Paolo Taroni Lorenzo Zaganelli. Appunti di Storia della pedagogia

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3 Paolo Taroni Lorenzo Zaganelli Appunti di Storia della pedagogia

4 Prima edizione in tiratura limitata e riservata: 2003 settembre Seconda edizione ampliata e corretta: 2004 settembre Copyright Paolo Taroni, Lorenzo Zaganelli Copyright per questa edizione Allori Edizioni Via S. Alberto, Ravenna info@alloriedizioni.com

5 A Carla e Angela per la loro pazienza

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7 INDICE 1. Introduzione terminologica pag La Grecia arcaica La polis greca I Sofisti e Socrate Platone Aristotele L ellenismo Cenni sull educazione nella cultura romana I principi educativi del Cristianesimo Agostino La pedagogia nel Medioevo Tommaso d Aquino La scuola nell Umanesimo e nel Rinascimento L idea pedagogica nella Riforma e nella Controriforma Comenio John Locke L educazione nell Illuminismo Jean-Jacques Rousseau La pedagogia del Romanticismo Johann Heinrich Pestalozzi Friedrich Fröbel Johann Friedrich Herbart 147

8 23. La pedagogia del Positivismo La pedagogia italiana tra XIX e XX secolo Karl Marx e Friedrich Engels Anton Siemionovic Makarenko Attivismo: scuole nuove e scuole attive Maria Montessori John Dewey Ovide Decroly Edouard Claparède Giovanni Gentile e la scuola fascista Giuseppe Lombardo Radice Psicoanalisi e pedagogia Le idee pedagogiche di Jean Piaget Vygotskij e l educazione Jerome Bruner Howard Gardner e la teoria delle intelligenze multiple 291 Bibliografia 303

9 1 Introduzione terminologica Cos è la pedagogia? La pedagogia viene definita, con una affermazione semplice ma importante, scienza dell educazione. Definire la pedagogia come una scienza significa affermare l indipendenza di questa disciplina rispetto alla filosofia e nei confronti delle altre scienze umane, identificandola al contempo come disciplina scientifica, con un suo specifico campo d indagine, dei metodi, delle possibilità sperimentali e di misurazione, delle attività i cui risultati possono essere verificati. Ma prima di giungere alla pedagogia intesa come scienza trascorreranno parecchi secoli e numerose teorie, pratiche educative nelle diverse epoche e civiltà. Il vocabolo pedagogia, in senso formale, indica la scienza e lo studio dell educazione (come disciplina); in senso sostanziale, indica l idea dell educazione (come teoria e concezione). Etimologicamente, pedagogia deriva dal greco país che significa fanciullo e ágoghè che indica l azione del condurre, del guidare: perciò vuol dire arte di guidare i fanciulli. Il pedagogo, nella polis greca era lo schiavo incaricato di condurre il figlio del suo padrone a scuola, alla palestra, ecc.; in seguito, divenne uno schiavo abbastanza colto da aiutare il fanciullo nello studio. Pedagogia, dunque, era il compito del pedagogo e, in generale, 9

10 dell educatore. In età moderna, il termine passò a indicare la riflessione sull educazione, prima all interno della filosofia (per quanto fossero i filosofi a occuparsi della riflessione sull educazione non risulta, però, corretta una identificazione di pedagogia e filosofia) e, nella seconda metà del XIX secolo, dopo il Positivismo, una teoria elaborata con metodo scientifico e coadiuvata dai risultati delle altre scienze umane. Detto in questi termini il significato di pedagogia sembra riguardare solo l infanzia e la fanciullezza, mentre sappiamo bene che lo sviluppo procede anche per la preadolescenza, l adolescenza e l età adulta, cosí come il processo educativo è legato all intera vita umana, in quella che si definisce educazione permanente. Il termine pedagogia si è piú volte fuso e con-fuso con il termine, cui è correlato, di educazione. Alla lettera, educazione è il processo di formazione della personalità individuale, attraverso l integrazione sociale e la trasmissione culturale. Le radici latine del termine (edere che significa nutrire, allevare ; educare che sta per trarre fuori ) sottolineano il legame del vocabolo con la crescita fisica e interiore, mentale e spirituale. In senso molto lato indica il processo di formazione dell uomo, inteso sia come individuo sia come gruppo. In un significato piú specifico riguarda ogni azione intenzionale e consapevole voluta dall adulto e dalla società per aiutare il bambino a crescere e svilupparsi in maniera armonica. L idea che sta dietro la parola educazione può essere analizzata seguendo un percorso diacronico, che compie un esame storico, longitudinale, oppure uno sincronico, che esamina il concetto su base antropologica compiendo una analisi trasversale. Dal punto di vista storico bisogna riconoscere che è sempre esistito un processo di comunicazione e trasmissione di valori e beni culturali. Con il termine cultura si intende l insie- 10

11 me dei fenomeni che caratterizzano una popolazione, l insieme degli usi, dei costumi, delle tradizioni, degli stili di vita, della lingua, della religione, ecc. L esame antropologico riguarda lo studio del rapporto fra gli uomini come produttori di cultura. L educazione è quindi l insieme di atteggiamenti che servono a comunicare e a trasmettere i modelli e i valori culturali cui i giovani appartengono, e non solo i giovani. Comunicare indica lo scambio di informazioni, l azione comunicativa fra gli individui. Trasmettere si riferisce all azione che la società e la collettività compiono al fine di perpetuare nel tempo i modelli culturali. Comunicazione e trasmissione sono i due modi attraverso cui le informazioni e i modelli educativi passano da un individuo a un altro e da una società ai suoi appartenenti. La diffusione, invece, è il processo di passaggio di un modello culturale da una società a un altra. L educazione è un fenomeno sempre presente nella vita dell individuo; può avvenire in maniera diretta, cioè operata dall educatore sul discente in maniera consapevole, con un contatto personale e senza mediazioni; l educazione può avvenire anche in maniera indiretta cioè tramite l influenza dell ambiente che plasma l individuo. L educazione può presentarsi sotto due forme diverse: a) intenzionale: quando è istituzionalizzata e organizzata, e una o piú persone si impegnano per perseguire un fine, essendone consapevoli. L educazione diretta è sempre intenzionale, quella indiretta può essere intenzionale, ma anche: b) non intenzionale: quando è involontaria, quando viene fornita senza scopo preciso dall ambiente sociale nel suo complesso o da gruppi associativi particolari (quelli che in sociologia vengono definiti agenzie di socializzazione ) come la famiglia, il gruppo dei pari, l ambiente di lavoro, la scuola, i mass-media, ecc. Riguarda tutto ciò che si apprende nei diversi contesti senza che ci sia una volontà precisa di comunicare e tra- 11

