PREMESSA VIRUS E CANCRO

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1 PREMESSA VIRUS E CANCRO Un numero sempre crescente di evidenze cliniche e di laboratorio hanno dimostrato una stretta associazione di alcuni tumori con diversi virus. Per es. l Herpes simplex virus e l Human Papillomavirus sono associati con i tumori genitali, l Hepatitus B virus con il carcinoma epatico, l Epstein Barr virus con il linfoma di Burkitt e il carcinoma nasofaringeo e l Human T lymphotrophic virus con la leucemia, il linfoma e altri tumori (1). I virus oncogeni rappresentano un problema rilevante per la loro ampia diffusione ambientale. Nell induzione dei tumori ad opera di agenti virali sono molto importanti tre componenti: il virus con le proprie caratteristiche biologiche e patogene, la cellula ospite e l organismo ospite. L interazione di questi tre componenti è complessa e frequentemente influenzabile a vari livelli dall intervento di fattori esterni. Il genoma virale contiene sequenze nucleotidiche che, oltre ad essere necessarie per la propria replicazione, sono anche direttamente responsabili della trasformazione neoplastica (2). Affinchè si realizzi la trasformazione neoplastica, le interazioni tra virus e cellula ospite devono soddisfare i seguenti requisiti: la persistenza del genoma virale e la sopravvivenza cellulare che permettono l ulteriore espansione numerica del clone neoplastico. Un virus oncogeno inoltre può infettare molte cellule di diverso tipo, ma solo quelle appartenenti a determinati tessuti possono subire la conversione tumorale. Con qualche eccezione, sono gli elementi cellulari non ancora funzionalmente maturi a mostrare una maggiore disponibilità alla trasformazione, e vi è un rapporto abbastanza stretto tra fase differenziativa e suscettibilità alla cancerogenesi. 1

2 Infine, determinante per lo sviluppo del tumore, è il rapporto tra la cellula trasformata dal virus e l organismo ospite. Osservazioni cliniche e ricerche di laboratorio hanno chiaramente dimostrato che lo stato immunitario dell ospite, inteso sia come capacità di riconoscimento di antigeni virali o indotti dal virus sia come reazione anticorpale e cellulare verso il bersaglio tumorale, ha un ruolo critico nel controllo della crescita tumorale (3). Da ultimo bisogna ricordare che il sistema virus-cellula-organismo ospite è continuamente soggetto a fattori esterni che possono modificare (rallentando o facilitando) le varie fasi di sviluppo e di progressione del tumore (4). 2

3 PARTE PRIMA Regolazione della stabilità e/o della traduzione dell mrna di HPV16 E7 mediante l esapeptide SEQIKA condiviso dalla globina α1 di coniglio e dalla citocheratina 7 umana (5)

4 INTRODUZIONE I papillomavirus umani Dati epidemiologici mostrano un alta incidenza e un alta mortalità per il cancro cervicale particolarmente nei paesi sviluppati (6). Tra i virus oncogeni, i Papillomavirus Umani (HPV) sono di particolare interesse in quanto rappresentano il fattore di rischio per lo sviluppo di questa patologia (7, 8). Gli HPV sono difficilmente coltivabili in vitro per cui non è stato possibile definirne i sierotipi. Invece, è stato possibile tipizzarli mediante ibridazione molecolare del loro genoma. Gli HPV sono piccoli virus a DNA con un diametro di circa 55 nm, sprovvisti di mantello pericapsidico; presentano simmetria cubica con capside icoesaedrico e possiedono un genoma a doppio filamento chiuso di circa 7.9 Kb. Le regioni del DNA di HPV che codificano per le proteine virali sono chiamate Open Reading Frames (ORFs), presenti solo su un filamento. Le sequenze ORF sono divise in tre regioni: una regione non codificante chiamata Long Control Region (LCR) che contiene l origine di replicazione del DNA e importanti elementi di controllo della replicazione e della trascrizione virale; una regione Early (E) che contiene sei geni designati da E1 a E7, il cui prodotto interviene nella replicazione del DNA, nella regolazione della trascrizione e nella trasformazione cellulare; una regione Late (L) che codifica per le proteine del capside: L1 e L2 (figura 1). Sono stati isolati e sequenziati circa 100 genotipi di HPV (9) ognuno dei quali condivide circa il 90% dei nucleotidi nelle sequenze dei geni L1, E6 e E7 (10). La regione LCR è molto importante perché regola l espressione delle proteine E6 ed E7, la cui sovraespressione è associata con la trasformazione 4

