Scuola di Fotografia
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- Damiano Paolini
- 8 anni fa
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1 Scuola di Fotografia a cura di Enrico Maddalena Lezione n. 8 - Ottica: La camera obscura Divieto di riproduzione parziale o totale con qualsiasi mezzo del contenuto di questo documento.il suo utilizzo è da intendersi a solo scopo personale ed è vietata la sua diffusione. Tutti i diritti riservati. Copyright Enrico Maddalena Lezione 8 - Ottica: la camera obscura Dove eravamo rimasti? Innanzitutto bentornati, dopo questa lunghissima vacanza. Punto Con la lezione n. 7 avevamo terminato il capitolo sulla luce, la materia prima del fotografo. Ma la luce non basta per formare le immagini. Il minimo che ci occorre, la condicio sine qua non, è una scatola ed un buco. Prendete un buco molto piccolo, ed applicatelo al centro della faccia di una scatola... Stiamo parlando dell archetipo della macchina fotografica, quella senza lente, a foro stenopeico. Se ne trova traccia negli scritti di Leonardo Da Vinci. Giambattista Della Porta la descrive nel 1558 in Magiae naturalis Libri Quatuor come strumento in uso ai disegnatori. Certamente tutto deve essere nato dall osservazione delle ombre in movimento che si creano in una camera oscurata, quando una qualche fessura lascia filtrare dei raggi di luce dalla finestra. E certamente una esperienza che abbiamo fatto tutti. Io mi ricordo bene quando da bambino, costretto da mia madre nei caldi pomeriggi estivi a fare il sonnellino pomeridiano, osservavo ammirato sulla parete della mia stanzetta luci e colori muoversi a spia delle auto e dei passanti sulla strada vicina. Basta solo un po di spirito di osservazione per ritrovare intorno a noi tante camere obscure naturali. Nelle assolate giornate estive, quando gli alberi sono ricchi di fronde, la loro ombra è costellata di tanti piccoli e circolari occhi di luce che non sono altro che l immagine del sole riprodotta dai tanti spazi stenopeici che restano liberi fra una foglia e l altra. Ricordo di aver osservato diversi anni fa, quando ci fu una eclisse totale di sole visibile in Italia, questi occhi di luce non circolari, ma a forma di falce di luna all inizio ed alla fine del fenomeno. Con stupore mi accorsi che riproducevano l immagine del sole non ancora completamente coperto dalla luna e che appariva proprio come una falce luminosa. camera obscura cono di raggi Circolo di confusione, immagine del punto oggetto A1
2 Ma perché il foro deve essere piccolo? Le immagini prodotte sono molto scure; non sarebbe meglio ingrandire il foro per renderle più luminose? Vediamo allora di capire meglio il fenomeno. Possiamo pensare ad ogni soggetto, come composto da una infinità di punti ciascuno dei quali riflette tutt intorno la luce che lo colpisce. Come sapete, la luce procede in linea retta se si propaga in un mezzo omogeneo. Quindi possiamo immaginare tanti raggi che prendono origine in un punto e si allargano a ventaglio. Se di fronte c è la nostra camera obscura, potranno entrare al suo interno solo quelli la cui traiettoria passerà per il foro. Tutti gli altri verranno schermati dalle pareti della scatola. Se il nostro foro è circolare, questi raggi costituiranno un cono con vertice nel punto che riflette luce e base sul fondo della scatola. Ad ogni punto del soggetto corrisponderà nell immagine un circoletto di diametro all incirca uguale a quello del foro. Questo circolo lo ritroveremo anche a proposito dell immagine fornita dagli obiettivi e prende il nome di circolo di confusione. Ora è necessario sapere che, come tutti gli strumenti, anche l occhio ha dei limiti. Uno di questi è il limite di risoluzione che si aggira intorno al decimo di millimetro. In altre parole, anche chi ha la vista molto acuta, riuscirà a distinguere come separati due punti fino a che la loro distanza (alla normale distanza di visione) non si avvicina a quel valore. Oltre, non vedrà che un unico punto. Avete presenti quelle tavole con una serie di linee parallele via via più sottili e vicine? Quelle servono per misurare la risoluzione degli obiettivi e delle pellicole. Al di là di un certo limite le linee, pur distinte sulla mira, non lo saranno sulla pellicola. Ma torniamo alla nostra camera obscura. Riusciremo a vedere (ed eventualmente a fissare su del materiale sensibile) in maniera sufficientemente nitida l immagine, solo se i circoli di confusione prodotti saranno sufficientemente piccoli. Di qui la necessità di usare fori piccoli. 0,1 mm nitido circoli di confusione confuso Se il circolo di confusione è superiore alla risoluzione dell occhio, l immagine viene percepita confusa (non è corretto in questo caso parlare di sfuocato, non essendoci un sistema ottico ma un semplice foro. Un semplice esempio di mira ottica per la misura della risoluzione. Tutti voi conoscete (o avete sentito parlare) delle foto stenopeiche, prodotte con macchine che più economiche non si può (se autocostruite visto che se ne trovano anche di prodotte industrialmente). Le immagini stenopeiche si caratterizzano per due cose: la morbidezza (ovvero la nitidezza ridotta) e la profondità di campo notevolmente estesa. L estensione della profondità di campo che va da pochi centimetri fino all infinito dipende dal fatto che i circoli di confusione di oggetti lontani e vicini hanno grosso modo la stessa dimensione (cosa che, come vedremo, non accade con gli obiettivi). Occhi di luce creati dagli spazi fra le foglie di un albero. Assodato quindi che il difetto del foro stenopeico è nella sua scarsa 2
