Pubblicazione realizzata nell'ambito del progetto PLASTiCE supportato dal FESR 1

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1 Pubblicazione realizzata nell'ambito del progetto PLASTiCE supportato dal FESR 1

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3 Questo documento è stato realizzato nell'ambito del progetto PLASTICE, ed è parte del WP4 - Condizioni per stimolare la domanda di mercato WP4.2 Schema di supporto transnazionale 3

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5 Sommario: Prefazione.6 1. Introduzione Materiali polimerici: i principi Plastica Classificazioni della plastica Plastiche tradizionali di origine petrolchimica Plastiche biodegradabili Plastiche biodegradabili da fonti rinnovabili Plastiche biodegradabili da fonti fossili Plastiche oxo-degradabili Plastiche non-biodegradabili da fonti rinnovabili La produzione delle bioplastiche Prodotti compatibili con le politiche di sviluppo sostenibile e relativi criteri di valutazione Modello di valutazione delle politiche di sviluppo sostenibile applicato alla plastica Criteri di valutazione degli aspetti ambientali Criteri di valutazione degli aspetti sociali Criteri di valutazione degli aspetti economici Sistemi di valutazione per specifici tipi di plastica Certificazione delle plastiche compostabili Certificazione del contenuto bio-based Schema riassuntivo dei sistemi di certificazione Valutazione della riduzione di emissioni di gas serra Conclusioni...41 Appendici: Appendice A: Applicazioni delle bioplastiche...42 Appendice B: Schema transnazionale di ricerca e sviluppo sui polimeri biodegradabili nell ambiente

6 PREFAZIONE E difficile immaginare che solo un secolo fa la presenza di plastica nel modo fosse trascurabile, quando ora essa pervade le nostre vite dai contenitori per alimenti ai dispositivi medicali, fino ai componenti delle auto ed ai giocattoli. La plastica consente al nostro cibo di rimanere fresco più a lungo e di poter essere trasportato su distanze maggiori, mantiene i dispositivi medicali sterili, ad esempio tramite gli involucri di aghi o le sacche per il sangue o la soluzione salina, rende le nostre auto più leggere ed efficienti nei consumi, rallegra i bambini nella forma di Lego o Barby, solo per menzionare alcuni dei tanti usi attuali. Questo è sorprendente se si pensa che la plastica è l unico gruppo importante di materiali interamente realizzato dall uomo. Ai grandi benefici portati dalla plastica alle nostre vite peraltro si associano anche impatti negativi. Il tipo di plastica che usiamo o come la smaltiamo possono comportare serie implicazioni per la salute umana e per l ambiente. Ad esempio si è scoperto che l additivo bisfenolo A (BPA) utilizzato nei contenitori per alimenti e bevande agisce come interferente endocrino, contribuendo all insorgenza di sviluppi abnormi e al cancro. Allo stesso modo è stato rilevato che la grande chiazza di immondizia nel nord del Pacifico contiene enormi quantità di rifiuti plastici che fluttuano liberamente nell oceano. Entrambi i casi hanno destato preoccupazione circa l uso della plastica. Libri come Plastica - una storia d amore tossico"(s. Freinkel), Senza plastica Come ho sconfitto l abitudine alla plastica e come puoi farlo anche tu (B. Terry), oppure Oceano di plastica: lotta per salvare il mare dai rifiuti della nostra società (C. Moore and C. Phillips) sottolineano questa preoccupazione e discutono di usi ed abusi della plastica oggi. La transizione verso una plastica che soddisfi i nostri bisogni, ma che sia innocua sia per la salute umana ed animale che per l ambiente è un tema fondamentale. Scienza, industria e politiche pubbliche devono lavorare per favorire l introduzione di materiali e politiche che lo consentano. La nostra vita, la nostra salute, così come quella dell ambiente in cui viviamo può dipendere da questo. Il progetto PLASTiCE fa un passo in questa direzione. Il suo obiettivo principale è di favorire l accettazione di nuove plastiche a minore impatto ambientale. A questo scopo PLASTiCE collabora con numerosi partner tra cui industrie, organizzazioni governative e non governative, utilizzatori, rivenditori e scienziati. La nostra esperienza è che tutti questi gruppi sono interessati alla ricerca di un futuro per la plastica economicamente perseguibile e benevolo con l ambiente. Il problema è come far convergere i vari interessi in modo produttivo. E interessante notare che quello che di tutti desiderano sia un informazione imparziale e la possibilità di individuare referenti affidabili a cui poter rivolgere domande specifiche sulla plastica. Questo manuale è stato preparato nella speranza di soddisfare alcuni di questi bisogni e di superare gli sbarramenti che oggi frenano l adozione delle plastiche che offrono nuove funzionalità con minori impatti negativi per l ambiente e la salute. dr. Andrej Kržan, PLASTiCE coordinatore 6

7 1. Introduzione Questa guida contiene un insieme di informazioni articolate ed oggettive sulle plastiche sostenibili, con l obiettivo di migliorare la comprensione di queste tematiche da parte dei diversi attori che compongono le filiere dell industria della plastica. Gli autori della guida - partner del progetto PLASTiCE, realizzato nell ambito del programma Central Europe - vantano una consolidata esperienza nel settore delle plastiche sostenibili ed hanno rapporti quotidiani con aziende dell intera catena del valore della plastica. Sulla base di questa esperienza è stata prodotta una lista delle 10 domande più frequenti in questo campo. Le domande 1. Quali prodotti si possono realizzare con le bioplastiche? 2. La produzione di prodotti con l impiego di bioplastiche è praticabile dal punto di vista economico? 3. La realizzazione di prodotti in bioplastica comporta difficoltà di tipo tecnologico? 4. La mia azienda ha le competenze necessarie? 5. La mia azienda dispone di attrezzature e processi adeguati? 6. Perché certificare i prodotti in bioplastica? 7. Come convincere i clienti ad acquistare prodotti in bioplastica? 8. Dove la mia azienda può reperire i materiali (polimeri, pigmenti, etc. ) necessari? 9. Dove posso cercare dei partner? 10. Come cominciare? Questa guida è stata concepita per dare risposta a tutte queste domande. A seguire sono riportate risposte brevi ed i riferimenti ai punti della guida dove ogni tema viene sviluppato. Le risposte 1. Quali prodotti si possono realizzare con le bioplastiche? Le bioplastiche, proprio come le plastiche tradizionali, possono essere utilizzate in molti modi e per molteplici applicazioni. Esse presentano proprietà funzionali quali facilità di stampa ed una permeabilità a gas, vapore acqueo e grassi che può essere modulata a seconda delle applicazioni. Il capitolo 3 contiene maggiori dettagli sulle proprietà delle bioplastiche. Attualmente le bioplastiche sono comunemente usate negli imballaggi e per il settore alimentare, con prodotti quali i sacchetti per la spesa, vaschette per il cibo, bicchieri, posate etc. Si registra inoltre un aumento di popolarità delle bioplastiche per applicazioni mediche, in agricoltura, elettronica di consumo, sport fino ad applicazioni in ambito automobilistico. Si deve sottolineare che il settore delle bioplastiche è in fase di sviluppo ed è prevista una rapida crescita nei prossimi due anni, dunque è atteso che anche il numero di applicazioni aumenti conseguentemente. L Appendice A fornisce una lista delle applicazioni più comuni. 7

8 2. La produzione di prodotti con l impiego di bioplastiche è praticabile dal punto di vista economico? Anche se le bioplastiche sono generalmente più costose delle plastiche tradizionali, negli ultimi anni il mercato delle bioplastiche è diventato sempre più competitivo in termini di costi, è stato supportato sul piano legislativo tramite l introduzione di standard e schemi di certificazione ed in alcuni paesi si è arrivati fino al divieto di utilizzo delle plastiche tradizionali per talune applicazioni, come i sacchetti per la spesa usa e getta. La domanda di prodotti in bioplastica ha interessato soprattutto settori del packaging, automobilistico, giocattoli ed elettronica di consumo. Inoltre diverse multinazionali attive su scala mondiale hanno introdotto le bioplastiche nei loro piani di crescita a lungo termine e nelle loro strategie innovative. Gli avanzamenti nelle bioplastiche hanno molte dimensioni, interessando sia i produttori di materiali che sviluppano nuovi materiali ed additivi, sia i produttori di prodotti finiti che osservano un grande potenziale di innovazione e diversificazione della loro offerta, precedentemente basata su plastiche tradizionali. Approfondimenti su questo tema si trovano ai capitoli 3 e 4, in cui vengono citati diversi criteri di valutazione della sostenibilità. 3. La realizzazione di prodotti in bioplastica comporta difficoltà di tipo tecnologico? Le bioplastiche che sono sul mercato possono essere impiegate per una vasta gamma di applicazioni. Le bioplastiche possono essere processate come le plastiche tradizionali, tramite termoformatura, estrusione, stampaggio per soffiaggio, etc. Le differenze risiedono nei diversi parametri da prendere in considerazione per impostare le macchine che lavorano la plastica. Questi parametri sono riportati nelle schede con le specifiche delle bioplastiche, disponibili presso tutti i produttori. In generale, dal punto di vista della complessità tecnologica, le bioplastiche non sono molto più difficili da processare rispetto alle plastiche tradizionali. 4. La mia azienda ha le competenze necessarie? Le competenze hanno a che fare con le conoscenze, le capacità, le abilità, le esperienze e possono essere di tipo tecnico e di tipo non tecnico. Dal punto di vista del ciclo di vita completo delle bioplastiche - che partendo dalle materie prime passa attraverso la loro lavorazione, l utilizzo industriale fino al loro consumo ed alla gestione dei rifiuti - le competenze necessarie per la gestione delle bioplastiche sono prevalentemente di tipo tecnico e non si discostano significativamente da quelle necessarie per trattare le plastiche tradizionali. Le bioplastiche, infatti, possono essere processate dalle stesse macchine ed il loro utilizzo sia industriale che a livello di utente finale dipende dalle proprietà della bioplastica riportate nelle schede prodotto dei materiali e sempre più diffuse anche in letteratura. La gestione dei rifiuti invece è differente per le plastiche biodegradabili ed in particolare per quelle compostabili che devono essere smaltite con i rifiuti organici. La promozione delle bioplastiche deve essere basata su opportune azioni di marketing, adeguatamente calibrate in base alle specifiche caratteristiche dei materiali ed alle loro applicazioni. Questa guida si propone di facilitare l identificazione delle competenze necessarie per gestire le bioplastiche e fornisce orientamento anche su aspetti di tipo non tecnico. 5. La mia azienda dispone di attrezzature e processi adeguati? Come per ogni materiale, le proprietà delle bioplastiche devono essere commisurate alla specifica applicazione del prodotto che l azienda vuole realizzare. Alcune bioplastiche (specialmente quelle tradizionali derivate da risorse rinnovabili e spesso caratterizzate dall aggettivo green 7 verde) 8