5 maligna. Contiene inoltre molti siti per fattori di regolazione; tra i fattori attivanti sono inclusi varie proteine cellulari dell ospite tra cui: AP-1 (fattore enhancer cheratinocita-dipendente) e AP-2, NF-1, glucocorticoid response elements, transcriptional enhancer factor 1, YY1, octamer-binding transcription factor 1, etc. La regolazione dell espressione virale è tuttavia complessa, in quanto questi fattori possono agire in alcune circostanze da attivatori e in altre da repressori. Per esempio la stessa proteina virale E2 può comportarsi da stimolatore, mentre la sua forma tronca da repressore. La maggiore espressione delle proteine virali E6 ed E7 potrebbe essere dovuta ad una maggior espressione delle proteine trans-attivatori o ad una minore espressione delle proteine repressori (11). Gli HPV sono strettamente ospite- e tessuto-specifici; questo tropismo può essere suddiviso, inoltre, in specificità cutanea o mucosale a seconda del sito anatomico suscettibile all infezione. In particolare, mostrano un tropismo ristretto alle cellule del tessuto epiteliale stimolandone la proliferazione: le regioni anatomiche coinvolte sono le mucose cutanee (pelle) e le mucose epiteliali della cavità orale e del tratto anogenitale. Il tropismo che gli HPV mostrano per le cellule epiteliali squamose riveste grande interesse in oncologia. E noto che gli HPV sono strettamente implicati nella eziopatogenesi delle neoplasie squamose, incluse la displasia e il cancro cervicale (12); inoltre numerosi studi suggeriscono che gli HPV possono avere anche un ruolo importante nel cancro della pelle, del tratto respiratorio superiore e del tratto digestivo, nel carcinoma anogenitale e probabilmente anche nel carcinoma bronchiale (13). La pelle è formata da vari strati; di questi lo strato più esterno, ossia l epidermide (o epitelio stratificato squamoso) è composto primariamente da cheratinociti, che formano 4 strati distinti morfologicamente: germinativo, spinoso, granulare e corneo (figura 2). Ogni strato o compartimento rappresenta una fase differente del programma di differenziazione terminale 5

6 del cheratinocita. Questo programma comincia quando il cheratinocita basale diventa post-mitotico e inizia la sua migrazione verso lo strato spinoso e granulare fino ad avere una forma non vitale nello strato corneo. La differenziazione squamosa è un processo dinamico altamente coordinato di espressione genica che include l induzione di alcuni geni delle cheratine e la repressione di altri (14). Questi virus per potersi replicare hanno sviluppato strategie per sovvertire il normale pathway della regolazione del ciclo cellulare e inoltre sono abbastanza abili nel disaccoppiare la proliferazione dalla differenziazione cellulare. A causa dell associazione intricata tra l arresto della divisione cellulare e l inizio della differenziazione terminale, l abilità a reiniziare o mantenere la replicazione cellulare mostrata dagli HPV implica una capacità basale di questi virus ad alterare il programma di differenziazione cellulare. Inoltre per le dimensioni ridotte del loro genoma, questi virus non possono codificare molti enzimi necessari per la replicazione del loro DNA e di conseguenza si appropriano delle strutture e dei componenti cellulari dell ospite. Questo costituisce una sfida particolare per gli HPV, il cui ciclo vitale è intimamente connesso allo stato di differenziazione della cellula ospite. Il ciclo biologico virale e il programma di differenziazione del cheratinocita dell ospite appaiono strettamente correlati: mentre il genoma di HPV si può replicare in varie linee cellulari non differenziate, la trascrizione delle proteine virale è specificatamente ristretta ai cheratinociti (15). Affinchè si stabilisca con successo un infezione persistente, il virus attraverso piccole ferite o abrasioni superficiali della mucosa dell ospite deve raggiungere le cellule dello strato epiteliale basale, caratterizzate da una spiccata attività proliferativa nell area dell epitelio transizionale della giunzione squamo-colonnare (figura 3). Più del 90% delle lesioni benigne e maligne sono state ritrovate proprio in questa zona di trasformazione della cervice (16). 6

