I LA MAGIA SUA DEFINIZIONE, SUE FORME, SUO OGGETTO
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- Filippo Piccolo
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1 I LA MAGIA SUA DEFINIZIONE, SUE FORME, SUO OGGETTO È difficile definire esattamente che cosa si intenda per magia. La difficoltà deriva dalla varietà degli atti magici e delle concezioni diverse che le diverse società umane ne hanno avuto. Nelle civiltà primitive questi atti magici sembrano confondersi con gli atti religiosi. Se ne separano poi col progresso delle idee e dei costumi. La magia dell Odissea non è quella del VI canto dell Eneide, né quella di Lucano, o dell asino d oro di Apuleio. È apparentemente impossibile trovar delle somiglianze tra la magia Caldea e quella degli Australiani, degli Zulù o dei Pellerossa. E questa stessa diversità ci dà già una prima indicazione: la magia, visto che varia con lo stato sociale, è un fenomeno d ordine sociale. Fenomeno che non è correlativo a funzioni fisiologiche, che sono identiche presso tutti gli uomini, ma a funzioni psicologiche collettive, che, proprio per esser comuni a particolari gruppi, non lo sono a tutto il genere umano. Ma c è, tuttavia, un carattere comune alle diverse forme di magia: esse si distinguono per i loro principali fini, riti, per la tecnica, ma tuttavia si basano su di un fondo di idee comuni diffuse in tutta quanta l umanità. Se il mezzo sociale in cui la magia si svolge ha una certa influenza sulle modalità della magia, essa ha una base più larga del semplice fatto sociale, indagabile, in 13
2 quella misura in cui a noi è possibile indagare, distinguendo l essere umano dai gruppi che esso forma. E siamo quindi condotti, qui, a ricercare se la magia non abbia la sua primordiale origine in una funzione psicologica individuale e non solo collettiva. Ond è che noi dobbiamo cercare di definire la magia, di circoscriverne il dominio e trovarne il fondamento tenendo conto di questo doppio carattere, individuale e collettivo. La magia ha, in tutte le civiltà primitive, stretti rapporti con la religione. Spesso sembra impossibile distinguerla nettamente, ma tuttavia un esame attento rivela, nell atto magico, un carattere che manca all atto religioso propriamente detto. Questo può non esser altro che una preghiera o una invocazione; quello è sempre un operazione, implicante una serie di determinate azioni. Differenza essenziale, che rivela la particolare natura della magia. Le sue manifestazioni non si riferiscono ad esseri la cui volontà possa essere intenerita da suppliche od offerte, ma non costrette; esse sono invece rivolte ad esseri o a forze che possono, sotto certe condizioni, esser sottomessi alla volontà umana. L atto religioso è una preghiera, l atto magico è l espressione di una volontà. L uno è umile, l altro non lo è. Ed è singolare che questo carattere non sia sfuggito al mistico tedesco Jakob Böhme che definisce così la magia 2 : Essa non è, in se stessa, altro che una volontà, e questa volontà è il gran mistero di ogni meraviglia e di ogni segreto; essa opera nell essere per mezzo dell appetito del desiderio. Tale è il carattere essenziale della magia. Essa è l espressione di una volontà, ed imprime questo segno di discriminazione a tutti i dettagli della operazione magica. La magia può applicare questa volontà sia all assoggettamento di esseri soprannaturali, (geni, demoni, spiriti) 14
3 sia a quello di forze naturali. Nel primo caso abbiamo la magia propriamente detta, nel secondo la scienza occulta. La quale distinzione pare che non sia stata afferrata dal Tylor 3 che confonde magia e scienza occulta in generale. Westermarck 4 ha compreso questa differenza tra la religione e la magia, benché divaghi in considerazioni estranee alla sostanza della questione nell analisi che fa delle pratiche di compulsione usate verso i santi musulmani del Marocco. E le stesse pratiche si osservano nei paesi cattolici, ossia in Spagna, in Italia, nella Francia meridionale ove si punisce la statua del santo che non ha esaudito una preghiera. Usi i quali sono il risultato di un pervertimento del sentimento religioso, ma non sono più atti