12 smettere queste informazioni. Anche in una struttura specificamente preposta all educazione diretta e intenzionale, come la scuola, in realtà, la stragrande maggioranza dei valori, dei modi di pensare e degli stili di vita, in una parola, della cultura, viene acquisita in maniera non intenzionale. Pedagogia come scienza dell educazione Prima di parlare di pedagogia come scienza, sarebbe utile intendere in maniera univoca il significato del termine scienza. Non esiste una definizione unica del vocabolo scienza e di ciò che si intende per scientifico. In senso lato, il termine scienza indica un complesso di proposizioni ritenute vere, riferite a un determinato oggetto, che abbiano sufficiente unitarietà e che siano giustificate in maniera razionale. In questo senso, anche la filosofia è considerata scienza. In un significato piú specifico, e piú diffuso, scienza (o meglio l insieme delle scienze) è il sapere fondato sull osservazione e sulla misurazione di fatti empirici, sull uso del metodo ipotetico-deduttivo, della possibilità di effettuare misurazioni, calcoli e di quantificare i dati raccolti, attraverso l uso della matematica (o della statistica). La pedagogia intesa come scienza o scienze dell educazione implica una presa di distanza dalla filosofia e dalle altre scienze umane (tutte nate come discipline autonome in epoca positivistica). Dire che la pedagogia è una scienza, dunque, significa definire, nella teoria educativa, un campo d indagine e un oggetto di studio, un metodo preciso, una misurazione matematico-statistica e la possibilità di effettuare sperimentazioni e verifiche dell esito dei risultati. In campo educativo, però, non si ha quasi mai un rapporto diretto fra fenomeno causa e fenomeno effetto, quindi si tratta di una scientificità di tipo diverso: non si possono fare previsio- 12

13 ni precise e perfette, stabilire ipotesi universali, ma solo relative e probabilistiche, tramite indagini statistiche. Ciò nonostante, la pedagogia è scienza per la sua necessità di analisi metodologica e fenomenologica di tutti gli elementi che concorrono a produrre un certo evento o un dato comportamento. Certamente, la pedagogia può essere definita una disciplina scientifica in quanto ha un proprio campo di indagine, è in grado di compiere osservazioni ed esperimenti, opera e risolve i problemi che le si pongono seguendo dei metodi sperimentati e effettuando attività precise e rigorose che permettono di verificare i risultati dell azione educativa. L approccio scientifico della pedagogia, però, non si accontenta di una pedagogia esteriormente scientifica, ma va direttamente alla ricerca culturale dei processi formativi e studia le condizioni per la comprensione e il controllo dei fenomeni individuati. Terminologia pedagogica A completamento del discorso introduttivo sulla pedagogia, è utile aggiungere la definizione di alcuni altri termini che spesso si incontrano nel discorso sulle idee e teorie educative. Innanzi tutto è utile chiarire i termini principali che riguardano l attività educativa e scolastica, quali didattica, istruzione, formazione, curriculum, scuola. Didattica designa il settore della pedagogia che si occupa dei metodi e delle tecniche di insegnamento, delle procedure di intervento pedagogico e degli strumenti operativi. Nelle origini etimologiche, il termine deriva dal greco didàskein, che significa insegnare, da cui didacticòs che vale per atto ad istruire e, in seguito, il latino medievale didactica ars, arte didattica, che venne assunto in maniera definitiva da Comenio nel XVII secolo con il suo Didactica magna, la Grande didattica. 13

14 L esistenza di tecniche di insegnamento e di apprendimento, e la loro applicazione metodica e razionale in attività utili all insegnamento, è però intrinseca al concetto stesso di educazione come processo culturale storicamente e socialmente condizionato dall uomo. La didattica a prescindere dai diversi significati che storicamente ha avuto è il momento operativo di una scienza dell educazione e consente di considerare o meno validi i fini e gli orientamenti teorici della pedagogia; in questo significato didattica è un aspetto che rientra all interno di ogni teoria pedagogica. Se, invece, si considera la didattica come teoria dell istruzione allora deve essere intesa come una scienza autonoma, anche se in relazione con le altre scienze umane (psicologia, pedagogia, antropologia culturale, sociologia, ecc.) Strettamente connesso al termine didattica c è quello di istruzione. Istruzione indica sia la trasmissione del sapere che il sistema istituzionale dell insegnamento. Istruzione è l azione svolta da un adulto, per lo piú l insegnante, allo scopo di trasmettere all allievo un certo insieme di nozioni. È un aspetto dell educazione che contribuisce alla formazione intellettuale e mentale dell individuo. Piú in generale l acquisizione culturale rimanda al concetto di formazione. Formazione è il processo attraverso il quale le potenzialità complessive, naturali e ideali del soggetto pervengono armonicamente a maturazione. Il termine formazione è utilizzato nel valore di superamento dei due termini troppo spesso impropriamente contrapposti di educazione e istruzione. Il termine formazione, dunque, rimanda alla dimensione esistenziale dell educazione, a tutto ciò che influisce a livello soggettivo sul modo di essere della persona, ma anche alla dimensione tecnica, consapevole e voluta dell istruzione. Spesso il termine riguarda l importante ruolo formativo che hanno diversi formatori che non siano i classici educatori o insegnanti (pro- 14

