Il decadimento beta è una trasformazione nucleare in cui si verifica l emissione di un elettrone negativo o positivo.

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1 Il decadimento beta Il decadimento beta è una trasformazione nucleare in cui si verifica l emissione di un elettrone negativo o positivo. Nei primi studi sulla radioattività esisteva una certa confusione circa l origine di questi elettroni e si pensava, fino al 1931 (scoperta del neutrone), che essi fossero permanentemente presenti nel nucleo: ad esempio il nucleo di 7 14 N era immaginato come costituito da 14 protoni e da 7 elettroni, così da avere una massa pari a 14 volte quella del protone ed una carica positiva pari a quella di 7 protoni. Un forte argomento contro questa assunzione viene da: a) principio di conservazione dell energia; b) principio di conservazione del momento angolare; c) principio di indeterminazione.

2 Infatti: a) Se il cambiamento di stato del sistema fosse: A X A Z Z ±1 Y + e cioè un decadimento in due corpi, l elettrone avrebbe una ben definita energia. Mentre in effetti l elettrone presenta uno spettro energetico continuo che va da energia cinetica zero all energia massima compatibile con la trasformazione: W = M Z A X ( ) M( A Z±1 Y) m e b) prendiamo per esempio la ipotetica trasformazione: 14 C N + e Il momento angolare del nucleo 14 6 C è J=0, quello del 14 7 N è J=1 (e comunque per A pari devono essere interi). il momento angolare intrinseco (spin) dell elettrone è invece J=1/2. Allora lo stato iniziale ha momento angolare intero, lo stato finale avrebbe momento angolare semi-intero (somma di un J intero, di uno semi-intero, e di un eventuale momento angolare orbitale del sistema 7 14 N - elettrone, comunque intero).

3 Analogamente, per nuclei con A dispari: 3 H He + e Poiché i momenti angolari di 3 1 H ed 3 2 He sono semi-interi (1/2), il momento angolare iniziale è semi-intero, mentre quello finale è intero (somma di due J semi-interi, più un eventuale momento angolare orbitale del sistema 3 2 He - elettrone, comunque intero). c) Nell ipotesi che gli elettroni facciano parte dei nuclei, essi, racchiusi in una sfera di raggio R = cm, in base al principio di indeterminazione dovrebbero avere una distribuzione di momento che si estende fino a p max = /R = 20 MeV/c e quindi (trascurando la massa a riposo dell elettrone che vale MeV/c 2 ) una energia cinetica T max 20 MeV. Per tenere legato entro il nucleo un elettrone con tale energia non e sufficiente la forza di attrazione coulombiana. Infatti l energia potenziale colombiana: per Z=6 ed A=14 vale: V c = -2.6 MeV. V C = Ze2 R = Ze 2 r 0 A 1/ 3

4 E quindi necessaria una ulteriore energia potenziale negativa (attrattiva), di origine nucleare, che in valore assoluto deve essere maggiore dell energia cinetica: e il valore di 20 MeV per elettrone sarebbe molto maggiore del potenziale attrattivo medio per nucleone dovuto all interazione nucleare (7-8 MeV). Non vi è assolutamente evidenza, anzi vi è una forte evidenza del contrario, che vi sia una così forte interazione tra elettrone e nucleone. Dopo la scoperta del neutrone, il decadimento beta e tutti i fatti ad esso connessi vennero spiegati con l ipotesi del neutrino di Pauli (1931) che portò alla teoria di Fermi del L ipotesi di Pauli è che la trasformazione sia data dalla reazione: A X A Z Z ±1 Y + e + ν dove la particella ν (neutrino) è neutra per la conservazione della carica, ha spin semiintero per la conservazione del momento angolare, ed ha massa a riposo molto piccola per la conservazione dell energia (altrimenti la massima energia dell elettrone emesso dovrebbe dipendere dalla massa del neutrino).

