Lezioni di Meccanica del Volo 5 - Forze propulsive. L. Trainelli

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1 Lezioni di Meccanica del Volo 5 - Forze propulsive L. Trainelli 1

2 2 Indice 1 INTRODUZIONE Propulsori aeronautici Sforzi e risultanti delle azioni propulsive MECCANICA DELLA PROPULSIONE Spinta, potenze e rendimento propulsivo Tipi di propulsori Ipotesi semplificative Motoelica Endoreattore Esoreattore L ELICA AERONAUTICA Geometria dell elica Forze sull elica Analisi dimensionale Teorema di Buckingham Caratterizzazione delle dipendenze Coefficienti adimensionali di spinta, coppia e potenza Effetto dei numeri di Mach e Reynolds Funzionamento dell elica Regimi di funzionamento Rendimento propulsivo Variazioni con il passo, eliche a passo variabile Modelli per l elica Teoria del disco attuatore Teoria dell elemento di pala NB Versione parziale in corso di completamento. 7 marzo 2011 (Versione 1.1)

3 1 INTRODUZIONE 3 Problem: No. 2 propeller seeping prop fluid. Action: No. 2 propeller seepage normal. Nos. 1, 3 and 4 propellers lack normal seepage. one of the QANTAS squawks (from the Internet). 1 INTRODUZIONE In questa sezione consideriamo la modalità di generazione delle forze propulsive sul velivolo. In particolare, faremo riferimento alle condizioni di volo rettilineo, uniforme e simmetrico. Si tratta quindi di condizioni di volo orizzontale, in salita o in discesa tra le più importanti in assoluto per un velivolo, dato che normalmente la stragrande maggioranza della missione viene eseguita in queste condizioni. Nello stesso tempo, tuttavia, si tratta di condizioni di volo molto particolari, che consentono una trattazione sufficientemente semplice. Infatti, la valutazione accurata delle forze propulsive in condizioni di volo arbitrarie (in manovra, in condizioni non simmetriche) è un compito molto impegnativo e non sarà affrontato in questa sede. Ai fini della Meccanica del Volo elementare, ed in particolare dell analisi delle prestazioni dei velivoli, è sufficiente analizzare la dipendenza del risultante delle forze propulsive da alcune variabili fondamentali e quindi derivare alcuni risultati approssimati di tipo dinamico ed energetico. 1.1 Propulsori aeronautici I sistemi propulsivi utilizzati in aeronautica sono di diverso tipo motoelica, turboelica, turbogetto, statoreattore, razzo, etc., ma sono tutti basati sul principio di azione e reazione (terzo principio della dinamica newtoniana): il propulsore elabora una certa portata di fluido modificandone la quantità di moto (ossia accelerandola) e quindi esercitando una forza sul fluido stesso; a questa forza cui corrisponde, come reazione uguale (in modulo e direzione) e contraria (in verso) la spinta esercitata dal fluido sul velivolo. Una classificazione utile dei propulsori aeronautici distingue i sistemi che elaborano portate d aria atmosferica (air-breathing engines), da quelli che non ne hanno necessità (non air-breathing engines). Esistono poi. almeno in linea di principio, propulsori ibridi, che combinano sistemi air-breathing e non airbreathing. I sistemi non air-breathing si riducono all endoreattore, o motore razzo (rocket engine), il quale elabora soltanto portate di fluido trasportato a bordo del velivolo. L endoreattore può essere a combustibile liquido, preferito per applicazioni di grandi dimensioni (quali i lanciatori orbitali), oppure a combustibile solido, più

4 1 INTRODUZIONE 4 compatto ed utilizzato per applicazioni di dimensioni più limitate (quali i missili terra-aria e aria-aria). Per quanto riguarda i sistemi air-breathing, abbiamo due categorie fondamentali: propulsori a getto (jet engines), nei quali la spinta è generata direttamente per accelerazione di gas a seguito di un processo di combustione; propulsori ad elica (propeller engines), nei quali, ad un motore capace di fornire una potenza su un albero, è accoppiata un elica aeronautica (propeller) per la generazione della spinta per accelerazione di una portata d aria esterna. I principali tipi di propulsori a getto sono: il turboreattore semplice (turbojet), ossia un turbomotore 1 in cui la turbina serve a raccogliere soltanto la potenza necessaria al mantenimento del moto del sistema compressore/albero/turbina, mentre il resto dell energia resta conferita al getto in uscita; la turboventola (turbofan), che fondamentalmente è un turbomotore dotato di un albero coassiale su cui sono calettati un ulteriore turbina ed una ventola intubata (fan), ossia una sorta di elica con un elevato numero di pale confinata all interno di un breve condotto posto di fronte al compressore; la ventola alimenta il flusso caldo, ossia quello che entra nel turbomotore e sostiene la combustione, ed il flusso freddo, che, passando all esterno del turbomotore, non è interessato dalla combustione e fornisce un contributo alla spinta analogo a quello di una normale elica, che si somma quindi al contributo del getto; lo statoreattore (ramjet), che consiste in un condotto in cui non sono presenti dispositivi in movimento: la compressione e l espansione del flusso prima e dopo la combustione vengono operati soltanto attraverso l effetto della sagoma del condotto; il pulsoreattore (pulsojet), in cui un condotto all interno del quale si operano la compressione, la combustione e l espansione del flusso viene accoppiato ad un dispositivo che produce un ingresso discontinuo (pulsante). I principali tipi di propulsori ad elica sono: il motoelica (reciprocating piston engine with propeller), in cui un motore di tipo alternativo a combustione interna fornisce la potenza per muovere un elica aeronautica; 1 Lo schema di base di un turbomotore, o turbina a gas, è dato da (a) un compressore (che può essere assiale o centrifugo) che fornisce un flusso d aria a valori opportuni di pressione, densità e velocità per alimentare il processo di combustione, (b) una camera di combustione in cui viene iniettato il combustibile, (c) una turbina attraversata dai gas combusti in cui si provvede alla loro espansione.

