CRISI E SVILUPPO DECLINATE AL FEMMINILE
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1 CRISI E SVILUPPO DECLINATE AL FEMMINILE Laura Senesi Bolzano, 30 gennaio 2012
2 CRISI E SVILUPPO DECLINATE AL FEMMINILE Impatto della crisi sull occupazione e sul reddito femminile. Anche stavolta, come nelle passate recessioni, si sono persi più posti di lavoro nei settori a prevalente occupazione maschile, cioè manifattura, costruzioni e trasporti. Le donne hanno contenuto le perdite, nel totale l occupazione maschile mostra una perdita molto maggiore di quella femminile: meno 1,4% dal primo trimestre 2008 al primo del 2009, contro un meno 0,2% dell occupazione femminile (meno 0,8% complessivo), soprattutto nel commercio. In tutta Europa, Italia compresa, l occupazione femminile è stata relativamente risparmiata dalla perdita di posti di lavoro nei due anni iniziali della crisi grazie soprattutto al fatto di essere concentrata nei servizi e nel settore pubblico. Ma negli ultimi mesi le misure di austerità che la stragrande maggioranza dei paesi europei hanno varato o si apprestano a varare per ridurre il debito pubblico tendono, da un lato, a ridurre il potere d acquisto delle famiglie con conseguente riduzione della domanda per beni e servizi (aumento dell Iva, della pressione fiscale, delle prestazioni sanitarie, dei trasporti, tagli o restrizioni a sussidi o servizi di cura; riduzioni delle agevolazioni agli affitti o degli assegni familiari ), dall altro finiscono per ridimensionare il settore pubblico in termini sia di occupazione che di salari (riduzioni o congelamenti di stipendio dei dipendenti pubblici, riduzione o blocco del personale nel settore pubblico, riforme delle pensioni che comportano l allungamento dell età pensionabile per uomini e donne, ) "Di sola austerità si muore". Non si esce dalla crisi senza crescita, se le imprese non tornano ad investire e a creare nuovi posti di lavoro e le famiglie a consumare. Se la prima parte della crisi ha penalizzato di più gli uomini, la coda della recessione, quella indotta dalle misure di austerità, penalizza di più le donne, sia a causa del taglio dei servizi, che per la minore occupazione nei settori dove le donne sono più presenti. L Advisory Committee on Equal Opportunities della Commissione Europea ha stilato una lista di raccomandazioni per gli Stati membri. Tre le grandi aree di intervento: revisione del sistema di sostegno al reddito per la disoccupazione, del sistema dei congedi - parentali o altro - e investimenti in infrastrutture sociali, in grado di avviare quello che è stato definito un "pink new deal", cioè un piano di azioni per lo sviluppo che preveda investimenti pubblici in infrastrutture sociali, come scuole, asili, università, assistenza agli anziani. E un investimento che genera occupazione qualificata e favorisce l occupazione delle donne, il cui contributo porta il paese a crescere in un modo che tenga maggiormente conto della qualità della vita. In questa ottica i servizi possono essere uno strumento di innovazione e di sviluppo.
