Appunti sull analisi dimensionale per la modellazione del moto uniforme dei fluidi nei condotti circolari. 15 ottobre 2012

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1 Appunti sull analisi dimensionale per la modellazione del moto uniforme dei fluidi nei condotti circolari 5 ottobre 202

2 Analisi dimensionale e teorema Π Si consideri la relazione g 0 = f (g, g 2, g 3,..., g n ) () che sussiste fra le grandezze (g,..., g n ) che caratterizzano un dato fenomeno fisico e una grandezza di interesse g 0 atta a descrivere il suddetto fenomeno. Tra le grandezze (g,..., g n ) si scelgano tre grandezze di riferimento, fra di loro dimensionalmente indipendenti. Dette (g, g 2, g 3 ) tali grandezze, si può sempre scrivere: [g i ] = [g ] αi [g 2 ] βi [g 3 ] δi i = 0,..., n ovvero si possono sempre esprimere le dimensioni di ciascuna grandezza g i come prodotto di potenze delle tre grandezze di riferimento. Si considerino infine i rapporti adimensionali: Π i = g i g α i g2 β i g3 δ i i = 0,..., n (2) Il teorema di Buckingham, noto anche come teorema Π, afferma che il fenomeno descritto dalla () può essere parimenti descritto dalla: Π 0 = f(π 4,..., Π n ) (3) Ovvero è possibile ridurre il numero di variabili indipendenti di 3 unità. Sia noto inoltre che sono valide le trasformazioni: Π 0 = f(π 4,..., k Π i,..., Π n ) (4) Π 0 = f(π 4,...,,..., Π n ) Π i (5) laddove k è una costante adimensionale. Tale risultato è molto utile, come vedremo nel seguito, nello studio del moto turbolento dei fluidi. 2 Modellazione del moto dei fluidi nei condotti circolari Nello studio delle perdite di carico del moto uniforme di un fluido all interno di un condotto si assuma come incognita lo sforzo tangenziale, τ 0, che la corrente esercita sulle 2

3 pareti del tubo. Il valore assunto dal suddetto sforzo è legato alle perdite di carico per unità di lunghezza, J, secondo la nota relazione: τ 0 = γ R J laddove γ è il peso specifico del fluido in questione e R è il raggio idraulico del condotto, che per una tubazione circolare vale la quarta parte del diametro D. Con riferimento ad un condotto circolare, lo sforzo tangenziale è sicuramente dovuto alle caratteristiche della tubazione (il diametro D e la scabrezza della parete ɛ), alle caratteristiche cinematiche della corrente (che possono essere sintetizzate dalla velocità media di portata V ) e dalle proprietà fisiche del fluido (in particolare la densità ρ e la viscosità µ): τ 0 = τ 0 (D, ɛ, V, ρ, µ) (6) La maggiore o minore influenza di ciascuno dei suddetti parametri dipende dal regime di movimento (laminare, turbolento) e nel seguito la questione verrà affrontata nel dettaglio, volendo limitarsi qui ad un analisi di tipo generale. Applicando i concetti dell analisi dimensionale si è visto che è possibile ridurre di tre unità le grandezze da cui il fenomeno dipende. Si scelgano a tal fine come grandezze di riferimento la velocità V, il diametro D e la densità ρ. Si ricordi che: [V ] = L T [D] = L [ρ] = M L 3 Al fine di identificare i raggruppamenti adimensionali si cercano i valori che i tre esponenti α, β e δ assumono di volta in volta. Considerando lo sforzo tangenziale: [τ 0 ] = [ρ] α [V ] β [D] δ ( ) α ( ) β M M L T 2 L = L 3 L δ T Dunque accade che α =, β = 2 e δ = 0. Ricordando la (2) si può allora scrivere: Π τ0 = τ 0 ρv 2 Applicando lo stesso ragionamento alle altre due grandezze risulta: Π µ = Π ɛ = ɛ D µ ρv D 3

4 Di conseguenza la (6) può essere anche scritta: Π τ0 = f (Π µ, Π ɛ ) Si consideri, dei tre, il primo raggruppamento adimensionale Π τ0. Esso vale: Π τ0 = τ 0 ρv 2 = γ D 4 J ρv 2 = gdj 4V 2 laddove g è l accelerazione di gravità. Ricordando la nota formula di Darcy-Weisbach che lega le perdite di carico alla velocità del flusso idrico in un condotto circolare: risulta: J = λ D V 2 2g (7) Π τ0 = λ 8 Inoltre, facendo riferimento alla definizione del numero di Reynolds, si può facilmente notare che: Π µ = Re Pertanto, ricordando le (4-4), si può scrivere: ( λ = λ Re, ɛ ) D (8) Attraverso l analisi dimensionale si è pervenuti all equazione (8), riducendo il problema allo studio del fattore d attrito λ, del numero di Reynolds Re e della scabrezza relativa ɛ e delle loro reciproche influenze. Non avendo fatto alcuna ipotesi sul regime di moto D tale relazione è da considerarsi concettualmente valida sia per il moto laminare che per il moto turbolento. Come è stato già accennato, però, i parametri che compaiono nella (6) influiscono sul moto in misura maggiore o minore a seconda del regime di movimento e nel seguito si esaminerà come si specializza l equazione (8) nei singoli casi. 2. Moto laminare Sia nota la legge di Poiselle che lega le perdite di carico alla velocità media di portata in un condotto circolare in condizioni di moto laminare J = 32 µ γ V D 2 4 (9)