15 fessionisti, come medici, ingegneri, economisti, tecnici specializzati, ecc.), quando sono chiamati ad aiutare il giovane ad acquisire le competenze specifiche di una professione, che non potrebbero essere apprese al di fuori dell ambito lavorativo. Formazione indica, quindi, il fatto che si apprende e ci si forma anche al di fuori del luogo canonico e specifico dell istruzione, la scuola. La scuola è l istituzione preposta alla ricerca e alla trasmissione del sapere. Sorta per ovviare alla diminuita possibilità della famiglia e del gruppo sociale di trasmettere un patrimonio culturale sempre piú vasto e differenziato da una generazione all altra, la scuola si pone come luogo dell educazione intenzionale e specifica anziché spontanea e informale. All interno della scuola e nel corso della formazione di ogni individuo viene seguito un curricolo. Il termine, usato spesso nel latino curriculum, indica il complesso integrato di esperienze scolastiche che hanno lo scopo di concorrere alla complessiva formazione dello studente. Non si identifica solo con le materie di studio, ma comprende anche l intera gamma di risorse educative, e comporta la possibilità di programmazione intenzionale dell esperienza formativa in una situazione scolastica. Piú specificamente, il curricolo investe i problemi dell organizzazione delle conoscenze all interno dei singoli gradi scolastici. Il curricolo attraversa i diversi piani dell esperienza scolastica, dagli obiettivi cognitivi (le strategie dell istruzione e le teorie dell apprendimento) ai contenuti culturali (il sapere scolastico e la sua distribuzione in discipline), dalle metodologie dell apprendimento (per materie, per aree disciplinari, ecc.) alle tecniche di valutazione ( formative, sommative, in itinere, ecc.) Una impostazione curricolare razionale deve prevedere i contenuti essenziali della disciplina, le unità didattiche in cui suddividere la materia, le possibili espansioni disciplinari in collegamenti e riferimenti ad altre materie, i comportamenti 15

16 cognitivi che una materia è in grado di attivare. Un curricolo va inserito nella prospettiva della programmazione, in una strategia e in un progetto in cui si deve tener conto dell allievo (o gruppo di allievi) reale e concreto, con i suoi bisogni e interessi, si debbono definire finalità e obiettivi, stabilire attività, metodi, tempi, spazi e materiali, e predisporre una serie di verifiche. La programmazione non è un fare una volta per tutte, ma va costantemente e continuamente ripresa e risistemata alla luce dei risultati ottenuti tramite l intervento educativo. In tutto questo processo e nelle diverse teorie pedagogiche, il concetto centrale è quello di metodo. Il termine metodo, come metodologia e metodica, nell originaria etimologia greca deriva da metà, preposizione che indica movimento, proseguimento, superamento, e hodòs che significa via, mezzo, modo d agire. Metodo, dunque, vale per ricerca scientifica, processo per conseguire un fine. Il metodo, quindi, è il mezzo che ogni teoria indica come il piú idoneo al raggiungimento degli obiettivi, è l insieme dei criteri e delle norme con cui si deve compiere un determinato processo per essere efficace. In linea generale indica un modello di realizzazione dell attività di insegnamento-apprendimento. È evidente che tale concetto varia e si modifica in ogni teoria pedagogica e sulla base delle esigenze che una società, una cultura hanno e richiedono dall educazione. I metodi, come le tecniche e i mezzi utilizzati, sono sempre relativi ai contenuti culturali da trasmettere. I concetti e i termini principali della pedagogia, cui si è fatto rapido cenno, hanno quasi tutti come si è visto una loro origine nella civiltà e nella lingua greche, poiché come è noto la società occidentale prende origine e affonda le sue radici nella cultura ellenica. Per questa ragione, è utile vedere in conclusione e, a mo di apertura, all inizio della storia delle idee pedagogiche dell Occidente due termini chiave per compren- 16

17 dere il significato di educazione, e i valori da questa trasmessi, nella società greca: paideia e areté. Paideia: termine greco che significa formazione del fanciullo ; etimologicamente deriva da pâis che significa fanciullo, ed esprime l ideale educativo della cultura greca. Viene tradotto spesso con il termine educazione, ma va inteso anche nel senso di cultura: ciò che una società trasmette, in maniera diretta o indiretta, ai suoi appartenenti. Assume accezioni diverse a seconda dell epoca: nella cultura omerica corrisponde all aristocrazia d animo, alla nobiltà di azione e di mente; in epoca classica modelli di riferimento saranno quello spartano e quello ateniese, con Socrate passa a denotare la tensione al dominio pieno di sé; nell ellenismo assume un contenuto culturale specifico di appartenenza alla comunità greca. Areté in greco antico, e quindi nella filosofia antica, indicava l attitudine di ogni essere a esplicare nel migliore dei modi la sua specifica attività. Viene solitamente tradotto con virtú, ma va intesa come capacità di eccellere in qualche attività, senza nessun connotato e valore morale. Bibliografia essenziale: W. JAEGER, Paideia. La formazione dell uomo greco, 3 voll. [1936, 1944, 1945], trad. it. La Nuova Italia, Firenze 1953, 1978; R. TISATO (a cura di), Enciclopedia di pedagogia, trad. it. Feltrinelli, Milano 1974; A. VISALBERGHI, Pedagogia e scienze dell educazione, Mondadori, Milano 1978, n. ed. 1986; P. BERTOLINI (a cura di), Dizionario di pedagogia e scienze dell educazione, Zanichelli, Bologna 1996; M. CALLARI-GALLI, Antropologia per insegnare, Bruno Mondadori, Milano

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19 2 La Grecia arcaica La civiltà greca prese avvio intorno agli inizi del I millennio a.c., dopo che la penisola fu oggetto di successive invasioni di popoli provenienti dall Europa danubiana. L educazione della società ionica, fino al XI-VIII secolo a.c., seguí un organizzazione patriarcale, svolgendosi all interno della famiglia. I padri trasmettevano le conoscenze pratiche riguardanti la produzione dei beni ai figli, e le madri si occupavano dell educazione delle figlie, legata alla gestione domestica e all allevamento della prole. I modelli educativi erano fissati nel tempo, e i genitori assumevano il ruolo di insegnanti. L apprendimento delle norme sociali era affidato a incontri comunitari, come i banchetti o le feste religiose. Questo ideale pedagogico era basato su un idea del dover essere, della acquisizione cioè di un ruolo prestabilito dalla società stessa, che modellava gli individui a seconda dei gruppi di appartenenza. A partire dal XI secolo a.c., si introdussero nuovi procedimenti per la lavorazione del ferro, che resero questo metallo accessibile anche alle piccole comunità, consentendo cosí l acquisizione di una maggiore autonomia ad artigiani e contadini, 19