7 L HPV riconosce come ricettore di membrana l integrina α 6 e attraverso questa penetra all interno della cellula ospite (17) dove permane in fase latente o può subire replicazione attiva portando alla sintesi di virus infettivi (18). Il periodo di incubazione (ossia il periodo che intercorre dall infezione alla manifestazione delle lesioni cliniche) varia da pochi mesi ad oltre 2 anni; tuttavia, molti individui possono rimanere per tutta la vita portatori sani del virus e non produrranno mai lesioni cliniche apparenti. La presenza del DNA di HPV nello strato basale sta ad indicare l avvenuta infezione che però, in questo stadio, non è patologicamente manifesta ovvero non provoca lesioni clinicamente apprezzabili. La transizione dall infezione latente alla fase vegetativa appare invece correlata al processo di differenziazione che le cellule epiteliali subiscono durante la migrazione verso gli strati cellulari più superficiali. E stato ipotizzato che la stessa attivazione di geni che codificano per le citocheratine e l acquisizione delle caratteristiche fenotipiche di cheratinociti maturi, che costituiranno gli strati spinoso e granulare, favoriscono la replicazione e la trascrizione del genoma virale (14). Conseguente all infezione, il genoma virale si replica come episoma nelle cellule basali in coincidenza con la replicazione cellulare, mantenendo il numero di 50 copie circa per cellula. Dopo la divisione cellulare, le cellule figlie lasciano lo strato basale e cominciano a differenziarsi. Non appena le cellule raggiungono lo strato soprabasale, è indotta l entrata nella fase S, probabilmente attraverso l azione della proteina virale E7, che porta all amplificazione del genoma virale, all espressione delle proteine virali e all assemblaggio della progenie virale nello strato differenziato più esterno del tessuto infetto. L espressione delle oncoproteine virali E6 ed E7, infine, si osserva solo nelle cellule epiteliali squamose pienamente differenziate (19) mentre, i loro trascritti sono presenti in tutti gli strati cellulari incluso quello basale. Il livello dell mrna di queste proteine è veramente basso nello strato 7

8 di cellule basali non differenziate ed aumenta fortemente nelle cellule differenziate. La delucidazione dei principi trasformanti di queste proteine virali offre importanti spunti per la comprensione delle strategie di replicazione degli HPV ad alto rischio e viceversa. Numerosi studi hanno confermato un ruolo delle oncoproteine E6 ed E7 nella trasformazione, nell immortalizzazione e nell induzione dell instabilità genomica dei cheratinociti maturi (20), benché non inducono direttamente il fenotipo tumorale. Tuttavia la proteina HPV16 E7 è risultata più abile rispetto a E6 nel disaccoppiare la differenziazione dalla proliferazione dei cheratinociti. Per la progressione maligna però sono richieste cambi genetici/epigenetici cellulari addizionali indotti da vari fattori di rischio ambientali. L epitelio cervico-vaginale, così come quello orale, infatti è esposto a vari prodotti chimici e/o a microrganismi sul quale possono svolgere azione oncogena (21). Dal momento che l infezione da HPV è ubiquitaria, fattori geografici, etnici ed individuali influiscono in modo differente sulla manifestazione del virus e sullo sviluppo del cancro anocervicale (22). La progressione dell infezione è quindi funzione del programma di differenziazione delle cellule epiteliali squamose. Anche, il lungo periodo di latenza (decadi) per lo sviluppo del cancro cervicale dopo l infezione virale primaria e l assenza di modificazioni tumore-specifiche degli oncogeni virali lasciano supporre l azione di fattori addizionali per lo sviluppo del cancro cervicale. 8

