e le regioni del Centro ed una sostanziale vicinanza con le regioni meridionali. Tavola Addetti alle unità locali delle imprese attive per classe di addetti, ripartizione geografica, regione e provincia dell'unità locale. Anno 2005 (Valori medi annui). *sono escluse le Isole ADDETTI PROVINCE addetti addetti addetti addetti e più Totale L'Aquila 40,110 7,029 4,841 16,548 68, Teramo 49,771 11,600 12,070 19,952 93, Pescara 47,816 9,848 7,938 16,935 82, Chieti 52,850 12,176 12,705 34, ,035 Abruzzo 190,547 40,654 37,554 87, ,494 Italia centrale 4,709, , , ,976 5,126,285 Italia meridionale 2,292, , , ,831 3,799,284 ITALIA 8,620,135 2,028,413 1,939,923 4,224,722 16,813,193 Fonte: Istat, Registro delle imprese attive (ASIA) 68

69 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Addetti alle unità locali delle imprese attive per classe di addetti, ripartizione geografica, regione e provincia dell'unità locale. Anno 2005 (composizione percentuale). *sono escluse le Isole ADDETTI PROVINCE addetti addetti addetti addetti e più Totale L'Aquila 58.53% 10.26% 7.06% 24.15% % Teramo 53.29% 12.42% 12.92% 21.36% % Pescara 57.93% 11.93% 9.62% 20.52% % Chieti 47.17% 10.87% 11.34% 30.62% % Abruzzo 53.45% 11.40% 10.53% 24.61% % Italia centrale 91.88% 3.81% 2.01% 2.30% % Italia meridionale 60.34% 11.25% 9.72% 18.68% % ITALIA 51.27% 12.06% 11.54% 25.13% % Fonte: ns. elaborazioni su Istat, Registro delle imprese attive (ASIA) Il sistema produttivo abruzzese, basato essenzialmente su aziende piccole, è dunque in una condizione di forte esposizione alle variazioni congiunturali. In ottica di mercato del lavoro ciò si traduce in una richiesta da parte delle imprese di flessibilità per far fronte alle fluttuazioni del mercato. Nondimeno, va evidenziato che le imprese, soprattutto le piccole, per poter programmare le loro attività hanno anche bisogno di una stabilità della forza lavoro, soprattutto di quella più specializzata e/o qualificata. Una particolare attenzione va dunque posta alla valorizzazione delle risorse umane, sia in termini di erogazione di formazione continua, sia in termini di tutele nei percorsi per quei lavoratori che, operando in imprese di piccola dimensione, sono più esposti degli altri all instabilità del mercato. 69

70 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi 3.6. La specializzazione produttiva della Regione Abruzzo: criticità e elementi di novità I dati censuari, riportati nella Tavola 3.35, mostrano la crucialità del settore industriale nella struttura produttiva abruzzese. Di seguito, vengono messi in evidenza i settori per i quali la regione presenta un indice di specializzazione superiore alla media nazionale, sia in termini di dipendenti che di addetti. Tra i due indicatori vi è naturalmente una notevole analogia, con l eccezione del comparto dei servizi sociali e personali, in riferimento alla componente femminile. Questo è un dato che, presumibilmente, si riferisce ad una quota di impieghi in forme autonome di collaborazione personale superiore a quella media nazionale. In termini di dipendenti, così come di addetti, spicca, per il suo peso assoluto, l indice di specializzazione nelle industrie manifatturiere, accompagnato da una specializzazione maggiore della media anche nelle costruzioni. Risulta invece debole la specializzazione in tutte le branche del settore terziario privato (solo il commercio si avvicina all unità in termini di addetti, essendo però notevolmente sottodimensionato rispetto alla media nazionale, per quota di dipendenti; un dato che testimonia una struttura ancora piuttosto arretrata), con valori particolarmente bassi nei servizi (privati) a maggiore valore aggiunto. Tavola Indice di specializzazione settoriale della Regione Abruzzo per dipendenti e per addetti, per sesso Anno 2001 Settori di attività Dipendenti Addetti Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Estrazione di minerali 1,54 1,52 1,60 1,51 1,42 1,53 Attività manifatturiere 1,13 1,23 1,18 1,11 1,18 1,14 Prod. e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua 0,81 0,67 0,83 0,83 0,66 0,83 Costruzioni 1,22 0,97 1,25 1,15 0,96 1,17 Commercio ingrosso e dettaglio; riparazione di auto, moto e beni personali 0,80 0,93 0,85 0,93 1,03 0,96 Alberghi e ristoranti 0,72 0,78 0,74 0,94 0,93 0,93 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 0,86 0,78 0,86 0,87 0,77 0,86 Intermediazione monetaria e finanziaria 0,60 0,67 0,62 0,67 0,69 0,68 Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, professionali ed imprenditoriali 0,61 0,71 0,65 0,73 0,72 0,73 Istruzione 1,07 1,12 1,06 1,09 1,09 1,06 Sanità e altri servizi sociali 0,98 0,96 0,94 1,00 0,95 0,95 Altri servizi pubblici, sociali e personali 0,86 1,00 0,92 0,97 1,14 1,04 Totale 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 Fonte, Istat censimento

71 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Se si osservano gli indici di specializzazione provinciali (di seguito si riportano quelli relativi alle imprese attive in base ai dati dell archivio Movimprese di Unioncamere) il quadro ora descritto trova conferma e si completa con più ricchi elementi di dettaglio. Gli indici di specializzazione settoriali calcolati rispetto alla consistenza delle imprese attive in ciascuna provincia (Tavola 3.36) indicano, per la provincia de L Aquila e rispetto al contesto regionale, una maggiore concentrazione-specializzazione d imprese in: - dieci branche manifatturiere (fabbricazione e macchine e apparecchi elettrici, industrie alimentari e delle bevande, fabbricazione di apparecchi medicali e di precisione e strumenti ottici, editoria e stampa, fabbricazione di mobili, imprese di raffinazione, fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche, fabbricazione e lavorazione di minerali non metalliferi, industrie del legno e fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e per comunicazione); - nel settore delle costruzioni e nell estrazione di minerali; - in alcuni rami del terziario pubblico e privato (servizi pubblici sociali e personali, attività professionali e imprenditoriali, intermediazione monetaria e finanziaria, attività immobiliari, informatica e ricerca, commercio, alberghi e ristoranti, ricerca e sviluppo). L analisi dei dati evidenzia, dunque che l industria è un settore strategico dell economia regionale. Nella provincia di Chieti la specializzazione produttiva in senso stretto si concentra nell agricoltura, caccia e silvicoltura; l indicatore supera l 1,5. Gli altri ambiti economici per i quali si osserva una concentrazione relativa d imprese sono otto branche della manifattura (le industrie alimentari e delle bevande, la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici, la produzione di metalli e loro leghe, la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, la fabbricazione e lavorazione di prodotti in metallo, la fabbricazione di altri mezzi di trasporto, la fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, le imprese di raffinazione). La situazione della provincia di Pescara, così come per quella de L Aquila, appare più articolata; sono più numerose le branche ed i rami economici sui quali si concentra la produzione rispetto all insieme delle imprese abruzzesi. La pesca, per iniziare, è un settore al limite della specializzazione e che, come si osserva, è risultato in diminuzione nell ultimo anno passando da da 1 a 0,96. Per altre branche e rami della manifattura e dei servizi gli indici sono superiori: nella manifattura, in particolare, si osservano le branche della fabbricazione di macchine per ufficio, la fabbricazione di macchine e apparecchi elettrici, la fabbricazione di apparecchi medicali, la fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche; nel terziario, si contraddistinguono, le attività di noleggio e quelle immobiliari, le attività di trasporto e comunicazione, le attività del terziario avanzato e quelle connesse all intermediazione monetaria e finanziaria. Per ciò che concerne la provincia di Teramo vi sono due importanti elementi strutturali: un numero relativamente elevato di branche manifatturiere con indici di specializzazione elevati, per un verso, e la più elevata concentrazione regionale nella pesca, piscicoltura e servizi connessi. Relativamente alle attività manifatturiere si evidenziano le specializzazioni delle industrie tessili (1,92), della fabbricazione e lavorazione della carta e dei prodotti in carta (1,86), delle confezione di articoli di vestiario e la preparazione di pellicce (2,11) e, infine, della preparazione e concia del cuoio e la fabbricazione di articoli da viaggio (3,31). 71

72 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi Tavola Province dell Abruzzo: indici di specializzazione settoriale delle imprese attive. Anni 2005, 2006 e 2007 Settori L Aquila Chieti Pescara Teramo Agricoltura, caccia e silvicoltura 0,77 0, ,50 1, ,65 0, ,83 0, Pesca,piscicoltura e servizi connessi 0,10 0, ,62 0, ,98 1, ,28 2, Estrazione di minerali 1,73 1, ,68 0, ,12 1, ,73 0, Attivita' manifatturiere 0,95 0,94 n.d. 0,85 0,86 n.d 0,95 0,94 n.d. 1,29 1,29 n.d. Industrie alimentari e delle bevande 1,06 1, ,00 1, ,99 1, ,96 0, Industrie tessili 0,65 0, ,71 0, ,89 0, ,81 1, Confez.articoli vestiario;prep.pellicce 0,45 0, ,64 0, ,89 0, ,07 2, Prep.e concia cuoio;fabbr.artic.viaggio 0,12 0, ,41 0, ,23 0, ,28 3, Ind.legno,esclusi mobili;fabbr.in paglia 1,58 1, ,87 0, ,70 0, ,99 0, Fabbric.pasta-carta,carta e prod.di carta 0,69 0, ,82 0, ,54 0, ,94 1, Editoria,stampa e riprod.supp.registrati 1,04 1, ,78 0, ,29 1, ,00 1, Fabbric.coke,raffinerie,combust.nucleari 1,26 1, ,50 1, ,10 1, ,00 0, Fabbric.prodotti chimici e fibre sintetiche 1,33 1, ,65 0, ,36 1, ,87 0, Fabbric.artic.in gomma e mat.plastiche 0,81 0, ,06 1, ,95 0, ,13 1, Fabbric.prodotti lavoraz.min.non metallif. 1,36 1, ,79 0, ,67 0, ,30 1, Produzione di metalli e loro leghe 0,86 0, ,09 1, ,84 0, ,15 1, Fabbricaz.e lav.prod.metallo,escl.macchine 0,96 0, ,09 1, ,90 0, ,00 1, Fabbric.macchine ed appar.mecc.,instal. 0,51 0, ,04 1, ,22 1, ,14 1, Fabbric.macchine per uff.,elaboratori 0,73 0, ,98 0, ,16 1, ,10 1, Fabbric.di macchine ed appar.elettr.n.c.a. 1,07 1, ,66 0, ,36 1, ,08 1, Fabbric.appar.radiotel.e app.per comunic. 1,62 1, ,52 0, ,10 1, ,05 0, Fabbric.appar.medicali,precis.,strum.ottici 1,12 1, ,60 0, ,39 1, ,08 1, Fabbric.autoveicoli,rimorchi e semirim. 0,65 0, ,22 1, ,86 0, ,12 1, Fabbric.di altri mezzi di trasporto 0,52 0, ,06 1, ,16 1, ,16 1, Fabbric.mobili;altre industrie manifatturier 1,09 1, ,70 0, ,11 1, ,24 1, Recupero e preparaz. per il riciclaggio 0,57 0, ,92 0, ,05 1, ,42 1, Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 2,09 2, ,77 0, ,64 0, ,76 0, Costruzioni 1,20 1, ,80 0, ,97 0, ,13 1, Comm.ingr.e dett.;rip.beni pers.e per la cas 1,07 1, ,82 0, ,26 1, ,95 0, Alberghi e ristoranti 1,40 1, ,76 0, ,88 0, ,12 1, Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 0,93 0, ,82 0, ,37 1, ,96 0, Poste e telecomunicazioni 1,07 1, ,44 0, ,36 1, ,37 1, Intermediaz.monetaria e finanziaria 1,05 1, ,88 0, ,23 1, ,90 0, Interm.mon.e finanz.(escl.assic.e fondi p.) 0,40 0, ,83 0, ,72 1, ,04 1, Assic.e fondi pens.(escl.ass.soc.obbl.) 0,00 0, ,60 0, ,64 1, ,78 1, Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 1,08 1, ,74 0, ,30 1, ,01 1, Attivita' immobiliari 0,95 0, ,61 0, ,27 1, ,33 1, Noleggio macc.e attrezz.senza operat. 1,29 1, ,82 0, ,28 1, ,74 0, Ricerca e sviluppo 1,28 1, ,93 0, ,12 0, ,76 0, Altre attivita' professionali e imprendit. 1,05 1, ,77 0, ,34 1, ,95 0, Istruzione 1,07 1, ,78 0, ,57 1, ,72 0, Sanita' e altri servizi sociali 1,12 1, ,92 0, ,06 1, ,95 0, Altri servizi pubblici,sociali e personali 1,02 1, ,88 0, ,13 1, ,03 1, Fonte: ns. elaborazione su dati Unioncamere, Movimprese 72

73 3. Il sistema produttivo ed economico: caratteri strutturali ed evolutivi L analisi dei dati evidenzia, dunque che l industria è un settore strategico dell economia regionale: risalta infatti per il suo peso assoluto l indice di specializzazione, superiore all unità nelle industrie manifatturiere (superiore in ben dieci branche), accompagnato da una specializzazione maggiore della media anche nelle costruzioni. Risulta invece debole la specializzazione in tutte le branche del settore terziario privato. Soltanto il commercio si avvicina all unità in termini di addetti, con valori particolarmente bassi nei servizi privati a maggiore valore aggiunto, che sono anche quelli con la migliore dinamica occupazionale. 73

74 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione GLI ASPETTI QUALITATIVI DELL OCCUPAZIONE 74

75 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione 4.1. La struttura dell occupazione e le dinamiche settoriali I caratteri dell'economia abruzzese presentano alcune peculiarità sia rispetto al resto dell'italia che rispetto alle circoscrizioni territoriali cui l Abruzzo può essere accomunato, ossia per appartenenza storica e geografica al Mezzogiorno, e per tipologia del modello di sviluppo socio - economico al Centro Italia. Un quadro sintetico della dinamica complessiva del mercato del lavoro in Abruzzo nel 2007 mostra una situazione tendenzialmente positiva: la regione sembra essersi inserita nella recente ripresa congiunturale, anche se bisogna evidenziare come la crescita della occupazione sia piuttosto bassa rispetto a tutte le altre regioni italiane, (l Abruzzo è solo al terzultimo posto seguita solo da Piemonte e Campania). Nell ultimo anno il mercato del lavoro nella regione ha proseguito la propria performance positiva: sono aumentati gli occupati ed è diminuita la disoccupazione, anche se l aumento dell occupazione risulta di molto inferiore al tasso medio nazionale. L incremento occupazionale ha interessato esclusivamente il terziario, mentre l industria ha subito una seppur lieve diminuzione, sono cresciute di più le figure indipendenti rispetto a coloro che sono dipendenti, prevalentemente i maschi più che le femmine, e la crescita ha interessato maggiormente Chieti, seguita da Teramo e L Aquila, mentre non ha interessato Pescara che, invece, da ben due anni vede una diminuzione degli occupati totali. Per quanto riguarda in particolare l analisi dei tassi di occupazione emerge chiaramente che nel 2007 il tasso continua ad aumentare, anche se ad un ritmo rallentato rispetto all'anno precedente. Nell ultimo anno il tasso di occupazione complessivo è cresciuto dello 0,1 % (media Italia = +0,1%) mentre quello relativo alla popolazione in età attiva è dello 0,2% in più (media Italia = +0,3%). Nella Regione Abruzzo registriamo la crescita, in particolare, per la classe di età anni e soprattutto tra i maschi, mentre è in discesa il segmento femminile; la popolazione attiva passa dal 57,6% del 2006 al 57,8% nell anno successivo, ma anche il tasso nazionale cresce di 0,3 punti percentuali rispetto all anno precedente. Il trend pluriennale di crescita dell occupazione in Abruzzo, perdurato fino agli anni Ottanta, subisce una crisi intorno agli anni Novanta, per poi tornare a godere di buona salute. Già questi primi dati inducono ad essere ottimisti per quanto riguarda le prospettive dell'occupazione, dato che almeno nei valori quantitativi il numero degli occupati in Abruzzo, da ben 10 anni, è sempre cresciuto, eccezion fatta per il Bisogna però tenere sempre d'occhio l andamento del settore industriale, poiché, se da un lato, nonostante le vicissitudini e le trasformazioni intervenute nel sistema economico internazionale ed italiano, esso si mantiene sempre intorno alle 150 mila unità, con piccole oscillazioni a volte al di sopra e a volte al di sotto di tale livello, d'altro canto non mostra più un trend di crescita dell'occupazione, che risulta essere ferma per quanto riguarda i valori medi annui. Come vedremo, se si considerano i dati trimestrali, si può viceversa notare un positivo risveglio negli ultimi trimestri di questo settore che, se confermato anche in futuro, potrebbe portare ad una affermativa rivalutazione del comparto. Un altro punto dolente è rappresentato dalla qualità del lavoro che il mercato offre, per cui se da un lato la flessibilizzazione ha dato una scossa alla dinamica del mercato, favorendo i livelli numerici dell occupazione, d altro canto ha anche causato un abbassamento degli standard qualitativi del lavoro, in termini di norme contrattuali, durata e tempi di lavoro, garanzie, retribuzioni. 75

76 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Tavola 4.1. Tassi di occupazione per regione e ripartizione geografica, sesso e classi di età Anni CLASSI DI ETA ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE 55,8 32,9 44,0 56,4 32, ,9 32, ,2 15,5 21,5 26,1 15, ,9 15,3 23, ,7 24,2 35,8 47,8 25,8 36,6 47,4 23,9 35, ,8 44,7 57,2 70,4 44, ,4 44,1 57,8 ITALIA CENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE 57,6 37,7 47,2 58,7 37,9 47,8 58,8 38,3 48, ,2 21,1 25,3 30,9 21,2 26,1 29,5 21,0 25, ,1 26,0 35,1 45,7 25,3 35,1 47,0 27,3 36, ,4 50,8 61,0 72,9 51,3 62,0 73,0 51,8 62,3 ITALIA MERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE 51,5 23,5 37,0 51,7 24,2 37,4 51,4 24,1 37, ,3 12,4 17,5 22,9 12,7 17,9 22,5 11,8 17, ,1 18,6 32,4 47,8 19,4 33,2 48,2 20,1 33, ,9 30,1 45,8 62,3 31,1 46,6 62,2 31,1 46,5 ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE 57,2 34,1 45,3 57,7 34,8 45,8 57,7 35,0 45, ,9 20,8 25,5 30,6 20,1 25,5 29,6 19,5 24, ,7 20,8 31,4 43,7 21,9 32,5 45,1 23,0 33, ,7 45,3 57,5 70,5 46,3 58,4 70,7 46,6 58,7 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 76

77 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Tavola (segue) Tassi di occupazione per provincia, sesso e classi di età Anni CLASSI DI ETA L'AQUILA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE 54,1 33,0 43,2 53,2 35, ,4 33,9 43, ,6 9,9 13,7 14,0 16, ,3 12,3 20, ,9 28,1 38, ,8 45,4 56,7 66,3 48, ,2 46,6 57,6 TERAMO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE 56,3 34,8 45,2 58,4 34, , , ,5 21,2 25,1 31,7 16, ,3 17,3 28, ,7 24,4 36, ,8 46,3 58,6 72,5 46, ,1 45,2 59,7 PESCARA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE 56,7 33,2 44,4 56,0 29, ,9 29,1 41, ,3 16,3 24,2 29,4 17, ,4 19,0 22, ,7 24,4 36, ,6 44,3 57,3 69,3 39, ,0 39,3 54,5 CHIETI MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE 56,0 31,4 43,2 57,7 32, ,9 33,1 45, ,6 15,1 22,8 29,3 13, ,5 12,8 22, ,1 24,5 36, ,1 43,1 56,6 73,0 44, ,1 45,3 59,1 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Nell ambito della scomposizione per età del tasso di occupazione, viene posta l enfasi sulle due classi marginali della popolazione attiva e cioè su quella giovanile di anni e quella ricomrpesa tra anni, elementi portatori di riferimenti e contenuti socio-economici estremamente rilevanti. Per quanto riguarda l occupazione giovanile si denota una stabilizzazione nell ultimo anno in Italia, con una crescita, seppure minima, anche in Abruzzo. Il confronto con le altre ripartizioni geografiche mette in evidenza una crescita del tasso di occupazione complessivo anche in Italia Centrale, ma diminuisce nella fascia di età più giovanile e lo stesso vale per l Italia Meridionale. In termini di indicatori del mercato del lavoro, il tasso di occupazione regionale per la classe di età anni è del 57,6% nel 2006 ed è in aumento, anche se cresce di meno rispetto alla media italiana, e si mantiene vicino a quello delle altre regioni del Centro (62,0%) ed a quello italiano in generale (58,4%). Mentre il tasso di disoccupazione diminuisce al 6,5% e si mantiene al di sotto della media nazionale (6,8%), è comunque vicino a quello delle regioni del Centro (6,1%). Se si considera l andamento storico del tasso di occupazione totale regionale per la classe di età anni, si nota che nel corso degli anni Novanta esso si mantiene sempre vicino, tra alti e bassi, alla media italiana; in alcuni anni l'ha addirittura superato, ma nell'ultimo triennio è ritornato di nuovo al di sotto di tale soglia. Per quanto riguarda gli obiettivi fissati nell ambito dell Unione Europea si tenga presente che il Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000 delineò un programma di rinnovamento sociale ed economico da attuare negli stati membri per il decennio successivo. Tra i vari parametri indicativi sul raggiungimento degli obiettivi di tale programma furono individuati un tasso di occupazione anni del 70%, un tasso di occupazione femminile anni del 60% ed un tasso di occupazione dei lavoratori più anziani (55-64 anni) pari al 50%. 77

78 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Grafico Occupati totali in Abruzzo dal OCCUPATI TOTALI IN ABRUZZO DAL Migliaia Anni Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Grafico Occupati totali in Italia dal OCCUPATI TOTALI IN ITALIA DAL Migliaia Anni Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 78

