Il problema dell energia oscura

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1 Università di Roma La Sapienza" Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di laurea in Fisica Tesi di laurea in Fisica Il problema dell energia oscura Relatore: prof. Alessandro Melchiorri Candidata: Paola Giammaria Anno Accademico

2 Indice INTRODUZIONE... 3 CAPITOLO 1: Basi concettuali e formali del modello cosmologico standard 1.1 Omogeneità ed isotropia: il principio cosmologico Espansione dell universo: la legge di Hubble Il fattore di scala Spazio-tempo e gravitazione: la cinematica della geometria Teoria gravitazionale: la dinamica della geometria e la costante cosmologica La metrica FRW Distanza, fattore di scala e redshift L equazione di Friedmann L universo come fluido perfetto: le equazioni chiave per descrivere l espansione Componenti dell universo per l equazione di stato CAPITOLO 2: Modelli per l universo con singola componente e con più componenti 2.1 Separazione in singole componenti dell equazione di Friedmann per l universo Il modello più semplice di universo: un universo vuoto Modelli di universo spazialmente piatto UNIVERSO DI SOLA MATERIA UNIVERSO DI SOLA RADIAZIONE UNIVERSO DOMINATO DA Λ Modelli per l universo con più componenti RADIAZIONE E MATERIA MATERIA E COSTANTE COSMOLOGICA I numeri del modello per l attuale universo La moderna cosmologia LA NUCLEOSINTESI DEL BIG-BANG La radiazione di fondo cosmico L effetto Sachs-Wolfe integrato

3 CAPITOLO 3: Osservabili cosmologiche e componenti dell universo 3.1 Parametri cosmologici e osservabili fisiche Misure di distanze Candele standard e misure dei parametri cosmologici Studio dei parametri cosmologici in base ai dati di supernovae Ia L esistenza della materia oscura e dell energia oscura e le problematiche relative Evidenza della materia oscura, ipotesi sulla sua natura e composizione Ipotesi sull energia oscura e prove osservative Misure di energia oscura ad alto redshift: test di Sandage-Loeb Figure di merito per la valutazione di modelli di dark energy nel progetto DETF CAPITOLO 4: Modelli per l energia oscura: DE fisica 4.1 I differenti approcci per cercare un alternativa a Λ Modelli di materia modificata MODELLI DI QUINTESSENZA K-ESSENZA E MODELLI PHANTOM Il gas di Chaplygin Energia oscura accoppiata Modelli senza DE: disomogeneità dell universo CAPITOLO 5: Modelli di gravità modificata: DE geometrica 5.1 Le teorie IL PROBLEMA DEL FRAME FISICO VALIDIT DELLE TEORIE : VINCOLI LOCALI E COSMOLOGICI Modelli accettabili LA DINAMICA COSMOLOGICA DEI MODELLI ACCETTABILI Teorie Ulteriori modelli di gravità modificata: il termine di Gauss-Bonnet Modello DGP Modelli olografici di energia oscura Considerazioni finali BIBLIOGRAFIA

4 INTRODUZIONE Il problema dell energia oscura è il più spinoso della fisica moderna 1.. La conferma avuta dai risultati delle surveys sulle supernovae di classe Ia circa l espansione accelerata dell attuale universo, valsi il Nobel per la fisica nel 2011 a S. Perlmutter, A. Riess e B. Schmidt a capo di gruppi di ricerca che le hanno condotte nell ultimo ventennio, ha catalizzato l attenzione della cosmologia teorica ed osservativa verso lo studio del significato di tale accelerazione: quale ne è la sorgente e come agisce. La risposta attuale che la fisica si dà va sotto il nome di energia oscura, che è annoverata come la componente attualmente dominante nell universo, rappresentando circa il della materiaenergia che lo costituisce ed in accordo con le equazioni della Relatività Generale, che ne descrivono la struttura, su scale cosmologiche non sarebbe la materia ordinaria ma questa forma di energia alla quale si attribuisce (nel modello standard) una densità costante ed una pressione negativa a produrre l accelerazione nell espansione. Benché non sia ancora chiara la sua natura e la sua origine si cerchi nel vuoto, cioè come una forma di energia del vuoto, inteso come vuoto quantistico dove materia ed antimateria si annichilano ed al quale compete una densità di energia, si è cominciato a caratterizzarne l abbondanza e la dinamica, attraverso il confronto dei dati osservativi riguardanti osservabili diverse: le supernovae, la CMBR con le sue anisotropie e lo studio delle strutture su larga scala. Queste osservazioni infatti permettono di porre vincoli ai modelli teorici proposti per la dark energy. Il modello standard in cui l energia oscura è interpretata attraverso la costante cosmologica, con cui si identifica l energia del vuoto, infatti, incontra problemi di fine tuning circa la discrepanza tra il valore dell energia del vuoto dedotto dalle osservazioni e quello calcolato teoricamente e problemi di consistenza temporale nel confronto tra la presenza di tale componente e quella di materia nella storia dell universo, delle quali si tiene conto attraverso la stima di parametri di densità; queste circostanze hanno condotto alla formulazione di modelli alternativi per descrivere la dark energy considerando soluzioni in cui l equazione di Einstein, che descrive la dinamica dell universo, presenta modifiche nel contenuto di materia-energia attraverso un cambiamento del tensore energia-impulso, oppure modifiche al tensore di Einstein stesso valutando le condizioni che una differente teoria della gravità deve rispettare per continuare a rappresentare anche i fenomeni ben descritti dalla Relatività Generale, quindi con l imposizione principalmente di vincoli locali. In questo lavoro vengono passati in rassegna i principali modelli teorici formulati secondo questi due criteri con particolare attenzione al riscontro sperimentale dei modelli di gravità modificata. In sintesi l energia oscura viene pensata o come una componente d energia( ) costante nel tempo e nello spazio, o come un fluido che presenta un equazione di stato variabile nel tempo, quindi col 1 Affermazione fatta da Edward Witten il fisico cui si deve la paternità della M-theory. 3

5 fattore di scala dell universo o come una dark energy geometrica, nel senso che è la teoria della relatività stessa a dover essere modificata e l effetto di una componente di energia oscura altro non sarebbe che un cambiamento nella struttura geometrica stessa del nostro universo. L energia oscura si colloca come una delle più importanti scoperte in cosmologia con profonde implicazioni per l astronomia, la teoria delle alte energie, la Relatività Generale e la teoria delle stringhe. Questo è sufficiente a spiegare un ambizioso programma di osservazioni per determinare le sue proprietà nel miglior modo possibile; tale progetto è denominato Dark Energy Task Force (DETF) il quale ha come obiettivi: determinare nel miglior modo possibile se la crescente espansione è coerente, misurare qualsiasi possibile evoluzione temporale dell energia oscura e ricercare un eventuale fallimento della Relatività Generale attraverso il confronto tra gli effetti che ha l energia oscura sull espansione cosmica e quelli sulla crescita delle strutture cosmologiche come galassie o ammassi di galassie. L incertezza sulla natura della dark energy e sulle sue proprietà è controbilanciata dalla molteplicità di indagini sperimentali che si possono compiere per mettere a fuoco i punti di cui sopra e quindi dalla copiosità di dati osservativi che appartengono a quattro ambiti di ricerca fondamentali coinvolti in questo studio: le supernovae di tipo Ia, le anisotropie della radiazione di fondo cosmica (CMBR), le oscillazioni barioniche acustiche (BAO) e le strutture su larga scala che consentono di studiare il clustering e il fenomeno di weak lensing. 4

6 CAPITOLO 1 Basi concettuali e formali del modello cosmologico standard Un modello cosmologico che possa descrivere la storia dell universo fino all istante attuale ( ) e che sia in grado di prevederne l ulteriore evoluzione, si avvale, sulle base di dati osservativi, dei principali strumenti teorici della fisica: principi di base, parametri su cui calibrare opportune approssimazioni e la capacità di immaginare scenari inattesi, perché nella storia della cosmologia in alcuni casi è accaduto che le osservazioni siano tardate ad arrivare rispetto alle previsioni teoriche, mentre in altri è accaduto che le hanno anticipate rendendo necessaria la revisione dei modelli. Il modello cosmologico standard è quello del Big Bang caldo, il quale afferma che l universo si è espanso da uno stato iniziale caldo e denso, all attuale suo stato relativamente freddo e che l espansione è in atto ancora oggi. Punto di partenza per delineare e dare consistenza al modello standard nel concepire le equazioni che descrivano l intero universo e le leggi che a partire dai primi decenni del XX secolo son state formulate per spiegare quanto si osservava è il Principio Cosmologico. 1.1 Omogeneità ed isotropia: il Principio cosmologico Evidenze osservative sempre maggiori, raggiunte per mezzo di tecnologie avanzate e mirate all ambito cosmologico, hanno permesso di constatare che, a grandi scale, a partire dai 100 Mpc (distanza che mediamente separa gli ammassi di galassie), l universo presenta una struttura omogenea ed isotropa. Da qui la formulazione del principio cosmologico, il quale afferma che non vi sono posizioni o direzioni privilegiate nell universo. Questo principio, detto anche copernicano, si presenta in effetti come l ulteriore scatto in avanti della teoria di Copernico, che contestò nel XVI secolo il geocentrismo, poiché proietta su scale ben più ampie di quelle del sistema solare il fatto che non solo non occupiamo una posizione speciale nel vicino universo, ma tantomeno questa esiste nel cosmo pensato su grandi scale. Infatti benché ponendoci in un contesto planetario o galattico sperimentiamo una struttura grumosa e assolutamente anisotropa del cosmo, basta spostarci a scale più grandi, quelle che, appunto, tipicamente separano gli ammassi di galassie, che possiamo contestualizzare il principio cosmologico, in quanto l universo appare isotropo (invarianza per rotazione) intorno a noi, ovvero, statisticamente parlando, osserviamo in tutte le direzioni la stessa distribuzione di superammassi e vuoto. Se dunque l universo è isotropo intorno a noi, poiché ogni punto dell universo può essere trasportato in qualsiasi altro punto da una serie di rotazioni intorno a centri fissi [3], allora l universo è isotropo intorno ad ogni posizione e quindi necessariamente è anche omogeneo (invarianza per traslazione). E evidente che il principio cosmologico è insieme un risultato osservativo ed una base concettuale nella formulazione del modello cosmologico per descrivere l universo nella sua interezza spaziale e nella sua evoluzione temporale. 5

7 1.2 Espansione dell universo: la legge di Hubble Oggi è un punto fermo della cosmologia teorica ed osservativa che l universo sia in espansione, ma quando vennero fatte le prime osservazioni che testimoniavano ciò, nei primi decenni del secolo scorso, l idea trovò molti ostacoli nell affermarsi, poiché si doveva far strada in un contesto ben diverso da quello odierno in cui il modello di un universo statico era imperante e soprattutto lo si identificava con la nostra galassia, non avendo ancora chiara la percezione che quelle che sembravano nebulose di polveri e gas ai confini della Via Lattea erano invece altre galassie separate dalla nostra. Nonostante ciò le osservazioni degli spettri galattici compiute tra il 1910 ed il 1925 mostravano chiaramente degli spostamenti delle linee spettrali verso il rosso, cioè verso lunghezze d onda maggiori di quelle aspettate (note quelle stesse linee in laboratorio); ciò era spiegabile assumendo un movimento delle sorgenti in allontanamento da noi in virtù dell effetto Doppler. Infatti quando una sorgente di radiazione ed un osservatore si allontanano, la lunghezza d onda di una certa riga spettrale emessa dalla sorgente λ e non coinciderà con quella osservata λ o poiché quest ultima risulterà maggiore in virtù della distanza percorsa dalla sorgente tra l emissione di due successive creste, circostanza che causa un aumento del tempo richiesto perché la cresta dell onda raggiunga l osservatore, dunque ad un aumento del periodo corrisponde una diminuzione in frequenza e quindi una lunghezza d onda maggiore, così da poter definire una quantità molto importante in cosmologia : il redshift Nel nostro attuale modello cosmologico il redshift è diventato un valore fondamentale da associare agli oggetti celesti che osserviamo in virtù della legge di Hubble. Nel 1929 Hubble enunciò la sua legge che esprime una relazione lineare tra il redshift delle galassie osservate 1 e la loro distanza, da lui stimata con i metodi allora disponibili, basati sull impiego delle variabili Cefeidi come candele standard (come si vedrà in dettaglio nel capitolo tre), la quale afferma che: (1.1) (1.2) dove è la distanza dell oggetto celeste da noi, il suo redshift, la velocità della luce nel vuoto ed 1 Allora erano noti gli spostamenti in linee spettrali verso il rosso di decine di galassie ormai riconosciute separate dalla nostra per via della loro distanza. A partire dalle osservazioni compiute nel 1912 da Vesto Slipher che misero chiaramente in evidenza un allontanamento delle nebulose (all epoca ancora non risolte in galassie separate dalla nostra), che si osservavano ai confini della Via lattea, con una certa velocità di recessione evidente dagli spostamenti verso il rosso delle lore linee spettrali. 6

8 , detta costante di Hubble, la pendenza di questa retta che lui graficò interpolando i dati di circa cinquanta galassie 2. Il fatto che questa legge sia stata formulata sulla base di redshifts molto piccoli ( 0,004) permette di poter utilizzare la relazione classica per lo spostamento Doppler: 3 dove è la velocità radiale della sorgente di luce rispetto a noi, che ci poniamo come origine del sistema di riferimento per misurare velocità e distanza, per cui la legge di Hubble prende la forma: che esprime chiaramente il fatto che più gli oggetti sono distanti da noi più la loro velocità di allontanamento è alta, quindi non solo che l universo si sta espandendo, ma anche, in virtù del principio cosmologico che permette di traslare questo risultato a tutti i punti del cosmo in un universo in espansione omogenea e isotropa, che in passato gli oggetti erano molto più vicini tra loro, avvalorando l ipotesi del Big Bang. Dunque in un tempo remoto tutte le galassie si trovavano condensate in uno stesso punto. Inoltre se si fa l assunzione che nel tempo la velocità di recessione tra due galassie sia rimasta costante, cioè si assume idealmente che non siano intervenute forze esterne, si può stimare il tempo in cui esisteva questo stato altamente denso da cui tutto ha avuto origine, nel seguente modo: quindi il tempo detto tempo di Hubble risulta essere una stima dell età dell universo pensato come ideale nell assenza di forze che siano intervenute a modificare la velocità di recessione impressa dal Big Bang stesso. Sulla base del valore odierno 4 di = (1.3) (1.4) (1.5) 2 Vennero in realtà osservate anche linee spettrali spostate verso il blu che indicavano galassie in avvicinamento, ma si capì ben presto che questo era dovuto ad un moto proprio e locale, mentre su scale cosmologiche regna il moto di allontanamento. 3 Concettualmente c è una distinzione tra il convenzionale effetto Doppler (in cui sono le sorgenti a muoversi l una rispetto all altra) e il redshift cosmologico (dove è lo spazio ad espandersi e a trascinare lontane le une dalle altre le galassie e un fattore di scala può esprime di quanto s ingrandisce lo spazio e tutte le lunghezze in esso considerate comprese le lunghezze d onda dei fotoni). 4 Il valore stimato per la costante di Hubble nel 1929 era di 500 km s -1 Mpc -1,molto più grande di quello attuale per il fatto che Hubble aveva fortemente sottostimato la distanza delle galassie (di un fattore 7), sottostimando la luminosità delle stelle osservate di un fattore 49, infatti usò la relazione distanza-luminosità allora elaborata per le cefeidi di popolazione I, avendo invece osservato cefeidi di popolazione II, ma all epoca non era nota questa distinzione tra le due popolazioni. 7

9 risulta essere ) età che si accorda con quella calcolata per le stelle più antiche conosciute nell universo. Nel presentare il modello cosmologico intendo ripercorrere la storia dell evoluzione dell universo ponendo l accento sull esistenza di fasi diverse in cui ha prevalso una forza ad es. quella gravitazionale piuttosto che un altra nel determinare l andamento dell espansione a seconda della componente di materia-energia 5 dominante; per cui si può pensare come semplicemente una stima per eccesso o per difetto dell età dell universo, essendo in realtà, non una costante in assoluto, ma il valore che la grandezza, che prende il nome di parametro di Hubble 6, funzione del tempo cosmico, assume oggi, cioè in ; considerando quindi un andamento variabile a seconda del periodo in esame si può pensare ad un universo più giovane di, se dominato dalla materia che rallenta l espansione attraverso la forza gravitazionale, o più vecchio se dominato da una componente che accelera l espansione in virtù di una forza repulsiva, come si attribuisce alla costante cosmologica 7 (che sembra essere dominante nella fase che stiamo vivendo noi). Tutto questo non toglie valore al fatto di poter pensare ad una costante di Hubble cioè ad una grandezza che possa essere considerata costante per dei periodi molto lunghi, come sono quelli stimati su scale temporali cosmiche. Inoltre basandoci su questo valore di possiamo valutare quanto è ampio il nostro orizzonte degli eventi, cioè la distanza massima che un fotone ha potuto percorrere durante l età dell universo, detta distanza di Hubble: Ovviamente, come per l età, anche l esatto valore dell orizzonte dipende da come è avvenuta l evoluzione dell universo, cioè quali fasi ha attraversato da a. In conclusione, considerata nel contesto della teoria della Relatività Generale di Einstein, la legge di Hubble è un espressione dell espansione uniforme dello spazio, che è poi un semplice ingrandirsi delle dimensioni dell universo[5]. (1.6) 5 L intero modello cosmologico è sviluppato in chiave relativistica quindi una delle assunzioni di base è la legge E=mc 2 dove è espressa chiaramente l equivalenza concettuale tra massa ed energia. 6 Nel prossimo paragrafo è spiegato chiaramente come e quindi (relativamente al momento ) misurino il tasso di espansione dell universo, cioè quanto rapidamente esso si stia espandendo e siano dati in unità di velocità per distanza, misurando cioè il rapporto tra la velocità di galassie distanti e la loro distanza da noi. 7 La costante cosmologica Λ introdotta per la prima volta da Einstein nelle sue equazioni della Relatività Generale per ottenere una soluzione statica per il modello cosmologico, ha avuto una storia controversa nell essere accettata o rifiutata come componente cosmica dal suo stesso ideatore e poi nel seguito, è oggi presente nel nostro modello cosmologico e spiegherebbe l accelerazione nell espansione cui stiamo assistendo. 8

10 1.3 Il fattore di scala Stabilito che l universo è in espansione e che questa avviene in modo omogeneo ed isotropo, allora possiamo dire che se immaginiamo un ideale triangolo in cielo con ai vertici tre galassie qualunque, nonostante queste si muovano lontane le une dalle altre nel tempo, la forma del triangolo è preservata (ovviamente questo ragionamento può essere ripetuto per ogni trio di galassie). Ciò equivale a dire che le variazioni di lunghezza dei lati di questo triangolo immaginario avvengono secondo un fattore di scala che chiamiamo, che è una funzione del tempo. Detta la lunghezza del generico lato al tempo, questa sarà data ad ogni istante da: dove è l istante attuale e è la funzione temporale, detta fattore di scala, che ci dice come l espansione dell universo dipende dal tempo, avendo posto per la condizione di normalizzazione. La legge di Hubble ci permette di esprimere il legame tra ed il parametro di Hubble, infatti dalla (1.7) segue che la velocità di recessione tra le galassie e è esprimibile in ogni istante come: (1.7) (t) (1.8) che confrontata con la legge di Hubble (1.4) porta a dire che (1.9) la quale mostra chiaramente come il parametro di Hubble misuri quanto rapidamente cambia il fattore di scala e da cui segue che: ( ) (1.10) ovvero che rappresenta la velocità di recessione delle galassie stimata al momento attuale. Inoltre caratterizzando le distanze cosmiche è un fattore determinante nell espressione della metrica dello spazio-tempo del nostro universo. E necessario, infatti, a questo punto approfondire sia la descrizione dello spazio-tempo che il suo naturale legame con la gravità come segue dalla teoria della Relatività Generale, l applicazione della quale, in ambito cosmologico, ha permesso prima ad Einstein e poi ad altri, tra cui Friedmann, di formulare equazioni che descrivessero l intero universo riconoscendo alla forza di gravità il ruolo predominante nelle interazioni che agiscono su scale d interesse cosmologico. 1.4 Spazio-tempo e gravitazione: la cinematica della geometria E noto come, prima la teoria della Relatività Ristretta ed in seguito quella della Relatività Generale abbiano rivoluzionato letteralmente concetti basilari della fisica quali lo spazio-tempo e la gravitazione, permettendo di dar conto di fenomeni classicamente non spiegabili e di descriverne 9

11 altri osservati in ambito cosmologico (ad es. la deflessione della luce in un campo gravitazionale intenso). E quindi di necessario supporto alla presentazione del modello cosmologico standard un richiamo a tali concetti. La struttura differenziale e topologica dello spazio-tempo, visto come un continuo quadridimensionale, non presenta differenze nella visione classica newtoniana rispetto a quella della Relatività Ristretta, mentre la differenza c è nella definizione di distanza, cioè nella struttura metrica. Nello spazio-tempo Newtoniano ci sono due geometrie separate: una tridimensionale per lo spazio e l altra unidimensionale per il tempo, da cui la definizione disgiunta di due distanze: una spaziale ed una temporale ; lo spazio-tempo relativistico, invece, contiene solo una geometria che combina sia lo spazio che il tempo così da poter definire l intervallo spazio temporale che è l intervallo invariante sotto trasformazioni generali di coordinate 8 che fissa la distanza tra due eventi 9. Per uno spazio-tempo piatto (Minkowskiano) come quello considerato nelle Relatività Ristretta, l invariante in coordinate cartesiane è così definito: tale scrittura sottintende per questo spazio la metrica di Minkowski espressa dal tensore metrico 10 : (1.11) ( ) Essendo in forma tensoriale scrivibile come : con (1.12) e dove si sottintende una sommatoria sugli indici ripetuti, secondo la notazione di Einstein. Fin da qui è da specificare l importanza della scrittura tensoriale nell esprimere i termini che compaiono nelle leggi fisiche della teoria relativistica, in virtù del principio di relatività prima e del principio 8 Coordinate generali significa associare ad ogni punto dello spazio-tempo un insieme di quattro numeri che vengono assegnati secondo una regola arbitraria qualsiasi ma ben definita e opportunamente scelta per il tipo di spazio. Ad esempio in uno spazio piatto ha senso scegliere le classiche coordinate rettangolari. 9 E usuale indicare un punto dello spazio-tempo quadridimensionale relativistico come evento non trattandosi più soltanto di un punto spazialmente individuabile, ma contenendo in sé anche un informazione temporale data dalla coordinata t, anche indicata con x Il tensore metrico può essere dato tanto con la segnatura (-,+,+,+) quanto con la segnatura (+,-,-,-) 10

12 di invarianza generale dato in Relatività Generale poi, i quali affermano che tutte le leggi fisiche devono essere invarianti per trasformazioni generali di coordinate (in Relatività Ristretta vengono citate solo le trasformazioni di Lorentz) e la scrittura tensoriale consente ciò per via della definizione stessa di tensore. Infatti riferendoci qui al solo ambito di nostro interesse, quello della Relatività Generale, una grandezza è un tensore (di rango 1) se per trasformazioni generali di coordinate obbedisce alla legge: (1.13) Definito ciò, ritornando al tensore metrico (che è di rango 2), risulta evidente la sua centralità per descrivere la geometria del particolare spazio-tempo che si considera. E rilevante notare, come segue dalla (1.11), che il non è sempre positivo, infatti si parla di intervalli di genere tempo, spazio o luce, a seconda che il sia positivo, negativo o nullo, quest ultimo in particolare è il tipo di intervallo che c è sulla linea d universo di un segnale luminoso, dove per linea di universo s intende la traiettoria percorsa nello spazio-tempo quadridimensionale dal particolare oggetto che si sta considerando, in questo caso la luce. La grande rivoluzione della Relatività Generale è stata quella di esprimere geometricamente il ruolo della gravità in uno spazio dove fosse presente massa-energia, adottando non più la visione di Newton circa la forza gravitazionale, ma quella di Einstein. Quest ultimo, infatti, partendo dal principio di equivalenza 11, già postulato nella teoria di Newton, che sostiene l equivalenza, entro certi limiti, tra gli effetti inerziali e gravitazionali, e sulla base del principio di Fermat secondo cui un raggio di luce segue il cammino che minimizza il tempo di percorrenza tra due punti ( ), afferma che la presenza di massa-energia causa la curvatura dello spazio-tempo, poiché la traiettoria di un raggio luminoso in presenza di un campo gravitazionale non è rettilinea, quindi le curve che minimizzano in uno spazio dove sia presente massa-energia non sono linee rette, come succede, invece, in uno spazio piatto. Dunque in virtù del principio di equivalenza ogni campo gravitazionale può essere descritto, localmente, da una metrica ottenuta mediante trasformazione ad un sistema di riferimento non inerziale e diversamente da altri campi che agiscono su uno sfondo spazio-temporale fisso, il campo gravitazionale plasma l arena in cui agisce. Data la metrica che descrive il campo gravitazionale e quindi la geometria dello spazio-tempo circostante, l intervallo tra due eventi sarà così definito: 11 Il principio di equivalenza di Newton afferma l equivalenza tra massa inerziale e gravitazionale,almeno nel limite di corpi approssimabili come puntiformi o dotati di simmetria sferica; tale uguaglianza considerata prima di Einstein una rimarcabile coincidenza, diviene nella teoria relativistica una naturale conseguenza della curvatura intesa come proprietà dello spazio-tempo stesso. Da cui segue automaticamente che l accelerazione gravitazionale di un oggetto è indipendente dalla sua massa e composizione ed esso percorre traiettorie che son dettate dalla geometria dello spazio-tempo[1]. 11

13 (1.14) in tal modo la forza gravitazionale è stata assorbita nella definizione del tensore metrico ed il moto di una particella in questo contesto può essere interpretato come il moto libero lungo le geodetiche dello spazio la cui metrica è. La geodetica in quanto curva di moto libero per un corpo, è quella particolare curva che rende stazionario l intervallo invariante tra due eventi al variare del cammino, imponendo il principio variazionale espresso da: si ottiene l equazione che la descrive: (1.15) (1.16) questa coincide, per quanto detto sopra, con l equazione del moto stessa. Qui s è la coordinata con cui la curva è parametrizzata, i sono i simboli di Christoffel e sono determinabili una volta nota la metrica essendo definiti come: [ ] (1.17) Essi esprimono la struttura affine di uno spazio curvo (Riemanniano), cioè il fatto che il concetto di parallelismo in uno spazio dotato di curvatura non è immediato come in uno spazio piatto ed è necessario ricorrere all operazione di trasporto parallelo lungo un percorso per costruire un vettore parallelo ad un altro relativamente al cammino scelto e ciò matematicamente si fa attraverso i simboli di Christoffel che entrano anche nella definizione di derivata, detta covariante 12, in uno spazio Riemanniano, il quale ha quindi una geometria caratterizzata da due strutture: una metrica espressa dal tensore e una affine determinabile a partire dal tensore metrico in virtù della definizione dei. Dunque nella formulazione della RG la metrica determina completamente, attraverso i simboli di Christoffel, le proprietà geometriche e cinematiche dello spazio-tempo curvo. Per arrivare, ora, al cuore della teoria gravitazionale di Einstein si deve affrontare il problema della dinamica della geometria, ovvero l interazione della geometria con la materia espressa dall equazione di campo di Einstein. 12 In uno spazio Riemanniano l operazione di derivazione di un tensore, ad esempio di rango 1 A μ, deve contenere un termine dovuto al trasporto parallelo del tensore stesso nella direzione di derivazione, se si vuole conservare la forma tensoriale nella derivazione. Risulta così definita La derivata covariante A μ ;ν che si distingue da quella ordinaria A μ,ν per il termine aggiuntivo -Γ α μν A α che le dà la giusta forma tensoriale in uno spazio curvo. 12