5 La forma dello spettro energetico della emissione beta può essere ricavata abbastanza semplicemente studiando in qual modo l energia a disposizione nella transizione può essere ripartita tra la particella beta ed il neutrino. Per semplificare il calcolo facciamo le seguenti assunzioni: a) si trascura l interazione coulombiana tra l elettrone ed il nucleo (ciò vale almeno per i nuclei più leggeri, con Z<10); b) si trascura l energia cinetica di il rinculo del nucleo residuo (essendo m e << M nucleo e m ν << m e ); c) si considera nulla la massa del neutrino (m ν = 0); d) si considerano egualmente probabili tutte le possibili suddivisioni dell energia tra elettrone e neutrino.

6 La teoria di Fermi I risultati principali della teoria di Fermi sono la spiegazione, per mezzo della introduzione di un solo nuovo parametro (la costante di accoppiamento debole g) dei seguenti fatti: i) la forma degli spettri beta; ii) la relazione tra energia massima del decadimento e la vita media; iii) la classificazione delle transizioni beta e la definizione di regole di selezione. Il punto di partenza è la regola d oro di Fermi, che fornisce la probabilità di transizione per unità di tempo: ω = 2π < f H i > 2 ρ = 2π M if 2 ρ In meccanica quantistica la regola d oro serve a calcolare la probabilità di transizione per unità di tempo (dovuta ad una perturbazione) da un autostato di energia E fissata ad un continuo di autostati energetici. Il sistema transisce, sotto l effetto della perturbazione H, dall autostato i > (stato iniziale del nucleo) di una Hamiltoniana H 0 (nel nostro caso H 0 descrive il nucleo), ad un insieme continuo di stati finali f > (stato finale del nucleo, più elettrone e neutrino uscenti). ρ rappresenta la densità degli stati finali, cioè il numero di stati quantici per unità di energia.

7 Per usare tale formula occorre conoscere l espressione dell elemento di matrice M if tra gli stati iniziale e finale e la densità degli stati finali ρ = dn/dw, essendo W l energia totale a disposizione (la differenza tra la massa del nucleo iniziale e di quello finale). Poichè ad ogni transizione corrisponde l emissione di una particella beta, la grandezza ω coincide evidentemente con la costante di decadimento λ definita in genere per i decadimenti radioattivi. Naturalmente si può valutare la probabilità di transizione per unità di tempo per emissione di elettroni con quantità di moto compresa tra p e e p e + dp e : dwdp e dp e dω ( p ) e = 2π M if 2 d 2 N Si vedrà che la densità degli stati finali determina completamente la forma dello spettro beta, essendo l elemento di matrice nelle transizioni permesse una costante indipendente dall energia degli elettroni.

8 L elemento di matrice, per definizione, ha la seguente forma: M if = * ψ fin Hψ in dτ dove H è l operatore che rappresenta le transizione (perturbativa) e l integrale è esteso al volume interessato. La funzione d onda ψ in =u i descrive il nucleo prima del decadimento. La funzione d onda ψ f = u f ψ e ψ ν è il prodotto della funzione d onda del nucleo nello stato finale per le funzioni d onda dell elettrone e del neutrino. Nella teoria di Fermi viene fatta l ipotesi che l operatore H abbia la forma: H = g δ ( r e r) δ ( r ν r) δ(r) è la funzione di Dirac; r e è un vettore di posizione associato all elettrone; r ν un analogo vettore associato al neutrino e r è associato al nucleone che decade. δ(r e -r) è la densità di probabilità che elettrone e nucleone si trovino a distanza r e -r; δ(r ν -r) è la densità di probabilità che neutrino e nucleone si trovino a distanza r ν -r.

9 La speciale dipendenza di H dalle coordinate esprime l ipotesi che il raggio di azione dell interazione sia nullo, cioè elettrone, neutrino e nucleone interagiscono solo quando sono sovrapposti, o a contatto. Una giustificazione qualitativa di tale ipotesi è data dal fatto che nel decadimento beta del neutrone isolato l interazione si manifesta solo per distanze molto piccole, inferiori alle dimensioni del neutrone stesso. g è una costante che misura l intensità dell interazione. Il suo valore non è noto a priori e viene determinato sulla base di dati sperimentali. Esso ha un ruolo simile a quello dato dalla carica elettrica nel potenziale coulombiano. Dimensionalmente valgono le seguenti relazioni: [M if ] = energia [H] = energia/volume [g] = energia volume

