Comunicazioni di H. L. Patterson che ha in cura lo studio dei materiali ceramici dallo scavo, su cortesi informazioni di L. Paroli.

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1 MOLA DI MONTE GELATO (MAZZANO ROMANO - VT): NOTIZIE PRELIMINARI SULLE CAMPAGNE DI SCAVO E CONSIDERAZIONI SULLE ORIGINI DELL'INCASTELLAMENTO IN ETRURIA MERIDIONALE ALLA LUCE DEI NUOVI DATI ARCHEOLOGICI Lo scavo di Mola di Monte Gelato è giunto quest'anno alla sua terza campagna. Il sito continua a presentarsi di eccezionale interesse, perché costituisce, nei dintorni di Roma, un raro esempio di orizzonte cronologico che copre, probabilmente senza soluzione di continuità il 1 millennio d.c., attraversando il cruciale momento di passaggio fra il declinare del mondo antico ed il formarsi di quella medievale. Il testo del presente intervento si dividerà in due parti, per agevolarne la comprensione. Innanzitutto si descriveranno molto schematicamente i dati ottenuti attraverso le tre campagne di scavo sin qui condotte, per illustrare le caratteristiche del sito riportate alla luce. Quindi si connetteranno questi dati con quanto si conosceva, dal punto di vista storico-topografico, sull'area, soffermandoci in particolare in questo caso sui rapporti che essa ha mostrato con le problematiche relative all'incastellamento in questa zona del Lazio. Mola di Monte Gelato rappresentava un sito già noto e posto in particolare evidenza per le presenze monumentali ancora visibili sopra terra, sin da quando l'ager Faliscus fu oggetto di un'estesa attività di ricognizione di superficie ad opera della British School at Rome 1 (Tavv. Ia-b). Ma la circostanza in cui è maturato il proposito di compiere indagini di scavo estensive sul sito stesso è stata quella dell'ampliamento della strada di fondovalle del Treia, nel In questo frangente i lavori stradali evidenziarono la presenza di cospicue strutture superstiti che, ad una prima ricognizione operata dal funzionario responsabile della Soprintendenza Archeologica per l'etruria Meridionale, dott. Clementina Sforzini, furono puntualmente riconosciute come i resti di un insediamento dell'epoca imperiale, sul quale insistevano strutture cronologicamente posteriori, presumibilmente databili all'alto medioevo (vedi tav. 2). Le indagini condotte nel corso di questi ultimi tre anni hanno confermato questa prima intuizione, mostrando che il sito ha sostanzialmente conosciuto tre grandi momenti di sviluppo 2 (vedi tavv. III e IV): A) un primo insediamento, databile al I sec. d.c., identificabile con una villa, di cui restano in posto poche strutture murarie, nonché tracce di altre strutture presumibilmente contemporanee, successivamente asportate. La testimonianza più cospicua attribuibile a questa fase è rappresentata da un piccolo edificio termale del tardo I sec. d.c.; a questa stessa fase possono essere associate tre vasche foderate in cocciopesto, presumibilmente utilizzate per la spremitura di olive; B) queste strutture sono state completamente demolite e su di esse, nel corso del III secolo, è stato creato un complesso rurale, di cui al momento sono stati identificati tre ambienti che si affacciavano su un cortile porticato (fig. 1). Questi ambienti conservano l'allineamento Nord-Sud ereditato dagli edifici di I secolo probabilmente perché, come quelli, erano condizionati dalla presenza di un asse stradale messo in luce dagli scavi che fiancheggiava il complesso: strada che doveva costituire un diverticolo di congiunzione fra la via Cassia e la via Amerina. 1 Vedi T. POTTER, Storia del paesaggio dell'etruria Mendionale, Roma 1985, in particolare le pp , che forniscono un quadro complessivo dei diversi progetti di ricognizione di superficie portati a compimento dalla B.S.R. nell'etruria Meridionale (vedi tav. I). 2 Le tre periodizzazioni qui riassunte accorpano in maniera schematica le fasi individuate nel corso dello scavo, per il cui elenco dettagliato si veda T. POTTER - A. KING et al., Scavi a Mola di Monte Gelato presso Mazzano Romano, Etruria Meridionale. Primo rapporto preliminare, «Archeologia Medievale», XV, 1988, pp