14 1.5 Teoria gravitazionale: la dinamica della geometria e la costante cosmologica Le equazioni di Einstein per il campo gravitazionale, che, come già accennato, sono il modello per le equazioni del nostro universo, danno conto dell interazione della geometria con la materia, ossia permettono di determinare la metrica in presenza di materia. Nella teoria relativistica della gravitazione è innanzitutto importante specificare che sorgente del campo gravitazionale sono tanto la densità di energia, quanto la densità del flusso di energia che la densità del flusso d impulso, poiché ciò che appare in una forma in un certo sistema di riferimento è pensabile presentarsi in altra forma se visto da un differente sistema di riferimento e ciò è in linea con il principio d invarianza generale 13 su cui si fonda tutta la teoria, dunque queste tre quantità formano un unico oggetto di tipo tensoriale che è il tensore energia-impulso che descrive interamente le proprietà della materia. L equazione di campo di Einstein lega il tensore metrico al tensore energia-impulso, essendo dipendente dallo stato della materia e per questo non una grandezza assoluta ma un campo dinamico che deve soddisfare un equazione. Quest ultima si trova imponendo tre condizioni: la prima è l invarianza per trasformazioni generali di coordinate, la seconda è che obbedisca alla legge di conservazione: (1.18) scrittura che indica la derivata covariante del tensore, introdotta nel paragrafo precedente e che per esteso è: Infine la terza impone che in approssimazione lineare ( ossia campi deboli e velocità molto inferiori a ) l equazione di campo si riconduca all equazione di Poisson : (1.19) che dà classicamente la relazione tra il potenziale gravitazionale in un punto e la densità di massa ρ nello stesso, cosicché la teoria newtoniana risulti il limite a cui si riconduce la teoria generale della gravitazione. Quindi per analogia con le equazioni dinamiche della meccanica classica, l equazione sarà del secondo ordine differenziale e lineare nelle derivate seconde del tensore metrico. Seguendo tali criteri Einstein arrivò a dire che l unico tensore del secondo ordine in e tale che, come stabilito dalla (1.18) applicata al primo membro dell equazione, è: 13 Il principio d invarianza generale è un principio di simmetria nella teoria di Einstein che rimarca la relatività della teoria già sancita dal principio di relatività nel suo primo lavoro, il quale stabilisce che le leggi fisiche devono essere invarianti per trasformazioni di Lorentz, che son quelle tra sistemi inerziali nello spazio tempo quadridimensionale. 13

15 (1.20) Per spiegare i termini che compongono il tensore di Einstein si riparte dai simboli di Christoffel in base ai quali possiamo definire il tensore di curvatura di Riemann 14 che caratterizza la dipendenza del trasporto parallelo dal percorso scelto e dà una misura quantitativa della curvatura dello spazio, si dimostra, inoltre, essere il solo tensore che può essere formato prendendo combinazioni lineari delle derivate seconde della metrica; contraendo gli indici del tensore di Riemann si ottiene il tensore di Ricci che, mediante ulteriore contrazione per mezzo dell inverso del tensore metrico: porta a detto scalare di curvatura(o di Ricci); in questo modo rimangono definiti i termini del tensore di Einstein e se n è spiegato il legame col tensore metrico. Dunque l equazione di campo di Einstein è: (1.21) dove la costante è frutto del confronto con l equazione di Poisson. Scritta in unità cgs la (1.21 ) diventa: (1.22) Nel formalismo lagrangiano quest equazione può essere derivata tramite il principio di minima azione [14]. Definiamo l azione di Hilbert-Einstein: (1.23) Dove, la densità di lagrangiana è costruita attraverso lo scalare di Ricci che le dà la forma invariante sotto trasformazioni generali di coordinate 15. Variando l azione rispetto alla metrica, che rappresenta qui la variabile dinamica, si ha: [ ( ) ] (1.24) dove la variazione di, tenendo presente che il tensore di Ricci è la contrazione del tensore di Riemann(cfr. nota14), può essere espressa attraverso i simboli di Christoffel come: La densità di Lagrangiana è una funzione dei campi e delle loro derivate covarianti(in uno spazio-tempo curvo) e risulta della forma dove è uno scalare. 14

16 (1.25) Mentre sfruttando l identità valida per matrici quadrate tali che e considerandone la variazione rispetto ad, nel nostro caso, arrivo a scrivere che: (1.26) Posso allora riscrivere la(1.24) come: [( ) ( )] (1.27) Si dimostra che il secondo termine della somma dentro le parentesi quadre è la divergenza di un vettore, per il teorema di Stokes il suo integrale di volume si può trasformare in un integrale del vettore stesso sull ipersuperficie dello spazio-tempo e ponendo uguali a zero le variazioni al bordo della metrica esso si annulla. In realtà anche le derivate covarianti della metrica, contenute nei simboli di Christoffel, devono annullarsi, ma se così non fosse si potrebbe sempre pensare ad un azione con un termine aggiuntivo che cancelli tale contributo. Dunque essendo nullo l integrale del secondo addendo si vede che per qualsiasi, solo se si annulla il termine tra parentesi tonde nel primo addendo della (1.27), il che equivale proprio all equazione di Einstein per il vuoto, visto che fin qui si è considerata solo la lagrangiana del campo gravitazionale. Aggiungendo all azione di H-E un termine di materia, attraverso una lagrangiana di materia tale che: La variazione dell azione rispetto alla metrica diventa: Definendo il tensore: [( ) ] e imponendo che si annulli per ogni, si ottiene infine l equazione di Einstein: (1.28) 15

17 Questa è un equazione generale che presenta soluzioni diverse a seconda della distribuzione di materia-energia che si prende in considerazione. Caso per caso, infatti, ci si riferirà ad una metrica differente e ad uno specifico tensore energia-impulso. E evidente che in questo contesto ci interessa l applicazione dell equazione di Einstein alla cosmologia per ottenere soluzioni che descrivano l evoluzione della geometria su larga scala dell universo, dimensione nella quale, stabilita la sua omogeneità ed isotropia, lo si può trattare, come un fluido 16 perfetto con pressione p e densità ρ e dare per il tensore energia-impulso l espressione che assume per un siffatto caso: (1.29) essendo la quadrivelocità del fluido con condizione di normalizzazione. Questa assunzione ci permette di utilizzare, nel modello cosmologico standard, unitamente all equazione di Einstein, le equazioni dei fluidi per dar conto dell evoluzione del cosmo nelle sue diverse fasi. Sempre riferendoci alla teoria di Einstein sulla gravitazione, il concetto di gravità come forza attrattiva vale, dunque, anche su scala cosmica per tutte le forme note di energia e per la materia, intendendo sia quella barionica che quella oscura (dark matter). Di conseguenza la Relatività Generale contempla che l espansione dell universo rallenti a un tasso determinato dalla densità della materia e dell energia in esso contenute, almeno quelle alle quali è associabile un azione gravitazionale attrattiva, come classicamente la si conosce, ma questa teoria consente anche l esistenza di forme di energia con proprietà differenti, che producono cioè gravità repulsiva; attualmente infatti ci sono prove osservative, in primis quelle provenienti dall osservazione di supernovae di tipo Ia, che dimostrano un accelerazione nell espansione dell universo, che quindi deve essere prodotta da una forma di energia, definita energia oscura (dark energy) il cui effetto contrasta quello di attrazione gravitazionale della materia-energia classicamente pensata. Per tener conto della presenza e dell effetto dell energia oscura è stato introdotto nella (1.21) un termine, chiamato di costante cosmologica, che porta all equazione: (1.30) Sebbene le implicazioni del termine siano di tipo cosmologico, la sua origine secondo il modello standard ( CDM) 17 deve essere probabilmente ricercata nella teoria quantistica, infatti questo termine rappresentativo della densità di energia oscura associata al vuoto, rimanda inevitabilmente all idea quantistica di vuoto, che contrariamente al significato della parola, è un luogo molto attivo, 16 Qui con universo sto indicando l intero suo contenuto di materia-energia, che può essere schematizzato come un fluido perfetto in virtù del Principio Cosmologico. 17 Il modello FRW per l universo con costante cosmologica e materia oscura fredda (Cold Dark Matter). 16

18 è pieno di coppie elettrone-positrone, protone-antiprotone ecc creati e distrutti spontaneamente dalle fluttuazioni del vuoto, il principio d indeterminazione di Heisenberg spiega come l energia ed il tempo di vita di queste coppie di particelle siano legati dalla relazione, non è sorprendente, dunque, che il vuoto debba avere una densità di energia [2] e che questa compaia nell equazione generale. Per esattezza e consistenza storica in questa breve presentazione della teoria di Einstein, è giusto sottolineare che, benché abbia appena presentato il termine con il significato che ha nel modello cosmologico attuale, fu lo stesso Einstein ad introdurlo nella sua equazione, come permesso formalmente dalla teoria da lui elaborata, ma con ben altro ruolo. Infatti, già all inizio del capitolo, ho accennato come nei primi decenni del novecento fosse imperante l idea di un modello statico di universo, non essendoci ancora l evidenza osservativa dell espansione, che venne poi riconosciuta nel 1929 con la legge di Hubble; quindi quando Einstein arrivò a scrivere la (1.21) nel 1915 era fermamente convinto di poter descrivere attraverso essa un universo omogeneo ed isotropo, ma statico, cioè né in espansione né in contrazione, con densità di energia positiva e pressione trascurabile, in quanto concluse che il contributo di energia più grande in esso veniva dalla materia non relativistica e poté fare l approssimazione di vivere in un universo senza pressione 18, ma si rese conto che la sua legge, applicata all universo nella sua interezza, portava o ad un universo in contrazione, se si partiva da una condizione iniziale di staticità o ad un universo che continuava ad espandersi partendo da una condizione iniziale di espansione, con un destino di allontanamento dei corpi celesti all infinito o di raggiungimento di un massimo per poi tornare ad una contrazione a seconda dell energia di legame gravitazionale dell universo intero, condizione determinabile in base al valore della densità di massa-energia media ( ) dell universo, tutto ciò in virtù dei noti effetti della gravità in un universo costituito da materia, poiché l unica soluzione statica permessa dalla sua teoria sembrava essere quella di un universo totalmente vuoto. Per riconciliare il fatto che l universo contenesse materia, con il suo desiderio di un modello statico, Einstein aggiunse l ulteriore termine, di cui sopra, contenente che da allora prese il nome di costante cosmologica e che nella sua ottica ricalibrava la geometria. Infatti compare a moltiplicare il tensore metrico, in modo che localmente il suo effetto fosse trascurabile, mentre se ne potesse apprezzare l azione a scale cosmologiche (allora coincidenti con le dimensioni della nostra galassia) imponendo la staticità al modello. Dunque già da qui si capisce come il significato da assegnare a sia stato in discussione fin dall inizio e se attualmente è oggetto di studio la sua natura, nel corso dell evoluzione del modello cosmologico è stato controverso il suo ruolo. Infatti lo stesso Einstein dopo la pubblicazione dei primi risultati sperimentali circa l osservazione degli spostamenti verso il 18 Nel trattare l universo come un fluido perfetto costituito da varie componenti di materia-energia: materia non relativistica, radiazione, componente dovuta alla costante cosmologica ecc, ad ogni componente è associabile la densità con cui è presente e la pressione che esercita. In particolare alla materia non relativistica è attribuita una in virtù dell equazione di stato ad essa associata (cfr 1.9). 17

19 rosso degli spettri galattici ed infine col lavoro di Hubble, dovette arrendersi all evidenza che l universo non fosse statico, bensì in espansione e così disse che: Non esistendo un mondo quasi statico, abbandonava l idea della costante cosmologica, considerandola addirittura il più grande errore della sua vita. A partire da allora varie volte e per motivi differenti la costante cosmologica è stata o no contemplata nel modello cosmologico; oggi, come ho già detto, ne fa parte come quella componente dell universo la cui densità di energia rimane costante, come esplicitamente verrà spiegato nel prossimo capitolo (cfr. 2.4), al di là del fatto che esso si contragga o si espanda e la cui pressione ha un valore negativo che determinerebbe l accelerazione nell espansione, che a partire dagli anni novanta è stata confermata, mentre il principale candidato per identificarla sembra essere l energia del vuoto, col significato quantistico che ciò comporta. Mentre era in atto un dibattito a livello internazionale circa le possibili soluzioni cosmologiche alle quali si poteva pervenire partendo dalle equazioni di campo di Einstein nel descrivere l universo, in cui si considerava anche la presenza di, nonostante il suo stesso ideatore l avesse rigettata, il primo a riscrivere queste equazioni per un universo non statico, ma in espansione o contrazione, pubblicando le soluzioni nel 1922, ben sette anni prima del lavoro di Hubble e che Einstein abbandonasse l idea di un modello statico, fu Alexander Friedmann, il quale non ricevette molto credito nella comunità scientifica, anzi lo stesso Einstein pensò al suo lavoro come ad una curiosità matematica estranea però al reale universo in cui viviamo. Fu solo dopo il 1929 che i modelli di Friedmann vennero rivalutati e a tutt oggi sono quelli a cui ci riferiamo nella teoria standard. Prima di arrivare a scrivere le equazioni di Friedmann necessario passo, visto quanto finora sottolineato, è la descrizione del tensore metrico in esse contemplato per il nostro universo. 1.6 La metrica FRW Posta la centralità della metrica per poter formulare le equazioni della dinamica dell universo e descriverne l evoluzione, dobbiamo trovare quella che meglio lo rappresenta nelle sue caratteristiche globali di spazio omogeneo ed isotropo in ogni tempo. Quindi l universo presenta massima simmetrica spaziale e un evoluzione temporale evidente nella sua espansione o contrazione. Questo implica che l universo può essere pensato come suddiviso in strati che rappresentano porzioni spaziali tridimensionali omogenee ed isotrope ortogonali alla linea del tempo, quindi può essere considerato della forma [14]. La metrica più generale può essere scritta in notazione tensoriale come: (1.31) in cui si distingue il primo termine temporale, il secondo misto e l ultimo che rappresenta la metrica spaziale, imponendo su di essi le condizioni relative al nostro universo, questi assumono nella metrica cercata le espressioni che andrò ora a discutere. Si dovrà avere per l isotropia, in quanto questo rappresenta un vettore spaziale, che trasformandosi sotto cambiamenti di coordinate spaziali, se non fosse nullo, introdurrebbe una direzione privilegiata [4]. L espansione porta, invece, ad una condizione di sincronizzazione con una ridefinizione del tempo espressa da: 18

20 con = 1 (1.32) dove é il tempo proprio misurato da un orologio che si muove solidalmente con l universo stesso; con questa condizione si chiede che gli orologi che si muovono con le galassie siano sincronizzati. La metrica del nostro universo, infatti, è espressa in coordinate comoving, cioè tali che le coordinate spaziali con sono costanti nel tempo e la coordinata temporale è il tempo proprio, come definito sopra (, che rende il sistema di coordinate comovente. Con ciò s intende che le coordinate spaziali partecipano al moto uniforme di espansione ed ogni galassia porta con sé le proprie, dunque i punti coordinati si muovono insieme con le galassie e l intervallo coordinato tra due qualsiasi di esse rimane lo stesso in quanto l espansione dell universo non è generata da un cambiamento della posizione delle galassie ma piuttosto da un cambiamento della metrica dello spazio-tempo [2]. Queste condizioni portano il alla forma: (1.33) dove rimane da definire la metrica spaziale che chiamo. Nel nostro universo, infatti, è necessaria l introduzione di un fattore di scala a moltiplicare la parte spaziale di : come segue: (1.34) poiché in tal modo si traduce la condizione di espansione omogenea ed isotropa, infatti la funzione è un fattore di scala 19 che qui, in particolare, esprime l ampiezza della porzione spaziale al momento. Le rappresentano le coordinate comoving su e è il tensore metrico tridimensionale massimamente simmetrico. È noto che le metriche massimamente simmetriche obbediscono alla: in cui è il tensore di Riemann associato alla metrica tridimensionale e, dove è lo scalare di curvatura, esprime il fatto che in uno spazio massimamente simmetrico la curvatura è la stessa in ogni punto; il tensore di Ricci diviene quindi: (1.35) 19 La condizione di normalizzazione che a fine paragrafo specificherò, ci ricondurrà all espressione del fattore di scala già introdotta in

21 Se lo spazio è massimamente simmetrico, certamente avrà simmetria sferica e la metrica di uno spazio sfericamente simmetrico si può scrivere nella forma: (1.36) dove è la coordinata radiale e è l usuale metrica su una sfera bidimensionale. Le coordinate polari son più vantaggiose nell imporre l omogeneità spaziale che consiste nel cercare l analogo quadrimensionale delle proprietà di una superficie bidimensionale con curvatura uniforme e ciò è conforme al principio cosmologico. Chiaramente per quanto detto circa il ruolo della gravità tradotto in curvatura geometrica dello spazio-tempo, nella parte spaziale della metrica ci aspettiamo compaia, che dato il suo legame con, come scritto sopra, è un parametro che tiene conto di una eventuale curvatura dovuta alla massa-energia dell intero universo, che pensato nella sua globalità è trattabile come un fluido con densità di massa/energia costante ovunque e nel quale le strutture( galassie, ammassi di galassie, ecc ) possono essere considerate come le particelle di cui il fluido è costituito; trascurate quindi le irregolarità locali ed il moto dei singoli oggetti, si considera solo il moto di espansione uniforme, di cui diamo conto tramite. Per arrivare a dare espressione esplicita alla funzione, cioè trovare, calcolo i simboli di Christoffell per la metrica spaziale (1.36) che mi permettono di scrivere le componenti del tensore di Ricci e sviluppare poi la (1.35). I simboli di Christoffell che mi servono per definire il tensore di Ricci sono: Da cui le componenti del tensore di Ricci che risultano non nulle sono: Sviluppando la (1.35) e risolvendo rispetto a si ottiene: Da cui l espressione per la metrica sulla superficie tridimensionale è: 20

22 e quindi segue che: Infine l espressione completa per la metrica cercata è: - [ ] (1.37) che è la metrica di Robertson-Walker, dove sono le coordinate polari nel sistema di riferimento comoving, è il parametro di curvatura (o costante di curvatura) che può assumere qualunque valore, ma di fatto in una ridefinizione di ci si può circoscrivere a tre soli valori possibili : a seconda che l universo sia piatto, chiuso o aperto. Nel paragone con una superficie bidimensionale ad una curvatura nulla corrisponde la geometria piana, ad una curvatura positiva corrisponde una geometria sferica e ad una curvatura negativa una geometria iperbolica. Più avanti verranno discussi i modelli del nostro universo che contemplano i tre possibili casi e le condizioni fisiche che portano a tali geometrie. In particolare discuterò l equazione di Friedmann che chiarisce il legame tra la curvatura e la densità di energia dell universo. Si può dare per la metrica di Robertson-Walker una scrittura più compatta: - (1.38) In cui compaiono: il fattore di scala reso adimensionale ridefinendolo come (1.39) con raggio di curvatura a da cui segue la condizione di normalizzazione a( già data in 1.3, e la funzione: { che viene da una ridefinizione della coordinata radiale attraverso la quantità la quale integrata porta a. Fin da ora voglio riscrivere come funzione di e del raggio di curvatura associato alla curvatura, per chiarezza di notazione: 21

23 { ( ) ( ) (1.40) La riassume in sé i tre possibili casi di curvatura che possiamo considerare per il nostro universo pensato su scale cosmologiche omogeneo e isotropo sia nell espansione che nella struttura metrica stessa ed è il raggio di curvatura dello spazio (relativamente al nostro universo d ora in poi indicherò il raggio di curvatura con. La ridefinizione del fattore di scala come porta a ridefinire anche le coordinate e attraverso il raggio di curvatura come segue: dove con questa scrittura si esprime chiaramente che l universo ha curvatura uniforme e costante di raggio e la metrica di Robertson Walker in queste variabili 20 si scrive come: - [ ] (1.41) Questa metrica ci fa capire quale potente strumento sia nel nostro modello il principio cosmologico, poiché testimonia il fatto che, se l universo è perfettamente omogeneo ed isotropo, allora tutto ciò che abbiamo bisogno di conoscere circa la sua geometria è contenuto in e ed è ormai evidente come il linguaggio geometrico sottintenda, in questa sede, un significato fisico. Questa metrica, alla quale giunsero indipendentemente l uno dall altro Robertson e Walker nel 1930, ossia l anno seguente la pubblicazione da parte di Hubble della sua legge, è per noi alla base della formulazione delle equazioni di Friedman su cui si fondano i modelli in grado di descrivere la dinamica dell universo nelle diverse fasi in cui si immagina di poter scomporre la sua storia evolutiva. Da qui tale metrica è annoverata anche con il nome di Friedmann-Robertson-Walker (FRW). L identificazione del nostro universo con uno spazio tempo di tipo FRW è ampiamente basata sull alto grado di isotropia misurata nella CMB, questa identificazione si basa su un risultato formale noto come teorema di Ehlers,Gener,Sachs(EGS) La variabile ha le dimensioni di, rispetto a che è adimensionale. 21 Il teorema EGS è una caratterizzazione cinematica dello spazio-tempo FRW, afferma che se tutti gli osservatori in caduta libera misurano che il background di radiazione è isotropo, allora l universo è uno spazio-tempo FRW omogeneo e isotropo. 22

24 1.7 Distanza, fattore di scala e redshift Appare evidente da quanto discusso fin qui che tre concetti quali: la distanza, il fattore di scala ed il redshift di un oggetto celeste sono legati a doppio filo tra loro. Definite le coordinate comoving nelle quali è stata espressa la metrica FRW, poniamoci come osservatori all origine di tale sistema di riferimento e diciamo che sono le coordinate di una galassia sulla quale puntiamo il telescopio. Si definisce distanza propria tra due punti la lunghezza della geodetica spaziale tra essi ad un fissato valore del fattore di scala, quindi ad un fissato tempo. Essa è quantificabile attraverso la metrica FRW con: (1.42) Si può ricavare, ora, la distanza propria della galassia ad un tempo t generico valutando che la lunghezza della geodetica spaziale tra noi ed essa stessa è: (1.43) poiché lungo la geodetica spaziale gli angoli θ e φ sono costanti, integrando sulla coordinata radiale segue che la distanza propria è: (1.44) Da cui si ritrova di nuovo per varia nel tempo data da:, cioè oggi, la legge di Hubble, passando per la velocità con cui = (1.45) a ho: (1.46) Ma facendo un ulteriore passo avanti possiamo stabilire un legame tra la distanza propria dell oggetto che stiamo osservando (a ed il suo redshift. Infatti è noto dalle nozioni di astronomia sferica come di una galassia che stiamo osservando possiamo assegnare con sufficiente esattezza la posizione angolare sulla sfera celeste che mappiamo bene con la scelta di varie tipologie di sistemi di coordinate sferiche, ma ben altra cosa è la valutazione esatta della sua distanza propria cioè la conoscenza della coordinata del nostro sistema di riferimento. E qui che entra in gioco il redshift a darci qualche informazione di natura metrica. Infatti come già detto l osservazione dello spettro della galassia ci permette di conoscere il suo redshift che non ci 23

25 dà il valore della distanza propria, ma ci dà informazioni sul fattore di scala al tempo in cui la luce è stata emessa. Per vedere questo legame tra e seguiamo un raggio di luce emesso dalla generica galassia al tempo e ricevuto da noi al tempo, lungo la sua geodetica 22, dunque sfruttando la definizione di distanza propria si ha che: (1.47) da cui (1.48) integrando tra l istante di emissione e quello di osservazione di una singola cresta d onda: (1.49) Considerato che la cresta d onda successiva sarà emessa al tempo e ricevuta al tempo con come spiegato nel 1.2, possiamo scrivere anche l integrale: (1.50) dal confronto segue che l integrale della quantità osservazione è lo stesso per ogni cresta d onda della radiazione emessa: tra il tempo di emissione e quello di (1.51) quindi sottraendo da entrambi i membri la quantità ho che: = (1.52) ossia l integrale di due successive creste d onda osservate. tra l emissione di due successive creste d onda emesse è uguale a quello tra 22 Le geodetiche di un raggio luminoso, ossia le linee orarie seguite dalla luce sono caratterizzate dall avere il ds=0 in quanto 24

26 Facendo ora l assunzione che nel tempo infinitesimo che intercorre tra l emissione di due creste d onda successive posso considerare costante 23 e quindi portarla fuori dal segno di integrale, dall integrazione ottengo che: (1.53) questa confrontata con la definizione di (1.1), porta a scrivere che: (1.54) avendo usato la condizione di normalizzazione per il fattore di scala. Tale relazione dà conto del fatto che conoscere oggi, tramite le osservazioni, il redshift di un oggetto celeste ci dà informazioni su quello che accadeva a quell oggetto quando l universo aveva un fattore di scala dell ordine, indipendentemente da come quest espansione sia avvenuta. Dunque il redshift è legato al fattore di espansione al tempo in cui la luce è stata emessa. E chiaro come il concetto di distanza di un punto dell universo da noi sia stato un trait d union tra e che ci ha permesso di arrivare per via concettuale e formale alla relazione (1.54), mentre il valore numerico delle distanze viene stabilito con metodi empirici che sono stati formulati sulla base di correlazioni trovate, attraverso l osservazione, ad esempio tra luminosità e distanza, per citarne uno. 1.8 L equazione di Friedmann Delineata la metrica FRW per il nostro universo, scrivere le equazioni di Einstein in essa significa formulare le equazioni di Friedmann, come di seguito esporrò brevemente. Alexander Friedmann nel 1922 fu il primo a derivare un equazione che legasse i tre parametri e, che descrivono completamente la curvatura di un universo omogeneo ed isotropo 24, alla densità di energia, di tutte le sue componenti: materia, radiazione ed energia oscura. In questa equazione e ben prima della conferma dell espansione dell universo, raggiunta nel 1929 con la legge di Hubble, si abbandona l idea di un modello statico e si assume quella di un universo in espansione o contrazione, come segue dall evolversi del fattore di scala, il cui andamento è dunque descritto dall equazione che qui di seguito ricaverò. Ho già accennato al fatto che nel nostro modello cosmologico l universo sia rappresentabile come un fluido uniforme in cui le galassie stesse 23 Infinitesima è cioè l entità dell espansione dell universo nel tempo che intercorre tra l emissione di due successive creste d onda,che ad esempio nel visibile, è dell ordine di,comparato cioè col tempo di Hubble è un valore trascurabile, quindi tale si può considerare la variazione del fattore di scala in questo lasso di tempo. 24 Da notare che l ipotesi di Friedmann di un cosmo omogeneo ed isotropo, fu anch essa un intuizione e un assunzione, al suo tempo, di natura teorica, poiché le prove di ciò vennero molti decenni dopo, con la scoperta del fondo cosmico a microonde e dell uniformità nella sua distribuzione, sul finire degli anni sessanta. 25

27 possono essere pensate come le particelle che lo compongono [2], per cui considerata l equazione di Einstein nella sua prima formulazione non comprensiva del termine in (cfr1.21), esprimiamo questa nella metrica FRW, in accordo con la quale, inoltre, il tensore energia-impulso, che è della forma (1.29), assume espressione diagonale in quanto l isotropia imposta alla pressione gli conferisce tale forma nel sistema comoving nel quale è scritta la metrica, con componenti e, cioè densità di energia e pressione entrambe funzioni di : ( ) Iniziamo dallo scrivere il tensore di Ricci, dunque dal calcolare i simboli di Christoffel in questa metrica. Da tale calcolo risulta che questi son tutti nulli eccetto quelli in cui oppure che assumono i valori: e. La componente temporale del tensore di Ricci è: (1.55) considerando che i termini del tipo sono nulli, la si riduce ad essere della forma: dove arriva a scrivere che:,come già indicato sopra, mentre ( ) ( ), considerando ciò si [ ] ( ) (1.56) poiché il sta ad indicare una sommatoria sui tre indici spaziali compare il fattore 3. La componente spaziale del tensore di Ricci, invece, assume la forma: (1.57) Ora vado a calcolare lo scalare di curvatura che, come già detto in 1.5, si ottiene per contrazione degli indici del tensore di Ricci attraverso l inverso del tensore metrico: da cui: ( ) (1.58) 26

