La problematica figura della colpa professionale

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1 38 La problematica figura della colpa professionale 1.- I termini del problema Controversa è la configurabilità in diritto penale di una colpa c.d. professionale: occorre cioè chiedersi se il reato colposo cagionato da un professionista nell'esercizio della sua professione deve essere valutato secondo le regole generali, e cioè nel senso che egli deve essere chiamato a rispondere di qualsiasi negligenza, imprudenza, imperizia etc.; oppure se, anche in campo penale, deve trovare applicazione il dettato dell'art c.c. per cui il professionista deve essere chiamato a rispondere solo per colpa grave con esclusione, quindi, di ogni responsabilità per i fatti commessi con colpa media o lieve. La prima giurisprudenza formatasi in materia affermava che - in tema di colpa professionale (e, in particolare, medica), almeno quando la prestazione professionale comportava la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà - ai fini della responsabilità penale, era rilevante la sola colpa grave, in conformità a quanto previsto in tema di responsabilità civile dell articolo 2236 c.c. A sostegno di detto assunto si invocava un principio dell'unità dell'ordinamento giuridico, non apparendo ragionevole che uno stesso comportamento potesse essere, nel contempo, lecito civilmente e penalmente illecito. Secondo la giurisprudenza in esame, costituiva colpa grave esclusivamente "quella derivante da inescusabilità dell'errore o da ignoranza di principi elementari attinenti all'esercizio dell'attività sanitaria 1. Il limite della colpa grave veniva poi generalmente riferito esclusivamente alla colpa per imperizia (quella cioè derivante dalla violazione delle leges artis), mentre rispetto alla negligenza e all'imprudenza si riteneva che la valutazione dell'attività del medico dovesse essere improntata a criteri di normale severità 2. 1 Cass. pen., 7 luglio 1977, Castoldi, GI 1978, II, 481, con nota di Padovani; in senso conf., cfr.: Cass. pen., 23 agosto 1994, Leone, Rv , CP 1996, 825; Cass. pen., 25 maggio 1987, Tomei, Rv , CP 1989, 218; Cass. pen., 15 febbraio 1978, Violante, CPMA 1980, Corte cost., sentenza n. 166/1973, FI 1974, I, 19. In senso conf., cfr.: Cass. pen., 23 marzo 1995, Salvati, CP 1996, 1835; Cass. pen., 14 aprile 1983, Spada, GP 1984, III, 82; Cass. pen., 12 maggio 1977, Bariatti, GI 1978, II, 294, con nota di Zagrebelski. In particolare, la Consulta, nella sentenza n. 166/1973, ha testualmente affermato che: "la particolare disciplina in tema di responsabilità penale, desumibile dagli artt. 589 e 43 c.p., in relazione all'art c.c., per l'esercente una professione intellettuale quando la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, è il riflesso di una normativa dettata (come si legge nella relazione del Guardasigilli al codice civile, n. 917) «di fronte a due opposte esigenze, quella di non mortificare l'iniziativa del professionista col timore di ingiuste rappresaglie da parte del cliente in caso di insuccesso e quella inversa di 1

