Filosofia del linguaggio
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1 Filosofia del linguaggio Unità didattica n. 8 Prof. Stefano Gensini
2 Gli Atti linguistici (Speech Acts) Da Gardiner e Bühler a John L. Austin, attraverso Wittgenstein
3 L eredità degli anni Trenta Gardiner (1932) l act of speech: Implica quattro fattori: parlante, ascoltatore, parole e «thing meant» È «un attività esercitata universalmente che ha anzitutto scopi pratici; a tal fine essa si serve del language» Ha carattere insieme individuale e sociale; parlante ascoltatore Bühler (1934) Sprechakt: Ha carattere strumentale Implica un emittente, un destinatario e «oggetti e stati di cose» con le relative funzioni: espressiva, appellativa, rappresentativa; La funzione rappresentativa si svolge sul campo (1) di indicazione e (2) simbolico
4 Possiamo definire questi approcci Gardiner: Linguisticoantropologico (rapporto con Malinowski, analisi del contesto culturale dei fatti linguistici) Bühler Psico-fenomenologico (attenzione alla percezione, carattere di evento hic et nunc dell atto linguistico)
5 Entrambi gli approcci si muovono in senso inverso rispetto alla teoria corrispondentistica del linguaggio Ludwig Wittgenstein (Tractatus logicophilosophicus, 1918, 1922) «Ciò che ogni immagine, di qualunque forma essa sia, deve avere in comun con la realtà, per poterla raffigurare correttamente o falsamente è la forma logica, ossia la forma della realtà» (2.18) «Il segno, mediante il quale esprimiamo il pensiero, lo chiamiamo il segno proposizionale (Satzzeichen). E la proposizione è il segno proposizionale nella sua relazione di proiezione al mondo» (3.12) Alfrec J. Ayer, Language, Truth and Logic (1946) Il criterio di verificabilità come asse dell empirismo logico «Un enunciato è significativo in senso fattuale (factually significant) per qualunque dato individuo, se e solo se quest ultimo sa come verificare la proposizione che l enunciato si propone di esprimere cioè se sa quali osservazioni lo condurrebbero, sotto certe condizioni, ad accettare la proposizione come vera o a rifiutarla come falsa» (p. 16 orig.)
6 Un autore di cerniera: Charles Morris ( ) Il suo libro Foundations of a Theory of Signs (1938) si colloca allo sbocco della tradizione dell empirismo logico, e viene pubblicato come parte 2nda del I volume della Encyclopaedia of Unified Science - l importante progetto editoriale lanciato negli Usa da Rudolf Carnap e Otto Neurath La semiosi come relazione triadica di veicolo segnico, designatum e interprete Semantica: la relazione dei segni con gli oggetti cui sono applicabili; Pragmatica: relazione dei segni con gli interpreti; Sintattica: relazione formale fra i segni stessi (> regole di formazione e regole di trasformazione).
7 Semplificando Il filone neopositivista è focalizzato sull uso descrittivo del linguaggio, sulla sua attitudine a rappresentare in modo attendibile e verificabile stati di cose (states of affairs, Sachverhalten) Il filone protopragmatico di Gardiner e Bühler è focalizzato sulla dimensione sociale e operativa del linguaggio, in stretto nesso con lo sfondo psicologico, contestuale, fenomenico.
8 Due linee per la filosofia del linguaggio: Cambridge Il secondo Wittgenstein: le Philosophische Untersuchungen (postumo, 1953 W. muore nel ma ultimato nel 1945) Rovesciamento delle posizioni del Tractatus: critica del referenzialismo e del mentalismo; «Parlare un linguaggio fa parte di un attività o di una forma di vita» ( 23) «Per una grande classe di casi anche se non per tutti i casi in cui ce ne serviamo, la parola significato si può definire così: il significato (Bedeutung) di una parola è il suo uso nel linguaggio (sein Gebrauch in der Sprache)» ( 43)
9 Wittgenstein critica il modello descrittivista A proposito dell insegnamento «ostensivo», esemplificato da Agostino nelle Confessioni (I, 8) W. osserva:
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11 Un idea radicalmente diversa di linguaggio La funzione descrittiva è solo una delle possibili, e neppure la più importante; Non esiste una forma logica generale delle proposizioni linguistiche, perché esse vanno pensate all interno della prassi comunicativa; Il significato delle parole (e delle frasi) si moltiplica in relazione agli usi cui esse sono concretamente sottoposte; In luogo della forma logica generale subentra la nozione di gioco linguistico (Sprachspiel).
12 I giochi linguistici (PU, 23)
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14 Oxford: John Langshaw Austin ( ) Formazione filosofica, sui presupposti (1) della logica aristotelica e (2) della tradizione analitica che parte da Gottlob Frege (ric. Sinn und Bedeutung, 1892). In polemica con il neopositivismo logico, Austin si concentra sugli usi linguistici che non hanno i caratteri della apofanticità. Arst, De int. 17a: «Dichiarativo (apophantikos), però, non è ogni discorso, ma quello in cui accade di dire il vero oppure il falso. Ma questo non accade in tutti i casi: la preghiera, ad es., è un discorso (logos), ma non è né vera né falsa»
15 Ipotesi di analisi del linguaggio in quanto azione L azione è una pratica sociale che si svolge secondo certe regole; Essa coinvolge diversi fattori, ad es. l intenzionalità, la riuscita o meno, gli effetti che si ottengono su altre persone; Il linguaggio viene dunque studiato all interno di questo scenario.