2 A qualche metro di distanza da questi ambienti, verso S, è stata rinvenuta una grande calcara scavata nel tufo, di profilo grossolanamente a fiasco, con un diametro max. di m 3,5 x 4 di profondità. Essa mostrava evidenti tracce di uso ed è stata quindi definitivamente occlusa con un riempimento particolarmente ricco di frammenti marmorei, principalmente provenienti da uno splendido monumento funerario di I sec. d.c. 3 (figg. 2-2a). Si ritiene che questa calcara abbia funzionato durante il momento di distruzione dell'insediamento altoimperiale fornendo così, in pieno III secolo, un eloquente esempio di 'riciclaggio' di materiali di spoglio. Nel V secolo, nell'angolo meridionale di questo nuovo complesso, viene inserito un piccolo edificio di culto: un'aula absidata mononave di m 12,20 di lunghezza per 8,60 di larghezza. A questo momento di ricostruzione della chiesa vanno attribuiti dei rifacimenti alle strutture degli ambienti prospicienti il portico, tra cui i più importanti sono costituiti dal rinforzo dei muri perimetrali di alcuni degli ambienti stessi (soprattutto quello più settentrionale), il che ha fatto pensare alla possibile sopraelevazione di alcune parti del complesso, forse di un piano. Si deve attribuire allo stesso momento, inoltre, anche la realizzazione di un nuovo sistema di piccole canalizzazioni per lo smaltimento delle acque, correnti sotto il pavimento dell'ambiente più a N e sotto quello della corte centrale (vedi fig. 1, al centro). Successivamente, abbiamo tracce molto convincenti, sul piano stratigrafico, di una continuità di occupazione del sito durante il VI secolo e, con molta probabilità, anche durante il VII. Nel corridoio antistante la corte centrale sono state rinvenute tracce di partizioni interne in legno e resti di focolari; nell'ambiente più settentrionale sono stati altresì evidenziati e scavati accumuli di materiali di scarico, ricchi di ceramica (attualmente in corso di studio), la cui posizione stratigrafica ne consente plausibilmente una datazione al VII secolo. In questo periodo molte delle murature del complesso tardoromano dovevano ormai trovarsi in precario stato di conservazione, visto che sono state rinvenute, parallelamente ad esse, file di buche di palo poste ad intervalli abbastanza regolari, taglianti le pavimentazioni più tarde degli ambienti, che lasciano pensare all'approntamento di armature di sostegno delle pareti degli ambienti stessi; C) a questa fase ora descritta, che sembra concludersi con un periodo di occupazione piuttosto immiserito della fattoria tardoromana, segue un momento di profonda ristrutturazione di tutto il vecchio complesso, pur nel sostanziale rispetto della sua planimetria. Tutto ciò avviene nella seconda metà del sec. VIII: in luogo della precedente, viene costruita una nuova chiesa di più ampie dimensioni (m 10 x 15), affiancata stavolta a N da un piccolo battistero. Dei vecchi ambienti fiancheggianti la corte centrale del complesso tardoromano, oltre a quello che ora ospita il battistero, ne viene utilizzato un altro; mentre all'interno del più grande vano settentrionale viene realizzata una fornace per la cottura della ceramica. Questa importantissimo ritrovamento è databile alla fine dell'viii secolo e agli inizi del IX poiché la ceramica "acroma depurata" che veniva in esso prodotta si presenta in forme senz'altro assimilabili a quelle coeve rinvenute a Roma nello scavo della Crypta Balbi 4 (fig. 3 al centro in basso; fig. 4). Al pieno IX secolo è invece da ascrivere un sostanziale ingrandimento del battistero (figg. 5, 6), nonché una ricostruzione del fonte battesimale, che da vasca a piena immersione viene trasformata in vasca ad immersione parziale. Un ulteriore rifacimento dell'elevato della chiesa e del battistero a testimoniare la perdurante vitalità del sito ha luogo nel corso del sec. X, momento in cui viene effettuata una ripavimentazione in blocchi di tufo dei due edifici. L'area continua ad essere scelta come luogo di sepoltura: ed è proprio nelle tombe attribuibili all'ultima fase della chiesa e riutilizzati nei muri di essa che sono stati ritrovati notevoli pezzi scultorei provenienti dalla chiesa di VIII/IX secolo. Dall'analisi dei materiali ceramici possiamo dedurre che chiesa, battistero ed area cimiteriale fossero ancora in uso durante il secolo XI; mentre l'assenza di ceramica più recente della "sparse glaze ware" sul sito è prova del fatto che ogni frequentazione 3 Per una prima descrizione di questi pezzi vedi POTTER - KING et al., cit. alla nota 2. 4 Comunicazioni di H. L. Patterson che ha in cura lo studio dei materiali ceramici dallo scavo, su cortesi informazioni di L. Paroli.