9 presentano le stesse proprietà dei loro analoghi derivati da risorse fossili (Es. PE e Green-PE). Anche se esistono casi in cui le bioplastiche presentano proprietà diverse, come già evidenziato alla domanda 3, le bioplastiche generalmente possono essere processate con gli stessi macchinari utilizzati per le plastiche tradizionali. 6. Perché certificare i prodotti in bioplastica? E difficile immaginare il mondo moderno senza la plastica, tuttavia questo materiale così versatile entra spesso in conflitto con la crescente propensione ad adottare stili di vita a basso impatto ambientale, che portano alla ricerca di materiali alternativi più eco-sostenibili. Una delle soluzioni più promettenti risiede nelle bioplastiche. Dato che le bioplastiche non sono immediatamente distinguibili dalle plastiche tradizionali, è necessario adottare un meccanismo che le identifichi tramite opportuna etichettatura, assicurandone la qualità. Questo viene fatto attraverso il sistema di standardizzazione e certificazione. Sebbene si tratti di un atto volontario, ci sono diversi vantaggi associati alla certificazione di prodotti e materiali. Il certificato permette di distinguere le bioplastiche dalle plastiche tradizionali e assicura che un materiale è conforme a specifici requisiti. Questo conferisce un chiaro vantaggio rispetto ai prodotti non certificati. I prodotti che recano il marchio della certificazione forniscono ai consumatori una prova inconfutabile circa le proprietà del materiale/prodotto. La presenza dei marchi che certificano le plastiche compostabili inoltre semplifica la gestione dei rifiuti plastici, facilitandone lo smistamento e la cernita. Il capitolo 5 contiene informazione dettagliata sui diversi sistemi di certificazione delle bioplastiche. 7. Come convincere i clienti ad acquistare prodotti in bioplastica? Le bioplastiche sono materiali innovativi che possono essere utilizzati in sostituzione delle plastiche tradizionali per produrre una vasta gamma di prodotti. Anche se a parità di applicazione la maggior parte delle bioplastiche offre prestazioni analoghe a quelle delle loro controparti in plastica tradizionale, esse possono essere promosse in modo diversificato - con svariate tecniche di marketing - valorizzando le loro proprietà esclusive, quali la biodegradabilità. In genere le bioplastiche si posizionano con successo in nicchie di mercato come quelle degli alimenti biologici o dei beni di lusso, spesso in forma di packaging dedicato. I produttori possono inoltre trarre vantaggio dal costante incremento della coscienza ambientale nella popolazione. Le bioplastiche si sposano molto bene al concetto di sostenibilità. Il capitolo 4 è interamente dedicato allo sviluppo sostenibile e più specificatamente ai vari metodi per la valutazione della sostenibilità dei prodotti bioplastici che possono a loro volta essere utilizzati anche per azioni di marketing, promozione e nelle istanze connesse con la responsabilità sociale d impresa, che impattano sulla reputazione e sul valore del prodotto industriale. 8. Dove la mia azienda può reperire i materiali (polimeri, pigmenti, etc. ) necessari? L Appendice A di questa guida contiene una ampia lista di possibili applicazioni delle bioplastiche che mostra come l impiego delle bioplastiche vada ben oltre i sacchetti per rifiuti biologici, a cui molti si limitano a pensare. I prodotti sono suddivisi per gruppi e corredati da una breve descrizione dei 9

10 possibili utilizzi e da un illustrazione dei vantaggi derivanti dall impiego delle bioplastiche. L Appendice B (R&D scheme) contiene una lista di organizzazioni con competenze specifiche in ricerca e sviluppo delle bioplastiche, redatta nell ambito del progetto PLASTiCE con la collaborazione di 7 partner di progetto, provenienti da Istituti di ricerca di rilevo di 4 paesi dell Europa centro orientale. Lo schema consente alle aziende del centro Europa di identificare e contattare istituti ed esperti in grado di supportarle a portare sul mercato nuove applicazioni di polimeri biodegradabili e capaci di fornire risposte competenti su un ampio insieme di problematiche relative alle plastiche sostenibili. 9. Dove posso cercare partners? L uso delle bioplastiche in ambito industriale coinvolge molti e diversi soggetti, specialmente nella ricerca sui materiali e nelle fasi di test dei prodotti. Lo Schema di R&D riportato in Appendice B indirizza le imprese verso i soggetti più competenti in grado di rispondere a quesiti specifici sulle bioplastiche e fornire assistenza personalizzata per lo sviluppo di prodotti destinati a determinate applicazioni. 10. Da dove cominciare? Il processo di implementazione di nuovi prodotti parte sempre da un idea rivolta ad uno specifico target di mercato. Le bioplastiche offrono nuove possibilità di innovazione sia per prodotti nuovi che per prodotti esistenti. Inoltre il crescente fabbisogno di applicazioni sostenibili a basso impatto ambientale costituisce un opportunità per promuove l uso delle bioplastiche. Bioplastiche Opportunità per il futuro è una pubblicazione pensata per fornire informazioni di facile comprensione sulle bioplastiche ed offrire assistenza nei primi passi necessari per cominciare la vostra avventura con questi nuovi materiali. 10

11 2. Materiali polimerici I principi Prima di passare alla definizione e alla classificazione delle plastiche, è necessario comprendere i materiali di base delle plastiche: i polimeri. I polimeri sono composti chimici macromolecolari costituiti da unità fondamentali, che si ripetono nella molecola, chiamate monomeri. I polimeri possono avere una struttura lineare, ramificata o reticolata. I polimeri lineari ed i ramificati sono spesso termoplastici, ovvero possono fondere a determinate temperature e sono solubili in alcuni solventi. Quelli reticolati invece sono insolubili e non possono fondere. I polimeri sono molto diffusi in natura; infatti sono i materiali costituenti degli organismi animali e vegetali. L amido, la cellulosa, le proteine e la chitina sono polimeri. Un altro grande gruppo di polimeri è prodotto sinteticamente a partire da fonti petrolchimiche, gas naturale e carbone. I polimeri appartenenti a quest ultimo gruppo sono impiegati in molte applicazioni industriali. I polimeri si possono classificare in base alle proprietà chimico-fisiche, all origine, alla natura dei materiali di cui sono composti, all impiego ed alla suscettività all attacco enzimatico. Classificazione in base alle proprietà chimico-fisiche: Termoplastici: materiali che rammolliscono sotto l azione del calore e induriscono in seguito ad un calo di temperatura. Es. acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS), policarbonato (PC), polietilene (PE), polietilen tereftalato (PET), polivinil cloruro (PVC), polimetilmetacrilato (PMMA), polipropilene (PP), polistirene (PS), polistirene espanso (EPS). Termoindurenti: una volta formati rimangono duri e non rammolliscono più sotto l azione del calore. Es. resina epossidica (EP), resina fenol-formaldeide (PF). Elastomeri: materiali che se vengono allungati o schiacciati si deformano, ma sono in grado di riprendere la forma originale una volta cessata la forza di deformazione. Classificazione in base all origine dei polimeri: Polimeri sintetici: derivano da reazioni di sintesi chimica (polimerizzazione per addizione, copolimerizzazione, policondensazione) Polimeri naturali: prodotti e degradati in natura; esempio la cellulosa, le proteine, gli acidi nucleici Polimeri naturali modificati: polimeri naturali modificati chimicamente per ottenere nuove proprietà funzionali; ad esempio: acetato di cellulosa, proteine modificate, amido modificato Classificazione in base alla natura dei materiali da cui è prodotto il polimero: Fonti rinnovabili (animali e vegetali) Fonti non rinnovabili (petrolio, gas naturale, carbone) Classificazione in base all impiego dei polimeri: Imballaggio Edilizia e Costruzioni Automobilistico Dispositivi elettrici ed elettronici Dispositivi medici Polimerizzazione per addizione: processo di inserimento in catena di monomeri, senza generazione di sottoprodotti Copolimerizzazione: polimerizzazione di almeno due monomeri differenti che danno come prodotto un copolimero Policondensazione processo di inserimento in catena dei monomeri con produzione di sottoprodotti. 11