16 How to do things with words: le lezioni del (ed. ingl. 1962, it. 1970, 1987) Austin prende pertanto in esame gli enunciati che non rispondono alla domanda: E vero o è falso? Dalla funzione veritativa e scientifica del linguaggio, egli si sposta alla funzione sociale, retta da specifiche convenzioni.
17 Constative vs. performative Di qui la distinzione fra 1. enunciati constativi (che descrivono uno stato di fatto) e 2. enunciati performativi (che realizzano un azione sociale) ad es. «Vi dichiaro marito e moglie». Mentre gli enunciati dichiarativi possono essere veri o falsi, i performativi possono essere solo felici o infelici, nel senso che raggiungono o non raggiungono il proprio scopo sociale. Ad es., se non sono sindaco non posso felicemente proferire: «Vi dichiaro marito e moglie».
18 Tassonomia vs. Gioco linguistico Austin parte dall idea che sia possibile isolare delle regolarità nella molteplicità degli usi. Si oppone pertanto alla indeterminatezza semantica del 2ndo Wittgenstein, ipotizzando una tassonomia degli atti linguistici. «Cantare in girotondo» è un buon esempio di gioco linguistico secondo il 23 delle Ricerche filosofiche
19 L atto linguistico implica Un atto locutorio (locutionary act) che a sua volta incorpora tre componenti: 1. l atto fonetico (l atto di emettere certi suoni) 2. l atto fatico (il fatto di pronunciare certi vocaboli o parole, conformemente a un lessico e in relazione a una certa grammatica) 3. un atto retico (il fatto di usare certe parole con un senso e un riferimento più o meno definiti) «Ha detto: Il gatto è sul cuscino» è un atto fatico «Ha detto che il gatto era sul cuscino» è un atto retico
20 Implica inoltre Un atto illocutorio (illocutionary act) nel senso che ogni enunciato ha una propria forza illocutoria, vale a dire che può avere la funzione di: 1. fare una domanda o rispondere a essa; 2. fornire un informazione o un assicurazione o un avvertimento; 3. annunciare un verdetto o un intenzione; 4. pronunciare una condanna; 5. assegnare una nomina o fare un appello o una critica; 6. compiere una identificazione o fare una descrizione.
21 Implica infine. Un atto perlocutorio (perlocutionary act), che ha a che fare con gli effetti prodotti sui sentimenti, i pensieri, le azioni di chi sente, di chi parla o di altre persone. Perlocutorio è l atto che si compie con l intenzione di produrre questi effetti.
22 Schema riassuntivo: un esempio d autore 1. Atto A o locuzione: Egli mi ha detto Sparale intendendo con spara spara e riferendosi con le a lei; 2. Atto B o illocuzione: Egli mi ha incitato a spararle (o consigliato, ordinato etc. di spararle); 3. Atto C/a o perlocuzione: Egli mi ha persuaso a spararle; 4. Atto C/b Egli mi ha indotto a spararle (o ha fatto sì che le sparassi) NB Nel caso C/b non si fa più riferimento all esecuzione dell atto illocutorio, ma solo ai suoi effetti pratici.
23 Prima tassonomia degli speech acts In base a diverse classi di forza illocutoria 1. atti verdettivi (cfr. verbi come assolvo, stimo, classifico, giudico ) 2. atti esercitivi (nomino, licenzio, prego, proclamo, condanno, chiedo, raccomando, rassegno le dimissioni.) 3. atti commissivi (prometto, mi incarico di, garantisco, do la parola che, concordo che/con ) 4. atti comportativi (espressioni di scusa, ringraziamento, saluto, partecipazione ai sentimenti altrui, auguri, saluti.) 5. atti espositivi (affermo, nego, osservo che, rendo noto, accetto, obietto a, tralascio )
24 Per ogni tipologia una classe di situazioni sociali 1. verdettivi: «si tratta di emettere una sentenza riguardo a qualcosa un fatto o un valore riguardo a cui è difficile essere certi»; 2. esercitivi: «è il comunicare una decisione pro o contro una certa condotta, o la difesa di questa»; 3. commissivi: «[scopo di un commissivo] è impegnare chi parla ad una certa condotta»; 4. comportativi: «includono la nozione di reazione riguardo al comportamento e alle sorti di altre persone, e di atteggiamenti e loro manifestazioni, riguardo alla condotta passata o imminente di un altro»; 5. espositivi: «vengono usati in atti di esposizione che comportano l illustrare opinioni, il portare avanti discussioni, e il chiaricare usi e riferimenti».
25 L influenza di Austin su altri autori P. Grice, Meaning, 1957 P. F. Strawson, Intention and convention in Speech Acts, 1964 J. Searle, Speech Acts, 1969 J. Habermas, Theorie des kommunikativen Handels, 1981 NB ed. ital. «Come fare cose con le parole», a c.di M. Sbisà, To: Marietti, 1987 (1 ed. 1970)
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