Alessandra Ferlini ELEMENTI DI GENETICA DELLE POPOLAZIONI, EREDITARIETA POLIGENICA E MULTIFATTORIALE

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1 Alessandra Ferlini ELEMENTI DI GENETICA DELLE POPOLAZIONI, EREDITARIETA POLIGENICA E MULTIFATTORIALE CORSO INTEGRATO DI BIOLOGIA E GENETICA. 1 anno di corso Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

2 CONTENUTO DEL LIBRO CAPITOLO 1. Ereditarietà multifattoriale e malattie geniche complesse 2. Genetica di popolazione CAPITOLI

3 Eredità multifattoriale e malattie geniche complesse

4 Malattie genetiche Una malattia genetica è una patologia causata da modificazioni del genoma del paziente. Nella maggior parte dei casi una malattia genetica viene ereditata da uno o entrambi i genitori. Alcune malattie genetiche sono causate da mutazioni puntiformi o di pochi nucleotidi che alterano sequenze di DNA regolative o codificanti per una proteina: esempi sono l emofilia, la beta-talassemia e l alfa-talassemia, la fibrosi cistica, il daltonismo, lo pseudoermafroditismo e altre malattie (solo per gli esseri umani). In alcuni casi una malattia genetica può essere causata da alterazioni citogenetiche, come nel caso della Sindrome di Down (trisomia 21). Per altre malattie la mutazione può essere causa di predisposizione genetica. In questi casi, la patologia si sviluppa solo se in compresenza di altri fattori, come accade ad esempio per la Celiachia o il Lupus eritematoso sistemico. La prima grande distinzione tra le diverse malattie genetiche è legata al numero di geni coinvolti, per cui distinguiamo malattie monogeniche, poligeniche e multifattoriali. Le Malattie monogeniche sono ereditate come caratteri Mendeliani semplici: si tratta di malattie dovute a una mutazione su un singolo gene che possono essere ereditate come caratteri: autosomici dominanti, autosomici recessivi legati al cromosoma X. Questo gruppo di malattie comprende circa 8000 malattie genetiche rare, che si manifestano con frequenze normalmente inferiori a 1/1000. In queste malattie, la componente genetica è largamente prevalente su quella ambientale. Il gene è responsabile della malattia ed i fattori ambientali, quali ad esempio l'alimentazione, stile di vita, abitudini o altro, possono influire poco e spesso unicamente sulle modalità con cui la malattia si sviluppa. L'eredità dei caratteri monogenici è uni fattoriale (specificata da un solo gene trasmesso secondo le leggi mendeliane della dominanza, della segregazione, dell'indipendenza). I caratteri monogenici hanno la caratteristica di essere qualitativi, cioè può essere rilevata solo la presenza o l assenza del carattere e vengono classificati in gruppi fenotipici distinti esprimibili secondo l alternativa di due o più qualità differenti: giallo o verde, liscio o rugoso, emofiliaco o sano (non emofiliaco), ecc. Le Malattie poligeniche non segregano secondo leggi Mendeliane, anche se sono almeno in parte geneticamente determinati. L eredità e l espressione del fenotipo dipende da più geni NON allelici (loci diversi) ognuno dei quali contribuisce in modo additivo all espressione del fenotipo. L effetto dei geni è CUMULATIVO e nessuno è dominante o recessivo rispetto agli altri. Questi caratteri variano in maniera quantitativa nella popolazione, cioè è spesso impossibile collocare gli organismi in una classe fenotipica discreta, perché presentano un continuum di variabilità fenotipica: statura, il peso corporeo, la pressione sanguigna, i livelli di attività metabolica e altri. Sono caratteri poligenici, quelli che non dipendono da un solo gene, ma sono il risultato dell interazione dei prodotti di più geni. I caratteri che derivano dal complesso di interazioni di più geni (caratteri non mendeliani) possono presentare una variazione continua nella "intensità" della loro manifestazione e sono quindi considerati caratteri quantitativi.i caratteri continui o quantitativi mostrano una vasta gamma di fenotipi e mostrano una relazione genotipo-fenotipo complessa. Le Malattie multifattoriali (o malattie complesse) comprendono la maggior parte delle malattie più comuni, quali le patologie cardiovascolari e psichiatriche, l'asma e le altre malattie respiratorie, il diabete, alcuni tumori. In queste malattie il peso della componente genetica e di quella ambientale sono entrambi rilevanti. Dal punto di vista genetico sono dovute alla presenza di mutazioni in più geni, da cui il termine malattie poligeniche. Il fenotipo malattia è il risultato della interazione tra questi geni e l'ambiente. Non vi è quindi nessun gene che causa la malattia, ma più geni, ognuno dei quali conferisce una predisposizione a contrarre la malattia, senza però poterla determinare da solo. Si parla quindi di "geni di suscettibilità". Ad esempio, se una persona ha un DNA che la predispone alle malattie cardiovascolari, lo stile di vita che adotta (dieta, esercizio fisico, fumo, stress, ecc) farà si che questa predisposizione si concretizzi nella malattia oppure resti silente. L'eredità delle malattie complesse è multifattoriale quando il carattere biologico è controllato da un insieme di molti geni che agiscono, in concorso con fattori ambientali. Parliamo in questo caso di genetica quantitativa. Per l'evidenziazione di un carattere quantitativo, all'effetto genetico viene ad associarsi l'influenza dell'ambiente, quest'ultimo inteso nella sua più ampia accezione (alimentazione, condizioni igieniche, clima, tabagismo, attività fisica etc.). Sono modelli complessi di ereditarietà i caratteri come: peso corporeo, colore della pelle, l altezza ecc. Ma anche la suscettibilità a malattie complesse come: cardiopatie, asma, diabete ecc. Teoria poligenica dei caratteri quantitativi Francis Galton ( ) stabilì che non era possibile ricondurre caratteristiche umane come l altezza e il peso ad alcun tipo di ereditarietà mendeliana, ma non riuscì a dedurne alcuna nuova legge di ereditarietà. Riuscì a stabilire una