12 Classificazione in base alla suscettibilità dell attacco enzimatico: Biodegradabile (acido polilattico PLA, poliidrossialcanoati PHA, cellulosa rigenerata, amido, poliesteri lineari) Non-biodegradabile (polietilene PE, polipropilene-pp, polistirene - PS) Esistono molte altre possibili classificazioni dei polimeri, ma bisogna tenere presente che dal punto di vista delle applicazioni industriali spesso i polimeri da soli non sono sufficienti. La maggior parte delle plastiche contiene inglobati altri composti sia organici che inorganici chiamati additivi, che possono conferire alle plastiche proprietà nuove. Perciò: POLIMERI + ADDITIVI = PLASTICA La quantità di additivi può variare da percentuali molto piccole nei polimeri impiegati nelle pellicole per avvolgere i cibi, fino al 50% nei polimeri utilizzati in applicazioni particolari. Questi polimeri combinati con additivi per un utilizzo tecnico ed industriale sono chiamati plastica. Tra gli additivi possono essere inclusi: composti oleosi plastificanti che migliorano le proprietà reologiche, riempitivi che ottimizzano le prestazioni generali e riducono i costi di produzione, stabilizzanti che inibiscono determinate reazioni chimiche, come ad esempio i ritardanti di fiamma che riducono l infiammabilità, agenti antistatici, coloranti, lubrificanti e molti altri. Il mondo della plastica è enorme, grazie all ampia gamma di diversi polimeri ed additivi che possono essere mescolati. Questo, a sua volta, genera un ampia gamma di possibilità di trasformazione e lavorazione della plastica. Le tecniche di base nella lavorazione dei polimeri sono: estrusione, estrusione con soffiaggio, iniezione, compattazione/compressione, pressatura, stampaggio rotazionale, calandratura, pressofusione. 12

13 3. Plastica 3.1 Classificazioni della plastica Storia della plastica ed evoluzione verso la sostenibilità Le prime plastiche furono prodotte tra la fine del 19 e l inizio del 20 secolo. La celluloide ed il cellophane sono state tra le prime plastiche, ed erano prodotti di origine naturale (bio-based). Dopo la seconda guerra mondiale la plastica divenne molto popolare. Dagli anni 60 agli anni 90 le plastiche sono state prevalentemente prodotte a partire da materiali di origine petrolchimica. Negli anni 80 la produzione della plastica ha superato quella dell acciaio. Negli anni 90 le politiche di protezione ambientale e l idea di sostenibilità hanno acquisito maggiore importanza sia sul piano socioculturale che su scala politica. Furono inventate e messe a punto nuove tecnologie per la produzione di plastica da risorse rinnovabili, e per la produzione di materiali biodegradabili. La ricerca di nuovi materiali e le relative tecnologie di produzione sono strettamente legate a: Lo sviluppo della conoscenza su temi di protezione ambientale - con particolare riguardo all intero ciclo di vita del sistema ossia considerando sia i processi di produzione, di utilizzo e di fine-vita sia i materiali in ingresso nel ciclo produttivo e quelli in uscita (tra cui le cosiddette emissioni). Miglioramento di metodi di valutazione dell influenza della plastica sull ambiente, specialmente attraverso l analisi del ciclo di vita (LCA), che prevede un approccio che va dalla culla alla tomba di un particolare prodotto. Introduzione di politiche per lo sviluppo sostenibile che nella produzione e nel commercio attribuiscono agli impatti di tipo ecologico della plastica un significato pari a quelli di tipo economico e sociale. Le plastiche prodotte con queste nuove tecnologie sono chiamate bioplastiche. Il termine bioplastiche, coniato dall Associazione Europea per le Bioplastiche (European Bioplastics Association), è stato definito, come sotto riportato: Bioplastica - secondo European Bioplastics Il termine bioplastica comprende tutte le famiglie di materiali plastici originati da biomassa (bio-based), biodegradabili od entrambi. Il termine bio-based significa che il materiale o il prodotto è totalmente o parzialmente derivato da biomassa (piante). La biomassa utilizzata nelle bioplastiche deriva ad es. da mais, canna da zucchero o cellulosa. Il termine biodegradabile invece si riferisce al processo chimico durante il quale i microrganismi presenti nell ambiente trasformano i materiali in sostanze naturali come acqua, anidride carbonica e biomassa (senza l introduzione di additivi artificiali). Il processo di biodegradazione è influenzato dalle condizioni ambientali (es. luogo e temperatura), dal materiale e dall applicazione. Fonte: en.european-bioplastics.org 13

14 Per illustrare questo tipo di classificazione la European Bioplastics ha introdotto un modello a due assi in cui possono essere inseriti tutti i tipi di plastica, e le loro combinazioni. Tale modello è riportato in Figura 1. Figura 1. Classificazione della plastica secondo European Bioplastics Secondo questa classificazione vengono identificati quattro tipi di plastica, distinti sull asse orizzontale in plastica biodegradabile e plastica non-biodegradabile e sull asse verticale in plastica derivata da fonti rinnovabili o da materiali petrolchimici. I quattro gruppi di plastiche che ne derivano sono: 1. Plastiche non-biodegradabili di origine petrolchimica, tra cui le plastiche tradizionali (es. PE, PP, PET) 2. Plastiche biodegradabili di origine naturale, cioè plastiche originate da biomassa e aventi la proprietà di biodegradare (es. PLA, PHA, derivati dell amido) 3. Plastiche biodegradabili di origine petrolchimica, cioè plastiche che possono biodegradare ma sono prodotte a partire da fonti fossili (Es. PBAT, PBS, PCL) 4. Plastiche non biodegradabili derivate da fonti rinnovabili, cioè plastiche prodotte a partire dalla biomassa ma che non possiedono la proprietà di biodegradare (Es bio-pe, Biobased PET) Questa guida discuterà tutte e quattro le categorie. Le bioplastiche sono comprese nei gruppi 2, 3 e 4. 14

15 3.2. Plastiche tradizionali di origine petrolchimica La plastica tradizionale, prodotta a partire da fonti fossili, trova impiego in numerosi ambiti. Una caratteristica fondamentale dei prodotti di plastica è la leggerezza rispetto ad altri materiali, che deriva della densità relativamente bassa della plastica. I materiali plastici inoltre mostrano ottime proprietà di isolamento termico ed elettrico e resistono alla corrosione. Alcuni, essendo trasparenti, possono essere utilizzati nei dispositivi ottici. Le plastiche possono essere lavorate per ottenere forme diverse e mescolate con altri materiali. Le loro proprietà inoltre possono essere facilmente modificate ed adattate a diverse applicazioni aggiungendo: riempitivi rinforzanti, pigmenti, agenti schiumogeni o plastificanti. Data l universalità della plastica, essa trova impiego in ogni settore della vita di tutti i giorni, tra cui prevalentemente nei settori dell imballaggio, costruzioni, trasporti, industria elettrica ed elettronica, agricoltura, medicina e sport. Poiché le sue possibilità di utilizzo sono virtualmente illimitate e le proprietà possono essere adattate ad ogni esigenza, è facile comprendere come la plastica sia divenuta fonte di innovazione in tanti campi. Tutto questo è possibile grazie ai tanti tipi di plastica presenti sul mercato che offrono la possibilità di scegliere tra una vasta gamma di soluzioni. I principali sei tipi di plastica che detengono la fetta maggiore del mercato sono: Polietilene (PE) che comprende il polietilene a bassa densità (LDPE), il polietilene lineare a bassa densità (LLDPE) ed il polietilene ad alta densità (HDPE) Polipropilene (PP) Polivinil cloruro (PVC) Polistirene (solido PS ed espanso EPS) Polietilene tereftalato (PET) Poliuretani (PUR) Figura 2. Domanda europea di plastica tradizionale Fonte: Plastics The Facts

16 Tutti insieme coprono l 80% del fabbisogno di plastica in Europa. I tre principali gruppi sul mercato sono: polietilene (29%), polipropilene (19%) e polivinil cloruro (12%). Un ruolo significativo a livello industriale è anche attribuito a: Acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS) Policarbonato (PC) Polimetilmetacrilato (PMMA) Resine epossidiche (EP) Resine fenol-formaldeide (PF) Politetrafluoroetilene (PTFE) Nel 2011 la produzione mondiale di plastica ha raggiunto le 280 milioni di tonnellate, registrando un incremento medio annuo del 9% dagli anni 50. Nel 2011 la produzione di plastica in Europa ha raggiunto i 58 milioni di tonnellate (21% della produzione mondiale) e il principale paese produttore (la Cina) ha raggiunto il 23% della produzione globale. Nel lungo termine si prevede una crescita del 4% dei consumi pro capite. Infatti, in Asia e nei nuovi paesi membri dell Unione europea i livelli di consumo, pur essendo alti, sono ancora molto inferiori a quelli dei paesi più sviluppati. Le figure 3-6 mostrano i progressi della produzione della plastica. In figura 3 è riportata la crescita della produzione di plastica dal 1950 al 2011, confrontando la produzione mondiale con quella europea. L industria della plastica è cresciuta continuamente per oltre 50 anni passando da 1,7 milioni di tonnellate nel 1950 a 280 milioni di tonnellate nel 2011 su scala globale, e da 0,35 a 58 milioni di tonnellate in Europa. Recentemente la produzione di plastica si è rapidamente spostata in Asia. Figura 3. Produzione di plastica mondiale ed europea dal 1950 al

17 La figura 4 mostra la recente domanda di plastica nei paesi europei, che raggiunge i livelli più elevati in Germania, Italia e Francia. Figura 4. Domanda di plastica nei paesi europei nel 2010 e 2011 (k ton/anno) Fonte Plastics The Facts 2012 La figura 5 mostra i consumi di plastica in Europa nel 2010 e 2011 che sono in generale aumentati da 46.4 milioni di tonnellate nel 2010 a 47 milioni di tonnellate nel Nel 2010 il principale ambito applicativo era quello degli imballaggi (39% dei consumi totali), seguito dalle costruzioni (20,6%), dal settore automobilistico (7,5%) e dai settori elettrico ed elettronico (5,6%). Altri ambiti minori erano: sport, divertimento, agricoltura, macchinari. Nel 2011 gli imballaggi sono rimasti l area di principale richiesta (39,4%), con una leggera crescita rispetto all anno precedente. Praticamente sono rimasti invariati i settori delle costruzioni (20,5%) e l elettrico ed elettronico (5,4%) mentre è cresciuto il settore automobilistico (8.3%). Altri ambiti minori sono: sport, salute e sicurezza, intrattenimento, agricoltura, macchinari, casalinghi ed arredi industriali. Figura 5. Consumi di plastica in Europa per settori applicativi nel 2010 (sinistra) e 2011 (destra) Fonte: Plastics The Facts