79 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Grafico Tasso di occupazione specifico (età 15 anni e più) in Abruzzo e in Italia dal 1990 TASSO DI OCCUPAZIONE SPECIFICO (ETA' 15 ANNI E PIU') IN ABRUZZO E IN ITALIA DAL % NUOVA SERIE Anni Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Abruzzo Italia Scendendo a livello provinciale è opportuno soffermarsi sul tasso di occupazione più significativo e cioè quello anni. Si può subito constatare come le differenze nei livelli occupazionali siano abbastanza contenute tra le province. Nell ultimo anno sono stati registrati tassi del 57.6 % a L Aquila, del 59.7% a Teramo, del 54.5% a Pescara e del 59.1 % a Chieti; la forbice si è tuttavia ampliata nell ultimo anno, mentre le differenze sono state meno marcate nel Tutte le province, attualmente, vivono un aumento del tasso di occupazione, seppur di poco, anche se tra di esse Pescara è indubbiamente la provincia che gode meno di tutte di tale privilegio, con solo un + 0,1% nel 2007 rispetto all anno precedente. Il dato sull occupazione per settore di attività economica e per posizione professionale può contare su una serie storica di dati più lunga in quanto sia stato oggetto di ricostruzione e diffusione da parte dell Istat. Dall analisi per settori di attività economica del mercato del lavoro abruzzese appare chiaro, considerando la dinamica dell occupazione e le caratteristiche del tessuto imprenditoriale, come in Abruzzo l Industria sia un settore strategico trainante dell economia locale: gli esempi offerti dalle vicende recenti nell Aquilano e nel Sulmonese, sono eloquenti per ciò che riguarda le pesanti conseguenze sulla realtà economica e più ancora su quella sociale, di un processo di deindustrializzazione del sistema produttivo territoriale. Se si esaminano più in dettaglio le caratteristiche della specializzazione produttiva della regione troviamo un ulteriore conferma di questo aspetto di cruciale importanza. 79

80 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione L esame più dettagliato per settori di attività economica mostra una sorta di stabilizzazione dell occupazione in Agricoltura negli anni Duemila. In questi ultimi anni, dopo un trend in diminuzione durato per quasi un secolo e mezzo, il numero degli occupati in agricoltura è aumentato di unità tra il 2006 e il 2007; per cui nel complesso abbiamo maschi impiegati nell Agricoltura e femmine. La ripresa del settore è data proprio dal contributo delle donne, che rappresentano il 4,1% del totale, contro una media nazionale del 3%. Il calo dell occupazione agricola continua a produrre effetti negativi sullo spopolamento e l invecchiamento demografico delle campagne e delle aree interne - montane della regione, con conseguenze sull'assetto ambientale. La crescita dell occupazione nell Industria, processo che in Abruzzo ha avuto inizio già nei primi anni 30, è proseguita fino all intero decennio Ottanta, seppur con un ritmo più lento rispetto ai periodi precedenti. Gli anni Novanta sono caratterizzati da un trend in diminuzione, durato fino al 2003; nel 2004 il numero di occupati si mantiene stabile sulle unità, nel 2005 riprende a crescere tornando a occupati, nel 2006 scende alle unità, nel 2007 c è una ripresa che porta a ben unità, un massimo storico nella nostra regione: si tratta del 32% del totale degli occupati superando addirittura la media nazionale che si attesta al 30,1%, rimanendo invariata rispetto al Il settore delle Costruzioni si mantiene tendenzialmente in calo fino al 1999, risale nel 2001, ricomincia a scendere fino al 2004, riprende a salire nel 2005 a addetti e nel 2006 sale a , fino a salire ancora nel 2007, quando si hanno occupati nel settore. La crescita che ha caratterizzato il settore delle Altre Attività tra gli anni Settanta e Novanta, continua anche negli anni Duemila, nel 2004 gli occupati erano unità, nel 2005 salgono a , nel 2006 arrivano a e nel 2007, a causa di un calo, si ritorna ai livelli del Il settore in Abruzzo rappresenta il 63,7% dell occupazione totale, contro la media nazionale del 65,9%. In particolare è il Commercio il settore più dinamico, che passa da occupati nel 2004, a nel 2005 ed a nel

81 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Grafico Occupati in Abruzzo per settore di attività economica dal OCCUPATI IN ABRUZZO PER SETTORE DAL Migliaia NUOVA SERIE NUOVA SERIE Anni Agricoltura Industria Altre attività Totale Costruzioni Commercio Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 81

82 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Tavola 4.6. Occupati in complesso per regione, settore di attività economica e sesso Anni (dati in migliaia) SETTORI DI ATTIVITA ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIACENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui:costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIAMERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola (segue) Occupati in complesso per regione, settore di attività economica e sesso Anni (dati in percentuale) SETTORI DI ATTIVITA ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIACENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui:costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIAMERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 82

83 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Tavola (segue) Occupati in complesso per provincia, settore di attività economica e sesso Anni (dati in migliaia) SETTORI DI ATTIVITA L'AQUILA MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio TERAMO MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio PESCARA MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio CHIETI MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTREATTIVITÀ Di cui: Commercio Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 83

84 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione La presenza dell occupazione atipica, vale a dire il lavoro a tempo parziale ed a tempo determinato, si fa sentire in maniera differenziata nei diversi settori di attività: nel settore Agricoltura si ha solo il 3,9 % di occupati a tempo determinato sul totale occupati con tale tipologia di lavoro; nell Industria abbiamo un incidenza maggiore ( 27,4%), mentre sembra significativo il numero degli occupati a tempo determinato nel settore Altri Servizi che risulta essere di unità ovvero il 68,6% degli occupati a tempo; si tratta infatti di un settore che risente della stagionalità e quindi oscilla tra periodi di maggiore richiesta di forza lavoro e periodi meno dinamici. Anche per quanto riguarda il lavoro a tempo parziale sembra essere preferito dagli occupati nel settore Servizi, (85,2%). Riguardo la posizione nella professione, incrociando i dati degli occupati con il settore di attività economica, non emergono differenze evidenti rispetto al quadro riguardante l occupazione nel suo complesso. Nell ultimo Ventennio la quota del lavoro dipendente è andato costantemente aumentando passando dal 68% nei primi anni Novanta al 71,7% del Se si analizzano gli ultimi tre anni, emerge che in Abruzzo gli occupati - dipendenti aumentano di unità: il settore che beneficia maggiormente di tale incremento è l Industria, mentre è poco significativo nell Agricoltura, dove invece c è una maggiore incidenza di indipendenti. L Agricoltura italiana è interessata da un processo di ristrutturazione di un settore che assorbe poca occupazione ma che negli ultimi anni risulta molto dinamico e rivolto ad un modello di stampo più imprenditoriale rispetto alla tradizionale struttura centrata sulla piccola proprietà. Tale processo, di ordine generale, sembra iniziare a trovare terreno fertile anche in Abruzzo: aumentando il numero degli occupati dipendenti si può, infatti, presumere un aumento di imprese agricole più grandi. Nell industria la quota di lavoro dipendente si mantiene intorno all 80%, passando dall 80,1% nel 2005, al 78,5% nel 2006 e infine al 79,5% nel 2007,mentre il numero degli indipendenti è stabile intorno alle unità. Nel terziario la quota di lavoro dipendente è scesa rispetto agli ultimi tra anni, passando dal 72,2% nel 2005 al 71,3% nel 2006 e al 70,6% nel E importante sottolineare il peso preminente che il lavoro indipendente ha in Italia, che non trova riscontro nella situazione dei nostri partner europei e che colloca l Italia negli ultimi posti tra i Paesi europei. E pur vero che il lavoro dipendente mostra una tendenza all aumento ed il lavoro indipendente tendenzialmente dovrebbe decrescere in una prospettiva di lungo periodo. Tuttavia, la dimensione media delle aziende italiane vede il prevalere della piccola impresa che determina una situazione di debolezza del sistema produttivo italiano ed una conseguente scarsa crescita e presenza del lavoro dipendente Se esaminiamo territorialmente la situazione, possiamo verificare che le tendenze non presentano differenze eccessive, benché tra le province abruzzesi si evidenzino alcune diversità, di cui alcune accentuatesi più di recente. E difficile stabilire se le tendenze più recenti siano tendenze di lungo periodo di stabilizzazione o se si tratti solo di un rallentamento del ritmo di crescita del lavoro dipendente, in quanto si deve tener conto del fatto che,negli anni , c è stata una diminuzione del loro peso, nel 2005 di nuovo una crescita e nel 2006 una diminuzione. 84

85 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Grafico Occupati in Abruzzo per posizione professionale dal OCCUPATI IN ABRUZZO PER POSIZIONE PROFESSIONALE DAL Migliaia NUOVA SERIE Tr imestr i Dip endenti Ind ipend enti Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Grafico Occupati alle dipendenze sul totale occupati dal 2004 Dati percentuali 75,0 OCCUPATI ALLE DIPENDENZE SUL TOTALE OCCUPATI (%) 74,0 73,0 72,0 71,0 70,0 69,0 ABRUZZO ITALIA CENTRALE ITALIA M ERIDIONALE ITALIA 68, Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 85

86 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Tavola 4.9. Occupati alle dipendenze per provincia, settore di attività economica e sesso Anni (dati in migliaia) SETTORI DI ATTIVITA ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTRE ATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIA CENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTRE ATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIA MERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTRE ATTIVITÀ Di cui: Commercio ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTRE ATTIVITÀ Di cui: Commercio Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro Tavola (segue) Occupati alle dipendenze per provincia, settore di attività economica e sesso Anni (dati in migliaia) SETTORI DI ATTIVITA L'AQUILA MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTRE ATTIVITÀ Di cui: Commercio TERAMO MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTRE ATTIVITÀ Di cui: Commercio PESCARA MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTRE ATTIVITÀ Di cui: Commercio CHIETI MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE Agricoltura INDUSTRIA Di cui: Costruzioni ALTRE ATTIVITÀ Di cui: Commercio Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro *I valori sono arrotondati all unità (naturalmente in migliaia di unità), per cui a volte dove è indicato lo zero potrebbe intendersi come 0,5, vale a dire 500 mila. 86

87 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Grafico Occupati in complesso per settore di attività economica nel 2007 (Composizione percentuale) 80,0 OCCUPATI IN COMPLESSO PER SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA (%) Anno ,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale Italia Agricoltura Industria Altre attività Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Grafico Occupati dipendenti per settore di attività economica nel 2007 (Composizione percentuale) 80,0 OCCUPATI DIPENDENTI PER SETTORE DI ATTIVITA' ECONOMICA (%) Anno ,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale Italia Agricoltura Industria Altre attività Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 87

88 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Tavola Occupati indipendenti come proporzione dell'occupazione totale per provincia, settore di attività economica e sesso Anni SETTORI DI ATTIVITA ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE Totale TOTALE 29,9 24,1 27,6 30,4 24,5 28,1 30,0 25,4 28,3 Agricoltura 76,9 75,0 76,2 69,2 80,0 72,2 67,2 73,8 69,8 INDUSTRIA 20,5 17,2 19,9 22,8 15,4 21,5 21,1 18,5 20,6 Di cui: Costruzioni 36,6 33,3 38,6 39,5 0,0 37,8 41,9 11,0 40,5 ALTRE ATTIVITÀ 33,1 22,1 27,8 33,3 23,8 28,7 34,3 24,3 29,5 Di cui: Commercio 51,0 34,3 53,3 48,1 37,1 42,7 ITALIA CENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE Totale TOTALE 31,4 22,1 27,5 31,2 21,4 27,2 30,8 21,0 26,7 Agricoltura 53,5 61,0 55,9 53,7 57,4 55,6 50,4 59,7 53,7 INDUSTRIA 27,4 16,1 24,8 26,7 15,5 24,1 26,8 14,9 24,1 Di cui: Costruzioni 43,4 22,2 42,3 40,3 26,3 39,4 40,3 15,2 39,1 ALTRE ATTIVITÀ 32,5 22,3 27,5 32,6 21,3 27,1 32,2 21,1 26,7 Di cui: Commercio 51,4 36,5 45,2 48,7 37,2 44,0 41,5 ITALIA MERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE Totale TOTALE 29,0 21,7 26,6 29,2 21,7 26,7 29,2 21,8 26,7 Agricoltura 41,3 32,0 38,3 39,8 30,8 36,9 42,1 34,7 39,8 INDUSTRIA 22,9 19,8 22,5 23,9 19,7 23,4 23,2 18,8 22,7 Di cui: Costruzioni 29,7 29,4 29,7 30,2 31,3 30,3 28,7 24,3 28,5 ALTRE ATTIVITÀ 30,6 21,1 26,8 30,7 21,0 26,7 30,8 21,1 26,8 Di cui: Commercio 53,8 45,6 51,0 53,5 44,4 50,6 49,5 ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE Totale TOTALE 30,7 20,6 26,7 30,3 20,5 26,4 30,0 20,0 26,1 Agricoltura 55,5 50,0 54,0 53,2 48,0 51,6 52,8 50,5 52,1 INDUSTRIA 23,6 13,1 21,3 23,5 13,3 21,2 23,5 13,1 21,3 Di cui: Costruzioni 38,8 25,2 38,0 38,2 24,5 37,4 38,0 22,8 37,2 ALTRE ATTIVITÀ 33,5 21,0 27,5 33,0 20,8 27,2 32,7 20,2 26,7 Di cui: Commercio 50,7 36,2 45,0 48,5 35,4 43,3 48,0 34,2 42,3 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola (segue) Occupati indipendenti come proporzione dell'occupazione totale per provincia, settore di attività economica e sesso Anni SETTORI DI ATTIVITA L'AQUILA MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE 24,6 20,0 22,8 23,3 27,9 Agricoltura 100,0 100,0 50,0 50,0 55,7 INDUSTRIA 17,4 25,0 18,5 14,8 24,4 Di cui: Costruzioni 42,9 100,0 37,5 30,0 41,1 ALTRE ATTIVITÀ 25,0 17,5 22,4 24,4 27,6 Di cui: Commercio TERAMO MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE 33,3 24,4 29,6 30,5 28,9 Agricoltura 66,7 0,0 75,0 75,0 51,4 INDUSTRIA 24,2 10,0 20,9 25,0 23,0 Di cui: Costruzioni 38,5 0,0 42,9 46,2 40,9 ALTRE ATTIVITÀ 41,2 26,5 31,3 32,4 31,2 Di cui: Commercio PESCARA MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE 31,9 28,3 29,1 31,3 32,9 Agricoltura 50,0 100,0 75,0 50,0 64,2 INDUSTRIA 23,1 33,3 25,0 17,9 23,7 Di cui: Costruzioni 33,3 100,0 33,3 33,3 46,1 ALTRE ATTIVITÀ 32,6 26,3 29,6 34,9 35,4 Di cui: Commercio CHIETI MASCHI FEMMINE TOTALE TOTALE TOTALE TOTALE 31,9 28,3 29,1 27,6 24,7 Agricoltura 50,0 100,0 75,0 80,0 87,0 INDUSTRIA 23,1 33,3 25,0 22,0 15,1 Di cui: Costruzioni 33,3 100,0 33,3 45,5 32,5 ALTRE ATTIVITÀ 32,6 26,3 29,6 25,0 24,5 Di cui: Commercio Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 88

89 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Nell esame dei dati dell' occupazione a livello provinciale, gli occupati nel 2007 sono a L Aquila ( rispetto al 2006), a Teramo (+2.000), a Pescara (invariato rispetto al 2006), a Chieti (+1.000). La provincia di Teramo risulta pertanto quella che registra il maggior incremento occupazionale in valori assoluti, mentre la provincia di Chieti mostra un saldo positivo di occupati soprattutto tra il 2005 e il 2006; Pescara è l unica provincia che non subisce variazioni di nessun tipo, anzi tende ad un assestamento dopo la perdita dei occupati tra il 2005 e il Per quanto riguarda il tasso di occupazione totale regionale per la classe di età 15 anni e più, nel 2007 Teramo guida la classifica con il 46,2%, segue Chieti con il 45,1%, e quindi L Aquila con il 43,8% (stabile rispetto all anno precedente); Pescara con il 41, 9% è la meno incoraggiante. Il tasso di attività aumenta in tutte le province eccetto che a Pescara, dove diminuisce. Se si considera l'analisi per settori di attività economica, nel 2007 la provincia di Chieti mostra ancora una volta una forte presenza di occupati in Agricoltura con unità, segue Teramo con (stabile rispetto al 2006), quindi seguono, L'Aquila con ( ) e Pescara con unità ( rispetto al 2006). Nell Industria, nel 2007, vi sono occupati a Chieti ( rispetto al 2006), a Teramo (+1.000), a Pescara (+1.000), a L Aquila (+4.000). Si può constatare una lenta ripresa nella provincia di Pescara ed un consistente incremento nell area Teatina. Teramo ha il maggior numero di occupati nelle Costruzioni con unità (+1.000), segue Pescara con unità (stesso livello del 2006), Chieti con (-1.000) e quindi L Aquila con (+2.000). Nel settore delle Altre Attività gli occupati sono a Chieti ( ), a L Aquila (-5.000), a Pescara (-2.000), a Teramo (stabile). Accade, dunque, che tutte le province subiscono un calo o comunque una battuta d arresto. In conclusione, si può dire che il 2007 è stato un anno positivo per quanto riguarda l occupazione nel settore dell Industria che aumenta in tutte le province, l Agricoltura è in ripresa soprattutto nell aquilano, mentre non chiude in positivo il settore delle Altre Attività soprattutto a Chieti e L Aquila. Nelle province, compiendo una analisi per settori, si riscontrano sostanziali differenze riguardo alla struttura dell occupazione: in maniera direttamente proporzionale alle diversità tra il territorio interno della regione e delle aree costiere, sia relativamente alla natura del terreno e sia in merito alla storia, si sono determinate forme di conduzione delle aziende agricole e di organizzazione degli assetti sociali molto differenziati tra loro. Le colture estensive e le conduzioni mezzadrili hanno infatti storicamente inciso particolarmente nelle zone dell Aquilano e del Teramano, lasciando tutt ora presenti e palesi le diversità formatesi nella struttura dell occupazione. Per quanto riguarda il settore Agricoltura, vi è una forte incidenza di lavoratori indipendenti nella provincia di Chieti, con quasi il 90% del totale degli occupati nel settore; altrettanto significativa è la massiccia presenza di occupati alle dipendenze nel settore dell Industria nella provincia di Chieti, ciò per effetto della vitalità delle imprese del comparto, ubicate nella vasta area industrializzata della Val di Sangro. Sembra invece ben distribuita la presenza di lavoratori dipendenti nel settore delle Costruzioni. Nel terziario il peso dei dipendenti risulta maggiormente equilibrato e le differenze tra province si attenuano: si va dal 64% in provincia di Pescara, al 69% di Teramo, al 75,8% di Chieti e al 72,8% di L Aquila. Anche qui la differenza può essere riferita in particolare alla presenza più o meno consistente di sedi della Pubblica Amministrazione, di altri soggetti pubblici, di servizi pubblici, ma anche alla presenza di insediamenti della grande distribuzione commerciale. Tavola Occupati per settore di attività economica, posizione professionale, regione e provincia Anno 2007 (Distribuzione percentuale) REGIONI E PROVINCE AGRICOLTURA INDUSTRIA DI CUI: IN SENSO STRETTO SERVIZI TOTALE DIPENDENTI INDIPENDENTI DIPENDENTI INDIPENDENTI DIPENDENTI INDIPENDENTI DIPENDENTI INDIPENDENTI DIPENDENTI INDIPENDENTI Abruzzo 30,0 70,0 79,5 20,5 87,7 12,3 70,6 29,4 71,7 28,3 L'Aquila 40,0 60,0 74,2 25,8 84,2 15,8 72,8 27,2 71,8 28,2 Teramo 50,0 50,0 75,6 24,4 83,9 16,1 69,0 31,0 70,8 29,2 Pescara (50,0) (50,0) 75,8 24,2 94,1 (5,9) 64,1 35,9 67,0 33,0 Chieti (11,1) 88,9 84,2 15,8 87,2 12,8 75,8 24,2 75,1 24,9 Italia 47,8 52,2 78,7 21,3 84,9 15,1 73,3 26,7 73,9 26,1 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro (percentuali elaborate da noi). *Le stime contrassegnate con [. ] presentano un errore campionario superiore al 25% 89

90 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione 4.2 Tipologie e forme flessibili d impiego. Il lavoro atipico. Secondo una comune corrente di pensiero, il mercato del lavoro italiano è stato per molto tempo, o almeno tale si riteneva, piuttosto rigido e caratterizzato da vincoli normativi che ne limitavano, in qualche misura, le possibilità di ulteriore crescita. Essa teorizzava che tale eccessiva rigidità potesse favorire il ricorso al lavoro nero ed incoraggiasse, inoltre, forme di evasione dagli obblighi fiscali, contributivi, antinfortunistici. Partendo da un simile schema concettuale si è dato il via, negli ultimi decenni, ad interventi di tipo soft e graduali di riforma del settore, agendo attraverso l introduzione di elementi modificativi della normativa, elementi di flessibilizzazione, deroghe, eccezioni, diverse forme cioè di alleggerimento dello stesso sistema. Se osserviamo oggi il mercato del lavoro da un punto di vista qualitativo, notiamo un forte discostamento dalla visione rigida del suo assetto, comune ad un tempo. In Italia, con ritardo rispetto agli altri paesi industrializzati, sono stati apportate svariate innovazioni al fine di rendere il sistema maggiormente flessibile e meno ingessato. Tali strumenti (dal pacchetto Treu passando per la Legge Biagi ), hanno riguardato sia la tipologia della prestazione lavorativa, sia la durata del rapporto di lavoro, nonché la modifica della normativa in materia contrattuale. Agire la flessibilità, è questo il modello di dispositivo che ha maggiormente contribuito a determinare i cambiamenti nella struttura del mercato del lavoro, anche se il bilancio dell operazione di rinnovamento non può essere interpretato solo positivamente, contenendo purtroppo anche risvolti fortemente negativi in un panorama generale che non è ancora pronto ad accogliere simili rivoluzioni. Oggi l Italia è sempre più in linea con gli altri Paesi europei per ciò che riguarda lo sviluppo economico ed è caratterizzata da una elevata flessibilità del suo mercato, ma a diversi anni di distanza dall introduzione delle forme di lavoro flessibili, oggi ci si interroga sulle questioni relative alla loro concreta validità ed efficacia. Da una valutazione di massima dei dati si evince che tali innovazioni abbiano comunque prodotto un aumento dell occupazione, ma resta da chiedersi se, ad una crescita sostanziale del lavoro con caratteristiche di precarietà, corrisponda poi la soluzione migliore al problema occupazionale, o se piuttosto esso non sia matrice di gravi stravolgimenti sistemici del mercato del lavoro, con pesanti conseguenze sugli assetti sociali complessivi, a causa della perdita di tutele tali da compromettere la struttura di welfare che si è costruita nel corso dell ultimo mezzo secolo. L analisi qualitativa del fenomeno flessibilità, che comprende aspetti quali tipologia della prestazione, durata del rapporto, distribuzione dell'orario, inquadramento normativo del contratto, livelli retributivi, elementi indispensabili per definire le possibili criticità del mercato del lavoro, mostra un panorama poco positivo. Qualunque sia il nome attribuito a queste forme di lavoro, atipico, non standard, il concetto resta sempre legato temporalmente ad una prestazione di tipo occasionale o meglio a progetto, al termine della quale il datore di lavoro non detiene alcun obbligo nei confronti del lavoratore, la cui sorte resta spesso legata all andamento del momento del mercato economico. Nelle sue accezioni positive, il fenomeno della flessibilità contiene un duplice aspetto: da una parte fornisce alle imprese modalità d impiego snelle, non assimilabili dalle classiche assunzioni, permettendo ad alcuni settori economici di respirare nei momenti critici, soprattutto con l utilizzo dei CFL, e di ridurre i costi relativi alle contrattualizzazioni di forza lavoro a tempo indeterminato; dall altra cerca di far fronte all ondata di forza lavoro soprattutto giovanile e femminile; infatti, l applicazione di contratti a tempo determinato, contratti parttime, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, contratti di formazione e lavoro, funge da facilitatore nell ingresso nel mondo del lavoro di parte dell offerta e, nello stesso tempo, favorisce i cambiamenti nel corso della carriera professionale degli individui. Proprio però quest ultimo aspetto, con il passare degli anni, si è trasformato nella trappola della precarizzazione, nella quale tantissimi lavoratori sono caduti, perdendo irrimediabilmente il proprio posto di lavoro. Oggi, l esercito dei precari è sempre più consistente, poiché le forme di lavoro flessibili sono estremamente diffuse ed ormai utilizzate liberamente in ogni settore economico e per le professioni più svariate. Solo in parte il lavoro atipico riesce a costituire il primo passo di un cammino diretto ad una occupazione più stabile e garantita, poiché di fatto, nella precarietà si resta privi di tutele ed ammortizzatori sociali. 90