5 correlazione lineare solo fra le medie del valore del carattere presente nei genitori ed il valore osservato nel figlio: quanto maggiore era la media delle altezze dei due genitori, tanto maggiore era l altezza del figlio, e viceversa. Questa osservazione tornò in accordo con le leggi di Mendel quando venne formulata la teoria poligenica dei caratteri quantitativi da Ronald Fisher ( ). La teoria poligenica sostiene che quando un carattere ha una variazione continua (quindi è quantitativo), può essere spiegato dall azione mendeliana di un gruppo di geni, ciascuno dei quali dà un certo contributo quantitativo alla determinazione del carattere. Secondo la teoria poligenica ogni singolo gene non determina se quel carattere è presente o meno, ma fornisce un piccolo contributo all intensità di presentazione di quel carattere, e solo la somma dei contributi dei diversi geni coinvolti determina effettivamente il valore reale osservabile per quel carattere. Un esempio semplice, basato sul classico esempio dell'altezza, si può fare immaginando che i geni A e B contribuiscano entrambi per determinare l'altezza. Ciascun gene può presentarsi in due forme alleliche (A e B dominante; a e b recessivo) tali che se sono presenti nella forma dominante possono contribuire per 5 cm aggiuntivi all'altezza finale, mentre se sono presenti nella variante recessiva possono causare la perdita di 5 cm di altezza. In questo tipo di "collaborazione" fra i due alleli si individua una relazione di codominanza (anziché di dominanza pura), simile a quella che intercorre fra gli alleli A e B dei gruppi sanguigni. Quindi possiamo dire che A e B ricorrono nella popolazione con uguale frequenza p=q=0.5, secondo l'equilibrio di Hardy-Weinberg. I genotipi possibili ad ogni locus saranno: AA, Aa, aa, BB, Bb, bb. Fenotipicamente ci aspettiamo che le relative frequenze siano: AA e BB = 25%; Aa e Bb = 50%; aa e bb = 25% Anche l altro gene per lo stesso carattere, può essere presente in due forme alleliche di uguale frequenza B e b (p=q=0,5), si esprime attraverso i genotipi: BB, Bb, bb in cui B dà un contributo simile a quello di A e b un contributo simile ad a. Su 100 soggetti, sappiamo che in media 25 individui saranno AA (omozigoti dominanti), 25 saranno aa (omozigoti recessivi), e 50 saranno eterozigoti Aa. Se poniamo che l altezza media sia 100 cm, gli omozigoti AA saranno alti 110 cm, gli omozigoti recessivi aa saranno alti 90 cm e gli eterozigoti saranno 100cm. Attraverso incroci casuali, se i loci A e B sono indipendenti, potremo avere nella popolazione i genotipi: AABB, AABb, AaBB, AaBb, AAbb, aabb, aabb, Aabb, aabb con la seguente distribuzione dell altezza: AABB = 120cm (4 geni dominanti che contribuiscono ciascuno per 5 cm); AABb, AaBB = 110 cm (3 geni dominanti che contribuiscono ciascuno per 5 cm e 1 recessivo che diminuisce di 5cm l altezza); AAbb, aabb = 100 cm (2 geni dominanti che contribuiscono ciascuno per 5 cm e 2 recessivo che diminuiscono di 5cm l altezza); aabb, Aabb = 90 cm (1 gene dominante che contribuisce per 5 cm e 3 recessivi che diminuiscono ciascuno di 5cm l altezza); aabb = 80 cm (4 geni recessivi che diminuiscono di 5cm l altezza) (Figura 1). Figura 1. Distribuzione delle classi fenotipiche Aggiungendo altri geni, al gruppo di alleli che contribuisce a determinare il carattere, e in più considerando anche una variabilità aggiuntiva legata all ambiente, il grafico tende ad assomigliare rapidamente ad una curva a campana o curva di Gauss. All aumentare del numero di loci la distribuzione si approssima alla distribuzione normale (Figura 2).

6 Figura 2. Distribuzione delle classi fenotipiche per 1 locus genico (A); per 2 loci (B); per 3 loci (C); per n loci (D). Le classi fenotipiche aumentano all aumentare del numero dei geni coinvolti. Le caratteristiche della curva di Gauss sono la media, la varianza e il quadrato della deviazione standard, che da' una misura della dispersione dei dati intorno alla media. La media permette di riassumere in modo conveniente una distribuzione fenotipica, ed in particolare ci da informazioni sul centro della distribuzione. La media non è altro che la somma dei singoli valori divisa per il numero di osservazioni e viene usata frequentemente per riassumere i fenotipi di un gruppo di individui. La varianza è una misura di quanto i singoli valori si distribuiscono attorno alla media. La varianza è la media aritmetica degli scarti dalla media al quadrato, σ2 (sigma quadrato): 2 2 ( x M ) + ( x M ) + + ( x M ) n σ = n La varianza è il valor medio delle deviazioni quadrate dalla media. La deviazione standard che non è altro che la radice quadrata di σ 2 : 2 σ Deviazione Standard = s = La deviazione standard viene spesso preferita alla varianza dato che la deviazione standard è espressa nelle stesse unità di misura dei dati misurati, mentre la varianza è espressa come un valore al quadrato. 2 Teoria multifattoriale L'ereditabilità di un tratto quantitativo è un parametro molto importante e dà una misura quantitativa della componente genetica e quindi ereditabile di un tratto quantitativo. E`una caratteristica relativa alla popolazione. Emerson e East formularono per primi la teoria multifattoriale secondo la quale: - la variabilità del carattere quantitativo è attribuibile alla segregazione simultanea di diversi fattori - gli effetti dei singoli fattori sono simili e additivi - agli effetti genetici si sovrappongono componenti ambientali che possono determinare variazioni del fenotipo. E possibile accertare quanto un dato carattere dipende dal genotipo e quanto dall ambiente? In che misura la variazione fra individui per un dato carattere è dovuta alla variazione genetica e in che misura alla variazione ambientale? EREDITABILITA

7 Nel caso dei caratteri quantitativi, è molto più difficile prevedere le prerogative della progenie di un dato incrocio rispetto ai caratteri mendeliani classici. Ciò è dovuto principalmente a due circostanze: la complessa base genetica (in quanto poligenica) dei caratteri quantitativi e la grande influenza che l ambiente esercita sulla loro manifestazione fenotipica. Un parametro che ci può aiutare ad ipotizzare come ed in che misura un carattere quantitativo viene trasmesso alla progenie è l ereditabilità, che si indica come h 2. L ereditabilità misura quale parte della variabilità fenotipica è dovuta ad effetti genetici. h 2 = Variazione genetica Variazione fenotipica totale = Variazione Variazione genetica genetica + Variazione ambientale Per comprendere il significato dell ereditabilità dobbiamo in primo luogo considerare come, nella VG = V + V G A maggior parte dei casi, un gruppo di individui di una data specie (cioè una popolazione) presenta per un dato carattere quantitativo una certa variabilità: essi non sono cioè tutti uguali. Tale variabilità, che chiameremo totale o fenotipica perché presente a livello della manifestazione morfologica del carattere, risulta in realtà dovuta a due componenti: quella genetica (che considera l effetto di reali varianti alleliche nell ambito di uno o più dei geni che controllano il carattere) e quella ambientale (dovuta al fatto che fattori esterni quali la temperatura, lo stato di salute, l alimentazione, ecc. possono condizionare in modo differenziato i vari individui della popolazione). Potremo cioè affermare che: V F = V G + V A L ereditabilità può variare tra 0 e 1. Essa vale zero quando la frazione si annulla, cioè quando il numeratore assume un valore pari a zero. È questo il caso di popolazioni in cui non vi è variabilità genetica: ad esempio un clone, oppure una linea pura. In questo caso la variabilità che la popolazione presenta è tutta di natura ambientale e quindi, come tale, non trasmissibile alla progenie. In altre parole, se l ereditabilità vale zero, non ha senso selezionare alcuni individui per ottenere una progenie migliorata. L ereditabilità vale invece uno quando il numeratore e il denominatore della frazione si equivalgono, cioè quando tutta la variabilità fenotipica è di natura genetica. In realtà questo è un caso del tutto irrealistico, poiché non è evidentemente possibile eliminare completamente gli effetti ambientali. L ereditabilità, quindi, al massimo tenderà verso il valore 1, ma non lo raggiungerà mai. Più il valore dell ereditabilità è alto e maggiori sono le probabilità di implementare la popolazione selezionando gli individui migliori e consentendo solo a loro di dare origine alla progenie. Per calcolare l'ereditabilità occorre prima misurare la variabilità del carattere e quindi scomporre la varianza in componenti che si possano attribuire alle diverse cause. Componenti della varianza fenotipica La varianza fenotipica (VF) deriva da differenze genetiche tra gli individui ovvero dalla varianza genetica (VG) e dalla varianza ambientale (VA), inoltre bisogna considerare la varianza dovuta all'interazione tra l'ambiente ed i genotipi ovvero VGA. In sostanza: VF = VG + VA + VGA La varianza genetica può essere ulteriormente scomposta in: 1) variazione genetica additiva: alcuni alleli possono contribuire con un valore fisso al valore metrico di un carattere quantitativo. Tali geni si definiscono additivi e contribuiscono alla varianza genetica additiva (VAdd). 2) variazione genetica dominante: alcuni alleli sono dominanti su altri e mascherano il contributo degli alleli recessivi in quel locus. Questa fonte di variabilità contribuisce alla varianza genetica da dominanza (VDom). 3) variazione genetica causata dalle interazioni fra geni diversi (variazione epistatica), dovuta fondamentalmente a fenomeni di epistasi. Tale variazione contribuisce alla varianza genetica da interazione (VEpi). La varianza genetica totale risulta quindi suddivisa in queste tre forme di varianza: V G = V Add + V Dom + V Epi