28 Volendo descrivere l evoluzione temporale del fattore di scala, mi concentro, ora, sulla sola componente temporale dell equazione di campo: (1.59) in cui sostituisco i termini appena calcolati ed inoltre considero che, e, arrivo così a scrivere l equazione di Friedmann: ( ) che può essere altrimenti scritta in termini del parametro di Hubble unità cgs nel seguente modo: (1.60) in virtù della (1.9) ed in 27 (1.61) dove, come già detto, rappresenta la densità totale di energia dell universo in tutte le sue forme ed è anch essa funzione del tempo, in quanto l universo ha visto il formarsi di strutture ed il modificarsi della percentuale con cui ogni componente annoverata risulta presente nelle diverse fasi in cui si può immaginare suddivisa la sua storia evolutiva, è il parametro di curvatura ed il raggio di curvatura dell universo, come introdotti nella definizione della metrica FRW. Da quest ultima espressione si comprende con immediatezza l importanza che l equazione di Friedmann ha in cosmologia, poiché stabilisce una relazione tra la velocità di espansione dell universo, rappresentata dal parametro di Hubble, la sua densità di energia e la sua curvatura espressa attraverso. Fin da qui s intravede che la chiave di volta per comprendere l evoluzione dell universo ed ipotizzare un suo destino sta nel dar conto di ciò che lo costituisce e di quanto ciò pesi, relativisticamente parlando, allo scopo di poter dire come e quanto l energia in tutte le forme esistenti sia sufficiente a dargli una curvatura positiva, negativa o nulla, le tre possibilità contemplate dalla metrica stessa. In quest ottica l espressione più conveniente che si può dare dell equazione di Friedmann è quella in funzione di un parametro di densità che pesa la densità di ogni forma di energia presente con una densità critica che l universo avrebbe se fosse piatto, valore che si stabilisce facilmente ponendo nella (1.61) portando a: (1.62) ad oggi, ad esempio, il valore stimato per la densità critica è =, avendo posto. Dunque rimane definito il parametro di densità nel seguente modo: (1.63) dove, per quanto detto sopra, (t), ritenendo qui necessario dare forma esplicita al fatto che la densità di energia complessiva, finora considerata, è la somma di quella relativa ad ogni componente costitutiva dell universo. In termini di l equazione di Friedmann può essere riscritta nella seguente forma:

29 (1.64) dalla quale si evince il legame tra il parametro di densità, quindi la densità di energia totale dell universo, e la sua geometria; infatti a seconda che sia maggiore, minore o uguale ad 1, l universo risulta rispettivamente curvato positivamente, negativamente oppure piatto, come sinteticamente si può riassumere in: (tab 1.1) Inoltre dalla (1.64) è importante osservare che se, ad esempio, fosse minore di 1 in qualche tempo, rimarrebbe tale sempre, perché il membro di destra non può cambiar segno e quindi neanche quello di sinistra, la curvatura dell universo, quindi, rimane la stessa in ogni istante della sua storia evolutiva, cioè non cambia con l espansione. Dunque è una proprietà intrinseca al nostro universo. Tirando le somme, quest equazione ci pone davanti a tre possibili modelli di evoluzione, che prevedono rispettivamente: un espansione per sempre e quindi un cosmo infinito ed illimitato ( ), o un espansione con successiva ricontrazione quindi un universo finito nello spazio ma illimitato (, oppure un universo dotato della velocità minima per evitare il collasso continuando l espansione in uno spazio piatto e anche in questo caso infinito (. L ago della bilancia nello stabilire ciò è conoscere le attuali velocità di espansione dell universo e la densità media, quest ultima, appunto, attraverso il parametro di densità è confrontabile col valore critico che fa da spartiacque tra i casi considerati. Argomento cosmologico cruciale è il dar conto di tutto ciò che riempie l universo per stabilirne la presente densità media così da quantificare. L attuale valore di è stimato essere nel range. L equazione di Friedmann calcolata in cioè oggi è: la quale formalmente ci dice che se conoscessimo il valore attuale del parametro di densità, nota la costante di Hubble, potremmo stabilire il segno della curvatura e conoscere il valore del raggio di curvatura e dire con certezza quale dei tre casi è quello a cui apparteniamo, ipotesi fatte in tal senso, oggi, privilegiano il modello di un universo piatto, quindi con Quest equazione dunque è legata in modo diretto alle osservabili fisiche del cosmo oltre a descriverne l espansione attraverso l andamento temporale del fattore di scala, che però non può essere risolto sulla sua sola base, poiché la (1.60) è un equazione con due incognite e, è quindi necessario affiancarle altre equazioni per poter descrivere completamente come esso si espande. 28

30 1.9 L universo come un fluido perfetto: le equazioni chiave per descriverne l espansione Riscrivo l equazione di Friedmann come prima equazione chiave nella descrizione del nostro universo: ( ) Accanto ad essa si può scrivere un equazione per che scaturisce dal poter considerare l universo come un fluido ideale, omogeneo ed isotropo, dove dunque non c è scambio di calore tra una porzione di spazio e l altra, per cui scrivendo la condizione di conservazione dell energia di un generico fluido di energia interna e di pressione imposta dalla prima legge della termodinamica: (1.65) nella sua forma adiabatica con equazione di continuità 25 :, per il nostro universo, perveniamo all equazione dei fluidi o (1.66) che è la seconda equazione chiave nella descrizione dell espansione dell universo ed è espressa in termini delle incognite di nostro interesse, avendo ipotizzato di scrivere la (1.65) relativamente ad una sfera di raggio proprio espresso nella coordinata radiale comoving come, in modo tale che questa configurazione sferica ideale del nostro fluido si espanda con l universo e faccia comparire nell equazione di conservazione il fattore di scala, come mostra la (1.66), nella quale inoltre ho sostituito ad la consueta densità di energia e dove compare per la prima volta esplicitamente anche la pressione complessiva presente nel nostro universo, anch essa intesa come somma delle pressioni parziali che ogni singola componente esercita, come precedentemente accennato. Dunque questa seconda equazione ci dà l ulteriore relazione che cercavamo, ma introduce con la pressione un altra funzione incognita:. La sua presenza richiede, perciò, un equazione da affiancare alla (1.60) e alla (1.66) e questa sarà un equazione di stato che lega a. La pressione è inoltre, come già accennato parlando della componente di energia oscura, un parametro importante nel determinare l azione di ogni singola forma di energia sull accelerazione o decelerazione dell espansione dell universo, cioè incide sull andamento di, il 25 Ad essa si perviene anche attraverso le identità di Bianchi che portano alla conservazione del tensore energiaimpulso, condizione che permette di scrivere l equazione di continuità. 29

31 quale richiede a sua volta un equazione esplicita chiamata equazione di accelerazione che dice come l espansione dell universo cambia nel tempo. La terza equazione chiave è dunque l equazione di accelerazione (detta anche seconda equazione di Friedmann 26 ) che si ottiene combinando tra loro l equazione di Friedmann e quella dei fluidi, moltiplicando la prima per e derivandola poi rispetto al tempo, dividendo tutto per e sostituendo l espressione che si ricava dall equazione dei fluidi scrivere l equazione cercata: si giunge a (1.67) la quale mostra che se la densità di energia è positiva, essa produce un accelerazione negativa per l universo, cioè, la velocità relativa di due punti nell universo, decresce. Mentre notiamo che l esistenza di componenti nell universo caratterizzate da una pressione produrrebbe un accelerazione nell espansione dell universo anziché un rallentamento. Ho già accennato al fatto che la teoria permette l esistenza di componenti con pressione negativa, in particolare nel modello standard alla costante cosmologica è associato il valore, che dunque, come testimonia la (1.67) produce un accelerazione positiva per l espansione; mentre tanto alla materia ( barionica e oscura, vista come gas di particelle massive) o alla radiazione (vista come gas di fotoni),sono associati valori positivi di pressione, per cui queste componenti causano un rallentamento nell espansione. L importanza di poter stabilire il valore della pressione di ogni diversa componente dell universo ed il fatto che l ultima equazione scritta non dà una relazione per sufficiente a risolvere il sistema delineato, non essendo indipendente dalle prime due, son circostanze che portano alla formulazione di un equazione del tipo: (1.68) che è l equazione di stato scrivibile per l universo idealizzato come un fluido; una relazione matematica tra la pressione e la densità di energia di tutto ciò che riempie l universo ed è la quarta equazione chiave del nostro modello. La possibilità di dare un espressione così semplice all equazione di stato risiede nel fatto che il cosmo, per come è visto nel nostro modello, si presenta come un fluido molto diluito e ciò permette di semplificare notevolmente la relazione tra la densità di energia e la pressione di ciò che lo costituisce altrimenti molto più articolata, come compete agli stati condensati della materia. Nella (1.68) è un numero adimensionale il cui valore è specifico 26 Questa può essere ricavata, come anche la prima equazione di Friedmann d altra parte, dall equazione di Einstein riscritta nella forma, infatti nota l espressione di, e quindi la sua traccia (cfr 1.8) e calcolato il tensore di Ricci nella metrica FRW, combinando le equazioni che si scrivono per e per si deriva la prima e dalla si ricava la seconda. 30

32 per ogni forma di materia-energia che si considera. Infatti scritta in forma più esplicita l equazione di stato per il nostro universo è: = (1.69) dove essendo un numero specifico per ogni diversa componente, può essere utilizzato come indice per contraddistinguerla. Le condizioni ideali in cui ci siam posti permettono di utilizzare la proprietà di additività sulle diverse componenti tanto per la densità quanto per la pressione, risultando evidente che per ogni elemento costituente si può scrivere una diversa equazione di stato della forma (1.68). In linea di principio, assegnando opportune condizioni al contorno, le tre equazioni: di Friedmann, dei fluidi e di stato, rappresentando un sistema di tre equazioni in tre incognite, permettono di conoscere e ad ogni tempo. Intendo concludere questo capitolo, nel quale ho esposto alcuni concetti di base per capire il modello cosmologico standard, specificando quali sono le componenti dell universo e arrivando a definire per ognuna di esse il numero, dando conto, dunque, in virtù di, del ruolo giocato singolarmente nell espansione dell universo, fermo restando che il quanto tale ruolo pesi è invece dovuto a 27, ma ciò sarà oggetto del prossimo capitolo Componenti dell universo per l equazione di stato Attualmente l universo si considera costituito da: materia, radiazione e costante cosmologica. Ad ognuna di esse possiamo associare una diversa equazione di stato della forma (1.68). In particolare per la materia, usando la schematizzazione di un gas di particelle massive non relativistiche, poiché in esse la velocità delle singole componenti è molto inferiore a la pressione è la risultante macroscopica del moto termico casuale delle molecole, atomi o ioni che la compongono 28, per essa si può scrivere allora che: con (1.70) Dunque alla materia si associa un positivo seppur infinitesimo. Per la componente di radiazione, intesa come gas relativistico di fotoni o di particelle di massa praticamente nulla, si può scrivere la seguente equazione di stato: 27 Ho preferito, qui, usare la nuova notazione per le singole componenti di densità in luogo di precedentemente usato, per renderne immediato nella lettura il riferimento alla pressione che rimanda subito all equazione di stato specifica. 28 La meccanica statistica afferma che un gas non relativistico ha un equazione di stato della forma in cui la densità di energia è quasi completamente data dalla massa delle particelle che lo costituiscono nella misura di,mentre la temperatura è associata alla loro velocità media dalla. 31

33 dove (1.71) anche per la componente radiativa si ha un positivo. Infine le evidenze osservative portano a dire che per la costante cosmologica si può scrivere l equazione di stato nella forma. dove (1.72) ossia nel nostro universo la costante cosmologica è una componente che ha una pressione negativa e per quanto si evince dall equazione di accelerazione produce una accelerazione positiva nell espansione ( Per spiegar meglio l equazione di stato 29 che attribuiamo alla costante cosmologica, faccio riferimento al tensore momento-energia (cfr1.5), esso vale per osservatori comoving con l espansione. Ogni altro osservatore vedrà un diverso contenuto di energia/pressione. Esiste però un caso per cui ogni osservatore vedrà esattamente lo stesso tensore, indipendentemente dalla sua quadrivelocità : ovvero quando da cui l equazione di stato per (1.72), in questo caso infatti. La condizione di conservazione implica allora ovvero che riporta a scrivere il tensore già incontrato nell equazione di campo di Einstein comprensiva del termine in, la cui natura di costante ora si comprende meglio nell essere il tensore momento-energia che le compete indipendente dall osservatore, questa condizione è considerata necessaria per uno spazio vuoto, cioè privo di particelle reali, è quindi detta energia del vuoto o anche energia oscura in virtù di un termine coniato nel 1998 dal cosmologo Micheal Turner, che annoverò come tale la componente dell universo dotata di, indipendente dall osservatore proprio come proponeva Einstein, seppur nella sua teoria la pensò come stabilizzante per un modello statico, attribuendole comunque l esercizio di una forza antigravitazionale. I risultati sperimentali mostrano accordo con un interpretazione dell energia oscura attraverso la costante cosmologica, almeno per quanto riguarda la storia più recente del nostro universo, ma, come ampiamente discuterò in questo lavoro, la necessità di formulare per essa un modello che non presenti i problemi di ordine teorico cui si va incontro nel ΛCDM (cfr.3.5.2), induce a considerare l ipotesi che si tratti di una forma di energia descritta da un equazione di stato con parametro variabile nel tempo, del tipo con conseguente variabilità anche per la sua densità di energia. Finora la presentazione di queste basi concettuali e teoriche del modello cosmologico standard (ΛCDM) ha richiesto l assunzione di proprietà globali formulate in merito a condizioni ideali, ma per quanto riguarda il dar conto di ciò che costituisce, oggi, l universo ed il quantificarlo 29 Equazione di stato che è oggetto di discussione e studio, infatti il è una quantità a cui si assegna un valore negativo ma ancora non certo, le ricerche parlano di in un intervallo di valori nel quale c è il -1 che ho indicato qui, come probabile. 32

34 componente per componente in termini del relativo parametro di densità, mi riferirò a valori che appartengono all attuale modello di riferimento dei parametri reali, quelli cioè, per i quali modello teorico e dati osservativi trovano maggiore accordo. In base ai valori che esso fornisce, oggi si stima che l universo sia spazialmente piatto, quindi con un parametro di densità approssimativamente unitario e così composto: (1.73) Più avanti indicherò il valore numerico stimato per ognuno dei parametri specificati. Qui in conclusione intendo porre l attenzione sul fatto che è il parametro di densità (ad oggi in ) relativo al contenuto di materia dell universo e ad esso contribuiscono tanto la materia barionica ordinaria con un termine che indicherò con tanto la materia oscura (dark matter), con la cui presenza è rivelabile attraverso l effetto gravitazionale che ha sullo spazio-tempo in cui è presente e sul moto degli oggetti che in questo spazio si muovono. Analogamente nel parametro di densità relativo alla radiazione si riconoscono due contributi, uno dovuto ai fotoni che pervadono l intero cosmo e cioè quelli della radiazione di fondo cosmico a microonde(cmbr), poiché rispetto alla loro densità di energia quella prodotta dai fotoni emessi dalle stelle, negli ipotizzati d età dell universo, è davvero infinitesima e perciò trascurabile e tale valore sarà indicato come, mentre l altro contributo radiativo è dato da un fondo cosmico di neutrini relativistici, che indicherò con, la cui presenza, non ancora rivelata dagli strumenti per via della tecnologia in grado di rivelare solo neutrini con energia superiore a 0,1 ( molto più energetici di quelli del fondo ipotizzato) è tuttavia prevista dalla teoria in virtù dello stesso meccanismo che ha generato la CMB, cioè un istante in cui l universo primordiale caldo e denso, prima opaco ai fotoni, è diventato trasparente ad essi; analogamente ci sarebbe stata una fase precedente in cui l universo, prima opaco ai neutrini, avrebbe poi raggiunto la trasparenza ad essi che, dotati di un energia molto più alta di quella di riposo, da particelle relativistiche, avrebbero permeato l intero universo, annoverabili come radiazione e non come materia, poiché ogni neutrino, indipendentemente dal suo sapore, compie una transizione dall essere radiazione all essere materia quando la sua energia diminuisce al punto che. Grazie alla conoscenza dettagliata che siamo arrivati ad avere circa il fondo cosmico a microonde, che ha permesso di confermare molti aspetti del nostro modello standard, in primis l omogeneità e l isotropia da cui si parte per spiegare e formulare il resto, possiamo dar conto con alta precisione di e sulla base di questo ipotizzare quanto può valere mentre purtroppo la stessa cosa non possiamo dire, attualmente, circa la densità di materia e di energia oscura, per le quali il modello di parametri di riferimento presenta, sulla base delle evidenze a disposizione, stime molto più approssimate. Riprenderò in dettaglio l aspetto quantitativo dei parametri qui introdotti, quando avrò terminato l analisi qualitativa dell evoluzione dell universo, nelle diverse fasi in cui ha senso scindere la sua storia attraverso gli strumenti matematici dati in questo capitolo. 33

35 CAPITOLO 2 Modelli per l universo con singola componente e con più componenti In un universo in espansione continua, a partire dall istante iniziale ( in cui avrebbe avuto luogo l esplosione da cui tutto si è originato, ripercorrere il tempo cosmico equivale a seguire la funzione che viene ad essere, in virtù del suo andamento monotono, un indicatore temporale, allo stesso modo di, visto il suo legame con il fattore di scala: (cfr 1.7). Prendere invece di è inoltre una semplificazione matematica, poiché anche nell equazione di Friedmann, come già visto in quella dei fluidi e quella di stato, compaiono insieme tutte le componenti dell universo, le quali singolarmente apportano uno specifico contributo all andamento del fattore di scala in funzione del tempo, rendendone complessa la forma analitica e quindi non semplice da invertire. Ha senso dunque scindere il contributo di ogni elemento esaminando modelli di universo a singola componente, cioè scrivendo l equazione di Friedmann di volta in volta per un universo costituito da sola radiazione piuttosto che materia e così via, perché ciò fornisce elementi ulteriori per comprendere la fisica nell espansione, per arrivare poi a costruire modelli più complessi in cui si rintroducono via via tutti gli elementi costituenti. 2.1 Separazione in singole componenti dell equazione di Friedmann per l universo Nel precedente capitolo ho stabilito che ogni componente dell universo può essere contraddistinta col valore di che compare nell equazione di stato (1.63), usando l additività esprimo la densità totale di energia come: (2.1) e riscrivo l equazione di stato così: (2.2) Tenendo presenti queste due espressioni, posso scrivere per ogni componente un equazione dei fluidi (1.60) specifica: (2.3) e valutare dunque l andamento della sua densità di energia in funzione del fattore di scala, ritenendo noto. Infatti integrando ho che: avendo usato la condizione di normalizzazione e specificato il valore che la densità di energia della particolare componente considerata ha oggi a, ossia. (2.4) 34

36 Per la materia si ha che la densità decresce con l espansione secondo un andamento, mentre per la radiazione si ha un andamento decrescente con l aumentare del fattore di scala del tipo 1. Gli andamenti differenti delle diverse densità di energia degli elementi, col crescere delle dimensioni dell universo, suggeriscono che ci son stati periodi temporali in cui ha prevalso una componente piuttosto che le altre e che si possono individuare analiticamente gli istanti in cui le densità di due elementi diversi si sono uguagliate, ad esempio relativamente alle componenti di radiazione e materia, sulla base degli andamenti studiati, questo è avvenuto quando: valore che sta ad indicare il cosiddetto tempo di equivalenza tra radiazione e materia(cfr.fig2.2). Appare qui evidente come il fattore di scala sia utilizzabile come indicatore del tempo cosmico, in particolare questo istante, secondo i valori dei parametri stimati nel nostro modello di riferimento numerico, risultante dal miglior accordo tra i dati osservativi e la teoria (cfr tab2.2), corrisponde ad un fattore di scala di ampiezza il che equivale a dire che materia e radiazione si sono uguagliate in densità quando l universo era volte più piccolo, o in termini di redshift a. Oggi possiamo dire che le evidenze sperimentali indicano che viviamo in un universo dove la radiazione è stata dominante nelle prime fasi dell espansione, dopodiché è seguito un periodo in cui ha avuto un ruolo maggiore la densità di materia e se il nostro modello di parametri di riferimento non sbaglia, attualmente siamo in una fase dominata dalla costante cosmologica, nella quale l universo è entrato successivamente al momento in cui, cioè quando le sue dimensioni, rispetto ad oggi, erano più piccole di un fattore di scala pari a: (2.5) ( ) ( ) Sulla base dei valori che i più recenti dati sperimentali indicano si stima che, equivalente ad un redshift ; il piccolo valore di rispetto a indica che stiamo parlando di un epoca molto più recente. 1 Che la radiazione si diluisca come con l espansione dell universo dipende dal fatto che alla sua densità di energia contribuisce tanto la natura particellare dei fotoni, che apporta un fattore dovuto all espandersi del volume, tanto la natura ondulatoria e cioè il trasporto stesso di energia come onda che apporta un fattore per la perdita di energia dovuta al redshift. 35

37 Riguardo, infine, la possibilità di pensare che nell equazione di stato dell energia oscura compaia un parametro variabile col fattore di scala, come detto alla fine del primo capitolo, sostituendo nell equazione dei fluidi (1.66) e integrando come fatto in (2.4) arrivo all espressione: ( ) (2.6) che esprime come in tal caso l andamento della densità della dark energy non sia più costante come descritto nel modello CDM, ma vari con e dunque nel tempo. Detto ciò, risulta evidente la liceità nello studiare l equazione di Friedmann (1.54) componente per componente, essendo anch essa scrivibile come: (2.7) Dunque da questa si parte per costruire modelli di universo a singola componente. Prima di far ciò voglio discutere un altro modello di universo possibile: quello dove la densità di energia è talmente piccola rispetto al valore critico che il termine relativo ad essa nell equazione di Friedmann è trascurabile rispetto al termine di curvatura. 2.2 Il modello più semplice di universo: un universo vuoto Nell equazione (2.7), se ipotizzassimo un universo vuoto, senza alcuna componente di quelle finora discusse, rimarrebbe solo il termine di curvatura : (2.8) Questa sarebbe l equazione che descrive l evoluzione di un siffatto universo. Prima di trattare la soluzione per un tale modello, voglio soffermarmi sul fatto che un universo vuoto è pensabile come un approssimazione possibile nel caso in cui il parametro di densità si riducesse, per l espansione, al punto da essere cioè qualora la densità totale fosse molto inferiore alla densità critica (cfr 1.8). Soluzioni per la (2.8) sono tanto il caso più semplice, cioè uno spazio statico, spazialmente piatto, la cui geometria è descritta dalla metrica di Minkowsky, tanto il caso di uno spazio a curvatura negativa che determina una soluzione sia per un universo in espansione che in contrazione: (2.9) Prendendo in esame la soluzione con segno positivo, quella cioè relativa all espansione, integrando e imponendo la condizione di normalizzazione si arriva a scrivere che in questo universo il fattore di scala evolve secondo la legge temporale seguente: con (2.10) 36

38 cioè in un universo vuoto dotato di curvatura negativa, il fattore di scala evolve linearmente col tempo e quindi in assenza di forze interne che agiscano su tale movimento 2, il tempo, che risulta essere proprio uguale al tempo di Hubble, coincide con l età esatta di questo universo. Quando, inoltre, in esso, pensato non come vuoto ma come spazio dotato di un valore infinitesimo del parametro di densità, un osservatore nell istante riceva la luce di una galassia a redshift sarebbe facile stabilire in virtù della (1.45) e della (2.10) quale possa essere stato l istante di emissione del segnale: da cui segue che: (2.11) (2.12) ed utilizzando la definizione di distanza propria data in (1.43) si può stabilire, noto l andamento del fattore di scala, qual è la distanza di tale sorgente nel momento in cui la si osserva: ed espressa in termini di redshift è: ( ) (2.13) (2.14) Osservando quest ultima relazione si vede chiaramente che per ci si riconduce ad una relazione lineare tra e, cioè a quanto sperimentalmente trovato da Hubble nella sua legge. Per redshifts molto grandi, invece,, visto nell altro senso, questo significa che per distanze molto grandi,, cioè ben oltre la distanza di Hubble, il redshift cresce esponenzialmente. In un universo vuoto la cui età è pari a, anche se sembra contrario a ciò che è intuitivo, si potrebbero osservare oggetti molto più lontani della distanza di Hubble, quindi posti a distanza arbitrariamente grande, perché, per quanto al tempo questa distanza risulta tale, al tempo dell emissione, invece, la distanza propria tra osservatore e sorgente ha un valore più piccolo di un fattore essendo tale il rapporto ), quindi: (2.15) 2 Ipotesi giustificata dall assenza di densità di materia-energia, o comunque da un suo valore infinitesimo. 37

39 perciò nell istante dell emissione osservatore e sorgente erano molto più vicini. In un universo vuoto in espansione la cresce fino ad un massimo in e poi decresce, quindi, in virtù dell andamento non lineare di, oggetti con redshifts ben più alti di questo valore sono visti come erano all inizio nella storia dell universo, quando la loro distanza propria dall osservatore era molto piccola. 2.3 Modelli di universo spazialmente piatto Voglio ora esaminare modelli di universo a singola componente, risolvendo l equazione di Friedmann, presa di volta in volta con un unica componente e nell ulteriore ipotesi di spazio a curvatura nulla. Esaminando il caso generale, senza specificare per ora, ossia di quale componente si parli, posso fare un analisi qualitativa del tipo di funzione che descrive l andamento del fattore di scala e che rappresenta la soluzione dell equazione (2.7) riscritta per un universo spazialmente piatto e con singola componente nel seguente modo: (2.16) Cerco per il fattore di scala un andamento del tipo con determinabile attraverso la (2.16) per sostituzione, uguagliando così gli esponenti che compaiono nel membro di destra e di sinistra relativamente all incognita, si trova che l esponente cercato è: e quindi imponendo la condizione di normalizzazione si stabilisce che, in un universo spazialmente piatto formato dalla sola componente di indice, ad esclusione 3 del caso, il fattore di scala ha il seguente andamento temporale: ( ) (2.17) Sulla base di quanto visto nel precedente paragrafo possiamo dire che un universo rappresentato da un fattore di scala che evolve secondo tale legge temporale ha un età di: ( ) (2.18) la costante di Hubble è data da: ( ) (2.19) 3 Il metodo analitico usato nella ricerca di soluzioni della(2.7) introduce una condizione di non esistenza per. 38

40 espressione che posso utilizzare per scrivere l età in funzione del tempo di Hubble : 39 (2.20) Ciò, per coerenza di notazione con quanto già discusso negli altri casi, facilita il confronto tra un modello e l altro. Rispetto a quanto stabilito nel 2.2, cioè che l età di un universo vuoto sarebbe proprio il tempo di Hubble:, posso dire che un universo con componenti caratterizzate da un risulterebbe più giovane, mentre uno costituito da componenti tali che sarebbe più vecchio. Avendo, qui, senso considerare una densità di energia senza dover specificare la componente che la produce, nota la relazione generale tra ed il fattore di scala (2.4), si può stabilire che in questo modello la densità di energia varia nel tempo secondo la seguente legge di potenza : ( ) (2.21) dove è la densità di energia del particolare universo considerato al tempo ed il fatto che all esponente non compaia, ne denota l indipendenza dalla composizione dell universo stesso. Per quanto riguarda il dar conto delle distanze e di quanto lontano si arriva a osservare in questo tipo di universo, ricordando che si sta parlando di spazi in cui è sottesa la metrica di Robertson Walker, si può definire la distanza propria massima che un oggetto può avere per risultare ancora visibile da un osservatore, nota come l orizzonte delle particelle: (2.22) questa è la distanza percorsa dalla luce nel tempo intercorso tra l istante iniziale e momento esatto in cui la si osserva. L orizzonte, nell universo, è un ideale superficie sferica centrata sull osservatore, al di là della quale non può essere osservato nulla, poiché la luce proveniente da oggetti più distanti non ha ancora avuto tempo di raggiungere l osservatore. Dando alla (2.22) espressione esplicita in un universo spazialmente piatto si ha: (2.23) da questa si evince che in un universo con curvatura nulla la distanza dell orizzonte ha un valore finito qualora. Nel caso di universo dominato da materia ( =0) o da radiazione ( = ), quindi, un osservatore può avere informazioni relative soltanto alla porzione di cosmo racchiusa nel suo orizzonte che ha una dimensione finita, perché tutti i punti che si trovano al di fuori di questa ideale sfera non sono connessi causalmente con la sua posizione, in quanto non hanno avuto abbastanza tempo per inviare informazioni. Al contrario in un universo dominato da componenti con l orizzonte è una distanza infinita, quindi tutti i punti dello spazio sono connessi causalmente con l osservatore e si può arrivare ad osservare oggetti, assumendo la trasparenza dell universo, tanto distanti nello spazio da fornire un immagine altamente spostata verso il rosso dell universo primordiale. Nei prossimi paragrafi esaminerò specifici casi di universi dominati di volta in volta da ognuna delle componenti note.

