RELAZIONI VERTICALI Cap.11-Cabral
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- Luciano Mattioli
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1 RELAZIONI VERTICALI Cap.11-Cabral 1
2 Introduzione In molti casi i clienti delle imprese non sono consumatori finali ma altre imprese (intermediarie o di trasformazione): si pensi alla catena produttore/grossista/ dettagliante tipica della (grande) distribuzione. Ciò comporta delle differenze per almeno due ragioni: 2
3 Introduzione 1. Il produttore che vende direttamente al consumatore finale controlla quasi tutte le variabili che determinano la domanda finale (prezzo, qualità, pubblicità, servizi di vendita, etc.), ma così non è nel caso dell impresa che vende ad un distributore (si pensi alla pubblicità relativa allo specifico punto di vendita, ma soprattutto al prezzo finale al consumo!). 2. Gli acquirenti/rivenditori (a differenza dei consumatori), sono potenzialmente in competizione tra loro (e hanno solitamente qualche potere di mercato nei confronti del venditore/produttore). 3
4 Relazioni verticali Le vendite di un impresa a monte (produttore o grossista o subfornitore) dipendono non solo dal prezzo che essa fissa (prezzo all ingrosso), ma anche dai fattori che essa non controlla direttamente (prezzo al dettaglio, qualità, servizi di vendita) Un impresa a monte potrebbe quindi trovare conveniente stabilire con le imprese a valle relazioni contrattuali più complesse rispetto alla semplice fissazione di un prezzo all ingrosso costante per unità di prodotto. Restrizioni verticali: Schemi contrattuali più complessi che generalmente vincolano in qualche modo le scelte delle imprese a valle. Tali schemi possono essere in alcuni casi procompetitivi mentre in altri casi anticompetitivi 4
5 Relazioni verticali A volte i problemi di coordinamento possono suggerire una soluzione più estrema, cioè l integrazione verticale: realizzazione di stadi successivi del processo produttivo all interno di un unica impresa Se un produttore monopolista si integra con un distributore monopolista, la somma dei due monopoli incrementa o riduce la concorrenza e l efficienza complessiva? La risposta intuitiva sembrerebbe che l integrazione verticale di due monopoli peggiora l efficienza complessiva, perché l intero mercato viene monopolizzato da un solo soggetto Nella catena verticale due monopolisti sono peggio di uno: 5
6 Doppia marginalizzazione e tariffa a due stadi Impresa produttrice (P) (impresa a monte) e 1 Impresa distributrice (R) (impresa a valle) di un certo bene. Quando le imprese sono separate, ci sono due monopolisti che fissano il prezzo in successione. Se il solo strumento contrattuale che P e R possono usare è la scelta di un prezzo all ingrosso costante (w), verranno aggiunti due mark up invece di uno al Costo marginale (c), il che porterà ad un prezzo maggiore del prezzo di monopolio. 6
7 Se le due imprese si integrano verticalmente, i profitti dell impresa integrata saranno maggiori dei profitti dei due monopolisti ( P R I ), e anche il SC sarà più alto nel caso dell integrazione verticale. La ragione di questo risultato risiede nella doppia marginalizzazione o doppio mark up, per la quale nel caso di contrattazione autonoma tra produttore e distributore, ciascuno di essi applicherebbe il margine di monopolio in ciascuna fase della filiera del prodotto, con ciò riducendo complessivamente la quantità prodotta e venduta sul mercato, generando una perdita di efficienza superiore a quella associata al monopolio verticalmente integrato 7
8 Tariffa a due stadi Il problema della doppia marginalizzazione è spesso indicato come una ragione per preferire la soluzione verticalmente integrata. In realtà, l inefficienza indicata si annulla anche senza bisogno di integrazione verticale se P può utilizzare per vendere il suo prodotto una tariffa a due stadi (w, f), dove w=prezzo all ingrosso e f tassa di franchising. Il franchising è una relazione verticale in base alla quale P conferisce a R (franchisee) il diritto a commercializzare in esclusiva il suo prodotto Tramite f, P rivendica parte dei profitti di R. La scelta ottima per P sarebbe w = c e f = π m. 8