3 C è una grande domanda di servizi di qualità e se aumentano i servizi aumentano le donne che vanno a lavorare fuori casa. Il termine womenomics, che nasce dalla fusione di women e economics, e si può tradurre con economia delle donne, viene utilizzato per indicare gli effetti positivi che una maggiore e migliore presenza delle donne nel mercato del lavoro sarebbe in grado di produrre sulla crescita dei consumi, degli investimenti e anche sull aumento delle nascite. Tale espressione è stata proposta per la prima volta nell agosto del 1999 da Kathy Matsui, chief strategist di Goldman Sachs, all interno di un suo rapporto sulla crisi dell economia giapponese. Nella sua rivoluzionaria tesi, lei attribuiva la principale causa della crisi alla mentalità maschilista e tradizionalista giapponese, che spingeva le imprese a non assumere personale femminile nei ruoli direttivi. Le organizzazioni, limitandosi a reclutare personale maschile nelle posizioni decisionali, da un lato si precludevano la possibilità di attingere all intero universo di competenze e talenti (con un conseguente abbassamento del livello medio del personale direttivo), dall altro contribuivano a generare una discriminazione che creava sentimenti di frustrazione nel mondo femminile e produceva una pericolosa ricaduta sul tasso di fecondità, dal momento che le giovani donne mettevano al mondo sempre meno figli e sempre più tardi, nella speranza di poter realizzare le proprie aspirazioni professionali 1. Per uscire dalla crisi, la ricercatrice proponeva la ricetta della womenomics, una serie di trasformazioni, economiche, sociali e culturali da intraprendere all interno delle imprese, anche grazie a specifiche misure e incentivi governativi a favore delle donne. L aumento e la valorizzazione delle donne nel mercato del lavoro agirebbe da volano dell economia, innestando un circolo virtuoso per l espansione del settore dei servizi: l occupazione femminile, dunque, favorisce la crescita economica e il benessere della società, oltre che la soddisfazione delle donne stesse, che vedono nel lavoro retribuito un modo per realizzare le proprie aspirazioni - grazie anche al maggior investimento formativo - e un modo fondamentale per ridurre le asimmetrie di ruoli e sostenere la parità tra i sessi anche all interno della sfera familiare, favorendo una distribuzione più equa e paritetica dei compiti domestici e di cura. Dal punto di vista economico l occupazione femminile porta sostanzialmente due vantaggi: il primo, a livello micro, riguarda l aumento del reddito della famiglia, che consente maggiori possibilità di consumo, risparmio e investimento e protegge la famiglia dal rischio di povertà e vulnerabilità di fronte a eventi imprevisti; il secondo, a livello macro, riguarda l aumento dell occupazione e del Pil del paese. Alcune stime sostengono che, per ogni cento donne che entrano nel mercato del lavoro si possono creare fino a quindici nuovi posti nel settore dei servizi 1 Ferrera M. (2008), Il fattore D. Perché il lavoro delle donne farà crescere l Italia, Mondadori, Milano
4 alla famiglia (servizi di cura e di assistenza all infanzia e agli anziani, servizi di consegna a domicilio, di ristorazione, ricreativi), servizi che hanno la particolarità di dover essere prodotti vicino a chi li consuma. Le famiglie a doppio reddito, infatti, rispetto alle famiglie monoreddito, hanno maggiori necessità di servizi e hanno le risorse economiche per poterseli permettere. L occupazione femminile è dunque un modo per uscire dal circolo vizioso, che alcuni autori chiamano la trappola dell inattività : la scarsità dei servizi è collegata alla bassa partecipazione femminile, che a sua volta è collegata alla scarsità dei servizi. Proprio questo è lo snodo centrale, dal momento che in Italia il welfare è declinato al femminile, a causa della mancanza di servizi sociali (asili nido e strutture per anziani) e dell opinione diffusa che il lavoro di cura sia una competenza femminile. Per liberare le risorse delle donne è indispensabile dunque una svolta negli investimenti a sostegno della conciliazione fra la vita lavorativa e familiare. Purtroppo l importo di 4 miliardi di euro nato dai risparmi generati dall innalzamento dell età pensionabile delle dipendenti pubbliche, che avrebbe dovuto essere investito in politiche sociali e familiari, è stato utilizzato per tappare il buco nei conti dello Stato, rimandando le sempre più necessarie e urgenti politiche di incentivazione e di sostegno all occupazione femminile, che non costituiscono un onere aggiuntivo per il sistema economico, ma un