41 2.3.1 UNIVERSO DI SOLA MATERIA Come primo caso di universo a curvatura nulla contenente una sola componente prendo in esame quello in cui sia presente la sola materia non relativistica ( ), il cosiddetto universo di Einstein-De Sitter. Utilizzando le formule date nel caso generale appena presentato, qui risulta che l età di tale universo è: l orizzonte è ad una distanza dall ipotetico osservatore di ed il fattore di scala evolve come una funzione del tempo data da: ( ) La distanza propria al tempo di osservazione di una galassia a redshift l integrale: è determinabile con [ ( ) ] [ ] Mentre la distanza propria al tempo di emissione risulta più piccola di di un fattore (cfr 2.2). Ribadisco che è utile sviluppare un modello con unica componente la materia, nella misura in cui tale circostanza risulta essere una buona approssimazione almeno di una fase attraversata dal nostro universo, quella in cui la materia non relativistica può esser stata dominante. Sicuramente, i dati osservativi dimostrano che ben prima che ciò accadesse, c è stata una fase in cui l universo è stato dominato dalla radiazione almeno fino al tempo di equivalenza tra radiazione e materia, perciò è di particolare interesse esaminare cosa accade in un modello contenente solo radiazione UNIVERSO DI SOLA RADIAZIONE Quando il nostro universo era molto giovane il suo stato somigliava molto a quello descritto da un modello spazialmente piatto in cui la radiazione era dominante su ogni altra componente. Avendo visto che alla radiazione compete il valore, in un universo piatto contenente la sola radiazione il fattore di scala ha un andamento: ( ) (2.27) ed essendo l età di un tale universo pari a: l orizzonte ha esattamente le dimensioni della distanza di Hubble: (2.28) 40

42 La distanza propria di una galassia a redshift al tempo d osservazione cresce linearmente col tempo come si vede dalla sua espressione: [ ( ) ] (2.29) nella quale ho utilizzato la relazione tra il redshift ed il fattore di scala (1.48), mentre la distanza dell oggetto al tempo di emissione, tenendo conto della stessa, è: (2.30) Considerare l andamento della densità di energia in questo universo fatto di radiazione ci permette di valutare per quali scale temporali questo modello dell universo sia una buona approssimazione della fase iniziale della sua storia e quanto questa descrizione si avvicini all istante iniziale. Ammesso per il fattore di scala l andamento espresso dalla (2.27), si ricava dalla (2.4) che la densità di energia evolve come segue: ( ) (2.31) dal momento che ci interessano scale temporali molto piccole, posso esprimere in unità di Planck 4, così da stabilire un confronto col tempo di Planck (. La legge temporale appena scritta porta a dire che per cioè che negli istanti iniziali la densità di fotoni era infinita ed ognuno di essi possedeva un energia infinita, questo ci suggerisce l impossibilità di descrivere attraverso una teoria classica come la Relatività Generale, che c ha fatto arrivare all equazione di Friedmann, i momenti che sono nell intorno dello zero del nostro modello, poiché la trattazione di tali istanti richiede una teoria quantistica della gravitazione. In conclusione si può dire che andando a guardare l universo com era all inizio, a tempi dell ordine di lo si può pensare riempito da fotoni, in quanto la loro densità e la loro energia erano molto alte, come suggeriscono le leggi di corpo nero applicate alla descrizione dello stato di un universo dominato dalla radiazione in equilibrio con la materia, ma per tempi anteriori al tempo di Planck si dimostra 4 Il sistema di Planck è usato spesso in cosmologia poiché in esso le grandezze principali: tempo, massa, lunghezza e temperatura, sono espresse in termini delle costanti universali ad esempio, costituendo le cosiddette unità di Planck. 41

43 che il numero di fotoni nell universo visibile, cioè quelli contenuti nell orizzonte al tempo sono in numero inferiore a 1, come suggerisce la 5 : ( ) (2.32) e la quantizzazione dell universo non può essere più ignorata quando il numero di fotoni comincia ad essere piccolo, ossia dell ordine di, condizione che si verifica ad un tempo. Dunque il modello di uno spazio piatto contenente solo radiazione è applicabile alla descrizione del nostro universo a partire da tempi dell ordine di fino al tempo dell equivalenza tra radiazione e materia. In attesa di una teoria di gravità quantistica la storia dell universo per noi inizia a poter essere raccontata a, con la fase in cui ha dominato la radiazione, circostanza che non sorprende considerando che l andamento della densità di energia associata alla materia diminuisce con l espansione più lentamente (abbiam visto di un fattore 10) della densità di radiazione, per cui la densità di energia dell universo primordiale era dominata da quest ultima. La transizione verso la materia è avvenuta ad un dato istante quando le perturbazioni hanno iniziato a crescere per effetto dei processi di condensazione gravitazionale dando luogo al disaccoppiamento tra materia barionica e radiazione. Il secondo istante caratteristico in questa fase dominata dalla radiazione è il tempo della ricombinazione quando gli elettroni e gli ioni si ricombinano per formare atomi neutri. L emissione dei fotoni della radiazione cosmica di fondo (CMBR), che osserviamo ancora oggi, provengono da quel momento, perché da allora hanno viaggiato null universo quasi completamente indisturbati, ma di questo darò cenno più avanti UNIVERSO DOMINATO DA Λ Il caso di un universo nel quale il contributo predominante alla densità di energia è dato dalla costante cosmologica, anche chiamato universo di De Sitter è quello in cui l equazione di Friedmann si scrive come: (2.33) dove è costante come si evince dalla (2.4), da qui ricavo per l espressione: ( ) (2.34) 5 Nella (2.32), mentre la densità del numero di fotoni è dove il valore medio dell energia dei fotoni è ricavabile dall equazione di corpo nero considerando che nella fase di radiazione la temperatura dell universo è esprimibile come: ( ) 42 e

44 Segue che la soluzione che descrive l evoluzione del fattore di scala in questo universo in espansione è una funzione esponenziale : (2.35) Dunque un universo spazialmente piatto dominato dalla costante cosmologica ha un espansione esponenziale, inoltre se rappresenta l energia del vuoto, il fatto che la sua densità non cambia col tempo è dovuta alla creazione ed annichilazione continua di particelle ed antiparticelle. L età di un tale universo è infinitamente grande e la distanza dell orizzonte è infinita, l espressione per la distanza propria di un oggetto a redshift al tempo è: [ ] (2.36) Questo è l unico modello di universo in cui la distanza ed il redshift hanno una relazione lineare per qualsiasi valore di, mentre negli altri modelli ciò sussiste solo per. Per la distanza propria al tempo di emissione abbiamo invece la relazione: (2.37) Queste due relazioni ci dicono che gli oggetti ad alto redshift vengono visti dall osservatore per come erano appena prima che raggiungessero la distanza di Hubble, perché una volta che una sorgente di luce è più lontana di tale distanza la sua velocità di recessione è più alta di quella della luce 6 ed i fotoni in questione non possono più raggiungere l osservatore: per, e. A conclusione di questa analisi fatta, ponendoci nella condizione di curvatura nulla, sugli universi a singola componente, riassumo nella tabella di seguito gli andamenti del fattore di scala in funzione del tempo e della densità di energia in funzione di in ognuno dei casi considerati : COMPONENTE ENERGETICA Materia Radiazione Costante cosmologica Tab Non deve meravigliare che in questo contesto si possa parlare di velocità maggiori di quelle della luce, perché il postulato sul valore massimo di velocità ammesso, pari a, è una condizione richiesta dalla relatività speciale dove lo spazio è statico. 43

45 Ed al fine di rendere più evidente un confronto sull evoluzione che ognuno dei modelli studiati suggerisce per il relativo universo, è utile riportare su un grafico gli andamenti del fattore di scala trovati per universi spazialmente piatti dominati da singola componente e per un universo vuoto, come rappresentato di seguito: Nella figura 2.1 è riportato l andamento del fattore di scala nel tempo (in funzione del parametro adimensionale nel caso di universi piatti con singola componente: materia, radiazione e costante cosmologica e universi privi di materia o altra forma di energia. Fig 2.1 Presentati i modelli più semplici che si possono considerare per l evoluzione dell universo descritto dall equazione di Friedmann, passo ora a considerare situazioni più complesse in cui sviluppo modelli a più componenti, cioè considero le soluzioni possibili per l equazione scritta per più elementi insieme. 2.4 Modelli per l universo con più componenti Per studiare l equazione di Friedmann nella sua forma più complessa è utile darne l espressione in termini del parametro di densità. Infatti da essa risulta che a il termine di curvatura è ( ) (cfr 1.8); mentre il termine relativo alla densità può essere scritto considerando che e che la densità di ogni singola componente può essere espressa in funzione del valore stimato oggi 7 e del fattore di scala 8 (cfr2.4), posso allora riscrivere l equazione di Friedmann nel seguente modo: 7 Col pedice ₀ mi riferisco a tutte le grandezze ed i parametri variabili nel tempo valutati oggi a 44

46 ( ) da cui segue: ( ) (2.38) i parametri che compaiono nell equazione così scritta possono essere stimati sulla base dei dati osservativi e ciò rende meno complessa la ricerca di soluzioni per l andamento del fattore di scala in un universo in espansione dove si considerano più componenti che apportano un diverso contributo alla soluzione cercata rendendola analiticamente più complessa che non nei modelli a singola componente. Sottolineando qui il fatto che nel nostro attuale modello di riferimento dei parametri reali che si accordano meglio con la teoria, si stima che ossia un universo spazialmente piatto, per una trattazione completa e che non si vuole limitare all approssimazione con un termine di curvatura nulla, si considera la quantità come parametro di curvatura, dove dunque si lega la curvatura alla densità di energia totale dell universo e si capisce chiaramente che il suo segno è determinato dalla somma dei parametri di densità delle tre componenti. Più avanti discutendo le prove sperimentali che hanno portato a valutare il valore attuale di tali parametri darò conto del fatto che il nostro modello cosmologico descrive l universo reale avente curvatura prossima allo zero, dominato dalla costante cosmologica, essendo mentre per la materia e la radiazione si stimano rispettivamente i valori e. Sempre sulla base di studi relativi ad osservazioni, principalmente del fondo cosmico e della distanza di supernove di tipo Ia in galassie remote, si è potuto stabilire che nella storia della sua espansione l universo, quando non fosse dominato dalla singola componente, ha attraversato fasi in cui la densità di due sole componenti per volta si è potuta considerare comparabile, rispetto alla terza che era invece trascurabile. Per la descrizione di queste epoche si usa, dunque, un modello a due componenti per l equazione di Friedmann. All inizio di questo capitolo ho spiegato come stabilire i due valori del fattore di scala e significa individuare proprio l inizio di due epoche di questo genere. Dunque quando l universo è entrato in una fase in cui ad essere comparabili son state la densità di radiazione e quella di materia e nel momento in cui materia e costante cosmologica si son eguagliate in densità per cui ha avuto inizio una nuova fase. I motivi e le circostanze per cui ciò si è verificato dipendono tanto dalla dinamica dell universo, tanto dai processi fisici in gioco nelle diverse epoche i quali sono molto differenti a seconda dell energia media dei fotoni interagenti con la materia, fattore discriminante ed indicativo di essa è la 8 I singoli parametri di densità sono, e dove,, (cfr (2.4)), ricordo anche che, i valori di tali parametri sono oggi quelli di riferimento che compaiono nel modello che meglio approssima con i dati reali il modello teorico per l universo. 45

47 temperatura assegnabile nello specifico periodo all universo, infatti dal momento che esso è in espansione diminuisce e poiché non ci può essere scambio di calore con l esterno(cfr 1.9) il raffreddamento è adiabatico e avviene secondo un andamento del tipo, relazione che discende dalla conservazione dell energia e dalla valida per un gas di radiazione in equilibrio con la materia(legge di Stephan-Boltzman per il corpo nero) 9 [4], dunque non è riduttivo affermare che la storia dell evoluzione dell universo è soprattutto una storia termica e che seguire l andamento di significa tanto seguire il tempo cosmico quanto la temperatura del cosmo in virtù della relazione appena scritta. Inoltre, insieme alla temperatura, quindi all energia cinetica media, uno dei fattori principali da cui dipende la frequenza d interazione tra le particelle (mi riferisco soprattutto ai processi di scattering ) è la densità e quindi, nell universo in espansione è necessariamente funzione del fattore di scala e l equilibrio tra le componenti, cui ho appena fatto riferimento, si stabilisce in virtù del confronto tra il rate con cui le particelle interagiscono e quello di espansione: ogni volta che la velocità con cui avvengono i processi di diffusione tra le particelle è maggiore della velocità di espansione lo stato delle particelle è d equilibrio[12]. Passo ora ad esaminare i modelli di universo a due componenti qui introdotti, sottolineando il fatto che questi vengono sviluppati per un universo con curvatura nulla, sulla base dei dati sperimentali che, come già detto, portano a pensare l universo spazialmente piatto, benché l interesse per modelli di universo con curvatura diversa da zero rimane, perché lo sviluppo di uno studio teorico in tal senso dà utili conoscenze circa il legame tra espansione, densità e curvatura. Essendo stato questo oggetto di discussione e speculazione in cosmologia, il dibattito è stato accompagnato da diversi modelli di universo possibile, a partire dai tempi di Einstein in cui si è pensato ad un universo curvo dominato da materia (, per poi passare a pensare a possibili universi curvi in cui fosse presente prevalentemente materia e costante cosmologica ( ), fino a che le prove sperimentali hanno indicato oggi un universo spazialmente piatto con radiazione, materia e costante cosmologica che si possono riconoscere aver contribuito in modo differente nelle diverse fasi a seconda del reciproco peso nel definire il parametro di densità totale RADIAZIONE E MATERIA La stima degli attuali parametri e ci ha permesso di riconoscere in il momento in cui la densità di radiazione e quella di materia si sono uguagliate e l universo, pensato 9 L assunzione di adiabaticità è giustificata solo in assenza di processi che liberino l energia interna di qualche componente della materia, per esempio durante una fase di annichilazione di coppie in fotoni, aumenta mentre rimane costante, ovvero lo spettro di radiazione non è più di corpo nero, un grande rilascio di energia interna costituisce un assunzione in una delle più importanti teorie inflazionarie. Tuttavia nella descrizione delle fasi cosmologiche qui trattate l equazione viene assunta approssimativamente valida. 46

48 spazialmente piatto, è passato da una fase in cui la radiazione ha dominato l evoluzione secondo la (2.27) ad una fase, nell intorno di questo tempo di equivalenza (, descrivibile attraverso l equazione di Friedmann espressa per le due componenti in gioco nella forma approssimata: (2.39) questa una volta integrata ci porta ad ottenere la seguente relazione per il tempo in funzione del fattore di scala: [ ( ) ( ) ] (2.40) dalla quale si può calcolare il momento dell equivalenza ponendo e sempre con i valori dei parametri stimati nel modello di riferimento: e si trova che questo tempo è: Dunque nel modello cosmologico attuale, con i valori numerici calcolati sulla base delle osservazioni, possiamo dire che l epoca in cui la radiazione è stata dominante ( è durata appena 47 millenni, un numero davvero piccolo se confrontato con l intera età dell universo e ciò giustifica il fatto di poter ignorare il ruolo della radiazione nel calcolare tale età come apparirà chiaro nel prossimo paragrafo MATERIA E COSTANTE COSMOLOGICA La fase recente che sta attraversando il nostro universo sembra possa essere descritta con buona approssimazione dall equazione di Friedmann relativa ad uno spazio piatto in cui le componenti dominanti siano la materia e la costante cosmologica. Questo significa che i relativi parametri di densità sono legati dalla relazione: tale approssimazione ci permette di scrivere l equazione di Friedmann come: (2.41) (2.42) Da essa si possono innaninzitutto fare valutazioni qualitative circa l espansione dell universo in relazione al reciproco valore dei parametri di densità in gioco; infatti considerando che il primo contributo all andamento del fattore di scala, dato dalla materia, è sempre positivo poiché, che l universo possa continuare ad espandersi o deceleri e torni a collassare in quello che viene chiamato un Big Crunch dipende dal valore di. Le evidenze sperimentali portano a credere che la costante cosmologica contribuisca positivamente al parametro di densità e ciò significa che se all istante sta avvenendo un espansione, essa continuerà per sempre andando verso un cosiddetto 47

49 Big Chill. Diverso sarebbe il caso in cui si avesse, con in virtù della (2.41), perché l espansione si arresterebbe nel momento in cui il fattore di scala fosse pari a: ( ) cioè ad un valore massimo, cui seguirebbe un collasso dovuto al fatto che la costante cosmologica produrrebbe una forza attrattiva e si ritornerebbe ad in un tempo, calcolabile integrando la (2.42) per, pari a: così chiamato perché la contrazione finirebbe in un Big Crunch. Questo tempo è tanto più piccolo quanto più è grande. Questo sarebbe un destino analogo a quello di un universo di sola materia con curvatura positiva, ma l esistenza ulteriore di una costante cosmologica in grado di produrre attrazione renderebbe molto più breve la durata di questa contrazione nel momento in cui divenisse dominante. Sebbene le leggi fisiche lo permettano, però le evidenze dicono che viviamo in un universo con costante cosmologica positiva ed in base ai valori stimati per relativi parametri di densità si è stabilito che il momento in cui le densità di materia e quella di costante cosmologica hanno raggiunto l equivalenza è contraddistinto da un fattore di scala di ampiezza pari a: ( ) (2.43) Tale momento, che chiamiamo, è calcolabile per integrazione della (2.42). Infatti con, si arriva alla soluzione analitica: [( ) ( ) ] (2.44) Se in essa assumo che, e, cioè i valori attualmente riconosciuti attendibili per tali parametri, per ottengo che valore che indica come tale equivalenza sia avvenuta molto più recentemente, su scale cosmologiche, rispetto all equivalenza tra radiazione e materia( ; mentre per, posso arrivare ad una stima dell età dell universo pari a : 48 (2.45) Ricordo che con sto indicando l istante attuale, avendo già sottolineato, nel precedente paragrafo, quanto la fase dominata dalla radiazione (che qui non sto considerando) sia poco significativa nel computo di tale valore, si comprende come questo numero approssimi bene l età delle stelle più antiche che si osservano, come dimostrano i dati sperimentali relativi alle stelle di bassa metallicità che si trovano negli ammassi globulari, lo studio della cui evoluzione porta a stabilire che [33]. L età dell universo dunque è uno degli argomenti a favore dell esistenza di energia oscura [18] con una densità comparabile a quella della materia, proprio perché se non

50 s introducesse una componente con l effetto di produrre accelerazione non ci si spiegherebbe come in un universo di sola materia possano esistere oggetti la cui età supera l età stimabile per esso cioè (cfr ). Inoltre in questo modello la funzione che descrive l evoluzione temporale del fattore di scala ottenibile dalla (2.44), si riconduce ad un andamento del tipo per, come ci si aspetta in un universo dominato dalla sola materia, mentre tende ad un andamento esponenziale del tipo per, cioè esattamente ciò che il modello standard in accordo con i dati osservativi indica per l evoluzione del nostro universo e cioè un epoca dominata dalla costante cosmologica con accelerazione nell espansione, fase che sembra già in atto, stando alla valutazione delle misure sulle distanze di supernovae di tipo Ia recentemente effettuate. Figura2.2: Andamento temporale della densità di energia in funzione del fattore di scala per le differenti componenti in un universo piatto: materia non relativistica, radiazione e costante cosmologica. Tutto espresso in unità della densità critica calcolata ad oggi. Sebbene materia e costante cosmologica siano attualmente dominanti, nell universo primordiale la densità di radiazione era molto grande. Nel grafico è indicata con a eq l epoca in cui materia e radiazione si sono eguagliate. 2.5 I numeri del modello per l attuale universo Dopo aver delineato i modelli teorici che servono ad interpretare le diverse fasi che ha attraversato l universo nella sua evoluzione e che, valutazioni sperimentali hanno avvalorato con i dati osservativi, indicherò con ordine quali sono i valori che, nel confronto tra il modello teorico e le 49

51 osservazioni, si possono assegnare ai parametri che compaiono nel modello standard e che costituiscono un ideale modello di riferimento numerico. I dati osservativi portano ad affermare che l universo è spazialmente piatto, contenente radiazione, materia e costante cosmologica di cui si può dar conto con la stima dei rispettivi parametri di densità attuali (tab 2.2); tutti i calcoli relativi al tempo cosmico e alle distanze proprie sono effettuati assegnando alla costante di Hubble il valore. Quando si parla di densità di radiazione nel nostro modello ci si riferisce al fondo cosmico di fotoni nelle microonde (CMB) alla temperatura odierna di 2.75 K e al fondo cosmico di neutrini relativistici, la cui densità di energia è teoricamente calcolata essere pari al 68% di quella della CMB; già ho chiarito il fatto che avviene una transizione per i neutrini di qualsiasi sapore dall essere considerati radiazione all essere invece materia quando la loro energia decresce fino all energia di riposo, così il neutrino passa da componente relativistica a non relativistica quando il fattore di scala è entrando quindi ad essere annoverato nella componente di materia, come possibile candidato per la materia oscura, non potendo comunque essere energeticamente dominante dato che le misure attuali stimano che il parametro di densità ad essi relativo ammonti a. Infatti, quando si parla di materia s intende e la materia barionica, cioè la forma di materia che conosciamo ordinariamente, quella composta da neutroni, protoni ed elettroni ad essi associati nella sua costituzione e la materia non barionica, quella annoverata come dark matter. Nella definizione di vengono stimati separatamente i due contributi rivelando che le stelle, le galassie, le nebulose e quant altro riusciamo ad individuare esistere nel nostro universo in grado di inviarci segnali luminosi rappresenta dell intera densità di materia solo il 10% circa, mentre il restante 90% è dato dalla materia oscura, quando si parla di materia oscura ci si può riferire, in generale, ad ogni componente massiva che abbia luminosità troppo bassa per poter essere rivelata dagli strumenti di cui disponiamo oggi, oppure secondo una definizione più restrittiva ogni componente massiva che non emette, non assorbe e non riflette luce ed è quindi rivelabile attraverso gli effetti gravitazionali che ha sulla materia in grado di emettere luce. Tuttavia la maggior parte della densità di energia dell universo attuale è data dall energia oscura, che nel modello teorico standard è rappresenta dalla costante cosmologica. Seguendo l evoluzione dell universo attraverso l andamento temporale del fattore di scala, riassumo che le osservazioni in accordo col nostro modello teorico ci permettono di dire che, a partire da tempi in cui si può riconoscere una densità di fotoni sufficientemente alta da far abbandonare la trattazione quantistica della gravità (, l espansione dell universo è stata dominata dalla radiazione ed in questa fase possiamo approssimare l andamento del fattore di scala secondo la almeno fino al cosiddetto tempo di equivalenza radiazione-materia che è calcolato esser stato quando l universo aveva essendo 50

52 , da questo momento in poi l universo è entrato gradualmente in una fase dominata dalla materia seguendo una legge del tipo per passare, a partire dal tempo dell equivalenza tra materia e costante cosmologica corrispondente ad un fattore di scala ad un epoca dominata da, che su scala temporale cosmica sembra essere vicino all età che stiamo vivendo oggi al tempo 10 e, fase in cui riconosciamo un evoluzione esprimibile attraverso una legge esponenziale del tipo, registrando, per l appunto, un accelerazione nell espansione. Se spostiamo l attenzione dalle distanze temporali alle distanze spaziali proprie, l assegnare, sulla base delle osservazioni, dei valori ai parametri di densità parziali e il poter delineare sulla base delle stesse un andamento per che approssimi quello teorico, qui studiato nelle diverse fasi a partire dalla (2.38), ci permette di valutare il nostro orizzonte come limite per di, arrivando a dire che: (2.46) sui dati attualmente disponibili, dunque, il modello ci dice che possiamo osservare oggetti distanti, oggi, fino a, a cui corrisponde una distanza propria al tempo di emissione pari al valore massimo ( che si raggiunge per galassie con redshift. Da quest ultimo dato appare chiaro come quando si osserva una sorgente ci si possa chiedere quanto è distante da noi e a questo si risponde valutando la distanza propria e quanto tempo è intercorso tra l istante di osservazione e quello di emissione, cioè per quanto tempo la luce ha viaggiato per arrivare fino a noi. La risposta a questa domanda sta nella valutazione di che dipende strettamente dal modello cosmologico usato: per piccoli redshifts essa è, mentre a redshifts più grandi la relazione diventa non lineare. Questo modello che descrive al meglio l universo così come appare dai dati osservativi e che nel calcolare ad esempio le distanze proprie in funzione di (grandezza misurabile) ci permette di disegnare su un grafico una curva che si collochi tra l andamento teorico suggerito dal modello dominato da e quello relativo ad universo dominato dalla materia, ci ha permesso di stabilire per le galassie più lontane, osservate all inizio del ventunesimo secolo a redshift, una distanza propria di, cioè circa il 60% della distanza dell orizzonte stabilita e una distanza propria al tempo in cui la luce è stata emessa cioè quando l universo aveva un età da cui in base al valore stimato nel nostro modello numerico di riferimento, segue che. Appare evidente come guardare oggetti a redshift via 10 Notiamo che nel modello di riferimento numerico che sto delineando sulla base dei dati sperimentali che meglio approssimano la teoria,, prossimo cioè al tempo di Hubble. 51

53 via più grande significhi osservare sorgenti di un universo molto giovane, viene da sé che lo studio di tali oggetti ci dà informazioni importanti e testimonianza dei processi fisici in atto a quel tempo per stabilire la composizione dell universo e l evoluzione delle strutture che in esso si sono formate col passare del tempo, nonché valutare che rapporto intercorre tra distanza e redshift misurato, permette di stabilire se l espansione è accelerata o meno.. Nel prossimo capitolo verranno presentate le quantità osservabili che hanno rilevanza nella determinazione dei parametri cosmologici attuali (a, di cui infine do conto nella seguente tabella e grafico rappresentativo: fotoni neutrini 3.4 Totale radiazione materia barionica materia oscura Totale materia Costante cosmologica (tab 2.2) Parametri di densità oggi dark energy 0.70 dark matter 0.26 materia barionica 0.04 radiazione ⁵ Figura 2.2: il grafico rappresenta quale porzione della densità totale dell universo è associabile, oggi, ad ognuna delle componenti in termini del parametro di densità relativo 52