20 i quali videro accrescere le loro possibilità di sopravvivenza, grazie anche all uso della moneta per gli scambi commerciali. Altrettanto importante, come elemento di progresso, si rivelò la scrittura, costituita sul modello di quella diffusa in tutto il Mediterraneo dai Fenici. La maggiore facilità di scambi commerciali, derivante da questi progressi, portò alla nascita dei primi centri urbani: le poleis, che fecero crescere sempre di piú il potere di mercanti, contabili, scribi, banchieri, artigiani, facendo diminuire al contempo quello della classe aristocratica. Questa crisi dell aristocrazia, a livello educativo, trova espressione nelle opere dei poeti eroici, i quali criticarono la società moderna, proponendo una educazione basata sui valori della nobiltà, sullo sviluppo di doti innate appartenenti esclusivamente ai nobili, estranee quindi ai ceti emergenti. Questi ideali educativi furono trasmessi in primo luogo attraverso i poemi attribuiti al poeta Omero: Iliade e Odissea, i quali risalgono ad un periodo che va dalla fine dell VIII secolo (Iliade) agli inizi del VII (Odissea). Il mondo greco è rappresentato, in questi poemi, come una società aristocratica (da áristos che significa il migliore ), dominata da coloro che eccellono per la loro areté, la virtú intesa come possesso di qualità superiori. Questi antichi poemi possono essere considerati, quindi, come sintesi enciclopediche delle tradizioni di un popolo, descrivendo i criteri su cui si basava l educazione dei giovani di nobile stirpe. Furono pertanto strumento privilegiato di trasmissione della paideia e di insegnamento delle areté della Grecia arcaica. Iliade È il poema piú antico, in cui si narra la guerra degli Achei 20

21 contro la città di Troia. Lo stato di guerra descritto mette in primo piano la figura del guerriero, l eroe; i personaggi sono simboli, i quali incarnano le qualità fisiche e morali dell epoca (ad esempio ad Achille viene attribuita la forza e il valore militare; a Ettore, la dedizione alla patria e il senso dell onore, ecc.) Nell Iliade, oltre alla celebrazione degli attributi virili del guerriero, emerge un idea di areté intesa come forza fisica, coraggio, aspirazione alla gloria e all onore. Lo sfondo che viene presentato è un mosaico di scontri individuali e di episodi eroici, in cui la differente indole dei guerrieri dà comunque un immagine abbastanza omogenea. Areté, nell Iliade, è virtú di primeggiare, di eternarsi nel gesto eroico; il grado massimo di tale concetto si ha quindi nella vittoria o nella morte dell eroe onorata sul campo di battaglia. L ideale educativo che ne consegue la paideia dell Iliade consiste nell esempio di una vita condotta nella tensione verso l ideale del dover essere, dei doveri che il proprio ruolo comporta. Odissea È il poema piú recente. Ci fa conoscere l aristocratico in tempo di pace, e descrive i viaggi avventurosi di Ulisse (Odísseo). Lo sfondo è la rappresentazione della vita di corte, con le sue finezze. Acquistano importanza le figure femminili, appaiono celebrate le virtú muliebri come la bellezza, descritta con pudore, le abilità nei lavori femminili, la fedeltà coniugale, simboleggiata da Penelope che attende con pazienza il suo sposo. Un altro segno del progresso dei tempi può essere dato dal fatto che non solo i nobili, ma anche gli umili sono degni di rispetto: Ulisse viene accolto nella reggia di Itaca, sebbene indossi stracci da mendicante. 21

22 Infine, un fattore importante che caratterizza e differenzia l Iliade dall Odissea sta nel fatto che in quest ultima si hanno indicazioni precise circa l educazione di un giovane di nobile stirpe. Penelope, madre di Telemaco, è la prima educatrice di suo figlio; per completare la sua educazione Telemaco deve viaggiare, conoscere altri popoli, altri costumi. Ci appare dapprima un giovane buono, docile, ma che ancora manca di sentimenti virili; per irrobustire le sue doti morali gli si pongono due guide: Mente e Mentore. Entrambi i precettori devono prepararlo al suo nobile destino, in quanto egli sarà vendicatore, insieme col padre, delle offese arrecate alla sua casa e futuro re del paese. Narrando l epopea degli eroi sulla via del ritorno in patria, i personaggi hanno a che fare con le difficoltà della vita, dalle quali si può uscire solo con il coraggio e l astuzia. Pertanto, le areté trasmesse dall Odissea sono appunto il coraggio e l astuzia, unite all intelligenza e alla curiosità, al desiderio di ricerca, di scoprire sempre nuovi posti e compiere nuove esperienze, e non solo la forza fisica e l uso delle armi. Bibliografia essenziale: W. JAEGER, Paideia. La formazione dell uomo greco, vol. 1, trad. it. La Nuova Italia, Firenze 1953, 1978; B. SNELL, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, trad. it. Einaudi, Torino

23 3 La pólis greca La pólis (la città-stato) viene definita come l istituzione politica caratteristica della Grecia, dove però non si giunse mai a uno stato unitario. Le singole città, infatti, mantennero sempre la loro autonomia, su di un piano culturale, sociale, politico, giuridico, religioso, anche a causa della posizione geografica del territorio greco, con catene montuose differentemente orientate che creavano regioni distinte con confini limitati. Nell età arcaica, la pólis greca introduce quello che oggi chiamiamo res publica, ossia la partecipazione alla gestione della cosa pubblica di un numero sempre maggiore di individui. Le due póleis piú importanti della Grecia furono: Sparta e Atene. Educazione a Sparta Sparta è una città che vive di agricoltura, collocata lontano dal mare, chiusa in se stessa, e divisa rigidamente in classi: i cittadini, perieci, e gli iloti, gruppi subalterni. La legislazione spartana, scritta dal mitico re Licurgo, assegna il potere politico ai primi, che governano attraverso una assemblea di 28 membri e 2 re, eletti con diritto ereditario. Il momento di mas- 23