9 Tariffa a due stadi In questo caso si avrà: p R =p m, q=q m, π P =π m =π R V, π R =0=π P V, Con contratti non lineari, la soluzione ottimale quando le due imprese sono separate coincide con quella del caso di integrazione verticale. La ripartizione dei profitti tra impresa a monte e impresa a valle dipenderà dal potere contrattuale relativo. Il risultato sopra ottenuto dipende comunque dalla mancata presenza di concorrenti a valle, e richiede una perfetta informazione di P sui fondamentali del mercato a valle. Si noti inoltre che in alternativa ma con gli stessi risultati P potrebbe fissare w= p m e stabilire una clausola che imponga a R un prezzo al dettaglio massimo pari a p m (questa pratica funziona se non ci sono altri costi per R oltre a w). 9
10 Competizione tra i rivenditori Se i rivenditori sono più di uno e tra loro in concorrenza, un prezzo all ingrosso w = c non induce un prezzo al dettaglio di equilibrio pari a p m, poiché la competizione spinge il prezzo di equilibrio ad essere più basso. Per esempio ipotizziamo che competano alla Bertrand: Se P fissa w = c avremo: p R =c, π P =π R =0. Se la competizione tra i rivenditori è sul prezzo la soluzione ottimale per il produttore è quella di fissare w = p m. 10
11 Competizione tra i rivenditori Se la competizione è sulla quantità (Cournot) la soluzione ottima per P è fissare: c < w < p m In conclusione quanto maggiore è la competizione tra i rivenditori, tanto più alto sarà il prezzo all ingrosso ottimale per il produttore. 11
12 Competizione tra i rivenditori Esternalità: E possibile che i servizi alla vendita offerti da un rivenditore (es. servizi di assistenza, formazione, attività promozionale, pubblicità) rappresentano delle esternalità per gli altri R: problema del free riding " incentivo a non investire beneficiando degli investimenti altrui " comportamento opportunistico: altri rivenditori possono praticare prezzi più scontati perché offrono minori servizi alla clientela in quanto beneficiano dei servizi alla clientela offerti da altri rivenditori. Tale possibilità di free riding tra rivenditori ha come conseguenza la minor fornitura di servizi alla clientela, e dunque una riduzione inefficiente della domanda finale che danneggia anche il produttore. 12
13 Competizione tra rivenditori Restrizioni verticali possibili per correggere il problema: Il problema si risolve se P può imporre un prezzo (minimo) imposto (resale-price maintenance), che permette al rivenditore che investe in maggiori servizi alla clientela di ottenerne un ritorno in termini di un maggiore volume di vendita. Un problema analogo si pone nel caso di rivenditori che fanno pubblicità (generica) al prodotto. In tal caso una soluzione potrebbero essere le concessioni territoriali di vendita in esclusiva ottenute dai rivenditori (com è il caso delle automobili in Europa). 13
14 Controllo indiretto Ci sono altri casi in cui i servizi di vendita sono importanti, anche se è difficile che diano luogo a vere e proprie esternalità tra rivenditori (pensate ai rivenditori di abbigliamento: è improbabile che misuriate in un camerino confortevole e poi comprate in un negozio a prezzo scontato). Gli investimenti promozionali fanno aumentare le vendite. In generale, il raggiungimento del massimo profitto complessivo dipenderà dal valore del prezzo di vendita, p i R, e dall ammontare dei servizi offerti, s i, dai singoli rivenditori. L investimento in tali servizi dipende dal margine di profitto (p i R w) ottenuto dallo specifico rivenditore i su ciascuna vendita (se non può essere fissato contrattualmente). Se il margine è basso il rivenditore avrà minori incentivi ad aumentare le vendite e quindi ad investire in promozione. 14