91 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Per quanto concerne il monitoraggio e la misurazione di queste forme di lavoro, si riscontrano difficoltà dovute principalmente a carenze che vanno colmate nel sistema di rilevazione per arrivare ad una misurazione più compiuta: sicuramente, negli ultimi anni un contributo notevole alla conoscenza del fenomeno atipico è stato dato dalla nuova Indagine sulle forze di lavoro dell'istat che, rivisitata in ogni parte metodologica e tecnica, riesce a fornire stime sempre più dettagliate ed attente soprattutto in merito alle definizioni delle classi di lavoratori atipici, colmando il vuoto che esisteva fino a qualche anno fa tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, registrando, ad esempio, molte delle nuove forme di impiego. Al momento, salvo ricerche estemporanee, l indicatore più attendibile sull atipicità è dato dalla somma del numero di lavoratori part-time con quelli a tempo determinato, rilevati dall ISTAT proprio nell Indagine sulle Forze di Lavoro, che esprime una misura molto vicina alla dimensione della realtà. Tuttavia una grossa fetta di forza lavoro sfugge tra le righe anche all occhio più attento, ed è data dai lavoratori cosiddetti irregolari, ovvero coloro che non possiedono affatto un contratto di lavoro e che spesso affrontano condizioni di lavoro estremamente difficili e pesanti. Purtroppo, le ripercussioni sull andamento dell economia causate dalla presenza del lavoro nero, in generale, sono di notevole portata ed a poco è servito l aver ammorbidito la legislazione in materia di occupazione a tutti i livelli per fronteggiare l emergenza e favorire l emersione. Una stima del lavoro irregolare viene effettuata dall Istat, utilizzando i parametri di informazione disponibili. Parliamo ora nello specifico della realtà abruzzese. L analisi della situazione sull atipico in Abruzzo ci segnala che anche da noi è presente, con un ampia ampia gamma di tipologie, il lavoro flessibile e che esso comincia ad interessare, seppure in misura differenziata, tutti i settori economici e tutte le professionalità presenti sul territorio. Qualche differenza si riscontra rispetto alle variabili sesso ed età. Rispetto ad altre realtà territoriali del nostro Paese, l Abruzzo è ancora in una posizione di retroguardia: da un immediato confronto dei dati dell Abruzzo con il resto delle regioni italiane si nota che, in effetti, la percentuale di lavoratori atipici sul totale occupati è una tra le più basse, soprattutto se confrontata con alcune regioni del Nord e con le isole. Esaminiamo dunque, per conoscerle più da vicino, queste nuove tipologie di lavoro non standard, per capire quali e quante di esse siano presenti nella nostra regione. Il lavoro cosiddetto atipico, distinto tra lavoratori a tempo determinato ed a tempo parziale, ha raggiunto da noi, nel 2007 un numero complessivo di unità, a tempo parziale ( unità rispetto al 2006) e a tempo determinato ( unità rispetto all anno precedente), da che erano nel 1993, inizio della rilevazione di questo fenomeno. L'incidenza sull'occupazione complessiva è così passata in Abruzzo dal 6,1% nel 1993 al 22,5% nel 2007, mentre in in Italia è balzata dal 9,9% al 23,4% nello stesso periodo. Una grossa fetta di lavoro non standard è quella a tempo determinato, tipologia che sembra essere in generale più diffusa tra la forza lavoro giovanile, rappresentando una delle conseguenze dei cambiamenti in atto nella società odierna, utile a fornire autonomia economica e quindi indipendenza dalla famiglia, sempre più lontana dai canoni di un tempo. Si tratta infatti di una forma di impiego che, se limitata nel tempo, può rappresentare un ottima esperienza per le fasce giovanili che vogliono approfondire e mettere in pratica quanto appreso a livello teorico all interno del sistema dell istruzione scolastica e che sarebbe auspicabile si traducesse successivamente in un impiego definitivo per il futuro. Il dato abruzzese sul lavoro temporaneo vede tra le sue componenti una forte presenza femminile, comunque con una prevalenza di tipo maschile: si hanno nel occupati di genere femminile rispetto a occupati maschi. Ancora una volta il settore maggiormente interessato è il terziario che registra presenze, ovvero il 9,7% degli occupati dipendenti. In termini di incidenze sull occupazione, l Abruzzo con il 14,1% si colloca al di sopra della ripartizione centrale (13 %) e della media nazionale (13,2%) nel 2007, resta abbastanza lontana dal Mezzogiorno che raggiunge il 17,7%. Ciò testimonia che l utilizzo di forme di lavoro flessibili sia una pratica maggiormente utilizzata in quelle aree che presentano una maggiore carenza di opportunità di stabilità occupazionale; comunque, la Regione Abruzzo, pur avendo assistito ad una forte crescita di lavoratori atipici, non risulta presente tra i primi posti nelle classifiche di settore. Tale crescita è avvenuta ad un ritmo pressoché costante, seppur non sostenuto, nel decennio , cui è seguito uno stato di accelerazione negli anni ; il settore ha poi subito un rallentamento che però, nell'ultimo anno, ha visto una ripresa di crescita delle percentuali. 91

92 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Sempre in ambito regionale si è visto che la classificazione dei dati riferiti al tempo parziale, in base al sesso, ha prodotto un incremento percentuale di donne rispetto agli uomini, tuttavia nell ultimo anno è in aumento anche il numero degli uomini. Per quanto riguarda i settori economici, prevedibilmente, tra i comparti dell industria, del commercio e degli altri servizi ritroviamo un maggior attecchimento delle forme di lavoro non tradizionali. Nel 2007 si ha un incidenza del 3,2% nel settore dell Agricoltura sul totale occupati a tempo parziale: l 11,5% (7.000 unità) è rappresentato dal settore dell Industria, mentre ben unità (85,2%) sono collocate nel settore dei Servizi. La presenza del lavoro a tempo determinato nei vari settori ci mostra una bassa incidenza di impiegati nell Agricoltura (solo occupati), una discreta presenza nel settore dell Industria ( unità) ed un cospicuo numero nel settore dei servizi, ovvero il 68,6% sul totale occupati a tempo determinato. Disaggregando i dati per sesso si evince che, nel 2007, i maschi con tale tipo di contratto sono più numerosi nell Industria ( occupati) e meno nei Servizi (13.000), mentre il genere femminile primeggia nel settore dei Servizi con unità (62,8% degli occupati a tempo determinato nel terziario). E poco presente il tempo determinato per entrambi i sessi in Agricoltura. Ciò conferma che il forte ricorso alle forme di contratto di lavoro non standard è connesso a particolari settori come il commercio, il turismo, la ristorazione, vincolati alla stagionalità ed a concentrati picchi di richiesta di forza lavoro, poichè l attività resta concentrata in determinati periodi dell anno, nei quali appunto aumentano le richieste del mercato. In tali frangenti si moltiplicano quindi le opportunità di lavoro a tempo determinato, (considerando ad esempio i periodi natalizi, oppure i mesi estivi per il settore alberghiero); ma se valutiamo la questione in termini di tempo, una maggiore richiesta di forza lavoro può seguire anche solo determinate fasce orarie della giornata, cosa che accade ad esempio nel settore commerciale, con una maggiore richiesta di contatto della clientela in particolari e concentrati orari della giornata; ciò contribuisce quindi ad un ulteriore necessità di presenza di lavoratori impiegati a tempo parziale. Significativa è la presenza nel mercato del lavoro della figura dei co.co.co. e dei prestatori d opera, che per circa 10 anni hanno calcato la scena del mercato del lavoro, dando la possibilità a molti settori economici in difficoltà di mantenersi in vita, avvalendosi di mano d opera di tipo occasionale e per periodi definiti. Sono recenti le misure politiche cautelari, a favore di tale categoria di lavoratori, massicciamente presenti soprattutto nella Pubblica Amministrazione. Il 2007 ha registrato la presenza di co.co.co impiegati in Agricoltura, nel settore dell Industria e unità nel Commercio e Altri Servizi. Senz altro, una maggiori ragioni dello sviluppo delle forme di lavoro atipico sta nella rilevante espansione dell occupazione femminile, che, data la necessità di conciliare gli impegni di vita, le necessità lavorative ed i tempi di cura della famiglia, sono più disponibili ad accettare forme di lavoro flessibili. Le donne maggiormente infatti scelgono la forma del lavoro part-time e comunque in percentuale maggiore rispetto ai maschi, dato confermato anche da studi sulla coppia (ISTAT, Rapporto Annuale, 2002) che mostrano come siano soprattutto le donne ad essere impiegate attraverso questa forma di contratto di lavoro. Tuttavia l Italia, pur traendo ispirazione dalla pratica del sistema nord europeo, è comunque ancora lontana dall equiparazione al modello anglosassone e dei Paesi scandinavi in generale. Compiendo una analisi dal micro al macro, la fotografia del modello del mercato del lavoro abruzzese non si discosta da quella della situazione italiana, poiché dai dati di cui siamo in possesso emerge una paritetica - maggiore rappresentatività del genere femminile rispetto ai maschi, sia tra gli occupati in complesso a tempo parziale che temporaneo. Un interessante valutazione dell andamento del fenomeno degli occupati atipici nel corso degli ultimi 10 anni, distinti per sesso, ci fa notare che, mentre per i maschi quest ultimo è cresciuto pur in una situazione altalenante, il fenomeno ha subito una crescita strepitosa per le donne, tanto che la percentuale è più che raddoppiata dal 1993 al Nel 2007 in Abruzzo gli occupati di sesso femminile con contratto a tempo parziale sono (24,6% dell occupazione femminile totale) contro maschi e quelle con contratto a tempo determinato sono (13,6% dell occupazione femminile totale) contro maschi. Nonostante le cifre ragguardevoli, in Abruzzo si registra ancora oggi un numero limitato di impiegati attraverso le nuove tipologie contrattuali di lavoro, ciò probabilmente a causa della peculiarità di regione mediamente industrializzata, attraversata da insediamenti di importanza non paragonabile a quelli delle aree del Nord, dove appunto il lavoro part-time e le diverse forme di collaborazioni sono maggiormente presenti. 92

93 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Grafico Occupati atipici in Abruzzo dal OCCUPATI ATIPICI IN ABRUZZO DAL Migliaia Anni A tempo parziale A tempo determinato Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro Meno marcate e significative sono le differenze nell incidenza del part-time tra le varie classi d età. Sembra più rilevante il ruolo del part-time tra i giovani, settore nel quale si registra infatti una tendenza alla crescita particolarmente nella classe tra 25 e 34 anni, ed un relativo calo nelle classi più estreme, soprattutto tra i più anziani. Una speculare differenziazione nei profili per età, in base al sesso, emerge tra Mezzogiorno, da una parte, e Nord-Est, all estremo opposto. In particolare, si evidenzia come l elevata incidenza del part-time in queste ultime regioni sia in buona misura da attribuire alle femmine in età media. Un diffuso timore, connesso con la crescita del part-time, è che esso rappresenti una ulteriore sorta di occupazione precaria. Non è alieno da questo timore neppure l indirizzo di accordare incentivi al solo parttime a tempo indeterminato. 93

94 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Tavola Occupati in complesso per regione, ripartizioni, tempi di lavoro e sesso Anni (dati in migliaia) REGIONI RIPARTIZIONI TEMPI DI LAVORO ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Tempo pieno Tempo parziale TOTALE ITALIA CENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Tempo pieno Tempo parziale TOTALE ITALIA MERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Tempo pieno Tempo parziale TOTALE ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Tempo pieno Tempo parziale TOTALE Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro Nella tabella sono riportati i dati percentuali e il tempo parziale in Abruzzo rappresenta solo l 11% circa del totale occupati, ovvero al di sotto della media nazionale. Tavola Occupati part-time come % dell occupazione totale per regione, ripartizioni e sesso Anni REGIONI RIPARTIZIONI ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Tempo parziale/totale 3,7 22,5 11,0 3,3 22,9 10,8 4,8 24,6 12,3 ITALIA CENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Tempo parziale/totale 5,6 26,6 14,4 5,7 27,5 14,7 5,6 27,0 14,2 ITALIA MERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Tempo parziale/totale 5,3 22,7 11,0 5,3 23,3 11,3 5,6 23,8 11,7 ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Tempo parziale/totale 4,6 25,6 12,8 4,7 26,5 13,3 4,9 26,8 13,6 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro Tavola Occupati alle dipendenze per regione, ripartizioni, carattere dell'occupazione e sesso Anni (dati in migliaia) REGIONI RIPARTIZIONI CARATTERE DELL OCCUPAZIONE ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Con occupazione permanente Con occupazione temporanea TOTALE ITALIA CENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Con occupazione permanente Con occupazione temporanea TOTALE ITALIA MERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Con occupazione permanente Con occupazione temporanea TOTALE ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Con occupazione permanente Con occupazione temporanea TOTALE Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 94

95 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione In definitiva si può notare come la flessibilizzazione del lavoro nella Regione Abruzzo, comunemente con l'italia centrale e diversamente che nel Mezzogiorno, passa più per il part-time che per il lavoro a termine. Per gli aspetti fino ad ora esaminati quanto ad occupazione atipica, l Abruzzo si colloca dunque più vicino alle regioni centrali che a quelle del Mezzogiorno. Tavola Occupati temporanei come % dell occupazione dipendente per regione, ripartizioni e sesso Anni REGIONI RIPARTIZIONI ABRUZZO MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Temporanei / totale 10,4 17,9 13,5 11,7 15,9 13,4 11,4 18,3 14,1 ITALIA CENTRALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Temporanei / totale 10,5 13,7 11,9 11,2 15,6 13,1 10,2 16,6 13,0 ITALIA MERIDIONALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Temporanei / totale 14,4 21,7 17,0 15,1 23,0 17,9 15,3 22,0 17,7 ITALIA MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE MASCHI FEMMINE TOTALE Temporanei / totale 10,5 14,7 12,3 11,2 15,8 13,1 11,2 15,9 13,2 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro Disaggregando maggiormente i dati, per rami di attività, risulta che in Abruzzo la percentuale maggiore dei rapporti di lavoro a termine si registra negli alberghi e ristoranti, nell agricoltura, nella sanità, nelle costruzioni, nella Pubblica Amministrazione, nell istruzione e nell'industria alimentare. Va pertanto messo in evidenza come gli aspetti che potrebbero apparire in contrasto con il buon andamento dell occupazione sul piano quantitativo, secondo il quadro che emerge quanto alla struttura ed ai caratteri qualitativi del mercato del lavoro in relazione ai profondi mutamenti intervenuti, debbano tuttavia essere esaminati nelle loro caratteristiche specifiche, territoriali e settoriali, oltre che nella componente di genere. Il tema dunque dell occupazione atipica è di importanza cruciale, anche in considerazione della centralità che assume in sede europea. Dalla fine degli anni Novanta, da quando cioè il processo di integrazione europea ha compiuto un importante passo in avanti con il varo della Strategia Europea per l Occupazione (Lussemburgo, 1997), è entrato con forza nell agenda dei problemi quello della adattabilità, delle imprese e dei lavoratori. Immediatamente, insieme con l imporsi di questo tema dal punto di vista delle esigenze dell impresa nel mercato, ci si pè posti tuttavia il problema di come perseguire questo risultato senza inficiare le conquiste realizzate nell Unione Europea in termini di equità distributiva e di sicurezza delle condizioni di vita dei lavoratori, pilastri che, nel loro insieme, compongono il quadro del modello sociale europeo, una delle premesse fondanti dell Unione Europea. I timori sulle negative conseguenze causate dall uso indiscriminato dei contratti atipici sui processi di degenerazione del sistema di welfare italiano, in una vera e propria ondata di precariato, ci portano ad analizzare attentamente le informazioni contenute nella stessa indagine forze di lavoro sulla volontarietà o meno del part-time. Il quesito sulla volontarietà o meno è stato incrociato con quelli sulla eventuale ricerca di un altro lavoro (nel presupposto che chi cerchi un altro lavoro, specie nel caso di lavoratori part-time, lo faccia perché insoddisfatto del proprio status corrente) e sulla natura a tempo determinato o indeterminato del rapporto di lavoro (nel caso dei soli dipendenti). 95

96 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione Ne è scaturita una classificazione del part-time in 4 categorie gli involontari precari, gli altri involontari, gli altri volontari ed i volontari stabili, da cui scaturiscono due ulteriori gruppi estremi (condizione di tempo determinato ma in cerca di altro lavoro e involontariamente part-time o, viceversa, condizione di tempo indeterminato, non in cerca di altro lavoro e volontariamente part-time). Il gruppo dei volontari stabili è il più consistente ed è quello che ha evidenziato la maggiore crescita, specie negli ultimi anni. Entrambi (maggior livello e maggior crescita) sono da ascrivere principalmente alla componente femminile ed alle regioni del Centro-Nord. All altro estremo, gli involontari precari sono una minoranza, le cui cifre non sono granché cresciute (tranne che nel Mezzogiorno). La conclusione di ciò sarebbe tutto sommato ottimistica, ma vanno tuttavia considerati alcuni margini di ambiguità del fenomeno, secondo i quali livelli e tendenze dei due gruppi intermedi (gli altri volontari e gli altri involontari ) sono entrambi in crescita. Allo scopo di determinare i possibili effetti di precarietà, derivabili dal lavoro part-time, alcuni osservatori del fenomeno in oggetto hanno studiato le chances occupazionali successive degli occupati part-time, comparandole con quelle di chi era impiegato con un altro tipo di lavoro (o di chi non lavorava affatto). E emerso che i maschi hanno in prospettiva migliori chances occupazionali (specie se non già occupati) e che il livello scolare ha un impatto in genere positivo. Per quanto riguarda l età, i più avvantaggiati restano le persone in età media ed i capifamiglia. Disoccupazione e crescita dell occupazione nel contesto locale hanno l atteso effetto, rispettivamente negativo e positivo; significativamente l indice di turn-over ha invece un impatto differente tra occupati (nel cui caso un alto turn-over riduce la probabilità di rimanere occupato) ed inoccupati (per i quali innalza la probabilità di divenire occupati). In conclusione si può brevemente dire che il lavoro atipico va inteso, se non lo è ancora, una forma di opportunità per giovani, donne o altri soggetti svantaggiati, che agevoli l'ingresso di tali soggetti nel mondo del lavoro, e non utilizzato indiscriminatamente, com'è spesso oggi, in luogo di una pura forma di sfruttamento e di precarizzazione del proprio stato lavorativo e sociale. Occorre perciò l introduzione di nuovi, ulteriori strumenti di politica del lavoro, di sostegno e di affiancamento al tessuto più debole ed a rischio emarginazione della popolazione. Dunque, a livelli di competitività, la nostra Regione necessita forse di maggiori stimoli, di una marcia in più che la renda appetibile sul mercato nazionale ed al pari delle altre regioni, al fine di favorire l ingresso di nuova forza lavoro; speriamo che in un prossimo futuro i giovani ed in genere le persone in cerca di occupazione possano vedere soddisfatte le proprie aspettative ed aspirazioni, in un mercato del lavoro che non li veda mai cadere vittime di forme di lavoro irregolare, all interno di una sorta di giungla senza regole né tutele. Auspichiamo peraltro che tali forme di lavoro nero possano trovare, al più presto, migliori ed efficienti forme di contrasto, oltre che una regolamentazione normativa al centro di politiche di emersione, poiché costituiscono un preoccupante fenomeno di notevole entità, che è riscontrabile anche qui in Abruzzo, con dimensioni di livello intermedio tra le regioni italiane. 96

97 4. Gli aspetti qualitativi dell occupazione 4.3 Gli artigiani e i commercianti I dati amministrativi di fonte INPS relativi agli artigiani e commercianti iscritti all ente previdenziale, nella media del triennio , individuano un ammontare complessivo di unità (Tavola 4.23). In termini di composizione, per il 69,4% si tratta di maschi e, oltre il 92% dell insieme degli iscritti, ha un età compresa tra 25 e 64 anni. Rappresentano, invece, il 3% gli artigiani e commercianti al di sotto di 24 anni e sono il 5% quelli con un età superiore a 65 anni. Mentre il profilo degli iscritti tracciato a livello regionale risulta molto simile a quello che emerge dall osservazione delle informazioni nazionali, le dinamiche di breve periodo indicano dei differenziali di crescita di circa mezzo punto in più in Abruzzo rispetto al resto del Paese; nel caso delle donne la differenza si amplia (+2,2% a fronte dell 1,3%). Rispetto all età si può osservare che: - è presente una tendenza generalizzata (sia in Abruzzo sia a livello nazionale) alla riduzione delle posizioni contributive da parte dei giovani al disotto dei 24 anni; - la crescita delle posizioni della classe intermedia è superiore a livello regionale (+1,9% a fronte dell 1,3%); - la dinamica di crescita delle posizioni degli ultrasessantacinquenni avanza con maggior incisività a livello nazionale (8% contro il 7,4%). Tavola Regione Abruzzo: Artigiani - titolari e collaboratori attivi relativi agli anni Anno 2004 Anno 2005 Anno 2006 Sedi titolari collaboratori Tito.+ coll. titolari collaboratori Tito.+ coll. Var.% 2005/2004 totale titolari collaboratori Titol. + coll. Di cui femmine totale Di cui femmine Val.ass. Val.% Var.% 2006/2005 Chieti ,4% % L'Aquila ,1% % Pescara ,3% % Teramo ,1% % Tot.le regionale Fonte INPS ,2% % Tavola (segue). - Regione Abruzzo - Commercianti: titolari e collaboratori attivi relativi agli anni Anno 2004 Anno 2005 Anno 2006 Sedi titolari collaboratori Tito.+ coll. titolari collaboratori Tito.+ coll. Var.% 2005/2004 totale titolari collaboratori Titol. + coll. Di cui femmine totale Di cui femmine Val.ass. Val.% Var.% 2006/2005 Chieti % % L'Aquila % % Pescara % % Teramo % % Tot.le regionale Fonte INPS % % 97

