Riccardo Siligato MIGLIORAMENTO GENETICO TRADIZIONALE

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1 MIGLIORAMENTO GENETICO TRADIZIONALE Con il miglioramento genetico tradizionale (incrocio e ricombinazione) si possono trasferire geni da una varietà ad un'altra per ottenere una varietà vegetale con caratteristiche nuove derivanti da entrambe le piante progenitrici; la progenie sarà in seguito selezionata per il carattere desiderato, sebbene sussista l'inconveniente che oltre al gene di interesse, siano presenti anche pezzi di genoma non desiderati; questo problema è limitabile con la tecnica del reincrocio. Attraverso l'ingegneria genetica e la tecnica del DNA ricombinante è possibile isolare solamente il gene di interesse ed inserirlo nell'organismo al fine di ottenere un organismo geneticamente modificato (OGM); nel caso delle piante si parla di PGM, ossia una pianta nella quale, mediante ingegneria genetica, è stata introdotta una o più copie di un gene proveniente da un organismo diverso o ulteriori copie di un gene già presente in quella specie. Una pianta può essere trasfromata solo se ci sono alcuni pre-requisiti essenziali: efficiente metodo di trasferimento del DNA; può essere indiretto (Agrobacterium tumefaciens/ Agrobacterium rhizogenes) o diretto (sistema biolistico, trasferimento di protoplasti o microiniezione) disponibilità di cellule/ tessuti competenti per la rigenerazione (solitamente sono utilizzati espianti di tessuto) adatti sistemi di selezione, affinché si possano individuare le piante trasformate rispetto a quelle rimaste naturali TRASFERIMENTO CON AGROBACTERIUM L'Agrobacterium è un genere di batteri Gram negativi che infetta numerosi generi di piante (Brassica, Lilium, Lycopersicon, Nicotiana); l'agrobacterium tumefaciens causa la cosiddetta galla del colletto, mentre l'agrobacterium rhizogenes induce la formazione di radici avventizie nel sito di infezione. Che la galla del colletto esistesse si sapeva già intorno al 1850, ma fu solo agli inizi del Novecento che fu correlato con l'agrobacterium tumefaciens; intorno alla metà del secolo scorso fu osservato che tessuti tumorali isolati potevano, in assenza di ormoni, rigenerare un'intera pianta. La formazione del tumore venne correlato con un fantomatico principio che induce tumore (TIP) prodotto dal batterio. Tempo dopo ci si accorse che nel sito di infezione erano prodotte opine dalle cellule tumorali. Verso il 1970 si capì che il tumore era indotta dal plasmide Ti (tumor inducing), senza il quale i batteri non erano in grado di causare la galla del colletto. Nel 1977 la regione del plasmide Ti, chiamata T-DNA, venne identificata come il fattore TIP, nel 1983 venne ottenuta la prima pianta trasformata con Agrobacterium e l'anno successivo furono identificati i geni oncogeni del T-DNA, nel 1985 fu decifrato il meccanismo di trasduzione del segnale che permetteva al batterio di infettare le cellule vegetali e trasferire il TDNA nel genoma delle cellule ospiti. L'Agrobacterium tumefaciens, dopo aver infettato la cellula vegetale, trasferisce 1

2 stabilmente il proprio T-DNA nel genoma ospite, e questo induce la formazione del tumore anche in assenza di ormoni nel terreno di coltura. Affinchè l'infezione sia possibile è necessaria una ferita, che solitamemte si forma a livello del colletto (zona della pianta a livello del terreno) causata da nematodi, insetti o erbivori; la ferita scatena la produzione di composti fenolici come l'acetosiringone, che fungono da composi chemiotattici per il batterio, che la pianta produce in qualità di fotoalessine come meccanismo di difesa. Il TDNA è trasferito nel genoma ospite perchè contiene geni che consentono la produzione e lo sfruttamento delle opine, (ne esistono 20, ogni ceppo può produrne solo una e questo consente la loro classificazione) amminoacidi utilizzati dal batterio come fonte di nutrimento. Il fenotipo tumorale è indotto poiché più cellule producono opine, più il batterio si moltiplica e si riproduce. I geni Shi (shoot inducing) e Roi (root inducing) individuano i due estremi del T-DNA che contengono geni come la nopalina sintasi. Altri geni sono quelli per l'utilizzazione delle opine, per la replicazione, e i geni Vir necessari a excidere il T-DNA e a trasferirlo nel genoma ospite. Il tumore è causato da una sovraproduzione di auxina e citochinine. I passaggi dell'infezione sono: L'auxina determina lo sviluppo delle radici, mentre le citochinine determinano lo sviluppo dei germogli; il tumore è causato da una sovrapproduzione di entrambe. Il gene 4 è conivolto nella produzione delle citochinine (codifica per una isopenteniltransferasi), ed una mutazione nel locus Roi lo inattiva causando uno squilibrio degli ormoni a favore delle auxine: ciò determina lo sviluppo del tumore con formazione di radici avventizie. Una mutazione nel locus Shi invece determina lo sviluppo di un tumore con germigli avventizi perchè lo squilibrio ormonale si sposta a favore delle citochinine. 2