9 HPV ad alto e basso rischio Le infezioni di HPV sono comuni e possono risultare abbastanza asintomatiche in varie lesioni benigne e maligne. Dati biologici ed epidemiologici hanno indotto a suddividere gli HPV in tre categorie: ad alto, intermedio e a basso rischio basandocisi sul fatto che le lesioni a cui sono associati hanno un rischio più o meno significativo per la trasformazione neoplastica. HPV16 e -18 sono rappresentativi del tipo ad alto rischio, che sicuramente portano allo sviluppo di cancro; HPV31, -33, -35, -51, -52 e -58 sono associati con il rischio intermedio per lo sviluppo del cancro cervicale e delle Lesioni Squamose Intraepiteliali ad Alto Grado (HSIL) mentre HPV1, -6 e -11 sono classificati come a basso rischio, che raramente progrediscono in cancro (23). Gli HPV a basso rischio sono stati trovati principalmente nelle lesioni iperplastiche benigne delle mucose epiteliali orali o ano-genitali note anche come condilomi acuminati o papillomi o verruche, e nelle Lesioni Squamose Intraepiteliali a Basso Grado (LSIL) che frequentemente regrediscono mentre, gli HPV ad alto rischio sono stati identificati in delle formazioni piatte e rappresentano una delle principali cause dell insorgenza di tumori della cervice uterina, di altri cancri anogenitali, di alcuni cancri della pelle, della cavità orale e della cavità nasale (7). Inoltre è stato dimostrato che il tipo di HPV ad alto rischio presente nel carcinoma cervicale può influenzare il comportamento clinico della malattia (24). Gli HPV ad alto rischio sono stati trovati anche nelle cellule della cervice uterina istologicamente normale (25). In genere l infezione da HPV ad alto rischio non porta all immediato sviluppo di neoplasie invasive in quanto nella maggior parte dei casi il virus rimane latente per un periodo compreso tra i 5 e i anni. Ciò suggerisce che l infezione di HPV può essere un cofattore della cancerogenesi cervicale e che la mucosa cervicale può portare l infezione latente di HPV (26). 9

10 La causa del differente esito dell infezione da parte degli HPV a basso rischio rispetto a quelli ad alto rischio è associata al comportamento del genoma virale subito dopo l infezione. HPV può esistere in due stati fisici differenti: episoma o integrato nel cromosoma dell ospite. La forma episomica del virus, associata con la fase di latenza (caratterizzata da 1-2 copie del genoma virale per cellula) o con la fase vegetativa (caratterizzata invece da copie), è stata osservata nelle lesioni a basso grado o nelle lesioni della neoplasia intraepiteliale premaligna (CIN). Il mantenimento del genoma in forma episomica è un componente critico del ciclo vitale di HPV e dell infezione persistente. La forma integrata in singola copia o in strutture multicopie ripetute in tandem, invece è osservata nelle lesioni ad alto grado e nel carcinoma cervicale invasivo e comporta la fine del ciclo di crescita del virus. L integrazione implica la distruzione del genoma dell ospite e parte di quello virale con conseguenti alterazioni geniche: nel virus si ha la perdita della regione genica compresa tra i geni E1 ed E2 con successiva mancata trascrizione dei geni tardivi (codificanti per le proteine strutturali) e nella trascrizione incontrollata dei geni precoci E6 ed E7 (18, 27) (figura 4). Benché il virus si integra casualmente nel cromosoma dell ospite, in alcuni casi è stato osservato in vicinanza di oncogeni conosciuti e/o in siti fragili del cromosoma. Inoltre è stato notato che l espressione aumentata degli oncogeni virali nelle cellule infette dei tipi ad alto rischio con tropismo mucosale ha come risultato un instabilità cromosomica e un accumulo di eventi mutazionali che favoriscono lo sviluppo della neoplasia maligna. Ulteriori evidenze del ruolo di HPV nella cancerogenesi deriva dalla sua capacità trasformante. In vitro cheratinociti umani immortalizzati da HPV possono diventare cellule tumorali se esposti alle Nitrosamine (agenti genotossici con azione alchilante il DNA) mentre i cheratinociti normali non subiscono trasformazione con una esposizione simile (28). Il diverso comportamento è dovuto sicuramente alla differente stabilità genetica delle cellule normali e trasformate determinata dalla perdita del controllo del ciclo cellulare e 10