5 1 INTRODUZIONE 5 il turboelica (turboprop), in cui un turbomotore fornisce la potenza per muovere un elica aeronautica, oltre a contribuire in proporzione minore alla spinta attraverso un getto. Le motoeliche sono stati i primi propulsori impiegati in aeronautica, a partire dal Wright Flyer del Sono tuttora diffusamente impegate nei velivoli leggeri da diporto, e più in generale nei velivoli basso subsonici. I turbogetti semplici sono stati i primi propulsori a getto a divenire operativi e hanno fornito la base per lo sviluppo delle turboeliche (per impiego nei velivoli medio subsonici) e delle turboventole (inizialmente utilizzate nei velivoli alto subsonici e transonici ed oggi di impiego comune anche in velivoli supersonici). Gli statoreattori risultano convenienti al volo ad alte velocità supersoniche e del tutto inadatti al volo subsonico, ed il loro utilizzo è stato molto limitato, con l eccezione di numerosi missili di impiego militare. I pulsoreattori rappresentano una soluzione ancora più rara, utilizzata operativamente soltanto per un arma teleguidata altosubsonica della seconda guerra mondiale, la V-1, oltre all impiego corrente in aeromodellismo. 1.2 Sforzi e risultanti delle azioni propulsive In modo del tutto analogo al caso delle azioni aerodinamiche, il risultante T ed il momento risultante Γ P rispetto al generico polo P delle azioni propulsive possono essere espressi nel modo più generale possibile come integrali delle corrispondenti distribuzioni superficiali di sforzi e dei loro momenti, secondo le formule T = τ Q da Q, S p (1) Γ P = τ Q (P Q) da Q, S p dove τ Q rappresenta lo sforzo esercitato dall aria sulle superfici del velivolo nel punto Q, punto materiale corrente d integrazione, da Q la superficie elementare relativa a tale punto. Questi integrali sono estesi alla superficie S p, corrispondente alla superficie pertinente agli organi propulsivi, corrispondente a quella delle pale nei velivoli propulsi a motoelica, alle superfici interne (condotti) ed esterne (prese d aria e carenature se montati su gondole) per i motori a getto. 2 A rigore, quindi è possibile condurre un analisi analoga a quella svolta a proposito delle azioni aerodinamiche, per caratterizzare la dipendenza delle azioni propulsive dalle variabili che caratterizzano non solo lo stato di moto del velivolo e lo stato dell ambiente circostante, ma anche lo stato di moto delle parti mobili dei propulsori (rotori, sia che si tratti di eliche, sia compressori e turbine per motori a getto). 2 In un certo senso, la distinzione generale tra azioni aerodinamiche e azioni propulsive è piuttosto arbitraria. Sostanzialmente, si tratta di azioni derivanti dal medesimo meccanismo, ossia sommando gli sforzi di contatto sulle superfici del velivolo. In alcuni casi, si parla congiuntamente di entrambi i sistemi di forze come di azioni aeropropulsive.

6 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE 6 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE In questa sezione consideriamo un approccio al modello delle forze propulsive particolarmente semplificato, e tuttavia in grado di evidenziare gli elementi più significativi per la previsione delle prestazioni dei propulsori aeronautici, e di conseguenza dei velivoli. Questo approccio si serve di un modello del propulsore del tutto generico, una sorta di scatola nera, caratterizzata attraverso il legame che si realizza tra le grandezze in ingresso e quelle d uscita, indipendentemente dall effettivo meccanismo (elica, getto) che genera le azioni di tipo aerodinamico che contribuiscono alla generazione della spinta. Le ipotesi che soggiaciono alla trattazione seguente sono: condizioni stazionarie, sia per il regime del propulsore, sia per l ambiente circostante; flusso in uscita approssimabile come una massa animata da un moto d insieme puramente traslatorio; flusso in ingresso e flusso in uscita caratterizzati approssimativamente dalle medesime condizioni di pressione. I modelli elementari che scaturiscono da quest approccio non hanno pretese di precisione e non vanno intesi come strumenti di calcolo delle prestazioni dei propulsori, ma semplicemente come strumenti didattici atti a mettere in luce aspetti e parametri fondamentali della propulsione aeronautica. 2.1 Spinta, potenze e rendimento propulsivo La spinta (thrust) T è definita, secondo il principio di azione e reazione, come l opposto della forza risultante esercitata dal propulsore sulla massa fluida elaborata. Questa, a sua volta, è definita, secondo il principio di conservazione della quantità di moto, come la differenza tra la quantità di moto per unità di tempo Q j del flusso in uscita e la quantità di moto per unità di tempo Q i del flusso in ingresso. Pertanto, T := Q i Q j. (2) La quantità di moto per unità di tempo, vista l ipotesi di stazionarietà, è interpretabile come il prodotto tra una portata in massa ed una velocità. Supponiamo di avere n i flussi in ingresso, ciascuno con portata ṁ h i e velocità di captazione u h i (h = 1,..., n i ) ed analogamente n j flussi in uscita, ciascuno con portata ṁ k j e velocità di eiezione uk j (k = 1,..., n j), essendo le velocità di captazione ed eiezione le velocità relative rispetto al velivolo dei flussi in ingresso ed uscita, rispettivamente. Le velocità assolute dei flussi rispetto all aria circostante sono dunque (V + u h i ) e (V + uh j ). Pertanto, le quantità di moto

7 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE 7 corrispondenti sono date da n i Q i = Q j = ṁ h i h=1 n j ṁ k j k=1 ( V + u h i ), ( V + u k j ). (3) Naturalmente, n i h=1 ṁh i = n j k=1 ṁk j, ossia la somma delle portate in ingresso uguaglia quella delle portate in uscita. Risulta pertanto n i T = ṁ h i u h i ṁ k j u k j. (4) h=1 La potenza disponibile (available power) P a è definita come il prodotto scalare della spinta per la velocità all aria, ossia il lavoro per unità di tempo prodotto dalla spinta, P a := T V, (5) mentre la potenza perduta (lost power) P k è definita come l energia cinetica per unità di tempo del flusso in uscita, n j k=1 P k := 1 2 n j k=1 ṁ k j ( V + u k j ) 2, (6) essendo (V + u k j ) la velocità assoluta di ciascuna portata in uscita rispetto all aria circostante. Il termine P k rappresenta quindi una potenza che non può essere sfruttata per la propulsione. La somma di queste potenze è la potenza totale P s scambiata nel processo di generazione della spinta: P s := P a + P k. (7) La qualità del processo di generazione della spinta può essere valutata attraverso il rendimento propulsivo (propulsive efficiency) η p, definito da η p := P a P s. (8) Il rendimento propulsivo indica quindi la percentuale di potenza scambiata che risulta effettivamente disponibile per la propulsione. In generale, il rendimento propulsivo è tanto più alto quanto minore è l energia cinetica per unità di tempo conferita al flusso in uscita. In effetti, η p = P a P a + P k = P, (9) k P a pertanto η p risulta positivo e compreso nell intervallo (0, 1]. In particolare, il massimo valore (ossia l unità) si ottiene quando u k j = V, (k = 1,..., n j), ossia quando la velocità assoluta di tutti flussi in uscita è nulla.