24 simo splendore di Sparta è nel VII-VI secolo a.c., di poco posteriore all epoca dei poemi omerici. Da questi, la società spartana prende il principio dell areté eroica, che in questo contesto, però, non designa piú solo la vitalità, il coraggio, la forza fisica, ma assume contenuto e significato sociali. L atto eroico, adesso, ha lo scopo di potenziare e difendere la patria, anziché perseguire la gloria individuale. È l etica del membro di un organismo militare, di soldati coinvolti in un azione e in un destino comune. Dopo il VI secolo a.c., la società spartana subisce una involuzione culturale, che la condurrà verso un progressivo declino. Una delle cause di questa involuzione è la situazione creatasi dopo la conquista della Messenia, che porta l esercito spartano ad una situazione di guerra permanente con la popolazione locale. Si rende necessaria l adozione di una nuova tecnica militare, lo schieramento oplita, che richiede professionisti militari estremamente addestrati, solidali fra loro fino a diventare una vera e propria casta chiusa. Vengono cosí a negarsi del tutto i valori individuali della società omerica: l individuo subisce una totale spersonalizzazione, per essere sacrificato alla conservazione del potere politico da parte della classe dirigente. Il sistema educativo spartano è organizzato in modo da perseguire questi scopi politici. Il bambino, alla nascita, viene portato in un luogo detto tesche, e giudicato da una commissione di anziani; nel caso risulti troppo debole, gracile, o malformato, è gettato in una voragine del monte Taigeto, detta Apotete. Dopo la prima educazione in famiglia, dai sette anni in poi, lo Stato si impossessa del fanciullo fino ai 20 anni di età, educandolo all interno di comunità istituzionalizzate. La musica e la ginnastica, insegnate in famiglia, lasciano il posto alla marcia militare e alla ginnastica volta all indurimento del corpo. I 24

25 ragazzi sono sottoposti al governo degli irèni, allievi piú grandi che svolgono il ruolo di superiori. Dopo i 20 anni ogni giovane è affidato a un anziano, che ne completa l educazione. Nell epoca del declino spartano, si giunge a esaltare il furto, la scaltrezza, la dissimulazione e la menzogna, e l esercitazione militare arriva a prevedere anche spedizioni omicide contro gli iloti. L educazione intellettuale prevede, oltre a leggere e scrivere, l insegnamento (a memoria) dei poemi omerici. A causa di questa limitata educazione intellettuale, Sparta non diede contributi essenziali alla cultura greca. Caratteristica dell oratoria spartana fu il discorso breve e conciso, tanto che ancora oggi si definisce laconico (poiché Sparta era situata nell entroterra della Laconia, il Lácone, o Lacedemone, era lo spartano) quello stile che si esprime in poche parole. Anche le donne erano addestrate militarmente, e godevano di molti diritti. Non potevano scegliere lo sposo, ma avevano il diritto di unirsi ad altri uomini dopo il matrimonio, per procreare figli sani e robusti per la comunità. Educazione ad Atene Differente è il discorso per Atene, innanzi tutto perché, essendo situata sul mare, all economia agricola si accosta, nel corso dell VIII - VII secolo a.c., un economia basata sul commercio, che si sviluppa sulle rotte aperte dai Fenici. Per conoscere i fondamenti dell educazione ateniese è necessario rifarsi ad un poeta famoso: Solone, che nel 594 a.c. era alla guida della città. Egli diede alla polis una costituzione democratica, liberò i contadini, istituí il tribunale del popolo e creò il Consiglio dei Quattrocento. L areté eroica diventa civile, assumendo il significato di vivere equilibrato. Il prevalere dell aspetto civile su quello militare della vita della polis fa sí che l educazione del cittadino comprenda: l alfabetizzazione 25

26 culturale, la quale rende possibile a tutti la partecipazione ai lavori dell agorà (nell antica Grecia era la piazza, centro d incontro e di attività economiche, politiche e giuridiche), un organo deliberativo, e rende possibile il sorteggio dei membri della boulé (l assemblea ), un organo esecutivo; l accostamento ai poemi della tradizione; l insegnamento della musica e della ginnastica, la quale assume carattere sportivo e trasforma la vecchia educazione aristocratica in una pratica formativa piú accessibile a tutti (ricordiamo l importanza delle Olimpiadi e la fama che gli atleti vittoriosi conquistavano in tutta la Grecia). Una delle migliori sintesi del percorso istituzionale dell educazione in Atene è forse quella offerta da Platone: «dopo la prima educazione impartita dalla famiglia, i genitori mandano il fanciullo da un maestro. Dopo che il fanciullo ha imparato a leggere e a scrivere, vengono posti sui banchi di scuola alcuni poemi di buoni poeti. Al fanciullo viene insegnato a suonare la cetra e viene insegnata la ginnastica. Quando hanno cessato di andare a scuola, la città fa loro imparare le leggi». Platone sottolinea in questo passo dei suoi Dialoghi l aspetto formativo e quindi propriamente pedagogico della formazione. Figura principale dell educazione ateniese è il maestro, e successivamente l intera città; i luoghi privilegiati per l educazione sono il campo di battaglia, ma anche l agorà, la boulé, il teatro Tali luoghi educativi concorrono all organizzazione del consenso ideologico, cioè alla omogeneizzazione culturale dei cittadini sulla base di una serie di valori comuni: la responsabilità individuale, il legame vita individuale-classe socialepolis, i sentimenti della libertà e della solidarietà. A 18 anni il giovane diventava efèbo, ed entrava a far parte della cittadinanza. L efebía durava due anni, durante i quali si svolgeva la preparazione militare. A 20 anni la formazione era compiuta ed egli diventava membro della pólis. 26

27 Nonostante l alto livello di formazione culturale e di democrazia espresso dalla società ateniese, l educazione era comunque riservata a una classe privilegiata: i cittadini aventi pieno diritto alla vita istituzionale della polis erano non piú del 5% della popolazione effettiva, in quanto i meteci (non originari di Atene), gli schiavi, gli schiavi liberati e i debitori non erano considerati cittadini. Per costoro, la formazione era limitata all apprendimento di un mestiere, e si trasmetteva per via ereditaria. A partire dal V secolo a.c., comunque, anche al popolo e alla piccola borghesia fu concesso di accedere all istruzione primaria. Tra gli esclusi rientravano le donne, la cui formazione prevedeva unicamente la gestione della casa e l allevamento dei figli. Bibliografia essenziale: W. JAEGER, Paideia. La formazione dell uomo greco, vol. 1, trad. it. La Nuova Italia, Firenze 1953, 1978; B. SNELL, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, trad. it. Einaudi, Torino