8 e la varianza fenotipica totale può essere riscritta come: V F = V Add + VDom + VEpi + V A + V GA Conducendo opportuni esperimenti è possibile stimare la proporzione di varianza totale attribuibile alla varianza genetica totale e alla varianza genetica ambientale. Volendo provare a migliorare uno specifico carattere quantitativo, tali stime indicano la direzione da prendere negli esperimenti. Se una maggiore porzione della varianza è genetica, i miglioramenti possono essere fatti selezionando individui con i valori metrici che si desidera ottenere. Al contrario, se la varianza genetica è bassa e, quindi è alta la varianza ambientale, il miglioramento di quel determinato carattere verrà ottenuto ottimizzando le condizioni ambientali in cui l individuo verrà allevato. Possiamo calcolare due tipi di ereditabilità: l'ereditabilità in senso lato e l'ereditabilità in senso stretto. L'ereditabilità in senso lato corrisponde alla proporzione di varianza fenotipica che è attribuibile a varianza genetica ed è pari a: Ereditabilità in senso lato = H 2 = V G / V F Un valore di 0 per questa ereditabilità significa che quel determinato fenotipo non è determinato in alcun modo da varianza genetica, un risultato di 1 significa invece che il fenotipo è determinato esclusivamente da varianza genetica; un risultato di 0,5 stabilisce che quel determinato fenotipo è determinato per il 50 % da varianza genetica. L'ereditabilità in senso stretto dà una misura di quanto gli effetti genetici additivi influiscano su un dato fenotipo: Ereditabilità in senso stretto = h 2 = V GA /VF Dato che la varianza genetica additiva indica quella parte di varianza che risponde alla selezione, l'ereditabilità in senso stretto fornisce informazioni anche su come si evolverà un certo carattere. Ereditabilità nelle malattie complesse Caratteri che, oltre ad essere controllati da più geni sono anche fortemente influenzati dall ambiente vengono definiti multifattoriali. Il carattere multifattoriale può essere: continuo: cioè fenotipi diversi dello stesso carattere non si distinguono perfettamente e devono essere misurati. Sono più simili tra consanguinei perché hanno avuto influenze ambientali simili e hanno parte del genotipo uguale. discontinuo: cioè fenotipi chiaramente distinguibili l uno dall altro senza trasmissione secondo le leggi di Mendel (es. diabete mellito). Sono detti anche caratteri con soglia, infatti il fenotipo si manifesta quando fattori genetici e ambientali superano una soglia. Nell eredità delle malattie multifattoriali (complesse) non esistono geni prevalenti o maggiori. L effetto finale tra le componenti genetica e ambientale è dovuto all interazione tra geni e ambiente. Le malattie complesse non seguono, apparentemente, la distribuzione normale: se la malattia c è o non c è, dipende dal superamento o meno di una soglia di suscettibilità (Figura 3). Figura 3. Modello multifattoriale a soglia: I fattori che predispongono all insorgere della malattia sono distribuiti normalmente nella popolazione. Gli individui la cui predisposizione supera questa soglia manifestano la malattia.

9 A differenza dei fenotipi continui alcuni difetti congeniti e alcune malattie croniche dell adulto, quali l obesità, l asma, il diabete, l osteoporosi, sono considerati CARATTERI DISCONTINUI (A SOGLIA). Il modello statistico che descrive i caratteri discontinui prevede la presenza di una soglia: sviluppano quel fenotipo solo le persone che hanno un numero di fattori di suscettibilità superiore ad un livello soglia empiricamente definito. La soglia è un parametro FISSO per ogni carattere. Nella popolazione generale poche persone si trovano agli estremi della curva (hanno pochi o molti fattori di suscettibilità), piuttosto la maggior parte delle persone ha un numero medio di fattori. I consanguinei dei pazienti, che condividono con loro un numero di geni proporzionale al grado di consanguineità, presentano in media un numero di fattori di suscettibilità maggiore rispetto alla popolazione generale, per questo mostrano uno spostamento a sinistra della curva della suscettibilità. A secondo del grado di parentela varia la probabilità di superare o meno la soglia. Infatti dall incrocio di due consanguinei la curva si sposta verso destra, quindi il numero di individui che supera la soglia AUMENTA (Figura 4). Parenti di primo grado: condividono 1/2 dei loro geni con il probando; parenti di secondo grado, 1/4; parenti di terzo grado, 1/8. La frazione di geni condivisi è uguale al Coeficente di Consanguineità. Soglia N u m er o di in di Curva della predisposizione della popolazione generale Curva della predisposizione di consanguinei di primo grado Individui affetti Predisposizione Figura 4. Gli individui la cui predisposizione supera la soglia manifestano la malattia. I fratelli di individui affetti mostrano un rischio maggiore rispetto alla media della popolazione e una maggiore proporzione di questi ultimi presenta una predisposizione che supera la soglia. Metodi usati per il mappaggio di geni di suscettibilità 1. Studi di ricorrenza familiare Permette di dimostrare che il carattere ricorre all interno della famiglia. Quando una malattia ha una base genetica, i parenti di primo grado di probandi affetti hanno un rischio maggiore rispetto a parenti più lontani, o rispetto alla popolazione in generale, di sviluppare la malattia. Quindi, il grado di aggregazione (clustering) familiare può essere misurato come rischio relativo di ricorrenza familiare λr, cioè come la proporzione del rischio dei parenti dei probandi affetti rispetto alla prevalenza della malattia nella popolazione: λr = rischio di ricorrenza del carattere tra i parenti del paziente nella popolazione prevalenza del carattere