98 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro LA DISOCCUPAZIONE E LE POLITICHE DEL LAVORO 98

99 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro 5.1. I tassi di disoccupazione Nel 2007 le persone in cerca di occupazione in Abruzzo ammontano a circa 33 mila unità, con un calo di circa 2 mila unità rispetto all anno precedente. La diminuzione ha riguardato gli uomini (2 mila unità in meno), mentre per le donne vi è stato un incremento di mille unità. Al contempo è significativamente aumentato il numero delle persone cosiddette inattive, ossia di coloro che non partecipano al mercato del lavoro: tra la componente femminile l incremento è stato di ben 3 mila unità, mentre tra gli uomini vi è stata una diminuzione di circa mille unità. I dati sull andamento tra chi è dentro il mercato del lavoro e chi ne resta tagliato fuori sono dunque piuttosto eloquenti e mostrano chiaramente che tra le donne si è verificato nell ultimo anno uno spostamento dalla componente attiva del mercato del lavoro verso quella inattiva. Si tratta di una tendenza che ha interessato anche altre regioni del Paese, per lo più del Mezzogiorno, ma anche del Centro e che è spiegabile sia con ragioni di tipo demografico, sia con una diminuzione dei posti di lavoro offerti. Ciò in determinati contesti territoriali e produttivi ha spinto una porzione di soggetti, soprattutto donne, a ritirarsi dal mercato del lavoro, cessando di compiere azioni di ricerca attiva. Nel 2007 in Abruzzo il tasso di disoccupazione si è attestato al 6,2%, con una diminuzione di 0.3 punti percentuali rispetto all anno precedente. Come sopra evidenziato, a tale diminuzione, tuttavia, se pur in linea con le tendenze nazionali, non può essere attribuita per le ragioni sopra esposte una lettura del tutto positiva. (Tavola 5.1). Confrontando il tasso di disoccupazione regionale con quello dell Unione Europea a 25 Paesi si nota una distanza di oltre 2 punti percentuali a favore dell Abruzzo. Tavola 5.1. Tassi di disoccupazione per anno di rilevazione, sesso e classi di età Tassi di disoccupazione Abruzzo Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 4,5 12,7 7,9 4,6 9,5 6, ,1 36,4 23,0 19,4 23,5 21, Lunga durata 1,9 5,9 3,6 1,9 4,7 3, Italia Centrale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 4,9 8,3 6,4 4,5 8,2 6, ,4 24,8 21,1 17,5 22,3 19, Lunga durata 2,1 3,8 2,8 2,0 3,9 2, Italia Meridionale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 11,4 19,6 14,3 9,9 16,5 12, ,8 44,6 38,6 30,4 40,5 34, Lunga durata 6,1 11,6 8,0 5,3 9,6 6, Italia Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 6,2 10,1 7,7 5,4 8,8 6, ,5 27,4 24,0 19,1 25,3 21, Lunga durata 2,8 5,1 3,7 2,5 4,4 3, Ue25 Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 7,9 9,8 8,7 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d ,2 18,9 18,5 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. - Lunga durata 3,5 4,5 3,9 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro e Employment in Europe 2007, European Commission, October

100 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Nella tabella sottostante sono riportati i tassi di disoccupazione provinciale. Come si può notare nel triennio osservato i tassi di disoccupazione sono in diminuzione in tutte le realtà locali ad eccezione di l'aquila ove vi è il più elevato tasso di disoccupazione (5.7%), mentre a Teramo il più basso (5,8%). Tavola 5.2. Tassi di disoccupazione per anno di rilevazione e sesso Tassi di disoccupazione L Aquila Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 3,4 9,4 5,9 5,1 6,7 5, Lunga durata 1,5 5,7 3,2 1,8 3,4 2,5 n.d n.d n.d - Teramo Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 4,2 10 6,6 4 10,2 6, Lunga durata 1,5 4,1 2,6 1,4 4,4 2,6 n.d n.d n.d Pescara Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 5,7 15,5 9,8 5,5 12,4 8, Lunga durata 2,2 6,3 3,9 2,7 6,0 4,0 n.d n.d n.d Chieti Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Tasso di disoccupazione 4,6 15,1 8,8 4,0 8,9 5, Lunga durata 2,3 7,3 4,3 1,6 5,2 3,0 n.d n.d n.d Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro Passando al tasso di disoccupazione giovanile, pari nel 2007 al 17.2%, si riscontra un calo di quasi 4 punti percentuali rispetto all anno precedente. Tale diminuzione è in gran parte determinata dalla componente maschile. Anche su tale risultato influiscono certamente le dinamiche demografiche, ma pesa anche il ritardo con cui i giovani entrano nel mercato nel lavoro. Le ragioni dell ingresso ritardato sono molteplici: dal positivo orientamento, sempre più diffuso tra i giovani, al proseguimento degli studi oltre la scuola dell obbligo, alla tendenza a rimandare l ingresso nel mercato del lavoro finché non si è trovato un vero impiego. Quest ultima caratteristica, diffusa soprattutto laddove la domanda è debole e dunque le occasioni lavorative sono sia minori che peggiori di altri contesti, ha indubbiamente tra le sue cause principali anche il ruolo sussidiario dello Stato che la famiglia svolge tradizionalmente nei confronti dei propri figli. Anche per il tasso di disoccupazione di lunga durata si evidenzia una tendenza declinante. Il dato abruzzese si attesta al 2.9%, in linea con i valori medi delle regioni centrali (2,4%) e del Paese nel complesso (2.8%). Nel Mezzogiorno, invece si registra il più alto livello del tasso di disoccupazione di lunga durata che nel 2007 è pari al 5.9%, diminuzione rispetto all anno precedente dello 0.9%. In questo caso il maggior contributo alla diminuzione dell indicatore proviene dalla componente femminile. 100

101 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro 5.2. Le caratteristiche della disoccupazione Nella Tavola 5.3 sono riportate le caratteristiche delle persone in cerca di lavoro, in relazione al possesso o meno di esperienza lavorativa. Innanzitutto un primo dato rilevante è che nell ultimo anno in Abruzzo il 63,6% delle persone in cerca di occupazione ha un esperienza di lavoro alle spalle, ossia è un disoccupato in senso stretto. Il dato regionale è sostanzialmente in linea con quello delle regioni del Centro (64.2%), ma è superiore di 10 punti rispetto alla media del Mezzogiorno (52.36%) e di poco più di 3 punti rispetto alla media nazionale (59,1%). Osservando l andamento nel triennio , si nota una tendenza all aumento dei disoccupati senza un esperienza lavorativa alle spalle. Ad una lettura di genere si nota che tra la componente femminile diminuiscono i disoccupati con esperienza lavorativa, in quella maschile aumentano i giovani senza esperienza. L andamento registrato nell Abruzzo è in linea con i valori medi del Paese e con quelli delle regioni dell Italia centrale e meridionale. Tavola Persone in cerca di occupazione per anno di rilevazione, sesso ed esperienza lavorativa (dati in percentuale) Abruzzo Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Con esperienza 74,4 66,1 68,9 67,0 70,3 68, Senza esperienza 25,6 33,9 31,1 33,0 29,7 31, Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100, Italia Centrale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Con esperienza 76,7 71,1 73,6 70,1 73,0 71, Senza esperienza 23,3 28,9 26,4 29,9 27,0 28, Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100, Italia Meridionale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Con esperienza 64,8 51,7 58,5 63,9 51,9 58, Senza esperienza 35,2 48,3 41,5 36,1 48,1 41, Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100, Italia Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Con esperienza 70,6 62,6 66,4 68,7 63,7 66, Senza esperienza 29,4 37,4 33,6 31,3 36,3 33, Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100, Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 101

102 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro A livello provinciale (i dati disponibili sono quelli del 2006) a Teramo e Pescara, vi sono le maggiori percentuali di disoccupati con precedenti esperienze lavorative: rispettivamente il 76,8% e il 73,6%. La percentuale più bassa si riscontra, invece, a L Aquila con il 61% (Tavola 5.4.). Nella provincia di Chieti, dove fino al 2005 vi erano le quote più elevate nella regione di disoccupati in senso stretto, si registra nel 2006 una riduzione di circa il 10%, attribuibile esclusivamente alla componente maschile. Tavola 5.4. Persone in cerca di occupazione per anno di rilevazione, sesso ed esperienza lavorativa (dati in percentuale) L Aquila Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Con esperienza 58,8 68,1 63,9 61,3 45,2 50,7 61,3 60,6 61,0 Senza esperienza 41,2 31,9 36,1 38,7 54,8 49,3 38,7 39,4 39,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Teramo Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Con esperienza 86,7 65,6 75,6 68,7 70,6 69,9 63,8 84,5 76,8 Senza esperienza 13,3 34,4 24,4 31,3 29,4 30,1 36,2 15,5 23,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Pescara Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Con esperienza 82,5 63,6 71,2 75,9 71,0 72,7 83,5 66,5 73,6 Senza esperienza 17,5 36,4 28,8 24,1 29,0 27,3 16,5 33,5 26,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Chieti Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Con esperienza 74,6 77,6 76,5 84,3 69,6 74,2 57,4 67,4 63,3 Senza esperienza 25,4 22,4 23,5 15,7 30,4 25,8 42,6 32,6 36,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 102

103 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Ulteriori caratteristiche sulla disoccupazione abruzzese possono essere attinte dall osservazione della durata della ricerca di un lavoro da parte dei disoccupati. Nel 2006, le persone in cerca di un occupazione da oltre un anno sono il 45,9%, una percentuale rilevante, sebbene inferiore alla media italiana ed in crescita dello 0,5% rispetto all anno precedente (Tavola 5.5). Osservando i dati in relazione al genere risulta assai evidente la differenza tra gli uomini che impiegano meno tempo nel trovare un lavoro mentre le donne incontrano maggiori difficoltà: tra le donne, infatti, le disoccupate di lunga durata (ossia che cercano un lavoro da oltre un anno) nel 2006 sono ben oltre la metà ed anche in sensibile progresso rispetto all anno precedente. Tavola 5.5. Persone in cerca di occupazione per anno di rilevazione, sesso e durata della ricerca (dati in percentuale) Durata della ricerca Abruzzo Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Non indicato 2,0 2,6 2,3 2,5 2,4 2,4 1,9 0,0 0,8 Fino a 3 mesi 25,7 17,5 20,9 25,3 19,9 21,7 30,2 18,7 23,6 Da 3 a 12 mesi 39,1 29,7 33,6 29,3 31,1 30,5 27,8 31,1 29,7 Oltre 12 mesi 33,2 50,2 43,2 42,8 46,6 45,3 40,1 50,2 45,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Italia Centrale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Non indicato 1,8 1,6 1,7 2,8 1,9 2,3 1,9 1,9 1,9 Fino a 3 mesi 24,1 25,8 25,1 23,3 22,1 22,6 24,4 23,5 23,9 Da 3 a 12 mesi 32,0 27,9 29,7 31,9 30,1 30,9 29,5 27,8 28,5 Oltre 12 mesi 42,1 44,7 43,6 41,9 46,0 44,2 44,2 46,8 45,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Italia Meridionale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Non indicato 4,8 3,8 4,3 5,0 4,3 4,7 3,3 2,9 3,1 Fino a 3 mesi 20,2 15,5 17,9 17,0 14,6 15,8 17,9 15,5 16,7 Da 3 a 12 mesi 24,6 21,3 23,0 24,7 22,0 23,4 25,3 23,3 24,3 Oltre 12 mesi 50,4 59,3 54,8 53,3 59,1 56,1 53,5 58,4 55,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Italia Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Non indicato 3,5 2,7 3,1 3,8 2,8 3,3 2,5 2,1 2,3 Fino a 3 mesi 23,8 21,7 22,7 21,6 19,8 20,7 22,9 20,4 21,6 Da 3 a 12 mesi 28,1 25,1 26,5 28,7 26,9 27,8 27,9 27,4 27,7 Oltre 12 mesi 44,5 50,5 47,7 45,9 50,5 48,3 46,6 50,1 48,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 103

104 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Un ulteriore caratteristica importante ai fini dell interpretazione delle tendenze della disoccupazione riguarda la distribuzione per titolo di studio (Tavola 5.6) (anche in questo caso i dati sono del 2006). Nel 2006 la percentuale di disoccupati in possesso di un titolo di studio universitario diminuisce rispetto all anno precedente e si attesta al 17,9%; un dato piuttosto elevato se confrontato con i valori medi nazionali (11,4%) e delle altre ripartizioni territoriali. A livello regionale diminuiscono percentualmente anche i disoccupati con un basso livello di istruzione ed al contempo si assiste all ingrossamento delle file dei disoccupati con diploma. Tali andamenti se da un lato sono spiegabili con il generale innalzamento del livello di istruzione che riguarda tutta la popolazione e dunque coinvolge sia gli occupati che i disoccupati, tuttavia riflettono le difficoltà da parte del tessuto produttivo regionale ad assorbire proprio la forza lavoro più istruita. Un dato che, come si è visto precedentemente, è emerso anche dall analisi dei dati sugli occupati (capitolo 2). Tavola 5.6. Persone in cerca di occupazione per anno di rilevazione e titolo di studio (dati in percentuale) Abruzzo Titoli di studio Universitario 14,9 19,3 17,9 Superiore 43,7 39,3 46,5 Non oltre l obbligo 41,4 41,3 35,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Italia Centrale Universitario 12,2 13,6 14,7 Superiore 44,4 43,9 43,6 Non oltre l obbligo 43,4 42,6 41,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Italia Meridionale Universitario 8,3 10,0 10,1 Superiore 37,1 36,8 38,4 Non oltre l obbligo 54,5 53,2 51,5 Totale 100,0 100,0 100,0 Italia Universitario 9,3 11,3 11,4 Superiore 38,8 38,9 39,9 Non oltre l obbligo 51,9 49,8 48,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro 104

105 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro 5.3. Le politiche passive Cassa Integrazione Guadagni (CIG) Le ore autorizzate di Cassa Integrazione Guadagni sono state nell anno 2007, per la regione Abruzzo, , rivelando un modesto aumento dello 0,6% rispetto al (Fonte:INPS). Si ricorda che negli anni dal 2001 al 2005 la CIG è cresciuta costantemente in Abruzzo ed è poi scesa nel Si verifica pertanto nel 2007 una nuova inversione di tendenza. La CIG nel 2007 ha interessato in particolare la Gestione Ordinaria (+0,4%) per un totale di ore, di cui gli interventi ordinari sono stati di ore e quelli straordinari di ore passando questi ultimi dal 54,3% del 2006 al 64,9% del 2007 e facendo evidenziare un peggioramento nell anno in corso delle aziende in crisi. La Gestione speciale edilizia ha usufruito di ore (-0,4%) mentre il Commercio di ore(+31,5%), registrando un incremento delle aziende interessate, in particolare nella provincia di Pescara. Gli operai nel 2007 hanno usufruito dell 81,1% del totale della CIG. I rami di attività più colpiti sono le meccaniche (che da sole assorbono la metà dell intera CIG), il tessile, il legno, vestiario, abbigliamento e arredamento, l industria e l artigianato edile. A livello provinciale anche nel 2007 L Aquila detiene il primato delle ore di CIG autorizzate, , con una percentuale del 52,8% sul totale regionale. Seguono Teramo con ore, Chieti con ore e Pescara con ore. Sempre per suddivisione provinciale i rami di attività più colpiti in termini percentuali nel 2007 sono: - L Aquila: meccaniche ed edilizia; - Chieti: meccaniche ed edilizia; - Pescara: alimentari ed edilizia, - Teramo: meccaniche, tessili Ammortizzatori sociali e interventi straordinari a sostegno dell occupazione Negli interventi straordinari a sostegno dell occupazione si osserva che il complesso dei beneficiari medi nel 2007 è stato in Abruzzo di unità, 165 in meno rispetto al Di questi interventi: unità hanno beneficiato della CIG straordinaria, dell indennità di mobilità, 4 lavoratori in LSU hanno ricevuto l assegno, hanno beneficiato del trattamento speciale di disoccupazione. La provincia che più usufruisce di queste misure è Teramo (2140 beneficiari), segue quindi l Aquila con 2109, Chieti con 1229 ed infine Pescara con 805 beneficiari. 105

106 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola 5.7. Cassa Integrazione Guadagni C.I.G. Ore autorizzate nell'anno 2006 e nell'anno 2007 Interventi / Gestione ordinaria Gestione speciale edilizia 2007 ordinari straordinari complesso ordinari straordinari complesso Commercio Totale in % Chieti ,1 L'Aquila ,5 Avezzano ,2 Sulmona ,1 Prov. di L'Aquila ,8 Pescara ,5 Teramo ,7 Tot. Regione assoluto in % % 17,5 64,9 82,5 16,3 0,0 16,3 1,2 100, Chieti ,2 L'Aquila ,8 Avezzano ,6 Sulmona ,2 Prov. di L'Aquila ,5 Pescara ,3 Teramo ,9 Tot. Regione assoluto in % % 28,3 54,3 82,6 15,9 0,6 16,5 0,9 100,0 variazione % 2007 / 2006 Chieti L'Aquila nc 24 Avezzano Sulmona Prov. di L'Aquila Pescara nc 22 Teramo Tot. Regione -37,6 20,2 0,4 3,2-100,0-0,4 31,5 0,6 Fonte: I.N.P.S. 106

107 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola 5.8 (segue) dati C.I.G. Chieti gestione ordinaria straordinaria ordinaria straordinaria variazioni in % generale generale % operai totale operai totale operai totale operai totale ordinaria straordinaria totale attivita' agric.industriali ,0% 0,0 0,0 0,0 estrattive ,5% nc 0,0 0,0 legno ,8% 135,8 0,0 135,8 alimentari ,0% -99,0 0,0-99,0 metallurgiche ,0% -100,0 0,0-100,0 meccaniche ,6% 64,7-38,4-3,7 tessili ,3% -99,1 0,0-99,1 vest.,abb. e arredamento ,7% -66,4-84,2-77,4 chimiche ,3% -84,6 0,0-84,6 pelli e cuoio ,1% -78,4 0,0-78,4 trasform. minerali ,4% -27,1 5,6-8,2 carta e poligrafiche ,1% 132,4 nc 1835,2 (3n) edilizia ,4% -28,7 0,0-28,7 energia elettr. e gas trasporti e comunicazioni ,0% 0,0 0,0 0, ,2% -19,2 nc 3250,8 varie ,0% -93,2 0,0-93,2 tabacchicoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 servizi ,0% 0,0 0,0 0,0 agricoltura ,0% 0,0 nc 0,0 totale gestione ordinaria sub totali ,6% -52,3-30,3-44,4 artigianato edile ,6% 5,0 0,0 5,0 (3H) art. estr. lapidei (3H) art. trasf. lapidei (3H) ind. estr. lapidei (3H) ind. trasf. lapidei ,1% -29,9 0,0-29, ,0% 0,0 0,0 0, ,4% -20,4 0,0-20, ,1% -55,6 0,0-55,6 industria edile ,8% 19,1 0,0 19,1 totale gestione edilizia sub totali ,9% 12,2 0,0 12,2 commercio 7(..) ,6% 0,0-2,7-2,7 totale commercio sub totali ,6% 0,0-2,7-2,7 totale generale TOTALE ,0% -34,5-29,9-33,2 Fonte: INPS - Direzione Regionale Abruzzo Coordinamento Statistico Attuariale Sede Chieti 107

108 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola (segue) dati C.I.G. L Aquila gestione ordinaria straordinaria ordinaria straordinaria variazioni in % generale generale % operai totale operai totale operai totale operai totale ordinaria straordinaria totale attivita' agric.industriali ,0% 0,0 0,0 0,0 estrattive ,0% 0,0 0,0 0,0 legno ,0% 0,0 0,0 0,0 alimentari ,0% -100,0 0,0-100,0 metallurgiche ,0% -100,0 0,0-100,0 meccaniche ,4% -15,6 53,9 45,7 tessili ,0% -100,0-100,0-100,0 vest.,abb. e arredamento ,0% 0,0 0,0 0,0 chimiche ,0% -97,4-100,0-99,5 pelli e cuoio ,0% 0,0 0,0 0,0 trasform. minerali carta e poligrafiche ,5% -45,0 0,0-45, ,4% 225,9 nc 1172,3 (3n) edilizia ,0% -40,4-52,9-51,8 energia elettr. e gas trasporti e comunicazioni ,6% 0,0 nc 0, ,1% 0,0-78,1-78,1 varie ,7% -5,9 nc 68,4 tabacchicoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 servizi ,0% 0,0 0,0 0,0 agricoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 totale gestione ordinaria artigianato edile (3H) art. estr. lapidei (3H) art. trasf. lapidei (3H) ind. estr. lapidei (3H) ind. trasf. lapidei sub totali ,6% -27,1 41,4 31, ,2% -37,2 0,0-37, ,0% -48,4 0,0-48, ,0% 0,0 0,0 0, ,0% -48,9 0,0-48, ,0% 66,7 0,0 66,7 industria edile ,0% -34,5 0,0-34,5 totale gestione edilizia sub totali ,2% -35,5 0,0-35,5 commercio 7(..) ,2% 0,0 nc 0,0 totale commercio sub totali ,2% 0,0 nc 0,0 totale generale TOTALE ,0% -31,2 41,7 23,8 Fonte: INPS - Direzione Regionale Abruzzo Coordinamento Statistico Attuariale Sede L Aquila 108