54 2.6 La moderna cosmologia Il poter disporre da parte dei cosmologi di una quantità via via maggiore di dati provenienti da esperimenti che si sono avvalsi negli anni di strumenti sempre più potenti e sensibili nell indagare l universo tanto sulla distanza quanto sulla sua composizione, è ciò che ha permesso di delineare il modello standard provando con le osservazioni la teoria del Big Bang. In questa struttura, dove cosmologia teorica ed osservativa s incontrano riconosciamo tre pilastri che sono le prove fondamentali del modello stesso[12] : il diagramma di Hubble 11 che testimonia l espansione, l abbondanza di elementi leggeri che è in accordo con la nucleosintesi del big bang (BBN) ed infine l esistenza della CMBR (Cosmic Microwave Background Radiation) ciò che rimane della radiazione di corpo nero emessa dall universo primordiale (quando cioè aveva solo poche centinaia di migliaia di anni) nella fase in cui materia e radiazione erano in equilibrio termico ad una temperatura molto elevata(, come previsto dalla teoria del Hot Big Bang. Gli studi che si sono compiuti negli ultimi vent anni e proseguono tutt oggi nel costruire un modello cosmologico sempre più aderente alla realtà stanno delineando i seguenti sviluppi sia teorici che osservativi: l esistenza tanto della materia oscura quanto dell energia oscura e le ipotesi sulla loro natura e composizione, la necessità di comprendere l evoluzione delle perturbazioni intorno all ordine zero (smooth universe) e il meccanismo stesso a cui oggi si attribuisce la loro generazione, cioè l inflazione[12]. È chiaro che per continuare a costruire un modello fisico solido per descrivere il nostro universo occorre spiegare la sua fase primordiale. La teoria della nucleosintesi primordiale del Big bang che spiega la produzione dei nuclei degli elementi leggeri quali idrogeno, elio, deuterio subito dopo il Big bang e la teoria dell inflazione, che prevedrebbe una fase di espansione esponenziale dell universo nei suoi primi istanti di vita, si occupano di descrivere fenomeni avvenuti nelle prime fasi di esistenza ed espansione dell universo, ma il cui risultato può essere rintracciabile oggi nelle osservazioni di quantità quali ad esempio, rispettivamente, l abbondanza di elementi leggeri e le caratteristiche dello spettro di potenza del fondo cosmico. Quindi la loro attendibilità sta nelle predizioni che consentono di fare e che trovano accordo con le osservazioni come più volte nel prossimo capitolo avrò modo di sottolineare. Della stima di, quindi del diagramma di Hubble e della valutazione circa l attuale fase di espansione parlerò in dettaglio nel prossimo capitolo riferendomi ai dati sperimentali provenienti principalmente dagli studi condotti sulle supernovae di tipo Ia negli ultimi venti anni, qui in conclusione vorrei dar conto, seppur non in dettaglio, degli altri due argomenti cosmologici fondanti del nostro modello: la nucleosintesi degli elemeni leggeri e la CMB. 11 Il diagramma di Hubble si riferisce al grafico della legge stessa di Hubble, quel grafico che disegnò lui per primo nel 1929 mettendo in relazione le velocità di recessione( espresse tramite il redshift osservato) con le distanze misurate delle galassie prese in esame, dimostrando che l interpolazione dei dati permetteva di disegnare una retta di pendenza. 53

55 2.6.1 LA NUCLEOSINTESI DEL BIG BANG Osservazioni di nebulose primordiali rivelano l abbondanza di elementi leggeri, inspiegabile attraverso la nucleosintesi stellare, ma in accordo con le previsioni teoriche della nucleosintesi del Big Bang(BBN). Infatti nonostante le difficoltà analitiche circa lo studio dei processi nucleari della fase iniziale di un universo in espansione e in raffreddamento (in virtù della ed anche quelle relative alle misure che oggi possono compiersi a tal riguardo, le previsioni della teoria nota come Nucleosintesi del Big Bang (BBN) risultano in notevole accordo con i dati osservativi. Cronologicamente la BBN è avvenuta nella fase dominata dalla radiazione, quando le dimensioni spaziali dell universo erano contraddistinte da un fattore di scala dell ordine di ( cfr 2.1) ed esso era molto caldo e denso. Ripercorrendo l evoluzione in termini di temperatura 12 ( ) e di processi fisici energeticamente consentiti a quella specifica temperatura, quando era dell ordine del non esistevano né nuclei, né atomi legati, poiché l abbondanza di fotoni di alta energia presenti impediva la loro stabilità, provocandone l immediata distruzione qualora si fossero formati [12]. La BBN è la teoria relativa alla formazione dei nuclei nell universo primordiale e affinché protoni e neutroni si fondessero per formare i nuclei più leggeri è stato necessario che l energia media delle particelle interagenti scendesse ben al di sotto del, infatti l energia tipica di legame per i nucleoni è in quest ordine di grandezza, come si vede chiaramente nel processo che porta alla formazione del nucleo di deuterio ( ), l isotopo più leggero dell Idrogeno ( ):, dove è la sua energia di legame nucleare, in termini di temperatura si stima che ciò sia accaduto a corrispondente ad un tempo, la nucleosintesi dunque è iniziata quando la temperatura è scesa abbastanza da essere, ci si può aspettare che possa avvenire anche prima, tuttavia il gran numero di fotoni per nucleone impedisce che a temperature più alte il processo prenda piede[15]. La formazione dei nuclei 13 di, è energeticamente favorita rispetto agli altri e ciò spiegherebbe l attuale abbondanza di elementi leggeri( insieme all idrogeno il cui nucleo è semplicemente costituito da un protone) nell universo e nelle strutture che si sono formate in esso a quel tempo, visibile tuttora, infatti guardando l universo odierno potremmo dire che la nucleosintesi del big bang è stata inefficiente[1] in quanto ha generato solo nuclei di elementi leggeri poiché gli elementi più pesanti non sono sintetizzati nel Big bang, ma provengono da esplosioni di supernovae in tempi successivi. Attualmente il 75% della materia barionica 12 In questo paragrafo esprimerò la temperatura indifferentemente in Kelvin o in elettronvolt, intendendo che nel primo caso mi riferisco allo stato termico e nel secondo allo stato energetico (agitazione termica) che può essere associato a quello termico essendo la costante di Boltzmann il fattore di conversione tra l una e l altra unità di misura. 13 Se si segue l andamento dell energia di legame per nucleone in funzione del numero di massa (, cioè la somma dei nucleoni che in quanto numero atomico definisce l elemento e che definisce l isotopo dell elemento in questione) si vede che energeticamente i nuclei più favoriti nel formarsi sono quelli degli isotopi dell idrogeno (deuterio, tritio ) e dell elio (³, oltre all elio stesso. 54

56 dell universo è nella forma di idrogeno ionizzato, mentre l elio primordiale( (cioè quello che non proviene dalla nucleosintesi stellare 14 )è solitamente espresso da un numero adimensionale: che rappresenta il rapporto tra la densità di massa di e la densità di tutta la materia barionica, l osservazione di oggetti come stelle o nubi di gas testimonia che, cioè che sono fatti di elio almeno al 24%. Queste percentuali sono spiegabili se si guarda in che proporzione erano i nucleoni tra loro nell universo primordiale, poiché è la scarsità di neutroni rispetto ai protoni che spiega come la BBN possa essere stata incompleta lasciando dei barioni in forma di protoni non legati (nuclei di idrogeno). Innanzitutto i neutroni liberi non sono particelle stabili in quanto decadono in un tempo attraverso la reazione: nella quale la differenza di energia a riposo tra neutrone e protone, pari a, si ripartisce tra energia a riposo dell elettrone ed energia cinetica dell elettrone e dell antineutrino elettronico. Solo una volta legato in un nucleo stabile il neutrone è preservato dal decadimento. La teoria spiega che fino a temperature dell ordine di, cui corrisponde un energia media per i fotoni di sono stati attivi i processi di creazione di coppie: e le reazioni che mantenevano l equilibrio tra il numero di protoni e quello di neutroni: In questo stato di equilibrio il rapporto tra la densità del numero di neutroni ( ( può essere allora descritta da una legge esponenziale del tipo: e quella di protoni ( ) (2.47) che proviene dall aver potuto utilizzare la legge di distribuzione di Maxwell-Boltzmann 15 tanto per quanto per. Dalla (2.47) si evince che finché è stato dell ordine del si è mantenuto 14 Le stelle in sequenza principale convertono l idrogeno in elio attraverso le reazioni di fusione nucleare che avvengono prima al loro interno, per poi spostarsi nelle fasi successive della loro evoluzione nelle shells via via più esterne. 55

57 l equilibrio, nel momento in cui è scesa al di sotto di l equilibrio non è stato mantenuto ed i protoni hanno iniziato ad essere favoriti (in quanto la loro massa è leggermente più piccola di quella dei neutroni). I processi in cui neutrini (o antineutrini) interagiscono con i barioni son governati da interazioni deboli caratterizzate da una sezione d urto tipica esprimibile come: ( ) Considerando che in un universo dominato dalla radiazione si ha che (cfr 2.3.2), allora, poiché la densità dei neutrini segue un andamento del tipo possiamo dire che il tasso d interazione dei neutrini con protoni e neutroni attraverso le forze deboli decresce rapidamente in virtù della relazione che lo definisce. Per il parametro di Hubble invece risulta un andamento decrescente del tipo, confrontando questo rate d espansione con quello d interazione debole, diciamo che quando i neutrini si disaccoppiano dai neutroni e dai protoni, ossia le interazioni deboli cessano ed il rapporto tra neutroni e protoni si congela, si stima che ciò sia avvenuto ad una temperatura (ovvero, quindi dalla (2.47) si deduce che nel momento in cui la temperatura è scesa ulteriormente, circostanza che si ipotizza essere avvenuta quando l universo aveva appena, il rapporto neutroni/protoni è rimasto congelato a: ( ) ( ) Dunque per tempi compresi nell intervallo si stima che nell universo ci fosse un neutrone ogni cinque protoni Il fatto che un protone si possa fondere con un neutrone molto più facilmente che non due protoni a formare il deuterio, poiché la prima reazione richiede un energia ben inferiore che non l avvicinamento di due cariche positive, dove deve essere superata la barriera della repulsione coulombiana, porta a considerare la sintesi di secondo la reazione: piuttosto che secondo la cui compete, tra l altro, una sezione d urto del tipo essendo un processo in cui agiscono forze nucleari deboli, quindi molto inferiore alla sezione d urto che 15 Finché le reazioni in cui neutroni si convertono in protoni e viceversa si mantengono in equilibrio si può utilizzare l equazione di Maxwell Boltzmann per descriverne la densità numerica: ( ) ( ) e ( ) ( ), dove il peso statistico dei protoni e dei neutroni è lo stesso:. 56

58 compete alla fusione tra un protone ed un neutrone in cui entra in gioco la forza nucleare forte. Possiamo dire all ordine più basso di approssimazione che la BBN procede finché ogni neutrone libero si lega in un nucleo atomico lasciando liberi i protoni residui. In quest approssimazione si è calcolato che il valore massimo 16 possibile per è. Il fatto che il valore osservato non superi quello estremale previsto dalla teoria è indicativo della validità della stessa ed il fatto che numericamente non coincidono è attribuibile a circostanze che hanno comportato una riduzione del valore attualmente osservabile della frazione di elio rispetto a, ad esempio potrebbe essersi verificato che la nucleosintesi non si sia innescata immediatamente dopo e che ciò abbia causato il decadimento di una parte dei neutroni, o il fatto che parte dei neutroni abbiano formato con i protoni altri nuclei più leggeri di come e ³ che non contribuiscono a o addirittura che la nucleosintesi sia durata abbastanza da produrre nuclei più pesanti dell elio tanto da ridurre il valore di. Riguardo la formazione di questi ulteriori nuclei la BBN prevede la presenza di isotopi dell elio, del litio la cui formazione è subordinata a quella dei nuclei di deuterio, poiché i processi della loro sintesi coinvolgono, per il quale è teorizzata un abbondanza di deuteroni per protone[12] ed il deuterio compare anche nella formazione del tritio e di altri isotopi ancora, nonché in processi che portano alla sintesi stessa del nucleo di. Chiaramente la produzione di ed altri nuclei dipende da vari parametri fisici, ma soprattutto dal rapporto tra barioni e fotoni che chiamo, più è grande il valore di più alta sarà la temperatura alla quale può iniziare la sintesi del deuterio e prima s innesca la nucleosintesi che durerà un tempo maggiore rispetto al caso in cui fosse più piccolo, il processo di espansione dell universo infatti genera un decremento nel tempo della sua densità e temperatura, entrambi fattori che determinano l arrestarsi della nucleosintesi. Prima ha inizio la BBN e più efficiente è la produzione di elio e ridotta la quantità di ed residui, quindi più è grande e più è grande e piccola la densità di deuterio primordiale. Dunque diventa un parametro fondamentale per valutare la nucleosintesi e l accordo tra le sue previsioni e le osservazioni, un modo per determinarlo è la misura dell abbondanza primordiale del deuterio, per quanto appena spiegato. È stata misurata, infatti, la frazione di deuterio presente nelle nubi di idrogeno ad alto redshift che assorbono la luce da quasar a redshift ancora più grandi: poiché queste nubi sono ad alto redshift, poco dopo che il processo di formazione del deuterio si pensa abbia avuto luogo, i valori osservati danno una valutazione ragionevole delle abbondanze primordiali e sono in accordo con quanto previsto dalla BBN infatti il valore misurato è, coincidente con quello teorico espresso prima; tradotto in termini di rapporto barioni su fotoni si trova che consistente anche col valore che di recente è stato determinato 16 Dato il valore, considerando un gruppo rappresentativo di 2 neutroni e 10 protoni, possono fondersi con a formare un singolo nucleo di elio, i rimanenti 8 protoni rimarranno non legati, la frazione di massa di sarà allora. 57

59 da misure sui pesi relativi dei primi due picchi acustici(cfr nota 18) dello spettro di potenza della CMB effettuate dal satellite WMAP [12]. Il valore di può essere tra l altro convertito nel valore della densità del numero di barioni nell universo attuale attraverso la relazione:, infatti, noto, da misurazioni del fondo cosmico, il numero di fotoni per unità di volume posso scrivere che ed in termini di densità di energia posso invece dire che ( ) e quindi, coerentemente con la tab 2.2, si ritrova che il parametro di densità della materia barionica nell universo attuale è (essendo la densità critica necessaria per un universo chiuso pari, oggi, a cfr1.8), stima alla quale si perviene anche con altre misurazioni di cui darò conto nel prossimo capitolo. 2.7 La radiazione di fondo cosmico La CMBR(Cosmic Microwave Background Radiation) è la radiazione dominante nell universo ed uno dei più potenti strumenti cosmologici che sia mai stato trovato. Infatti come la scoperta della sua esistenza ha rappresentato una prova fondamentale per la teoria del Big Bang caldo, così lo studio accurato del suo spettro di potenza 17, relativo alle anisotropie di temperatura, cui sono state dedicate molte missioni di ricerca condotte sia nella stratosfera 18 terrestre(boomerang) sia in orbita (COBE, WMAP, e ultimo il satellite PLANCK lanciato il 14 maggio del 2009), continua a presentare risvolti fondamentali che ampliano le nostre conoscenze cosmologiche, infatti le anisotropie dell intensità della radiazione, rilevabili come picchi acustici nella curva spettrale, sono correlate a molti argomenti cosmologici in studio: il parametro di densità barionico (come indicato nel paragrafo precedente), la curvatura dell universo, recenti misure del fondo cosmico hanno portato, infatti, ad una valutazione diretta della geometria dell universo [6] l idea che c è dietro questa misura consiste nel fatto che la radiazione di fondo proviene dalla superficie di ultimo scattering che può essere pensata come una shell sferica ad un redshift che si stima esser, potendo definire su tale superficie una lunghezza di riferimento, che si è stabilito essere l ampiezza 17 Lo spettro di potenza della CMB consiste nell esprimere le fluttuazioni di temperatura del segnale, che si misurano osservandolo lungo direzioni di vista differenti(da qui si parla di anisotropie), in serie di multipoli dove l ordine del multipolo è indicativo della loro dimensione angolare, a sua volta connessa alla dimensione fisica che le perturbazioni di densità da cui derivano hanno sulla superficie di ultimo scattering. 18 L esigenza dell esperimento BOOMERang(Ballon Observation of Millimetric Extragalactic Radiation and Geophysics) di portare il telescopio ad un altitudine di è stato per ridurre l effetto di assorbimento delle microonde da parte dell atmosfera terrestre. Ognuna delle missioni citate ha indagato lo spettro della CMB a diverse lunghezze d onda. IL satellite COBE(COsmic Background Explorer) lanciato nel 1989 è stato il primo a misurare accuratamente lo spettro della CMB su un ampio range di lunghezze d onda attraverso l impiego di tre strumenti: DIRBE(,FIRAS e DMR 58

60 dell orizzonte 19 (sound horizon) al tempo dell ultimo scattering, una determinazione della dimensione angolare associata a tale lunghezza permette la valutazione della geometria sottesa, che da tale misura sembrerebbe coerente con il modello di universo piatto. Negli anni sessanta dello scorso secolo Robert Dicke ed il suo gruppo di ricerca della Princeton University avevano dedotto che se l universo ha avuto origine in uno stato caldo e denso, doveva essere ora riempito di fotoni nelle lunghezze d onda delle microonde (la cui esistenza era già stata predetta da George Gamow nel 1948) e mentre c era in progetto la costruzione di un antenna radio in grado di verificarne l esistenza, Arno Penzias e Robert Wilson [23], due radioastronomi, lavorando ai Bell-Laboratories con un antenna radio per le telecomunicazioni satellitari hanno rilevato casualmente tale segnale di fondo, considerandolo dapprima un rumore del loro sistema di misura e accorgendosi poi che si trattava di una reale radiazione di fondo che non mostrava una direzione di provenienza privilegiata, ma era la stessa in qualsiasi modo si posizionasse l antenna, dunque questo era già un forte indizio della sua isotropia e di quella dell intero cosmo, nonché un immagine dell universo quando aveva soltanto Le osservazioni hanno dimostrato che lo spettro del fondo cosmico è in ottimo accordo con uno spettro di corpo nero con temperatura, ad oggi, pari a. In un universo nato dal Big Bang la radiazione di fondo cosmico emerge necessariamente se l universo all inizio era molto denso e molto caldo (ben più di quanto risulta oggi per via dell espansione), se assumiamo per la temperatura iniziale un valore di in tali condizioni la materia barionica è completamente ionizzata e gli elettroni liberi causano l opacità dell universo, le innumerevoli collisioni tra elettroni e fotoni (scattering Thompson) inoltre assicuravano l equilibrio termico tra radiazione e materia e così l universo presentandosi come un corpo caldo denso e opaco (cioè il cammino libero medio di un fotone era molto breve) produceva una radiazione di corpo nero. In particolare la radiazione del fondo cosmico a microonde è l immagine della superficie di ultimo scattering 20 tra fotoni ed elettroni avvenuto al tempo della ricombinazione tra protoni ed elettroni, infatti dopo il processo di Nucleosintesi l universo rimase un plasma barionico fino a quando l espansione portò la temperatura a scendere intorno a, si stima ciò sia avvenuto 19 All epoca in cui si è originata la CMB la radiazione era dominante, il mezzo era relativistico e la velocità del suono vicina alla velocità della luce, quindi si può parlare di sound horizon come la scala più grande oltre la quale effetti causali al tempo della creazione della superficie di ultimo scattering possono aver lasciato un impronta. Fluttuazioni di densità su tali scale risulterebbero in oscillazioni acustiche sul fluido materia-radiazione, per questo riferendoci allo spettro di potenza della CMB parliamo di picchi acustici: la pressione dei fotoni si oppone all attrazione gravitazionale dei barioni i quali, in movimento molto più lento rispetto ai primi, tendono a formare delle regioni più dense, i picchi sono correlati con questi modi di oscillazione, infatti quando un modo d oscillazione è alla sua ampiezza massima i fotoni si dissociano e alle risonanze di tali modi corrispondono i picchi osservati. 20 La superficie di ultimo scattering ha una profondità in quanto il disaccoppiamento di fotoni e barioni non avviene istantaneamente, ma richiede invece una frazione apprezzabile di età dell universo fino a tale epoca, per questo quando ci riferiamo al redshift della superficie di last scattering parliamo di, mentre a volte parlando di quello della radiazione di fondo nel suo insieme ci si può riferire ad uno un po più grande. 59

61 dopo il Big Bang, a questo punto l universo era sufficientemente freddo da permettere agli elettroni di potersi legare con i nuclei e formare l idrogeno neutro, processo che viene chiamato Ricombinazione, la radiazione di corpo nero emessa durante questo processo divenne visibile all epoca del disaccoppiamento, quando lo scattering Thompson tra elettroni liberi e fotoni terminò in quanto il tasso di interazioni tra fotoni ed elettroni divenne minore del rate d espansione dell universo (il parametro di Hubble) così i fotoni si disaccoppiarono dalla materia e l universo divenne trasparente. La radiazione emessa allora, si stima a ( prossimo alla superficie di ultimo scattering), con spettro di corpo nero, è osservabile ancora oggi come tale 21 ad una temperatura chiaramente molto inferiore ( ) rispetto a quella di emissione. L intensità specifica di un gas di fotoni con uno spettro di corpo nero è: { } (2.48) da qui si vede come la distribuzione in frequenze dello spettro è dipendente da ed anche la posizione del picco, lo strumento FIRAS ha permesso di valutare quanto lo spettro della CMB osservato fosse prossimo a quello teoricamente previsto di un corpo nero a temperatura e di individuarne il picco 22 a (fig 2.3) che spiega il termine microonde nella sigla con cui la si indica: Cosmic Microwave Background. La forma dello spettro è data dal termine esponenziale(cfr. nota 21), calcolando l argomento della funzione esponenziale a due tempi diversi nel corso dell espansione, cioè a due differenti temperature e, si possono scrivere i due argomenti in termini di lunghezze d onda come: e, in cui si vede che tanto la temperatura è passata da a, tanto la lunghezza d onda da a, poiché per via dell espansione va come (segue da 1.47) mentre va come in virtù dell assunto, il loro prodotto rimane costante ed è per questo che la forma dello spettro rimane di corpo nero durante l espansione. 21 Il fatto che la quantità sia un invariante di Lorentz ha permesso il conservarsi della forma dello spettro, dove è l intensità dei fotoni della radiazione di corpo nero ad una certa frequenza, come mostra la legge di distribuzione di Planck: ( ) che esprime il flusso di energia dei fotoni nell intervallo di frequenza e che spiega analiticamente lo spettro della radiazione di corpo nero. 22 Il picco nello spettro corrisponde all energia media, quindi alla lunghezza d onda media dei fotoni. 60

62 Figura2.3: Lo spettro del CMB come risulta da dati osservativi raccolti da FIRAS ed altri strumenti impiegati nella sua misura ed il suo accordo con la curva teorica di uno spettro di corpo nero a riportata con linea tratteggiata. La densità di energia della CMB è calcolabile attraverso la legge di Stefan-Boltzman valida per radiazione di corpo nero, dove è la costante di Stefan- Boltzman, mentre il numero di fotoni per unità di volume (già introdotto nel paragrafo precedente) è, dunque l energia attuale dei fotoni del fondo cosmico è, un valore molto piccolo se comparato ad esempio all energia necessaria per fotoionizzare un atomo( o un nucleo ( ). L informazione principale che ci dà la CMB è che l universo primordiale era ampiamente isotropo, infatti la sua attuale distribuzione estremamente uniforme è una testimonianza dell uniformità della distribuzione di materia prima del disaccoppiamento, in realtà la CMB ha delle anisotropie che si presentano all osservazione come fluttuazioni di temperatura su scale del e ciò è in linea con le teorie di formazione delle strutture, le quali affermano che le strutture cosmiche che noi osserviamo oggi: stelle, galassie, ammassi, devono aver avuto origine da disomogeneità primordiali nella densità di materia prodotte dal meccanismo dell Inflation [15] o da oscillazioni acustiche nel plasma barionico prima del disaccoppiamento. La dimensione angolare delle fluttuazioni di temperatura ( ), valutabile oggi con le osservazioni, è legata alla dimensione fisica delle 61

63 fluttuazioni di densità nel plasma barionico ( ) sulla superficie di ultimo scattering dalla relazione:, dove è la nostra distanza di diametro angolare da essa (cfr 3.2). L ampiezza delle fluttuazioni è ben descritta espandendo in serie di multipoli la variazione della temperatura di brillanza 23 del segnale, quindi le anisotropie vengono studiate scomponendo il segnale in armoniche sferiche : (2.49) dove sono i coefficienti dell espansione, che seguono una statistica gaussiana e e sono le coordinate polari. Poiché la CMB è una radiazione di corpo nero, esiste una correlazione tra i valori che assume in due punti qualsiasi della superficie di ultimo scattering, infatti posto che i due punti siano visti dall osservatore secondo le due direzioni di vista e, separate da un angolo, cioè tali che, rimane definita la funzione di correlazione: (2.50) la quale afferma che moltiplicando il valore che ha nelle due direzioni separate da un angolo e mediando su tutti i punti contraddistinti da questa relazione con l osservatore, si ottiene una funzione che dipende solo da. Se si conoscesse con precisione il valore di per tutti gli angoli da a, si avrebbe una descrizione statistica completa delle fluttuazioni di temperatura su tutte le scale angolari. I dati osservativi prodotti dalle varie missioni già menzionate ci forniscono informazioni su un range limitato di scale angolari per via di un limite in risoluzione angolare delle misure effettuate 24. Attraverso la (2.49) possiamo riscrivere la funzione di correlazione nella forma: (2.51) 23 La brillanza è la quantità di luce emessa da una sorgente alla frequenza, in generale la temperatura di brillanza è, per un corpo nero tale che la temperatura di brillanza corrisponde alla temperatura fisica del corpo è cioè indipendente dalla frequenza, mentre in generale dipende da essa. 24 La missione Planck (2009) ha come obiettivo una mappatura del fondo cosmico dell intero cielo con una risoluzione angolare maggiore delle missioni precedenti(da a qualche ), infatti ad esempio lo strumento DMR a bordo della missione spaziale COBE, che diede nel 1992 la prima evidenza sperimentale delle anisotropie ha fornito dati con una bassa risoluzione angolare, con BOOMERANG e WMAP si è arrivati a mappare al di sotto di scale dei. 62