18 Figura 6. Consumo di plastica per tipo di polimero e settore di applicazione nel 2011 Fonte: Plastics The Facts 2012 Informazioni supplementari sull industria delle plastiche tradizionali possono essere trovate nel sito dell Associazione Europea delle Plastiche: 18

19 3.3. Plastiche biodegradabili Quando si cerca la definizione di plastica biodegradabile si possono trovare definizioni contraddittorie. La spiegazione più semplice e precisa di plastica biodegradabile dice che si tratta di plastica suscettibile di biodegradazione. Il processo di biodegradazione avviene quando i microrganismi presenti nell ambiente (es. batteri, funghi, alghe) riconoscono la plastica come cibo, dunque la consumano e la digeriscono (senza bisogno di additivi artificiali). La biodegradazione comprende diversi passaggi biotici e abiotici che possono avvenire in sequenza o in parallelo e include sempre il passaggio di mineralizzazione biologica. Il primo passaggio della biodegradazione è la frammentazione seguita dalla mineralizzazione. La mineralizzazione è il processo che converte il carbonio organico in carbonio inorganico. La figura 7 mostra la differenza tra degradazione e biodegradazione: se si realizza solo la frammentazione vuol dire che il materiale è degradato, se a seguire si realizza anche la mineralizzazione significa che il materiale è biodegradabile. Fragmentation Mineralisation Figura 7. Differenza tra degradazione e biodegradazione Come si vede la biodegradazione consiste nella completa assimilazione del materiale frammentato da parte dei microrganismi, come se fosse cibo. Per essere del tutto precisi bisogna dire che il termine biodegradabilità non fornisce indicazioni dettagliate circa il processo, ma dice solo che si verifica la completa assimilazione del carbonio organico. Considerando un arco temporale infinito tutto è biodegradabile. Più accurato è il termine compostabilità, che significa biodegradazione in ambiente di compostaggio e per la durata di un ciclo di compostaggio. La biodegradazione può avvenire in condizioni aerobiche o anerobiche. In condizioni aerobiche i prodotti della biodegradazione sono anidride carbonica, acqua e biomassa, mentre in condizioni anerobiche i prodotti della biodegradazione sono metano, acqua e biomassa, come mostrato in modo semplificato nella figura che segue. Figura 8. Prodotti del processo di biodegradazione in condizioni aerobiche e anerobiche 19

20 Tra i differenti processi di biodegradazione, il compostaggio è un processo di riciclaggio organico, ovvero un trattamento controllato dei rifiuti organici realizzato in condizioni aerobiche (in presenza di ossigeno), in cui il materiale organico viene convertito naturalmente dai microrganismi. La compostabilità, in condizioni di compostaggio industriale, implica la completa biodegradazione della plastica entro 180 giorni. Il compostaggio industriale viene realizzato in modo controllato in ambiente umido e la temperatura nel mucchio di compostaggio può raggiungere i 70 C. Per le plastiche compostabili sono stati definiti standard internazionali come le EN 13432, ASTM D6400. Per maggiori informazioni sugli standard si rimanda al capitolo 5. La suscettibilità di un polimero o di un materiale plastico alla biodegradazione dipende esclusivamente dalla struttura chimica del polimero. Per questo motivo rispetto alla biodegradabilità è ininfluente che il polimero derivi da risorse rinnovabili (biomassa) piuttosto che da risorse non rinnovabili (fossili). I polimeri biodegradabili dunque possono derivare sia da risorse rinnovabili che da risorse non rinnovabili Plastiche biodegradabili da fonti rinnovabili Lo sviluppo delle conoscenze in tema di protezione ambientale, sostenibilità ed esaurimento delle risorse fossili del pianeta ha indotto gli scienziati a cercare fonti di materiali alternative. Uno degli ambiti su cui si è orientata la ricerca riguarda la produzione di polimeri biodegradabili da fonti rinnovabili. Queste plastiche possono rimpiazzare quelle ordinarie di origine petrolchimica e possedere proprietà analoghe. Le prime piccole produzioni di plastica biodegradabile risalgono al Oggi il loro utilizzo e la gamma di varianti è molto più ampia. Nel 2009 la produzione globale di plastica biodegradabile è stata di 226 mila tonnellate, mentre nel 2011 ha raggiunto la quota di 486 mila tonnellate (con un raddoppiamento in due anni). I principali tipi di polimeri biodegradabili prodotti da fonti rinnovabili (inclusi quelli prodotti per sintesi chimica di monomeri da fonti rinnovabili e quelli prodotti da microrganismi o batteri modificati) sono: Acido polilattico (PLA) Amido termoplastico (TPS), amido miscelato con poliesteri e copoliesteri alifatici, esteri dell amido, amido miscelato con materiali naturali Poliesteri di origine microbiologica poliidrossialcanoati (PHA) tra cui copolimeri dell acido butirrico, valerico ed esanoico (PHBV, PHBH) Esteri di cellulosa, cellulosa rigenerata Legno ed altri materiali naturali Figura 9. Esempi di plastiche biodegradabili sul mercato Fonti: EuBp Ci sono molte plastiche biodegradabili sul mercato. Quelle che meritano maggior attenzione sono: gli acidi polilattici (PLAs), le miscele amido-polimero, i poliidrossialcanoati (PHAs) e la nuova generazione di film di cellulosa. La figura 9 mostra esempi plastiche biodegradabili 20

21 PLA acido polilattico L acido polilattico (PLA) è un poliestere alifatico prodotto per policondensazione di acido lattico (ricavato da amido di mais con il metodo della fermentazione batterica). Il PLA può essere usato per produrre : Imballaggi flessibili (film biorientati, film multistrato con strato sigillabile) Film estrusi e termoformati Imballaggi realizzati con stampaggio ad iniezione Carta laminata ottenuta per estrusione Miscele polimero-amido Progressi significativi sono stati osservati nel campo delle miscele di polimeri con amido. Questi materiali sono usati per la realizzazione di film termoformati flessibili e durevoli. Sono utilizzati per vassoi, contenitori, riempitivi per confezioni da trasporto, imballaggi durevoli realizzati con stampaggio ad iniezione e rivestimenti di carta e cartone. Poliidrossialcanoati (PHA) I PHA sono una grande famiglia di copolimeri che, a seconda della composizione, possono avere proprietà che spaziano da quelle tipiche dei solidi resistenti a quelle dei materiali morbidi. I PHA possono essere mescolati con altri polimeri biodegradabili per ottenere miscele biodegradabili. I PHA possono essere lavorati per ottenere film soffiati, fogli calandrati, oggetti stampati ad iniezione. Nuove generazioni di film in cellulose Le nuove generazioni di film compostabili di cellulosa stanno diventando sempre più popolari. Le principali proprietà di questi film sono: Eccellenti proprietà ottiche Elevata barriera all ossigeno ed agli aromi Barriera adattabile al vapore acqueo Resistenza al calore, resistenza ai grassi, resistenza chimica Proprietà antistatiche naturali Plastiche biodegradabili da fonti fossili Gli elementi di partenza che costituiscono le plastiche biodegradabili possono essere distinti in due gruppi: Polimeri derivati da fonti rinnovabili (descritti al paragrafo precedente) Poliesteri derivati da fonti fossili. La differenza tra questi due gruppi si limita alla diversa origine dei materiali che li costituiscono, essendo entrambi biodegradabili. Va notato peraltro la distinzione in questi due gruppi è solo teorica, infatti molti produttori utilizzano miscele di polimeri biodegradabili che derivano parzialmente da fonti rinnovabili e parzialmente da fonti fossili. Esempi di polimeri biodegradabili derivati da fonti fossili sono i seguenti: Poliesteri alifatici sintetici policaprolattone (PCL), polibutilene succinato (PBS) Copolimeri alifatici e aromatici sintetici polietilen tereftalato/ succinato (PETS) Polivinil-alcol (PVOH), un polimero biodegradabile solubile in acqua 21

22 Plastiche oxo-degradabili Tra i materiali che spesso vengono insistentemente promossi come biodegradabili ci sono le plastiche oxo-degradabili. Si tratta di materiali presenti sul mercato che spesso sono impropriamente etichettati come materiali biodegradabili eco-compatibili. Per realizzare la plastica oxo-degradabile vengono aggiunti specifici additivi degradabili alle plastiche convenzionali, non biodegradabili. Questi materiali, rilasciati nell ambiente, si frammentano in piccoli pezzi, fino a diventare invisibili ad occhio nudo; questo prova che il primo passaggio del processo di degradazione ha avuto luogo, ma non è ancora dimostrato che abbia luogo anche il secondo passaggio necessario per poter parlare di biodegradabilità, ovvero la mineralizzazione. Maggiori informazioni sulle plastiche oxo-degradabili possono essere reperite alle seguenti pagine web: The Society of the Plastics Industry, Bioplastics Council - Position paper sugli additivi degradabili ( European Bioplastics - Position paper sullo standard inglese per le plastiche oxo-degradabili ( European Bioplastics - Position paper sulle plastiche oxo-degradabili ( European Bioplastics Position paper di European Bioplastice circa gli studi sull analisi del ciclo di vita (LCA) dei sacchetti, oxo-biodegradabili, compostabili e convenzionali ( Figura 10. Confronto tra materiali compostabili ( Campioni 1 e 2 e materiali oxo-degradabili ( compioni 3 e 4) dopo 3 mesi di test di disintegrazione in laboratorio. Come si nota i materiali oxo-degradabili non si sono disintegrati Fonte: COBRO 22