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29 4 I Sofisti e Socrate L apertura sociale realizzatasi ad Atene a partire dal V secolo rende necessario un modello educativo nuovo, che consenta alla classe aristocratica di mantenere i privilegi che va progressivamente perdendo. La classe emergente, che potremmo definire borghesia, d altra parte cerca di acquisire prestigio e potere comprando quella cultura alla quale non aveva potuto accedere. Si diffonde in questa situazione la figura del sofista, specialista che insegna la propria arte a pagamento, dimostrando che anche le conoscenze piú elevate possono essere insegnate a tutti. L ideale pedagogico dei sofisti si fonda sulla convinzione che l educazione non sia un processo naturale, ma debba essere guidata da un esperto, in un ambiente che favorisca la crescita e lo sviluppo dell allievo. Il sofista è un esperto di tecniche, che trasmette un sapere non astratto, teorico, ma utile all affermazione sociale, al successo nella vita pubblica. Non si cerca una verità astratta, assoluta, al di là dell uomo; al contrario, l unica verità è quella stabilita dall uomo stesso. Questo è il significato della celebre frase di Protagora: l uomo è misura di tutte le cose. La tecnica (in greco, techné) piú utile al fine di ottenere l affermazione sociale desiderata, alla luce di questi presupposti, si 29

30 rivela essere quella retorica e oratoria, che permette di tenere discorsi persuasivi, in modo da convincere gli altri delle proprie ragioni. La tecnica sofistica può essere suddivisa in tre parti: la grammatica (la conoscenza della lingua); la retorica (arte del discorso convincente); la dialettica (arte di confrontare due tesi contrapposte, facendole risultare vere o false a seconda della convenienza). Queste tre discipline costituiranno la base per la futura organizzazione degli studi umanistici. Tra i sofisti piú famosi, vi furono Protagora ( a.c., date incerte) e Gorgia ( a.c., date incerte). Il termine sofista (superlativo di sophós, per intendere una sapienza non comune, superiore) acquisí ben presto un connotato spregiativo, per indicare chi faceva uso di ragionamenti artificiosi, di retorici giochi di parole al fine di ottenere ragione anche con l inganno. I sofisti vennero accusati di spregiudicatezza morale e di scarsa serietà scientifica, poiché miravano solo al successo verbale, senza nessun interesse per la ricerca della verità. Con i sofisti la filosofia operò in stretto contatto con la vita della pólis greca, affrontando principalmente problemi umani, del mondo sociale, civile e politico, al fine di trasmettere una istruzione e una educazione (paidêia), che insegnasse una virtú (areté) intesa come capacità retorico-dialettica di affermarsi con l uso delle parole. Con Protagora di Abdera e Gorgia di Lentini si affermarono delle visioni del mondo antropocentriche e relativiste. Protagora, che esercitò con successo l attività didattica ad Atene e subí un processo per empietà, dal quale si salvò fuggendo, sostenne che l uomo è la misura (métron) di ogni cosa, per cui non esiste una verità assoluta, ma solo tante verità relative valide per ogni singolo individuo. Di ogni oggetto si può sostenere un ragionamento e il suo contrario, pertanto la verità è solo soggettiva; di conseguenza, ciò che è meglio e ciò che è peggio 30

31 sono tali sempre in rapporto all utile pratico dell uomo che vive nella società. Per questo è possibile insegnare una virtú politica a tutti i cittadini, perché ognuno ha il diritto di far valere i suoi diritti di fronte all assemblea. Gorgia, che sembra abbia vissuto piú di cento anni e che per dimostrare la sua abilità dialettica, pare si divertisse a sfidare la folla parlando senza preparazione di qualsiasi argomento, sostenne tre tesi: nulla esiste, cioè non esiste una verità; se anche esistesse, non sarebbe conoscibile ; se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile, perché il linguaggio è un prodotto umano. Come si vede, con Gorgia il problema della realtà si legò strettamente a quelli della conoscenza e del linguaggio. Pertanto, se non esiste una verità oggettiva, il pensiero e il linguaggio sono indipendenti dalla realtà; per cui non si potrà insegnare una virtú universale, ma solo delle capacità, come la persuasione, la retorica, l arte di costruire discorsi eleganti e persuasivi. Il personaggio che segnò un passaggio netto nel modo di far filosofia ad Atene e poi, in generale, in tutto l Occidente, è Socrate (470/ a.c.) che, benché fosse accusato di essere un sofista, dai sofisti si distaccò enormemente, per il suo metodo e per la sua levatura morale. Nato nel 469 a.c., ad Atene, città amata dalla quale volle allontanarsi il meno possibile, figlio di uno scultore, Sofronisco, e di una levatrice, Fenarete, sposato con una donna di nome Santippe (ricordata scherzosamente come la moglie bisbetica), d aspetto piccolo e tozzo (la sgradevole figura esterna fece da contrasto con la straordinaria bellezza interiore), visse in povertà, perché rifiutò sempre di essere retribuito per la sua opera, in quanto continuava a sostenere di sapere solo una cosa: saper di non sapere. 31

32 Pertanto, non poteva insegnare nulla; ciò nonostante trascorse buona parte del suo tempo a parlare con tutti i cittadini della pólis per stimolare tutti a riflettere sulla loro presunta sapienza, chiedersi, con spirito critico, il «che cos è» delle cose e cercare la verità e il bene. Rimase coerente con le sue convinzioni fino alla morte; quando la città di Atene lo processò per le accuse (false e basate su indizi irrilevanti) di corrompere i giovani e di non credere negli dèi della tradizione, si difese senza umiliarsi, proponendo provocatoriamente di essere mantenuto a spese dello stato in quanto benefattore della città, accettò la condanna a morte, rifiutando le successive offerte di fuggire per aver salva la vita e, dopo un mese di prigionia, bevve con imperturbabile dignità la cicuta che lo uccise nel 399 a.c. Socrate non lasciò nulla di scritto; pertanto, ci si deve rifare a testimonianze dirette e indirette, le piú importanti delle quali sono quelle dell allievo Platone, che però inizialmente tese a esaltare il maestro e, successivamente, utilizzò molto spesso nei suoi Dialoghi la figura di Socrate per esporre sue teorie; si debbono ricordare anche le testimonianze di Senofonte, che ebbe il limite di essere un letterato e di ridurre Socrate a un semplice saggio; del commediografo Aristofane, che cercò di ridicolizzare il filosofo ponendolo come modello dei peggiori sofisti; di Aristotele, che però aveva l abitudine di reinterpretare i filosofi di cui parlava e che, inoltre, nacque quasi vent anni dopo la morte di Socrate; e dei «socratici minori», discepoli di Socrate che interpretarono in maniera diversa da Platone le parole del maestro, ma dei quali si hanno scarse informazioni. Si deve, quindi, desumere da tutta questa massa di informazioni ciò che sicuramente o probabilmente è il pensiero di Socrate, eliminando tutto ciò che è falso, nella consapevolezza che non si potranno mai delineare con certezza tutte le sfumature del pensiero del filosofo ateniese. 32