3 luminosità e nitidezza, osserviamo come alcuni si siano impegnati nel passato a superare il problema, applicando una lente sul foro, portato a dimensioni molto più grandi. Uno di costoro è Daniele Barbaro, insegnante all Università di Padova ed autore di un trattato sulla prospettiva ( Della perspettiva edito a Venezia nel 1569) che applicò al foro una lente biconvessa. Wollaston in Gran Bretagna utilizzò invece un menisco (una lente da occhiali di quella per presbiti), diminuendo alcune aberrazioni che invece produceva la lente biconvessa. In Francia, l ottico Chevalier costruì un primo obiettivo formato da due lenti, in grado di eliminare l aberrazione cromatica (doppietto acromatico). Lente biconvessa. Menisco convergente La camera oscura, detta anche camera ottica, viene usata da pittori ed in particolare dai vedutisti del 1700, come Canaletto (Giovanni Antonio Canàl), Bernardo Bellorro, Francesco Guardi. Per tornare al foro stenopeico, occorre dire che esiste un diametro ottimale del forellino che è calcolabile attraverso la formula: d = ( t )/ 28 dove d è il diametro del foro stenopeico e t la distanza foro-pellicola. Esistono delle ditte che fabbricano piastrine con fori di diverse misure e dal bordo estremamente preciso perchè ricavati col laser. Ma anche noi possiamo costruirne di decenti forando con un ago (ce ne sono di diverse misure come sapete) un sottile lamierino metallico e limandone poi le slabbrature. L importante è che sia netto e regolare. Il mondo della foto stenopeica è un mondo affascinante e basta una scatola da scarpe per cominciare. Non per nulla alcuni professori appassionati di fotografia la sperimentano a scuola con i loro ragazzi. Occorre però saper sviluppare una pellicola o una carta da stampa. Ed ovviamente vanno caricate in camera oscura. Un disegnatore si sta servendo della camera ottica. Un dipinto di Canaletto. Si possono costruire anche macchine panoramiche, piegando a semi- 3
4 cerchio il foglio sensibile, in maniera che la distanza di ogni suo punto dal foro sia costante. Il foro stenopeico, al contrario degli obiettivi, non soffre di aberrazioni. Riporto una foto stenopeica di Riccardo Gazzarri ( tratta dal libro: La fotografia stenopeica in Italia a cura di V. Marzocchini ed edito da Clueb. La mia camera ottica autocostruita, per ripercorrere le orme dei pionieri ed, in basso, il palazzo che si vede dal terrazzo di casa, disegnato a mezzo di essa (Canaletto è meglio...) Altri autori potete trovarli sul sito del Gruppo Namias (di cui faccio parte) come Pierluigi Manzone e Danilo Pedruzzi. lamierino sporgenza limatura Una considerazione finale. Ho sentito parlare della fotografia stenopeica come di una forma di antica fotografia. Non è assolutamente così poiché la scarsa sensibilità dei materiali sensibili usati in origine rendeva difficoltosa e lunga una ripresa con camere obscure fornite di lente, figuriamoci se si poteva solo pensare di fissare una immagine tanto tenue come quella fornita da un minuscolo forellino. La straordinarietà della fotografia stenopeica è nella disarmante semplicità delle sue attrezzature. Battere un piccolo chiodo su di una sottile lastrina metallica Di ottone o di alluminio, fino a causarne una sporgenza. Limare delicatamente questa sporgenza fino a ricavarne un foro circolare (magari perfezionandolo facendovi passare un ago per eliminare eventuali piccole slabbrature e renderlo tondo. Otre ad una lima fine, è utile una cote, di quella per affilare i coltelli. 4
5 Alto Secondo un piano verticale Schemi che dimostrano, meglio delle parole, come in una macchina fotografica (semplice come una macchina stenopeica o complessa come una moderna reflex digitale) capovolga il soggetto sia in senso alto-basso che in senso destra-sinistra. Basso Foggetto Secondo un piano orizzontale Sinistra Destra F immagine Magritte Ed ora vi metto, scusate, un tarlo nel cervello che non vi farà dormire. Come mai gli specchi invertono la destra con la sinistra e non l alto con il basso? 5
6 Congediamoci con un sorriso. Vi ho messo in versi l argomento di questa lezione. IL FORO STENOPEICO Una scatola in cartone per la scarpa o la ciabatta, altrimenti va benone una scatola di latta. Pei ritratti, è poca cosa, basta essere pazienti e restare a lungo in posa senza altri inconvenienti. S è rotonda non è male che s allarga, non c è scampo, sul sensibil materiale anche l angolo di campo. Il vantaggio (è una certezza) è nel campo tutto a fuoco, nella grande morbidezza che di certo non è poco. Ch altro serve? Ch altro fare? Con un ago attentamente solo un foro circolare, che non serve alcuna lente. Ma il suo fascino, è scontato e non dico una bugia, è che ottieni un risultato senza gran tecnologia. Un aggeggio sì banale Enrico Maddalena è bastante, a marzo o a maggio, cosa invero eccezionale, per riprendere un paesaggio. 6
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