10 Il rischio di ricorrenza familiare maggiormente utilizzato è il rischio nei fratelli, λs, che rappresenta il rischio di ricorrenza nei fratelli di probandi rispetto al rischio nella popolazione in generale. Poiché la ricorrenza familiare di un tratto non è un mezzo sufficiente per provare la base genetica di una malattia, in quanto individui tra loro imparentati condividono gli stessi geni, ma spesso anche gli stessi fattori ambientali, sono stati sviluppati altri metodi di indagine. 2. Studio dei gemelli Permettono di stabilire se l aggregazione familiare e dovuta all ambiente familiare in comune oppure a fattori genetici. Sapendo che i gemelli monozigoti (MZ) hanno il 100% dei geni in comune e che i gemelli dizigoti (DZ) hanno il 50% dei geni in comune, una maggiore concordanza in gemelli MZ indica che la componente genetica è importante nella determinazione del carattere. La differenza di concordanza tra gemelli MZ e DZ è indice di una forte componente genetica, mentre una uguale concordanza suggerisce una forte componente ambientale Per intraprendere lo studio genetico di una malattia complessa, occorre considerare: a. I processi fisiopatologici: - Se è noto o se esistono già ipotesi sul ruolo nella patologia di specifici geni, allora è applicabile l approccio del gene candidato utilizzando marcatori nelle vicinanze del gene candidato. - Se non è noto, è possibile utilizzare marcatori distribuiti su tutto il genoma e applicare un approccio genome scan. b. La strategia metodologica ottimale in base alle informazioni genetiche disponibili: - Studi di linkage che mirano a trovare il legame fisico fra un marcatore e un gene analizzando l ereditarietà all interno di famiglie in cui si manifesta la patologia. - Studi di associazione che mirano ad individuare un associazione allelica tra marcatori e malattia a livello di popolazione. Studi di linkage L analisi di linkage classica, di tipo parametrico (nota anche come model-based analysis), rappresenta una metodologia statistica classica dell analisi genetica e si basa sull identificazione di marcatori che segregano insieme alla malattia all interno di famiglie. Il fenomeno del linkage si deve alla stretta vicinanza di due geni o marcatori lungo un cromosoma e si verifica qualora la cosegregazione tra un marcatore (per lo più microsatellite) ed un gene che influenza il fenotipo di interesse si manifesta con una frequenza maggiore di quella attesa per il puro effetto del caso. La base biologica è il concetto di ricombinazione o crossing-over, grazie al quale durante la prima fase meiotica avviene lo scambio fisico di materiale genetico tra i cromosomi omologhi paterno e materno. Il parametro che esprime la frazione di ricombinazione è θ, intesa come la percentuale di gameti ricombinanti. Secondo questo parametro, se due marcatori sono indipendenti (non in linkage), la frazione di ricombinazione θ è massima (θ = 0,5), altrimenti la frazione di ricombinazione diminuisce progressivamente con l aumentare dello stato di linkare dei due marcatori in esame. L obiettivo dell analisi di linkage consiste appunto nello stabilire se la frequenza di ricombinazione ( che misura la distanza genetica tra due loci), è significativamente < 50% (θ < 0,5). Solitamente, in un analisi di linkage di tipo parametrico, si usano alberi genealogici (pedigrees) a più generazioni contenenti diversi individui affetti, dai quali è possibile dedurre il modello di ereditarietà del locus malattia. Un genomewide screen consiste nella tipizzazione del genoma (genotyping) attraverso marcatori altamente polimorfici (microsatelliti), distribuiti in maniera uniforme ad una distanza di circa 10 cm l uno dall altro, in un elevato numero di famiglie contenenti coppie di fratelli affetti (sib-pairs) o altri tipi di parenti affetti (relative pairs). I dati di linkage, ottenuti in seguito all analisi di tutti i marcatori, sono utilizzati per effettuare un conteggio diretto dei ricombinanti per ottenere il valore di θ. In alternativa si applica il metodo del LOD Score. Il LOD Score è il logaritmo in base 10 del rapporto tra la probabilità che due loci siano associati e quella che non lo siano: LOD score Z (θ) = log 10 ( L1) L0 dove L0 è la probabilità che la progenie di quella famiglia sia ottenuta in assenza di concatenazione (θ =0.5 ); L1 è la probabilità che la stessa progenie si sia generata in presenza di concatenazione (θ < 0.5 ). La soglia di significatività di linkage è fissata per LODscore 3 [Morton, 1955]. Poiché il valore

11 di LODscore è il logaritmo in base dieci della probabilità in favore di linkage, un valore di LODscore pari a 3 corrisponde alla probabilità 1000:1 in favore di linkage. Se due loci si trovano lontani tra loro, allora i LOD score saranno per lo più negativi. Il rischio di questo tipo di approccio è includere nell analisi di linkage falsi positivi o falsi negativi. La migliore strategia per localizzare geni coinvolti nella suscettibilità alle malattie complesse (common diseases) è rappresentata dal linkage non parametrico (noto anche come model-free analysis) che si basa sulla condivisione allelica (allele sharing) tra due o più individui affetti all interno della stessa famiglia. In questa analisi si studiano alleli identici per discendenza (Identity By Descent IBD), cioè quegli allei che sono identici negli individui affetti perchè sono stati ereditati dallo stesso antenato comune. La struttura familiare più semplice alla quale si applicano i metodi di condivisione allelica è costituita da coppie di fratelli affetti (Affected Sib-Pair method, ASP) in cui si contano il numero di alleli trasmessi dai genitori e condivisi dai probandi. Questo metodo può essere esteso anche a coppie di parenti di tipo diverso (Affected Relative-Pair method). Quindi, se due fratelli sono entrambi affetti da una malattia, con tutta probabilità, hanno ereditato dai loro genitori copie identiche della regione cromosomica contenente l allele di suscettibilità alla malattia stessa. Con il metodo model-free ciò che si osserva è se i probandi affetti (coppie di fratelli affetti) condividono marcatori allelici IBD con una frequenza maggiore rispetto a quella prevista dalla segregazione casuale. L evidenza di linkage può essere stimata: comparando il numero osservato ed atteso di coppie che condividono zero, uno o due alleli identici per stato (IBS) mediante un test del χ 2 con due gradi di libertà. tramite il calcolo statistico del massimo LODscore (MLS) che valuta l incremento di condivisione allelica tra parenti affetti. Per le malattie monogeniche il valore soglia significativo per il linkage è rappresentato da un MLS=3.0, mentre per le malattie complesse è stato proposto di utilizzare un di MLS 3.6, valore che corrisponde ad una percentuale del 5% di falsi positivi per un intero genome scan. Figura 5 Per ogni pedigree è segnalata la frequenza con cui i due fratelli affetti condividono gli alleli di un locus in caso di linkage oppure in caso di assenza di linkage. Quando in uno studio di linkage di una malattia genetica non ci sono indicazioni sulle probabili regioni genomiche in cui mappa il gene o i geni coinvolti nella patologia, è necessario effettuare uno studio di linkage a livello genomico: whole-genome scan utilizzando marcatori distribuiti il più uniformemente possibile lungo tutto il genoma. In generale uno studio iniziale di linkage di una malattia complessa si conclude con l individuazione di regioni candidate, generalmente molto ampie, all interno delle quali dovrebbero risiedere i loci responsabili della malattia. Studi di associazione