23 3.4. Plastiche non-biodegradabili da fonti rinnovabili Finora la guida ha mostrato bioplastiche che possiedono la caratteristica di biodegradare. Un terzo gruppo di bioplastiche che sta diventando sempre più popolare, sono le plastiche tradizionali non biodegradabili prodotte a partire da risorse rinnovabili anziché da combustibili fossili. Questi materiali hanno le stesse proprietà delle plastiche tradizionali derivate da risorse fossili. Un buon esempio in questo senso è dato dal polietilene verde realizzato a partire dall etanolo. L etanolo viene prodotto con un processo di fermentazione da materiale organico, convertito in etilene e a sua volta polimerizzato. Ci sono diverse varietà di polietilene verde che possono essere prodotte: ad alta o bassa densità (HDPE, LDPE). Dal punto di vista chimico, il polietilene ottenuto da risorse rinnovabili è identico a quello ottenuto dal petrolio, possiede le stesse proprietà e può avere le stesse applicazioni. Nella Figura 11 è illustrato il processo manifatturiero utilizzato. Figura 11. Processo di produzione del Polietilene verde Un altro esempio relativo all impiego di risorse rinnovabili per ottenere polimeri tradizionali sono le bottiglie in Bio-PET30 -denominate Plant Bottle-, fatte di polietilen tereftalato realizzato parzialmente con risorse rinnovabili. Il Bio-PET30 è composto al 70% da acido tereftalico ed al 30% da glicole etilenico. L acido tereftalico deriva dal petrolio, mentre il glicole è prodotto dall etanolo (che deriva dalla fermentazione di materiale vegetale). Il Bio-PET30, che è derivato parzialmente da risorse rinnovabili, permette di risparmiare le risorse fossili mondiali e di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Le sue bottiglie possono essere facilmente riciclate e raccolte insieme alle altre bottiglie in PET. La Plant Bottle è per il 20 % biobased (ovvero il 20 % del carbonio presente in questo materile deriva da risorse rinnovabili) mentre il 30% della sua massa deriva da risorse rinnovabili. La Figura 12 mostra come viene realizzata una Plant Bottle. Figura 12. Processo di produzione di bottiglie in PET parzialmente derivato da risorse rinnovabili 23

24 Sono in corso ricerche per sviluppare bottiglie in PET derivate al 100% da biomassa. L idea è di utilizzare materiali organici come erba, corteccia, frumento, non utilizzati nei processi alimentari. In futuro verranno utilizzati anche i sottoprodotti agricoli (come le bucce di patata) ed altri rifiuti biologici. Per ottenere bottiglie di PET da biomassa al 100% è necessario produrre anche l acido tereftalico da fonti rinnovabili. Esistono alcuni esempi di processi chimici che sintetizzano acido tereftalico a partire da p-xilene, ottenuto a sua volta dalla biomassa. Come alternativa al PET derivato al 100% da biomassa, recentemente ha riscosso notevole interesse il polietilene furonato (PEF), un poliestere che è totalmente ricavato da fonti rinnovabili e può avere le stesse applicazioni del PET, ma avendo proprietà migliori, può essere anche utilizzato nell imballaggio per il cibo. In seguito ai rapidi progressi tecnologici, in un prossimo futuro altri polimeri di derivazione fossile potrebbero essere prodotti a partire da risorse rinnovabili La produzione delle bioplastiche Nel 2011 la produzione globale di bioplastiche era 1,161 milioni di tonnellate a fronte di una produzione complessiva di polimeri tradizionali pari a 265 milioni di tonnellate. Le previsioni per il 2016 indicano che la produzione annua di bioplastiche dovrebbe raggiungere quasi i 6 milioni di tonnellate. Nella figura 13 questi dati sono riportati separando le bioplastiche biodegradabili dalle altre. Figura 13. Capacità produttiva mondiale di bioplastiche dal 2009 e valori stimati per il 2016 Fonte European Bioplastics La figura 14 mostra una proiezione dell evoluzione dal 2011 al 2016 della capacità produttiva mondiale di bioplastiche scomposta per aree geografiche. Nel 2011 la capacità produttiva era così distribuita: Asia 34,6%, Sudamerica 32,8%, Europa 18,5%, Nordamerica 13,7%, Australia 0,4%. Nei prossimi anni si prevede una crescita considerevole della produzione soprattutto in Asia e nel Sudamerica. 24

25 Figura 14. Capacità produttiva mondiale di bioplastiche scomposta per aree geografiche, previsione di evoluzioone dal 2011 al 2016 Fonte European Bioplastics La capacità produttiva di bioplastiche per tipo nel 2011 è mostrata in figura 15, mentre le previsioni per il 2016 sono illustrate in figura 16. Se analizziamo la capacità produttiva dei diversi tipi di bioplastiche nel 2011, notiamo che la produzione più significativa riguardava il BIO-PET, seguito a distanza dall acido polilattico PLA e dal BIO-PE (polietilene non biodegradabile da risorse rinnovabili). Secondo le previsioni nel 2016 si avrà un aumento generale, ma particolarmente significativo nella produzione di BIO-PET, che secondo European Bioplastics arriverà a coprire l 80% del mercato delle bioplastiche. Questa previsione si basa su comunicati stampa di diverse industrie leader nella produzione di bevande, che hanno espresso l intenzione di sostituire le bottiglie tradizionali in PET con il loro equivalente in materiale bioplastico (BIO-PET e PEF). Figura 15. Capacità produttiva mondiale di bioplastiche nel 2011 per tipo di polimero Fonte European Bioplastics Figura 16. Capacità produttiva mondiale di bioplastiche per diverso tipo di polimero prevista nel 2016 Fonte European Bioplastics 25

26 4. Prodotti compatibili con le politiche di sviluppo sostenibile e relativi criteri di valutazione 4.1. Modello di valutazione delle politiche di sviluppo sostenibile applicato alla plastica La definizione di sviluppo sostenibile adottata attualmente dall Unione Europea prende in considerazione lo sviluppo che risponde ai bisogni presenti senza compromette la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Lo sviluppo sostenibile comprende tre ambiti - economico, sociale ed ambientale il cui peso deve essere considerato in eguale misura. La strategia europea per lo sviluppo sostenibile adottata nel 2001 ed emendata nel 2005 tiene conto del principio di integrazione delle problematiche ambientali con le politiche europee che impattano sull ambiente. Applicato al mondo degli affari questo concetto prevede che un organizzazione, sia nella sua pratica quotidiana che nelle operazioni di lungo termine, prenda in considerazione tutte le principali implicazioni di tipo economico, sociale ed ambientale. Riferendoci all industria della plastica, questo significa rendersi responsabili dell introduzione di nuovi prodotti nel mercato secondo queste tre diverse prospettive. In questo senso i nuovi prodotti devono essere valutati rispetto agli impatti di tipo economico, ambientale e sociale che possono generare. La valutazione, che attribuisce pesi uguali ai tre elementi, dovrebbe essere realizzata relativamente a tutti gli stadi che compongono l intero ciclo di vita del prodotto (progettazione, produzione, utilizzo, smaltimento o recupero). Figura 17. Area di sviluppo sostenibile Fonte: Wikipedia Dunque il rispetto della sostenibilità deve interessare tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto: dall approvvigionamento di risorse, al processo di produzione, metodi di trattamento, confezionamento, distribuzione, uso e gestione dei rifiuti, incluso il trasporto. Contemporaneamente per essere competitivi i prodotti devono anche possedere proprietà funzionali e qualitative migliori o almeno confrontabili con quelle dei prodotti concorrenti, rispettando gli standard di protezione ambientale e cercando di contribuire al miglioramento del sistema di gestione dei rifiuti. Va sottolineato che tutte le plastiche sostenibili rispettano criteri di compatibilità ecologica, economica e sociale di standard più elevato rispetto a prodotti convenzionali analoghi, quali vetro, metallo o carta. Le bioplastiche vanno pertanto intese come materiali in competizione con le plastiche tradizionali, in quanto in grado di superare tali standard. 26

27 In ogni caso, dato che la plastica è utilizzata in molte applicazioni industriali è difficile definire una politica di sviluppo sostenibile appropriata per ogni caso specifico. Per questo motivo è opportuno definire norme di base per tutti i prodotti polimerici e specifici standard di sostenibilità per differenti gruppi di impiego. A seguire presenteremo i diversi criteri di valutazione che possono essere usati per testare la sostenibilità secondo i tre ambiti principali di analisi: ambientale, sociale, economico. Ogni criterio può essere applicato a diversi prodotti in plastica. Per valutare la sostenibilità nel modo più oggettivo possibile, bisognerebbe prendere in considerazione il maggior numero di criteri possibile. 4.2 Criteri di valutazione degli aspetti ambientali Analisi del Ciclo di Vita (LCA) L analisi del ciclo di vita del prodotto (LCA) è un metodo utilizzato per classificare e confrontare in termini di impatti ambientali prodotti con funzionalità similari. Il metodo LCA è una procedura standardizzata che utilizza diversi criteri di valutazione per definire l influenza sull ambiente di un dato prodotto, prendendo in considerazione tutte le fasi del ciclo di vita di quel prodotto, a partire dall approvvigionamento delle risorse per produrlo fino al suo smaltimento o riciclo. Il metodo analizza la potenziale influenza sull ambiente di ogni processo del ciclo di vita basandosi su dati quantitativi, raggruppati per categorie di impatto quali: gli effetti sulla salute, la qualità dell eco-sistema, il consumo di risorse. Potenziali impatti ambientali sono determinati da: fattori cancerogeni, emissione di composti organici ed inorganici, cambiamenti climatici, radiazioni, danni allo strato dell ozono, eco-tossicità, acidificazione/ eutrofizzazione, uso del terreno, consumo di risorse naturali e di combustibili fossili. Le Figure 18 e 19 forniscono uno schema semplificato di ciò che deve essere preso in considerazione nella LCA, e riportano un esempio dei processi e passaggi del ciclo di vita di un imballaggio plastico. Figura 18. Passaggi dell LCA Fonte: COBRO 27