8 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE Tipi di propulsori Ipotesi semplificative Nel seguito esamineremo singoli modelli propulsivi elementari relativi ad alcuni dei propulsori più significativi. Per semplicità, il flusso sarà assunto monodimensionale, in modo che compaiano unicamente grandezze scalari. L ulteriore ipotesi che soggiace alla trattazione seguente è quindi: flusso assiale, ossia velocità di ingresso ed uscita collineari, ed in particolare quindi parallele alla velocità di volo V. Pertanto, essendo V = V e a x, abbiamo u h i = U h i ea x per le velocità di captazione e u k j = U k j ea x per le velocità di eiezione, con U h i, U k j 0 (h = 1,..., n i, k = 1,..., n j ). Le formule viste per le portate in ingresso e in uscita risultano quindi per la spinta risulta n i Q i = Q j = mentre per le potenze abbiamo ṁ h i h=1 n j ṁ k j k=1 ( V U h i ), ( V U k j ), (10) n i T = ṁ h i Uj h ṁ k j Ui k, (11) h=1 P k = 1 2 n j k=1 P a = T V, (12) n j k=1 ṁ k j ( V U k j ) 2. (13) Consideriamo inoltre l aria circostante il propulsore in quiete Motoelica In un propulsore a combustione interna collegato ad un elica, la portata in massa elaborata è costituita dalla portata d aria ṁ a richiamata dall ambiente e accelerata dall azione dell elica più la portata di combustibile ṁ f bruciato. La portata d aria ha velocità di captazione Ui a = V, essendo l aria in quiete, e di eiezione Uj a = U j. La portata di combustibile ha velocità di captazione U f i = 0, essendo questo immagazzinato a bordo del velivolo, e di eiezione U f j = 0, dato che i gas di scarico vengono rilasciati attraverso condotti che gli conferiscono una velocità relativa rispetto al velivolo del tutto trascurabile. Di fatto, quindi, la portata di combustibile non contribuisce alla spinta (per di più, di norma è molto inferiore alla portata d aria).

9 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE 9 è Pertanto, per un motoelica la quantità di moto per unità di tempo in ingresso mentre quella in uscita è data da La spinta risulta quindi data da Q i = ṁ f V, (14) Q j = ṁ a (V U j ) + ṁ f V. (15) T = ṁ a (U j V ), (16) il che mette in evidenza come sia possibile ottenere la propulsione in una certa direzione soltanto accelerando in verso opposto la massa d aria elaborata, ossia per U j > V. La spinta T del motoelica è dunque proporzionale alla portata del flusso d aria elaborato e al salto di velocità impresso a tale flusso, (U j V ). La potenza disponibile è data da la potenza perduta da P a = ṁ a (U j V ) V, (17) P k = 1 2 ṁa (U j V ) 2, (18) avendo trascurato il contributo fornito dai gas di scarico per l esiguità del rapporto ṁ f /ṁ a. La potenza totale scambiata risulta quindi data da P s = 1 2 ṁa (U 2 j V 2 ). (19) La potenza totale scambiata quindi risulta data dalla differenza delle energie cinetiche relative per unità di tempo tra il flusso in uscita ed il flusso in ingresso. Il rendimento propulsivo risulta η p = 2 V V + U j = U j V, (20) perciò cresce al diminuire di U j /V, come si vede nella figura??. In effetti, per U j = V (elica non funzionante) si ha η p = 1, come per qualunque macchina a riposo. Il rendimento propulsivo effettivo dell elica raggiunge valori tipici intorno a Un funzionamento ideale dal punto di vista energetico, ossia con elevati rendimenti propulsivi, comporta quindi condizioni operative in cui il salto di velocità imposto al flusso dall elica è relativamente modesto. Di conseguenza, per ottenere valori accettabili di spinta si dovranno elaborare elevate portate d aria. Ciò porta a elevate superfici del disco dell elica e quindi a dimensioni importanti del gruppo motopropulsore. Queste considerazioni giustificano concettualmente perchè i propulsori ad elica siano utilizzati per accelerare grandi portate d aria conferendo limitati salti di velocità. Le velocità di volo operative corrispondono a condizioni di basso e medio regime subsonico, per motivi di tipo aerodinamico e strutturale che saranno chiari nella sezione dedicata all elica.

10 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE Endoreattore L endoreattore, o motore a razzo, rappresenta per certi versi l estremo opposto del motoelica. Infatti, per l endoreattore non compare una portata d aria, tanto in ingresso, quanto in uscita, essendo tutto il flusso prodotto dalla combustione del propellente contenuto all interno del velivolo. La portata di combustibile ṁ f ha velocità di captazione U f i = 0, essendo questo immagazzinato a bordo del velivolo, e di eiezione U f j = U j. Pertanto, per un endoreattore la quantità di moto per unità di tempo è mentre quella in uscita è data da La spinta risulta quindi data da Q i = ṁ f V, (21) Q j = ṁ f (V U j ). (22) T = ṁ f U j. (23) La spinta del razzo è dunque proporzionale alla portata del flusso di propellente elaborato e alla velocità relativa del flusso in uscita rispetto al velivolo e, fatto notevole, non dipende dalla velocità di volo. La potenza disponibile è data da P a = ṁ f U j V, (24) la potenza perduta da P k = 1 2 ṁf (U j V ) 2, (25) la potenza totale scambiata da Il rendimento propulsivo risulta quindi P s = 1 2 ṁf (U 2 j + V 2 ). (26) U j U j V 2 η p = 2 Uj 2 + V 2 = V ( ) 2. (27) Uj 1 + V L andamento del rendimento in funzione di U j /V non è monotono, come si vede nella figura??. In particolare, si può notare come si possano ottenere valori accettabili di η p anche per U j < V, ossia per un regime operativo del tutto compatibile con le esigenze di spinta, dato che quest ultima non dipende dalla velocità di volo. Inoltre, per U j = V si ha η p = 1, in quanto tutta l energia

11 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE 11 scambiata viene convertita in spinta, essendo i gas di scarico fermi rispetto all ambiente. Un funzionamento ideale dal punto di vista energetico, ossia con elevati rendimenti propulsivi, comporta quindi condizioni operative in cui la velocità di volo è prossima alla velocità di eiezione. Quest ultima è determinata sostanzialmente dal processo di combustione e dalle forme interne del motore e dell ugello, e i suoi valori tipici si trovano attorno a m/s. Queste considerazioni giustificano concettualmente perchè i propulsori a razzo siano utilizzati di norma per elevatissime velocità operative, accelerando portate di propellente relativamente ridotte. Un impiego minore consiste nell uso di piccoli endoreattori per incrementare la spinta in situazioni particolarmente gravose, come nel decollo corto a pieno carico di velivoli cargo militari (JATO, jet-assisted take-off ). In questo caso, si fa uso di razzi per l elevata spinta in rapporto alle dimensioni, senza riguardo per il rendimento propulsivo Esoreattore Il caso dell esoreattore nelle sue varie declinazioni è, in un certo senso, intermedio tra quello del motoelica e quello del razzo. Infatti, in questo caso in ingresso si hanno entrambi i flussi d aria e di combustibile, entrambi capaci di contribuire alla spinta. Consideriamo separatamente i tipi di esoreattore più interessanti. Turbogetto In un turbogetto, la portata in massa elaborata è costituita dalla portata d aria ṁ a richiamata dall ambiente più la portata di combustibile ṁ f bruciato, entrambe accelerate dalla combustione e dall espansione nell ugello. La portata d aria ha velocità di captazione Ui a = V, essendo l aria in quiete, e di eiezione Uj a = U j. La portata di combustibile ha velocità di captazione U f i = 0, essendo questo immagazzinato a bordo del velivolo, e di eiezione U f j = U j. Pertanto, per un turbogetto la quantità di moto per unità di tempo in ingresso è Q i = ṁ f V, (28) mentre quella in uscita è data da La spinta risulta quindi data da Q j = (ṁ a + ṁ f ) (V U j ). (29) T = ṁ a (U j V ) + ṁ f U j, (30) La spinta dell esoreattore è dunque composta di due contributi: uno dovuto alla sola portata in massa di combustibile, che cresce al crescere della velocità di eiezione e non dipende dalla velocità di volo (analogamente al razzo); l altro dovuto alla sola portata in massa d aria, che cresce al crescere del salto di velocità relativa impostogli (analogamente al motoelica).