12 Gli studi di associazione rappresentano un approccio particolarmente utile in quanto mirano all individuazione, all interno di una popolazione, di varianti che si trovano più frequentemente associate alla patologia. Tale associazione può essere dovuta a diversi fattori quali: un effetto diretto della variante genica sul fenotipo malattia, il linkage disequilibrium (LD), o associazioni spurie dovute alla stratificazione della popolazione. Una variante allelica può avere un effetto diretto sul fenotipo in quanto può alterare la sequenza aminoacidica di una proteina funzionale coinvolta nel processo fisiopatologico, o alterare la regione regolatoria del gene determinando anomalie a livello di espressione o, infine, interferire con la regolazione dello splicing e la stabilità del messaggero. Al contrario, una variante allelica può mostrare associazione con la malattia senza, però, essere direttamente implicata nella patogenesi. Quest ultima situazione si verifica in presenza di LD, quindi si ha una associazione non casuale tra la variante allelica analizzata e la vera variante eziologica in quanto i due loci sono vicini sul cromosoma e vengono ereditati insieme come unico blocco. Esistono due tipi di studi di associazione: lo studio caso-controllo, condotto a livello di popolazione, che confronta la frequenza di un determinato allele tra un campione di individui affetti (casi) e un campione di individui non affetti (controlli) tra loro non imparentati. Gli individui, affetti e non, sono selezionati da una stessa popolazione e analizzati utilizzando marcatori polimorfici opportunamente scelti. Se le frequenze alleliche di tali marcatori, osservate nel campione di individui affetti e nel campione di individui sani, differiscono in modo significativo è stata trovata associazione. Il problema maggiore in questo tipo di studio è rappresentato dalla stratificazione della popolazione e, quindi, dalla presenza di sottopopolazioni geneticamente differenti, con distribuzioni alleliche diverse. il Disequilibrium Trasmission Test (TDT), condotto su base familiare, che permette di osservare se un allele di un marcatore è trasmesso da un genitore eterozigote al figlio affetto con una frequenza significativamente più alta rispetto a quella con la quale non è trasmesso. Questo test è condotto su famiglie composte da entrambi i genitori informativi (eterozigoti) per il marcatore da analizzare e uno o più figli affetti e calcola quante volte i genitori eterozigoti per un certo allele trasmettono l allele in questione al figlio affetto e quante volte non lo trasmettono. Se la trasmissione dell allele avviene con una frequenza significativamente > 50% si è in presenza di associazione allelica e linkage tra marcatore e malattia. Si osserva associazione se l allele è direttamente implicato nell eziologia della patologia o se è in LD con il locus malattia, motivo per cui questo tipo di approccio viene utilizzato, di solito, o per analizzare polimorfismi presenti all interno di geni candidati o per mappare in maniera più fine una regione di interesse individuata da precedenti studi di linkare.

13 Malattie multifattoriali Quando si parla di malattie complesse si passa dal concetto di mutazione a quello di polimorfismo, cioè variazione genetica che non altera la funzione del prodotto genico, ma che nell ambito della normalità è responsabile delle variazioni nei livelli e nella funzione della proteina. Si definisce polimorfismo genico una variazione genetica con una frequenza superiore all 1% nella popolazione. I polimorfismi genetici possono essere presenti all interno di regioni codificanti (esoni) o non codificanti (introni) e possono essere determinati da sostituzioni, delezioni o inserzioni di singole basi o di sequenze di DNA. Viene stimato che ogni 300 nucleotidi si manifesti un polimorfismo, il più comune dei quali è associato alla mutazione di un singolo nucleotide (SNP) e circa l 1% di questi non sia silente, ma si traduca in variazioni fenotipiche. In particolare, gli SNPs possono essere responsabili di una modificazione (qualitativa o quantitativa)di proteine con una funzione nota che, se alterata, può spiegare la suscettibilità individuale verso lo sviluppo di una data patologia. Gli individui geneticamente predisposti sviluppano la malattia, ma soltanto se esposti ai fattori ambientali scatenanti. Chi eredita geni di suscettibilità ad una data malattia, non eredita la certezza di ammalarsi, bensì un rischio maggiore rispetto alla popolazione generale di svilupparla Possiamo dire che ogni individuo possiede una combinazione di varianti geniche che esprimono prodotti più o meno efficienti, con un effetto complessivo molto variabile da un individuo all'altro. Gli individui che possiedono un certo numero di varianti non completamente efficienti si trovano in una situazione al limite del compenso, e possono manifestare effetti clinici in presenza di un fattore ambientale che ad esempio richieda un aumento del fabbisogno del prodotto finale. In questi termini possiamo dire che il genotipo dell'individuo lo predispone allo sviluppo di una patologia con l'aggiunta di fattori aggiuntivi (come previsto dal modello multifattoriale), sottolineando anche, dal punto di vista molecolare, che questo implica una differenza sottile nella fisiologia di quel particolare individuo (una produzione leggermente carente del prodotto) che non si era evidenziata perché priva di effetti clinici. L identificazione delle varianti alleliche che, senza essere associate allo sviluppo di patologie evidenti, sono però correlate alla maggiore probabilità di contrarre una certa malattia, diventa perciò molto importante. Questi cambiamenti sono denominati polimorfismi del singolo nucleotide o SNPs ("Single Nucleotide Polymorphisms") e ogni individuo presenta un particolare assetto di SNPs specifico della sequenza di DNA del suo genoma. La ricerca della associazione tra determinate configurazioni di SNPs e la predisposizione a sviluppare una certa patologia è un'area di indagine molto attiva, e potrebbe portare alla identificazione di varianti geniche che predicono il rischio di sviluppare determinate malattie. Ad oggi, sono stati identificati circa 3 milioni di SNPs, ma si calcola che ve ne siano almeno 10 milioni. E ormai riconosciuto che gruppi di queste piccole variazioni conferiscono una predisposizione o suscettibilità allo sviluppo della patologia,che può manifestarsi in età precoce quando profili genetici a rischio elevato interagiscono con fattori ambientali o stili di vita considerati ad alto rischio. Confrontando le sequenze degli SNP in individui affetti dalla malattia ed in individui sani è possibile individuare l'associazione di uno o più di tali polimorfismi alla malattia. Dal momento che le sequenze genetiche e le posizioni degli SNP utilizzati dai ricercatori sono note, l'associazione SNP-malattia consente di risalire alla variante genetica responsabile della malattia. Caratteri patologici che mostrano eredità multifattoriale sono: Cardiomiopatie congenite Difetti del tubo neurale Labio/palatoschisi Lussazione congenita dell anca Diabete mellito Ipertensione Obesità Schizofrenia Asma Malattie autoimmuni Malattie neurodegenerative