28 Figura 19. Schema semplificato dei processi di un prodotto per imballaggio, con esempi delle minacce per l ambiente che possono verificarsi nel corso di tutto il ciclo di vita Fonte: COBRO Uso responsabile delle risorse nei processi produttivi Lo sfruttamento estensivo di risorse non rinnovabili quali antracite, lignite, petrolio, gas GPL, col tempo porterà al loro esaurimento totale, cosa che a sua volta potrebbe avere effetti catastrofici sulle generazioni future. Per questo motivo le politiche orientate allo sviluppo sostenibile raccomandano di ridurre al massimo la quantità di materiali presenti nei prodotti e di fare ricorso ogni volta che è possibile a risorse rinnovabili. In tema di uso responsabile delle risorse un altro aspetto rilevante riguarda l effetto serra e le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione. L indicatore chiamato impronta di carbonio (carbon footprint) mostra le emissioni totali di gas serra prodotte direttamente o indirettamente durante l intero ciclo di vita di un dato prodotto. Solitamente questo indicatore è espresso in tonnellate equivalenti o chilogrammi equivalenti di biossido di carbonio. Dal punto di vista dell impronta di carbonio, secondo il Prof. Narayan dell Università del Michigan, è altamente consigliabile l utilizzo piante e di materiali derivati da risorse rinnovabili, inclusi i polimeri biodegradabili come l acido polilattico (PLA), infatti le piante durante la fotosintesi assorbono il biossido di carbonio (CO 2 ). In questo caso molti scienziati considerano nulla o quasi nulla l impronta di carbonio del processo di produzione del materiale. Per ulteriori informazioni su questo tema si veda al capitolo 5. Adozione di specifiche qualitative più elevate di quelle minime previste dalla normativa corrente, incluso il ricorso alla certificazione di protezione ambientale. Nell Unione Europea esistono diversi sistemi di certificazione ambientale, che peraltro non sono obbligatori; citiamo ad esempio: certificazione dei prodotti compostabili certificazione dei prodotti con contenuto rinnovabile attestazione dell impegno nella riduzione di emissioni di gas serra Questi sistemi sono prevedono specifici simboli e sistemi di etichettatura descritti in dettaglio nel capitolo 5. 28

29 4.3. Criteri di valutazione degli aspetti sociali Sistemi di raccolta dei rifiuti e riciclaggio L introduzione sul mercato di nuovi prodotti dovrebbe considerare anche la presenza di sistemi di raccolta di rifiuti e la disponibilità di metodi di riciclaggio/ recupero nelle regioni in cui i nuovi prodotti saranno distribuiti ed utilizzati. Un prodotto in linea di principio può essere sostenibile dal punto di vista ambientale, ma questo comporta che quando si trasforma in rifiuto esista un sistema locale (eventualmente connesso con una rete regionale/nazionale) in grado di gestire appropriatamente il fine vita del prodotto. Ad esempio, se la plastica compostabile invece che essere raccolta insieme ai rifiuti organici, finisce in discarica, produrrà un effetto negativo sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale, avendo reso vana la scelta di un prodotto eco-compatibile da parte del consumatore. La Figura 20 mostra uno schema di sistema di riciclaggio che prende in considerazione sia aspetti organizzativi che aspetti tecnologici. In fase di introduzione sul mercato di un nuovo prodotto questo modello può essere utilizzato per studiare come ogni sfera incide rispetto al target di mercato prefissato. Figura 20. Modello di sistema di riciclaggio Fonte: COBRO Conoscenze ed educazione del consumatore Il riconoscimento da parte del mercato e della società del valore e delle implicazioni delle nuove soluzioni tecniche e tecnologiche richiede un elevato grado di consapevolezza da parte dei consumatori basato su assunti di riconosciuta validità scientifica. Tale consapevolezza può essere realizzata solo investendo per adeguare il livello di conoscenze dei consumatori con i progressi della tecnologia nei suoi diversi risvolti. Per fare questo possono essere sfruttare appropriate azioni di marketing e campagne informative, nonché schemi educativi realizzabili su più livelli (corsi specifici, seminari, conferenze, ecc.) Soddisfare le aspettative dei clienti Secondo le attuali tendenze di mercato, i prodotti dovrebbero essere caratterizzati da un aspetto gradevole, facilità di utilizzo, forme ergonomiche, durata, ecc.. In altre parole la corsa alla sostenibilità non dovrebbe compromettere altri aspetti attraenti per i consumatori finali. Per favorire questo passaggio si può fare ricorso a vari tipi di ricerche di mercato. 29

30 Valutazione degli effetti sociali costi nascosti del fine vita dei prodotti Le decisioni prese tra produttori e consumatori su scala micro economica possono generare il cosiddetto effetto esterno, anche detto effetto sociale. A seconda che un azione introduca vantaggi o svantaggi possiamo identificare: effetti sociali positivi (vantaggi sociali) effetti sociali negativi (svantaggi sociali) Gli effetti sociali positivi si realizzano quando le azioni dei produttori o dei consumatori portano un vantaggio alla società nel suo insieme, senza che produttori o consumatori vengano ricompensati. Effetti sociali negativi intervengono quando un produttore o un consumatore con le sue decisioni determina i cosiddetti costi sociali, ovvero costi addizionali non previsti a carico della società, che non si ribaltano su chi li ha generati Criteri di valutazione degli aspetti economici Domanda di materiali polimerici Il lancio di un nuovo prodotto sul mercato prevede la determinazione del suo prezzo che dipende necessariamente dal costo dei materiali polimerici impiegati, nonchè dai costi di produzione, ma anche dalla propensione dei consumatori ad apprezzare i prodotti non solo in base al prezzo, ma anche per propietà dei materiali/ prodotti e per l impatto ambientale ad essi associato. Il grafico che segue mostra le tipiche curve economiche di domanda ed offerta, con evidenza delle aree di eccedenza e scarsità di prodotti che si verifcano rispettivamente quando sul mercato si trovano più prodotti di quelli richiesti, o al contrario quando la domanda supera la disponibilità. In entrambi i casi il mercato si trova in una situazione squilibrata e dunque insostenibile. A questo punto per raggiungere l equilibrio è necessario agire sul prezzo. Questo semplice concetto è molto importante per determinare le strategie di prezzo dei prodotti in plastica. Figura 21. Tipiche curve di domanda ed offerta economica, con evidenza delle aree di eccedenza e di carenza 30

31 Scelta del polimero definita su base economica I criteri di valutazione economica che possono essere presi in considerazione nella scelta dei polimeri comprendono: analisi di mercato, analisi di rischio/studio di fattibilità, analisi del portafoglio di produttori e fornitori (analisi competitiva). Valutazione dei costi nell intero ciclo di vita del prodotto (LCC) Tramite il metodo Life Cycle Costing (LCC), è possibile stimare l impatto economico dei costi associati a tutti i processi che intervengono durante l intero ciclo di vita del prodotto, tenendo conto anche delle implicazioni più generali, relative agli effetti nocivi o benefici che ricadono sul sistema complessivo in cui hanno luogo la realizzazione, la vita e la dismissione del prodotto. Lo scopo del metodo LCC è quello di minimizzare la somma dei costi, opportunamente attualizzati, associati ad ogni fase del ciclo di vita, garantendo in tal modo benefici economici sia ai produttori che agli utilizzatori finali. In particolare il metodo LCC consente di ottimizzare la fase di progettazione di nuovi prodotti e di ottenere migliori risultati in termini di durata, performance e sostenibilità, grazie ad un adeguata caratterizzazione, ai minori sprechi, al risparmio energetico ed alla valutazione anche degli aspetti ambientali e sociali. 31