10 Data le proprietà della funzione di Dirac si ha che: M if = si riduce a: * * ψ fin Hψ in dτ = ψ e ( * r e )ψ ν ( r ) * ν u f ( r) δ r e r ( ) δ( r ν r) u ( i r) dr e dr ν dr ( r) * * M if = g ψ e ψ ν ( r) * u f ( r) u i r ( ) dr L integrale si estende alle coordinate nucleari e le funzioni d onda u(r) tengono conto della trasformazione di un protone in un neutrone nel nucleo. La nuova costante universale g, caratteristica del decadimento beta, ha le dimensioni di un energia per un volume. Essa può essere determinata sperimentalmente, come vedremo tra breve, ed il suo valore numerico è dell ordine di erg cm 3 = 62.5 ev f 3. Dall ipotesi di raggio d azione nullo per H, segue che elettrone e neutrino, una volta emessi dal nucleo, sono particelle in moto libero, se si prescinde dall interazione coulombiana fra elettrone e nucleo finale, che invece ha raggio d azione infinito.

11 Trascurando l interazione coulombiana dell elettrone uscente con il nucleo, le funzioni d onda radiali del neutrino e dell elettrone possono essere descritte come onde piane: ψ e ( r) = V 1/ 2 exp ( ik e r) ψ ( ν r) = V 1/ 2 exp ( ik ν r) dove V è il volume di normalizzazione delle funzioni d onda: ψ ( * e r)ψ ( e r) * dr = 1 e ψ ( ν r)ψ ( ν r) dr = 1 V k e = p e / e k ν = p ν /. V Per energie dell elettrone uscente dell ordine del MeV, β 1 e quindi p e m e c. Pertanto: k = p = m e c = m c 2 e c = = fm 1 il prodotto k r, per valori di r dell ordine di qualche fermi (raggio nucleare), è quindi molto minore dell unità, e si può scrivere: Stesso discorso, a maggior ragione avendo massa m ν m e, vale per il neutrino. exp ( ik r) = 1 + ik r... dove addirittura il secondo termine è trascurabile. Pertanto: ψ e (r) ψ ν (r) = 1/V

12 e l elemento di matrice si scrive: ( ) * * M if = g ψ e r ψ ν ( r) * u f ( r) u i r ( ) dr = g V u f * u i dr = g V S if Per quanto riguarda il valore numerico di S if, notiamo che, quanto maggiore è il grado di sovrapposizione tra stato nucleare iniziale e finale, quanto più S if è prossimo all unità (varrebbe uno per funzioni d onda identiche, in quanto ψ * ψ dr = 1 ). Vediamo ora di calcolare la densità degli stati finali, cioè il numero di stati per intervallo di energia dell energia totale W. Tre corpi partecipano alla disintegrazione: il nucleo finale, l elettrone ed il neutrino. Energia e quantità di moto devono essere conservate. L energia cinetica di rinculo del nucleo è però molto piccola (a causa della massa molto maggiore) e può essere senz altro trascurata. Si può perciò dire che la somma delle energie dell elettrone e del neutrino è pari all energia totale W della disintegrazione: E e + E ν = m e 2 + p e 2 + m ν 2 + p ν 2 = W

13 Nell ipotesi di massa del neutrino nulla (o comunque trascurabile rispetto a quella dell elettrone, la relazione precedente si riduce a: E e + E ν = m e 2 + p e 2 + p ν = W Il numero di stati in cui l elettrone ha quantità di moto compresa nell intervallo tra p e e p e +dp e e conseguentemente il neutrino nell intervallo compreso tra p ν e dp v è dato da: d 2 N = dn e dn ν = 4πV ( 2π ) p 3 e 2 dp e 4πV ( 2π ) p 3 ν 2 dp ν = 16π2 V 2 ( 2π ) p 2 dp 6 e e p 2 ν dp ν (7.3) avendo integrato su tutte le possibili direzioni delle quantità di moto ( dω e = dω ν = 4π ) e sulle possibili coordinate all interno del volume di normalizzazione ( r 2 dr = V ), e tenendo presente che la celletta di quantizzazione vale (2π ) 3 sia per il neutrino che per l elettrone.