2 La giurisprudenza successiva ha escluso l'applicabilità nel settore penale del principio di cui all articolo 2236 c.c., affermando che, in detto settore, devono trovare esclusivo accoglimento gli ordinari criteri di valutazione della colpa, di cui all'articolo 43 c.p.. 3 secondo il parametro consueto dell'homo eiusdem professionis et condicionis, arricchito delle eventuali maggiori conoscenze dell'agente concreto 4. La colpa professionale del medico, dunque, dovrebbe essere "valutata nell'ambito dei criteri generali dettati dal sistema penale, e non di quelli, eccezionali e dunque non estensibili per analogia, previsti dall articolo 2236 c.c." 5. Detto orientamento è oggi prevalente: così che la Suprema Corte, anche di recente, ha affermato 6 che: "nella valutazione in ambito penale della colpa medica non trova applicazione il principio civilistico della rilevanza soltanto della colpa grave, la quale assume eventuale rilievo solo ai fini della graduazione della pena"; e che, ormai, la giurisprudenza "è consolidata nel senso che la colpa debba essere valutata, nell'ambito penale, alla stregua dei principi enunciati dall'articolo 43 del codice penale; e che, invece, non trovi applicazione il principio civilistico, espresso dall articolo 2236 c.c., secondo cui nell'ambito considerato rileva la sola colpa grave. In altri termini, secondo l indirizzo giurisprudenziale oggi dominante, l art c.c. attiene esclusivamente al risarcimento del danno (quando la prestazione professionale comporta la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà) e non indulgere verso non ponderate decisioni o riprovevoli inerzie del professionista» stesso. Ne consegue che solo la colpa grave, e cioè quella derivante da errore inescusabile, dalla ignoranza dei principi elementari attinenti all'esercizio di una determinata attività professionale o propri di una data specializzazione, possa, nell'indicata ipotesi, rilevare ai fini della responsabilità penale. Siffatta esenzione o limitazione di responsabilità, d'altra parte, secondo la giurisprudenza e dottrina, non conduce a dover ammettere che, accanto al minimo di perizia richiesta, basti pure un minimo di prudenza o di diligenza. Anzi, c'è da riconoscere che, mentre nella prima l'indulgenza del giudizio del magistrato è direttamente proporzionata alle difficoltà del compito, per le altre due forme di colpa ogni giudizio non può che essere improntato a criteri di normale severità. Stante ciò, se si passa alla considerazione dell'intera normativa denunciata, in riferimento all'art. 3 Cost., è agevole constatare che la questione non è fondata. Il differente trattamento giuridico riservato al professionista la cui prestazione d'opera implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, e ad ogni altro agente che non si trovi nella stessa situazione, non può dirsi collegato puramente e semplicemente a condizioni (del soggetto) personali o sociali. La deroga alla regola generale della responsabilità penale per colpa ha in sé una sua adeguata ragione di essere e poi risulta ben contenuta, in quanto è operante, ed in modo restrittivo, in tema di perizia, e questa presenta contenuto e limiti circoscritti". 3 Cass. pen., 21 marzo 1988, Montalbano, RP 1989, 424; C 2 giugno 1987, Boschi, CED , CP 1989, 68; Cass. pen., 29 settembre 1997, Azzini, RP 1998, Cass. pen., 28 aprile 1994, Archilei, Rv , GP 1995, II, Cass. pen., 25 febbraio 2000, Altieri, DPP 2001, 469, con nota di Vallini; conf. Cass. pen., 25 settembre 2002, Amato, RP 2003, Cass. pen., Sez. IV, 28 ottobre 2008, n , Calò, Rv

3 non può essere applicato all'ambito penale né in via estensiva (data la completezza e l'omogeneità della disciplina penale della colpa), né in via analogica (vietata per il carattere eccezionale della disposizione rispetto ai principi in materia). 2.- La rilevanza delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica L esigenza di porre un temperamento alla responsabilità penale del personale sanitario, quale astrattamente configurabile sulla base delle regole generali, è alla base della legge n.189/2012 (cd. legge Balduzzi), che, all art. 3 comma 1, stabilisce testualmente: l esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l obbligo di cui all articolo 2043 del codice civile 7. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo. Al riguardo - pur nella problematicità della interpretazione del testo normativo, che pone dubbi di legittimità costituzionale 8 - sembra potersi affermare 7 Il testo normativo fa qui riferimento alla responsabilità extra contrattuale. Tuttavia, è ormai pacifico in giurisprudenza che la responsabilità del medico (ma anche dell ente ospedaliero), per inesatto adempimento della sua prestazione, ha natura contrattuale: con la conseguenza che trova applicazione il regime proprio di questo tipo di responsabilità: e ciò in particolare con riferimento alla ripartizione dell onere della prova, ai principi delle obbligazioni da contratto d opera intellettuale relativamente alla diligenza e al grado della colpa e alla prescrizione ordinaria. 8 L articolo 3, della legge n. 189/ 2012 presenta possibili profili di illegittimità costituzionale. In primo luogo, la sfera operativa dell intervento di riforma è limitata alla categoria degli operatori sanitari, per cui la limitazione di responsabilità per l ipotesi di colpa lieve prevista dall articolo 3 è destinata ad operare in via esclusiva nei loro confronti. Tale dato di fatto potrebbe essere lesivo del principio di uguaglianza sostanziale, dal momento che la peculiarità dell attività medica non sembra costituire di per sé sola una ragione sufficiente a legittimare una eccezione in tema di responsabilità colposa: non può, infatti, disconoscersi che vi sono molte altre attività pericolose, ma certamente utili, il cui svolgimento comporta rischi altrettanto gravi per la vita o l incolumità delle persone (le attività aerospaziali, quelle di progettazione e di edificazione di grattacieli, di gallerie, e così via di seguito) e che richiederebbero pertanto - in tema di colpa - un trattamento simile a quello previsto per i sanitari dalla legge Balduzzi (anche se non va dimenticato il carattere singolare dell esplicito riferimento alle linee guida e alle buon pratiche, che non sono invece rinvenibili nelle altre attività pericolose e socialmente utili). In secondo luogo, la norma si caratterizza per l indeterminatezza, in quanto non fornisce i parametri di giudizio in base ai quali, da un lato, valutare la scientificità delle linee guida e delle buone pratiche, e dall altro, ricostruire il concetto di colpa grave (che rimane indefinito e, come tale, suscettibile di oscillare tra la dimensione soggettiva e quella oggettiva, nonché tra negligenza, imprudenza ed imperizia). Sta di fatto che, il Tribunale di Milano, con ordinanza 21 marzo 2013 della Sez. IX, Andreata e altri (in Diritto penale contemporaneo, con nota di SCOLETTA M) ha di recente sollevato la questione di legittimità costituzionale dell articolo 3 della Balduzzi, affermando che la disposizione censurata - escludendo la responsabilità per colpa lieve del sanitario che si attenga a linee guida e a buone pratiche accreditate - introdurrebbe "una norma ad professionem, 3