33 Per Socrate, il filosofo e, in generale, l uomo devono cercare la verità e il bene. Socrate affermava, contro i sofisti, che la verità esiste e bisogna ricercarla, anche se egli affermava sempre di non possederla: è celebre la sua affermazione, «so di non sapere»; e quando, al riguardo, lo informano che l oracolo di Delfi, alla domanda su chi fosse il piú sapiente della Grecia, aveva risposto: «Socrate», il filosofo spiegò che allora visto che l oracolo non può sbagliare si deve considerare sapiente colui che riconosce che la sua sapienza umana, in verità, non ha nessun valore. In questo ragionamento è implicita la condanna contro tutti coloro che si arrogavano il diritto di essere sapienti in qualcosa e si attaccavano ai propri pregiudizi. Attraverso un metodo basato su un dialogo serrato fatto di rapide domande e risposte, Socrate intende svergognare questi falsi sapienti. Il primo momento del procedimento socratico è l ironia: Socrate si rivolge ai sapienti manifestando deferenza, professando una profonda ignoranza e chiede di essere da loro istruito, ponendo domande precise. Queste persone, lusingate, per dimostrare la loro sapienza, rispondono e seguono il ragionamento di Socrate che, dopo altre lodi ironiche, inizia a insinuare qualche piccola obiezione; è questo il momento della confutazione: dopo una lunga serie di assensi, apparentemente ovvi e innocui, i cosiddetti sapienti si trovano a contraddire quanto avevano in principio sostenuto dimostrando, in realtà, di essere solo dei falsi sapienti. Dopo questa fase distruttiva, inizia la pars costruens con la domanda «che cos è?» una determinata cosa, generalmente riguardo problematiche morali (per esempio, la virtú, il bene, la giustizia). Attraverso il che cos è?, Socrate intende definire concetti universali, conoscenze valide per il maggior numero possibile di persone. A questo punto l opera di Socrate procede con la sua attività piú importante: la maieutica (ossia il mestie- 33

34 re di sua madre, l ostetricia, l arte della levatrice) riferita non ai bambini, ma alle idee degli individui con i quali dialogava. Se Socrate afferma di non sapere nulla, possiede però un metodo dialettico per aiutare a far venire alla luce le idee, i discorsi, le conoscenze degli uomini. Per questo Socrate continua a interrogare tutti coloro con i quali entra in contatto, alla continua ricerca della verità, sapendo che non sempre i ragionamenti porteranno a conclusioni e che non si possono insegnare conoscenze specifiche, ma solo un metodo di ragionamento. Socrate, dunque, non insegnò dei contenuti o una techné, ma attraverso il dialogo e la maieutica insegnava agli interlocutori a riflettere, ragionare e a partorire le proprie idee. Chiedendosi che cos è l uomo, Socrate mette in pratica il famoso motto dell oracolo di Delfi, «Conosci te stesso»: questo lavoro di conoscenza interiore porta a dimostrare che l uomo non è solo materia che sente stimoli e prova bisogni da soddisfare, ma possiede qualcosa in piú: l anima (in greco psyché), che oltre ad animare i corpi, è la sede della coscienza e del pensiero. È proprio nell anima che l uomo deve indagare alla ricerca della conoscenza dell uomo e del bene, per armonizzare l esteriorità con l interiorità. L uomo non deve mirare a quelle virtú (areté) esteriori che erano tanto agognate dalla cultura e dall educazione (paideia) tradizionali (come la forza, il potere, la prosperità), ma deve aspirare alla libertà, che consiste nel corretto agire morale che porta a fare il bene. Fare il bene significa essere felici, e presuppone la conoscenza del bene stesso. Colui che conosce il bene non potrà non farlo; infatti, il male è un errore, chi fa il male si sbaglia, non conosce il bene; è per questo che Socrate ritiene che la vita sia una continua ricerca della verità e del bene: come afferma nell Apologia che «una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta». 34

35 Bibliografia essenziale: PLATONE, Apologia di Socrate, trad. it. Laterza, Roma-Bari 1966; SENOFONTE, Apologia di Socrate, trad. it. in Socrate. Tutte le testimonianze, Laterza, Roma-Bari 1986; SENOFONTE, Memorabili, trad. it. Rizzoli, Milano Letteratura critica: F. ADORNO, Introduzione a Socrate, Laterza, Roma-Bari 1973; G. REALE, Socrate, Rizzoli, Milano

36

37 5 Platone La morte di Socrate, avvenuta nel 399 a.c., segnò il momento ultimo di una crisi culturale e politica che decretò in Atene una frattura nel rapporto fra intellettuale e società, il quale si sposta adesso dal piano della concreta esperienza socio-politica della vita comunitaria a quello del puro pensiero. L intellettuale trasferisce la propria riflessione sulla ricerca delle condizioni di possibilità di una rigenerazione dello Stato e dell esistenza individuale e collettiva. La situazione storico-politica ateniese vide la città sconfitta dalla guerra del Peloponneso contro Sparta, e governata da una democrazia appena nata (dopo i governi oligarchici instaurati da Sparta), estremamente insicura, conservatrice, chiusa e difesa entro i confini dei valori tradizionali. Platone ( a.c.) nacque ad Atene, da famiglia di nobili. Decisivo fu l incontro con Socrate (avvenuto circa nel 408 a.c.), che lo introdusse al centro del dibattito culturale in Atene fra retorica e logica, politica ed etica. Pare che Platone, dopo la morte di Socrate, avesse viaggiato per qualche tempo; storicamente documentati furono i viaggi effettuati a Siracusa, dove strinse amicizia con Dione (cognato del tiranno di Siracusa). Progettò di fare di Siracusa un labora- 37