32 5. Sistemi di valutazione per specifici tipi di plastica 5.1. Certificazione delle plastiche compostabili Per contrastare la grande quantità di informazioni fuorvianti riguardo alle cosiddette plastiche verdi, gli organismi di standardizzazione hanno sviluppato standard specifici per il settore delle bioplastiche. Nella metà degli anni 90 La Commissione Europea ha incaricato il CEN (Comitato Europeo per la Standardizzazione) di elaborare uno standard per gli imballaggi compostabili. Il risultato di questo lavoro è la norma EN 13432:2000, armonizzata con la direttiva europea EC 34/62/ sugli imballaggi. Gli standard sono un insieme di requisiti che un prodotto o servizio deve soddisfare. Esistono due principali gruppi di standard: Specifiche standard: insieme di requisiti di tipo passa/non-passa che un prodotto deve soddisfare per poter ottenere una certa etichetta. La EN è un esempio di specifica standard per gli imballaggi compostabili. I requisiti della EN sono stati successivamente estesi nella specifica standard EN che si applica in generale a tutte le plastiche compostabili. Esistono altri esempi di specifiche standard come lo standard americano ASTM D6400 o lo standard internazionale ISO Metodi di prova, tecniche di valutazione. I metodi di prova descrivono in che modo realizzare i test e come validarli. Per testare le specifiche caratteristiche di un prodotto compostabile, nella specifica standard è indicato il particolare metodo di prova a cui fare riferimento per realizzare il test. Le specifiche standard sono spesso alla base degli schemi di certificazione. Il certificato è una conferma che un prodotto soddisfa la specifica richiesta. La verifica e i test sul prodotto sono basati su ben definiti metodi di prova. Specifiche per le plastiche compostabili La più conosciuta specifica standard per le plastiche compostabili è la EN che prevede che un prodotto compostabile soddisfi i seguenti requisiti: analisi della composizione chimica: devono essere rispetatti i limiti riportarti nell allegato A dello standard sui livelli di metalli pesanti ed altri elementi nocivi per l ambiente; analisi della disintegrazione durante il trattamento biologico: l analisi effettuata dopo 3 mesi (12 settimane) di trattamento in condizioni di compostaggio industriale o semi industriale deve rivelare un livello di disintegrazione sufficiente (il vaglio della materia secca con setaccio da 2 mm di luce può evidenziare residui massimi pari al 10 % della massa iniziale); analisi sulla biodegradazione: almeno il 90% della massa del polimero deve convertirsi in anidride carbonica entro 6 mesi (180 giorni); analisi di eco-tossicità: il trattamento biologico non deve peggiorare il livello di qualità del compost. Il test di crescita delle piante effettuato su un compost contenente polimeri disintegrati e biodegradati deve dare esito positivo. Il compostaggio è un processo di recupero dei rifiuti organici che avviene in condizioni aerobiche (ovvero in presenza di ossigeno) controllate ad opera di microrganismi che convertono il carbonio in anidride carbonica. Il prodotto finale di questo processo è un materiale organico chiamato compost. I prodotti finali che superano positivamente tutte le prove di compostabilità possono ottenere un certificato, rilasciato a cura di organismi di certificazione titolati. I materiali, prodotti intermedi e additivi possono ottenere, invece, solo una registrazione, ovvero una 32

33 attestazione di conformità ad uno standard entro determinati spessori del materiale, ma non sono titolati all utilizzo di etichette di certificazione. Tuttavia, a scopi promozionali è possibile richiamare l adeguamento ad uno standard. Per ottenere la certificazione di prodotto compostabile non è sufficiente che il materiale plastico di origine sia certificato, anche se in questo caso le procedure di prova ed i relativi costi possono essere sensibilmente ridotti. La Germania è stato il primo paese ad avviare un sistema di certificazione delle plastiche biodegradabili. I criteri di base dello schema di certificazione sono stati predisposti da Interessengmeinschaft Biologisch Abbaubare Werkstoffe IBAW (associazione di interesse comune sui materiali biodegradabili) che nel 2006 si è trasformata nell Associazione Europea per le Bioplastiche (European Bioplastics). In Figura 22 sono riportati i sistemi di certificazione delle plastiche compostabili attualmente attivi in Europa ed i relativi marchi. Figure 22. Sistemi di certificazione delle plastiche compostabili in Europa Fonte: PLASTiCE I più importanti sistemi di certificazione attualmente attivi in Europa sono gestiti da DIN CERTCO (membro dell Istituto di Normazione Tedesco DIN) e VINÇOTTE. Il sistema DIN CERTCO è adottato da Germania, Svizzera, Paesi Bassi, Regno Unito e Polonia grazie ad una rete di partner che fanno da riferimento nei diversi paesi. Il sistema VINÇOTTE agisce a livello internazionale attraverso gli uffici presenti in Belgio ed in Italia. In Italia dal 2007 i certificati di prodotto compostabile sono rilasciati dal Comitato Italiano Compostatori CIC, sulla base dei risultati della verifica dei requisiti effettuate dall ente di certificazione Certiquality. Sia DIN CERTCO che Vinçotte rilasciano il marchio di prodotto compostabile (a forma di piantina = seedling) registrato da European Bioplastics e conferito a prodotti e materiali che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa. Questo marchio garantisce che il prodotto è biodegradabile e compostabile a livello industriale, dunque può e deve essere smaltito insieme ai rifiuti organici. Sia DIN CERTCO che VINÇOTTE oltre al marchio Seedling conferiscono la possibilità di applicare ai prodotti certificati i propri simboli che forniscono indicazione, oltre che sulla certificata compostabilità industriale, anche sull ente di certificazione che l ha rilasciata. Analogamente CIC conferisce ai prodotti compostabili che certifica il proprio marchio di compostabilità. 33

34 La Figura 23 riporta i diversi marchi che possono certificare la compostabilità di un prodotto. Figura 23. Loghi di compostabilità : da sinistra Seedling TM, DIN CERTCO Geprüft, Vinçottes OK COMPOST, CIC compostabile Fonte: webpage degli enti certificatori DIN CERTCO, Vinçotte and CIC La compostabilità di prodotti che contengono più materiali (inclusi eventuali additivi) o più prodotti singolarmente certificati viene riconosciuta quando sono rispettate tutte le seguenti condizioni: tutti i materiali presenti nel prodotto devono essere compostabili, a meno che non possano essere facilmente separati, come nel caso di un vasetto di yogurt ed il suo coperchio; lo spessore del prodotto deve essere inferiore allo spessore massimo a cui è stato provato e riconosciuto che si biodegrada; il prodotto non deve contenere alcun additivo dannoso per l ambiente; il prodotto non deve contenere alcun additivo che possa peggiorare la qualità del compost; deve essere specificato in modo dettagliato l uso a cui il prodotto è destinato. Sia VINÇOTTE che DIN CERTCO, oltre alla certificazione appena descritta dei prodotti compostabili in condizioni di compostaggio industriale, hanno messo a punto anche schemi di certificazione per il compostaggio domestico, i cui relativi marchi sono riportati in Figura 24. Relativamente al compostaggio domestico si deve considerare che si tratta di un processo più difficile e lento di quello industriale, a causa dei volumi di rifiuti più ridotti e delle temperature decisamente più basse e meno costanti che si possono registrare nei mucchi di compost vegetale, che si realizzano normalmente in prossimità di orti e giardini. Gli schemi di certificazione domestici garantiscono la completa biodegradabilità del prodotto plastico nel mucchio di compost domestico. Figura 24. Marchi di certificazione per il compostaggio domestico Fonte: webpage degli enti certificatori DIN CERTCO and Vinçotte Vinçotte ha messo a punto schemi di certificazione anche per la biodegradazione in acqua e nel suolo, i cui rispettivi marchi sono riportati in Figura 25. Gli schemi di certificazione al suolo o in acqua garantiscono che il prodotto si biodegraderà completamente nel suolo o nell acqua fresca senza impatti negativi sull ambiente. Va sottolineato peraltro che il certificato di biodegradabilità in acqua non assicura che il prodotto si biodegradi anche in ambiente marino (ovvero in presenza di acqua salata). Figura 25. Marchi di certificazione dei prodotti biodegradabili in acqua e nel suolo Fonte: webpage degli enti certificatori Vinçotte 34

35 Negli Stati Uniti la certificazione si basa sulla norma ASTM D6400 ed il marchio compostabile viene rilasciato dall Istituto per le Plastiche Biodegradabili e dal Consiglio Americano per il Compostaggio (US Compostable Council). Figura 26. Marchio di biodegradabilità e compostabilità rilasciato dall Istituto per le Plastiche Biodegradabili e dal Consiglio Americano per il Compostaggio Fonte: webpage degli enti certificatori Biodegradable Products Institute 5.2. Certificazione del contenuto bio-based La determinazione del contenuto bio-based è fondata sulla misura dell isotopo 14 C (carbonio 14). I materiali sia quelli derivati da risorse fossili, che quelli derivati da risorse rinnovabili - sono composti principalmente da carbonio che in natura si trova in tre isotopi: 12 C, 13 C e 14 C. L isotopo 14 C è instabile, decade lentamente ed è presente in natura in tutti gli organismi viventi. Il contenuti del 14 C negli organismi viventi è molto stabile, perché correlato alla concentrazione del 14 C nell ambiente, che è pressoché costante. Quando un organismo muore cessa di assorbire l isotopo 14 C dall ambiente. Da quel momento in poi la concentrazione di 14 C nell organismocomincia a calare a causa del decadimento naturale dell isotopo. Il tempo di emivita del 14 C è di 5700 anni, con un impatto non è apprezzabile nell arco della vita umana, ma in anni il contenuto di 14 C si abbassa ad un livello che non può essere misurato. Questo significa che la concentrazione di 14 C nei fossili è trascurabile. Lo standard ASTM D6866 si basa su questi principi per certificare materiali, prodotti intermedi, additivi e prodotti derivati da risorse rinnovabili. Sia VINÇOTTE che DIN CERTCO hanno introdotto sistemi di certificazione del contenuto da risorse rinnovabili (contenuto bio-based) presente nei materiali e prodotti plastici. Tale certificazione in sintesi misura il rapporto tra il cosiddetto carbonio nuovo (da rinnovabile) e carbonio vecchio (di origine fossile). La Figura 27 mostra la differenza tra carbonio vecchio e nuovo. L età del carbonio indica il tempo richiesto per l ottenimento del carbonio necessario per la produzione di un certo prodotto. Le plastiche classiche sono prodotte a partire da risorse fossili e contengono carbonio generato nel corso di milioni di anni. D altro canto le plastiche derivate da risorse rinnovabili (come frumento, zucchero di canna, patate o rifiuti alimentari) contengono carbonio che circola in natura al massimo da pochi anni. I prodotti in legno hanno un età del carbonio di poche dozzine di anni. Figura 27. Ciclo del carbonio (R. Narayan) 35