64 Dove sono i polinomi di Legendre, in questo modo la funzione di correlazione è data in serie dei suoi momenti di multipolo che rappresentano i coefficienti di tale sviluppo in serie. L insieme dei valori viene chiamato spettro di potenza, infatti è usuale graficare la quantità in funzione di e riferirsi a tale grafico come spettro di potenza della CMB, esso rappresenta la distribuzione statistica delle anisotropie di temperatura alle varie scale angolari, infatti il termine rappresenta in sostanza una misura delle fluttuazioni di temperatura su scale angolari dell ordine di, ciò dà un idea della relazione d interscambiabilità tra multipolo 25 e scala angolare. Nelle anisotropie distinguiamo scale angolari diverse che corrispondono a epoche differenti in cui hanno avuto origine e fenomeni differenti che le hanno prodotte [24]: quelle piccole sono relative a oscillazioni acustiche nel plasma primordiale che generano fluttuazioni di temperatura, ma la cui origine è difficile da stabilire per via dell accoppiamento dei fotoni con la materia barionica e quelle presenti al tempo del disaccoppiamento (corrispondenti a scale angolari più grandi:, che si collocano prima dell Inflation), quando diversi fotoni vennero rilasciati da regioni dello spazio che presentavano lieve differenza nel potenziale gravitazionale, infatti le fluttuazioni della densità di massa che prima della ricombinazione erano stabilizzate dal campo di radiazione, successivamente ad essa divennero instabili ed in grado di collassare gravitazionalmente [16], poiché i fotoni nel risalire un potenziale gravitazionale subiscono redshift in quanto perdono energia, quelli provenienti da regioni leggermente più dense hanno subito un redshift maggiore rispetto a quelli provenienti da regioni in cui l attrazione gravitazionale era inferiore, ciò ha prodotto piccole anisotropie nella temperatura della CMB osservate oggi, la creazione di fluttuazioni di temperatura nel potenziale gravitazionale è noto come effetto Sachs-Wolfe. La forma dello spettro di potenza dipende dal modello e dall insieme dei parametri cosmologici, una misura accurata delle anisotropie della CMB consente di derivare i parametri cosmologici mediante un fit dello spettro di potenza misurato al variare dei modelli e dei parametri stessi. Tanto la scala angolare dei picchi, tanto la loro posizione danno importanti informazioni sulla curvatura dell universo, come accennato all inizio del paragrafo, quindi su e sulla natura delle perturbazioni primordiali della densità: per un universo piatto ( ) la teoria aveva previsto un picco a ( ) 26 e questo è risultato in 25 Le osservazioni mostrano che il termine di monopolo ( ) della funzione di correlazione svanisce, il termine di dipolo( ), dovuto ad uno spostamento doppler nel segnale registrato per via del movimento dell osservatore, viene sottratto nel grafico dello spettro di potenza. 26 Per un osservatore posto sulla Terra è l ampiezza angolare con la quale verrebbe vista sulla superficie di ultimo scattering una lunghezza pari a, che è il valore assunto dalla distanza di Hubble a cioè al tempo della superficie di ultimo scattering: in virtù della, essendo la distanza angolare della superficie di ultimo scattering da noi. Quindi trovare un picco nella curva a questa scala angolare avvalora l assunzione di un modello di universo spazialmente piatto, poiché il valore di è stato calcolato assumendo che all epoca della ricombinazione l universo potesse essere descritto da un modello a curvatura nulla dominato dalla materia (cfr ). Esso è anche il picco più alto perché rappresenta le 63

65 eccellente accordo con le osservazioni che avvalorano il modello di universo piatto. Di recente il satellite WMAP ha fornito un accurata misura di queste anisotropie mostrando questo notevole accordo tra modello teorico e spettro di potenza sperimentalmente osservato (fig. 2.4). Figura 2.4: Spettro di potenza delle anisotropie di temperatura della CMB in termini di scala angolare (o momenti di multipolo), la linea continua mostra l andamento teorico, mentre i punti rappresentano i dati sperimentali. I dati provengono da varie missioni WMAP (2006), Acbar (2004), Boomerang(2005), CBI (2004) VSA (2004). Lo spettro di potenza presenta anche anisotropie secondarie, cioè generate successivamente all emissione dei fotoni della CMB, dovute a vari fenomeni tra cui l interazioni con la materia a differenti temperature incontrata nel suo percorso, ad esempio gli elettroni caldi nei gas ionizzati presenti negli ammassi di galassie provocano sui fotoni della radiazione di fondo che li attraversano una diffusione Compton inversa e ciò genera delle piccole distorsioni nello spettro della CMB nella direzione degli ammassi, questo è chiamato effetto Sunyaev-Zel dovich, questo e anche ad altri effetti, come quello di lente gravitazionale, modificano lo spettro e la distribuzione di luminosità della radiazione di fondo [16], o l effetto Sachs-Wolfe integrato (ISW) dovuto all attraversamento da parte dei fotoni di buche di potenziale variabilie durante la loro propagazione. Il termine di dipolo ( è dovuto allo spostamento Doppler che risulta sul segnale a causa della composizione dei movimenti cui partecipiamo come osservatori: il moto di rivoluzione della Terra buche di potenziale all interno delle quali il fluido fotoni-barioni aveva appena raggiunto la massima compressione al tempo dell ultimo scattering. 64

66 intorno al Sole, il moto del Sole intorno al centro della galassia, il moto orbitale della nostra galassia intorno al centro di massa del Gruppo Locale, che nel suo insieme è coinvolto in un moto con velocità peculiare verso l ammasso della Vergine, tale termine viene sottratto nello spettro di potenza che risulta corretto da tale distorsione. 2.8 L Effetto Sachs-Wolfe integrato Lo studio delle anisotropie della CMB è anche uno strumento per indagare la presenza della dark energy e contribuire a porre vincoli ai modelli che vengono proposti per la sua interpretazione, come avrò modo di mostrare nei prossimi capitoli. Il legame tra le anisotropie e la dark energy si manifesta in due effetti fondamentali prodotti dalla presenza dell energia oscura sulla struttura delle anisotropie: il primo effetto è lo spostamento della posizione dei picchi acustici dovuto alle modifiche nella distanza di diametro angolare, il secondo effetto è l effetto Sachs-Wolfe integrato (ISW) causato dalle variazioni del potenziale gravitazionale e a differenza dell effetto Sachs-Wolfe di cui sopra, prodotto sulla superficie di ultimo scattering, l ISW è causato dal redshift gravitazionale che però avviene tra la superficie di ultimo scattering e la Terra, cioè l osservatore. Infatti la propagazione dei fotoni del fondo cosmico a microonde avviene in uno spazio-tempo perturbato, poiché le perturbazioni presenti nel fluido cosmico prima dell ultimo scattering evolvono anch esse insieme all universo, quindi l attraversamento da parte dei fotoni di buche di potenziale variabile, fa sì che il blueshift che il fotone subisce durante la caduta nella buca non è pari al redshift a cui è sottoposto mentre se ne allontana, perché il potenziale non è costante, quindi non compensandosi i due spostamenti in frequenza, l effetto finale sul generico fotone è un guadagno o una perdita di energia, esprimibile in variazione di temperatura. La teoria delle perturbazioni ci permette di dare un espressione formale all ISW, infatti essendo questo effetto prodotto sui fotoni del fondo cosmico dal loro propagarsi in uno spazio-tempo perturbato, chiedersi come avviene tale propagazione significa risolvere le equazioni relative al loro moto: (2.52) (2.53) nella metrica FRW perturbata 27. La (2.52) è la condizione di annullamento che verifica il fotone la cui linea d universo è del genere luce, dove = è il momento del fotone e un parametro 27 Le equazioni per il modello cosmologico sono state sviluppate in una metrica FRW non perturbata, di background, in uno sviluppo della teoria relativistica che considera perturbazioni al primo ordine, si parte dal perturbare la metrica 65

67 affine riconducibile al tempo conforme, con cui è parametrizzata la curva percorsa dall istante di emissione( ) all istante di osservazione( ), individuata dalla (2.53) che è l equazione della geodetica. Risolvere queste nella metrica perturbata dà la variazione nella frequenza dei fotoni e nel cammino percorso in una metrica non omogenea. Nella soluzione dell equazione (2.53) per trovo l espressione dell ampiezza dell effetto ISW data dall integrale sul percorso del fotone: ( ) [ ] (2.54) dove e sono i potenziali che descrivono la gravità nella gauge Newtoniana e sono definiti rispettivamente come le componenti tempo-tempo e spazio-spazio delle perturbazioni del tensore metrico. Tra i vari termini che contribuiscono alle fluttuazioni di temperatura nella radiazione di fondo cosmico, quello dovuto all ISW è un termine legato alla linea di vista e contiene informazioni sull universo recente, inoltre il potenziale gravitazionale è costante per un universo dominato da materia e quindi non produce un segnale ISW. Questo significa che l effetto Sachs-Wolfe integrato è una prova diretta della presenza di qualcosa che non sia semplicemente la materia priva di pressione. scrivendola come somma della parte di background e di una parte che costituisce la perturbazione :, poiché in RG le equazioni di campo sono invarianti per trasformazioni generali di coordinate implica che la separazione del tensore metrico in una componente di background ed una perturbata non è unica, si può selezionare allora una classe di trasformazioni infinitesime che lasciano invariata e solo è soggetta al cambiamento, sono le trasformazioni di gauge. La gauge di Newton è caratterizzata dall avere: ( ) Dove e sono scalari, è un 3-vettore e è un 3-tensore a traccia nulla, dipendono tutti dallo spazio e dal tempo. Mettersi in questa gauge significa scegliere per il sistema perturbato un set di coordinate in caduta libera con le particelle nel campo gravitazionale perturbato. A partire da questa espressione perturbata della metrica ogni altra quantità:,, saranno scritti in tale forma: background + perturbazione. 66

68 CAPITOLO 3 Osservabili Cosmologiche e componenti dell universo In questo capitolo presenterò alcune osservabili fisiche d interesse cosmologico. Il modello teorico, infatti, trova accordo con le osservazioni dell universo attuale attraverso la misura di grandezze che permettono di porre vincoli sul valore dei parametri di densità (qui pongo l attenzione su ), che consentono una stima del parametro di decelerazione, che definirò nel prossimo paragrafo, il quale dà conto dell andamento dell espansione e portano ad una misura indiretta di che è oggi il parametro più importante per descrivere l universo fisico in quanto imposta una scala per la maggior parte delle altre grandezze in cosmologia [6]. 3.1 Parametri cosmologici e osservabili fisiche La soluzione dell equazione di Friedmann implica la conoscenza della densità di energia dell universo per poter dar conto direttamente di ed è evidente la difficoltà oggettiva che ciò comporta, ma l andamento del fattore di scala può essere dedotto indirettamente attraverso osservazioni di oggetti celesti distanti che permettono di porre dei vincoli sul suo valore e di valutare l andamento dell espansione. Infatti si può definire una quantità detta parametro di decelerazione la cui misurazione ci dice se l espansione dell universo sta accelerando o meno. Per il fatto che un apprezzabile cambiamento nell andamento del fattore di scala si ha su scale temporali cosmiche, è possibile pensare che in un intorno del tempo attuale il fattore di scala sia esprimibile attraverso uno sviluppo in serie di Taylor, di cui andiamo a considerare solo i primi termini: ( ) ( ) (3.1) Usando la condizione di normalizzazione (cfr 1.6) possiamo riscrivere questa come: (3.2) dove ( ) e il parametro di decelerazione è la quantità: ( ) ( ) (3.3) da cui si deduce che risulta negativo se cioè quando l espansione è accelerata mentre ha un valore positivo se ossia quando l espansione è decelerata. La possibilità di misurare o comunque stimarlo dalle osservazioni ci viene in linea teorica innanzi tutto dal fatto che esso è esprimibile tramite i parametri di densità attuali (cfr tab 2.2), infatti dall equazione di accelerazione (1.61) scritta per componenti risulta che: 67

69 (3.4) dividendo questa per e calcolandola oggi a si ottiene per il parametro di decelerazione la relazione: (3.5) e quindi per l attuale universo contenente materia, radiazione e costante cosmologica risulta: (3.6) è quindi legato ai valori dei parametri dati in tab 2.2 da cui si ha che quindi che, in particolare il valore che suggeriscono le osservazioni è cioè il nostro universo è in una fase di espansione accelerata. Il motivo per cui è definito negativo quando l universo è in espansione accelerata, è dovuto al fatto che negli anni cinquanta quando è stato introdotto come parametro cosmologico si pensava che l universo fosse dominato dalla materia e quindi in espansione decelerata, condizione che portò dunque a questa convenzione. Esistono relazioni che legano a quantità direttamente osservabili, come la distanza delle sorgenti da noi, di cui darò conto più avanti, che hanno permesso di misurarne indirettamente il valore. La (3.6), invece, è una relazione che consente, per così dire, un test di controllo per porre dei vincoli sui parametri, confrontando il valore misurato di con quello teorico da essa espresso. La conoscenza, invece, della costante di Hubble deducibile, per piccoli valori di dalla legge lineare sull espansione (1.2) (il diagramma di Hubble) dove rappresenta la pendenza della retta che si può tracciare graficando il redshift in funzione della distanza degli oggetti che si osservano, non è così facilmente determinabile, poiché benché misurare il redshift di una sorgente non comporta particolari problemi, non si può dire altrettanto circa la misura della distanza della stessa e questa fu la difficoltà che incontrò anche Hubble e che lo indusse in errore nello stimare in eccesso, addirittura di un fattore 7 rispetto al valore attualmente riconosciuto (cfr 2.5). Infatti in un universo in espansione non è così banale misurare una distanza. In linea teorica ho dato la definizione di distanza propria (1.44) che rappresenta il concetto più lineare di distanza nell universo che si espande, pensando di seguire infatti la geodetica di un raggio luminoso, ho potuto definire la distanza propria attuale dell oggetto osservato come: e (3.7) Dove è l istante di emissione e l istante attuale in cui avviene l osservazione. Inoltre partendo dall equazione di Friedmann (2.38) data in termini dei parametri e dove il parametro di curvatura è scritto come : 68

70 poiché, considerando l integrazione dell equazione così espressa posso dare per la distanza propria anche un espressione in termini dei parametri di densità, come: L integrazione della (3.7) richiede l esatta forma funzionale di, che non conosciamo, dunque possiamo ricorrere alla sua espansione in serie di Taylor per inserire nell integrale la quantità: ( ) (3.8) e arrivare a dare per la distanza propria la seguente forma approssimata in funzione dell intervallo includendo solo i due termini di ordine più basso: in questa espressione il primo termine rappresenta la distanza che l oggetto avrebbe in un universo statico, mentre il secondo è la correzione dovuta al fatto che, nell intervallo di tempo in cui la luce ha viaggiato, lo spazio ha subito un espansione. Il problema che rimane nell usare questa definizione per determinare la distanza è che la luce che riceviamo dalla sorgente in esame porta informazioni sul redshift e su ma non sull intervallo temporale Quindi la distanza propria ha un importante valore concettuale ma non è misurabile e per determinare le distanze in cosmologia si ricorre a metodi più empirici che di seguito illustrerò. L importanza nello stabilire quanto è distante una sorgente sta nel fatto che i telescopi raccogliendo luce di galassie lontane guardano indietro nel tempo e la cosmologia concentrandosi sugli oggetti distanti è in grado di ricostruire la storia dell espansione codificata nella relazione tra la distanza e la velocità di recessione delle galassie [5]; infatti se la legge di Hubble stabilisce una relazione lineare tra la distanza e la velocità di recessione delle sorgenti a basso redshift, per valori più alti di, la deviazione dall andamento rettilineo ci fornisce il valore di. Ci si aspetta che per un universo in accelerazione a redshift crescenti le sorgenti risultino più distanti rispetto a quanto accadrebbe per un universo in decelerazione. Ad oggi si sono raccolte sia prove osservative dell attuale accelerazione, infatti a partire dal 1998 gli astronomi osservando supernovae lontane che apparivano più deboli del previsto hanno stabilito per loro una distanza maggiore di quella attesa in un universo dominato dalla materia quindi in decelerazione, sia prove osservative circa una precedente fase, con l osservazione di supernovae ancora più lontane, in cui l universo ha rallentato la sua espansione, come teoricamente previsto e già discusso nella presentazione dei modelli di universo dominato da componenti differenti dall energia oscura, che governa l attuale fase come suggerisce l accelerazione registrata, spiegabile in virtù delle proprietà che si attribuiscono a. Se conoscere il valore di è importante, poiché rappresenta l attuale velocità di espansione e permette di valutare anche altre grandezze rilevanti in cosmologia come la densità critica attuale (cfr 1.56), il parametro di Hubble stesso quantifica il cambiamento del fattore di scala nel tempo e l equazione di Friedmann esprime come questo avvenga in relazione 69 (3.9)

71 all energia, nel senso che ogni volta che si registra una variazione nell andamento del fattore di scala è segno che una nuova forma di energia ha iniziato a dominare il panorama cosmologico[12], come è stato evidenziato nei modelli di universo studiati nel capitolo Misure di distanze Ci sono vari metodi sperimentali per determinare le distanze astronomiche i quali seguono o criteri di tipo geometrico, utilizzando delle triangolazioni nella misurazione, oppure criteri di tipo fisico che si basano sula conoscenza della luminosità intrinseca dell oggetto che si sta osservando; per questa seconda tipologia di misurazione possiamo dire che lo spettro della luce ricevuta ci dà conto del redshift della sorgente mentre la quantità di radiazione osservata ci permette, in relazione alla luminosità nota della sorgente scelta, di determinarne la distanza. Chiaramente i metodi di triangolazione insieme a quelli di riflessione radar 1 che si fondano sulla riflessione da parte dell oggetto di cui si vuol conoscere la distanza di un segnale radio ad esso inviato, sono efficaci ed hanno senso quando si parla di sorgenti relativamente vicine, rispettivamente nell ambito galattico o planetario se si vuol pensare ad un ordine di grandezza, mentre per ciò che in questa sede ha interesse e cioè distanze cosmologiche, i metodi basati sulla conoscenza della luminosità della sorgente sono quelli più utilizzati. Si definisce distanza di luminosità la seguente funzione che mette in relazione la luminosità 2 intrinseca della sorgente in esame con il flusso misurabile di radiazione proveniente da essa: ( ) (3.10) Questa quantità ha le dimensioni di una distanza e di fatto sarebbe quella effettiva dell oggetto in un universo statico ed euclideo, la sua determinazione è legata alla conoscenza della luminosità della sorgente e alla misurazione del flusso ricevuto da essa, gli oggetti celesti di cui è nota come loro proprietà intrinseca 3 sono detti candele standard. In un universo in espansione e nel quale lo spazio tempo è descritto dalla metrica FRW si debbono considerare effetti geometrici e fisici sulla 1 Il cosiddetto radar rancing si fonda sulla riflessione di un segnale radio inviato dalla Terra all oggetto in osservazione, permettendo di valutare in base al tempo intercorso tra l invio del segnale e la sua successiva ricezione, la distanza dell oggetto in virtù della relazione o di altri parametri relativi al moto dell oggetto in esame, chiaramente questo ha senso su distanze dell ordine planetario, poiché altrimenti il segnale diventerebbe troppo debole per essere misurato. 2 La luminosità è la quantità di energia al secondo emessa dalla stella. 3 Proprietà intrinseca della sorgente nel senso che si può dar conto della sua luminosità in quanto è legata a processi fisici noti e che la contraddistinguono come quel particolare oggetto celeste, indipendentemente dalla sua posizione, rendendola quindi una candela standard. 70

72 definizione della distanza di luminosità, in quanto va ben definito il flusso ricevuto Il flusso è per definizione la quantità di energia per unità di tempo su unità di superficie proveniente da una stella (o da altra sorgente) 4 ; in uno spazio euclideo statico seguirebbe la legge, nella metrica FRW invece, poiché i fotoni che noi osserviamo sono stati emessi ad un tempo quando l universo aveva un fattore di scala legato alle dimensioni attuali dalla, dove è il redshift della sorgente in esame, se si esprime la sua posizione in coordinate comoving, con distanza propria da noi(origine del sistema di coordinate) nonché raggio della sfera di area su cui pensiamo distribuirsi i fotoni emessi, dove è la funzione che nella metrica FRW contiene l informazione sulla curvatura(cfr 1.34), considerando così il loro moto insieme a quello di espansione dell universo che vede questa sfera allargarsi col crescere del fattore di scala, è facile vedere come con l espansione il flusso decresca secondo un fattore, in quanto l energia con cui sono ricevuti i fotoni al tempo è più piccola di un fattore rispetto a quella con cui vengono emessi dalla sorgente al tempo, passando dal valore al valore poiché, in virtù del rapporto tra i fattori di scala ricordato sopra, anche il rapporto tra le lunghezze d onda è (cfr 1.48), mentre l ulteriore fattore con cui scala il flusso deriva dalla separazione tra due successive creste d onda emesse che passa dal valore a al momento della ricezione, questo incremento di nell intervallo temporale quindi riduce la frequenza di rilevazione dello stesso fattore. In base a tali considerazioni possiamo esprimere il flusso come: (3.11) Ciò porta a scrivere la distanza di luminosità nel seguente modo: (3.12) Considerando che le osservazioni suggeriscono uno spazio tempo approssimativamente piatto, cioè con, per cui (cfr 1.34) poiché, come spiegato sopra, risulta dunque che la distanza di luminosità ha la seguente espressione in relazione alla distanza propria: (3.13) 4 Le misure della quantità di radiazione ricevuta possono essere effettuate tanto relativamente ad una banda specifica di lunghezze d onda(banda passante), tanto all intero spettro :grandezza bolometrica,apparente o assoluta che sia a seconda che si conservi l informazione sulla distanza, infatti la magnitudine apparente di una stella dipende dal suo splendore intrinseco ma anche dalla sua distanza da noi. 71

73 Questa, scritta nell approssimazione di un universo piatto, esprime una relazione tra la distanza di luminosità ed il redshift della sorgente, dunque misurare la distanza di una candela standard con la (3.10) cioè attraverso la misurazione di osservabili fisiche, permette di stimare la sua distanza propria, una volta determinato anche il suo redshift, quindi in un universo descritto dalla metrica di Robertson-Walker la distanza di luminosità è una buona approssimazione per la distanza propria attuale delle sorgenti esaminate. Un altro tipo di distanza che si può definire sulla base delle proprietà osservative delle sorgenti è la distanza angolare basata sul concetto di lunghezza standard. Infatti esistono ad esempio sistemi legati gravitazionalmente di cui conosciamo la lunghezza, il fatto di considerare oggetti molto distanti ci permette di pensare tale lunghezza come perpendicolare alla nostra direzione di osservazione, se la distanza angolare che separa le estremità dell oggetto in esame è misurabile ed è possiamo calcolare la distanza dell oggetto usando la formula per piccoli angoli: (3.14) Come per la distanza di luminosità questa coinciderebbe con la distanza propria solo nel caso in cui l universo fosse statico ed euclideo. E evidente che nell espansione la stessa lunghezza che è l osservabile di riferimento per stabilire cambia, dunque la distanza tra le estremità dell oggetto in questione, misurata al tempo è esprimibile nella metrica FRW nel seguente modo: (3.15) Potendo assegnare a sussiste la relazione: l attuale valore, noto per aver scelto l oggetto come metro standard, (3.16) da cui segue che: (3.17) Comparando questa con, sempre nell approssimazione di un universo piatto, si ha: da cui segue che il rapporto con la distanza propria è il seguente: (3.18) (3.19) quindi in un universo piatto la distanza angolare non coincide con la distanza propria dell oggetto al tempo di osservazione, bensì coincide con la distanza propria che ha la sorgente al tempo di 72

74 emissione (cfr 1.7) ed inoltre risulta sempre minore del valore della distanza di luminosità, qualora lo stesso oggetto che si prendesse come metro standard fosse anche una candela standard. Nel limite per si ha che, condizione che permette di usare questo tipo di distanze per stimare dal grafico che per piccoli redshift rappresenta la legge lineare di Hubble; mentre nel limite per poiché nel nostro modello di universo la distanza propria tende alla distanza dell orizzonte: si ha che la distanza di luminosità diverge secondo la : mentre la distanza angolare tende a zero seguendo l andamento: e raggiunge un massimo per sorgenti che si trovano ad uno, che, avendo assunto i valori e è pari a. Benché all inizio la determinazione della distanza attraverso l uso di sorgenti che fungessero da metri standard è servita per determinare come pendenza della retta che si otteneva interpolando le distanze così determinate in un grafico versus, l uso di metri standard si è rivelato assai difficoltoso proprio nella determinazione degli stessi, poiché le caratteristiche osservative che deve avere una sorgente classificabile come metro standard devono essere: un apertura angolare ben determinabile affinché sia risolta da un telescopio la lunghezza e che quest ultima sia ben definita, cioè le estremità della sorgente devono essere chiare all osservazione per poter determinare, se galassie ed ammassi di galassie possiedono la prima caratteristica, non avendo una forma ben definita, ma variabile con la loro evoluzione, non soddisfano la seconda, quindi in virtù della difficoltà nel trovare metri standard negli ultimi decenni per determinare tanto il parametro quanto valutare l accelerazione nell espansione dell universo ( ) e anche poter stimare i parametri di densità in base al confronto tra il modello teorico e il campione di dati raccolti misurando le grandezze legate a tali parametri, sono state utilizzate soprattutto candele standard. Un modo che si sta rivelando promettente per misurare è utilizzare l effetto Sunyaev-Zel dovich insieme all emissione di raggi X degli ammassi di galassie: le regioni di gas caldo ionizzato presenti nei clusters sono in grado di diffondere i fotoni della CMB che passano attraverso l ammasso, per effetto Compton inverso, a causa di questo processo alcuni fotoni della radiazione di fondo aumentano la loro energia, mentre altri la diminuiscono, andando a confrontare lo spettro della CMB nella direzione dell ammasso e in una direzione diversa, si può misurare lo spostamento in frequenza, è dunque osservabile una fluttuazione nell emissione radio della radiazione di fondo nella direzione dell ammasso che combinata con le misure dell emissione di raggi X dal gas caldo permette di risalire allo spessore dell ammasso lungo la nostra linea di vista[17]. Nell approssimazione che l ammasso abbia forma sferica, risulta che sia l emissione radio che quella X dipendono dal suo raggio e dalla densità del gas in esso contenuto; se assumiamo lo spessore dell ammasso coincidere col suo diametro, questo diventa il nostro metro standard e possiamo utilizzare il diametro angolare osservato per determinarne la distanza secondo la (3.14). Alla base di tale metodo ci sono due caratteristiche fondamentali che si osservano, da una parte il 73

75 fatto che la densità dei gas negli ammassi è sufficientemente alta da renderli sorgenti luminose nei raggi X dove la maggior parte della radiazione a tali frequenze è prodotta come bremsstrahlung 5 infatti gli elettroni del gas, non solo sono diffusi dagli ioni del gas, ma essi stessi producono scattering Compton inverso sui fotoni del fondo cosmico 6 causando l effetto Sunyaev-Zel dovich. Nel limite non relativistico ( ), circostanza realistica considerando che in un ammasso tipico la temperatura 7 degli elettroni coinvolti è stimata essere pari a, l effetto SZ può essere descritto nell approssimazione di Kompaneets [16] dove viene definito il parametro detto di Comptonizzazione : nel quale compare la profondità ottica della frazione di fotoni diffusa (per esprimere il libero cammino medio dei fotoni diffusi è assunta la sezione d urto dello scattering Thomson, che approssima bene la sezione d urto di questo processo di diffusione) e la temperatura degli elettroni coinvolti in unità di massa a riposo degli elettroni, l integrale s intende esteso all intero spessore dell ammasso. Questo parametro ci dice come l effetto SZ sia proporzionale alla densità e alla temperatura degli elettroni e allo spessore dell ammasso lungo la nostra linea di vista. Anche l emissione di raggi X, espressa da, da parte del gas dell ammasso è proporzionale allo spessore dell ammasso lungo la nostra linea di vista oltre che al quadrato della densità di elettroni e dipende dalla loro temperatura e dalla frequenza dei raggi X, dunque osservazioni congiunte negli intervalli di lunghezza d onda X e radio per un ammasso permettono di valutare queste due quantità e il cui confronto porta ad una misura dello spessore in virtù della relazione:. Recenti misure compiute su 38 ammassi di galassie hanno utilizzato questo metodo per determinare la loro distanza di diametro angolare sulla base dei dati forniti da Chandra X-ray O. e osservazioni radio compiute da OVRO(Owens Valley Radio Observatory) e dal radio interferometro BIMA[17]. 5 È la radiazione emessa, nella regione dei raggi X, da particelle cariche, in questo caso elettroni, quando subiscono un accelerazione o un frenamento, come nell interazione con i fotoni del CMB per scattering Compton inverso. 6 In ogni scattering la frequenza del fotone subisce un leggero spostamento, viene prodotto in media un cambiamento nell energia del fotone di, e sono temperatura e massa dell elettrone coinvolto(. Le fluttuazioni nell intensità della radiazione di fondo misurata in direzione dell ammasso sono all incirca pari a. 7 Si usa indifferentemente il o l riferendosi alla temperatura, considerando che la costante di Boltzmann rappresenta il fattore di conversione tra misure di temperatura e misure di energia. 74