religiosi e neanche magici. Hubert e Mauss, nel loro erudito studio 5 danno una definizione del rito magico. Magico è per essi, qualunque rito che non fa parte di un culto organizzato, rito privato, segreto, misterioso, con tendenze verso il rito proibito. Ma questa definizione non è soddisfacente, come dimostra lo studio di alcune magie (Sciamani, stregoni, Pellerossa, Australiani, Africani, ecc.). Ivi il rito non è sempre misterioso né privato, pur essendo magico. I caratteri indicati da Hubert e Mauss esistono bensì in alcune forme di magia, ma sono secondari, e si riferiscono ad una magia particolare che i Greci chiamavano goezia, incantagione, sortilegio, prestigio, ciarlataneria, ciurmeria. La goezia era la magia nera; mentre la magia, al contrario, secondo Platone, era una scienza divina; ossia la teurgia dei neoplatonici. Non si può dunque ritenere soddisfacente la limitazione che gli autori della teoria generale della magia hanno imposto alla definizione del rito magico. L undecimo canto dell Odissea descrive una rituale evocazione magica dei morti accompagnata da preghiere 15
4 alle divinità infernali. Ma Ulisse impone la sua volontà alle ombre che si accalcano intorno alle fosse cosparse di vino, farina e sangue vivo, le allontana con la punta della sua spada, temuta dallo stesso Tiresia: l ombra dell indovino chiede il permesso di bere il sangue e promette di dire la verità. E il rito magico è compiuto in conformità del consiglio di Circe, dea e maga. E si potrebbero citare anche altri esempi ai quali la definizione di Hubert e Mauss non conviene. Il rito magico è in realtà l espressione di una volontà forte, che si afferma in ogni dettaglio del rituale e che tende a sottomettere esseri soprannaturali o forze naturali che abitualmente sono sottratti all imperio dell umano volere. E questa è per me la definizione della magia. Quale la sua origine? È difficile saperlo. Plinio 6 dice: Nessuno dubita che la magia sia nata dalla medicina, e la sua opinione è ancora oggi ammissibile. Nella società primitiva il mago è anzitutto medico; il suo principale ufficio è quello di guarire le malattie la cui causa appare soprannaturale: però abitualmente lo si chiama l uomo medicina. La ricerca accanita delle cause delle cose è uno dei tratti più caratteristici dell intelligenza umana: ricerca che conduce alla verità per un cammino lungo e tortuoso, perché confonde facilmente la causa e il fortuito antecedente: e per distinguerli è necessaria una prolungata esperienza. L errore è facile. Il primitivo attribuisce i fenomeni esteriori a una causa volontaria, perché estende ad essi il sentimento che ha della causa delle sue azioni, ossia della sua volontà. Egli considera come soprannaturale la malattia, la cui causa è ignota, i cui effetti si fanno sentire senza che il corpo presenti tracce di una lesione apparente, e ritiene che sia uno spirito a determinarla. 16
5 E questa credenza non è esclusiva dei popoli selvaggi. Essa ha radici così profonde nello spirito umano che gli indovini e i veggenti, dei quali non è diminuito il numero né è scemata la prosperità nella nostra avanzata civiltà, la sfruttano con vantaggio. La loro specialità è di guarire il male prodotto intenzionalmente, il quale è spesso perpetuato da uno spirito malvagio. E la terapeutica di questi ciarlatani è sorprendente quanto quella degli stregoni australiani o africani, e conduce, talvolta, perfino al delitto. Questa superstizione è antica e dura ancora; ma tuttavia non basta a spiegare l origine della magia; poiché l esercizio della medicina magica suppone l esistenza di esseri soprannaturali o di spiriti invisibili come angeli, demoni, geni o anime di morti. E simile credenza sembra generale. Quale la sua origine? Gli antropologi ammettono di solito che il germe di questi fatti sia riposto nel sogno e nella allucinazione. E questa è la tesi di Tylor 7 e di Frazer 8. Il primo esclude la conoscenza intuitiva della vita futura e non ammette che l esperienza interna: il sogno; o esterna: per es. quella per cui si constata la somiglianza dei figli ai genitori. Ma questa teoria va respinta. Essa è contraria ai fatti. Non