109 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola (segue) dati C.I.G. Avezzano gestione ordinaria straordinaria ordinaria straordinaria variazioni in % generale generale % operai totale operai totale operai totale operai totale ordinaria straordinaria totale attivita' agric.industriali ,0% 0,0 0,0 0,0 estrattive ,0% 0,0 0,0 0,0 legno ,0% -71,9 0,0-71,9 alimentari ,9% -63,9 45,0 39,1 metallurgiche ,0% 0,0 0,0 0,0 meccaniche ,1% 117,4-9,1-5,8 tessili ,0% vest.,abb. e arredamento nc -100,0-94, ,0% -100,0 0,0-100,0 chimiche ,9% -16,7 0,0-16,7 pelli e cuoio ,0% 0,0 0,0 0,0 trasform. minerali ,3% 14,9 0,0 14,9 carta e poligrafiche ,7% 0,0 105,2 105,2 (3n) edilizia ,1% -36,7 0,0-36,7 energia elettr. e gas ,0% 0,0 0,0 0,0 trasporti e comunicazioni ,0% 0,0 0,0 0,0 varie ,0% 0,0 0,0 0,0 tabacchicoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 servizi ,0% 0,0 0,0 0,0 agricoltura ,5% 0,0 nc 0,0 totale gestione ordinaria sub totali ,7% -10,3-3,7-4,3 artigianato edile ,2% 159,1 0,0 159,1 (3H) art. estr. lapidei ,0% 0,0 0,0 0,0 (3H) art. trasf. lapidei ,0% 0,0 0,0 0,0 (3H) ind. estr. lapidei ,1% -50,7 0,0-50,7 (3H) ind. trasf. lapidei ,0% nc 0,0 0,0 industria edile ,5% 163,5 0,0 163,5 totale gestione edilizia sub totali ,8% 155,2 0,0 155,2 commercio 7(..) ,5% 0,0-16,4-16,4 totale commercio sub totali ,5% 0,0-16,4-16,4 totale generale TOTALE ,0% 56,8-3,8 5,4 Fonte: INPS - Direzione Regionale Abruzzo Coordinamento Statistico Attuariale Sede Avezzano (AQ) 109

110 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola (segue) dati C.I.G. Sulmona gestione ordinaria straordinaria ordinaria straordinaria variazioni in % generale generale % operai totale operai totale operai totale operai totale ordinaria straordinaria totale attivita' agric.industriali ,0% 0,0 0,0 0,0 estrattive ,0% 0,0 0,0 0,0 legno ,2% 0,0 nc 0,0 alimentari ,7% -57,4 0,0-57,4 metallurgiche ,2% -76,0 0,0-76,0 meccaniche nc Nc Nc Nc 387,0 Nc nc tessili ,1% -74,9-100,0-78,8 vest.,abb. e arredamento ,1% -96,0 0,0-96,0 chimiche ,1% -80,8-100,0-86,0 pelli e cuoio ,0% 0,0 0,0 0,0 trasform. minerali ,3% -11,7 0,0-11,7 carta e poligrafiche ,0% 0,0 0,0 0,0 (3n) edilizia ,0% 0,0 0,0 0,0 energia elettr. e gas ,0% 0,0 0,0 0,0 trasporti e comunicazioni ,0% 0,0 0,0 0,0 varie ,0% 0,0 0,0 0,0 tabacchicoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 servizi ,0% 0,0 0,0 0,0 agricoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 totale gestione ordinaria sub totali ,6% -74,7 58,4 26,5 artigianato edile ,5% 3,3 0,0 3,3 (3H) art. estr. lapidei ,0% 0,0 0,0 0,0 (3H) art. trasf. lapidei ,0% 0,0 0,0 0,0 (3H) ind. estr. lapidei ,1% 134,0 0,0 134,0 (3H) ind. trasf. lapidei ,0% 0,0 0,0 0,0 industria edile ,8% 61,4 0,0 61,4 totale gestione edilizia sub totali ,4% 35,7 0,0 35,7 commercio 7(..) ,0% 0,0 0,0 0,0 totale commercio sub totali ,0% 0,0 0,0 0,0 totale generale TOTALE ,0% -40,4 58,4 27,4 Fonte: INPS - Direzione Regionale Abruzzo Coordinamento Statistico Attuariale Sede Sulmona (AQ) 110

111 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola (segue) dati C.I.G. Provincia dell Aquila gestione ordinaria straordinaria ordinaria straordinaria variazioni in % generale generale % operai totale operai totale operai totale operai totale ordinaria straordinaria totale attivita' agric.industriali ,0% 0,0 0,0 0,0 estrattive ,0% 0,0 0,0 0,0 legno ,3% -71,9 nc 603,2 alimentari ,8% -63,9 45,0 24,9 metallurgiche ,0% -95,6 0,0-95,6 meccaniche Nc Nc Nc Nc 109,9 Nc nc tessili ,0% -71,7-100,0-98,6 vest.,abb. e arredamento ,0% -96,5 0,0-96,5 chimiche ,3% -56,7-100,0-83,1 pelli e cuoio ,0% 0,0 0,0 0,0 trasform. minerali carta e poligrafiche ,7% -23,1 0,0-23, ,0% 225,9 756,2 540,1 (3n) edilizia ,6% -39,6-52,9-51,4 energia elettr. e gas trasporti e comunicazioni ,4% 0,0 nc 0, ,0% 0,0-78,1-78,1 varie ,4% -5,9 nc 68,4 tabacchicoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 servizi ,0% 0,0 0,0 0,0 agricoltura ,1% 0,0 nc 0,0 totale gestione ordinaria artigianato edile (3H) art. estr. lapidei (3H) art. trasf. lapidei (3H) ind. estr. lapidei (3H) ind. trasf. lapidei sub totali ,7% -36,5 29,9 20, ,4% 7,3 0,0 7, ,0% -48,4 0,0-48, ,0% 0,0 0,0 0, ,1% -37,4 0,0-37, ,0% 241,7 0,0 241,7 industria edile ,6% 11,0 0,0 11,0 totale gestione edilizia sub totali ,1% 9,0 0,0 9,0 commercio 7(..) ,2% 0,0 43,7 43,7 totale commercio sub totali ,2% 0,0 43,7 43,7 totale generale TOTALE ,0% -16,9 29,9 19,1 Fonte: INPS - Direzione Regionale Abruzzo Coordinamento Statistico Attuariale Sede Provincia dell Aquila (AQ) 111

112 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola (segue) dati C.I.G. Pescara gestione ordinaria straordinaria ordinaria straordinaria variazioni in % generale generale % operai totale operai totale operai totale operai totale ordinaria straordinaria totale attivita' agric.industriali ,0% 0,0 0,0 0,0 estrattive ,0% -47,6 0,0-47,6 legno ,0% -100,0 0,0-100,0 alimentari ,3% 0,0 nc 0,0 metallurgiche ,4% -100,0 nc 252,5 meccaniche ,0% 9,4 0,0 9,4 tessili ,0% 0,0 0,0 0,0 vest.,abb. e arredamento ,2% -46,5 0,0-46,5 chimiche ,3% -47,2 0,0-47,2 pelli e cuoio ,0% 0,0 0,0 0,0 trasform. minerali ,3% -71,2 0,0-71,2 carta e poligrafiche ,0% 2,6 0,0 2,6 (3n) edilizia ,8% -72,0-100,0-84,7 energia elettr. e gas ,0% 0,0 0,0 0,0 trasporti e comunicazioni ,3% 700,0 36,8 37,2 varie ,0% 0,0 0,0 0,0 tabacchicoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 servizi ,0% 0,0 0,0 0,0 agricoltura ,0% 0,0-100,0-100,0 totale gestione ordinaria sub totali ,6% -40,6 94,2-5,9 artigianato edile ,1% 4,5 0,0 4,5 (3H) art. estr. lapidei ,0% 0,0 0,0 0,0 (3H) art. trasf. lapidei ,0% 0,0 0,0 0,0 (3H) ind. estr. lapidei ,3% -44,7 0,0-44,7 (3H) ind. trasf. lapidei ,0% -79,4 0,0-79,4 industria edile ,4% 8,3 0,0 8,3 totale gestione edilizia sub totali ,8% 6,2 0,0 6,2 commercio 7(..) ,6% 0,0 nc 0,0 totale commercio sub totali ,6% 0,0 nc 0,0 totale generale TOTALE ,0% -3,8 370,6 21,9 Fonte: INPS - Direzione Regionale Abruzzo Coordinamento Statistico Attuariale Sede Pescara (PE) 112

113 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola (segue) dati C.I.G. Teramo gestione ordinaria straordinaria ordinaria straordinaria variazioni in % generale generale % operai totale operai totale operai totale operai totale ordinaria straordinaria totale attivita' agric.industriali ,0% -100,0 0,0-100,0 estrattive ,0% 0,0 0,0 0,0 legno ,8% 172,8 nc 676,3 alimentari ,3% -48,1-100,0-68,1 metallurgiche ,0% 0,0-100,0-100,0 meccaniche ,6% 5,5 45,8 29,3 tessili ,5% -47,4 40,8 14,7 vest.,abb. e arredamento ,7% -30,8-49,7-43,2 chimiche ,8% 7,9 0,0 7,9 pelli e cuoio ,6% -65,0 0,0-65,0 trasform. minerali ,5% 75,5 0,0 75,5 carta e poligrafiche ,0% -100,0 0,0-100,0 (3n) edilizia ,6% 8,8-85,5-39,6 energia elettr. e gas trasporti e comunicazioni ,0% 0,0 0,0 0, ,0% 0,0 0,0 0,0 varie ,0% -100,0 0,0-100,0 tabacchicoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 servizi ,0% 0,0 0,0 0,0 agricoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 totale gestione ordinaria sub totali ,4% -17,5 19,6 4,4 artigianato edile ,7% -28,0 0,0-28,0 (3H) art. estr. lapidei (3H) art. trasf. lapidei (3H) ind. estr. lapidei (3H) ind. trasf. lapidei ,0% -100,0 0,0-100, ,0% -100,0 0,0-100, ,0% 1250,0 0,0 1250, ,3% -79,1 0,0-79,1 industria edile ,5% -9,5-100,0-34,5 totale gestione edilizia sub totali ,6% -24,8-100,0-37,6 commercio 7(..) ,0% 0,0-100,0-100,0 totale commercio sub totali ,0% 0,0-100,0-100,0 totale generale TOTALE ,0% -19,2 8,4-4,2 Fonte: INPS - Direzione Regionale Abruzzo Coordinamento Statistico Attuariale Sede Teramo (TE) 113

114 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola (segue) dati C.I.G. Abruzzo gestione ordinaria straordinaria ordinaria straordinaria variazioni in % generale generale % operai totale operai totale operai totale operai totale ordinaria straordinaria totale attivita' agric.industriali ,0% -100,0 0,0-100,0 estrattive ,1% 1561,9 0,0 1561,9 legno ,2% 2,7 nc 485,2 alimentari ,2% -58,3 33,2-4,7 metallurgiche ,0% -97,3 5,4-93,0 meccaniche Nc Nc Nc #RIF! 57,4 Nc nc tessili ,9% -87,7 12,1-48,3 vest.,abb. e arredamento ,3% -49,5-62,4-56,9 chimiche ,4% -52,5-100,0-70,2 pelli e cuoio ,3% -74,1 0,0-74,1 trasform. minerali carta e poligrafiche ,9% 0,8 5,6 2, ,6% 11,0 2589,9 410,4 (3n) edilizia ,9% -33,4-66,8-49,2 energia elettr. e gas trasporti e comunicazioni ,2% 0,0 nc 0, ,5% -5,0 69,9 68,4 varie ,2% -46,9 nc -6,5 tabacchicoltura ,0% 0,0 0,0 0,0 servizi ,0% 0,0 0,0 0,0 agricoltura ,1% 0,0 1789,9 1789,9 totale gestione ordinaria artigianato edile (3H) art. estr. lapidei (3H) art. trasf. lapidei (3H) ind. estr. lapidei (3H) ind. trasf. lapidei sub totali ,5% -37,6 20,2 0, ,2% 0,5 0,0 0, ,0% -46,8 0,0-46, ,0% -100,0 0,0-100, ,1% -26,4 0,0-26, ,1% -76,4 0,0-76,4 industria edile ,9% 9,4-100,0 2,8 totale gestione edilizia sub totali ,3% 3,2-100,0-0,4 commercio 7(..) ,2% 0,0 31,5 31,5 totale commercio sub totali ,2% 0,0 31,5 31,5 totale generale TOTALE ,0% -22,9 19,2 0,6 Fonte: INPS - Direzione Regionale Abruzzo Coordinamento Statistico Attuariale Sede Abruzzo 114

115 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro Tavola Mobilità SITUAZIONE AL C.I.G. straord. n. medio beneficiari Lavoratori in mobilità ed assegno (ASU) Ind. di mobilità beneficiari al Assegno (ASU) ai lav. in LSU / LPU al totale T.S. DS L.427/75 n. medio beneficiari accolte giacenze complesso a b c (b+c) d (a+b+c+d) Chieti ,229 L'Aquila ,109 Sulmona Avezzano ,048 Pescara Teramo 548 1,474-1, ,140 Regione 2,330 4, ,527-1, ,951 SITUAZIONE AL C.I.G. straord. n. medio beneficiari Lavoratori in mobilità ed assegno (ASU) Ind. di mobilità beneficiari al Assegno (ASU) ai lav. in LSU / LPU al totale T.S. DS L.427/75 n. medio beneficiari accolte giacenze complesso a b c (b+c) d (a+b+c+d) Chieti 247 1, , ,429 L'Aquila ,642 Sulmona Avezzano ,069 Pescara ,001 Teramo 479 1, , ,404 Regione 1,959 4, ,049-1, ,116 Fonte: INPS 115

116 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro VARIAZIONE PERCENTUALE 2007/2006 C.I.G. straord. n. medio beneficiari Lavoratori in mobilità ed assegno (ASU) Ind. di mobilità beneficiari Assegno (ASU) ai lav. in LSU / LPU sussidi speciali totale T.S. DS L.427/75 n. medio beneficiari accolte giacenze complesso a b c (b+c) d (a+b+c+d) Chieti L'Aquila Sulmona Avezzano Pescara Teramo Regione Fonte: INPS 116

117 5. La disoccupazione e le politiche del lavoro 117

118 6. Focus: l occupazione femminile FOCUS: L OCCUPAZIONE FEMMINILE 118

119 6. Focus: l occupazione femminile 6. Focus 6.1 L occupazione femminile E oramai noto come la presenza femminile sul mercato del lavoro sia notevolmente cresciuta nell ultimo decennio. La società in trasformazione ha registrato così un importante passaggio: da un modello femminile relegato alle cure domestiche si è approdati ad un modello di donna lavoratrice, impegnata sul fronte della conciliazione dei tempi di vita, famiglia lavoro dove, di certo, la scolarizzazione ha assunto un ruolo determinante. Di fronte alla mutata realtà di una presenza sempre più massiccia e stabile delle donne nel lavoro retribuito, categorie e clichè come quelli di debolezza e marginalità, predominanti fino a qualche anno fa nelle analisi dell occupazione femminile, appaiono privi di fondamento empirico. Se si osserva più da vicino il fenomeno della partecipazione delle donne al lavoro per il mercato, emerge che i consistenti incrementi occupazionali realizzati dalle donne si sono ottenuti grazie a nuovi spazi aperti dalla terziarizzazione, all aumento del livello di qualificazione della forza lavoro femminile, all ingresso in territori tradizionalmente maschili ed al diffondersi di una specifica cultura lavorativa femminile. Ciononostante permangono differenze di genere tra gli uomini e le donne, in quanto per queste ultime le modalità di presenza sul mercato del lavoro restano fortemente condizionate dalla misura e dalla qualità del lavoro familiare. Le donne assumono oggi su di sé, in un crescendo quali quantitativo di ruoli, responsabilità e pesi, un maggior carico di lavoro in confronto agli uomini, in quanto la famiglia manifesta esigenze che non sono di fatto curate dal genere maschile. Tutto ciò conferma l avvenuta compatibilità di due condizioni che, in precedenza, venivano descritte come esclusive o possibili solo a costo di sovraccarichi e tensioni; la donna dunque, stereotipata nel duplice ruolo di casalinga e lavoratrice, si trovava spesso a dover scegliere tra l una o l altra condizione. Da qui il termine doppia presenza, intesa proprio come insieme sistematico di com - presenza nei due ambiti lavorativi della famiglia e del mercato. Ad una prima analisi di massima, possiamo dire che la femminilizzazione del mercato del lavoro ha contribuito a modificare gli aspetti socio-economici del nostro Paese, modificando i caratteri strutturali della famiglia italiana: oggi le donne studiano di più, rimangono a casa con i genitori fino a trent anni, età in cui fanno spesso il loro ingresso nel mondo del lavoro, si sposano tardi; eppure, nonostante l occupazione femminile sia in costante aumento, gli occupati maschi con unità rappresentano i tre/quinti dell occupazione complessiva, mentre le lavoratrici, nella nostra regione, costituiscono il 38% dell occupazione totale. Le forze di lavoro sono passate dalle 534 mila unità del 2005, per ridursi leggermente a 533 mila nel 2006 e risalire a 536 mila nel 2007, di cui sono femmine. A livello provinciale le forze di lavoro sono così distribuite: femmine a L Aquila, a Teramo, nella provincia di Pescara e a Chieti. Come già accennato, il livello medio di istruzione continua ad aumentare soprattutto tra le femmine, difatti le forze di lavoro, disaggregate per titolo di studio e per sesso, vedono i maschi a quota laureati, e rappresentano solo l 11,7% del totale, mentre le femmine laureate sono più numerose e costituiscono il 22,1% del totale. Anche il diploma di maturità viene conseguito maggiormente dalle donne, che difatti hanno una rappresentatività del 42,9% a fronte del 39,5% dei maschi con lo stesso titolo di studio. E chiaro come nel conseguire i propri obiettivi di vita le donne dimostrino maggior caparbietà: evidentemente non solo si iscrivono numerose ai corsi universitari e quindi in misura più larga degli uomini, ma riescono maggiormente nel conseguimento della laurea e/o del diploma. Per quanto riguarda i dati sul conseguimento della licenza elementare o la totale mancanza di titolo di studio, vediamo che gli uomini sono più numerosi e risultano più del doppio delle donne. Sul fronte degli occupati, le donne scendono da nel 2006 a nel 2007; si registra un conseguente aumento delle donne in cerca di occupazione che da nel 2006 diventano nell anno successivo, mentre i maschi in cerca di lavoro diminuiscono da a A livello territoriale, l Aquila detiene il primato delle donne alla ricerca di una occupazione, seguita dalla provincia di Teramo, quella di Chieti ed infine Pescara. 119

120 6. Focus: l occupazione femminile Nella suddivisione delle persone in cerca di occupazione per età e sesso, emerge che sono maschi e sono femmine di età compresa tra anni, maschi e femmine in età 25 anni ed oltre. Nella suddivisione per titolo di studio e sesso delle persone in cerca di occupazione, tra i maschi, sono laureati, diplomati, con la licenza media inferiore, con la licenza elementare; tra le femmine sono laureate, diplomate, con la licenza media inferiore, con la licenza elementare. Esaminando le tabelle di seguito riportate, emerge che la classe di età maggiormente rappresentata dalle occupate di sesso femminile è quella di anni con il 32% in complesso. Questi ultimi dati si prestano ad una duplice lettura: le donne più scolarizzate si affacciano sul mondo del lavoro più tardi e quindi intorno ai 35 anni; oppure, le donne prima si sposano, hanno figli e successivamente si attivano nella ricerca di un impiego. L esame più dettagliato per settori di attività economica mostra che nel 2007 si hanno occupate nel settore agricolo, nell Industria con un incremento di unità rispetto al 2000, mentre il settore maggiormente rappresentato è indubbiamente quello dei Servizi con occupate, seppure in diminuzione rispetto all anno precedente. Anche per i maschi il settore dei Servizi è ben rappresentato, ma in misura equa rispetto all Industria. La lettura di questi dati può portare sia a considerare gli aspetti di una maggiore predisposizione delle donne nello svolgimento di lavori più vicini alle attitudini personali, sia ci indicano una scelta verso gli impieghi meno pesanti rispetto ai lavori nel settore della produzione industriale. Se consideriamo gli occupati per sesso e posizione professionale vediamo che le donne sono maggiormente presenti nel lavoro dipendente, con una percentuale del 39,4% del totale, mentre pesano meno nel lavoro autonomo, dove sono il 34,5%. Se poi si scende a livello di settori di attività economica nel lavoro dipendente, le donne sono presenti per il 32,2% nel terziario, per il 6,6% nell'industria. Nel lavoro indipendente le donne sono maggiormente presenti sempre nel terziario con il 26% degli occupati indipendenti. Significativa è la presenza femminile nell occupazione atipica, soprattutto nel tempo parziale, dove a fronte di occupate, in aumento nell ultimo anno, si hanno occupati maschi. Le donne che ricorrono a tale tipologia di lavoro, rappresentano il 24,6% degli occupate nella regione Abruzzo; questo poichè molte donne scelgono di mantenere un ruolo attivo nel mondo del lavoro, pur in misura ridotta, piuttosto che occupare esclusivamente il proprio tempo nella cura della famiglia. Uno dei segnali di cambiamento dell occupazione femminile è dato dalla crescita delle tipologie di lavoro flessibile, infatti sempre più donne approfittano delle opportunità date dal lavoro part time o dalle collaborazioni coordinate e continuative, in quanto, vista l esiguità delle misure e politiche di conciliazione tra esigenze personali e/o familiari e tempi di lavoro, queste rappresentano una possibile via da percorrere. Per quanto riguarda la diffusione del part-time, le donne italiane sono ancora presenti in misura inferiore rispetto alla media Ue, vicine ai livelli di Francia e Spagna, ma ben lontane dalle olandesi. Per questo è realisticamente ipotizzabile, a livello previsionale, che tale segmento di occupazione femminile possa ulteriormente svilupparsi in un prossimo futuro. Per quanto riguarda invece la diffusione del lavoro a tempo determinato, le italiane si collocano poco al di sopra della media Ue e vicino a Paesi Bassi e Germania, che hanno però un generale tasso di occupazione femminile molto più elevato di quello del nostro Paese. Una analisi dell atipico al femminile ci mostra come il part-time sia diffuso soprattutto nelle regioni del Centro-Nord e meno al Sud, mentre, viceversa, il lavoro a tempo determinato ha una maggior diffusione nel Sud della Penisola. Le diversità dei dati, in ottica territoriale, sono da attribuire oltre che alle differenti condizioni del mercato del lavoro nelle diverse aree del Paese anche alle caratteristiche peculiari che differenziano le due tipologie contrattuali considerate: il lavoro part-time è più frequentemente scelto dalle lavoratrici quale sorta di forma di conciliazione con gli impegni familiari, mentre il tempo determinato segnala spesso le difficoltà d accesso al mercato del lavoro dei segmenti più deboli (donne e giovani). Proprio quest ultimo tipo di contratto, ovvero il tempo determinato, non presenta grosse differenze di genere, infatti le donne che ne usufruiscono sono mentre gli uomini ; a vederla con gli occhi del fruitore, possiamo inoltre dire che il tempo determinato, visti gli svariati aspetti di convenienza, sia un contratto per lo più scelto dal datore di lavoro anziché dal lavoratore. Se distribuiamo gli occupati per sesso e titolo di studio, nel 2007 risultano essere: occupate laureate ovvero il 22% del totale occupate, occupate possiedono un diploma di maturità, mentre solo (4,7%) hanno la licenza elementare. Tra i maschi occupati la maggiorparte o ha un diploma di maturità (35,5%) o la licenza media (36,9%). 120