3 Le auxine sono normalmente prodotte a partire dal triptofano: la monoossigenasi converte in triptofano in monoammina, che sarà idrolizzata dall'idrolasi Ah e si forma acido 3indolo acetico. L'isopentenil pirofosfato è l'intermedio chiave di molte reazioni, come la biosintesi del colesterolo o dei terpeni; nelle piante l'isopentenil pirofosfato è utilizzato come substrato dall'isopenteniltrasnferasi codificata nel gene 4 del locus Roi. I geni Vir sono resposanbili del tarsferimento del T-DNa nel genoma ospite; ci sono i geni Vir A, B, C, D, E, ecc.. Il gene Vir A codifica per il recettore dell'acetosiringone. Il gene Vir G codifica per un attivatore trascrizionale che attiva la trascrizione degli altri geni ed anche di se stesso. Quando l'acetosiringone si lega al recettore Vir A, questo si autofosforila trasferendo in seguito il gruppo fosfato a Vir G, il quale attiva la trascrizione di altri geni Vir presenti sul palsmide, tra cui VirD1 e VirD2. 3

4 Il T-Dna è rilasciato come singolo filamento: Vir D1 riconosce l'estremità destra del T-DNA, e permette a VirD2 (anche se entrambe sono necessarie) di rompere il legame fosfodiesterico liberando energia: VirD2 rimane legata covalentemente al nucleotide tagliato (estremità 5') tramite un legame fosfotirosina. Viene sintetizzato altro T-DNA, e lo stesso processo di taglio avviene all'estremità sinistra, sempre grazie ad una sequenza riconsciuta da VirD1; infine è rilasciato il Dna a singolo filamento. Dato che si riforma il T-DNA exciso, un singolo batterio può infettare più cellule. In seguito alla excisione del Dna a singlo filamento, questo è complessato con la proteina VirE2 la quale esercita un'azione protettiva nei confronti delle esonucleasi ed endonucleasi. Quindi si osserva una doppia protezione offerta da VirD2 e VirE2 (quest'ultima non legata covalentemente). Il legame di VirE2 è cooperativo: 600 molecole di VirE2 (P.M: 60,5 KDa) sono richieste per ricoprire un filamento di 20 Kbp, e si complessano sul Dna a singolo filamento. In seguito il Dna a singolo filamento così stabilizzato entra nella cellula vegetale, grazie alla formazione di un poro creato da 11 proteine codificate dagli operoni VirB e VirD4. Il poro nucleare della cellula ospite consente di solito il passaggio di molecole con dimensioni non superiori ai 60 KDa, ma VirD2 e VirE2 posseggono sequenze di localizzazione nucleare (1 per VirD2, 2 per VirE2) che ne consentono la traslocazione nel nucleo. Studi di immunolocalizzazione e di fusione con una proteina reporter (GUS, β-glucoronidasi) hanno mostarto che entrambe entrano nel nucleo. Il T-DNA si integra casualmente in regioni con attiva trascrizione forse perchè è più sciolto, e all'interno dello stesso gene l'integrazione è casuale, ossia si può integrare sia in esoni che in introni; in Arabidopsis è stata osservata un'integrazione ogni 10 cm. Nelle regioni laterali il T-DNA conserva sequenze riconosciute da VirD2, le quali sono rimosse al momento dell'integrazione nel genoma ospite (sebbene rimangano 1-2 nucleotidi all'estremità destra). L'integrazione all'estremità 5' del filamento T è estreramente precisa (penultimo nucleotide legato a VirD2, la quale probabilmente ha un ruolo nel mediare la precisione dell'integrazione); l'integrazione all'estremità 3' è meno precisa, dato che si possono avere delezioni nel T-DNA fino a 100 bp, anche se sono state osservate 4