38 torio sperimentale del suo Stato ideale, ma non riuscí mai in questa impresa. Nel 387 a.c. decise di istituire una scuola filosofica propria, l Accademia. Abbandonato definitivamente il sogno di realizzare lo stato ideale nella città siciliana, si stabilí definitivamente ad Atene, e si occupò dell Accademia fino alla morte, che lo colse nel 348 a.c. Platone è il primo filosofo della storia di cui si possiedano pressoché tutte le opere, esposte in forma elegante e coerente. Le sue opere (prevalentemente Dialoghi, cioè conversazioni fatte di domande e risposte, nei quali Socrate è spesso presente come personaggio principale), sono divise in nove tetralogie (cioè, gruppi di quattro), seppure alcune di dubbia autenticità, e divisibili cronologicamente dopo notevoli studi stilistici e contenutistici, tutt ora aperti in dialoghi giovanili o del gruppo socratico (Apologia, Eutifrone, Critone, Carmide, Lachete, Ione, Protagora, Eutidemo, Repubblica libro I, Gorgia), dialoghi della maturità o del gruppo ideale (Cratilo, Menone, Convito, Fedone, Repubblica libri II-X, Fedro) dialoghi della vecchiaia o dialettici (Parmenide, Teeteto, Sofista, Politico, Filebo) e opere pitagorizzanti (Timeo, Crizia, Leggi). Se il dialogo come strumento è parte integrante del metodo platonico, non minore importanza ha l uso del mito, un tipo di linguaggio diverso dalla quello della tradizione, e che ha il cómpito filosofico di aiutare e spiegare il lavoro del lógos, stimolando l immaginazione dell ascoltatore. I miti sono narrazioni fantastiche utilizzate per spiegare in maniera semplice e intuitiva complesse teorie filosofiche. L analisi filosofica di Platone comincia con l accusa alla democrazia della pólis ateniese di essersi macchiata dell intollerabile colpa di aver condannato a morte Socrate. Per questo Platone scaglia la sua pesante critica, attraverso il personaggio- Socrate ai sacerdoti che elaboravano una ritualistica e una reli- 38

39 gione superficiali e formali, ai poeti, falsi educatori e ai sofisti, che pretendono di insegnare la virtú, senza però conoscere la morale, la giustizia e nemmeno il bello e il bene, ritenuto vero fine e significato della realtà, ciò verso cui essa è orientata. Bisogna pertanto educare alla virtú, alla felicità, al bene. Se Platone procede dal suo maestro, intende anche superarlo, per trovare una risposta a cos è il bene, il giusto, il bello: individuare, in sostanza, l esistenza di una realtà indubitabile, certa e sicura. La sua dottrina divide la realtà in due dimensioni completamente diverse e separate (per quanto in rapporto fra loro): una è quella del mondo materiale, concreto, continuamente mutevole e in divenire, l altra è quella del mondo ideale, il mondo delle Idee, o dell iperuranio, un mondo al di là delle cose fisiche, eterno, immodificabile, immateriale, non sensibile. Le idee indicano le caratteristiche generali, universali delle cose concrete. Tutte le cose concrete (per esempio un cane) sono le copie, imitazioni ( imitazione, in greco, si dice mímesis) delle idee, di cui condividono gli aspetti universali (il cane in sé, l idea del cane di cui tutti i cani particolari partecipano: la caninità). L idea universale è una realtà inintelligibile, che può essere còlta solo tramite il pensiero. L idea è la vera realtà superiore, la forma, il modello, l archetipo perfetto. Sia tutta la realtà concreta, sia quella astratta, cosí come tutte le azioni, partecipano (partecipazione, in greco, méthexis) delle idee universali (per esempio, un azione giusta partecipa dell idea di giustizia). Le idee esistono in un mondo ultraterreno, sovrasensibile, l iperuranio, nel quale esse sono organizzate in maniera gerarchica, con in cima (come la punta di una piramide) l idea che comprende, unifica tutte le altre, l idea del bene. Essendoci due mondi, quello terreno (la copia) e quello delle Idee (vero), gnoseologicamente, vi sono anche due modi diffe- 39

40 renti di conoscere (l opinione la dóxa e la conoscenza vera, la sapienza la sophía) e due differenti valori, per cui il mondo delle idee è il solo vero, bello e buono. Per approfondire ed esemplificare la teoria della conoscenza, Platone, nella Repubblica, utilizzò il celebre mito della caverna : si deve immaginare una caverna dove sono seduti, con le spalle rivolte all ingresso, incatenati e immobili, degli uomini, che possono guardare solo il fondo della caverna; fuori c è un muro oltre il quale camminano delle persone che sorreggono delle sagome; dietro di loro c è un fuoco che illumina e proietta sulla parete della caverna delle ombre; per i prigionieri le ombre sono tutta la realtà; se qualcuno potesse liberarsi e uscire, in un primo momento rimarrebbe abbagliato dalla luce esterna, e, sconcertato, vorrebbe tornare indietro, poi scoprirebbe la vera realtà; gli uomini sono come quei prigionieri che scambiano le ombre (la realtà fenomenica) per la realtà vera (illuminata dall idea del bene); il filosofo è come chi si è liberato dalle catene della sensibilità e attraverso l intelligibilità scopre la vera realtà ideale e, dopo un primo momento di smarrimento, non vuol piú tornare indietro e capisce di avere il cómpito morale di liberare tutti gli uomini. L uomo, per conoscere il vero, il bene, le idee, non deve costruire una verità che non esisteva prima, ma deve semplicemente ricordarsi, svelare una realtà già esistente, che è nascosta, ma posseduta da ogni uomo. Le idee, cioè, preesistono, non nella realtà sensibile, ma in un altra dimensione (il mondo delle Idee), nella quale l anima dell uomo le ha potute conoscere prima di nascere e le ha dimenticate nel momento in cui è venuto al mondo; cosicché l uomo non deve fare altro che ricordare ciò che si è imparato prima di nascere. Allora l esperienza sensibile (anche se è di valore inferiore a quella intelligibile delle idee, non è però totalmente senza valore) ha il compito di stimolare il ricordo (vedendo le cose concrete, compiendo azioni, 40

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