121 6. Focus: l occupazione femminile Tavola Occupati per classe di età e sesso Anno 2006 (in migliaia) REGIONI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI 65 ANNI E OLTRE TOTALE MASCHI Abruzzo ITALIA FEMMINE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola (segue) - Occupati per classe di età e sesso Anno 2007 (in migliaia) REGIONI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI ANNI 65 ANNI E OLTRE TOTALE MASCHI Abruzzo ITALIA FEMMINE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola Occupati per settore di attività economica e sesso Anno 2006 (in migliaia) REGIONI AGRICOLTURA INDUSTRIA DI CUI: COSTRUZIONI SERVIZI TOTALE MASCHI Abruzzo ITALIA FEMMINE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola (segue) - Occupati per settore di attività economica e sesso Anno 2007(in migliaia) REGIONI AGRICOLTURA INDUSTRIA DI CUI: COSTRUZIONI SERVIZI TOTALE MASCHI Abruzzo ITALIA FEMMINE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 121

122 6. Focus: l occupazione femminile Tavola Persone in cerca di occupazione per sesso e classe di età Anno 2006(in migliaia) REGIONI ANNI MASCHI FEMMINE MASCHI E FEMMINE 25 ANNI E OLTRE TOTALE ANNI 25 ANNI E OLTRE TOTALE ANNI 25 ANNI E OLTRE TOTALE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola (segue) - Persone in cerca di occupazione per sesso e classe di età Anno 2007(in migliaia) MASCHI FEMMINE MASCHI E FEMMINE REGIONI ANNI 25 ANNI E OLTRE TOTALE ANNI 25 ANNI E OLTRE TOTALE ANNI 25 ANNI E OLTRE TOTALE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola Persone in cerca di occupazione per titolo di studio e sesso Anno 2006 (in migliaia) REGIONI LICENZA ELEMENTARE LICENZA MEDIA DIPLOMA 2-3 ANNI DIPLOMA 4-5 ANNI LAUREA BREVE, LAUREA, DOTTORATO TOTALE MASCHI Abruzzo ITALIA FEMMINE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola (segue) - Persone in cerca di occupazione per titolo di studio e sesso Anno 2007 (in migliaia) REGIONI LICENZA ELEMENTARE LICENZA MEDIA DIPLOMA 2-3 ANNI DIPLOMA 4-5 ANNI LAUREA BREVE, LAUREA, DOTTORATO TOTALE MASCHI Abruzzo ITALIA FEMMINE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 122

123 6. Focus: l occupazione femminile Tavola Tasso di occupazione in Abruzzo per sesso - Anni ANNI MASCHI FEMMINE TOTALE ,5 31,6 43, ,1 32,5 43, ,8 32,9 44, ,4 32,9 44, ,9 32,5 44,3 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola Tasso di disoccupazione in Abruzzo per sesso - Anni ANNI MASCHI FEMMINE TOTALE ,6 8,2 5, ,5 11,5 7, ,5 12,7 7, ,6 9,5 6, ,9 9,8 6,2 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 123

124 6. Focus: l occupazione femminile Grafico 6.7. Occupati in Abruzzo per sesso dal OCCUPATI IN ABRUZZO PER SESSO DAL Migliaia NUOVA SERIE NUOVA Anni SERIE Maschi Femmine Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Da una approfondita analisi del mercato del lavoro al femminile si evidenzia come vi siano alcuni segmenti del mercato del lavoro, ovvero aree, settori e posizioni professionali, ancora in toto preclusi alle donne o difficilmente accessibili; di contro, risulta evidente che un primo elemento a loro vantaggio sia il livello di istruzione più alto rispetto ai maschi. Le donne quindi, fronteggiano al meglio la trappola dello svantaggio se istruite, infatti i differenziali di genere si riducono tra gli occupati al crescere del livello di istruzione della popolazione. Tuttavia, nonostante la crescita dell occupazione delle donne degli ultimi decenni, la differenza in termini di tassi di occupazione femminili tra l Italia e gli altri paesi europei è ancora rilevante. I nostri tassi risultano purtroppo inferiori a quelli medi dell Unione europea per ogni classe d età. L Italia, infatti, è oggi, dopo Malta, il paese con i più bassi livelli di occupazione femminile di tutta l Unione. Inoltre, considerando le classi di età, per le giovani il tasso tende ad aumentare con l età più lentamente che nella media Ue e tende a decrescere già a partire dai 40 anni, in anticipo rispetto a quanto avviene negli altri paesi. I livelli più elevati di occupazione femminile ed i più bassi differenziali tra uomini e donne si osservano nel Nord del Paese dove, in alcune regioni, si è già quindi raggiunto il tasso obiettivo posto dalla strategia di Lisbona, nelle quali i tassi femminili sono inferiori a quelli maschili solo del 27%. Nel Mezzogiorno, invece, i livelli sono di molto inferiori ed i differenziali di genere risultano molto elevati. In questa ripartizione, soltanto le laureate riescono in qualche misura a superare le difficoltà di trovare un occupazione: i loro tassi, infatti, sono più vicini a quelli delle donne delle altre ripartizioni. Tirando le somme del discorso, le differenze di genere, ancora esistenti, ci dimostrano che il grande investimento in istruzione, fatto nei passati decenni dalle donne italiane e proseguito tutt oggi, non ha ancora trovato il suo giusto riconoscimento e valore in termini di sbocchi professionali nel mercato del lavoro. 124

125 6. Focus: l occupazione femminile Tavola Occupazione per sesso e titolo di studio Anno 2006 (in migliaia) Tavola Occupati per titolo di studio, sesso e regione - Media 2006 (in migliaia) REGIONI LICENZA ELEMENTARE LICENZA MEDIA DIPLOMA 2-3 ANNI DIPLOMA 4-5 ANNI LAUREA BREVE, LAUREA, DOTTORATO TOTALE MASCHI Abruzzo ITALIA FEMMINE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola Occupazione per sesso e titolo di studio Anno 2007 (in migliaia) REGIONI LICENZA ELEMENTARE LICENZA MEDIA DIPLOMA 2-3 ANNI DIPLOMA 4-5 ANNI LAUREA BREVE, LAUREA, DOTTORATO TOTALE MASCHI Abruzzo ITALIA FEMMINE Abruzzo ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Passando dal quadro dell impiego dipendente a quello indipendente, un altra delle grandi trasformazioni della presenza femminile nel mercato del lavoro è la crescita della presenza femminile nelle libere professioni, nei quadri e nella dirigenza del settore pubblico e privato. La crescita dell occupazione femminile negli anni recenti si è giovata della positiva dinamica del settore dei servizi. Sono, infatti, i servizi il settore in cui è presente la quota di gran lunga più rilevante di donne, in particolare come dipendenti, ma anche come indipendenti. Anche in agricoltura la quota di donne (sia dipendenti, sia indipendenti) è elevata, mentre la presenza femminile nell industria è minore. Per quanto riguarda la quota di donne manager, nel 2005 il nostro Paese si colloca di poco al di sotto della media dei paesi Ue, tra Spagna e Slovacchia, e non distante da Francia e Regno Unito, con quasi il 32%. La presenza delle donne in particolari settori ed in alcune posizioni professionali caratterizza le ripartizioni geografiche. Nel Centro si riscontrano quote di occupate indipendenti più elevate di quelle medie nazionali nei (tre) grandi settori d attività economica, mentre il Nord - est presenta quote di donne indipendenti superiori a quelle nazionali soltanto nell industria e nei servizi, mentre il Mezzogiorno ha la quota massima di donne dipendenti in agricoltura. Da notare che in questa ripartizione la proporzione di donne occupate nei servizi risulta ancora molto inferiore alla media nazionale, il che fa ben sperare per ulteriori espansioni dell occupazione femminile. Per quanto riguarda invece il segmento delle donne imprenditrici, la loro presenza risulta relativamente più elevata nel Nordovest e nel Centro. 125

126 6. Focus: l occupazione femminile Tavola Occupati per sesso, settore di attività economica e posizione nella professione Anno 2006 (dati in migliaia) REGIONI RIPARTIZIONI TOTALE AGRICOLTURA INDUSTRIA OCCUPATI DIPENDENTI MASCHI DI CUI: COSTRUZIONI ALTRE ATTIVITÀ DI CUI: COMMERCIO Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale ITALIA FEMMINE Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale ITALIA REGIONI RIPARTIZIONI TOTALE AGRICOLTURA INDUSTRIA OCCUPATI INDIPENDENTI MASCHI DI CUI: COSTRUZIONI ALTRE ATTIVITÀ DI CUI: COMMERCIO Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale ITALIA FEMMINE Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 126

127 6. Focus: l occupazione femminile Tavola (segue) - Occupati per sesso, settore di attività economica e posizione nella professione Anno 2007 (dati in migliaia) REGIONI RIPARTIZIONI TOTALE AGRICOLTURA INDUSTRIA OCCUPATI DIPENDENTI MASCHI DI CUI: COSTRUZIONI ALTRE ATTIVITÀ Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale ITALIA FEMMINE Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale ITALIA DI CUI: COMMERCIO REGIONI RIPARTIZIONI TOTALE AGRICOLTURA INDUSTRIA OCCUPATI INDIPENDENTI MASCHI DI CUI: COSTRUZIONI ALTRE ATTIVITÀ Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale ITALIA FEMMINE Abruzzo Italia Centrale Italia Meridionale ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. DI CUI: COMMERCIO Tavola Occupati per settore di attività economica, posizione nella professione, regione e provincia Anno 2007 (in migliaia) REGIONI E PROVINCE DIPEN- DENTI AGRICOLTURA INDUSTRIA DI CUI: COSTRUZIONI SERVIZI TOTALE INDI- PEN- DENTI TOTALE DIPEN- DENTI INDI- PEN- DENTI TOTALE DIPEN- DENTI Abruzzo L'Aquila Teramo Pescara Chieti ITALIA Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. INDI- PEN- DENTI TOTALE DIPEN- DENTI INDI- PEN- DENTI TOTALE DIPEN- DENTI INDI- PEN- DENTI TOTALE 127

128 6. Focus: l occupazione femminile La scelta di lavorare e quella di avere figli fanno parte di un unico complesso di decisioni che vedono in gioco usi alternativi e spesso esclusivi del tempo di vita. Infatti, la presenza sul mercato del lavoro si concentra nelle classi di età (da 20 a 49 anni) che coincidono con l'epoca della riproduzione e della cura dei figli, e questo costituisce un fattore di esclusione delle donne dall accesso al lavoro. La presenza di figli determina una riduzione sostanziale dell occupazione femminile, mentre nelle medesime circostanze l occupazione maschile rimane costante o tende ad aumentare. Tra le occupate un ulteriore fattore condizionante è dato dal numero di figli e, come ulteriore dato importante, vediamo come proprio tra le donne che lavorano, con figli, cresca l utilizzo del part-time. I tassi di occupazione delle donne italiane tra i 20 e i 49 anni con figli minori sono fra i più bassi d Europa e risultano di molto inferiori se comparati a quelli delle donne situate nella stessa classe di età senza figli piccoli. I paesi in cui le donne con figli piccoli presentano i tassi di occupazione più elevati sono anche quelli in cui le differenze nelle condizioni familiari determinano le variazioni più contenute. In quasi tutti i paesi, inoltre, i tassi di occupazione declinano al crescere del numero di figli minori e solo tra le donne con i livelli più alti di istruzione il fenomeno si attenua. Tra le regioni italiane, al Nord, non si osservano soltanto i tassi più elevati per le donne che vivono in famiglie con figli, ma soprattutto le minori differenze dovute alla condizione familiare. Analoghe differenze territoriali emergono anche considerando l effetto di diminuzione dei tassi femminili, dovuto al crescere del numero di figli. Nel Mezzogiorno il tasso delle donne coniugate/conviventi con tre o più figli è circa la metà rispetto al Nord. Tavola Tassi di occupazione per sesso e classe di età Anno 2006 (valori percentuali) REGIONI RIPARTIZIONI ANNI ANNI ANNI CLASSE DI ETÀ ANNI 55 ANNI E OLTRE TOTALE ANNI TOTALE MASCHI Abruzzo 26,1 78,3 93,4 91,3 21,7 70,4 56,4 Italia Centrale 30,9 83,8 93,6 91,1 22,4 72,9 58,7 Italia Meridionale 22,9 67,9 83,8 82,7 22,4 62,3 51,7 ITALIA 30,6 80,9 91,3 89,0 21,7 70,5 57,7 FEMMINE Abruzzo 15,8 54,8 59,7 56,0 9,1 44,7 32,9 Italia Centrale 21,2 65,3 67,9 62,2 9,7 51,3 37,9 Italia Meridionale 12,7 37,0 42,0 39,2 7,5 31,1 24,2 ITALIA 20,1 59,2 62,4 55,6 8,5 46,3 34,8 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola (segue) - Tassi di occupazione per sesso e classe di età Anno 2007 (valori percentuali) REGIONI RIPARTIZIONI ANNI ANNI ANNI CLASSE DI ETÀ ANNI 55 ANNI E OLTRE TOTALE ANNI TOTALE MASCHI Abruzzo 30,9 79,3 93,7 90,7 21,2 71,4 56,9 Italia Centrale 29,5 83,3 93,1 91,8 22,9 73,0 58,8 Italia Meridionale 22,5 68,3 82,9 82,4 22,5 62,2 51,4 ITALIA 29,6 81,0 91,1 89,3 22,2 70,7 57,7 FEMMINE Abruzzo 15,3 52,1 59,2 58,5 8,7 44,1 32,5 Italia Centrale 21,0 65,8 67,5 62,6 10,4 51,8 38,3 Italia Meridionale 11,8 37,3 41,2 39,8 7,8 31,1 11,8 ITALIA 19,5 59,0 62,3 56,9 8,9 46,6 35,0 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 128

129 6. Focus: l occupazione femminile Nei livelli di disoccupazione di uomini e donne permangono differenze di genere sensibili; se si considera però il più lungo periodo, la disoccupazione femminile è diminuita molto più di quella maschile. Il tasso di disoccupazione maschile nel 2007 è del 3,9% contro il 4,6% nel 2006 e quello femminile è del 9,8% contro il 12,7% nel 2006; le femmine in età giovanile presentano più elevati tassi di disoccupazione, tassi che scendono per le donne di 25 anni e oltre. A livello provinciale il tasso più alto lo si registra a L Aquila (10,3%), mentre quello più basso a Teramo (8,9%). In Europa, in molti paesi la disoccupazione femminile supera quella maschile. I tassi di disoccupazione femminile collocano il nostro Paese nel gruppo di coda della graduatoria europea, insieme a Germania e Francia. L alto livello di disoccupazione delle donne nei paesi mediterranei è legato ad un modello di offerta di lavoro in cui si tende a privilegiare l occupazione dei capi famiglia maschi in età adulta, a svantaggio dell occupazione delle donne e dei giovani. In altri paesi, in cui l occupazione femminile raggiunge livelli elevati come nel Regno Unito, non solo la disoccupazione delle donne è ai livelli minimi europei, ma la disoccupazione maschile è più rilevante di quella femminile. Grandi differenze territoriali riguardo ai tassi di disoccupazione si osservano nel Paese, sia nei livelli, sia nei differenziali tra uomini e donne. Nel Sud vi sono regioni in cui la disoccupazione femminile (come del resto quella maschile) risulta più elevata. In queste regioni i tassi femminili superano ancora il 20%, anche se dieci anni prima arrivavano a superare il 30%. Nel Nord e nel Centro alcune regioni come Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Marche hanno visto diminuire maggiormente la disoccupazione femminile, mentre in Calabria e Basilicata l indicatore è peggiorato o rimasto stazionario. Le differenze tra i tassi maschili e femminili sono maggiori nel Mezzogiorno e, mentre per gli uomini tendono a diminuire al crescere del livello di istruzione, per le donne sono maggiori tra coloro che hanno ottenuto la licenza media. Le differenze maggiori si osservano in Abruzzo e nella provincia di Trento, dove i tassi femminili sono quasi tre volte superiori a quelli maschili. Il Lazio e la Calabria presentano i differenziali di genere più bassi, anche se i tassi femminili sono comunque di un terzo superiori a quelli maschili. 129

130 6. Focus: l occupazione femminile Tavola Tasso di disoccupazione per sesso e regione Anni (valori percentuali) REGIONI MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE MASCHI FEMMINE Piemonte 6,7 14,3 4,9 11,5 3,2 5,1 3,3 6,4 3,5 5,2 ValleD'Aosta 15,7 6,6 14,9 3,3 2,4 3,8 2,5 4,3 2,4 4,3 Lombardia 4,6 8,1 3,0 5,6 2,9 4,8 3,1 5,4 2,6 4,6 Trentino-AltoAdige 3,5 8,1 2,0 5,1 1,9 4,2 2,3 4,3 1,9 3,8 Veneto 4,5 10,3 3,1 7,5 2,4 6,5 2,9 6,2 2,0 5,2 Friuli-VeneziaGiulia 4,2 14,4 2,4 9,2 2,5 4,9 3,2 5,3 2,4 4,7 Liguria 12,8 13,0 10,5 9,4 3,4 6,6 3,2 9,1 4,2 5,7 Emilia-Romagna 3,1 8,4 2,3 4,7 2,6 4,3 2,7 5,3 2,1 3,9 Toscana 3,9 13,2 2,8 9,2 3,1 7,0 3,7 7,3 2,8 6,3 Umbria 8,4 12,7 6,1 8,4 2,6 8,3 4,1 8,8 2,7 6,9 Marche 6,2 7,6 4,7 5,4 3,2 6,4 3,4 6,5 2,7 6,1 Lazio 8,2 19,0 7,7 16,3 6,1 9,6 6,4 9,5 5,1 8,2 Abruzzo 11,6 13,2 10,5 11,2 4,6 9,5 4,5 12,7 3,9 9,8 Molise 9,0 16,8 7,8 13,8 7,2 14,5 8,2 13,2 6,4 10,9 Campania 14,8 29,7 14,9 28,9 10,3 17,9 11,9 20,8 9,5 14,6 Puglia 12,8 21,7 12,1 24,4 10,3 17,7 11,6 20,9 9,0 15,5 Basilicata 14,5 18,9 12,8 17,8 7,9 15,2 8,6 18,4 6,3 15,3 Calabria 13,1 17,9 15,9 25,9 11,2 15,9 12,2 18,2 9,4 14,5 Sicilia 18,7 31,5 19,0 33,9 11,2 17,8 13,4 21,6 10,6 17,3 Sardegna 11,3 21,6 11,8 22,4 8,5 14,6 9,8 18,0 7,2 14,2 ITALIA 8,7 15,4 7,9 13,7 5,4 8,8 6,2 10,1 4,9 7,9 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Per completare il quadro dell offerta di lavoro femminile occorre considerare che molte donne si collocano al confine tra attività e inattività. Il tasso di attività, nel corso di un secolo e mezzo, è drasticamente diminuito dal 64% al 35% tra il 1861 e il 1971, ciò per effetto delle trasformazioni sociali, economiche, legislative; a diminuire sono stati soprattutto il tasso femminile, quello minorile ed il tasso agricolo. Le stesse tendenze sono comuni al resto dell Italia, anche se nel Meridione il tasso di attività segue andamenti più accentuati verso il basso. Nel 2007 il tasso di attività regionale per i maschi è del 59,2% contro il 59,1% nel 2006, per le femmine è del 36,1% contro il 36,4% nel Il tasso di attività per età e per sesso vede la classe di età anni rappresentata con il 35,2% per i maschi e con il 20,8% per le femmine; la classe di età anni con l'85,1% per i maschi e con il 61,1% per le femmine e la classe di età anni col 74,4% per i maschi e con il 49,0% per le femmine. Il tasso di attività per provincia e per sesso nel 2007 a L Aquila è del 57,7%, a Teramo del 61,3%, a Pescara del 57,8%, a Chieti del 59,8% per i maschi, mentre per le femmine a L Aquila è del 37,8%, a Teramo del 37,3%, a Pescara del 32,3%, a Chieti del 36,8%. Nell ultimo anno è aumentato, seppure minimamente, il tasso di inattività per le femmine nella nostra regione, in linea comunque con la media nazionale. Si tratta di un segmento della popolazione all interno del quale è possibile anche distinguere tra coloro che sarebbero disponibili a lavorare o tra coloro che cercano un lavoro anche se non in modo attivo, cifre per le quali le italiane presentano le proporzioni più elevate tra i Paesi Europei. Tutto ciò risulta rilevante per le politiche sociali che intendono ampliare l offerta di lavoro femminile. Le donne italiane 25-54enni, in Europa, hanno i più elevati tassi di inattività. I motivi familiari sono rilevanti per le donne tra 25 e 54 anni nel determinare la mancata partecipazione alle forze di lavoro. Distinguendo ulteriormente all interno degli inattivi, nel Mezzogiorno vivono 67 delle 100 donne italiane inattive tra i 15 e i 64 anni che cercano un lavoro anche se non attivamente, o che, pur non cercandolo, sarebbero disponibili a lavorare. È però tra le inattive del Nord che questo aggregato presenta la proporzione più elevata (oltre 70%). In tutte le ripartizioni è nelle classi di età centrali, in particolare tra i 35 e i 54 anni, che si osservano le incidenze più elevate di coloro che desidererebbero lavorare. Il fenomeno, infatti, è fortemente correlato alle difficoltà di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Ma nel Mezzogiorno, rispetto alle altre ripartizioni, l incidenza di queste donne è più elevata anche per le fasce più giovanili della popolazione, segno questo della maggiore difficoltà di inserimento delle donne meridionali. 130