importante manovra per lo sviluppo. Ma non basta cambiare le leggi. Le cose devono cambiare anche dal basso, nell'impresa e nella famiglia. La maternità non può essere vista come un ostacolo al lavoro, deve cambiare l organizzazione del lavoro, concordando con le lavoratrici e i lavoratori orari diversi, più flessibili, con controlli che guardano al risultato e non alle ore passate in un ufficio. Le imprese, soprattutto le piccole, devono essere aiutate in questo sforzo di organizzazione che migliora la loro produttività. Di pari passo deve cambiare anche l organizzazione della famiglia: gli uomini devono farsi carico della loro parte del lavoro di cura. A dispetto di una sempre maggior uguaglianza nel mondo del lavoro e di un ingresso massiccio nel tempo sociale da parte del genere femminile, gli uomini sono entrati molto timidamente nel tempo della cura e le relazioni di genere all interno della coppia sono rimaste pressoché immutate. La divisione del lavoro di cura risulta ancora fortemente sbilanciata a svantaggio delle donne, anche quando queste hanno un occupazione retribuita. Le tendenze di mutamento in atto hanno ridefinito l ampiezza e la struttura dell unità familiare: famiglie sempre più piccole, sempre più anziane e dunque sempre più bisognose di assistenza. Soprattutto il lavoro di accudimento dei genitori anziani diventa dunque sempre più complesso ed impegnativo, perché a fronte di un aumento dei soggetti dipendenti, diminuisce il numero e la disponibilità dei caregivers all interno della cerchia familiare a favore di quelli a pagamento (soprattutto badanti straniere). La generazione degli attuali cinquantenni, la sandwich generation oggi si trova a fare da welfare per tutte le altre generazioni: genitori anziani, figli precari e nipoti senza strutture educative (asili nido e scuole materne).
5 L espressione assume un duplice significato: viene utilizzata per definire l insieme degli individui adulti che, rispetto all età e al rapporto tra le generazioni, si trova in mezzo tra la generazione dei giovani e quella degli anziani. Sono uomini e donne intorno ai 50 anni che sono contemporaneamente genitori e figli ; il termine sandwich richiama l idea di costrizione degli individui che ne fanno parte, costretti tra la cura dei figli e l assistenza agli anziani. Questa seconda accezione non è neutra rispetto al genere, dal momento che sono essenzialmente le donne a essere incastrate in questo ruolo e a vivere quindi, più spesso rispetto agli uomini, l appartenenza alla sandwich generation come una fase del ciclo di vita pesante e difficoltosa. Gli elementi che condizionano la permanenza in questa condizione di mezzo sono essenzialmente due: il ritardo nel conseguimento dell indipendenza economica e abitativa da parte dei giovani e l allungamento della vita degli anziani. In conseguenza di ciò si allunga la fase del ciclo di vita in cui si è contemporaneamente figli e genitori e, in un paese come l Italia che affida alla famiglia e, in particolare alle donne, la quota prevalente del lavoro di cura dei suoi membri più deboli e non autonomi questa situazione porta a un peggioramento delle condizioni di benessere e di salute delle donne stesse. È dunque importante puntare a cambiare i sistemi di welfare e investire nelle infrastrutture sociali: la sfida è quella di fare della crisi un occasione per cambiare i sistemi di protezione sociale e investire nell occupazione femminile. Dall autunno del 2008 i governi europei hanno varato diverse misure anticrisi. Tra esse trasferimenti finanziari individuali, programmi di assistenza a chi ha perso il lavoro, supporto diretto al settore finanziario e settori economici specifici, ma nei pacchetti anticrisi la prospettiva di genere è quasi del tutto assente. La crisi economica comporta grandi rischi sul cammino verso la parità di genere, soprattutto se usata dai governi come pretesto per ripensare le politiche per l eguaglianza o tagliare le spese in quelle politiche che aiutano le donne a stare sul mercato del lavoro. Bisogna mobilitare le energie del paese per crescere e le donne possono essere il motore fondamentale del rinnovamento politico, sociale ed economico. Alla base di questi obiettivi c è la consapevolezza e l opinione condivisa di esperti del lavoro, economisti e istituzioni che le donne rappresentino una forza lavoro indispensabile e trainante per lo sviluppo: la parità tra uomini e donne nel mercato del lavoro, oltre ad essere un diritto fondamentale, è necessaria per favorire la crescita economica e occupazionale.
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