14 Questa relazione, anzichè in termini del momento del neutrino, può essere riscritta in una forma più conveniente in termini di energia W liberata nel decadimento. L energia totale disponibile per la coppia elettrone neutrino (trascurando l energia cinetica di rinculo del nucleo) è: E e + E ν = E e + p ν 2 + m ν 2 = W Quindi, per un valore fissato di E e, si ha: ( ) 2 2 m p ν ν = ( W E ) 2 2 e m ν p ν 2 = W E e che, differenziata, fornisce la relazione: p ν dp ν = ( W E e )dw Sostituendo otteniamo: p ν 2 dp ν = ( W E ) 2 e m 2 ν ( W E e )dw

15 d 2 N = dn e dn ν = 4πV ( 2π ) p 3 e 2 dp e 4πV ( 2π ) p 3 ν 2 dp ν = 16π2 V 2 ( 2π ) p 2 dp 6 e e p 2 ν dp ν d 2 N = 16π2 V 2 ( 2π ) p 2 W E 6 e e Nell ipotesi di massa nulla del neutrino: La quantità: d 2 N dw = ( ) ( W E ) 2 e m 2 ν dp e dw d 2 N = 16π2 V 2 W E ( 2π ) 6 e d 2 N dp dwdp e = 16π e ( ) 2 p e 2 dp e dw 2 V 2 ( ) 2 p e 2 dp e W E ( 2π ) 6 e rappresenta proprio la densità degli stati finali ρ per i quali l elettrone ha una quantità di moto compresa tra p e e p e +dp e quando l energia totale è compresa tra W e W+dW. Possiamo allora riscrivere:

16 dω( p e ) = 2π M if 2 ρ = 2π M if 2 d 2 N dwdp e dp e come: dω ( p ) e = 2π M if 2 d 2 N dwdp e dp e = 2π M if ( W E ) 2 ( 2π ) 6 e p 2 e dp e 2 16π 2 V 2 Utilizzando la relazione: M if = g V u * u f i dr = g V S if possiamo riscrivere nel seguente modo: ( ) = 2π 2 16π 2 g2 S ( if ( 2π ) W E ) 2 p 2 6 e e dp e dω p e dove ovviamente sparisce la dipendenza dal volume V di integrazione.

17 Poichè in ogni decadimento W è fissata, possiamo semplificare la notazione e riscrivere d 2 N dn la densità degli stati finali dell elettrone dwdp semplicemente come: e dp e dn = 16π 2 V 2 W E dp ( e 2π ) 6 e ( ) 2 p e 2 La densità degli stati finali può essere anche espressa in funzione dell energia totale dn e de e o dell energia cinetica dell elettrone dn e dt e. Dalla relazione p 2 = E 2 2 e e m e ( ) si ricava: 2p e dp e = 2E e de e, ossia: dp e de e = E e p e Si ottengono le espressioni seguenti:

18 dn = 16π 2 V 2 W E dp ( e 2π ) 6 e ( ) 2 p e 2 dn = dn dp e = 16π 2 V 2 W E de e dp e de ( e 2π ) 6 e ( ) 2 E e E e 2 m e 2 dn = 16π 2 V 2 W T dt ( e 2π ) 6 e m e ( ) 2 ( T e + m ) e T ( e T e + 2m ) e La forma dello spettro beta è quindi interamente data dall espressione della densità degli stati finali. Nel seguito sono riportati alcuni spettri beta.

19 distribuzioni di momento ed energia delle particelle β

20 spettro beta del 3 H spettro beta del 14 C spettro neutrini del 3 H spettro neutrini del 14 C

21 spettro neutrini solari

22 4p -> 4 He + 2e + + 2ν e MeV

23 Gli spettri sperimentali degli elettroni rivelati riflettono pertanto le espressioni sopra riportate. La densità degli stati finali appropriata da usare per ottenere la probabilità di una disintegrazione che produce un elettrone di quantità di moto compresa tra p e e p e +dp e risulta quindi essere: dn dp dp e = 16π 2 V 2 W E ( e 2π ) 6 e ( ) 2 p e 2 dp e Il numero totale di decadimenti per unità di tempo λ prescinde dalla quantità di moto dell elettrone. Ciò si ottiene integrando rispetto a p e da zero alla quantità di moto massima possibile dell elettrone: p max = W 2 m e 2 Si ottiene: λ = g2 S if 2π p max 0 W p 2 2 e + m e ( ) 1/ 2 2 p 2 e dp e

