La piaga del XXI secolo: biologia, diagnosi e terapie dell'hiv - L...

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1 lavocedelgattopardo.com La piaga del XXI secolo: biologia, diagnosi e terapie dell'hiv - La Voce del Gattopardo Diffusione del virus HIV nel mondo (Figura 1) Secondo lʼorganizzazione Mondiale della Sanità (OMS), alla fine del 2015 sono circa 36,7 milioni le persone che hanno contratto lʼhiv (Human Immunodeficiency Virus, trad: Virus dellʼimmunodeficienza Umana) e di queste, quasi il 70% vive nelle regioni dellʼafrica Subsahariana (Figura 1). In Italia, sempre nel 2015, sono state diagnosticate nuove infezioni da HIV, ovvero 5,7 nuovi casi ogni centomila abitanti, cosicché tra i Paesi dellʼunione Europea, il nostro si colloca al 13 posto in termini di incidenza di nuove diagnosi. LʼHIV si può trasmettere per via sessuale, per via ematica (trasfusioni con sangue infetto o uso di aghi non sterili) e per via verticale, cioè madre-figlio, durante la gravidanza, il parto e anche 1 di 8 13/07/

2 durante lʼallattamento. In assenza di specifici trattamenti lʼinfezione da HIV porta, in circa dieci anni, alla comparsa dellʼaids (Acquired Immune Deficiency Syndrome, trad: Sindrome da Immunodeficienza Acquisita), che ha causato poco più di un milione di morti alla fine del 2015, come riportano i dati dellʼoms. Come si può facilmente dedurre dallʼacronimo, questa sindrome è caratterizzata da un progressivo indebolimento del sistema immunitario perciò le persone affette da AIDS diventano molto suscettibili alle infezioni e anche quella più banale può portare alla morte. Struttura del retrovirus HIV (Figura 2) LʼHIV è un retrovirus cioè un virus il cui patrimonio genetico è fatto da RNA e non DNA come lo è ad esempio quello delle nostre cellule. In particolare, il patrimonio genetico dellʼhiv è costituito da due copie di RNA a singolo filamento e contiene nove geni, tra cui gag pol env, che si riscontrano in tutti i retrovirus poiché consentono loro di replicarsi (Figura 2). LʼHIV si replica dentro le cellule che sulla loro superficie possiedono una proteina chiamata CD4, come quelle sistema immunitario (linfociti T helper, macrofagi e cellule dendritiche). Il virus, infatti, grazie alla sua 2 di 8 13/07/

3 glicoproteina superficiale gp120 riconosce la proteina CD4 sulla cellula dellʼospite e avviene un processo di aggancio che coinvolge anche altre proteine (Figura 3). Ingresso dellʼhiv nella cellula (Figura 3) Allʼaggancio, segue lʼingresso nella cellula che sarà sfruttata dal virus per replicarsi ed è qui che entrano in gioco i tre geni citati prima: gag consente la produzione di proteine strutturali del virus come quelle del capside e della matrice, ed env, invece, consente al virus di produrre le due glicoproteine dellʼenvelope (lʼinvolucro esterno del virus) cioè la già citata gp120 e la gp41. Infine, il gene pol codifica per tre enzimi fondamentali: una trascrittasi inversa che trascrive il genoma dellʼhiv in modo da ottenerne una copia fatta però di DNA; unʼintegrasi che consente a questa copia di DNA di integrarsi dentro il patrimonio genetico della cellula ospite, cosicché possono essere prodotte le proteine per assemblare diverse copie del virus; una proteasi coinvolta nella produzione delle proteine virali che inizialmente sono sintetizzate come proteine più grandi che vengono poi spezzettate in proteine più piccole (Figura 4). 3 di 8 13/07/

4 Il virus HIV attacca la cellula, replicandosi (Figura 4) Perché ci siamo addentrati in questi discorsi che ai non esperti possono sembrare piuttosto complicati? Per comprendere meglio le terapie attuali contro lʼinfezione da HIV: esse hanno lo scopo di impedire la replicazione del virus, senza consentirne però lʼeliminazione. In poche parole, con lʼhiv oggi ci si può convivere, più che in passato, e mai, come in questo caso, vale il famoso detto «prevenire è meglio che curare». Lʼapproccio farmacologico attuale si basa sullʼuso di farmaci anti-retrovirali che funzionano inibendo gli enzimi citati sopra, in modo tale che il virus non possa replicarsi, oppure inibendo il processo attraverso il quale il virus riconosce le cellule da infettare e vi entra dentro. È facile dedurre quindi lʼimportanza della diagnosi precoce, in modo da iniziare quanto prima le terapie antiretrovirali, la cui disponibilità è purtroppo limitata principalmente ai Paesi più sviluppati e questo spiega come mai lʼaids sia una piaga soprattutto del Continente africano. Quali sono gli esami attualmente disponibile per diagnosticare lʼinfezione da HIV? Da poco meno di un anno è possibile acquistare in farmacia e senza la ricetta del medico, un test per lʼauto-diagnosi dellʼinfezione da HIV che è in grado di rilevare la presenza di anticorpi contro questo virus partendo da una goccia di 4 di 8 13/07/