5 sperimentalmente delezioni che arrivano fino a 1.5 Kbp; sono state osservati anche concantenameri di TDNA integrati. Il T-DNA si ricombina solitamente tramite ricombinazione illeggittima (o non omologa): l'integrazione avviene a livello di sequenze non omologhe ma casuali, infatti all'estremità 3' (estremità sinistra) è richiesta un'omologia di 5 nucleotidi mentre all'estremità 5' (estremità destra) è richiesta l'omologia di un solo nucleotide. I modelli proposti sono tre: microhomology-dependent model: un certo numero di basi sono delete all'estremità 3', il DNA vegetale è tagliato in un punto qualsiasi e si appaia con il T-DNA all'estremità 5' (un solo nucleotide), dopodiché anche questa estremità è inserita nel DNA vegetale ed è integrato il T-strand. Secondo questo modello VirD2 catalizza sia la reazione endonucleasica che ligasica. double-strand break repair model: il T-DNA è trasformato in DNA a doppio filamento ed in seguito integrato, grazie all'attività endonucleasica ed esonucleasica, nei siti di rottura che normalmente si presentano nel DNA ospite; in questo modello VirD2 manca di importanza. single-strand gap repair model: il T-DNA si inserisce come singolo filamento nei buchi che normalmente si formano nei processi di riparo del DNA ospite, e in seguito è ricopiato a doppio filamento. Nel processo di integrazione del T-DNA sono coinvolte anche proteine vegetali che normalmente riparano il DNA ospite. Il mutante di lievito AtKU80 è resistente all'infezione da parte di Agrobacterium perchè la proteina AtKU80 è coinvolta nel sistema di riparazione del DNA vegetale a doppia elica. Avendo analizzato le caratteristiche di Agrobacterium tumefaciens, è possibile sfruttarlo per veicolare all'interno degli ospiti qualsiasi gene di interesse sia compreso tra l'estremità destra e sinistra del T-DNA. Il gene di interesse può essere identificato attraverso tecniche di normale genetica tradizionale, ossia lo studio di mutanti associati ad un determinato fenotipo gene-tagging. Il gene di interesse può essere clonato in: screening library: libreria di cdna fagica o plasmidica. Se la sequenza del gene di interesse è nota è possibile costruire una sonda radioattiva o fluorescente per trovarlo all'interno della libreria: la colonia o il fago che apparirà radioattiva o fluorescente porterà con sé la sequenza del gene di interesse. Nel cdna non sono presenti gli introni dato che derivano dall'azione che la trascrittasi inversa svolge sull'mrna, copiando prima una sequenza di DNA appaiata all'mrna e dopo a partire da questa è creato un DNA a doppio filamento corrispondente all'mrna. 5

6 mrna: basandosi sulla sequenza del gene di interesse, l'mrna della cellula vegetale è amplificato tramite primer amplimeri appaiati alle estremità terminali del messaggero (RT-PCR); nei primer sono presenti siti di restrizione che consentono ai ricercatori di inserire l'rna amplificato in DNA di essere inserito nel plasmide tramite l'utilizzo di opportuni siti di restrizione nel Multiple Cloning Site (MCS). É meglio utilizzare due siti di restrizione diversi sia per il plasmide (un plasmide tipico è il puc18) sia per il gene di interesse, in modo da garantire la sua inserzione nella direzione desiderata. Il cdna deve quindi essere inserito all'interno del T-DNA di Agrobacterium tumefaciens, ma ci sono parecchie limitazioni per l'utilizzo di plasmidi T naturali: la sovrapproduzione di auxina e citochine (fenotipo tumorale) non permette la rigenerazione della pianta i geni per la biosintesi delle opine non sono necessari difficoltà nel manipolare palsmidi molto grandi come il plasmide T che arriva fino a 200 Kbp, nonché presentano una bassa efficienza di clonazione non hanno un'origine di replicazione per E.Coli, quindi si replicherebbero solo in Agrobacterium tumefaciens Per risolvere questi inconvenienti sono stati approntati 2 sistemi, il primo più diffuso: 1. sistema vettore binario: T-DNA e geni Vir possono trovarsi su plasmidi differenti, infatti sono utlizzati due plasmidi, ossia il vettore binario ed il palsmide T disarmato. I prodotti dei geni Vir agiscono sul T-DNA consentendone l'integrazione. Il vettore binario è il plasmide di circa 13 Kbp dove si inserisce il gene di interesse; il plasmide T disarmato è grande circa 170 Kbp e non contiene il T-DNA. 2. vettore cointegrativo: due plasmidi ricombinano per dare origine al plasmide T se presentano una regione di omologia in comune. I geni Vir ed il T-DNa stanno sullo stesso plasmide. 6