12 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE 12 Definendo il rapporto si ha T = ṁ f V A := ṁa + ṁ f ṁ f = ṁa ṁ f + 1, (31) ( ( ) ) Uj A V (32) Il valore di A è solitamente compreso tra 50 e 100 (infatti la combustione avviene con grande eccesso d aria per evitare un eccessivo riscaldamento), pertanto tipicamente A(U j /V 1) 1. Si noti che la spinta è positiva per U J > V (A 1)/A, e quindi anche per una limitata gamma di condizioni in cui U J < V. La potenza disponibile è data da P a = ṁ f U j V + ṁ a (U j V ) V ( ) ) = ṁ f V (A 2 Uj V 1 + 1, (33) la potenza perduta da P k = 1 2 (ṁa + ṁ f )(U j V ) 2 = 1 2 ṁf V 2 A ( ) 2 Uj V 1, (34) la potenza totale scambiata da P s = 1 2 ṁf (Uj 2 + V 2 ) ṁa (Uj 2 V 2 ) ( = 1 (Uj ) ) 2 2 ṁf V (A 2 1) + 2. V (35) Il rendimento propulsivo risulta quindi η p = 2 V 2 + A (U j V ) V 2 V 2 + A (Uj 2 V 2 ) ( ) Uj A V = 2 ( (Uj ) 2, A 1) + 2 V (36) perciò, per A fissato, cresce al diminuire di U j /V, assumendo il valore massimo unitario per un valore di U j pari a V, come si vede nella figura??. In particolare,

13 2 MECCANICA DELLA PROPULSIONE 13 si può notare come esista una gamma ridotta di condizioni in cui U j < V corrispondenti ad elevati valori di η p. L andamento del rendimento propulsivo in funzione di U j /V non subisce variazioni importanti al variare di A [50, 100] e anche oltre, com è mostrato dalla figura??. Tuttavia, è importante osservare che, fissato il rapporto U j /V, al crescere di A si hanno rendimenti propulsivi maggiori. In altre parole, fissando la velocità di volo V, un certo valore di η p, può essere ottenuto con velocità di eiezione U j inferiori se si aumenta A. L esoreattore rappresenta una classe di propulsori comprendente principalmente il turboreattore (turbojet), lo statoreattore (ramjet) ed il pulsoreattore (pulsejet). A parte impieghi di nicchia dello statoreattore, il turboreattore e le sue varianti rappresentano i tipi di gran lunga più utilizzati nei velivoli di serie. Tali varianti sono fondamentalmente la turboventola (turbofan) ed il turboelica (turboprop). Turboventola e turboelica La turboventola è oggi il tipo di propulsore maggiormente utilizzato, sia in campo civile, sia in campo militare, per velivoli con velocità di crociera alto-subsoniche, per M > 0.6, transoniche ed anche supersoniche. La turboelica invece trova grande applicazione nei velivoli civili e militari con velocità di crociera medio-subsoniche, per M [0.4, 0.6]. Questi propulsori realizzano di fatto situazioni in cui la portata d aria elaborata è sempre più preponderante rispetto a quella di combustibile. La loro convenienza deriva quindi da una generalizzazione delle considerazioni precedenti riguardo all andamento del rendimento del turbogetto con il parametro A. Nel caso della turboventola, che è costituita da un turbogetto accoppiato ad una ventola intubata, una parte del flusso elaborato dalla ventola, detto flusso secondario o flusso freddo (secondary stream o cold jet), viene semplicemente accelerato secondo il principio di funzionamento dell elica, rimanendo materialmente separato dalla parte del flusso che partecipa alla combustione, detto flusso primario o flusso caldo (primary stream o hot jet). Nel caso della turboelica, che è costituita da un turbogetto accoppiato ad una vera e propria elica aeronautica, il flusso freddo elaborato dall elica è il principale responsabile della generazione della spinta, mentre il getto caldo eiettato dall ugello del propulsore fornisce un contributo minore, sebbene non trascurabile. In entrambi i casi, si può schematizzare il processo della propulsione attraverso la messa in parallelo di un turbogetto ed un elica (o una ventola), il primo che tratta una portata d aria ṁ ha con velocità di eiezione Uj h, la seconda una portata d aria ṁ ca con velocità di eiezione Uj c. Il rapporto B := ṁca ṁ ha (37) tra le portate del flusso caldo e del flusso freddo per una turboventola è detto rapporto di diluizione (by-pass ratio o BPR). Il valore del BPR può variare tra frazioni dell unità (turbofan a basso rapporto di diluizione) e 5 8 (turbofan ad alto rapporto di diluizione).