3 stabile sarebbe ormai cessata nel sec. XII, momento a cui daterebbe la definitiva demolizione di tutto il complesso. È da ritenere che solo la deposizione di defunti possa essere proseguita per qualche tempo, a ricordo dell'antica sacralità del luogo. Quanto detto fin qui riassume i risultati di tre campagne di scavo, che hanno portato alla esposizione di circa 500 mq di superficie indagata. Ora, però, non bisogna dimenticare, per una comprensione delle problematiche generali dell'area, che, nei pressi dello scavo, altre presenze denunciavano l'importanza del luogo, già anteriormente al Infatti, a poca distanza verso SE dal complesso fin qui descritto, su un isolotto che divide il corso del fiume Treia, si trova un mulino (la vera e propria Mola di Monte Gelato) (fig. 7 e tavv. II e IV) attivo sino al XIX secolo, il cui alzato sembra in gran parte da attribuire ad epoca successiva a quelle medievale, ma che è significativamente difeso da una torre di guardia, posta sulla riva destra del fiume, con paramento murario in tufelli databile ai secc. XII-XIII (fig. 8). Tutto questo complesso è dominato da una collina sulla quale sorge una piccola fortificazione, nota come il Castellaccio (fig. 9), la cui struttura centrale è costituita da una torre di m 5 x 6 ca., costruita sopra un terrapieno artificiale. Anche qui i muri sono in cortina di tufelli di cm 12/20 x 5/7. La torre si affaccia verso E sulla scarpata del colle, mentre sugli altri lati è difesa da un fossato 5. Tutta la sommità del colle mostra tracce di strutture murarie e sul lato E si nota la presenza di grotte scavate nella parete di tufo. La ricognizione è resa estremamente difficile dalla presenza di una fittissima vegetazione. Comunque è qui che, dal 1990, si intendono eseguire saggi di scavo una volta completata l'esplorazione del sito di fondovalle di cui si è precedentemente parlato. La somma delle evidenze di scavo sin qui ottenute con una prima analisi di questi resti in elevato tuttora visibili, ha richiamato prepotentemente alla memoria una serie di dati registrati per quest'area a suo tempo da quell'infaticabile esploratore della Campagna Romana che fu Giuseppe Tomassetti. Egli infatti ricorda che nel 1875, presso la Mola di Monte Gelato, lungo le rive del Treia, furono effettuati scavi per volere dell'allora proprietario dei terreni principe Del Drago; ciò che venne alla luce furono i ruderi di una «cappella cristiana» attorniata da sepolture con «tegoloni antichi, orecchini d'oro e balsamari di vetro» 6. Non può sfuggire, naturalmente, il dubbio più che fondato che i rinvenimenti ricordati da Tomassetti altro non siano se non quelli che gli scavi di questi anni hanno riportato alla luce. Il Tomassetti ricorda anche come, ai suoi tempi, uno dei quarti della tenuta di Monte Gelato fosse nota come quarto di «Crepacore». Questa indicazione richiamava il nome di Capracorum, una delle sette domuscultae forse la più importante fondate da papa Adriano I intorno a Roma nei primi 10 anni del suo pontificato, e cioè fra il 772 e il Evento, questo, che ben coincide con la datazione della fase di ricostruzioni altomedievali del vecchio complesso rurale tardoromano che gli scavi di questi anni hanno portato alla luce. Del resto il toponimo di Capracorum è chiaramente testimoniato per quest'area da una bolla di Leone IX del 1053, emessa in favore del capitale della Basilica Vaticana, in cui si riconfermano a detta basilica i possessi di un «castrum Capracorum, cum terris, vineis et molaria sua, cum ecclesia sci Jobanni que dicitur de la Tregia... positam territorio Vegentano, miliario ab Urbe Roma plus minus XXVII» 8. La distanza da Roma, nonché la descrizione degli edifici sorgenti nel luogo, rappresentano elementi di forte raccordo con la situazione riscontrata sul terreno alla Mola di Monte Gelato: si vedano in particolare le tre presenze del sito fortificato identificabile nel Castellaccio dei molini e della chiesa di S. Giovanni, dedica che trova valida ragion d'essere nella funzione battesimale svolta dal complesso religioso altomedievale. 5 Le battute di rilievo del tratto della valle del Treia compreso fra lo scavo e la Mola, nonché della collina del Castellaccio, sono a cura dell'arch. D. Andrews. A cura dello stesso sono anche i rilievi degli alzati della Mola e della torretta di guardia. 6 G. TOMASSETTI, Della Campagna Romana nel Medioevo, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», vol. V, 1882, p. 147; su Capracorum in genere: ibidem, p. 137 e sgg. 7 Definizioni cronologiche secondo i calcoli di H. Geertmann in More Veterum, Groningen 1975, p. 7 e sgg. 8 Bullarium Vaticanum, I, pag. 33; ed. Schiaparelli, «Archivio Soc. Rom. St. Patria», vol. XXV, 102, n. XVIII.