24 La formula che fornisce la densità degli stati finali si può riscrivere: ω ( p ) e dp e = C ( W E ) 2 e p 2 e dp e conglobando tutti i termini non dipendenti dall energia nella costante C, che per ogni fissato decadimento risulta dipendere solo da S if C = 2π g2 S if 2 16π 2 2 = * 2 uf u i dr ( 2π ) 6 : La distribuzione, nel caso di m ν 0, diviene invece: ω( p e )dp e = C( W E ) ( e W E ) 2 e m 2 ν p 2 e dp e

25 La forma dello spettro beta ed il Kurie-plot Confrontando le due espressioni, si vede che la forma della distribuzione per m ν 0 e per m ν = 0 cambia solo nella zona in cui la differenza W-E e è molto piccola, cioè sulla testa dello spettro. L andamento dello spettro nei due casi è quello riportato in figura Si dimostra facilmente che la tangente alla curva nel punto p=p max è uguale a zero nel caso di m ν = 0, mentre è infinita nel caso di m ν 0.

26 spettro di elettroni nel caso irrealistico di m ν = 0, 100 e 200 kev rispettivamente

27 testa dello spettro nel caso irrealistico di m ν = 0, 100 e 200 kev

28 Ovviamente, essendo m ν 0, gli spettri energetici sperimentali, a causa degli errori di misura, non permettono di misurare la pendenza della curva: si ricorre pertanto al plot di Kurie. Occorre però aprire una parentesi. Nella trattazione fatta non si è tenuto conto della attrazione (o repulsione) coulombiana subita dall elettrone (positrone) da parte del nucleo. Questa forza porta ad una deformazione dello spettro beta che dipende da Z del nucleo e dall energia dell elettrone, e fa sì che per gli elettroni (attratti) siano più favoriti momenti piccoli, per i positroni (respinti) momenti grandi. Si tiene conto di essa introducendo il fattore correttivo F(Z,E), detto appunto funzione di Fermi: F( Z,E e ) = 2π η 1 e 2π η η = ± Z e2 v e = ± Z α β e +elettrone, positrone ( ) La funzione di Fermi in pratica corregge la approssimazione di onda piana, troppo drastica per la funzione d onda dell elettrone uscente.

29 Si ottiene: ω( p e )dp e = C F( Z,E e ) ( W E ) 2 e p 2 e dp e (m ν = 0) La deformazione dovuta all interazione coulombiana è mostrata in figura Se consideriamo la funzione: ω( p e ) ( ) F( Z,E e )p e 2 = C1/ 2 W E e

30 Tale funzione è lineare in E e e interseca l asse delle ascisse in E e =W per m ν = 0. Questa rappresentazione si chiama appunto plot di Kurie: in figura è mostrata la deformazione che ci si aspetta (deviazione dall andamento lineare) nel caso di m ν 0. come la testa dello spettro è influenzata dal valore della massa del neutrino

31 Dal Kurie-plot è possibile in linea di principio ricavare il limite superiore che può avere la massa del neutrino.

32 Ad esempio, dal Kurie plot del decadimento beta del 3 H si è ricavato per la massa del neutrino il seguente intervallo di valori: 2.5 ev < m ν < 3.5 ev (con un livello di confidenza del 90%). Plot di Kurie del 3 H La linea continua corrisponderebbe ad una massa del neutrino pari a 100 ev.