14 3 L ELICA AERONAUTICA 14 La spinta risulta quindi data da T = ṁ ha (Uj h V ) + ṁ f Uj h + ṁ ca (Uj c V ) ( (( ) ( )) U h = ṁ f j U h V (A 1) V 1 j + B V ) (38) e dipende quindi dai rapporti Uj h/v (relativamente elevato) e U j c /V (relativamente ridotto, ma maggiore di 1), avendo conservato il significato del parametro A := (ṁ ca + ṁ f )/ṁ f come relativo al solo flusso caldo. Si vede dunque che la spinta può ricevere un contributo molto significativo per valori elevati di B, come nel caso di turboeliche e turboventole ad alto BPR. Omettiamo ulteriori sviluppi, rimarcando semplicemente che, sia che si ottenga un sensibile aumento della spinta, sia che questo sia ridotto (bassi BPR), si ottengono significativi miglioramenti del rendimento propulsivo, che raggiunge valori tipici intorno a per velivoli di linea. Infatti la potenza totale viene scambiata in modo più efficiente all aumentare di B. 3 L ELICA AERONAUTICA L elica (propeller) è un organo propulsore ampiamente utilizzato in aeronautica, tipicamente per velivoli basso e medio subsonici, accoppiata ad un motore alternativo (motoelica) oppure ad una turbina a gas (turboelica). L elica è formata da un mozzo su cui sono calettate due o più pale, dotate di asse perpendicolare a quello del mozzo e le cui sezioni sono sagomate come profili alari. Il funzionamento dell elica come organo propulsore è dovuto all azione aerodinamica sviluppata dalle pale quando sono poste in rotazione. Le pale, a tutti gli effetti paragonabili funzionalmente a delle ali (ancorché la loro forma di dettaglio sia normalmente assai diversa), producono una distribuzione di forze locali il cui risultante fornisce essenzialmente la spinta (o trazione 3 ), mentre il momento risultante bilancia la coppia fornita dal motore. 3.1 Geometria dell elica La geometria dell elica è caratterizzata dalla geometria della singola pala, dall angolo con cui ogni pala è montata sul mozzo, detto calettamento delle pale, ed infine dal numero di pale n b. L area spazzata dalle pale durante la rotazione dell elica è detta disco dell elica, di diametro D e raggio R = D/2. Ogni pala ha un apertura pari a b b = R r h, essendo r h il raggio del mozzo (dove si trova la radice della pala) Essendo le sezioni trasversali delle pale date da profili alari (caratterizzati quindi dalle consuete quantità geometriche: corda, linea media, distribuzione di spessore), la geometria della pala è descritta dai seguenti elementi: 3 Il termine trazione è normalmente utilizzato per le eliche traenti, ossia poste di fronte al gruppo propulsore, mentre spesso si usa il termine spinta per le eliche spingenti, poste dietro al gruppo propulsore. In questa sede, utilizziamo entrambi i termini senza particolari preferenze.

15 3 L ELICA AERONAUTICA 15 distribuzione dei profili alari lungo il raggio, in dipendenza quindi dell ascissa radiale r [r h, R]; distribuzione delle corde dei profili c(r); distribuzione dell angolo di svergolamento dei profili ζ(r). L ultima grandezza è definita come l angolo formato dall asse della corda di ciascun profilo rispetto all asse corda del profilo alla radice della pala, ed è quindi nullo per r = r h e massimo per r = R. Valori tipici per ζ(r) arrivano a Una grandezza correlata è l angolo di calettamento dei profili β(r), ossia l angolo formato dall asse della corda di ciascun profilo rispetto al piano del disco dell elica. L angolo di calettamento risulta dunque dato dalla somma dell angolo di svergolamento e dell angolo di calettamento del profilo alla radice della pala: β(r) = ζ(r) + β(r h ). (39) Per caratterizzare l orientazione di una pala rispetto al mozzo, si fa uso di un valore convenzionale dell angolo di calettamento, tipicamente quello corrispondente al 75% del raggio dell elica, indicato con β 0.75, β 0.75 := β(0.75 R). (40) Considerando una singola sezione a distanza r dall asse del mozzo, si definisce passo geometrico p g lo spazio di cui la sezione avanzerebbe a seguito di un giro completo se il profilo si avvitasse in un mezzo compatto, p g (r) := 2 π r tan β(r). (41) Si tratta quindi di una grandezza univocamente legata all angolo di calettamento locale. L avanzamento effettivo è detto passo aerodinamico o effettivo p a ed ha naturalmente lo stesso valore per tutti i profili dell elica, essendo determinato dalla traslazione d insieme del velivolo, che supponiamo avvenga lungo la direzione dell asse dell elica con velocità V, p a := 2 π r V v t (r), r [r h, R], (42) dove con v t (r) = Ω r indichiamo la componente rotatoria della velocità della sezione a distanza r dall asse dell elica. Pertanto, p a = 2 π r V Ω r = 2 π V Ω = V N, (43) dove N rappresenta il numero di giri dell elica, pari quindi all inverso del periodo di rotazione, N = Ω 2 π. (44)

16 3 L ELICA AERONAUTICA 16 Le pale di un elica sono tipicamente caratterizzate da sagome complesse e molto svergolate, il che comporta variazioni delle diverse grandezze geometriche citate assai ingente tra radice ed estremità della pala. Una geometria tipica presenta, al crescere di r dalla radice all estremità: un andamento della corda inizialmente crescente e poi decrescente oppure costante, secondo una distribuzione che coniuga esigenze sia strutturali, sia aerodinamiche; un andamento dello spessore massimo dei profili decisamente decrescente, in ragione ancora di considerazioni strutturali ed aerodinamiche. un andamento dell angolo di calettamento decrescente, con cui si cerca di ottenere una differenza (p g p a ) grossomodo costante, in base a motivazioni di ottimizzazione aerodinamica. Infatti, la differenza tra il passo geometrico di una sezione ed il passo effettivo p g (r) p a = 2 π r tan β(r) V N, (45) può essere in generale positiva o negativa, a seconda delle condizioni operative, ossia dei valori assunti dalle variabili (V, N). Come sarà chiaro nella sezione 3.5.2, questa differenza è correlata all angolo d incidenza locale della sezione, per cui è prescritto un opportuno valore di progetto, prossimo a quello di massima efficienza, in corrispondenza dei valori di progetto per (V, N). 3.2 Forze sull elica Lo scopo dell elica è la conversione della potenza resa disponibile sull albero dal motore ad essa accoppiato, detta potenza all albero (shaft brake power) P b in potenza disponibile P a, essendo la prima data dal prodotto della coppia motrice C per la velocità angolare Ω dell elica, P b = C Ω, (46) mentre la seconda è definita come il prodotto scalare della spinta T per la velocità di volo V, P a = T V. Si noti che nel caso dell elica, la potenza all albero P b coincide con la potenza totale scambiata P s definita precedentemente. A seguito della loro rotazione e dell eventuale traslazione del velivolo, sulle pale dell elica si sviluppa un complesso sistema di forze aerodinamiche di risultante T e momento risultante Γ H, essendo H il centro del mozzo. Le componenti più significative del risultante e del momento risultante sono certamente quelle lungo l asse dell elica. Infatti, a seconda delle condizioni di volo, T e Γ H possono avere componenti anche considerevoli nel piano del disco dell elica che, pur contribuendo significativamente alla dinamica del velivolo, rappresentano effetti collaterali e spesso indesiderati. La condizione di lavoro di progetto per l elica è quella di volo rettilineo uniforme simmetrico in cui il versore dell asse dell elica stessa, indicato con e p,