11 dall azione inefficace di riparo del DNA cellulare. Le cellule immortalizzate da HPV infatti presentano: (i) impossibilità ad accumulare intracellularmente p53 non mutata in quantità tali da attivare la trascrizione del gene WAF1/CIP1 (codificante p21 WAF1/CIP1 che inibisce sia l attività delle proteine chinasi ciclina dipendente, enzimi necessari per la progressione del ciclo cellulare, sia la replicazione del DNA mediante l interazione con la proteina PCNA) e del gene gadd45 (stimolatore del riparo per excisione in vitro del DNA inibendo così l entrata della cellula nella fase S); (ii) riparo inefficiente del danno al DNA causato da agenti genotossici (29). L impossibilità delle cellule immortalizzate da HPV ad accumulare p53 nel nucleo è dovuta alla bassa emivita di questa proteina a causa della presenza di HPV16 E6; la proteina p53 infatti è inattivata dopo interazione con la proteina virale e degradata mediante un meccanismo ubiquitina-dipendente (30). 11

12 HPV e cancro: importanza dell espressione dell oncoproteina E7 Il cancro della cervice uterina rappresenta la seconda causa di morte per tumore nelle donne. In numerosi studi clinici, epidemiologici e molecolari alcuni tipi di HPV sono stati associato al cancro cervicale (7, 8). E stato notato che l HPV è un fattore essenziale ma non sufficiente per la trasformazione tumorale in quanto fattori addizionali sia genetici che microambientali, inclusi i cancerogeni chimici susseguenti all infezione di HPV, sono necessari per l inizio e la progressione della neoplasia (31). Questi includono vari aspetti del comportamento sessuale (inizio precoce dell'attività sessuale, frequentazione di partners multipli, promiscuità, multiparità in quanto la gravidanza è una condizione in cui il livello di estrogeni è elevato e inoltre si osserva immunosoppressione) e la predisposizione genetica, lo stato immunologico dell ospite, lo stato nutrizionale, l uso di tabacco e il livello socioeconomico (32, 33, 34). Come altre malattie a trasmissione sessuale, l incidenza dell infezione di HPV è alta tra le giovani donne con un'età < 25 anni. HPV genitali sono evidenziabili in 10-40% di queste donne. La maggioranza di queste infezioni appaiono essere limitate e non associate con cambi citologici evidenziabili mediante Pap test. E stato inoltre riportato un associazione tra il tipo di alcuni antigeni associati ai linfociti umani (HLA), in particolare gli antigeni HLA DQ3, la displasia e il cancro cervicale (35). Inoltre l immunosoppressione favorisce lo sviluppo della neoplasia (36) così come le infiammazioni croniche e le infezioni con Chlamidia trachomatis e Herpes simplex virus-2 (37). Anche il fumo è stato associato al tumore maligno della cervice uterina poiché derivati della nicotina sono stati ritrovati nella mucosa cervicale di fumatrici (38). Ulteriori fattori di rischio sembrano essere l esposizione a radiazioni e a sostanze chimiche cancerogene, le scarse condizioni igieniche 12

13 nonché l uso a lungo termine di contraccettivi orali (39, 40). La regione LCR del genoma di HPV16 infatti contiene elementi di risposta ai progesterone/glucocorticoidi (41). Questo è in accordo con la tessutospecificità dell HPV16 poiché i tessuti cervicali contengono i recettori per il progesterone e per gli estrogeni. Gli estrogeni incrementano l espressione delle proteine virali mentre HPV16 incrementa la conversione dell estradiolo a 16 α-idrossiestrone, capacità mostrata proprio dalle cellule della zona di trasformazione (42). Comunque per la relazione cancro cervicale-hpv16, sono in corso studi per definire i fattori in grado di influenzare l esito dell interazione virus-ospite. Altre conseguenze significative dell integrazione di HPV sono l inattivazione delle proteine oncosoppressori (p53, prb e proteine ad essa correlate) da parte delle oncoproteine virali E6 ed E7 rispettivamente (43, 44), il blocco della trascrizione dei geni soppressori dei tumori, la stimolazione della trascrizione degli oncogeni cellulari in seguito ad integrazione a monte di sequenze di HPV attivanti la trascrizione (per es. i prodotti della famiglia del gene ras). E stato dimostrato inoltre che l integrazione del DNA di HPV nel genoma dell ospite può determinare alterazioni genetiche nelle bande cromosomiali 11q22 e 18q21 (45) con successiva deattivazione della trascrizione di uno o più geni soppressori dei tumori (per es. la proteina p21cip). In cellule normali la p21 lega e deattiva la proteina PCNA (l antigene nucleare della proliferazione cellulare) la quale permette il legame dell unità catalitica della DNA polimerasi al DNA stampo favorendone la replicazione. Il legame della p21 alla PCNA inibisce proprio questa interazione, bloccando di conseguenza la replicazione del DNA. Se p21 non è presente, a causa dell integrazione di HPV nel genoma cellulare, è persa l attività di inibizione sulla PCNA che determina un aumento di replicazione del DNA e della divisione cellulare (45). Alternativamente, l integrazione di HPV nel DNA cellulare può stimolare la trascrizione di alcuni protoncogeni, come risulta dall inserzione a monte di 13