131 6. Focus: l occupazione femminile Tavola Tasso di inattività per sesso e classe di età Anno 2006 (valori percentuali) CLASSE DI ETÀ REGIONI RIPARTIZIONI ANNI ANNI ANNI ANNI 55 ANNI E OLTRE TOTALE ANNI TOTALE MASCHI Abruzzo 67,6 15,3 4,4 6,9 77,9 26,1 40,9 Italia Centrale 62,6 11,0 3,7 6,5 77,2 23,7 38,6 Italia Meridionale 67,1 20,7 10,3 13,3 76,7 30,7 42,6 ITALIA 62,2 12,6 5,4 8,4 77,7 25,4 39,0 FEMMINE Abruzzo 79,3 38,0 35,0 39,2 90,6 50,6 63,6 Italia Centrale 72,7 26,1 27,3 34,7 90,1 44,0 58,7 Italia Meridionale 78,7 52,2 51,5 57,8 92,3 62,7 71,0 ITALIA 73,1 33,2 32,9 41,7 91,3 49,2 61,9 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. Tavola (segue) - Tasso di inattività per sesso e classe di età Anno 2007 (valori percentuali) CLASSE DI ETÀ REGIONI RIPARTIZIONI ANNI ANNI ANNI ANNI 55 ANNI E OLTRE TOTALE ANNI TOTALE MASCHI Abruzzo 64,8 14,9 4,2 7,7 78,5 25,6 40,8 Italia Centrale 65,2 11,9 4,4 6,5 76,5 24,0 38,8 Italia Meridionale 68,3 21,8 11,6 14,0 76,8 31,6 43,5 ITALIA 63,9 13,2 5,9 8,5 77,3 25,6 39,3 FEMMINE Abruzzo 79,2 38,9 34,6 39,1 91,1 51,0 79,2 Italia Centrale 73,3 27,5 27,9 34,6 89,4 44,2 58,8 Italia Meridionale 81,0 52,8 52,8 57,5 92,0 63,4 71,6 ITALIA 74,5 34,1 33,4 40,7 91,0 49,3 62,0 Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle Forze di Lavoro. 131

132 Nota Metodologica NOTA METODOLOGICA 132

133 Nota Metodologica Nota Metodologica Dal 2004 la Rilevazione sulle Forze di Lavoro effettuata dall ISTAT, che rappresenta la principale fonte ufficiale fornitrice di indicatori del mercato del lavoro, da trimestrale è divenuta continua. Ciò comporta che le informazioni diffuse con cadenza trimestrale non si riferiscono più alla prima settimana di ogni trimestre ma scaturiscono dall osservazione dei fenomeni relativi al mercato del lavoro in modo continuativo durante tutto l arco del trimestre. Lo sforzo dell ISTAT, nella direzione di fornire statistiche più affidabili, non si è limitato al solo riferimento temporale ma ha coinvolto altri aspetti della rilevazione quali il questionario di indagine, la tecnica di rilevazione, la gestione dei dati, le fasi di elaborazione e analisi degli stessi. Inoltre, la nuova rilevazione ha consentito una perfetta aderenza degli indicatori nazionali alle definizioni internazionali (in particolare per quanto riguarda le persone in cerca di occupazione e la determinazione della condizione di occupato). 9 Un così consistente cambiamento rende problematica la confrontabilità dei dati in serie storica. D altra parte è necessario che il raffronto avvenga su una base omogenea considerato che la storia precedente deve rappresentare un termine di paragone con il dato più recente. Si è pertanto scelto di limitare il paragone storico agli anni per i quali sono disponibili i dati della nuova serie, avvertendo esplicitamente del contrario quando ciò non si verifichi. Dal punto di vista delle fonti dal lato della domanda di lavoro sono riproposti, come termine di riferimento obbligato, i risultati definitivi dell 8 Censimento generale dell industria e dei servizi che si riferiscono al 22 ottobre I dati consentono di conoscere fino al livello comunale imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni non-profit e relative unità locali, classificate secondo 870 categorie di attività economica, per classe di addetti, forma giuridica e distribuzione territoriale 10. Le stime relative agli aggregati di Contabilità Nazionale (PIL, valore aggiunto, ULA) si riferiscono al periodo Le stime sono state interamente riviste, rispetto a quelle pubblicate precedentemente, per assicurare la coerenza degli aggregati regionali con i criteri e i livelli dei nuovi conti economici nazionali diffusi a marzo Le nuove serie regionali, dunque, non sono collegabili a quelle dell edizione precedente che copriva gli anni dal 1980 al La nuova serie rivista dei dati provinciali, al momento in cui il presente rapporto è andato in stampa, non è stata ancora pubblicata. Per i dati di fonte amministrativa (INPS, INAIL e CPI) si è adottato, laddove possibile, il medesimo arco temporale di riferimento (dal 2004) o in alternativa l ultimo anno disponibile. Le principali fonti informative Rilevazione sulle Forze di Lavoro La rilevazione campionaria continua sulle forze di lavoro ha come obiettivo primario la stima dei principali aggregati dell offerta di lavoro. La rilevazione è denominata continua in quanto le informazioni sono rilevate con riferimento a tutte le settimane dell anno, tenuto conto di un opportuna distribuzione nelle tredici settimane di ciascun trimestre del campione complessivo. La rilevazione è progettata per garantire stime trimestrali a livello regionale e stime provinciali in media d anno. Le stime trimestrali rappresentano lo stato del mercato del lavoro nell intero trimestre. Il campione utilizzato è a due stadi, rispettivamente comuni e famiglie, con stratificazione delle unità di primo stadio. Per ciascun trimestre vengono intervistati circa 175 mila individui residenti in comuni di tutte le province del territorio nazionale. Tutti i comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ad una soglia per ciascuna provincia, detti autorappresentativi, sono presenti nel campione in modo permanente. La popolazione di riferimento è costituita da tutti i componenti delle famiglie residenti in Italia, anche se temporaneamente all estero. 9 Vedi ISTAT La rilevazione sulle forze di lavoro: contenuti, metodologie, organizzazione, Metodi e Norme n 32, Roma, Per la prima volta il Censimento rileva anche il personale esterno, che comprende collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori interinali e volontari. 133

134 Nota Metodologica Sono escluse le famiglie che vivono abitualmente all estero e i membri permanenti delle convivenze (istituti religiosi, caserme, ecc.). La popolazione residente comprende le persone, di cittadinanza italiana e straniera, che risultano iscritte alle anagrafi comunali. L unità di rilevazione è la famiglia di fatto, definita come insieme di persone coabitanti, legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi. Censimento dell Industria e dei Servizi Dal punto di vista delle fonti, dal lato della domanda di lavoro, vengono riproposti, come termine di riferimento obbligato, i risultati definitivi dell 8 Censimento generale dell industria e dei servizi che si riferiscono al 22 ottobre I dati consentono di conoscere fino al livello comunale imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni non - profit e relative unità locali, classificate secondo 870 categorie di attività economica, per classe di addetti, forma giuridica e distribuzione territoriale. Per la prima volta il Censimento rileva anche il personale esterno, che comprende collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori interinali e volontari. 134

135 Nota Metodologica 135

136 Nota Metodologica GLOSSARIO 136

137 Nota Metodologica Glossario Forze di lavoro: comprendono le persone occupate e quelle in cerca di occupazione. Indice di specializzazione: rapporto tra gli occupati, in una branca produttiva, di una determinata area territoriale e quelli di un altra area territoriale presa a riferimento (usualmente il contesto nazionale) nella stessa branca produttiva. Non Forze di Lavoro: altrimenti denominati inattivi comprendono tutti coloro non rientrano nelle forze lavoro (ad esempio ritirati dal lavoro, casalinghe, studenti, ecc. purché non abbiano svolto ore di lavoro nella settimana di riferimento della rilevazione o che non risultino essere in cerca di occupazione). Occupati: comprendono le persone di 15 anni e più che nella settimana di riferimento: hanno svolto almeno un ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura; hanno svolto almeno un ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente; sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie o malattia). I dipendenti assenti dal lavoro sono considerati occupati se l assenza non supera tre mesi, oppure se durante l assenza continuano a percepire almeno il 50% della retribuzione. Gli indipendenti assenti dal lavoro, ad eccezione dei coadiuvanti familiari, sono considerati occupati se, durante il periodo di assenza, mantengono l attività. I coadiuvanti familiari sono considerati occupati se l assenza non supera tre mesi. Persone in cerca di occupazione: comprendono le persone non occupate tra 15 e 74 anni che: hanno effettuato almeno un azione attiva di ricerca di lavoro nei trenta giorni che precedono l intervista e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un attività autonoma) entro le due settimane successive all intervista; oppure, inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla data dell intervista e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un attività autonoma) entro le due settimane successive all intervista, qualora fosse possibile anticipare l inizio del lavoro. Prodotto interno lordo (PIL): risultato finale dell attività di produzione delle unità produttrici residenti. Corrisponde alla produzione totale di beni servizi dell economia, diminuita dei consumi intermedi e aumentata dell Iva gravante e delle imposte indirette sulle importazioni. Produttività del lavoro: il rapporto tra l intero valore della produzione realizzata e il volume o la quantità del lavoro (numero degli occupati e/o ore lavorate). La contabilità nazionale calcola la produttività del lavoro rapportando il valore aggiunto al costo dei fattori alle unità di lavoro totali. Sistemi Locali del Lavoro: aggregazioni di comuni contigui (non necessariamente appartenenti alla stesa regione o provincia), costruite sulla base di un analisi degli spostamenti giornalieri della popolazione per motivi di lavoro, i quali vengono rilevati in occasione dei Censimenti della popolazione. Un SLL è una regione funzionale che si definisce come un area di autocontenimento dei flussi di pendolarismo: identifica, cioè, un insieme di comuni legati da significative relazioni di interdipendenza. Tasso di attività: rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione di riferimento. Tasso di occupazione: rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimento. Tasso di occupazione giovanile: rapporto tra gli occupati di anni e la corrispondente popolazione di riferimento. Tasso di disoccupazione: rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le corrispondenti forze di lavoro. Tasso di disoccupazione giovanile: rapporto tra le persone in cerca di occupazione di anni e le forze di lavoro nella classe di età corrispondente. Tasso di disoccupazione di lunga durata: rapporto tra le persone in cerca di occupazione da dodici mesi e oltre e le forze di lavoro. Unità di Lavoro Standard: trasformazione in unità a tempo pieno delle posizioni lavorative ricoperte, anche in settori produttivi diversi, da ciascuna persona occupata nel periodo di riferimento. L ipotesi è che ciascuna persona lavori un numero di ore pari a quelle prestate in quel settore di attività economica e in quella posizione nella professione (dipendente e indipendente) da un occupato a tempo pieno. Valore Aggiunto: l aggregato che consente di apprezzare la crescita del sistema economico in termini di nuovi beni e servizi messi a disposizione della comunità per impieghi finali. E la risultante della differenza tra il valore della produzione di beni e servizi conseguita dalle singole branche produttive ed il valore dei beni e servizi intermedi dalle sesse consumati (materie prime e ausiliarie impiegate e servizi forniti da altre unità produttive). Corrisponde alla soma delle retribuzioni dei fattori produttivi e degli ammortamenti. Può essere calcolato ai prezzi di base, ai prezzi al produttore e al costo dei fattori. 137

138 Nota Metodologica APPENDICE ALLA PUBBLICAZIONE 138

139 Nota Metodologica Appendice alla Pubblicazione: il quadro economico nazionale. (Fonte: Unioncamere) Una flessione tendenziale del fatturato pari a 1,7% caratterizza l andamento delle piccole e medie imprese manifatturiere italiane nel primo trimestre di quest anno. Mentre la crescita del PIL nel 2008 resterà ancorata allo 0,5% (con un preoccupante +0,1% nel Sud) e si fa più dura la selezione darwiniana delle imprese (oltre 390mila le chiusure registrate nel 2007), mentre giungono buone notizie dall occupazione dipendente che crescerà quest anno di oltre 100mila unità (+1%). Restano al palo i grandi progetti di ammodernamento delle grandi reti infrastrutturali: la dotazione di infrastrutture al Sud è ancora pari all 80,4% della media nazionale e non mostra segnali di recupero. La differenza di retribuzione lorda tra un impiegato diplomato o addirittura laureato e un lavoratore non qualificato con la licenza media è di circa euro l anno, poco più di 120 euro lordi al mese. Un appiattimento verso il basso dei salari dei lavoratori italiani che è sintomo di una scarsa attenzione al merito che caratterizza il mercato del lavoro nel nostro Paese. 1. L economia italiana sta attraversando un lungo periodo di trasformazione: la selezione darwiniana si fa più dura nello scenario internazionale di crisi. Le incognite internazionali: A livello internazionale, rimane elevata la volatilità dei mercati finanziari, continuano ad aumentare i prezzi delle materie prime alimentari ed energetiche e l euro si mantiene forte rispetto alle altre valute. Tali elementi penalizzano l economia italiana tanto sul fronte delle importazioni di prodotti energetici, quanto su quello delle esportazioni. A ciò si aggiungono sensibili spinte inflazionistiche e un peggioramento del clima di fiducia che frenano l espansione della spesa per consumi delle famiglie. La gelata sulla crescita italiana: secondo le previsioni del Centro Studi Unioncamere l Italia crescerà appena dello 0,5% in termini di PIL, con un +0,6/0,7 al Centro-Nord e un +0,1% al Sud. Nati - mortalità delle imprese: record di cessazioni ( ) nel 2007 e saldo più basso degli ultimi cinque anni (45.816): la selezione continua; Andamenti del fatturato: nel 2007 il 21,8% delle imprese ha diminuito il fatturato mentre il 28,4% lo ha aumentato (saldo pari a +6,5 punti percentuali contro il +11,6 registrato nel 2006). Nel primo trimestre 2008, le imprese registrano in media Italia una flessione tendenziale del fatturato pari a 1,7% (-3,3% nelle piccole e + 0,3% nelle medie imprese; -1,1% al nord, -4,7% al sud). La dinamica degli investimenti: è atteso un incremento deludente negli investimenti fissi lordi: +0,8% del 2008; Export: è stato positivo nel 2007 soprattutto in termini di valori esportati (+8% nel complesso, +6,1% in UE e + 11,1% Extra-UE). Siamo più proiettati sui mercati ricchi extraeuropei, la crescita del nostro export è superiore alla media degli altri paesi UE27 ed è seconda solo alla crescita tedesca. Francia e Spagna sono cresciute molto meno (rispettivamente +2,1% e +3,3%). Il Regno Unito ha avuto nel 2007 una flessione del 10,6%. Anche per il 2008 la maggior parte delle speranze di crescita sono affidate alla componente esportazioni: nel primo trimestre 2008 l export extra UE ha avuto un ulteriore incremento dell 11,4% (rispetto allo stesso periodo del 2007), anche se ad aprile ci sono stati segnali di rallentamento. 139

140 Nota Metodologica Le piccole imprese che sono sopravvissute alla tempesta della globalizzazione superando la selezione: le piccole imprese (fino a 49 dipendenti) attive nel 1998 e ancora attive nel 2005 hanno visto crescere anche la loro dimensione occupazionale (+9%). Avevano in media 6,2 dipendenti nel 1998 e sono salite a 7,3 nel I maggiori incrementi si registrano nelle micro-imprese (1-5 dipendenti) e soprattutto nelle medio-piccole (20-49 dipendenti). Sono quelle imprese che, stando in rete, si specializzano puntando sulla differenziazione qualitativa delle loro produzioni, sempre più spesso si affacciano sui mercati esteri e in alcuni casi si preparano a fare il salto dimensionale verso la media impresa. 2. Competitività: il riposizionamento delle nostre produzioni sui mercati mondiali Imprese esportatrici: oggi le imprese con dipendenti che esportano sono poco più del 34% del totale manifatturiero (erano il 30% nel 2006). Il valore medio di quello che esportiamo è molto cresciuto nel 2007 (+4,9% nel complesso, vendiamo più qualità): le crescite più consistenti si sono avute nei prodotti in pelle con il +19,8%; +14,3% per il legno-arredo; +12,5% per i prodotti in metallo; +11,6% per la meccanica di precisione;, +11,1% per le calzature. Quindi riusciamo a vincere la concorrenza degli altri paesi nelle fasce più pregiate del mercato vendendo prodotti più apprezzati, ma nelle nostre tradizionali specializzazioni. Qualità, ma non solo: nel 2008 le imprese si stanno impegnando a consolidare le loro posizioni investendo ancora in qualità, integrando produzione e servizi immateriali e migliorando l efficienza. La centralità del fattore umano: per vendere più qualità, le imprese prevedono di incrementare le assunzioni di figure high skill e di laureati nel 2008 (1 punto percentuale più del 2007). Ma non dimentichiamo che mentre in Italia il 34/35% dei dipendenti privati si trova nei profili high skill, in Francia la quota è del 38,5%. In Germania del 39,4% e nel Regno Unito del 41,4%. 3. La leadership delle medie imprese italiane e la riorganizzazione dei distretti Le medie imprese leader del mercato: nell ultimo decennio, l export delle medie imprese è cresciuto del 74,4% (contro il 39,8% delle grandi a controllo italiano), il valore aggiunto del +41,6% (contro l 11,3% grandi); il ROI delle Medie imprese è pari al 9,3% (contro il 7,4% dele grandi imprese). Le medie imprese fanno meglio grazie al più consistente margine industriale e alla più elevata rotazione del capitale, mentre le grandi recuperano grazie ai proventi finanziari. Il modello competitivo e il territorio: le medie imprese puntano sulla specializzazione, sulla leadership di nicchie di mercato, sull innovazione continua guidata dalle esigenze dei clienti (mercato come driver). Questo è il modello cui tendono anche molte piccole imprese che esportano. La filiera territoriale si dimostra essere un vero valore aggiunto e un fattore di competizione efficace: il territorio è ancora ciò che distingue l immagine del nostro Paese e non può essere clonato. 140

141 Nota Metodologica 4. Il nodo del Mezzogiorno Lo strappo nello sviluppo: il ritardo del Mezzogiorno è evidente non solo dai dati macroeconomici ma anche dalle dichiarazioni delle imprese e dallo stato delle famiglie. Il Sud non aggancia la ripresa: solo il 24,7% delle imprese meridionali ha visto crescere il fatturato nel 2007 e ben il 25,1% ha subito una flessione (è quindi l unica ripartizione italiana con il saldo negativo). Lo stato delle famiglie: il reddito medio familiare al Sud nel 2005 è stato pari a 23 mila euro contro i circa 30 mila del Centro-Nord. I divari non si colmeranno a breve: la dotazione di infrastrutture al Sud è ancora pari all 80,4 della media nazionale (77,7 se si escludono i porti). Il gap rispetto al centro nord è rimasto praticamente inalterato negli ultimi sette anni, e anzi è peggiorato se ci si concentra sulle sole infrastrutture economiche (80,7 nel 2007 contro 81,3 nel 2000). E le previsioni del PIL per abitante fino al 2011 vedono un divario del tutto simile a quello attuale (32,8% in confronto alla media nazionale). 5. I consumi e il commercio Consumi delle famiglie ristagnano: + 1,3% nel 2007 (si prevede un +0,9% per il 2008). Ancora difficoltà per le famiglie numerose e per gli anziani; crescono gli acquisti negli hard discount (+7,5%) La ristrutturazione del settore commercio: la riforma del commercio ha dato i suoi frutti e ora il settore sembra assestarsi. L incremento netto delle imprese nel 2007 è del +0,4% (contro l 1,3% dell anno precedente), con differenze in base alla tipologia (specializzato alimentare 1,0%, specializzato non alimentare +0,6%, despecializzato +1,0%). Il fatturato del primo trimestre 2008 chiuderà in rosso (tra 2% e 3%). 6. Inflazione, produttività e salari - Le prospettive per l Inflazione: il quadro dei prossimi mesi non è confortante. Le tensioni sul mercato alimentare paiono destinate a durare. Le quotazioni del grano duro hanno confermato i massimi già raggiunti nella seconda metà del 2007 e le altre filiere alimentari, oltre a quelle dei derivati dei cereali, stanno manifestando tensioni: dai derivati del latte, agli olii e grassi, alle carni di pollo, sino alle conserve (tonno in olio d oliva, pomodori, ecc). Quello che era inizialmente un episodio inflazionistico confinato ad alcune specifiche merceologiche sta conoscendo un momento di contagio, con rincari sia lungo le singole filiere, dal mais all olio, dalla farina alla pasta, dal latte ai formaggi, che sulle altre filiere, a causa della necessità delle distribuzione commerciale di compensare gli aumenti sui singoli prodotti ed equilibrare i prezzi relativi, secondo la logica tipica di un pricing sull assortimento. La questione salariale: nel 2006 il 47,8% del valore aggiunto è stato distribuito sotto forma di redditi di lavoro dipendente (era il 45,4% nel 2000 quindi non si può affermare che ci sia stata una penalizzazione del fattore lavoro). 141

142 Nota Metodologica Le retribuzioni per occupato sono passate dai euro del 2000 ai euro del 2006, con una crescita del 17,5%. Nello stesso periodo l indice generale dei prezzi ha avuto un aumento del 15,1%, ma i prodotti e servizi acquistati con maggior frequenza sono aumentati del 18,2%. Tutto questo spiega perché il tema salariale sia così controverso: il punto è che in diversi settori i salari negli ultimi cinque anni sono cresciuti meno che nel resto d Europa, perché più bassa è stata la crescita della produttività. Il nostro CLUP 11, di conseguenza, è cresciuto più che negli altri paesi. I dati del rapporto Unioncamere approfondiscono anche il tema di un perdurante appiattimento salariale tra i diversi gruppi professionali (il problema della scarsa attenzione al merito). Ed a questo si aggiungono i forti differenziali territoriali e, di conseguenza, l inadeguatezza del contratto nazionale. La forte selezione (e quindi la accentuata differenziazione tra performance delle diverse imprese) obbliga a distribuire ai lavoratori in azienda i risultati conseguiti (in termini di produttività e redditività). Le tendenze evolutive delle imprese Le dichiarazioni degli imprenditori raccolte nel primo quadrimestre 2008 e relative alle performance di mercato registrate nel 2007 evidenziano l immagine di un sistema produttivo a doppia velocità: da un lato si rafforza il nucleo di imprese che, nonostante la congiuntura internazionale, guarda ancora con fiducia allo sviluppo del proprio mercato; dall altro, non sembra affatto conclusa la fase di forte selezione osservata negli ultimi anni, e fasce sempre più ampie di aziende che non sono riuscite a riposizionarsi e a reagire alle spinte concorrenziali si trovano oggi in crescenti difficoltà. Nel complesso, risulta essere pressoché stabile il numero delle aziende italiane con almeno un dipendente che ha registrato nel 2007 incrementi di fatturato (poco più di 400mila, pari al 28,4% del totale), mentre sono diventate poco meno di 310mila (quasi il 22%, 4 punti in più in confronto all anno precedente) quelle che hanno dichiarato una flessione delle vendite. Il saldo fra incrementi e diminuzioni è dunque pari ancora a +6,5 punti percentuali per il totale dell economia italiana, ma è ben distante dal +11,6 del Tiene il Nord. Il Mezzogiorno frena. Molte aree del Nord Ovest e del Nord Est mostrano una certa tenuta, con saldi fra andamenti positivi e negativi del giro d affari che si attestano su valori ancora elevati (tra i 10 e i 12 punti percentuali), a fronte di maggiori difficoltà rilevate invece nelle regioni dell Italia centrale. Stentano invece a riprendere quota le aziende del Mezzogiorno: con un saldo leggermente negativo, vedono allargarsi il divario che le separa dal resto del Paese. Le piccole imprese faticano a stare sul mercato. La selezione del tessuto imprenditoriale continua a colpire in primo luogo le piccole e piccolissime imprese, per le quali, indipendentemente dal settore di attività, il saldo tra aumenti e diminuzioni del fatturato risulterebbe pari ad appena due punti percentuali circa. Al contrario, sembra tenere la fascia di imprese dell industria e dei servizi di medie e grandi dimensioni, confermando il suo ruolo di traino per il nostro apparato produttivo. Imprese: 46mila imprese in più nel 2007, ma record di cessazioni Il 2007 è stato segnato da un ulteriore incremento delle iscrizioni al Registro delle Imprese (arrivate a superare le unità, circa in più rispetto al 2006), a conferma di una ancora forte inclinazione al fare impresa nel nostro Paese. A questi segnali di vitalità si contrappone, tuttavia, un nuovo record delle cessazioni, con oltre aziende fuoriuscite dal mercato. Più in dettaglio, il numero delle cessazioni è progressivamente cresciuto negli ultimi anni fino a raggiungere nel 2007 il valore più elevato dal 1993; in termini relativi, la loro crescita rispetto all anno precedente è stata superiore all 11%. 11 Costo del Lavoro per Unità di Prodotto. 142