4 Quanto affermato dalla bolla di Leone IX viene ripetuto in maniera identica in un'altra bolla di Adriano IV (del 1158) ed in un'altra ancora di Innocenzo III (1205), con la sola differenza che in questi due documenti più recenti la chiesa di S. Giovanni viene ricordata come «diruta» 9. Quali conclusioni trarre da tutto ciò? Pur nella mancanza a tutt'oggi di una indagine di scavo nell'area del Castellaccio, il confronto tra una prima analisi dell'evidenza documentaria ed i risultati degli scavi ci conducono ad affermare che, almeno nel corso del sec. XI nell'area di Monte Gelato convivevano un insediamento aperto, di tradizione addirittura romana e divenuto con tutta probabilità parte della domusculta papale di Capracorum, con un sito incastellato; anche se il sito aperto, dopo una epoca di crescita, che si svolge fra l'viii ed il X secolo, doveva trovarsi ormai in condizioni declinanti, limitando la sua esistenza all'edificio di culto, al battistero ed all'area cimiteriale. Non funzionando più, in sostanza, come luogo di insediamento vero e proprio. Nel sec. XII il sito fortificato prevale definitivamente, dato che evidenza documentaria ed archeologica concordano nel dare ormai per defunto, entro il 1150, l'antico centro domocoltile. Del resto quanto sopravvive in elevato al Castellaccio sembrerebbe databile al tardo XIV inizio XIII secolo; datazione condivisibile anche dalla torretta di guardia al mulino sul Treia. I1 problema che si cercherà di risolvere nel futuro è quello di capire quando effettivamente è nato il sito del Castellaccio e per quanto tempo sia durata la coesistenza dei due insediamenti così prossimi fra loro. Le indagini di scavo e di ricognizione negli agri Falisco e Veientano, sintetizzate e correlate qualche anno fa con i dati documentari scritti, sottolineano il seguente quadro 10 : a) per il periodo iniziale dell'alto medioevo (fine VI-fine VIII secolo) lo stato di guerra endemica alla frontiera fra Longobardi e Bizantini non provocò, alle spalle di essa, e cioè nell'area in cui si trova Monte Gelato, un ricorso generalizzato all'insediamento chiuso e fortificato, che rimane limitato ai soli "castelli" di confine, come Blera, Nepi, Sutri, Bomarzo, Gallese ed Orte; i quali peraltro nella maggior parte dei casi risultano essere centri urbani di ascendenza etruscoromana, già da tempo dotati di loro sistemi di difesa. b) i centri di origini medioevale, sorti su posizioni naturalmente difese, nell'ambito degli agri Falisco e Veientano (come Calcata, Mazzano, Formello, Faleria e Isola Farnese) compaiono nei documenti scritti, nominati come castelli, fra la metà del X e la metà dell'xi secolo. Le indagini di scavo condotte su siti di questo genere, come Mazzano 11, Castel Porciano 12 e Ponte Nepesino 13, consentono di anticiparne l'esistenza almeno al sec. IX, se non alla metà dell'viii, lasciando intravedere addirittura l'ipotesi che alcuni di essi possano avere conosciuto i loro primi momenti di occupazione regolare quando, in seguito agli attacchi di Liutprando e di Astolfo 14 contro il ducato di Roma, dovè essere necessario approntare una linea di difesa più arretrata di quella stabilita alla fine del secolo VI. I1 cambiamento nelle modalità insediative non fu però drastico, in seguito a questi eventi, e le ricognizioni di superficie ed ora anche dati di scavo, come quelli, appunto, da 9 Bullarium Vaticanum, I, pag. 58, ed. Schiaparelli in lec. cit. nota 8, dec. n. XLVII (bolla di Adriano IV), Bullarium Vaticanum, I, pap. 85, inedita dallo Schiaparelli (bolla di Innocenzo III), in reg. su A. POTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, vol. I, Berlin 1874, pag. 222, n Ch. J. WICKHAM, Historical and topographical notes on early mediaeval South Etruria, «Papers of the British School at Rome», XLVI, 1978, pp (parte I) e ibid. XLVII, 1979 pagg (parte II): POTTER, Storia del paesaggio, cit., in particolare il capitolo VI. 11 T. W. POTTER, Excavations in the mediaeval centre of Mazzano Romano, «Papers of the British School at Rome», XL, 1972, pp M. MALLET - D. WHITEHOUSE, Castel Porciano: an abandoned mediaeval village of the Roman Campagna, «Papers of the British School at Rome», XXXV, 1967, pp T. W. POTTER - D. WHITEHOUSE, Il castello di Ponte Nepesino e il confine settentrionale del Ducato di Roma, «Archeologia Medievale», XI, 1984, pp O BERTOLINI, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, vol. IX della Storia di Roma èdita dall'istituto di Studi Romani, Bologna 1941, parte VII, capp. II e III; parte VIII, cap. I.