14 Genetica di popolazione

15 La genetica classica studia i processi genetici che riguardano i singoli individui e come i geni vengono trasmessi da un individuo all altro: l unita di studio e l individuo. La genetica molecolare studia la natura molecolare dell eredita : come viene codificata nel DNA e come i processi biochimici la traducano in un fenotipo. L interesse e concentrato sulla cellula. La genetica quantitativa studia l ereditarieta di caratteri determinati dall azione simultanea di piu geni, all interno di gruppi di individui. La genetica di popolazione studia l ereditarieta di caratteri determinati da uno o pochi geni in gruppi di individui e si occupa dello studio della costituzione genetica delle popolazioni e di come cambia da generazione a generazione. La popolazione è l unità di base del cambiamento evolutivo. La POPOLAZIONE è considerata la più piccola unità nella quale è possibile un cambiamento evolutivo, perché può permettere l origine di nuovi alleli e il cambiamento della loro frequenza. L evoluzione non avviene a livello di individui, ma di popolazioni e specie. La genetica di popolazione può essere considerata uno strumento per studiare: la distribuzione dei geni in una popolazione; le frequenze dei geni e dei genotipi; le frequenze di alcune malattie nelle diverse popolazioni. Infatti, tutti gli individui di una specie condividono gli stessi locus, quindi condividono un insieme di alleli (pool genico). Tuttavia i loci possono presentare più alleli. Gruppi di individui possono presentare assortimenti allelici differenti cioè genotipi differenti. I parametri utilizzati nello studio della genetica di popolazioni sono: Frequenza allelica corrisponde alla proporzione di uno specifico allele in un dato locus, considerando che la popolazione può avere anche più alleli per un locus; Frequenza genotipica corrisponde alla proporzione di uno specifico genotipo ad un dato locus, considerando che sono possibili molti genotipi diversi. Le frequenze genotipiche sono correlate alle frequenze geniche dalla formula: p 2 +2pq+q 2 = (p+q) 2 = 1 Quando una popolazione e all equilibrio per un locus con 2 alleli (A e a) presenti nella popolazione rispettivamente con frequenza p e q, le frequenze genotipiche saranno uquali a p 2 +2pq +q 2. Questa regola deriva direttamente dalla I legge di Mendel. Infatti, se consideriamo un incrocio tra eterozigoti Aa x Aa e consideriamo la frequenza p dell allele A e la frequenza q dell allele a, possimo verificare che le frequenze dei tre possibili genotipi sono date da: p 2 (AA) + q 2 (aa) + 2pq (Aa) = 1 [dove p = frequenza allelica di A e q = frequenza allelica di a]. L equazione di 1 grado sopra riportata rappresenta la legge di Hardy-Weinberg. LA LEGGE DI HARDY-WEINBERG La legge di Hardy-Weinberg permette di stabilire su basi matematiche che, in una popolazione in equilibrio (cioè in assenza di perturbazioni), le frequenze relative di ciascun allele si perpetuano inalterate di generazione in generazione. Nella realtà, le popolazioni sono entità dinamiche, soggette a forze perturbanti che, alterando la frequenza degli alleli, fanno sì che la popolazione si evolva. Tali forze sono legate a fenomeni di mutazione, di migrazione, di selezione naturale e di deriva genica (fluttuazioni puramente casuali della frequenza allelica).

16 Secondo la legge di Hardy-Weinberg in una popolazione, che deve avere i seguenti requisiti: il numero di individui deve essere praticamente infinito assenza di immigrazione ed emigrazione panmissia (incrocio casuale) assenza di selezione assenza di mutazione le frequenze geniche rimangono costanti e le frequenze genotipiche si stabilizzano in modo che la frequenza degli omozigoti sia il quadrato di quella dell'allele, mentre quelle degli eterozigoti siano il doppio prodotto delle frequenze degli alleli posseduti. Se le condizioni elencate sopra fossero sempre rispettate le frequenze genotipiche nelle popolazioni sarebbero sempre in equilibrio e IMMUTABILI nel tempo, cioè non ci sarebbe alcuna EVOLUZIONE. Una popolazione all' equilibrio è un entità astratta, non soggetta ad evoluzione. Nel 1908 G. H. Hardy (matematico) e W. Weinberg (medico) definirono "popolazione in equilibrio" una popolazione all interno della quale, né le frequenze alleliche, né la distribuzione dei genotipi mutano col succedersi delle diverse generazioni. Secondo la legge di Hardy-Weinberg, i fattori principali che governano i mutamenti evolutivi a carico di una popolazione e che cambiano le frequenze geniche di una popolazione sono: 1. Selezione naturale; 2. Mutazioni, che forniscono il materiale grezzo per il cambiamento, ma le frequenze di mutazione sono generalmente così basse che, di per sé, le mutazioni non determinano la direzione del cambiamento evolutivo; 3. Flusso genico, cioè il movimento di alleli verso l interno o verso l esterno del pool genico, può introdurre nuovi alleli o alterare la proporzione degli già presenti. Ha spesso l effetto di controbilanciare la selezione naturale; 4. Deriva genica, è il fenomeno per cui certi alleli aumentano o diminuiscono di frequenza e, talvolta, anche scompaiono, come risultato di eventi casuali. Esempio di deriva genica è il fenomeno detto "collo di bottiglia"; 5. Accoppiamento non casuale (consanguineità), che provoca cambiamenti nelle proporzioni dei genotipi, ma può anche non influire sulle frequenze alleliche. Supponiamo che esista una popolazione infinitamente numerosa nella quale si verifichino le già note condizioni di panmissia; in essa siano presenti i genotipi AA, Aa, aa con le frequenze rispettive del 64%, 32%, 4%. Alla gametogenesi avremo evidentemente che: gli individui AA daranno tutti i gameti con A, quindi 64 A; gli individui Aa daranno ½ gameti con A e ½ con a, quindi 16 A e 16 a; gli individui aa daranno tutti i gameti con a, quindi 4 a; la frequenza dei geni nel complesso dei gameti sarà 80 (64+16) A e 20 (16+4) a. Al momento della fecondazione, poiché gli incontri dei gameti avvengono a caso, ossia secondo le loro rispettive probabilità, siccome nei grandi gruppi statistici frequenze e probabilità si equivalgono, ne consegue che la nuova generazione avrà esattamente la stessa composizione: genetica della generazione parentale: f(aa) = 80 x 80 / 100= 64% f(aa) = 80 x 20 / 100 = 32% f(aa) = 20x20 / 100 = 4% Si può quindi concludere che, in condizioni di riproduzione libera e casuale ed in popolazioni molto numerose, la distribuzione dei genotipi e la frequenza dei relativi geni non subiscono alcuna modificazione attraverso le diverse

17 generazioni. In altri termini, la composizione genetica di una popolazione panmittica resta costante, e non dipende che dalla frequenza dei singoli geni. Consideriamo ad esempio un gene caratterizzato da due alleli, A e a, con frequenza rispettivamente A = p e a = q. Se sono rispettate le condizioni sopra riportate, la popolazione sarà composta da individui omozigoti dominanti AA con frequenza p 2, da individui omozigoti recessivi aa con frequenza q 2, da individui eterozigoti Aa con frequenza 2pq. Se poniamo, a titolo di esempio: p = 0,3 e q = 0,7, la frequenza del genotipo AA è data dal prodotto delle frequenze di ciascun allele, vale a dire [0,3 x 0,3] = 0,09. Da considerazioni analoghe si ricava che la frequenza del genotipo aa è [0,7 x 0,7] = 0,49, mentre la frequenza del genotipo Aa è 2x[0,3 x 0,7] = 0,42. Poichè per il gene considerato esistono solo gli alleli A e a, la somma delle loro frequenze sarà: (p + q) = (0,3 + 0,7) = 1. La somma delle frequenze dei genotipi, espressa come p 2 + 2pq + q 2, è uguale a (p + q) 2 = 1 2 = 1. Al momento della riproduzione, rispettando le condizioni già ricordate, ogni individuo ha identica probabilità di trasmettere i propri alleli alla generazione successiva. L'allele A è trasmesso con probabilità 1 dalla frazione p 2 di individui omozigoti AA e con probabilità 1/2 dalla frazione 2pq di individui eterozigoti Aa. La probabilità di trasmettere l'allele A è pertanto : p 2 + (2pq) / 2 = p 2 + pq = p (p + q) = p. Considerazioni analoghe indicano che la probabilità di trasmettere l'allele a è uguale a q. Alla generazione successiva i due alleli si ritrovano con le stesse frequenze e così di seguito. Finchè sono rispettate le condizioni imposte, le frequenze degli alleli rimangono stabili da una generazione all'altra. Esempio: Calcolo delle frequenze alleliche per un locus con due alleli codominanti. Per il locus per il gruppo sanguigno MN in cui i genotipi sono riconoscibili fenotipicamente supponiamo di avere un campione di 100 individui così distribuiti: Fenotipi M MN N Genotipi MM MN NN n. individui Possiamo calcolare le relative frequenze alleliche: [n copie allele presente / n totale degli alleli] frequenza allele M = f(m) = (52 x 2) + 36/200 = 0,7 frequenza allele N = f(n) (12 x 2) + 36 / 200 = 0,3 Se la popolazione campionata rispetta equilibrio di H.W. le distribuzioni genotipiche attese sono: p 2 (MM)= 0,7x0,7= pq (MN)= 2x0,7x0,3=0,42 q 2 (NN)= 0,3x0,3=0,009 Il test del χ2 [Σ (osservati - attesi) 2 /attesi] mi dice che gli scostamenti fra osservati e attesi NON sono statisticamente significativi, quindi la legge di Hardy-Wenberg è rispettata. SELEZIONE Lo studio della selezione naturale è lo studio dell interazione tra geni ed ambiente, a livello di organismi, ma anche di singoli geni. Possiamo definire la SELEZIONE NATURALE come l insieme dei fattori che tendono a favorire, o sfavorire, la tendenza a riprodursi di un dato genotipo. La selezione naturale è il meccanismo con cui avviene l'evoluzione delle specie e secondo cui, nell'ambito della diversità genetica delle popolazioni, si ha un progressivo aumento della frequenza di individui con caratteristiche ottimali (fitness) per l'ambiente di vita, rispetto ad altri individui. Poiché gli organismi competono per le risorse più soddisfacenti, quelli con i geni che si adattano meglio al loro ambiente sopravvivono con maggiore probabilità e trasmettono i loro geni. I geni con maggiore valore adattativo