17 3 L ELICA AERONAUTICA 17 coincide con il versore della velocità di volo e a x. In tali condizioni, i risultanti possiedono componenti medie sul giro soltanto lungo l asse dell elica, ossia T = T e p, Γ H = Γ H e p. (47) Supponendo che il regime di rotazione sia uniforme, ossia che Ω = const., vale Γ H = C. (48) ossia il valore della coppia resistente equilibra quello della coppia motrice. Supponendo condizioni di volo rettilineo uniforme simmetrico, che corrisponde ad un flusso stazionario con condizioni imperturbate a monte di corrente assiale uniforme, è possibile dedurre i principali parametri da cui dipendono la spinta T e la coppia C. Infatti, data la natura aerodinamica del sistema di forza sulle pale dell elica è immediato considerare una dipendenza da un valore di densità di riferimento, un valore di viscosità di riferimento, un valore di velocità del suono di riferimento, tutti assunti pari a quelli dell ambiente indisturbato (ρ, µ, a); una dimensione di riferimento, assunta pari al diametro D del disco dell elica, un valore di velocità di traslazione di riferimento, assunto pari alla velocità di volo V, ed uno di velocità angolare, identificato nel numero di giri N; il numero di pale n b ed il loro passo nominale, identificato dal calettamento nominale β 0.75 ; un insieme di grandezze opportune che lasceremo qui indefinite che tengono conto della forma geometrica delle pale e del grado di finitura superficiale. Risulta quindi che, indicando per brevità tanto T quanto C col simbolo B, la forma funzionale generale per i risultanti delle forze sull elica è la seguente: B = B(N, V, ρ, a, µ, D, n b, β 0.75, forma). (49) Con questa forma funzionale generale, possiamo affrontare l analisi dimensionale per i risultanti delle azioni propulsive. 3.3 Analisi dimensionale Dalla forma funzionale 49, il passo successivo consiste nel chiedersi quale sia l effettiva dipendenza dei risultanti delle azioni propulsive dalle grandezze evidenziate sopra. Un modo per rispondere a tale domanda è fornito dal procedimento detto analisi dimensionale, che affrontiamo di seguito.

18 3 L ELICA AERONAUTICA Teorema di Buckingham Il procedimento di analisi dimensionale può essere visto come un applicazione di un potente strumento teorico noto come Teorema Π o Teorema di Buckingham (E. Buckingham, 1914), che trova il suo utilizzo nelle più diverse branche della fisica. Tale teorema asserisce che: ogni equazione fisica, dipendente da n variabili fisiche {q i } che siano esprimibili in termini di k quantità fisiche fondamentali indipendenti, è rappresentabile come funzione di (n k) variabili adimensionali {π j } costruite moltiplicando fra loro combinazioni delle variabili originali. In altre parole, ogni equazione fisica del tipo può essere espressa nella forma f(q 1, q 2,..., q n ) = 0, (50) g(π 1, π 2,..., π n k ) = 0, (51) essendo le variabili adimensionali {π j } definite da equazioni del tipo π j = q ej1 1 qej q ejn n, j = 1,..., n k, (52) dove gli n (n k) esponenti {e ji } sono delle costanti. In linea di principio, l equazione 51 può essere esplicitata rispetto ad una delle variabili adimensionali, ad esempio la prima, nella forma π 1 = ϕ(π 2,..., π n k ). (53) Questo comporta quindi un legame tra le variabili fisiche che concorrono a formare la variabile adimensionale π 1 e le restanti variabili adimensionali {π j } con j = 2,..., n. Un modo per determinare un insieme di variabili adimensionali tra tutti quelli possibili consiste nel definirli come segue: π j = q ej1 1 qej q e jk k q k+j, j = 1,..., n k, (54) ossia mettendo in relazione biunivoca ciascun {π j } con ciascun {q k+j }. Questo corrisponde all aver scelto quali quantità fisiche fondamentali le prime k variabili fisiche {q j } con j = 1,..., k, il che consente quindi di esprimere attraverso queste quantità le (n k) variabili rimanenti {q j } con j = k + 1,..., n. Notiamo che le equazioni 54 comportano che gli esponenti devono soddisfare il requisito di consistenza dimensionale, ossia che [q 1 ] ej1 [q 2 ] ej2... [q k ] e jk [q k+j ] = [π j ] [1], j = 1,..., n k, (55) avendo indicato con [ ] la dimensione della grandezza. Pertanto, da ognuna delle equazioni 55 è possibile, sostituendo ad ogni termine [q i ] il suo valore

19 3 L ELICA AERONAUTICA 19 dimensionale, ottenere k equazioni per i k esponenti che vi compaiono, ottenendo così la definizione completa di ogni variabile adimensionale. Il Teorema di Buckingham fornisce quindi un modo per calcolare le variabili adimensionali (spesso detti numeri caratteristici) che governano un certo fenomeno, nonostante la forma dell equazione fisica non sia nota a priori. Ciò fornisce agli sperimentatori una notevole conoscenza preliminare di un dato fenomeno di cui si vuole determinare l equazione che lo governa. Due sistemi fisici che siano caratterizzati dagli stessi numeri adimensionali sono detti simili o in similitudine. Essi risultano dunque equivalenti dal punto di vista dell equazione che li governa. Questa circostanza ha un rilievo enorme in tutte le branche della fisica, tanto dal punto di vista teorico, quanto da quello sperimentale Caratterizzazione delle dipendenze Il procedimento dell analisi dimensionale per le azioni propulsive consiste nell applicare il teorema di Buckingham ai loro risultanti, ossia alle grandezze espresse attraverso l equazione 49. Consideriamo dunque B = B(N, V, ρ, a, µ, D, n b, β 0.75, forma), (56) e notiamo che (n b, β 0.75 ) sono grandezze adimensionale, mentre con forma si può intendere un insieme, qui imprecisato, di variabili adimensionali che caratterizzano le proporzioni del velivolo attraverso rapporti tra grandezze omogenee (lunghezze, superfici, volumi). Pertanto, l insieme delle variabili (n b, β 0.75, forma) è costituito da numeri adimensionali indipendenti tra loro determinati a priori, che possiamo escludere dal procedimento seguente. Infatti, consideriamo le variabili fisiche {q i } date da {B, N, V, ρ, a, µ, D} e quindi n = 7; le quantità fisiche fondamentali date da {massa M, lunghezza L, tempo T } e quindi k = 3 (infatti le dimensioni delle variabili fisiche citate sopra sono tutte ottenibili con combinazioni opportune di queste tre quantità); le variabili adimensionali {π j }m, in numero quindi di n k = 4. È quindi possibile assumere che vi sia una relazione ovvero che si abbia g(π 1, π 2, π 3, π 4, n b, β 0.75, forma) = 0, (57) π 1 = ϕ(π 2, π 3, π 4, n b, β 0.75, forma). (58) Per determinare le quattro variabili adimensionali (π 1, π 2, π 3, π 4 ), scegliamo le tre variabili fisiche (ρ, N, D) quali indipendenti e quindi scriviamo quindi le variabili adimensionali come segue π 1 = ρ e1ρ N e 1N D e 1D B, π 2 = ρ e2ρ N e 2N D e 2D V, π 3 = ρ e3ρ N e 3N D e 3D a, π 4 = ρ e4ρ N e 4N D e 4D µ, (59)