5 Monte Gelato e quelli, recentemente riordinati, di S. Cornelia 15 _ mostrano una continuità di vita di siti aperti che prosegue sino ai secc. XI-XII. Le fonti scritte confermano questo quadro, anche testimoniando la continuità d'uso delle antiche partizioni catastali del territorio in fundi e massae, di ascendenza tardoromana, almeno sino all'xi sec. inoltrato per l'ager Veientanus e al XII per il Faliscus 16. c) la 'vittoria' definitiva dell'incastellamento giungerebbe nel XIII secolo, ma rappresenterebbe un fenomeno effimero, visto che già nel XIV secolo comincia a comparire il casale 'classico' della Campagna Romana 17. Concludendo, questo quadro che si è presentato, accanto ai nuovi dati di scavo dalla Mola di Monte Gelato, frutto di cospicui lavori di sintesi condotti negli ultimi 10/15 anni, se consente ancora di costruire intorno a sé una cornice in larga parte valida per definire l'evolversi del paesaggio medievale nell'etruria Meridionale, necessita a questo punto di una nuova, ulteriore, sistematizzazione. Infatti, il procedere delle indagini archeologiche si è contestualmente accompagnato ad una crescita della capacità di interpretare i dati che dallo scavo stesso emergono: si pensi solo alle nuove conoscenze acquisite sulle classi ceramiche dell'alto medioevo laziale 18. Si rende perciò indispensabile un riesame globale delle fonti scritte, che consenta di focalizzare meglio le condizioni del possesso della terra fra VI e IX/X secc.: sia sotto il profilo degli assetti proprietari che delle modalità di conduzione, rendendo quindi possibile inquadrare con più cognizione di causa valore e funzione dei diversi e talora coesistenti sistemi insediativi che l'etruria Meridionale propone alla nostra attenzione. F. MARAZZI * - T. POTTER ** - A. KING *** 15 N. CHRISTIE, Forum ware, the duchy of Rome and incastellamento: problems in interpretation, «Archeologia Medievale», XIV, 1987, pp Un'edizione definitiva dei dati dello scavo di S. Cornelia, curata dallo stesso N. Christie su incarico della B.S.R., è di prossima pubblicazione. 16 WICKHAM, Historical and topographical notes, cit. alla nota 10, parte II, pp J. C. MAIRE-VIGUEUR, Les casali des églises romaines à la fin du Moyen Age ( ) «Mélanges de l'ecole Française de Rome-série Moyen Age et Temps Modernes», n. 96, Si vedano in particolare: D. MANACORDA et al., La ceramica medievale di Roma nella stratigrafia della Crypta Balbi, in La ceramica medievale nel Mediterraneo Occidentale, Atti del Convegno, ed. Firenze 1986, pp ; M. BONIFAY, L. PAROLI, M. PICON, Ceramica a vetrina pesante da Roma e da Marsiglia: risultati delle prime analisi fisico-chimiche, «Archeologia Medievale», XIII, 1986, pp ; CHRISTIE, Forum ware, cit. alla nota 13. *Università di Torino. **The British Museum - London. ***King Alfred's College - Winchester.

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