15 Controllo indiretto Anche in questi casi, P potrebbe trovare conveniente utilizzare una clausola di mantenimento del prezzo (o di prezzo minimo). In particolare, il produttore dovrebbe adottare w= c e imporre al rivenditore un prezzo p i R = p m, per ottenere il massimo profitto complessivo (redistribuito poi attraverso la parte fissa di una tariffa a due parti) e incentivare il rivenditore a scegliere il livello ottimale di s. In questo caso tutti gli aumenti della domanda sono catturati dal rivenditore che investe in attività promozionali. 15
16 Controllo indiretto La clausola di mantenimento del prezzo può avere il pregio di impedire la competizione a valle che distruggerebbe l incentivo dei rivenditori ad investire in attività promozionali che fanno aumentare la domanda. Questo è particolarmente importante quando questi investimenti non possono essere definiti contrattualmente. Attenzione: gli accordi contrattuali di imposizione del prezzo al dettaglio possono promuovere la collusione tra produttori 16
17 Competizione tra produttori Interazione strategica tra i produttori. Per esempio, la pratica ottimale di fissare un prezzo marginale all ingrosso elevato (per attenuare la competizione) può implicare che la componente fissa sia negativa (sia per pagare i costi fissi dei rivenditori sia per concedere loro una quota significativa dei profitti). ES: Slotting allowances pagate dai produttori per il diritto ad ottenere l esposizione dei loro prodotti sugli scaffali dei supermarket. 17
18 Esternalità tra produttori Le clausole di esclusiva imposte ai rivenditori possono poi essere interpretate come una soluzione al problema delle esternalità tra produttori. Ex: si pensi al settore delle automobili, in cui i venditori spesso sono formati a carico delle ditte automobilistiche. Ma le clausole di esclusiva (e più in generale molte delle restrizioni verticali che abbiamo visto) possono naturalmente essere un modo di aumentare il potere di mercato delle imprese. In particolare, un modo per chiudere (foreclose) il mercato ai competitori a monte o a valle. 18
19 Restrizioni verticali come strumento collusivo L uso di restrizioni verticali può attenuare la competizione tra imprese col fine di realizzare forme di collusione. Per esempio, un mercato di rivenditori à la Betrand con w = c (praticamente, un intero settore perfettamente competitivo) può essere trasformato in un settore di fatto monopolizzato se l industria adotta una clausola di prezzo minimo p i R >= p m. 19
20 Restrizioni verticali e politica antitrust La valutazione delle restrizioni verticali dal punto di vista del benessere collettivo è molto complicata. Da un lato ci sono considerazioni di efficienza (riduzione delle esternalità, aumento del livello di investimento nei servizi sussidiari alla vendita), dall altro le possibili implicazioni in termini di potere di mercato (collusione, chiusura del mercato ai concorrenti). 20
21 Restrizioni verticali e politica antitrust Sia le autorità europee che quelle statunitensi sembrano essersi orientate nel tempo verso una considerazione più favorevole. Ciò è particolarmente vero negli Stati Uniti, in cui si è passati da una proibizione di per sé, ad una valutazione caso per caso, sino alla legalizzazione di una clausola di prezzo massimo. In Europa, le restrizioni verticali sono vietate dal Trattato di Roma come abusi di posizione dominante o intese tra imprese. 21
22 Restrizioni verticali e politica antitrust Il Trattato di Roma ammette comunque tutta una serie di esenzioni per giustificazioni economiche o tecniche, se i consumatori si appropriano di una quota dei corrispondenti benefici. Di fatto, ci sono settori per i quali le clausole di esclusiva e i territori esclusivi sono ammessi (automobili) e settori per i quali sono vietate (bevande, gelati), ma è ammesso il franchising. In particolare, i prezzi imposti sono vietati ma non così quelli consigliati! 22
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