esistono società che confondano il sogno e l allucinazione durante la veglia: gli uomini primitivi fanno una distinzione molto netta tra i due fenomeni e non danno importanza che ad alcuni sogni. Già gli antichi Greci distinguevano i sogni in veri e falsi, che uscivano dal palazzo del sonno per due diverse porte: una di corno, l altra di avorio. Frazer si accontenta di questa troppo semplice ipotesi: sembra che egli non abbia indagato se i primitivi dei quali studia le credenze facessero la stessa distinzione tra i sogni veri e i non veri. Eppure gli esempi che cita avrebbero dovuto attirare la sua attenzione. I Narrinyeri, i quali ritengono che la malattia sia di origine magica, quando 17
6 vogliono scoprire l autore della morte di uno dei loro, fanno dormire il più prossimo parente del morto, nella notte che segue il decesso, con la testa poggiata sul cadavere 9. E le inchieste organizzate dal governo degli Stati Uniti sulle credenze dei Pellerossa e degli Esquimesi dell America del Nord rivelano dettagli dello stesso genere: gli indigeni credono ai sogni. Il profeta Smohalla, capo del Wanapam 10, ripete la sua vocazione da un sogno: ma questo sogno si determina in un sonno provocato dopo un rito mistico. Questo profeta diceva agli agenti americani: la saggezza viene nei sogni ; ma il sonno che produceva questi sogni era un sonno provocato da pratiche ipnogenetiche: era una trance. E sempre quando si trova il sogno a base di una credenza collettiva questo presenta dei caratteri speciali o esige l interpretazione di un indovino. È questa la pratica degli Esquimesi della baia di Hudson: presso i quali l interprete è messo in stato di trance grazie al suono del tamburo 11. I primitivi non confondono i sogni con la realtà al punto da stabilire le loro credenze su sogni dei quali la più elementare esperienza quotidiana dimostra l abituale vanità. L ipotesi della scuola antropologica si basa su di una ingiustificata generalizzazione: essa non si applica a tutti i sogni, ma ad alcuni di essi. Ed è facile determinarne la natura. I sogni considerati come veri sono quelli che si producono in stati particolari, che la scienza moderna chiama ipnoidi, sonnambulici, trance, estasi. Essi sono affini alle visioni e alle allucinazioni e favoriscono alcune percezioni di ordine intuitivo, o, per usare il linguaggio tecnico moderno, ipernormali. Probabilmente l origine delle credenze religiose è dovuta a questi fenomeni; ed è inutile cercarla nel sogno comune. Io non posso fare un analisi di dettaglio dei lavori mo- 18
7 derni sulla telepatia, l allucinazione veridica, il sogno premonitore e la precognizione. Esiste, a tal riguardo, una letteratura abbondante le cui conclusioni generali debbono essere conosciute per applicarle allo studio della magia come fenomeno sociale. E queste conclusioni si possono riassumere nel seguente modo: 1 - In qualche caso, in circostanze ancora mal conosciute, alcune persone possono avere nozione di avvenimenti svolgentisi a distanza, la cui percezione non può essere attribuita all azione degli organi dei sensi nel loro normale funzionamento. 2 - Avvenimenti passati possono essere percepiti allo stesso modo. 3 - La dimostrazione della percezione di avvenimenti futuri non è ancora data. Allo stato attuale delle ricerche si è indotti a pensare che l avvenire si presenti sotto due forme: l una determinata (nel senso che l avvenimento futuro sia la conseguenza necessaria di avvenimenti attualmente compiuti), l altra indeterminata (nel senso che l esistenza degli avvenimenti che fanno da causa rispetto a quello futuro non si veda). Ma vi sono ragioni per ammettere che l avvenire determinato dalla attualità presente possa essere percepito nelle stesse condizioni del presente e del passato. E se si considerano come ipotesi accettabili, almeno provvisoriamente, le conclusioni che ho qui riassunte, la risposta alla questione posta al principio di questa analisi è facile a dare. Si comprende che l uomo primitivo, constatando la veridicità di un sogno o di una allucinazione, sia indotto a credere una di queste due cose: 19
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