18 rispetto all ambiente dovrebbero aumentare la loro frequenza con il tempo. L ADATTAMENTO è sostanzialmente l effetto della selezione naturale. I principi fondamentali su cui si basa la selezione naturale sono: il principio della variazione, che afferma che tra gli individui di una popolazione esiste una variabilità dei caratteri (ossia il polimorfismo); il principio dell ereditarietà, che localizza nei geni l'origine della variabilità delle caratteristiche fenotipiche trasmissibili ai discendenti per mezzo della riproduzione (la possibilità che il polimorfismo venga trasmesso nelle generazioni); la fertilità o mortalità differenziale, per cui non tutti gli individui hanno la stessa probabilità di sopravvivere; il principio dell adattamento, secondo il quale alcuni individui, i "più adatti" all'ambiente, presentano caratteri che offrono un vantaggio di sopravvivenza e di riproduzione e, di conseguenza, i loro tratti fenotipici diventano prevalenti nella popolazione. Il parametro comunemente utilizzato per misurare la selezione naturale è la FITNESS che permette di misurare l efficienza riproduttiva di un dato genotipo per un dato ambiente e in un dato momento. Genotipi con fitness elevata aumenteranno di frequenza nelle generazioni successive e diventeranno più rappresentati, mentre genotipi con fitness bassa, diventeranno sempre meno frequenti, fino alla scomparsa. La fitness si riferisce, quindi, alla capacità di produrre prole (capacità riproduttiva); poiché il numero di discendenti che un individuo può generare dipende sia dalla sua capacità di arrivare allo stato adulto sia dalla sua fertilità, possiamo considerare la fitness come il prodotto di due componenti, la vitalità e la fertilità: fitness = vitalità fertilità Fenotipi che hanno la capacità di sopravvivenza, ma sono sterili, hanno fitness nulla. La fitness è influenzata dall ambiente in cui l organismo vive, infatti, lo stesso fenotipo può avere fitness diverse in ambienti diversi. L esito finale della selezione naturale può essere l eliminazione di uno o dell altro allele, oppure lo stabilizzarsi di un polimorfismo con due o più alleli. Gli effetti della selezione naturale possono essere: 1. Selezione contro l omozigote recessivo - La selezione avviene a sfavore degli omozigoti recessivi. In questo modello gli eterozigoti e gli omozigoti dominanti hanno fenotipo e fitness identici, mentre gli omozigoti recessivi hanno una fitness considerevolmente ridotta. L esito finale della selezione contro il genotipo omozigote recessivo è l eliminazione dell allele stesso. Esempio: I letali recessivi sono il caso limite di selezione contro il genotipo omozigote recessivo: gli individui (aa) hanno fitness zero, ossia muoiono prima dell età riproduttiva oppure sono sterili. 2. Selezione contro l allele dominante - In un modello di selezione contro l allele dominante la pressione selettiva determina una diminuzione della frequenza dell allele stesso. La selezione è più efficace contro gli alleli dominanti poiché questi vengono espressi sia negli omozigoti (AA) che negli eterozigoti (Aa). Se si assume che la dominanza rispetto alla fitness sia completa, gli omozigoti dominanti e gli eterozigoti avranno la stessa efficienza riproduttiva. Il destino dell allele sottoposto a pressione selettiva è quello di essere eliminato (come nel caso precedente). Se un allele dominante è sterile o letale, la frequenza dell allele dominante tende a diventare nulla nell arco di una generazione di selezione. 3. Selezione in assenza di dominanza - In alcuni casi la fitness degli eterozigoti è intermedia tra le fitness dei due omozigoti dominante e recessivo. L efficacia della selezione dipende fortemente dal grado con cui i geni dannosi sono espressi negli eterozigoti. Anche in condizioni di assenza di dominanza il destino dell allele selezionato è quello di essere eliminato: la sua frequenza infatti tende a diminuire progressivamente sino a divenire nulla in condizioni di equilibrio. 4. Vantaggio dell eterozigote (sovradominanza) - La selezione a favore dell eterozigote è differente dai modelli precedenti in maniera significativa: la sovradominanza porta ad un equilibrio polimorfico stabile in cui le frequenze alleliche sono determinate dai coefficienti di selezione contro i due genotipi omozigoti (s e t). Entrambi gli alleli rimangono nella popolazione con frequenze p e q fintanto che i coefficienti di selezione conferiscono agli eterozigoti una fitness superiore rispetto adambedue gli omozigoti. Quindi, il modello della sovradominanza permette di mantenere la variabilità. Si parla in questo caso di eterosi, o di polimorfismo bilanciato. Un esempio classico è l'eterosi, che si attua quando gli individui eterozigoti per un determinato allele (A/a) possiedono una fitness maggiore rispetto sia agli omozigoti recessivi (a/a) che a quelli dominanti (A/A). Questo meccanismo dipende dalla presenza contemporanea di due pressioni selettive, una che agisce