20 3 L ELICA AERONAUTICA 20 facendole corrispondere alle variabili fisiche (B, V, a, µ). Deve quindi essere [ρ] e1ρ [N] e 1N [D] e 1D [B] = [1], [ρ] e2ρ [N] e 2N [D] e 2D [V ] = [1], [ρ] e3ρ [N] e 3N [D] e 3D [a] = [1], [ρ] e4ρ [N] e 4N [D] e 4D [µ] = [1]. (60) Viste le dimensioni di densità, numero di giri, diametro, velocità di volo, velocità del suono, viscosità e azione risultante B, date nella tabella seguente: Grandezza Dimensione ρ M L 3 N T 1 D L V L T 1 a L T 1 µ M L 1 T 1 B M L m T 2 con m = 1, 2 a seconda che con B si consideri il risultante o il momento risultante delle azioni propulsive, otteniamo (M L 3 ) e1ρ (T 1 ) e 1N (L) e 1D (M L m T 2 ) = 1, (M L 3 ) e2ρ (T 1 ) e 2N (L) e 2D (L T 1 ) = 1, (M L 3 ) e3ρ (T 1 ) e 3N (L) e 3D (L T 1 ) = 1, (M L 3 ) e4ρ (T 1 ) e 4N (L) e 4D (M L 1 T 1 ) = 1. (61) Perchè vi sia consistenza dal punto di vista dimensionale, la somma degli esponenti risultanti per ciascuna quantità (M, L, T ) deve annullarsi; abbiamo quindi per π 1, per π 2, e 1ρ + 1 = 0, 3 e 1ρ + e 1D + m = 0, e 1N 2 = 0, e 2ρ = 0, 3 e 2ρ + e 2D + 1 = 0, e 2N 1 = 0, e 3ρ = 0, 3 e 3ρ + e 3D + 1 = 0, e 3N 1 = 0, (62) (63) (64)

21 3 L ELICA AERONAUTICA 21 per π 3, ed infine e 4ρ + 1 = 0, 3 e 4ρ + e 4D 1 = 0, e 4N 1 = 0, (65) per π 4. Risolvendo, si trovano i valori e 1ρ = 1, e 1N = 2, e 1D = (3 + m), e 2ρ = 0, e 2N = 1, e 2D = 1, e 3ρ = 0, e 3N = 1, e 3D = 1, e 4ρ = 1, e 4N = 1, e 4D = 2, (66) e quindi le variabili adimensionali risultano date da π 1 = B ρ N 2 D, π (3+m) 2 = V N D, π 3 = a N D, π µ 4 = ρ N D 2. (67) Naturalmente, è possibile sostituire le variabili adimensionali appena determinate con loro inversi e/o multipli. Nel caso presente, risulta molto significativo definire il rapporto di funzionamento (advance ratio) J, come segue: J := Essendo D = 2 R, Ω = 2 π N e p a = V/N, si ha V ND. (68) J = π V Ω R = π V v t (R) = p a D. (69) Il rapporto di funzionamento quindi rappresenta il rapporto tra il passo aerodinamico, ossia l entità dell avanzamento dell elica nell aria circostante dopo un giro completo, ed il diametro dell elica stessa, oppure, equivalentemente, il rapporto tra la velocità di avanzamento dell elica e la velocità di rotazione del punto estremo di ogni pala, a meno della costante π. Come vedremo, il rapporto di funzionamento ricopre per i risultanti delle azioni propulsive una funzione analoga a quelle dell angolo d incidenza per i risultanti delle azioni aerodinamiche. Introducendo il parametro J, si vede immediatamente che π 2 J, mentre π 3 = J/M e π 4 = (L/D) J/Re, essendo il numero di Mach di volo M definito da ed il numero di Reynolds di volo Re definito da M := V a, (70) Re := ρ V L µ, (71)

22 3 L ELICA AERONAUTICA 22 dove L è una lunghezza di riferimento opportuna per il velivolo. Inoltre, definiamo coefficiente adimensionale corrispondente a B la grandezza C B := B, (72) q d N 2 D (3+m) Si vede quindi che C B è pari proprio a π 1. A questo punto, possiamo invertire l equazione 72 scrivendo B = ρn 2 D (3+m) C B, (73) e, data l equazione 58, la dipendenza di π 1 da (π 2, π 3, π 4, n b, β 0.75, forma) equivale alla dipendenza di C B da (J, M, Re, n b, β 0.75, forma), per cui B = ρn 2 D (3+m) C B (J, M, Re, n b, β 0.75, forma). (74) Quest ultima espressione consente la definizione delle equazioni costitutive generali per le azioni propulsive dell elica attraverso i loro coefficienti adimensionali, un risultato alla base di tutti i procedimenti di progetto, analisi e verifica di questo dispositivo fondamentale per lo sviluppo dell aeronautica Coefficienti adimensionali di spinta, coppia e potenza Tornando ora esplicitamente a risultanti delle azioni propulsive, ossia la spinta T e la coppia C, al posto della grandezza generica B, abbiamo il coefficiente di spinta (thrust coefficient) C T, C T := ed il coefficiente di coppia (torque coefficient) C C, C C := attraverso cui possiamo scrivere le equazioni T ρn 2 D 4, (75) C ρn 2 D 5, (76) T = ρ N 2 D 4 C T (J, M, Re, n b, β 0.75, forma), C = ρ N 2 D 5 C C (J, M, Re, n b, β 0.75, forma). (77) Come si vede, secondo l analisi appena svolta, i risultanti delle azioni propulsive risultano proporzionali al prodotto della densità dell aria, del quadrato del numero di giri e della quarta (caso della spinta) oppure della quinta (caso della coppia) potenza del diametro attraverso i due coefficienti adimensionali C T e C C che dipendono dal rapporto di funzionamento, dai numeri di Mach e Reynolds di volo, dal numero di pale, dal passo nominale e dalla forma delle pale dell elica. Pertanto, l entità della spinta cresce con la densità (decresce quindi con la quota), con il quadrato del numero di giri, con il quadrato dell area del disco dell elica a parità di valori assunti dal rapporto di funzionamento, dai numeri di