33 Regole di selezione nel decadimento beta Se torniamo all espressione della costante di decadimento λ = g2 S if 2π p max 0 W p 2 2 e + m e ( ) 1/ 2 p 2 e dp e l integrale, scritto come una funzione della variabile adimensionale ε: ε = m e + T e m e = E e m e con ε 0 = m e + T e,max m e = W m e può essere risolto e diviene una funzione F(ε 0 ) della sola grandezza ε 0, ossia di W. p max W ( p 2 2 e + m ) 1/ 2 ε 0 e p 2 4 e dp e = m e ( ε 0 ε) ε 2 1 ε dε = F ε 0 0 Si ha pertanto: λ = g2 S if 1 2 ( ) 2π 3 7 F ε 0 ( )

34 Poichè inoltre λ = 1/τ, si può scrivere: F ( ε ) τ = 0 2π 3 7 g 2 m e 5 S if 2. La quantità F(ε 0 ), nota dalla teoria la forma dello spettro beta, può essere calcolata analiticamente: ( ) = m 4 e F ε 0 24 ( ) + 3log ε 0 + ε ε ε 0 3 5ε 0 Il valore di S if 2 deve essere vicino all unità per le transizioni permesse e zero (in teoria..) per le transizioni vietate. Quindi la teoria del decadimento beta predice che il prodotto delle due grandezze sperimentalmente misurabili F(ε 0 ) τ deve essere quasi costante per le transizioni permesse così come per le transizioni vietate (la costante in quest ultimo caso sarà comunque molto più grande) Il valore più basso di F τ si ottiene per i processi più semplici, come il decadimento beta del neutrone o del trizio, essendo le funzioni d onda nucleari del neutrone e del protone identiche, ed essendo 3 H ed 3 He nuclei speculari.

35 I valori del logaritmo del prodotto F τ sono riportati in tabella per alcuni decadimenti permessi. Transizione beta Vita media (T e ) max (MeV) Log(F τ) 3 H 3 He (β - ) y He 6 Li (β - ) 0.82 s C 11 B (β + ) m F 18 O (β + ) 1.78 h Si vede come, nonostante l enorme differenza nelle vite medie effettive, la quantità F τ (chiamata vita media di riferimento) ha lo stesso ordine di grandezza, circa 10 3 in tutti i casi. Queste transizioni sono chiamate superpermesse. Per nuclei di numero di massa A medio gli elementi di matrice S if dovranno essere più piccoli che nel caso di nuclei leggeri per il fatto che esistono più neutroni che protoni e gli stati quantici del nucleone che transisce da protone a neutrone o viceversa non saranno identici. Il valore della quantità F τ vale in questo caso circa 10 5 e le transizioni vengono chiamate permesse.

36 Esistono alcune regole di selezione riguardanti la conservazione del momento angolare e della parità per i decadimenti beta delle transizioni permesse. Secondo la regola di selezione di Fermi, le transizioni permesse lasciano immutati il momento angolare e la parità del nucleo: ΔJ=0, P f =P i. Nella regole di selezione di Gamow-Teller la parità del nucleo resta immutata, ma il cambio di momento angolare soddisfa le relazione: ΔJ=0,±1 (con l eccezione 0 0) La regola di selezione della parità postulata da Fermi discende dal fatto che, per parità intrinseche P f e P i differenti, si avrebbe: S if = u * f u i dτ = 0 Circa la relazione su ΔJ, essa può essere compresa dal seguente argomento: l elettrone ed il neutrino, uscendo dal nucleo, sono emessi con alta probabilità in onda s (l=0):

37 infatti, un ragionamento semiclassico ci dice che il momento angolare è dato da: L = + 1 ( ) pb pr, dove R è il raggio del nucleo e rappresenta il massimo parametro d urto. Si ricava: ( + 1) p R e < E e R << 1 l = 0 (essendo E e MeV) Se il momento angolare orbitale della coppia elettrone-neutrino è l = 0, essendo entrambi fermioni a spin 1/2, il momento angolare totale della coppia può essere solo J=0 oppure J=1. Pertanto nel decadimento beta la variazione di momento angolare tra nucleo padre e figlio sarà: ΔJ = 0 (regola di selezione di Fermi) ΔJ = ±1 (regola di selezione di Gamow-Teller). Vale la pena di notare che queste non sono vere e proprie regole di selezione, in quanto sono possibili, anche se improbabili, valori di l > 0, e quindi variazioni ΔJ >1.