4 che la norma esclude la rilevanza penale delle condotte dei medici connotate da colpa lieve, che si collochino all'interno dell'area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica. La norma, quindi, reintroduce sostanzialmente in materia penale - sia pure con esclusivo riferimento agli esercenti la professione sanitaria - il concetto di colpa lieve che, secondo la ormai consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, non avrebbe potuto trovare applicazione nelle ipotesi di colpa professionale, sia pure limitatamente ai casi in cui la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, previsti dall articolo 2236 c.c.. E tale reintroduzione espressa costituisce un fatto di grande rilevanza giuridica, perché ripropone la necessità di rielaborare i concetti di culpa levis e di culpa lata, i quali, pur facendo parte della nostra più antica tradizione giuridica, sono stati a lungo trascurati dalla dottrina penalistica. Senonché, l esclusione della rilevanza delle condotte dei medici connotate da colpa lieve, che si collochino all'interno dell'area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica, comporta vari problemi giuridici. In primo luogo è controversa l applicabilità dell articolo 2 comma 2 c.p., secondo cui nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e se vi è stata condanna, ne cessano l esecuzione e gli effetti penali. Si tratta di un questione di diritto intertemporale che si inquadra nella più ampia problematica della successione di norme "integratrici" della legge penale (o modificazioni "mediate" della fattispecie penale, o successione di leggi extrapenali), la quale richiede di stabilire se l'abolitio criminis possa conseguire dalla modifica di norme in vario modo richiamate dalla norma incriminatrice. La Suprema Corte, in una recente sentenza 9 della Quarta sezione penale, chiamata a stabilire se la disposizione di cui all articolo 3 comma 1 della legge Balduzzi abbia determinato la parziale abrogazione delle fattispecie colpose commesse dagli esercenti le professioni sanitarie, ha dato una risposta affermativa: la nuova normativa ha parzialmente decriminalizzato le fattispecie colpose in questione, con conseguente applicazione dell'articolo 2 c.p.; e ciò in quanto l'innovazione - come sopra evidenziato - esclude la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve, che si collochino all'interno dell'area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica. delineando un'area di non punibilità riservata esclusivamente a tutti gli operatori sanitari che commettono un qualsiasi reato lievemente colposo nel rispetto delle linee guida e delle buone prassi". In particolare, l'ordinanza eccepisce come "la formulazione, la delimitazione, la ratio essendi, le conseguenze sostanziali e processuali di tale area di non punibilità appaiono stridere con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 25, 27, 28, 32, 33, 111 Cost.". 9 Cass. pen., Sez. IV, 29 gennaio 2013, n , Cantore. 4