23 3 L ELICA AERONAUTICA 23 Mach e Reynolds di volo, e a parità di geometria dell elica. Analogamente per la coppia assorbita, eccetto che invece del quadrato, la dipendenza dell area del disco risulta dalla potenza 5/2. Una conseguenza fondamentale dei risultati appena ottenuti consiste nel fatto che due eliche identiche nelle forme, ma non nelle dimensioni (ad esempio due modelli perfettamente in scala), rotanti a numero di giri diverso ed immerse in flussi diversi per velocità, densità, temperatura e viscosità, ma tali da fornire uguali valori del rapporto di funzionamento e dei numeri di Mach e di Reynolds di volo (eventualmente nulli, se a punto fisso), sviluppano coefficienti di spinta e coppia identici. Quanto detto si estende anche al coefficiente di potenza (power coefficient) C P, spesso utilizzato in alternativa a quello di coppia, C P := P b ρn 3 D 5, (78) che corrisponde alla formula seguente per la potenza all albero P b : P b = ρ N 3 D 5 C P (J, M, Re, n b, β 0.75, forma). (79) Infatti, essendo P b = C Ω e Ω = 2 π N, otteniamo C P = 2 π N C ρn 3 D 5 = 2 π ρ N 3 D 5 C C ρn 3 D 5 = 2 π C C, (80) il che mostra che C C e C P sono la stessa cosa, a meno della costante 2 π. Le espressioni 77 e 79 sono note come formule di Rénard Effetto dei numeri di Mach e Reynolds Abbiamo visto che i coefficienti di spinta e coppia/potenza dipendono dal numero di Mach e dal numero di Reynolds di volo. Infatti, come per qualsiasi corpo immerso in un flusso, la fenomenologia del campo aerodinamico attorno all elica è fortemente dipendente dalla distribuzione dei numeri di Mach e Reynolds locali sulle superfici esposte al flusso. Questi sono funzione dei valori locali delle grandezze di stato termodinamiche e della velocità, la quale è dovuta alla composizione del moto rotatorio dell elica con il moto del velivolo, che assumiamo per semplicità di traslazione uniforme. I numeri di Mach e Reynolds locali possono essere espressi in funzione dei valori assunti dai numeri di Mach e Reynolds di volo (M, Re) e dal rapporto di funzionamento J. Ad esempio, il numero di Mach locale all estremità delle pale M tip definito come M tip := U tip a tip, (81) dove U tip = V 2 + Ω 2 R 2 è il modulo della velocità locale del flusso all estremità della pala, risulta dato da V 2 + Ω M tip = 2 R 2 V 2 + π = 2 N 2 D 2, (82) a tip a tip

24 3 L ELICA AERONAUTICA 24 Quindi, escludendo il caso J = 0 e trascurando la differenza tra a tip e la velocità del suono dell ambiente indisturbato a, arriviamo a M tip = V ( 1 + π N D ) 2 ( π ) 2, = M 1 + (83) a V J Pertanto, si comprende come la combinazione di valori crescenti di M e/o decrescenti di J possa portare il numero di Mach locale all estremità delle pale a valori tali da comportare l insorgenza di fenomeni transonici, che rapidamente degradano le prestazioni aerodinamiche dell elica ed inducono crescenti livelli di vibrazione strutturale capaci di intaccare l integrità meccanica dell elica stessa e del propulsore nel suo insieme (motore, gruppo riduttore). Di fatto, quindi, l uso di propulsori ad elica risulta confinato alle applicazioni basso/medio subsoniche, in modo da limitare i valori di M tip sotto il valore critico per tutti i valori di J d interesse. L impatto del numero di Reynolds di volo, una volta assunto che l impiego del propulsore ad elica non comporti valori del numero di Mach di volo superiori a circa 0.6, non è tale da comportare ulteriori limitazioni all utilizzo dell elica. 3.4 Funzionamento dell elica Regimi di funzionamento L oggetto di questa sezione è la caratterizzazione dell andamento dei coefficienti di spinta e coppia al variare del rapporto di funzionamento per M e Re p costanti, avendo fissato la geometria dell elica. L andamento tipico è mostrato nella figura??, in cui si osserva che entrambi i coefficienti per J = 0 risultano positivi e che, in generale, si annullano per valori diversi di J, indicati rispettivamente con J ZT e J ZC. Ciò comporta la determinazione delle seguenti condizioni operative per l elica: elica a punto fisso, J = 0; l elica sviluppa la spinta massima; solitamente si ha il massimo rapporto tra spinta erogata e potenza assorbita; si verifica quando il velivolo è fermo al suolo con l elica in moto (oppure in volo a punto fisso se si tratta di un convertiplano o di un elicottero); elica traente, 0 < J < J ZT ; l elica sviluppa una spinta positiva, assorbendo una coppia positiva, che viene spesa in parte per vincere la resistenza aerodinamica delle pale, in parte per accelerare il flusso che attraversa il disco dell elica; il rapporto tra spinta erogata e potenza assorbita decresce al crescere di J; si tratta chiaramente delle condizioni d impiego normali;

25 3 L ELICA AERONAUTICA 25 elica a spinta nulla, J = J ZT ; l elica non sviluppa spinta, pur continuando ad assorbire una coppia positiva, spesa per vincere la resistenza aerodinamica delle pale; elica frenante, J ZT < J < J ZC ; l elica sviluppa una spinta negativa, assorbendo una coppia positiva, che viene spesa in parte per vincere la resistenza aerodinamica delle pale, in parte per decelerare il flusso che attraversa il disco dell elica; si tratta di una condizione operativa corrispondente a certe situazioni di volo in discesa; elica autorotante, J = J ZC ; l elica sviluppa una spinta negativa, assorbendo una coppia nulla; in questo caso, la potenza necessaria per vincere la resistenza aerodinamica delle pale è fornita dallo stesso flusso d aria che l attraversa (fenomeno detto di autorotazione); anche questa corrisponde a condizioni di volo in discesa; elica motrice o mulinello, J > J ZC ; l elica sviluppa una spinta negativa, assorbendo una coppia negativa; in altre parole, si comporta come un mulino a vento ed eroga una coppia motrice, corrispondente al divario tra la potenza assorbita dal flusso che l attraversa e quella necessaria a vincere la resistenza aerodinamica delle pale; si tratta di una condizione non operativa, che può essere pericolosa per l integrità del gruppo propulsore. Considerando anche il caso in cui Ω = 0, si può aggiungere la condizione di elica bloccata, J ; in questo caso all elica è impedita la rotazione (ad esempio per un avaria); la coppia che tende a farla ruotare assume valori molto elevati, per cui nelle moderne eliche a passo variabile in questo caso si procede a mettere in bandiera le pale, adattandone il calettamento in modo da ottenere una coppia nulla, e contestualmente riducendo la resistenza fornita dall elica ferma. Per concludere, citiamo a titolo di esempio che per un elica della serie NACA- 16 per valori di calettamento nominale β 0.75 compresi nell intervallo [10, 35 ], i valori di C T variano nell intervallo [0.0, 0.1] ed i valori di J ZT nell intervallo [0.6, 2.0].

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