5 sangue prelevata dal polpastrello. Questo esame è facile da fare, ma bisogna considerare un periodo finestra di circa tre mesi dal momento del presunto contagio, perché gli anticorpi non vengono prodotti immediatamente dopo il contagio: eseguendo lʼesame senza considerare il periodo finestra si rischia di ottenere un falso negativo, quindi si risulta negativi al test pur essendo in realtà positivi. Inoltre, unʼeventuale positività del test deve essere confermata da test di laboratorio. Questʼultimi comprendono: Test E.L.I.S.A. (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay) per valutare la presenza di anticorpi anti HIV nel siero del paziente. Anche in questo caso bisogna considerare un periodo finestra di circa un mese, quindi se tale esame viene effettuato dopo pochi giorni da un rapporto sessuale a rischio, un eventuale contagio non potrà essere rilevato. Di solito si procede con un test E.L.I.S.A., trascorso un mese dal comportamento a rischio, e si ripete lʼesame trascorsi altri due mesi. La positività del test viene confermato da un ulteriore esame che prende il nome di western blot. NAT (Nucleic Acid-based Test): è un esame piuttosto costoso che permette di individuare nel sangue del paziente la presenza di materiale genetico del virus stesso e ciò consente di ridurre il periodo finestra a circa dieci giorni. Per effettuarlo si usa una metodica chiamata PCR (polymerase chain reaction) che permette di amplificare il genoma dellʼhiv eventualmente presente nel campione, in modo da rendere misurabili anche quantità molto 5 di 8 13/07/

6 piccole di RNA virale. La positività di questo test viene ulteriormente confermata dal test E.L.I.S.A. a circa tre mesi dallʼevento a rischio. Test dellʼantigene p24: consente di scovare la presenza di p24, la proteina del capside del virus. Per questo esame bisogna considerare un periodo finestra di circa due settimane e inoltre è specifico solo per HIV-1. Esistono, infatti, due ceppi del virus: HIV-1 (più virulento e diffuso in tutto il mondo) e HIV-2 (meno virulento e diffuso principalmente in Africa Occidentale). Anche in questo caso, la positività deve essere confermata dal test E.L.I.S.A. a circa tre mesi dallʼevento a rischio. Attualmente, nei laboratori dʼanalisi, si è soliti effettuare dei test combinati (test di quarta generazione) per avere risultati più affidabili: «HIV Ab p24», ovvero test E.L.I.S.A. e test dellʼantigene p24 insieme. Una volta diagnosticata lʼinfezione HIV occorre iniziare la terapia anti-retrovirale, destinata, nella maggioranza dei casi, a durare per tutta la vita: sospendendo, infatti, lʼassunzione dei farmaci, capita spesso che il virus ritorni a replicarsi allʼinterno dei linfociti in cui il genoma dellʼhiv è rimasto quiescente. La presenza di questa riserva latente del virus può essere determinata con il test Q-VOA (Quantitative Viral Outgrowth Assay), ma recentemente è stato messo appunto un nuovo test (TZA) da parte di un gruppo di ricerca dellʼuniversità di Pittsburgh, che sembra essere più preciso del Q-VOA che tende invece a sottostimare questa riserva latente. Questʼultima è la causa principale che rende difficile lʼeradicazione del virus 6 di 8 13/07/

7 dallʼorganismo e gruppi di ricerca in tutto il mondo stanno lavorando non solo per trovare una soluzione a ciò, ma anche per sviluppare un vaccino contro lʼhiv. È facile dedurre quindi lʼimportanza di una diagnosi precoce ed è proprio per questo che nel nostro Paese, il Servizio Sanitario Nazionale prevede la gratuità del test per lʼhiv che può essere effettuato in forma anonima, anche da cittadini stranieri senza il permesso di soggiorno. Ma lʼarma più importante contro questa piaga del XXI secolo rimane comunque la prevenzione. APPROFONDIMENTI: Immagine in evidenza: 7 di 8 13/07/

8 Fonti Immagini: n.1 -> n.2 -> n.3 -> n.4 -> About Deborah Crifò COLLABORATRICE Nata nel Dicembre del 1991, da ragazzina sognava di diventare un'archeologa. Per questo, fu ben lieta di iscriversi al Liceo Classico "Gorgia" di Lentini (SR) per studiare latino e greco. Ma questa scelta, della quale non si è mai pentita, l'ha portata in realtà ad appassionarsi alle scienze, in particolar modo alla Fisica ed alla Biologia. Oggi è laureata in Scienze Biologiche e frequenta il corso di laurea specialistica in Biologia Cellulare e Molecolare presso l'università degli Studi di Catania. 8 di 8 13/07/

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