5 In definitiva, la Corte, con detta sentenza, ha stabilito che ci troviamo in presenza di una abolitio criminis. In secondo luogo, è controversa la determinazione dell ambito della limitazione della responsabilità penale del medico. Secondo i primi commenti, la norma in esame (laddove prevede che l esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve ) dovrebbe essere interpretata esclusivamente nel senso che va riconosciuta la responsabilità penale per i reati di omicidio e di lesioni personali nei confronti del medico che si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, mentre avrebbe dovuto discostarsene in ragione della peculiare situazione clinica del malato; e però, in tali ipotesi, la responsabilità penale dovrebbe essere affermata soltanto in caso di colpa grave da parte del sanitario, e, dunque, quando la necessità di discostarsi dalle linee guida era macroscopica e immediatamente riconoscibile da qualunque altro medico al posto dell'imputato 10. Esponendo tale tesi, è stato anche affermato che la novella reca in sé una vera e propria contraddizione in termini, perché ipotizza la colpa, nonostante il rispetto delle linee guida (donde il brocardo in culpa sine culpa ) 11. Orbene, il sanitario non risponde indubbiamente se ha errato, con colpa lieve, nell applicare le linee guida, mentre il caso particolare necessitava che se ne discostasse; tuttavia, l esonero dalla responsabilità dovrebbe conseguire anche nelle ipotesi in cui il medico abbia, con colpa lieve, errato nell esecuzione delle attività raccomandate dalle linee guida; d altra parte, tale esonero di responsabilità non sembra essere limitato alla sola imperizia. Infine, è controverso il richiamo alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. Le linee guida, come è noto, costituiscono raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche 12. Nel diritto penale tali linee guida vengono concordemente riconosciute come importanti criteri di valutazione della colpa del sanitario; ma nello stesso tempo è stato in più occasioni affermato che: per un verso, l osservanza rigorosa delle linee guida non è in ogni caso ragione sufficiente per un esonero di responsabilità (potendo venire in gioco situazioni concrete caratterizzate da circostanze peculiari e specifiche tali da suggerire la necessità di discostarsi dalle linee guida codificate 10 VIGANO F., Il medico che si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponderà più per colpa lieve, in Diritto penale contemporaneo, PIRAS P., In culpa sine culpa Commento all articolo 3 comma 1, legge 8 novembre 2012, n. 189, in Diritto penale contemporaneo, FIELD M. J. LOHR K. N., Guideline for Clinical Practice: from development to use, Washington, Institute of Medicine, National Academy Press, 1992, 35. 5

6 per ipotesi simili); e per altro verso, il mancato rispetto delle linee guida non è prova automatica di una condotta colposa (ben potendo essere il migliore modo per assicurare una efficace tutela della salute del paziente alla luce delle particolarità del concreto quadro clinico). In ogni caso va comunque riconosciuto che l ingresso delle linee guida nel dibattito sui criteri ai quali ancorare la valutazione della condotta colposa ha determinato un progressivo ridimensionamento dei margini di discrezionalità nell accertamento dell imperizia (e del parametro dell agente modello), a tutto vantaggio della certezza del diritto e della determinatezza della fattispecie. La giurisprudenza di legittimità, consolidatasi prima della cd. legge Balduzzi, era orientata ad attribuire alle linee guida un valore meramente orientativo del giudizio del giudice. In materia di linee guida, le sentenze della Suprema Corte sembrano riconducibili a quattro grandi orientamenti 13. Un primo gruppo di sentenze 14 riguarda medici che rispettano le linee guida senza che tale comportamento sia ritenuto esaustivo e sufficiente per esentare da responsabilità, là dove si provi che l adesione è stata così rigida dall impedire di accorgersi che erano presenti alternative cliniche più appropriate e che un esame non prevenuto delle evidenze cliniche a disposizione avrebbe senz altro imposto come soluzioni da preferire a quelle suggerite dalla letteratura. Si tratta di casi nei quali il rispetto formale delle raccomandazioni lascia sopravvivere profili di ulteriore negligenza, rapportabili alle particolarità della patologia o alle condizioni del paziente. Un secondo gruppo di sentenze 15, a conferma della relatività del corredo scientifico alle scelte mediche, concerne casi di medici esonerati da responsabilità nonostante (o si potrebbe dire, nella logica del giudizio, proprio in forza del ) l inosservanza delle linee guida. Un terzo gruppo di sentenze 16 riguarda, poi, ipotesi di condanna di medici per essersi discostati immotivatamente dalle linee guida. Infine, un quarto gruppo di sentenze 17 è relativo ai casi di medici assolti perché il loro operato si è informato alle linee guida. 13 CAPUTO M., Filo d Arianna o Flauto Magico? Linee guida e checklist nel sistema della responsabilità per colpa medica, in Diritto penale contemporaneo, pagg. 21 e segg. 14 Cfr. Cass., Sez. IV, 1 febbraio 2012, n. 4391; Cass., Sez. VI, 20 luglio 2011, n ; Cass., Sez. IV, 12 luglio 2011, n ; Cass., Sez. IV, 2 marzo 2011, n ; Cass., Sez. IV, 2 marzo 2011, n. 8254, cit. ; Cass., Sez. IV, 1 marzo 2011, n ; Cass., Sez. IV, 18 febbraio 2010, n ; Cass., Sez. IV, 22 gennaio 2010, n , Cass., Sez. IV, 10 aprile 2009, n ; Cass., Sez. IV, 29 settembre 2009, n , in Cass. pen., 2011, pp ss., con nota di G. Maccari. 15 Cfr. Cass., Sez. V, 28 giugno 2011, n ; Cass., Sez. IV, 25 gennaio 2002, n Cfr. Cass., Sez. IV, 12 luglio 2011, n ; Cass., Sez. IV, 9 giugno 2011, n ; Cass., Sez. V, 2 marzo 2011, n ; Cass., Sez. V, 12 gennaio 2011, n. 7074; Cass., Sez. IV, 14 ottobre 2010, n ; Cass., Sez. IV, 6 ottobre 2010, n ; Cass., Sez. IV, 7 luglio 2010, n ; Cass., Sez. IV 15 aprile 2009, n ; Cass., Sez. IV, 11 marzo 2008, n ; Cass., Sez. IV, 14 novembre 2007, n ; Cass., Sez. IV, 2 giugno 2000, n