76 3.3 Candele standard e misure dei parametri cosmologici Quando Hubble stava elaborando la sua legge in base alla misura delle distanze di sorgenti extragalattiche, prese il via quello che è spesso designato come programma di Hubble al quale lui in primis si dedicò, cioè lo studio della forma della curva spostamento verso il rosso-distanza a distanze molto grandi [3]. Sperimentalmente la difficoltà maggiore per i numerosi scienziati che si sono dedicati a questo programma, fino a tempi più recenti, è stata la determinazione esatta delle distanze e la svolta che permise ad Hubble di scrivere la sua legge per sorgenti con piccoli redshifts fu la scoperta di una classe di stelle, le Cefeidi, considerabili come candele standard e quindi indicatori di distanza secondo una scala calibrata in base alla loro luminosità. Infatti le Cefeidi sono una particolare classe di stelle supergiganti molto brillanti, con luminosità media nel range, caratterizzate da periodi di variabilità ( della loro luminosità dovuta alla loro natura di variabili pulsanti; fu la scoperta di una precisa relazione tra il flusso misurato ed il periodo di variabilità che permise di costruire una scala di luminosità, avendo capito che la differenza nel flusso misurato in stelle variabili con periodi diversi era dovuta alla differenza nella luminosità e non nella distanza e così sulla base della conoscenza della loro luminosità si poté decidere di usarle come candele standard per determinare le distanze secondo la (3.10) e benché nel 1929 ci fosse stato un errore 8 nella valutazione esatta della luminosità delle Cefeidi, almeno per piccoli redshifts e fino a distanze dell ordine dei si son rivelate delle buone candele standard, sulla base delle quali misurazioni recenti hanno portato a stabilire che. La procedura sperimentale che si usa per stimare quando si arriva a scegliere una classe di oggetti celesti come candele standard, in quanto rispondono ai due requisiti fondamentali di essere tanto brillanti e quindi individuabili a distanze molto grandi e di avere una luminosità nota e standard poiché caratteristica intrinseca della loro natura, è di misurare il flusso ricevuto da varie sorgenti di questo tipo situate in posizioni diverse determinando per ognuna di esse il redshift e la distanza di luminosità, riportando i dati osservati in un grafico versus la valutazione della pendenza della retta che si può graficare per (diagramma di Hubble) dà il valore di. Gli studi compiuti dallo stesso Hubble hanno dimostrato quanto sia importante la scelta delle candele standard e della conoscenza che si ha della loro luminosità per non incorrere in stime errate e sebbene oggi da questo punto di vista le Cefeidi sono delle ottime candele standard, data la conoscenza che si è arrivati ad avere della loro fisica, il loro uso come tali è limitante quando si voglia estendere lo studio della dinamica dell universo a distanze più grandi, quindi a redshifts più alti e cioè a tempi più remoti. È chiaro infatti che se per la determinazione del parametro ci 8 Hubble assegnò ad un valore ben più grande di quello attualmente accettato e questo perché sottostimò la distanza di luminosità degli oggetti osservati di un fattore 7 dovuto in realtà ad una sottostima della luminosità delle candele standard considerate di un fattore 49; egli aveva confuso due tipi diversi di Cefeidi per calibrare le distanze, inoltre aveva considerato come stelle molto luminose regioni HII in galassie lontane. 75

77 si può fermare a piccoli, perché ciò che conta è l approssimazione lineare nell andamento del fattore di scala, se invece si vuole determinare il parametro c è bisogno di considerare candele standard a redshifts ben più alti per i quali la relazione tra e deve significativamente deviare dall andamento lineare, infatti la distanza di luminosità in termini dei parametri di Hubble e di decelerazione, nel nostro modello d universo approssimativamente piatto, è esprimibile come: [ ] (3.20) che segue dalla (3.13) in cui considero sostituisco l espressione che si ricava dalla: nella forma approssimata (3.9) dove al posto di ( ) la quale deriva dall aver espresso la funzione, scritta secondo lo sviluppo in serie di Taylor considerato in (3.8) e calcolata in, in termini del redshift, in virtù della. La (3.20), nella quale sto trascurando i termini di ordine superiore al secondo in, rappresenta nel limite la legge di Hubble in cui la distanza che compare è, la quale fornisce, dunque, una buona approssimazione per l attuale distanza propria di un oggetto a redshift Spostarsi a redshifts più alti, cioè arrivare a considerare distanze dell ordine del migliaio di significa dover utilizzare candele standard molto più luminose delle Cefeidi: le supernovae di tipo Ia. Queste si originano in un sistema binario di stelle una delle quali è una nana bianca, è noto che le nane bianche sono ciò che rimane di una stella medio-piccola che ha completato il suo ciclo vitale e al cui interno la fusione nucleare è cessata 9,la teoria a riguardo ci dice che esse presentano un valore limite della massa, detto limite di Chandrasekhar 10, tipico delle strutture omogenee completamente degeneri [7], in corrispondenza del quale il loro raggio tenderebbe ad annullarsi, è un limite di stabilità che se superato, come succede quando si verificano supernovae di tipo Ia, poiché la nana bianca sottrae materiale alla stella compagna, porta al suo collasso, la compressione così prodotta innesca una combustione esplosiva che causa la totale distruzione della stella (potrebbe innescarsi lo stesso processo anche dal merging di due nane bianche in un sistema binario molto stretto), ed un rilascio immediato di un enorme quantità di energia con un aumento tale di 9 La composizione chimica delle nane bianche è fissata dalle ultime combustioni avvenute nelle fasi precedenti, si hanno pertanto nane bianche di elio, carbonio, ossigeno, con l idrogeno che, se presente si trova solo in un sottile strato superficiale.la stella si trova in questa fase in uno stato di alta degenerazione elettronica che fornisce alla struttura una pressione tale da contrastare l autogravità che tenderebbe a farla collassare. 10 Il limite di Chandrasekhar per le nane bianche è di 1,4, cioè fino a che il valore della massa rimane entro questo limite la pressione della degenerazione elettronica sta in equilibrio con l autogravità ed il sistema si mantiene stabile. 76

78 luminosità da renderla molto evidente a grandi distanze. Questo insieme al fatto che tale tipologia di supernovae presenta curve di luce pressoché simili in ogni esplosione conferisce loro il ruolo di candele standard. Infatti tali curve di luce, a causa della relativa uniformità delle masse delle nane bianche coinvolte, risultano standardizzabili: tutte mostrano un picco di emissione tra 10 e 15 giorni con uno spettro caratteristico in cui sono riconoscibili righe dovute alla presenza di elementi pesanti, tutto ciò fa sì che la loro magnitudine 11 apparente dipenda quasi esclusivamente dalla loro distanza. Nonostante le supernovae di tipo Ia siano eventi abbastanza rari, in una singola galassia ad esempio se ne registra in media qualcuno ogni mille anni, il fatto che siano indicatori di distanza efficaci anche ad alti redshifts ( poiché il loro picco luminoso raggiunge luminosità pari a e benché in alcuni casi si siano registrate variazioni di luminosità del picco nel range, le osservazioni hanno permesso di correlare tale variabilità con la forma delle curve di luce e quindi correggere l incertezza (fig 3.1, 3.2, 3.3), ristabilendo una standardizzazione della loro luminosità. A partire dal 1988 prima il gruppo di ricerca : Supernova Cosmology Project (Perlmutter et al. 1999) e poi dal 1994 anche l High-z Supernova Search Team (Riess, Schmidt et al.1998) hanno condotto ricerche sulle supernovae in galassie distanti e hanno usato le curve di luce osservate ed i redshifts per misurare la costante di Hubble ed il parametro di decelerazione, giungendo a risultati in ragionevole accordo tra loro e mettendo soprattutto in relazione i valori trovati con la dinamica dell espansione ed i parametri di densità relativi alle componenti dell universo. Per circa un decennio i ricercatori hanno calibrato attentamente la luminosità intrinseca delle supernovae di tipo Ia, scegliendo inizialmente le 50 più lontane per le quali la distanza potesse essere determinata in base alla luminosità apparente misurata. Prima di discutere la valenza cosmologica dei risultati prodotti dallo studio sui dati raccolti, riporto nelle figure , 3.2 e 3.3 delle curve di luce relative a campioni di SNe-Ia studiate che dimostrano la loro alta precisione come candele standard 13, in quanto la dispersione in esse osservata può essere eliminata attraverso un fattore di correlazione tra il picco di luminosità e la forma della curva stessa( Calan/Tololo survey Hamuy et al 1993), rendendole, quindi, delle ottime candele standard. Per la calibrazione delle supernovae Ia, quali indicatori di distanza, sono state utilizzate anche le Cefeidi, infatti la possibilità di misurare con precisione la distanza di una galassia in cui fosse presente una variabile Cefeide ha permesso di calibrare con altrettanta precisione la magnitudine assoluta della 11 La scala delle magnitudini con cui gli astronomi esprimono flussi e luminosità è logaritmica perché l occhio ha una risposta di tipo logaritmico all intensità della luce ricevuta; la magnitudine apparente è definita attraverso la legge di Pogson come ) dove è un valore di riferimento. 12 Nelle figure la luminosità è misurata in magnitudine assoluta, essendo questa pari alla magnitudine apparente che avrebbe la sorgente se si trovasse ad una distanza di luminosità di : dove che è la luminosità di un oggetto che produce un flusso quando è visto da una distanza di sussiste inoltre la relazione. 13 Numerosi ricercatori contemporaneamente in tutto il mondo hanno studiato tali curve di luce contribuendo al lavoro dei due principali gruppi di ricerca. 77

79 curva di luce di una supernova di tipo Ia presente nella stessa galassia rendendole pietre miliari nell universo e metaforicamente nella ricerca, come testimonia il risultato analogo cui i due gruppi di ricercatori sono giunti: la velocità di espansione dell universo sta aumentando. Questa fondamentale prova ottenuta grazie all uso dei più sofisticati telescopi che si avvalgono di sensori CCD ha portato all assegnazione del premio Nobel per la fisica 2011 ex equo a S. Perlmutter, B. P. Schmidt e A. G. Riess. Figura 3.1: In questo campione di SN-Ia si fa vedere come le curve di luce variano con continuità all aumentare del parametro, che rappresenta il numero di magnitudini di cui una supernova diminuisce nella sua curva di luce, nella banda B, nei primi 15 giorni dopo il massimo, cioè le differenze di magnitudine che si originano a causa di diversi rate di declino iniziale sono mantenuti anche dopo l inflection point. Dunque esiste un fattore di correlazione tra picco di luminosità e rate di declino iniziale. 78

80 Figura 3.2: In questo campione di 9 supernove, viene mostrata la dispersione nelle curve di luce delle stesse riportate in scala di magnitudine assoluta, le supernovae intrinsecamente più brillanti al massimo mostrano una curva di luce più larga in virtù del fatto che stelle più massive producono esplosioni più grandi, ma la risultante nebulosa si deve espandere per più tempo perché la propria profondità ottica raggiunga l unità. La forma della curva di luce vicino al massimo dipende dalla quantità di energia depositata dai fotoni e dai positroni e dal tempo di propagazione dei fotoni attraverso il mezzo otticamente spesso in espansione. Poi la curva di luce risulta sostenuta solo dai positroni. Figura 3.3: Sovrapposizione delle curve di luce delle SNe-Ia per rinormalizzazione compiuta attraverso il fattore s, strectchfactor, che permette di riscalare temporalmente la curva stirandola di fatto di un fattore s per costruire singolarmente le varie sagome che vengono poi sovrapposte per produrre il campione in una data banda. 79

81 3.4 Studio dei parametri cosmologici in base ai dati di supernovae Ia Nel 1998 vennero resi noti i risultati a cui giunsero, dopo diversi anni di ricerca, separatamente i gruppi di ricercatori di cui sopra, in lavori scientifici che spiegavano come grazie ai dati ricavati dall osservazione di supernovae di tipo Ia si evincesse come l espansione dell universo stesse accelerando e prove evidenti per l esistenza di una costante cosmologica [8]. Dati fotometrici e spettroscopici relativi all osservazione di un campione, giudicato sufficientemente ampio di supernovae di tipo Ia per essere statisticamente rilevante in quanto la conoscenza delle incertezze sistematiche era tale da rendere l intervallo di confidenza alto, permise di vedere che le distanze di luminosità di supernovae con erano in eccesso rispetto alle previsioni teoriche in un universo con bassa densità di materia( ; la spiegazione che si poteva dare a questa evidenza osservativa è che l espansione dell universo stesse accelerando, per cui la luminosità misurata, mediamente inferiore di - rispetto al valore atteso in base al redshift misurato per tali supernovae, la cui distanza fosse pensata in un universo decelerato, contenente solo materia, escludendo chiaramente effetti di assorbimento da parte di polveri interstellari o altri errori sistematici 14, era dovuta alla maggiore distanza e ciò ha reso evidente l esistenza di una componente la cui pressione negativa produce un effetto anti-gravitazionale. La certezza di aver trovato nelle supernovae in questione indicatori di distanza coerenti ad ogni scala ha permesso il confronto delle relazioni redshift-distanza elaborate sia a basso che ad alto redshift, sulla base delle misure di magnitudine delle SNe-Ia, consentendo la stima dei parametri e, nonché un ulteriore misura di effettuata estrapolando dalla relazione che si è potuta graficare, utilizzando il campione di supernovae a basso redshift, la pendenza della retta così trovata come mostra il pannello in alto nella figura 3.4 [9] dove le misure sono corrette per l effetto di assorbimento da polveri e la dispersione è minimizzata arrivando a stimare per la costante di Hubble il valore. L andamento lineare risulta dall interpolazione delle misure di distanza di supernovae espresse come modulo di distanza ( che rappresenta la differenza tra la magnitudine apparente e quella assoluta 15, determinate misurando il flusso proveniente dalle sorgenti, in funzione di individuato dalle misure spettroscopiche delle stesse sorgenti. 14 I dati raccolti sono stati sottoposti a test di veridicità nei quali si ipotizzava piuttosto che l esistenza dell energia oscura un effetto di oscuramento dovuto ad una certa distribuzione di polveri extragalattiche( secondo i modelli teorici noti come hight-z dust model e replenishing dust) o piuttosto un effetto dovuto ad una particolare evoluzione nella luminosità di supernovae; analisi dati condotte con test del hanno permesso di escludere, con alta probabilità, tali interpretazioni circa la minore luminosità delle supernovae, rispetto al valore atteso. In particolare il modello del replenishing dust è quasi indistinguibile da un modello che include l esistenza di perché in esso l oscuramento è direttamente proporzionale alla distanza percorsa e quindi matematicamente simile all effetto di una costante cosmologica ed è stato giudicato un modello alternativo di poco interesse rispetto ad essa. 15 Il modulo di distanza è, dove si misura in. 80

82 In questi grafici l andamento dei dati raccolti viene confrontato con curve teoriche relative a modelli di universo in cui sono stati ipotizzati parametri di densità di materia e costante cosmologica che ne indicano la presenza in proporzioni diverse. Figura 3.4: Nel pannello superiore è rappresentata la legge di Hubble da dati di SNe-Ia, corretti da errori sistematici usando il metodo MLCS 16, il coefficiente angolare della retta che interpola meglio i dati rappresenta una stima di. I dati sono messi a confronto con tre andamenti teorici relativi a modelli di universo in cui si ipotizzano valori differenti dei parametri di densità, il miglior accordo con i dati è, come mostra anche il pannello inferiore quello relativo ad un universo piatto con 0,3 e, il grafico in basso evidenzia come i dati sperimentali non siano in accordo con un universo dove fosse. L allontanamento dall andamento lineare che si riscontra con i dati relativi, invece, a sorgenti con più alto redshift ci dà informazioni sul valore di. I dati osservativi sono stati confrontati con i 16 Il metodo MLCS(Multi-Color-light-shape) è un metodo che impiega quattro diversi colori fotometrici per le SNe-Ia per determinare le distanze con una precisione eccellente( il quale è l estensione di modelli empirici costruiti dai ricercatori(riess, Press, Kirshner 1996a )sulla base dei dati raccolti per costruire curve di luce che permettessero di ridurre al minimo l incertezza sulla determinazione delle distanze. 81

83 risultati teorici attesi per tre modelli di universo ipotizzati: un universo piatto contenente solo materia o un universo curvato negativamente e con ed infine un universo piatto contenente sia materia che costante cosmologica in misura tale che. Il confronto ha portato entrambi i gruppi di ricerca a dire che i dati raccolti studiando le supernovae avvalorano il modello di un universo piatto contenente attualmente materia e costante cosmologica nella proporzione ipotizzata e che il parametro di decelerazione è. Per meglio comprendere il legame che si può stabilire tra la distanza di luminosità e i parametri cosmologici e per capire come dalla sua determinazione si sia arrivati a poter porre dei vincoli sul valore che essi hanno nell attuale modello standard, bisogna considerare che in un universo regolato dalla metrica FRW si può scrivere una relazione precisa tra la distanza di luminosità ad un determinato redshift e i parametri in studio. La (3.13) riscritta nel caso più generale 17 di tale metrica è:. Ricordando che su una geodetica luminosa si ha che, si ricava per la seguente espressione: dove ho prima cambiato la variabile d integrazione usando la relazione che definisce il parametro di Hubble, passando ad un integrale sul fattore di scala e poi ho convertito il fattore di scala in redshift per via della (1.48), arrivando ad un integrazione in. Tramite l equazione di Friedmann (2.38) scritta in termini dei parametri di densità e considerando che ogni componente evolve secondo la legge di potenza (2.4) specifica che espressa anch essa in funzione di piuttosto che di diventa:, definisco l espressione: [ ] nella sommatoria comprendo anche il termine 18 di curvatura a cui attribuisco un, quindi posso riscrivere il parametro di Hubble in funzione del redshift nel seguente modo: e posso dire che: [ ] 17 Nell indicare la funzione che definisce la metrica ho esplicitato il valore del raggio di curvatura ad oggi, portandolo fuori dall espressione della funzione stessa, rispetto a come l ho definita in (1.34). 18 Dove sto considerando 82

84 Da cui scrivendo il raggio di curvatura come:, espressione nella quale intendo contemplati i tre possibili casi di curvatura, arrivo alla forma più generale della distanza di luminosità [14] in funzione di e dei parametri di densità: [ ] (3.21) Limitando la trattazione ai parametri, in un universo piatto: e, [10], come suggeriscono evidenze sperimentali 19, risulta che la distanza di luminosità ad un determinato redshift può essere espressa come: { } (3.22) Fissato il campione di dati ed i parametri cosmologici che si vogliono studiare, è stato fatto il confronto tra la distanza di luminosità teorica, così calcolata a stabiliti valori di tali parametri e quella misurata attraverso le osservazioni delle SNe Ia, trovando che i dati sperimentali sono consistenti con il valore ad un livello di confidenza del per un fissato range di variabilità di :, quindi son in accordo con le previsioni del modello standard circa la presenza di energia oscura come una componente descrivibile dall equazione di stato (1.66). In figura 3.6 si vede chiaramente come i dati escludano ampiamente un universo attuale in decelerazione, mentre non permettono di porre vincoli stringenti sulla curvatura, essi sono consistenti, infatti, anche con un modello con curvatura negativa(open), o positiva(close). Il migliore accordo con i dati, però, si ottiene per il modello di universo piatto con e e le osservazioni annoverate come catalogo gold, riferito alle misure pubblicate nel 2004, hanno portato ad un intervallo di confidenza di ( per i dati contenuti nella regione relativa ad, migliorandolo ampiamente rispetto al lavoro del 1998 in cui era di. La relazione tra distanza e redshift integrata su una significativa frazione del tempo cosmico, può essere considerata sia teoricamente come un indicatore dei limiti che si possono porre sul contenuto di massa-energia dell universo descritto dai modelli di Friedmann in relazione alla sua espansione, come visto, sia empiricamente come strumento in grado di ripercorrere la storia dell espansione dell universo. I gruppi di ricerca hanno utilizzato entrambi gli approcci, infatti l aver stabilito che recentemente c è stata un accelerazione nell espansione ( è stato anche l indizio che ha fatto pensare ad una precedente fase di decelerazione così senza porre qui 19 Come è riportato nello stesso articolo del 2000 di Filippenko [9], recenti studi sulla CMB portano ad avvalorare l ipotesi di un universo piatto e valutazioni sulle galassie ed ammassi di galassie portano invece ad assumere. 83

85 l attenzione sulle cause fisiche e considerando un andamento empirico per, assumendo il modello di universo che i dati stessi hanno confermato, la distanza di luminosità può essere espressa in funzione del parametro di decelerazione, in un universo piatto, come: [ ] (3.23) Considerando inoltre per il parametro di decelerazione, espresso in funzione del redshift, la seguente espansione lineare, dove è valutato a : (3.24) I gruppi di ricerca hanno usato la (3.23) come un modello cinematico per i dati, parametrizzata dal parametro di decelerazione, il quale è stato espresso attraverso la relazione lineare appena scritta; la probabilità per e,per ogni singolo dato, può essere determinata attraverso una statistica del come segue: ( ( ) ) (3.25) Dove è la dispersione sul redshift delle supernovae dovuta alle velocità peculiari che in quest analisi è assunta essere e è l incertezza sui singoli moduli di distanza, indica il redshift al quale è stata osservata la supernova la cui magnitudine misurata porta a stabilire per essa un modulo di distanza. L integrazione della densità di probabilità su tutti i valori di porta agli intervalli di confidenza indicati e mostrati nella fig 3.5. Figura 3.5: Intervalli di confidenza per il modello cinematico a due parametri, e, adottato per descrivere la storia dell espansione, sulla base dei dati relativi alle supernovae annoverate nel catalogo gold [Riess 2004]. 84

86 Tale studio relativo alle supernovae osservate fino a ha dimostrato che, prova dell attuale accelerazione e che indice di una precedente decelerazione, Gli intervalli di confidenza, qui riportati, tra questo modello cinematico a due parametri della storia dell espansione e i dati del catalogo gold di supernovae osservate, già citato, mostra chiaramente che la probabilità che ci sia stata una transizione da una fase decelerata all attuale fase accelerata è. La combinazione di una recente accelerazione e di una passata decelerazione sono un chiaro segno della presenza nell universo tanto della materia oscura, quanto dell energia oscura. Gli intervalli di confidenza nel piano (fig 3.6) sono stati derivati anch essi da un integrazione numerica della densità di probabilità su tutti i valori di, dove il modello teorico di riferimento è stato la (3.21) e non si son poste condizioni sulla curvatura. Un approccio alternativo a quello rappresentato in fig 3.6 per porre limiti alla variabilità nel valore che i parametri di densità possono assumere in base ai dati raccolti, è stato di considerare un universo piatto 20 ed una componente generalizzata di energia oscura parametrizzata attraverso la sua equazione di stato (costante) così da determinare la densità di probabilità nel piano analogamente a come spiegato sopra, riferendosi, questa volta, al modello teorico espresso dalla 3.22, in tal modo si è determinato un livello di confidenza del per i dati raccolti, nell ipotesi di e qualunque fosse il valore di, mentre assegnando il valore si è determinato un livello di confidenza del relativamente ad un valore di compreso nell intervallo (, come già detto. Per porre limiti circa il valore assunto da sono stati utilizzati anche risultati ottenuti da esperimenti indipendenti da quello principale di cui sto parlando, effettuati sempre sulle supernovae (Freedmann & Turner 2003). 20 La piattezza è assunta su basi teoriche in conseguenza dell inflazione o su basi osservative dalla caratteristica scala dell ampiezza angolare delle fluttuazioni della CMB. 85

87 Figura 3.6: Intervalli di confidenza per(, i tre ovali concentrici corrispondono a intervalli di confidenza quelli tracciati con tratto continuo si riferiscono al catalogo gold relativo ad un campione di 157 SNe-Ia(Riess et al 2004), quelli punteggiati si riferiscono ai risultati ottenuti dal gruppo di ricerca nel 1998(Riess et al 1998). Le diverse regioni in cui è suddiviso il grafico rappresentano specifici scenari cosmologici [Riess 1998 arxiv: astro-ph/ , 2004]. 3.5 L esistenza della materia oscura e dell energia oscura e le problematiche relative La confermata accelerazione nell espansione, a dispetto della decelerazione che ci si aspettava quando partì il progetto di osservazione sulle supernovae, in un universo in cui imperasse la materia e la conseguente forza di gravità, ha dato prova dell esistenza e dell azione sulle distanze più grandi del cosmo di una forza repulsiva che sta creando spazio e che trascina con sé le galassie avendo la meglio sulla forza di gravità, dovuta alla componente nota come energia oscura. Per la prima volta nel 1998 venne data una stima delle componenti dell universo in termini di frazioni della densità critica includendo dark matter e dark energy in un quadro che era consistente con la teoria inflazionaria che prediceva un universo piatto. Questi risultati hanno aperto nuove domande sulla natura della materia oscura e dell energia oscura, essendo, non solo la quantità, ma anche la composizione della materia e energia dell universo fondamentali per capirne bene tanto il passato quanto il futuro, permettendo di determinare: l età attuale, quando è terminata l era dominata dalla 86

88 radiazione, il crescere delle piccole disomogeneità nella materia e di spiegare sia la formazione delle strutture, sia l evoluzione delle galassie individuali. Questioni aperte cui il modello standard cerca di dare una risposta EVIDENZA DELLA MATERIA OSCURA, IPOTESI SULLA SUA NATURA E COMPOSIZIONE Il notevole impiego di tempo ed energie per determinare 21 il parametro, che è stimato essere oggi nell intervallo, è perché rappresenta un informazione importante sia per la determinazione del moto globale dell universo sia per la sua curvatura. Da decenni è assodato che la sola materia visibile, che potremmo annoverare in stelle e pianeti è davvero esigua rispetto alla quantità di materia che occorre ad esempio per tener unite gravitazionalmente le galassie o ancor più per avere un universo chiuso o tanto meno piatto come le osservazioni a partire dallo spettro di potenza della radiazione di fondo cosmico indicano. L approccio per la stima della densità di materia dovuta alle stelle è quello di valutarla in base alla loro luminosità attraverso il rapporto massa su luminosità 22 e con questo metodo si è giunti a dire che le stelle non arrivano a costituire nemmeno lo della densità necessaria affinché l universo sia piatto. Anche le stime della materia barionica complessiva dell intero cosmo, derivanti dalle previsioni della nucleosintesi primordiale del big bang (BBN), che trova riscontro nell abbondanza di elementi leggeri presenti nelle nubi di gas di ammassi ad alto redshift, attraverso la valutazione del deuterio presente (cfr 2.6), che è preso come misuratore di riferimento della percentuale di barioni nell universo [11], sono oggi pari a, questo valore è rappresentativo tanto delle stelle e dei loro residui: nane bianche, buchi neri, stelle di neutroni, quanto delle nane brune, dei gas interstellari nei clusters e tra i clusters stessi, ed è ben al di sotto della densità critica, questo valore inoltre ci dice che la maggior parte della materia barionica non è direttamente visibile. Essa è contenuta nei gas caldi presenti negli ammassi di galassie e la frazione della massa totale in questa forma,, può essere misurata o attraverso osservazioni dirette di raggi X provenienti dal gas o attraverso le distorsioni nello spettro di potenza della radiazione di fondo dovute allo scattering inverso dei 21 Molti metodi sono stati usati per determinare, utilizzando osservabili diverse, a partire dallo spettro di potenza della CMB misurando le fluttuazioni di densità, allo studio delle caratteristiche degli ammassi di galassie ad alto redshift e la mancanza di un evoluzione apprezzabile se confrontati con quelli a redshift più basso o la stima della frazione di materia barionica nei grandi ammassi attraverso il confronto con i valori attesi secondo la teoria BBN ad esempio. 22 Sulla base della quantità nota per il Sole, si è stabilita, per confronto, una scala di valori che questo rapporto assume per le varie tipologie di stelle in base alla loro luminosità e alla classe spettrale di appartenenza, cosicché il rapporto per un intera galassia dipende dall insieme delle diverse stelle che contiene. Effettuando una stima relativa al contenuto di stelle nel raggio di intorno al Sole, calcolando il rapporto massa/luminosità relativo a tale regione per poi estenderlo all intero universo, si è arrivati a stabilire che nel confronto con, la densità di materia contenuta nelle stelle equivale ad un parametro di densità ad esse relativo di. 87