38 Esempio di una pura transizione di Fermi è dato dal decadimento dello 14 O( ); esempio di una pura transizione di Gamow-Teller è invece 6 He( ). Il decadimento beta del neutrone (½ + ½ + ) è un altro esempio di transizione di Fermi. Transizioni proibite con elevato valore di F τ sono caratterizzate da una violazione delle regole di selezione. Maggiore è il valore della costante F τ, maggiore è la violazione delle regole di selezione. Per esempio la transizione beta 137 Cs 137 Ba accompagnata da una differenza di momento angolare ΔJ = 7/2 3/2 = 2, corrisponde a F τ = s. La transizione 14 C 14 N ha invece un valore di F τ = 10 9 s, pur essendo ΔJ = 1. La transizione 10 Be 10 B ha un valore ΔJ = 3 ed un valore F τ = s, mentre la transizione 40 K 40 Ca, per la quale ΔJ = 4, presenta un valore di F τ = s.

39 Appendice La non conservazione della parità nel decadimento beta e l esperimento di Wu Durante l analisi di un esperimento sulle proprietà dei mesoni K nel 1956 fu trovato che in alcuni schemi di decadimento essi si comportavano come particelle dispari, in altri casi come particelle pari: la legge di conservazione della parità veniva violata durante la disintegrazione dei mesoni K. Poiché il valore della costante g che caratterizza il decadimento dei K è prossima alla costante g del decadimento beta, si ipotizzò che la parità potesse non essere conservata anche nel decadimento beta. Nello stesso anno Lee e Yang mostrarono che, accanto alla teoria del decadimento beta basata sulla conservazione della parità, era possibile costruire un altra teoria del decadimento beta che non tenesse conto della conservazione della parità. Secondo Lee e Yang la non conservazione della parità poteva essere osservata nel decadimento beta di nuclei polarizzati. L esperimento fu realizzato l anno successivo da Wu e collaboratori che misurarono la distribuzione angolare degli elettroni emessi da nuclei polarizzati di 60 Co.

40 Vediamo ora brevemente perchè è necessario che il nucleo emettitore sia polarizzato. (Se il campione emettitore è polarizzato si può identificare una direzione privilegiata che coincide con la direzione dello spin dei nuclei) Abbiamo visto che per una funzione d onda a parità definita deve risultare: ψ ( x, y, z) 2 = ψ (x,y,z) 2 o, in coordinate polari: ψ (r,θ,ϕ) 2 = ψ (r,π θ,π + ϕ) 2 così, per la conservazione della parità, un particella deve avere la stessa probabilità di essere emessa ad un angolo ϑ e ad un angolo π-ϑ rispetto ad una definita direzione nello spazio (asse z). In altre parole, l espansione della funzione f(θ) = a + b cos(θ) + c cos 2 (θ) +... non deve contenere potenze dispari di cos θ. f(θ) rappresenta la distribuzione angolare delle particelle e corrisponde sperimentalmente al numero di particelle rivelate entro un angolo solido ΔΩ attorno alla direzione θ.

41 Naturalmente bisogna fissare un sistema di riferimento rispetto al quale definire l angolo θ: basta a questo scopo definire l asse z, in quanto gli assi x e y si fissano automaticamente nello spazio (a meno di un angolo ϕ) in quanto devono essere perpendicolari tra di loro ed entrambi perpendicolari all asse z. L asse z deve avere un significato fisico: esso coincide con la direzione ed il verso dello spin nucleare. Nell esperimento Wu dovette quindi individuare la direzione dello spin del 60 Co: questo fu possibile sottoponendo i nuclei ad un intenso campo magnetico in modo che i loro spin si orientassero lungo il campo magnetico che fissava in pratica l asse z del sistema di riferimento. I dati raccolti nell esperimento mostrarono che la distribuzione angolare delle particelle beta rispetto alla direzione dello spin nucleare del 60 Co potevano essere descritti da una funzione del tipo: f(θ) = A (1 + a cos(θ)) con a < 1 La presenza di una potenza dispari di cosθ indica inequivocabilmente la non conservazione della parità nel decadimento beta.