7 In tutti e quattro gli orientamenti giurisprudenziali, in realtà, è ravvisabile un elemento comune: discostarsi o conformarsi alle linee guida integra una scelta del medico, che, di per sé sola, è insufficiente per pervenire a una sentenza di esonero o di affermazione della responsabilità. La Suprema Corte, dopo la modifica legislativa in esame, nella c.d. sentenza Cantore, dopo un approfondita analisi delle disciplina concernente le linee guida, ha affermato che: alla stregua della nuova legge le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l esercente le professioni sanitarie; e la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino le loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti. 3.- La rilevanza del tipo di attività svolta e del grado di specializzazione posseduto Per quanto riguarda il settore medico, ulteriori parametri, che si devono tenere in considerazione ai fini della individuazione della categoria di agentemodello cui riferirsi, sono il tipo di attività (ad es., ciò che viene consentito a scopo terapeutico non può essere consentito a fini puramente estetici) e il grado di specializzazione (medico generico, specialista, cattedratico). Sotto detto ultimo profilo, la Suprema Corte: - da un lato 18, distingue la perizia che deve essere richiesta al medico generico da quella che deve qualificare la preparazione del medico specialista al quale in considerazione della acquisita specializzazione, si deve richiedere con maggiore severità l uso della massima prudenza e diligenza (in definitiva, il medico specialista risponde anche per una lievissima imprudenza); - dall altro 19, parifica, sotto il profilo della responsabilità, il medico specializzato ed il medico specializzando, sostenendo che anche sullo specializzando incombe l'obbligo di osservanza delle leges artis che hanno come fine la prevenzione del rischio non consentito. 4.- L attività medica di equipe Problema molto delicato è quello che riguarda l'attività medica di equipe: qui vige il principio dell'affidamento, per il quale ogni membro confida sul corretto svolgimento dei compiti affidati agli altri componenti. La dottrina, al riguardo, ha stabilito un collegamento fra la tematica in 17 Cfr. Cass., Sez. IV, 12 giugno 2012, n ; Cass., Sez. IV, 2 marzo 2011, n ; Cass., Sez. IV, 5 febbraio 2010, n ; Cass. Sez. IV, 18 agosto 2010, n ; Cass., Sez. IV, 15 settembre 2009, n ; Cass., Sez. IV, 2 ottobre 2008, n ; Cass., Sez. IV, 16 aprile 2008, n ; Cass., Sez. IV, 18 maggio 2007, n ; Cass., Sez. IV, 14 luglio 2006, n Cass. 6 giugno 1981, in Cass. pen., 1982, Così Cass., , n

8 esame e quella relativa al reato omissivo improprio: posto che ogni membro dell'equipe è responsabile solo delle conseguenze della propria condotta, in capo ad alcuni possono sorgere specifici obblighi di controllo derivanti dalla posizione gerarchica ricoperta, dalla particolare difficoltà dell'intervento da eseguire o da qualsiasi altra circostanza. Ne deriva che dovrà escludersi la penale responsabilità del capoequipe tutte le volte in cui il comportamento negligente di uno dei medici collaboratori si verifichi in presenza di una situazione di assoluta normalità (es.: l'intervento eseguito negligentemente era di routine, il medico negligente è di chiara e provata fama etc.); mentre, se la negligenza di uno o più dei collaboratori è dovuta ad una situazione di difficoltà conosciuta o conoscibile da parte del chirurgo capo-equipe, la responsabilità colposa per la morte o le lesioni gravi o gravissime del paziente potrà gravare anche su di lui. In relazione alla responsabilità dei singoli membri dell'equipe, la Cassazione 20 ha puntualizzato che ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. 20 In tal senso, Cass., , n

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