89 fotoni da parte di elettroni caldi (effetto Sunyaev-Zel dovich) e porta a, poiché, questa misura, implicando un, fornisce un ulteriore prova che c è una parte di materia non barionica[15]. Anche lo studio, che fin dai lavori pioneristici di Zwicky e poi in quelli di Vera Rubin è stato compiuto sul moto degli oggetti che costituiscono le galassie e gli ammassi di galassie, ha portato a dire che la densità di materia non barionica è almeno quattro volte la densità di quella ordinaria e che quindi la maggior parte di materia che costituisce l universo è materia oscura, che non emette, assorbe o diffonde onde elettromagnetiche per cui un modo per rilevarne la presenza è attraverso la sua azione gravitazionale osservabile tanto sul moto delle stelle e delle galassie, tanto sulle traiettorie dei fotoni che passano vicino a galassie o ammassi di galassie e appaiono deflessi per l effetto di lente gravitazionale spiegabile con l esistenza di un alone di materia oscura che si è stabilito circonda tanto le galassie quanto gli ammassi. Infatti per spiegare la velocità orbitale delle stelle osservate nei dischi galattici di galassie a spirale, che non decresce con il raggio secondo un andamento come ci si aspetterebbe considerando tali stelle su orbite kepleriane intorno al centro della galassia all interno di una distribuzione di massa decrescente allontanandosi da esso 23, ma piuttosto rimane elevata e costante a partire da una certa distanza espressa in termini di un raggio scala definibile galassia per galassia, si stabilisce la presenza di un alone sferico di materia oscura che circondando il disco galattico permette alla galassia di restare gravitazionalmente legata. Analogamente, passando a scale più grandi, quelle degli ammassi galattici 24, usando il teorema del viriale (che esprime lo stato d equilibrio per un sistema selfgravitante) o l equazione di equilibrio idrostatico applicata ai loro gas 25 per stimarne la massa totale, si è stabilita la necessità della presenza di un alone di materia oscura anche in essi per farne dei sistemi legati. L effetto di lente gravitazionale che consiste nella deflessione della luce che si trova ad attraversare regioni in cui è presente un forte campo gravitazionale prodotto da oggetti massivi, che si comportano come lenti, già previsto da Einstein nella sua teoria della relatività, è stato ampiamente osservato ed usato per stabilire la presenza di materia oscura tanto nell alone della nostra galassia quanto in ammassi distanti. Sono state fatte varie ipotesi su ciò che costituisce tale alone e sotto l acronimo di MACHOs (Massive Compact Halo Objects) s intendono quegli oggetti massivi quali nane brune, nane bianche e stelle di neutroni che vengono annoverate come parte 23 Come suggerisce la funzione che definisce la luminosità superficiale dei dischi galattici riferita alla sola materia barionica che ha la caratteristica di emettere luce, è una lunghezza che stabilisce una scala per ogni galassia tipicamente dell ordine del 24 Gli studi che portarono Zwicky nel 1930 ad ipotizzare l esistenza di materia oscura furono compiuti sull ammasso della Chioma, la valutazione della velocità delle galassie in esso osservabili lo portò a porsi il problema della massa mancante, poiché il solo contenuto di materia visibile non spiegava come tali oggetti potessero costituire un sistema legato gravitazionalmente, essendo la dispersione nella loro velocità radiale molto grande, intorno a. 25 La misura dell emissione di raggi X da parte dei gas caldi presenti negli ammassi, dà prova del fatto che se non ci fosse materia oscura a tenerli legati gravitazionalmente, si sarebbero espansi oltre l ammasso in un tempo molto più breve del tempo di Hubble. 88

90 della materia dell alone, che quindi sono catalogati come materia oscura barionica, ma si stima ne rappresentino solo una parte, che per esempio nella nostra galassia è pari al 20% del totale, circostanza che lascia aperto l interrogativo sulla natura e la composizione della materia oscura non barionica. Il modello standard riconosce alla materia oscura due caratteristiche fondamentali: l essere non relativistica ed essenzialmente non calda, infatti la teoria a riguardo viene anche chiamata CDM (Cold Dark Matter), poiché se non avesse queste due proprietà si sarebbe separata dalle regioni sovradense impedendo alle galassie di formarsi e la seconda caratteristica è che ha un interazione molto debole con la materia ordinaria, per questo è così difficile individuarla. I neutrini sono stati tra le prime particelle che si è pensato potessero costituire la materia oscura in quanto dotati di massa ma poco interagenti con la materia barionica ed in virtù dell ipotizzata esistenza di un fondo cosmico di neutrini(cfr1.10), i quali, considerando i tre possibili sapori (, si stima abbiano una densità numerica, rapportata a quella dei fotoni della CMB ( cfr2.7) pari a: ( ) considerando che il parametro di densità dovuto alla materia oscura si stima essere oggi, ciò implicherebbe che in media un neutrino costituente la dark matter dovrebbe avere una massa dell ordine di: essendo la densità critica (cfr1.8). Ad oggi la stima della massa dei neutrini ha portato a valori ben inferiori, infatti per i neutrini muonici osservati nell atmosfera terrestre si è stabilito un valore inoltre le osservazioni indicano che la variabilità in massa tra i tre tipi è trascurabile ( ), dunque una massa così piccola implicherebbe un contributo infinitesimo( al parametro di densità della materia oscura. Questa evidenza ha portato ad ipotizzare l esistenza di altre particelle elementari come candidati per la materia oscura non barionica, ad esempio si è considerata l estensione del modello standard delle particelle elementari a particelle supersimmetriche 26 di cui si è ipotizzata l esistenza, ma la cui 26 La teoria della supersimmetria nella fisica delle particelle prevede che per ogni particella ne esista una corrispondente che segue la statistica opposta, in ciò si presenta come una teoria unificatrice della statistica di fermioni e bosoni. Se la supersimmetria fosse una simmetria esatta, le particelle e le corrispondenti super-particelle avrebbero lo stesso valore di massa. Ma non è stata osservata alcuna super-particella( con valore di massa minore di ) e quindi la supersimmetria è rotta a bassa energia. Diversi meccanismi sono stati introdotti per descrivere questo fenomeno: rottura spontanea oppure mediata da qualche legge. Il meccanismo di rottura della supersimmetria 89

91 presenza non è mai stata rilevata in laboratorio negli esperimenti con gli acceleratori di particelle poiché si ipotizzano per loro valori di massa anche superiori ai, e quindi energie troppo elevate per gli strumenti a disposizione. La super-particella più leggera LSP si prevede sia stabile per interazioni deboli e che interagisca con la materia ordinaria tramite lo scambio di particelle supersimmetriche la cui massa è dell ordine della scala delle interazioni deboli, nella maggior parte dei modelli di rottura della supersimmetria la LSP è il neutralino, un fermione neutro soggetto solo ad interazione debole ed uno dei candidati per interpretare la materia oscura fredda. Queste particelle non ancora rivelate in laboratorio: fotini, gravitini, gluini, neutralini ed altre plausibili costituenti della materia oscura sono note come WIMP (Weakly Interacting Massive Particle), poiché la loro proprietà fondamentale è quella di essere neutre ed interagire debolmente col resto delle particelle note e solo attraverso la gravità o forze nucleari deboli e di essere molto più massive dei neutrini. Inizialmente si era sperato che fermioni osservati potessero essere partners di bosoni osservati, ma questa speranza è disattesa dalla natura; invece la supersimmetria deve essere rotta e tutti i corrispondenti partners supersimmetrici delle particelle note devono essere così massivi da non essere stati ancora osservati negli acceleratori[12]. Inoltre si ipotizza per loro una stabilità in quanto se potessero decadere in particelle più leggere, allora i loro decadimenti si sarebbero mantenuti in equilibrio nell universo primordiale e non sarebbero arrivate ad esistere oggi. Secondo il modello standard le particelle passano attraverso due principali fasi durante l evoluzione cosmologica (come già visto per i processi della BBN o della generazione della CMB): quella in cui mantengono l equilibrio termico, cioè fino a quando il loro rate d interazione rimane più grande del rate d espansione dell universo e quella in cui l espansione dell universo le rende così diluite che non possono più interagire tra loro ed il rate di espansione supera quello d interazione. All epoca in cui i rate si equivalgono, il numero di particelle per unità di volume comovente per ogni data specie rimarrà costante. Per le particelle relativistiche la densità residua è indipendente dalle caratteristiche del disaccoppiamento, ma per quelle non relativistiche più è piccola la sezione d urto del processo di annichilazione, maggiore è la densità residua, perché un annichilazione meno efficiente permette la sopravvivenza di più particelle. Così una particella molto massiva( ) stabile alle scale d interazione debole, potrebbe fornire l esatta densità residua per interpretare la materia oscura. Le WIMP verificano queste condizioni per questo costituiscono un probabile candidato per la materia oscura. Dopo la recente scoperta al CERN 27 di una nuova particella compatibile con le caratteristiche del bosone di Higgs, che dà completezza al modello standard, si pensa di essere sulla determina la gerarchia dei valori di massa delle particelle supersimmetriche e quindi guida lo studio di processi che possano produrle in interazioni di alta energia. 27 A luglio 2012 sono stati resi noti i risultati cui sono pervenuti tanto ATLAS che CMS, due esperimenti che si avvalgono di una differente tipologia di rivelatori, usati per tracciare ciò che accade nel Large Adron Collider(LHC), quando si facciano collidere fasci di protoni ad alte energie, entrambi gli strumenti hanno evidenziato l esistenza di una particella di massa intorno ai (ATLAS) e (CMS) che sembra coincidere col bosone di Higgs previsto dalla teoria, questi risultati sono dati con un livello di significatività di e per ATLAS e CMS rispettivamente[22]. 90

92 strada dell individuazione delle particelle supersimmetriche candidate a costituire la materia oscura, nuovo obiettivo per gli esperimenti condotti con LHC (ATLAS SUSY searches). L elenco delle possibili entità costituenti la dark matter è molto lungo in realtà, essendo state avanzate molte ipotesi a riguardo da più fronti, appartenenti a teorie anche lontane dal modello standard. La chiave principale per la sua interpretazione rimane una conoscenza più precisa della sua natura IPOTESI SULL ENERGIA OSCURA E PROVE OSSERVATIVE L equazione di Friedmann ( ) mostra chiaramente che perché avvenga un accelerazione nell espansione dell universo, ovvero sia crescente, deve esistere una densità di energia che, al crescere del fattore di scala, decresca più lentamente di come segue da: Né la materia né la radiazione consentono ciò, poiché e, mentre la dark energy verifica questa condizione in virtù della (2.4), poiché appare oggi come la componente energetica dominante caratterizzata da un equazione di stato con parametro 28 (fig3.8). Infatti i dati sperimentali sono consistenti con sorgenti di energia oscura uniformemente distribuita che varia lentamente col tempo, tanto da essere assimilata ad una costante cosmologica che si associa all energia del vuoto, in quanto l energia del vuoto e una costante cosmologica sono indistinguibili poiché la costante cosmologica corrisponde ad una densità d energia uniforme [11]. I cosmologi hanno esplorato anche altre forme per l energia oscura che avessero un comportamento diverso da. Modelli con un energia oscura che abbia un equazione di stato variabile nel tempo o un modello dinamico nel quale il miglior candidato per rappresentare l energia oscura è un campo scalare lentamente variabile nel tempo ed omogeneo nello spazio, anche noto come quintessenza, una densità di energia oscura dinamica infatti produrrebbe la soluzione o le condizioni per avere risposte alle problematiche relative alla costante cosmologica, quelle cosiddette del why now e del fine-tuning [15]. Il problema del why now (anche detto della coincidenza) nasce da queste considerazioni: sulle scale temporali cosmologiche il passaggio da una fase di decelerazione ad una di accelerazione, quindi il manifestarsi del predominio dell energia oscura sulla materia (ordinaria e oscura), è avvenuto in tempi recenti( nel lavoro del gruppo di Riess il momento della transizione è stimato intorno a ; il miglior accordo tra i dati sperimentali ed il modello teorico per il nostro universo, 28 Nella discussione del modello di universo di De Sitter (2.3.3) si è fatta l approssimazione di energia oscura rappresentata dalla costante cosmologica cui si è assegnato un valore =-1. 91

93 come ampiamente discusso nel capitolo 2, ci ha portato a stimare per i parametri di densità i valori e e comunque lo stesso ordine di grandezza e non è noto il meccanismo fisico che genera ciò, infatti il rapporto tra queste due quantità cambia rapidamente in un universo in espansione come: Nell intervallo in cui questo rapporto varia tra 0.1 e 10, l universo si sarà espanso di un fattore, conseguenza di ciò è che in tempi primordiali l energia del vuoto era trascurabile se paragonata alla materia e alla radiazione mentre in seguito è avvenuto il contrario, subito dopo il Big bang al tempo di Planck,, si stima che [25]. Se consideriamo come scala temporale nella storia dell universo una scala logaritmica in, prendendo un intervallo di tempo centrato all epoca attuale ( ), considerando che dal tempo di Planck ad oggi il fattore di scala è aumentato approssimativamente di un fattore si può dire che l espansione totale dell universo corrisponde ad un fattore, quindi la probabilità di vivere nell epoca di equivalenza fra le due densità è dell ordine dell 1%. Dunque basterebbe che il rapporto tra e fosse di poco più grande o più piccolo che non ci sarebbe questo problema della coincidenza. La possibilità di associare l energia oscura ad un campo lentamente variabile nel tempo(modelli DDE ossia dynamic dark energy) permetterebbe di darsi delle risposte circa il suo manifestarsi con entità diversa in epoche tanto lontane tra loro. Il trascurabile peso che questa forma di energia ha avuto nelle fasi passate ha evitato l interferenza con la formazione delle strutture, infatti lo sviluppo delle strutture osservate oggi a partire da perturbazioni di un certo ordine di grandezza nella densità di materia/radiazione, che può essere stimato a partire da misurazioni delle anisotropie nello spettro di potenza del fondo cosmico, richiede che l universo sia stato dominato dalla materia a partire dall epoca dell uguaglianza radiazione-materia, fino ad un momento recente nella sua storia. 92

94 Figura 3.7: Andamento di in funzione del fattore di scala espresso in scala logaritmica. Sono evidenziati momenti ed epoche differenti: tempo di Planck, transizione di fase elettrodebole il tempo della nucleosintesi e l era attuale. E evidente il salto nell aumento di ad oggi rispetto alle fasi precedenti. Fig. 3.7 Il problema denominato del fine-tuning (o CCP, cosmological constant problem) invece consiste nel fatto che la trattazione dell energia oscura in termini di una costante cosmologica, che rappresenta nella teoria della relatività generale classica una costante di natura, un parametro libero, è che nel momento in cui si vada a considerare la densità di energia ad essa associata si trova una discrepanza di 120 ordini di grandezza tra il valore sperimentalmente osservato e quello teorico atteso, cioè risulta che essendo il valore osservato pari a mentre quello previsto dalla teoria: (3.25) dove è la massa di Planck, a questo valore si giunge pensando di rappresentare le fluttuazioni quantistiche del vuoto attraverso dei campi quantistici di cui si va a considerare la trasformata di Fourier, ogni modo ad una fissata lunghezza d onda si comporta come un oscillatore armonico con potenziale ed energia di punto zero, l energia del vuoto risulta essere l integrale su tutti i modi, ma poiché tale quantità diverge, si è introdotta un energia di cutoff, prima della quale si ignorano i modi a piccole lunghezze d onda( 29 che son quelli che portano alla divergenza, quest energia di cutoff corrisponde dunque alla scala di Planck, risulta così 29 La lunghezza di Planck 93

95 evidente il valore previsto dalla (3.25). Ci sono teorie che cercano soluzione a questo problema riducendo la differenza vista in ordini di grandezza, come la teoria della supersimmetria: i bosoni ed i fermioni di massa identica contribuiscono in maniera uguale ma con segno opposto al valore di energia del vuoto, la supersimmetria prevede che per ogni grado di libertà fermionico esiste un grado di libertà bosonico accoppiato, ma con massa differente 30, dunque la strada che apre la supersimmetria alla risoluzione del problema del fine-tuning è una combinazione opportuna di bosoni e fermioni che porti il valore atteso ad avvicinarsi a quello osservato. Questa grande discrepanza in ordini di grandezza, comunque, ha portato a chiedersi se il CCP sia stato correttamente formulato, pensando che il problema è nella definizione di un energia di punto zero; in un recente lavoro [61] è stata seguita una linea di ragionamento differente da quella illustrata per stimare e si fonda sull effetto Casimir 31. Si sottolinea che ciò che può essere davvero misurato è il cambiamento dell energia del vuoto variando il modulo geometrico e ciò è indipendente dallo spostamento che produrrebbe una qualunque definizione di energia di punto zero, quindi in un universo con spazio tempo FRW in espansione, l energia del vuoto dipende dal fattore di scala e nella fase attuale dell universo si può stabilire che che è dimensionalmente consistente con il valore osservato essendo (momento di cutoff ) dell ordine dell energia di Planck. In tale studio si assume la stabilità di uno spazio di Minkowski vuoto di materia e radiazione(il che porta ad un valore nullo per l energia del vuoto quando è costante nel tempo) e la possibilità di definire un effettivo valore da un, cioè valore che (hamiltoniana per la densità di energia) assume in un suo autostato, calcolo che richiede un cutoff nello spazio degli impulsi al valore,in linea con l usuale formulazione del CCP, e porta al valore, dove, correlato alla curvatura, è pari a nell attuale universo, ne esprime la dipendenza dal fattore di scala. Dunque la stima del contenuto di materia dell universo effettuata con differenti metodi, in primis lo studio della massa dei grandi clusters, formatisi da perturbazioni della densità dell ordine dei, pensati come indicatori della densità media di materia dell intero cosmo in virtù del loro rappresentare regioni molto ampie aveva già fatto capire che la frazione maggiore di materia dell universo è di natura non barionica, ma ha reso anche evidente che il circa del contenuto dell universo non è annoverabile come materia e deve essere trovato, essendo i dati relativi alla curvatura 32 consistenti con un universo piatto con 1 [11]. I risultati ottenuti dallo studio delle 30 Se la supersimmetria esiste, allora in natura è rotta a scale dell ordine di, nel senso che non essendo stati osservati i partners supersimmetrici dei bosoni e dei fermioni noti, allora è previsto che abbiano una massa molto più grande, non ancora apprezzata dagli strumenti in uso. 31 L effetto Casimir è spesso citato come prova dell esistenza dell energia del vuoto, si riferisce alla forza che si esercita nel vuoto tra due corpi estesi, dovuta ad un campo quantistico, prese due lastre metalliche distanti tra cui si è realizzato il vuoto la forza di Casimir è con energia del vuoto elettrodinamico tra le due lastre. 32 Dati provenienti dai primi risultati sullo studio delle anisotropie della CMB. 94

96 supernovae si sono inseriti perfettamente in questo quadro rendendo necessaria l esistenza di una forma di energia che spiegasse i dati osservativi relativi all accelerazione e fosse consistente con le previsioni teoriche tanto relativamente al contenuto di materia/energia dell universo che guida il suo moto e tanto riguardo alla formazione delle strutture. Nel modello cosmologico standard, come già ampiamente detto, il contributo dell energia oscura è espresso attraverso una costante cosmologica, simile al termine pensato da Einstein nella sua equazione relativistica di campo, ma un acceso tema di ricerca resta attualmente la domanda: se l energia del vuoto è veramente indipendente dal tempo, come una costante cosmologica, o piuttosto varia con esso. Modelli diversi per la dark energy possono portare a storie cosmiche differenti ed in particolare a diversi valori per il parametro nella sua equazione di stato, poiché la CMB vincola strettamente la densità totale dell universo ad essere vicina al valore critico, è accettabile porsi in un universo piatto e determinare insieme vincoli per la densità di materia e l equazione di stato dell energia oscura (fig3.7). Una possibilità consistente con i dati è che il parametro di stato della dark energy sia, ma ciò violerebbe la condizione di energia dominante, anche se sono stati proposti modelli a tal riguardo, che però incorrono in serie problematiche quando li si consideri in dettaglio come una teoria della fisica delle particelle. Anche il restringersi a sorgenti di materia più convenzionali, rendendo la dark energy compatibile con le particelle fisiche di cui si può dar conto si è dimostrato particolarmente difficile. Date le sfide poste da questi problemi si è ritenuto plausibile considerare la possibilità che l accelerazione cosmica non sia dovuta ad un solo fattore, ma piuttosto derivi da una nuova fisica gravitazionale. Per distinguere questa varietà di modelli per l energia oscura è importante porre vincoli usando dati osservativi come quelli provenienti dalla distanza di luminosità delle SNIa, dalla posizione dei picchi acustici nello spettro di potenza della CMB e dalle scale di oscillazioni acustiche barioniche (BAO) nello spettro di potenza della distribuzione di materia estratto dallo studio di strutture su larga scala (LSS), nonché recentemente lo studio dell evoluzione temporale del redshift cosmologico come un test per i modelli sulla dark energy (SL test) (cfr 3.6). Il considerare unitamente i dati provenienti da queste surveys fa parte del progetto DETF(Dark Energy Task Force)[73], infatti la possibilità di valutare la presenza dell energia oscura da più punti di vista permette di ridurre gli errori sistematici sui dati relativi al singolo fenomeno in esame, i quali a volte sono anche di difficile predizione di per sé, come nel caso del fenomeno di weak lensing (WL) che è entrato a far parte del progetto stesso tra le tecniche di studio dell energia oscura e che riguarda la distorsione delle immagini di background dovuta all incurvarsi del cammino della luce quando passa attraverso una galassia o un ammasso di galassie. La tecnica di WL è sensibile all energia oscura attraverso il suo effetto sulla relazione distanza di diametro angolare vs redshift ed il rate di crescita della struttura. Fondamentalmente il metodo per valutare le proprietà basilari dell energia oscura è considerare la sua equazione di stato e dunque il parametro e cercare vincoli su di essi dai dati osservativi provenienti dagli studi appena elencati. Nel modello con costante cosmologica ( CDM) all energia oscura si associa un mentre in genere negli altri modelli si assume un variabile nel tempo ed il primo obiettivo delle ricerche sulla dark energy è scoprire le deviazioni dal valore per capire se può essere identificata con una costante cosmologica o no. Le osservazioni delle supernovae hanno fornito informazioni sulla storia dell espansione cosmica per ; misure sullo spettro di potenza del fondo cosmico a microonde hanno evidenziato che la 95

97 presenza della dark energy produce spostamenti nella posizione dei picchi acustici delle anisotropie della CMB: una modifica su larga scala dello spettro attraverso il cosiddetto effetto Sachs-Wolfe integrato(cfr. 2.8) e benché i dati della CMB non siano sufficienti, da soli, a porre vincoli stretti sull energia oscura, l analisi combinata di tali dati e di quelli sulle supernovae produce forti legami nell equazione di stato tra il parametro e la frazione di energia oscura espressa tramite 33 [19]. Inoltre la distribuzione su larga scala di galassie in ammassi dà altre informazioni sulle proprietà dell energia oscura, infatti se si assume che la gravità è la prima forza che determina la distribuzione di materia su larga scala e che le galassie tracciano la massa, almeno a tali scale, allora si può confrontare il miglior fit 34 dei dati osservativi sulla distribuzione di galassie su larga scala (due importanti ricerche in corso riguardanti le strutture su larga scala sono 2dFGRS(Colless et al. 2001) e SDSS [20] ) col modello teorico ΛCDM (che interpreta l azione dell energia oscura attraverso ) e quindi con il valore atteso dei parametri cosmologici previsti in esso. Nel 2005 il rilevamento di un picco di oscillazione acustica barionica (BAO) 35 nella funzione di correlazione su larga scala da parte di Eisenstein et al. ad un redshift nell osservazione di luminose galassie rosse all interno del progetto di mappatura del cielo SDSS (Sloan Digital Sky Survey) ci ha fornito un altra prova, indipendente dalle precedenti, sull esistenza della dark energy, infatti i dati mostrano come una primordiale componente di dark energy (il cui valore è stimato essere ) può contribuire ad un incertezza sistematica nella misura delle BAOs [21], il principale effetto della componente primordiale di energia oscura sulle misure di una BAO è un cambiamento 33 Con indico il parametro di densità attuale relativo alla Dark Energy, pensata come componente generica senza identificarla con per come fatto precedentemente. 34 Attraverso le surveys su grande scala come la WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) sono stati stimati i valori di molti parametri cosmologici del nostro modello ed in particolare in riferimento all energia oscura si è valutata la sua equazione di stato stimando il suo [20]. L analisi dei dati è proceduta in questo senso: i dati raccolti sono stati inseriti insieme a quelli provenienti da osservazioni della CMB su altre scale e quelli relativi ad altri progetti di ricerca in un test di probabilità che il valore stimato per ogni parametro considerato fosse in accordo col modello teorico di riferimento, utilizzando per ogni parametro una sua funzione(unidimensionale) di probabilità, così da determinarne il valore aspettato come miglior fit compiuto sui dati osservativi del parametro stesso. Il modello è stato rappresentato da una funzione di probabilità N-dimensionale essendo N il numero di parametri presi in esame. La funzione unidimensionale relativa ad ogni parametro si è ottenuta minimizzando gli altri, e la sua espressione è dove rappresenta il generico punto nello spazio N-dimensionale e ne rappresenta la probabilità. 35 Poiché prima della ricombinazione barioni e fotoni erano fortemente accoppiati, le oscillazioni delle onde sonore hanno lasciato la loro impronta tanto nelle anisotropie di temperatura della CMB, tanto nelle perturbazioni sui barioni. La traccia della sovradensità o sottodensità del fluido barionico all ultimo scattering rimane per così dire impressa nella scala dell orizzonte sonoro al disaccoppiamento. In particolare le oscillazioni barioniche lasciano un impronta nello spettro di potenza della materia. Nel plasma di barioni e fotoni, accoppiati tramite lo scattering Compton, il contrasto tra la gravità,che tende a far aumentare la densità dei barioni, e la pressione di radiazione, che aumenta al crescere della densità, provoca delle oscillazioni nel fluido, che si propagano al pari di onde acustiche, con velocità. 96

98 dell orizzonte sonoro al tempo dell ultimo scattering che influenza la posizione dei picchi acustici, dunque un cambiamento nella scala della funzione di correlazione(cfr. 2.51). Dall analisi combinata dei dati provenienti dalle SNIa, dalla CMB, dalle BAO e dal WMAP si sono stabiliti i seguenti vincoli ad un livello di confidenza del assumendo un equazione di stato costante per l energia oscura. Questo risultato dimostra come la costante cosmologica, cui si attribuisce il valore rientri in questi vincoli, che dunque permettono di escludere dei modelli a favore di altri. Figura 3.8: Vincoli sul parametro w nell'equazione di stato dell'energia oscura, come una funzione di, assumendo un universo piatto, questi limiti derivano dagli studi sulle supernovae, sulle anisotropie della CMB, dalle misure sulla costante di Hubble, sulle strutture a grandi scale e sulla nucleosintesi primordiale Nei prossimi due capitoli parlerò dei modelli alternativi a quello con costante cosmologica per l interpretazione e la descrizione del moto accelerato di espansione dell universo, facendo riferimento agli approcci teorici seguiti e allo stato attuale dei vincoli che si possono porre ad essi da misure cosmologiche condotte in ambiti diversi poiché, come già accennato qui, la presenza di quella che viene annoverata come energia oscura è rintracciabile tanto guardando all universo attuale, tanto a quello primordiale e a tal proposito prima di chiudere questo capitolo sulle osservabili cosmologiche voglio accennare al metodo attualmente in uso per indagare la regione cosiddetta di desert redshift ( attraverso il metodo denominato test di Sandage-Loeb (SLtest). 97

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