36 In Europa il primo sistema di certificazione delle plastiche con contenuto da risorse rinnovabili (o plastiche bio-based) è stato introdotto in Belgio da VINÇOTTE. Esistono 4 categorie in cui possono essere raggruppati i materiali a contenuto bio-based, ad ognuna delle quali è associato uno specifico certificato: a) 20-40% di contenuto di carbonio da risorse rinnovabili, b) 40-60% di contenuto di carbonio da risorse rinnovabili, c) 60-80% di contenuto di carbonio da risorse rinnovabili, d) oltre 80% di contenuto di carbonio da risorse rinnovabili. Questo sistema può essere usato per molti prodotti, totalmente o solo parzialmente derivati da materiali/polimeri/risorse di origine naturale (esclusi combustibili solidi, liquidi e gassosi). I criteri di valutazione alla base di questa certificazione sono pubblicamente disponibili ed includono requisiti di base. Per poter essere certificato bio-based il prodotto deve contenere: almeno il 30% di carbonio organico totale della materia secca; almeno il 20% di carbonio proveniente da risorse rinnovabili. Le analisi vengono svolte secondo la norma ASTM D6866 (metodo B e C). La certificazione si applica solo a prodotti non tossici e non impiegati in medicina. In Figura 28 è riportato il marchio OK biobased rilasciato da VINÇOTTE per certificare che il prodotto deriva almeno parzialmente da risorse rinnovabili. Il numero di stelle presenti nel simbolo è correlato con la percentuale di carbonio da risorse rinnovabili presente nel prodotto. Il numero in basso a destra è il codice del proprietario del certificato (azienda produttrice che ha richiesto ed ottenuto il rilascio del certificato). Figure 28. Etichetta di certificazione AIB-Vincotte per prodotti da risorse rinnovabili Fonte: sito web Vinçotte Anche DIN CERTCO prevede uno schema di certificazione delle plastiche bio-based, che si applica a molti ambiti e prodotti ad eccezione del settore biomedicale, petrolchimico e delle sostanze tossiche. Lo schema di certificazione si basa anche in questo caso sullo standard ASTM D6866 e prevede tre possibili fasce in cui possono rientrare le plastiche bio-based a seconda della percentuale di contenuto da risorse rinnovabili, ognuna associata ad un marchio specifico: a) oltre 85% da risorse rinnovabili, b) da 50% a 85% da risorse rinnovabili, and c) da 20% ta 50% da risorse rinnovabili. Figura 29. Etichette di certificazione DIN CERTCO per prodotti da risorse rinnovabili Fonte: sito web DIN CERTCO Superare la procedura di certificazione consente al produttore di apporre sul prodotto un marchio con indicazione della percentuale di contenuto di carbonio da risorse rinnovabili. Quando un prodotto contiene più di un componente, può ottenere la certificazione solo se tutti i suoi componenti sono certificati. Peraltro è anche possibile certificare gruppi di prodotti fatti dello stesso materiale, con forme simili e differenziazione solo in termini di dimensioni. 36

37 5.3. Schema riassuntivo dei sistemi di certificazione Figura 30. Standardizzazione e certificazione delle bioplastiche Secondo la definizione di European Bioplastics, le bioplastiche possono essere biodegradabili, bio-based o entrambi le cose. Esistono schemi di certificazione distinti per i diversi casi. Per la plastica bio-based (ovvero derivata da fonti rinnovabili) esistono solo metodi di prova, ma non specifiche standard, perché lo schema di certificazione si basa solo sul rapporto tra carbonio nuovo (bio-based) e carbonio vecchio che può essere determinato semplicemente con delle misure. Esistono diversi certificati in relazione alla fascia di valori in cui rientra il contenuto di carbonio bio-based misurato per il prodotto/ materiale bioplastico. Le plastiche biodegradabili possono essere suddivise come segue: plastiche biodegradabili in acqua, per le quali esistono sia specifiche standard che metodi di prova ed uno schema di certificazione; plastiche biodegradabili nel suolo, per le quali esistono solo metodi di prova, ma non specifiche standard, esiste inoltre uno schema di certificazione; plastiche biodegradabili anaerobicamente (in assenza di ossigeno), per le quali esistono solo metodi di prova, ma non specifiche standard, né schemi di certificazione; plastiche compostabili che possono essere suddivise in: plastiche adatte per il compostaggio industriale per le quali esistono sia specifiche standard che metodi di prova e più schemi di certificazione; plastiche adatte per il compostaggio domestico per le quali nel 2010 sono state definite specifiche standard, metodi di prova e due schemi di certificazione. Tra le plastiche biodegradabili vengono spesso ricomprese anche le plastiche oxo-degradabili, che peraltro non sono ancora classificabili tra le bioplastiche, perché permangono delle carenze di evidenza circa il processo di digestione a opera di microrganismi. Per le plastiche oxo-degradabili esistono metodi di prova ma non specifiche standard, né schemi di certificazione. Il campo della standardizzazione e certificazione delle bioplastiche è molto ampio, complesso ed in rapida evoluzione. Per informazioni più specifiche si rimanda agli enti di certificazione. 37

38 5.4. Valutazione della riduzione di emissioni di gas serra Le restrizioni legislative sulle emissioni di gas serra hanno influenzato molti metodi di valutazione di tali emissioni, inclusi i metodi applicabili agli imballaggi. Il metodo più diffuso è detto impronta di carbonio (carbon footprint) o profilo di carbonio. Per un prodotto plastico l impronta di carbonio si riferisce alla quantità di anidride carbonica (CO 2 ) complessiva emessa direttamente o indirettamente durante l intero ciclo di vita del prodotto. In Europa il metodo di calcolo dell impronta di carbonio più utilizzato è quello basato sulla procedura standard PAS 2050:2011 (Specifiche per la valutazione delle emissioni di gas serra generate da un prodotto o servizio durante l intero ciclo di vita) emesse dall ente di normazione britannico BSI (British Standards Institution). La Figura 31 illustra la procedura in 5 passi per eseguire il calcolo dell impronta di carbonio secondo questo standard. La Figura 32 mostra le fasi del ciclo di vita del prodotto prese in considerazione (approvvigionamento materie prime, produzione, distribuzione/vendita, utilizzo/consumo, smaltimento/recupero) e le informazioni necessarie per effettuare la valutazione dell impronta di carbonio. Figure 31. Schema di valutazione dell impronta di carbonio secondo la PAS 2050:2011 Figura 32. Stadi del ciclo di vita presi in considerazione per la valutazione dell impronta di carbonio ed altri dati necessari Nel 2007 la Carbon Trust (organizzazione finanziata del governo britannico), ha introdotto un nuovo marchio denominato Etichetta di riduzione del carbonio (Carbon reduction label) che informa circa l impronta di carbonio del prodotto, riportando la quantità complessiva di emissioni di CO 2 e altri gas serra (calcolati come CO 2 equivalenti) generati durante l intero ciclo di vita del prodotto e determinati seguendo lo standard PAS 20050:2011 della BSI. In Figura 33 è riportato un esempio del marchio nella sua versione attuale, con chiara indicazione dei risultati acquisiti utilizzando nel processo di produzione energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili piuttosto che fossili. L etichetta testimonia l impegno del produttore a cercare di ridurre l impronta del carbonio del prodotto, contribuendo in tal modo alla protezione dell ambiente. Ogni due anni, infatti, viene effettuata una nuova valutazione dell impronta di carbonio a cura di un organizzazione indipendente e se non viene dimostrata la riduzione delle emissioni di gas serra, il marchio viene ritirato. 38

39 Figure 33. Esempio di marchio che conferma la cooperazione con la Carbon Trust I produttori che collaborano con la Carbon Trust mappano ed analizzano i processi che intervengono durante tutto il ciclo di vita del loro prodotti, al fine di individuare modifiche, accorgimenti tecnici e nuove soluzioni logistiche che possano portare ad un riduzione delle emissioni di gas serra. In questa direzione si stanno muovendo alcuni produttori di confezioni per succo d arancia, fiocchi di patate, falconi per detersivi, imballi per lampadine luminose, abiti che stanno partecipando ad un progetto pilota per testare questo schema: Un esempio è riportato in Figura 34. Figura 34. Etichetta di collaborazione con la Carbon Trust su una bottiglia di latte si sottolinea che il risultato riguarda l intero processo di produzione del latte, comprensivo e della produzione e stampa della bottiglia di plastica, del tappo e dell etichetta. F o n t e : h t t p : / / w w w. g e r m a n - r e t a i l - blog.com/2012/04/19/tescos-carbon-footprint/ Un altro esempio significativo di azienda che coopera con la Carbon Trust è fornito da uno dei principali produttori mondiali di bevande. Tale produttore infatti ha valutato l impronta di carbonio dei suoi prodotti, considerando lo schema dei processi che intervengono durante l intero ciclo di vita della bevanda, come riportato in Figura 35. Sono stati presi in considerazione diversi tipi di contenitore, diversi per capacità e materiale, tra cui la lattina metallica da 33 cl, la bottiglietta di vetro da 33 cl, la bottiglietta in PET da mezzo litro e la bottiglia grande in PET da 2 litri. Per ognuno è stata determinata l impronta di carbonio del prodotto espressa in grammi di CO2, evidenziando il contributo percentuale di ogni fase del ciclo di vita, che consente di individuare i processi più impattanti dal punto di vista delle emissioni di gas serra. Figure 35. Schema di processo delle bevande 39

40 Figura 36. Impronta di carbonio per diversi tipi di confezioni Il confronto dell impronta di carbonio per litro di bevanda nelle diverse confezioni (vedi Figura 37) evidenzia i valori più bassi e dunque meno impattanti per l ambiente quando si usano le bottiglie grandi in PET, mentre i valori più alti sono quelli che si ottengono usando le bottigliette in vetro. Si può notare inoltre che la versione light della bevanda, a più basso contenuto di zucchero rispetto a quella classica, risulta meno impattante anche dal lato delle emissioni di CO 2 equivalente. Figura 37. Impronta di carbonio per diversi tipi di confezioni, volumi e tipo di bevanda 40

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