5 Uguagliando la legge di Poiselle all equazione di Darcy-Weisbach risulta: 32 µ γ V D 2 = λ V 2 D 2g λ = 64 Re L equazione (0) rappresenta la specializzazione del legame espresso dalla (8) nel caso di moto laminare. Come si evince, scompare completamente la dipendenza dalla scabrezza del tubo, per cui si può scrivere: λ = λ(re) (0) 2.2 Moto assolutamente turbolento L esperienza di Reynolds ha mostrato che all aumentare del numero di Reynolds aumenta la turbolenza del flusso idrico all interno di un condotto e il numero di Reynolds può essere quindi considerato, a ragion veduta, un indice del grado di turbolenza della corrente. La sua definizione, tra l altro, rappresenza il rapporto tra le forze inerziali e le forze viscose. È quindi possibile dedurre che per numeri di Reynolds molto alti, quando la turbolenza è completamente sviluppata, l influenza della viscosità sul moto è notevolmente limitata, o addirittura nulla. Pertanto la Π τ0 = f (Π µ, Π ɛ ) si specializza nella: e cioè: Π τ0 = f (Π ɛ ) ( ɛ ) λ = λ D In definitiva, nel moto assolutamente turbolento, scompare la dipendenza del fattore d attrito dal numero di Reynolds e il valore di λ dipende solo dalla tubazione impiegata per convogliare la corrente. L equazione di Darcy-Weisbach diventa quindi: ( ɛ ) V 2 J = λ D D 2g 5

6 cioè la cadente J è proporzionale al quadrato della velocità media di portata. È bene ricordare che alcune formule pratiche per il calcolo delle perdite di carico, come ad esempio le formule di Darcy, di Gauckler-Strickler e di Chezy, legano la cadente J al quadrato della portata secondo alcuni coefficienti che dipendono dal materiale e dalla geometria delle tubazioni. Secondo il ragionamento fin qui condotto è sensato ritenere che tali formule risultano valide solo nel regime di moto turbolento completamente sviluppato. Secondo alcuni ragionamenti, che traggono origine dagli studi sperimentali di Nikuradse sui tubi scabri, si può esprimere la dipendenza di λ dalla scabrezza relativa, secondo la: ( ) ɛ = 2 log 0 () λ 3.7 D 2.3 Moto turbolento di transizione Il moto turbolento di transizione costituisce un regime di moto in cui non è possibile definire nulla la dipendenza di λ né dal nunmero di Reynolds, né dalla scabrezza relativa Tubi lisci Si consideri dapprima il caso relativo a tubazioni idraulicamente lisce, ossia quelle tubazioni in cui la scabrezza è talmente piccola da non influire sulle perdite di carico. In tali circostanze si può scrivere: λ = λ(re) L ipotesi di Prantl sul percorso di mescolamento, unitamente ai ragionamenti del fisico v. Karman, hanno permesso di esprimere un legame teorico tra λ e il numero di Reynolds che intermpreta abbastanza bene i risultati sperimentali: ( ) 2.5 = 2 log 0 λ Re λ Tubi scabri Nel moto turbolento di transizione nei tubi scabri vale l equazione (8) nella sua formulazione generale: ( λ = λ Re, ɛ ) D (2) 6

7 In queste circostanze non è stato finora possibile determinare una formula teorica che leghi il valore del fattore d attrito al numero di Reynolds e alla scabrezza relativa, ma approfittando dell evidente analogia tra la () e la (2), i ricercatori Colebrook e White proposero di fonderne gli effetti sommando gli argomenti dei logaritmi: ( 2.5 = 2 log 0 λ Re λ + ) ɛ 3.7 D Sebbene tale espressione non abbia alcun significato fisico o razionale, il suo impiego è giustificato dall ottima approssimazione dei risultati sperimentali garantita da tale formula: essa può quindi essere considerata una buona formula interpolare della zona di transizione. (3) 3 L abaco di Moody Il legame espresso dalla (8) viene rappresentato graficamente, e per ogni regime di moto, dall abaco di Moody. 7

8 Figura : Abaco di Moody 8

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