42 Vediamo in dettaglio come si è arrivati alla evidenza sperimentale della non conservazione della parità. La non conservazione della parità nel decadimento beta è messa in evidenza dalla misura di quantità pseudoscalari, quali: p I / pi dove p è la quantità di moto di un elettrone emesso da un nucleo di spin totale I. Consideriamo il decadimento del Cobalto 60: Co Ni + e + ν illustrato in figura Schema di decadimento del 60 Co

43 Lo stato eccitato 4 + decade tramite l emissione di due fotoni di radiazione di quadrupolo elettrico E2 prima al livello 2 + e poi allo stato fondamentale 0 +. La non conservazione della parità viene messa in evidenza dalle caratteristiche dell emissione dei β (direzione di p) rispetto alla direzione dello spin del nucleo 60 Co (I). Condizione essenziale per l osservazione è che i nuclei di cobalto siano polarizzati, ossia che i loro spin siano orientati (prevalentemente) lungo un unica direzione (asse z). Un campione di 60 C è collocato, sotto vuoto, all interno di un criostato ed è immerso in un campo magnetico (B = 2 Tesla), le cui linee di forza individuano l asse z. Rivelatori per fotoni (NaI) e per elettroni sono posti attorno al campione, rispettivamente ad angoli polari ϑ=0 e ϑ=π/2 (fotoni) e ϑ=0 e ϑ=π (elettroni). I rivelatori di γ consentono di misurare il grado di polarizzazione tramite una misura del grado di anisotropia della radiazione emessa.

44 Esperimento di madame Wu: apparato sperimentale

45 Per un campione totalmente polarizzato ci si aspetta che la radiazione γ sia emessa con la distribuzione angolare mostrata in figura: distribuzione angolare dei β e dei γ nel decadimento del 60 Co La quantità studiata sperimentalmente è la frequenza dei β per due orientazioni opposte: ϑ=0 e ϑ=π.

46 Le osservazioni sperimentali sono riassunte in figura. anisotropia γ e asimmetria β in funzione del tempo, ossia del valore di polarizzazione dei nuclei di cobalto

47 Chiamiamo ϑ l angolo fra la direzione di emissione di un β e lo spin del nucleo. Sia ΔP(ϑ) = F(ϑ)ΔΩ la probabilità che i β siano emessi entro un piccolo angolo solido ΔΩ lungo la direzione ϑ. I dati di figura indicano chiaramente che: ΔP(π) > ΔP(0). Si vede quindi che, in caso di polarizzazione della sorgente, è presente una asimmetria nell emissione dei β. Poichè l emissione è più probabile per ϑ=π, risulta: Questo indica che nel decadimento β (e in genere nelle interazioni deboli) la parità non si conserva. p I pi < 0 La non conservazione della parità significa che accanto all esperimento reale non si possono realizzare in natura esperimenti speculari, come schematizzato in figura, dove la direzione dello spin dei nuclei di 60 Co (ossia del loro momento magnetico) è schematizzata come una spira percorsa da corrente:

48 le immagini speculari rispettano il verso della corrente, esattamente come se le spire fossero viste in altrettanti specchi. Anche l emissione anisotropa dei β è riportata coerentemente nelle immagini speculari b e c La non conservazione della parità nel decadimento β

49 L immagine a rappresenta l esperimento reale, le immagini b e c rappresentano invece altrettanti esperimenti speculari. Si vede immediatamente che l asimmetria dei β nelle immagini b e c non corrisponde ad una situazione reale, nel senso che la relazione p I pi < 0 non è più vera nei casi b e c, dove invece risulterebbe p I pi > 0 %%%%%%%%%%% The results greatly surprised the physics community. Several researchers then scrambled to reproduce the results of Wu's group, while others reacted with disbelief at the results. Wolfgang Pauli, upon being informed by Georges M. Temmer who also worked at the NBS, that P-conservation could no longer be assumed to be true in all cases, exclaimed "That's total nonsense!" Temmer assured him that the experiment's result confirmed this was the case, to which Pauli curtly replied "Then it must be repeated!" By the end of 1957, further research confirmed the original results of Wu's group, and P-violation was firmly established. Il premio Nobel fu conferito a Lee e Yang, non a Madame Wu: una evidente violazione di parità...

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