143 Nota Metodologica Amministratori d impresa: i manager anziani rubano spazio ai giovani L analisi per età riferita alla fine del 2007 dell universo delle cariche di amministrazione dell impresa (presidente di consiglio di amministrazione, amministratore delegato, consigliere delegato e amministratore unico) evidenzia una maggiore presenza di tali figure nella fascia di età compresa fra 30 e 49 anni (quasi 457mila cariche, pari al 46,5% di tutte le cariche di indirizzo e governo). La seconda fascia più popolata è quella fra 50 e 69 anni (oltre 380mila cariche, il 38,8% del totale), seguono gli over 70 (poco più di 96mila cariche) mentre solo 48mila cariche (il 4,9% di tutte le posizioni di governo qui analizzate) corrispondono a persone di età inferiore ai 30 anni. Nei cinque anni considerati, il totale delle cariche con poteri delle imprese è cresciuto numericamente del 24%, a testimonianza della forte dinamica della natalità delle imprese costituite in forma societaria. Questa crescita, tuttavia, è il frutto di una dinamica che ha visto ridursi dell 8% il numero di cariche ricoperte da giovani con meno di 30 anni di età, aumentare in media del 25% le cariche dagli appartenenti alle classi intermedie ed esplodere di quasi il 50% le posizioni occupate da amministratori over 70. Tavola A.1 Infrastrutture: un confronto a livello territoriale tra il 2000 e il 2007 L analisi dell indice della dotazione infrastrutturale mostra come il divario fra Centro-Nord e Sud si mantenga piuttosto marcato, anche se nel tempo si registra una minima ripresa dell area meridionale del Paese. Se, infatti, nel 2000 la dotazione complessiva delle infrastrutture del Centro-Nord era dell 11,9% superiore rispetto alla media nazionale contro un -19,9% del Mezzogiorno, nel 2007 il Centro-Nord ha evidenziato un +11,5%, mentre il Mezzogiorno ha registrato un 19,6% rispetto alla media nazionale. Questo sia pure modestissimo recupero deriva essenzialmente da quelle che possono essere considerate infrastrutture di tipo sociale. Nell arco temporale considerato, il numero indice di questo tipo di infrastrutture scende infatti nel Centro-Nord da 114,3 a 112,4, mentre nel Mezzogiorno sale da 77,3 a 79,9. Di andamento opposto è invece la situazione delle infrastrutture economiche, con il Centro-Nord che sale da 110,8 a 111,1 e il Mezzogiorno che di converso scende da 81,3 a 80,7, soprattutto a causa di una diminuzione particolarmente rilevante delle strutture per le telecomunicazioni (che passano da 100 a 94,9) e, sia pure in tono minore, nella rete stradale (scese da 91,8 a 87,1). 143

144 Nota Metodologica In aumento invece la dotazione di tutte le altre infrastrutture economiche, ad eccezione dei porti (che rimangono comunque l unica categoria in cui il Sud prevale anche soprattutto per la migliore collocazione geografica). Da questo punto di vista è particolarmente confortante il dato delle infrastrutture ferroviarie (da 84,7 ad 87,8), effetto molto probabilmente dovuto all introduzione nel periodo considerato del collegamento ad Alta Velocità fra le stazioni di Roma Termini e Napoli Centrale. Per quanto concerne le infrastrutture di tipo sociale si evidenzia il netto recupero delle strutture per l istruzione oramai molto prossime alla parità con il Centro Nord (0,9 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale, contro i 7 dell inizio del decennio) e qualche segnale di ripresa per quanto riguarda la sanità. Permane invece nettissimo il divario rispetto alle strutture culturali. Competitività e dinamiche settoriali Nel 2007 l Italia è risultata, con quasi 359 miliardi di euro, la quarta nazione esportatrice tra le 27 che compongono l Unione Europea. Al primo posto della graduatoria si colloca la Germania, con un valore delle esportazioni quasi tre volte superiore a quello italiano, seguita da Francia e Paesi Bassi. Rispetto all anno precedente il valore del commercializzato all estero dei beni italiani ha registrato un incremento dell 8%, superiore alla media dell Unione Europea. Un primo aspetto che sembra distinguere l export italiano da quello degli altri Paesi dell Unione è la maggior incidenza del mercato extracomunitario: quasi il 40% del valore dei prodotti commercializzati sui mercati esteri è infatti diretto verso Paesi non appartenenti all Unione. L analisi del valore unitario (dato dal rapporto tra valore dell export e le quantità esportate) nel 2007 rispetto al 2006, evidenzia come, in genere, all interno dei singoli settori vi sia stato un innalzamento della qualità dei prodotti esportati e, quindi, che le imprese italiane riescono ad essere competitive sui mercati europei extra-ue commercializzando beni di maggior pregio (calzature, oreficeria, meccanica di precisione). Tendenza opposta nel mercato asiatico, dove la correlazione tra esportazioni e valore medio unitario è di ordine inverso, in cui la competitività si gioca soprattutto sul fattore prezzo. Ancora differente risulta essere l andamento nel mercato americano, continente dove la forza dell euro ha giocato un ruolo fondamentale. Solo il settore della metalmeccanica presenta risultati eccellenti in termini di crescita del commercio con l estero, andamenti determinati soprattutto da un contenimento dei valori medi unitari per quanto riguarda i mezzi di trasporto e la meccanica tradizionale. Appare sempre più evidente che la concorrenzialità sui mercati esteri sia legata alla capacità competitiva delle singole imprese e, per esteso, alla qualità del sistema territoriale nel quale le aziende sono inserite. Imprese che nel corso degli anni sono andate peraltro ad aumentare: secondo i più recenti dati del Centro Studi Unioncamere, riferiti al 2007, il numero delle aziende manifatturiere con dipendenti che esportano è pari a poco più di centomila, ossia circa un terzo del totale (erano poco più di nel 2006, con una crescita da un anno all altro pari a oltre il 15%). 144

145 Nota Metodologica Le medie imprese alla guida del riposizionamento competitivo del made in Italy Sono le medie imprese industriali attive in Italia. Ad esse va ricondotto circa il 14% del valore aggiunto manifatturiero italiano, percentuale che sale al 22% considerando anche l indotto. La loro rilevanza, per l interpretazione delle trasformazioni in atto nel nostro apparato produttivo, è dovuta anzitutto al fatto che, in molti comparti, hanno rappresentato la punta di diamante in quel processo di riposizionamento del sistema industriale italiano sui mercati internazionali, oggi evidente anche attraverso una lettura dei dati relativi all export. Per capire meglio il modello delle medie imprese occorre osservare che la loro crescita, in termini di valore aggiunto nell ultimo decennio, è riconducibile solo marginalmente (3,2%) ad un aumento di produttività; deriva, invece, in misura molto più consistente dall incremento della forza lavoro (19,3%), seguito dall aumento dei prezzi (15,0%). Tuttavia, sia l incremento dell occupazione che quello dei prezzi deve essere interpretato positivamente: più occupati e, soprattutto, più occupati qualificati rappresentano evidentemente una condizione di benessere diffuso sul territorio; l incremento dei prezzi, poi, altro non è che l effetto di un processo continuo (e ben riuscito) di qualificazione delle produzioni. Un analisi delle imprese sopravvissute nel 2005 L analisi si focalizza sulle aziende con un numero di dipendenti compreso tra 1-49 e sui principali comparti manifatturieri, al fine di indagare le traiettorie seguite dal sistema delle piccole imprese manifatturiere italiane, per adattarsi alle forti turbolenze del contesto economico globale. Tra il 1998 e il 2005, questo segmento di imprese ha incrementato l occupazione dipendente del 9,0%. In particolare, questo incremento netto del numero di dipendenti è determinato da due differenti componenti: la prima è data dall incremento di dipendenti nelle imprese che, sia nel 2005 che nel 1998, avevano meno di 50 dipendenti, incremento che è pari al 17,2%; la seconda componente è data dalla riduzione degli occupati nelle medie e grandi imprese, che scendono sotto la soglia dei 50 dipendenti, variazione pari al -8,2%. Un ulteriore elemento emerso dall analisi è dato dall irrobustimento del comparto delle piccole imprese, che, nel periodo considerato, hanno aumentato la dimensione media in termini di dipendenti, passando da 6,7 a 7,3 unità. Nel Mezzogiorno, dove la selezione è stata particolarmente dura, le imprese sopravvissute appaiono essere più robuste e, conseguentemente, capaci di incrementare in modo apprezzabile l occupazione. 145

146 Nota Metodologica Tavola A.2 La dinamica del fatturato degli esercizi commerciali e l evoluzione del sistema distributivo nel 2007 La dinamica del giro d affari del sistema distributivo italiano, dopo avere accennato nel corso del 2006 un timido segnale di ripresa, torna a mostrare una moderata crescita negativa. L entità della variazione media annua sperimentata nel 2007 è modesta, pari al -0,2% anno su anno, ma evidenzia la fase di stallo in cui si trovano le vendite nel sistema italiano, che nel complesso, pur permanendo eterogenee peculiarità geografiche e settoriali, mostrano una dinamica oscillante attorno allo zero da circa ventiquattro mesi. Per quanto attiene la specializzazione merceologica è evidente come il segnale negativo che traspare dalle statistiche nazionali dipenda esclusivamente dal canale specializzato, sia alimentare che non alimentare. Nel 2007 Iper, Super e grandi magazzini, che già nel 2006 avevano mostrato un accelerazione nell incremento dei fatturati, continuano a crescere a ritmi superiori al 3% annuo. L unico contributo positivo alla crescita del fatturato delle vendite nel complesso del sistema italiano proviene quindi dalla distribuzione despecializzata. Questo formato distributivo non ha mostrato nemmeno negli anni precedenti segnali di flessione, ma solo fasi di decelerazione legate al contesto congiunturale. Lo scenario del turismo in Italia Gli arrivi turistici internazionali crescono per il quarto anno consecutivo ed\ anche i ricavi sembrano seguire questa crescita. La crescita del movimento turistico internazionale, riavviatasi nel 2005, continua. Nel 2007, infatti, l UIC ha registrato 71,2 milioni di ingressi, +5,6% rispetto al 2006 e +18,2% rispetto al In questo modo viene invertita la tendenza negativa in essere dal Nel 2007 i viaggiatori stranieri hanno speso in Italia oltre 31 miliardi di euro determinando un saldo netto positivo di 11,2 miliardi. I buoni risultati della destinazione Italia sul fronte internazionale (42,8% delle presenze del 2006) riescono, dunque, a compensare le difficoltà che hanno caratterizzato il mercato interno. 146

147 Nota Metodologica Inflazione, consumi, redditi e salari Alimentari ed energia erodono il potere d acquisto delle famiglie Negli ultimi dodici mesi l inflazione ha mostrato una forte accelerazione. Il repentino cambiamento di intonazione si è avuto nei mesi estivi dello scorso anno: dal settembre del 2007 al momento in cui scriviamo l inflazione è pressoché raddoppiata, sostenuta in larga parte dagli aumenti dei generi alimentari e dei carburanti. Il quadro dei prossimi mesi non è confortante. Le tensioni sul mercato alimentare paiono destinate a durare. Le quotazioni del grano duro hanno confermato i massimi già raggiunti nella seconda metà del 2007 e le altre filiere alimentari, oltre a quelle dei derivati dei cereali, stanno manifestando tensioni dai derivati del latte, agli oli e grassi, alle carni di pollo, sino alle conserve (tonno in olio d oliva, pomodori, ecc). Quello che era inizialmente un episodio inflazionistico confinato ad alcune specifiche merceologiche sta conoscendo un momento di contagio con rincari sia lungo le singole filiere, dal mais all olio, dalla farina alla pasta, dal latte ai formaggi che sulle altre filiere, a causa della necessità delle distribuzione commerciale di compensare gli aumenti sui singoli prodotti e equilibrare i prezzi relativi, secondo la logica tipica di un pricing sull assortimento. Nel mercato dei beni non alimentari il cammino del 2008 si annuncia in graduale accelerazione. Per quest anno la componente interna del costo del lavoro rimarrà ancora moderata. Gli esiti più evidenti in termini di costi unitari del lavoro e di pressioni sui margini e sui prezzi dell output sono da attendersi nel prossimo anno. Per il 2009 si mantiene uno scenario di stagnazione della produttività e si apre il rischio di un possibile travaso della maggiore inflazione corrente sui redditi da lavoro futuri. Per i servizi si confermano andamenti moderati in virtù soprattutto dei recuperi di produttività e di un accresciuto livello di concorrenza in molti mercati, dai voli aerei, ai servizi finanziari, a quelli di alloggio, ma il venire meno degli effetti dei provvedimenti amministrativi del 2007 comporta di per sé una risalita dai minimi storici e un ritorno dell inflazione di comparto sopra al 2,5% già dai prossimi mesi. Sul versante delle tariffe ci si aspetta un ulteriore rincaro tenendo conto che quelle dell energia elettrica e del gas devono ancora incorporare l aumento delle quotazioni del petrolio. In aumento il costo dei rifiuti, dei trasporti pubblici locali, dell'acqua. Con queste premesse tassi di inflazione superiori al 3% sono destinati a persistere almeno sino alla fine della prossima estate. La previsione di inflazione per la media del 2008 si attesta dunque al 3% e, nell eventualità che il petrolio dovesse confermare gli attuali livelli, gli effetti d impatto indiretto dello shock potrebbero arrivare a compimento, si prospetta un percorso in salita anche per l anno Bisogna poi ricordare che il rincaro del greggio sta mettendo già a dura prova i bilanci familiari: l inflazione viaggia in questi mesi ben al di sopra della dinamica dei salari nominali. L evidenza di una inflazione che accelera e il conseguente arretramento del potere d acquisto, soprattutto se protratta nel tempo, può condizionare le aspettative circa l inflazione futura e per questa via indurre i lavoratori a tentare di incorporare nelle prossime tornate contrattuali sia il recupero della maggiore inflazione passata che la maggiore inflazione attesa per il futuro. Di certo di questo passo le rivendicazioni salariali si incamminano in un percorso di difficile ricomposizione e vi è il rischio concreto che si ripresentino sintomi di avvio di una spirale prezzi/salari, laddove le maggiori rivendicazioni salariali di oggi alimentano i prezzi più elevati domani. Ma una compressione ulteriore del potere d acquisto delle famiglie, già compromesso dai rincari dei generi alimentari, in un contesto di clima di fiducia in calo, con possibili rialzi all orizzonte dei tassi e notizie non confortanti su una prossima recessione americana, appaiono un mix di difficile somministrazione. Alla ricomposizione di questo quadro può non essere così sbagliato immaginare aiuti provenienti da una riduzione della pressione fiscale, che consenta di compensare almeno una parte della perdita di potere d acquisto, quella originata dai rincari degli alimentari e ridare fiato ai consumi, in una fase ciclica che si prospetta non facile. 147

148 Nota Metodologica L evoluzione delle tariffe dei servizi di pubblica utilità in Italia In Italia, nel periodo compreso tra il 1998 e il 2007 cioè dalla fase iniziale del processo di industrializzazione delle local utilities ad oggi le tariffe pagate dalle famiglie per i principali servizi di pubblica utilità (gas, elettricità, acqua, rifiuti, trasporti urbani, ecc.) si sono accresciute in media del 40,4%, a fronte di un incremento dell indice dei prezzi al consumo per l intera collettività nazionale del 22,2%. Per la precisione, hanno segnato un aumento di gran lunga superiore al tasso d inflazione la tariffa dei rifiuti (+49,6%), quella dell acqua potabile (+44,6%) e quella del gas naturale (+37,8%); mentre leggermente più moderati sono risultati i rincari dei trasporti urbani (+30,4%) e della bolletta elettrica (+28,7%). Tavola A.3 A prescindere dalla dimensione delle utenze domestiche, in tale contesto è comunque interessante mettere in evidenza due punti: 1) i disagi che vivono le famiglie italiane: il 9,3% incontra notevoli difficoltà a saldare le bollette con regolarità (il 15,2% nel Mezzogiorno) e il 10,4% delle stesse non può permettersi di riscaldare adeguatamente la propria abitazione (il 20,9% nel Mezzogiorno); 2) nel 2007 la spesa totale dei consumatori per i principali servizi di pubblica utilità è aumentata del 52,7% rispetto al 1998 (anno che coincide grosso modo con la fase iniziale del processo di riforma delle local utilities), raggiungendo la ragguardevole cifra di milioni di euro, aumenti solo in minima parte ascrivibile alla maggiore domanda da parte degli utenti. 148

149 Nota Metodologica I differenziali di consumo per tipologia di famiglia Considerando sia la spesa delle famiglie residenti, sia quella dei turisti, l incremento annuo dei consumi per il 2007 si è dimostrato stagnante in linea con l anno precedente (+1,3%, contro il +1,2% del 2006). Con riferimento agli acquisti di beni di largo consumo (alimentari e non alimentari), il Centro Studi Unioncamere ha rielaborato i dati forniti dal panel ACNIELSEN, con cui è possibile valutare l andamento dei consumi non solo a livello territoriale (macro-ripartizioni) ma anche per tipologia familiare e fonte d acquisto. Tali elaborazioni confermano l entità dell incremento della spesa tra il 2006 e il 2007, con una variazione del +1,2% trainata soprattutto dalle regioni dell Italia centrale (+2,8%). In sensibile flessione è il dato aggregato relativo alle famiglie meridionali (-1,4%), mentre il Nord si colloca poco al di sopra della media nazionale. Dall analisi emerge che: rispecchiano le tendenze generali le famiglie con bambini non oltre i 17 anni (maturing families) e quelle con solo bambini grandi, tra 11 e 17 anni (established families); sono in crescita la spesa dei singles in età lavorativa, delle coppie giovani senza figli o con figli molto piccoli (pre-families e new families); sono in crescita in misura più contenuta le spese delle famiglie più anziane senza figli o con figli maggiorenni (older couples), in grado quindi di generare anch essi reddito; segnali di disagio provengono invece dai single pensionati (il valore degli acquisti totali cresce di appena lo 0,4% tra il 2006 e il 2007, con un +1,6% per i generi alimentari) e, soprattutto, dalle famiglie con a capo una persona di età compresa tra i 35 e i 54 (families) - in molti casi con figli maggiorenni ma non ancora percettori di reddito - per le quali finanche i consumi food segnano una decisa flessione (-2,9%, contribuendo quindi al -3,9% complessivo). L impoverimento delle fasce sociali più deboli Un importante dettaglio circa il livello di benessere della collettività può essere fornito dalle valutazioni del patrimonio delle famiglie, che l Istituto Tagliacarne ha effettuato a livello provinciale per gli anni dal 2004 al 2006, distinguendo il relativo totale in due categorie: attività reali (abitazioni, comprese quelle secondarie, e terreni agricoli, esclusi quelli edificabili); attività finanziarie (depositi, valori mobiliari e riserve, comprese le riserve tecniche di assicurazione e i fondi pensione). Su un valore complessivo del patrimonio familiare che nell anno 2006 è stato stimato pari a 8.665,5 miliardi di euro, la quota di pertinenza delle regioni del Centro-Nord ha sfiorato il 77,5%, mentre alle regioni del Mezzogiorno è spettato il rimanente 22,5%. E mentre al valore totale registrato dal Centro-Nord (6.715,7 miliardi di euro), le attività reali principalmente costituite dalle abitazioni hanno contribuito soltanto con il 59,4%, contro il 71,1% del Mezzogiorno, sono le attività finanziarie (con un contributo del 40,6%) a distaccare il Centro-Nord dall altra ripartizione, dove si raggiunge soltanto il 28,9%. 149

150 Nota Metodologica Tavola A.4 150

151 Nota Metodologica Da qui la tendenza registrata dei meridionali a privilegiare gli impieghi meno aleatori del risparmio, rappresentati principalmente dalle abitazioni, rispetto ai più rischiosi investimenti in strumenti finanziari, confermato anche dall'aumento dei finanziamenti a medio lungo termine per acquisto delle abitazioni contratti con le banche. In tutte le regioni del Nord con la sola eccezione del Friuli-Venezia-Giulia la ricchezza media per famiglia è risultata superiore ai 400 mila euro, con un picco di 502 mila in Lombardia; nelle regioni del Centro ci si è collocati attorno ai 350 mila euro e in quelle del Sud-Isole (con un valore medio di poco più di 253 mila euro) si è oscillati tra il massimo di 274 mila spettante alla Puglia e il minimo di 199 mila della Calabria. Se poi si considerano congiuntamente la dimensione fisica delle famiglie e il livello economico del territorio di residenza, le differenze si ampliano ulteriormente, mettendo in rilievo le notevoli disuguaglianze che, da tali punti di vista, esistono nel nostro Paese. Bastano due rapporti tra i dati del Mezzogiorno e quelli del Nord-Ovest per dare un idea dell estensione del fenomeno: da una parte, si vede come il reddito medio per famiglia, nelle regioni del Mezzogiorno, ( euro) risulti del 28,4% inferiore a quello delle regioni nord-occidentali; dall altra, con riferimento allo stesso gruppo di famiglie numerose, il reddito delle famiglie residenti nel Mezzogiorno ( euro) diverge di un più corposo 38,1% rispetto a quello delle famiglie che risiedono nel Nord-Ovest ( euro). 151

152 Nota Metodologica Tavola A.5 152

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