7 Il gene di interesse va inserito nel vettore binario o cointegrativo: si utilizzano due enzimi di restrizione diversi (per garantire ila direzione di inserzione) che riconoscono i siti di restrizione presenti sia sul T-DNA sia sul plasmide che porta il gene clonato; tramite una reazione di ligazione. Il vettore binario o il vettore cointegrativo devono essere inseriti nel ceppo di Agrobacterium con il plasmide T disarmato (esistono in natura), e ciò si può ottenere o tramite elettroporazione o tramite coniugazione: elettroporazione: l'elettricità altera la permeabilità della membrana coniugazione: detto anche triparental mating, ossia si utilizzano tre ceppi di batteri. Il primo ceppo batterico di E.Coli contiene un plasmide helper che consente la mobilizzazione sia di sé che di altri plasmidi; questo ceppo batterico passa il plasmide helper al ceppo batterico di E.Coli che contiene il vettore binario o cointegrato, il quale a questo punto sarà capace di trasferire il vettore al ceppo di Agrobacterium tumefaciens che contiene il plasmide T disarmato: si crea così un ceppo di Agrobacterium tumefaciens in grado di poter trasferire il gene di interesse nelle cellule della pianta desiderata. Con il ceppo appena creato di Agrobacterium tumefaciens si possono infettare diversi espianti di tessuto (foglie, fusto, gemme, radici, cotiledoni), ma si otterranno diverse rese a seconda della pianta, non perchè ci sia diversa efficienza di infezione da parte del batterio, ma perchè l'efficienza di rigenerazione dell'intera pianta varia da tessuto a tessuto e da specie a specie. Il trasferimento con Agrobacterium tumefaciens presenta vantaggi e svantaggi: Il basso numero di copie integrate è un vantaggio perchè, inserendosi a caso, il T-DNA potrebbe inattivare troppi geni importanti per la sopravvivenza della pianta. Sono stati sviluppati molti protocolli che consentono l'infezione anche di Monocotileodni e di piante che prima non era possibile infettare, in particolare i superbinary vector ed i ceppi ipervirulenti, i quali esprimono in maggior quantità i geni Vir e portano anche più copie del T-DNA (i tessuti migliori per rigenerare la pianta sono gli embrioni immaturi). TRASFERIMENTO DIRETTO DEL DNA Abbiamo diversi metodi che consentono l'inserimento diretto del DNA nel genoma ospite: elettroporazione protoplasti: il DNA esogeno è internato nel protoplsato e verrà integrato con bassa efficienza nel proprio genoma microiniezione: funziona bene negli animali, poco nelle piante. sistema biolistico: è valido sia per gli animali che per i vegetali ed è stato messo a punto da Stanford e colleghi nel 1987, ed in questa tecnica microparticelle di oro o tungsteno ricoperte di DNA sono accelerate e sparate nel tessuto; penetrando nelle cellule rilasciano il DNA che è integrato nel genoma vegetale. Una volta il sistema funzionava con la polvere da sparo, ma ora è utilizzato il gas come sistema propellente: nel tubo di accelerazione è presente il gas, che in seguito al cambiamento di pressione colpisce un microcarrier che spara le particelle di oro o tungsteno direttamente nel tessuto vegetale, le quali rilasciano il DNA nelle cellule presenti sulla loro traiettoria senza rimanervi dentro; i danni cellulari sono minimi. Sono necessarie severe condizioni di sterilità in quanto la rigenerazione avviene in vitro. Ora è in commercio una pistola che sfrutta lo stesso meccanismo, ma la resa è molto più bassa. Integrazione del plasmide: il transgene non si autoexcide, quindi può integrasi tutto il plasmide. 7

8 TRASFORMAZIONE PULITA Con il termine trasformazione pulita si indica lo scopo di evitare che, oltre al gene di interesse, nel genoma ospite si integrino anche sequenze di DNA non desiderate. A tale proposito sono state escogitate diverse vie: cassetta: invece del DNA plasmidico si può utilizzare il transgene linearizzato, che però presneta l'inconveniente di avere una resa estremamente bassa poiché è degradato dalle esonucleasi. gene killer: si crea un costrutto con il quale il transgene è fiancheggiato da geni killer, che uccidono la pianta se inseriti nel suo genoma; in questo modo solo le piante che hanno ricevuto soltanto il transgene sopravviveranno, le altre in cui si è integrato anche una parte del plasmdie acquisiranno il gene killer che conferisce loro un fenotipo letale; stesso discorso epr chi il plasmide non l'ha integrato (muore perchè non riceve il gene per la resistenza all'antibiotico). trasformazione agrolistica: sono inseriti tre plasmidi con metodo biolistico. Il primo palsmide porta il transgene fiancheggiato dalle regioni Left Border e Right Border, il secondo plasmide porta VirD1 ed il terzo porta VirE2; le proteine VirD2 e VirE2 excidono ed integrano il transgene nel genoma ospite, e si selezionano solo le piante che portano integrato il transgene e non il plasmide. 8

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