19 contro gli omozigoti recessivi e l altra contro gli omozigoti dominanti. È il caso dell'eterosi per l'anemia falciforme, che si riscontra nelle zone dove esiste la presenza endemica del parassita che provoca la malaria, il Plasmodio falciparum. Il Plasmodio falciparum si replica all interno dei globuli rossi degli individui omozigoti dominanti che muoiono di malaria; gli individui omozigoti recessivi, per la presenza della mutazione che determina l anemia falciforme, muoiono di talassemia mentre gli individui eterozigoti, avendo globuli rossi più piccoli, non consentono al Plasmodio della malaria di replicarsi e sono gli unici che sopravvivono. Nel tempo le epidemie di malaria hanno continuato a selezionare gli eterozigoti, perchè più resistenti e ciò ha permesso di mantenere nella popolazione l allele a dell anemia che non è mai stato eliminato nonostante l effetto di sovradominanza. 5. Selezione contro gli eterozigoti (sottodominanza) - Vi sono situazioni in cui gli eterozigoti hanno una fitness minore rispetto ai genotipi omozigoti. Le frequenze di equilibrio sono instabili. Quindi in condizioni di sottodominanza una popolazione che non è in equilibrio si allontanerà ulteriormente dalle frequenze di equilibrio fino a che l allele avente inizialmente una frequenza superiore rispetto a quella di equilibrio viene fissato. La situazione di una popolazione inizialmente in equilibrio non è destinata a persistere; deviazioni da tale equilibrio, causate da deriva e da altri fattori, tenderanno ad eliminare l uno o l altro allele. Sulla base di queste considerazioni si può dire che il modello di selezione contro l eterozigote non permette di mantenere il polimorfismo. Questo modello selettivo, peraltro non descritto in natura, è importante perché può spiegare un meccanismo di isolamento delle popolazioni nelle fasi iniziali dei processi di speciazione. 6. Selezione dipendente dalla frequenza - Accanto al modello che avvantaggia il genotipo eterozigote vi sono altre forme di selezione che possono portare ad un polimorfismo bilanciato (equilibrio stabile). Uno di questi è la selezione dipendente dalla frequenza. Siamo di fronte ad una selezione dipendente dalla frequenza quando le fitness genotipiche variano in relazione alle frequenze dei vari genotipi. La selezione dipendente dalla frequenza è un meccanismo che contribuisce a mantenere variabilità, in quanto la fitness di un genotipo aumenta quando questo diviene più raro. La selezione dipendente dalla frequenza può essere particolarmente importante nei casi di migrazione (gli immigranti possono avere un vantaggio in termini di mating poiché sono rari; i loro geni quindi saranno stabilizzati con maggiore probabilità nella popolazione a cui si sono uniti). MUTAZIONI Le mutazioni sono un fattore evolutivo essenziale, perché generano quella variabilità genetica indispensabile, senza la quale l'evoluzione non potrebbe avvenire. Le mutazioni sono cambiamenti dell informazione genetica e rappresentano il punto di partenza dei processi evolutivi che sono all origine della comparsa di nuovi alleli. La variabilità genetica insorge e si diffonde all interno delle popolazioni naturali con due meccanismi principali: mutazione (cambiamenti casuali nel DNA di un organismo che possono dare origine a un nuovo allele) e ricombinazione (formazione di nuove combinazioni di geni mediante la riproduzione sessuata e il crossing-over). Le mutazioni entrano a far parte del pool genico di una popolazione soltanto se compaiono nella linea germinale e possono essere vantaggiose, svantaggiose o neutre. Le mutazioni puntiformi missenso determinano la sostituzione dell amminoacido che generalmente non provoca conseguenze nella funzionalità della proteina (polimorfismi o varianti), ma ci sono casi in cui anche una minima alterazione può avere conseguenze gravi. Es. mutazione Apert (Cys755Gly) del gene human fibroblast growth factor receptor 2 (FGFR2); la mutazione Pfeiffer (Cys342Arg) del gene human fibroblast growth factor receptor 2 (FGFR2). La mutazione nonsenso è quella in cui la modificazione nucleotidica provoca la creazione di un tripletta di stop, che blocca la sintesi della proteina prematuramente. In questo caso, la funzionalità della proteina dipenderà dalla posizione dello stop. La mutazione frame-shift (inserzione o delezione di nucleotidi che determinano scivolamento del codice di lettura del DNA) determina la traduzione non corretta della proteina a valle della mutazione. Le mutazioni possono consentire alle popolazioni di adattarsi a nuove condizioni ambientali e possono fornire alla selezione naturale nuove varianti (o combinazioni di varianti) tra le quali selezionare quelle più idonee. Essendo la maggior parte delle mutazioni non favorevoli, gli organismi hanno sviluppato diversi meccanismi per la riparazione del DNA dai vari danni che può subire, riducendo in questo modo il tasso di mutazione. Gli effetti delle mutazioni possono essere notevolmente diversi a seconda del tipo di mutazione e della posizione in cui questa si verifica. Una mutazione può non portare a nessuna conseguenza quando interessa DNA che non codifica (o meglio sembra non codificare) per nessun prodotto genico (il cosiddetto junk DNA o DNA spazzatura ). Se la mutazione

20 avviene all interno di sequenze codificanti, ovvero i geni, si ha una variazione nel tipo o nella quantità del corrispettivo prodotto genico, che può essere una proteina o RNA funzionale (rrna, trna, snrna ecc.). Parliamo in questo caso di mutazione biochimica; se la mutazione biochimica porta a una variazione visibile del fenotipo si parla di mutazione morfologica. In relazione agli effetti della mutazione possiamo distinguere le mutazioni in: mutazione positiva: se porta ad un vantaggio evolutivo; mutazione neutra: se non risulta in un depotenziamento della capacità riproduttiva dell individuo; mutazione disvitale o semiletale: se rende più difficoltosa la perpetuazione riproduttiva dell individuo (il tipico esempio sono le malattie genetiche che debilitano in qualche modo l individuo, rendendolo meno capace di riprodursi, senza però impedirglielo totalmente); mutazione subletale: se non permette all individuo di raggiungere l età riproduttiva; mutazione letale: se porta alla morte dell'individuo in fase embrionale o fetale. MIGRAZIONE E FLUSSO GENICO Il FLUSSO GENICO può essere definito come un movimento di ALLELI da un pool genico ad un altro per migrazione di individui. Il trasferimento di alleli tra due popolazioni e mediato dal matrimonio: gli individui portatori di nuovi geni devono riprodursi per contribuire al pool genetico delle generazioni successive ed determinare flusso genico. Definisce gli scambi genetici che possono avvenire tra popolazioni. Il fenomeno del flusso genico tende ad omogeneizzare i pool genici delle popolazioni a causa di migrazioni matrimoniali e mescolamento tra grandi gruppi. Il movimento di geni da una popolazione all altra: 1. aumenta la numerosità effettiva di una popolazione 2. introduce e diffonde alleli unici nella nuova popolazione. 3. se le frequenze alleliche delle popolazioni migranti e residenti differiscono, il flusso genico cambia le frequenze alleliche della popolazione residente 4. ostacola la fissazione degli alleli. Le conseguenze sono: aumento della variabilità genetica entro la popolazione per introduzione di nuovi alleli diminuzione della variabilità genetica tra popolazioni. DERIVA GENETICA Nella realtà non esistono popolazioni infinitamente grandi, ma se sono abbastanza grandi la legge di Hardy-Weinberg è valida. E vero infatti che nelle popolazioni piccole si può avere un cambiamento nelle frequenze geniche come risultato di una deviazione delle frequenze genotipiche attese. Questo cambiamento dovuto al caso è chiamato deriva genetica. Le variazioni casuali sono originate da fenomeni che non hanno niente a che vedere con il pool genico della popolazione o con il singolo locus che si sta considerando. Esempio tipico sono le catastrofi naturali che non uccidono gli individui sulla base del loro patrimonio genetico. La deriva genica consiste nel cambiamento del pool genico per azione del caso. Esistono due modi in cui la deriva genetica può avere un effetto sulle frequenze alleliche: l effetto collo di bottiglia; l effetto del fondatore L effetto del fondatore: si verifica quando una piccola popolazione, che si separa da una più grande, ha un pool genico differente da quella del gruppo originario. Più è piccolo il campione fondatore tanto meno i colonizzatori rappresenteranno il pool genico di

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