14 sequenze attivanti la trascrizione derivate da HPV (44). Recenti studi hanno suggerito che proprio la quantità di PCNA risulta aumentata per attivazione della sua trascrizione (47). Tutti questi possibili meccanismi su menzionati sono in accordo con il modello a multistep della cancerogenesi (48) (figura 5). Comunque sembra accertato che nella relazione HPV e cancro, le oncoproteine E6 ed E7 hanno un ruolo fondamentale (49, 50). L oncoproteina E7 è a questo proposito di particolare interesse. L HPV16 E7 è una piccola fosfoproteina acida multifunzionale di 98 amminoacidi e peso molecolare di 21 kda, con nessuna attività enzimatica nota (51). La sua precisa localizzazione cellulare rimane ancora da essere definita. Diversi studi suggeriscono che E7 possa essere localizzata nel nucleo e precisamente nel nucleolo (52), dove esercita la sua principale attività biologica, e/o nel citoplasma (53). Le interazioni E7-proteine cellulari sono necessarie per la trasformazione mediata da E7; nel nucleo interagisce con le proteine RB1, p107 e p130 e l interazione risulta altamente specifica, mentre nel citoplasma interagisce con la forma dimerica dell isoenzima tipo M2 della piruvato kinasi (M2-Pk), stabilizzandola (54). E7 interagisce con la M2-Pk modificandone la struttura quaternaria e alterando l equilibrio tra la forma tetramerica e la forma dimerica in favore di quest ultima. In questo modo viene inibita l attività enzimatica della M2-Pk, contribuendo alla trasformazione tumorale. Si osserva infatti un aumento della glicolisi e della conversione di glucosio in lattato. Questo implica che l espressione di E7 incanala gli atomi di carbonio del glucosio nei processi biosintetici e nello stesso tempo si riduce la richiesta cellulare di O 2 : due importanti proprietà delle cellule tumorali (55, 56). E7 interagisce anche con la proteina p27 KIP1, inibitore della ciclina E/cdk2 e con la p21 CIP1 annullando l inibizione di queste proteine sul complesso 14

15 della ciclina E/cdk2 e della ciclina A/cdk2 e promuovendone invece l attività (57, 58). L oncoproteina E7 di HPV16 sulla base dell omologia di sequenza con le oncoproteine di altri virus tumorali a DNA, la proteina E1A di adenovirus e l antigene T grande di SV40, presenta due regioni conservate 1 e 2 (CR1 e CR2), che sono localizzate nella regione N-terminale; la regione conservata CR3, che invece si trova nella porzione C-terminale, non mostra nessuna omologia con E1A o l antigene T grande, ma è altamente conservata nelle varie proteine E7 di differenti sierotipi di HPV. Queste regioni corrispondono rispettivamente agli amminoacidi 1-15, e La regione CR2 contiene un sottodominio noto come LXCXE (a.a ) che è coinvolto nel legame con la proteina p105rb1, con le proteine ad essa correlate p107 e p130 e con le cicline A ed E compromettendone la funzione. Dopo il legame, E7 degrada prb attraverso il proteoma 26S mediante un meccanismo ubiquitina-dipendente (59). CR2 contiene anche un sito specifico di fosforilazione della casein kinasi II (CKII) comprendente le serine 31 e 32 ed esistono prove che questo sito possa essere coinvolto nella trasformazione cellulare. In molti casi, infatti è stato notato che le interazioni di E7 con varie proteine cellulari risulta significativamente aumentata dopo fosforilazione da parte della CKII. Inoltre, sostituzioni aminoacidiche di due residui serina con alanina inibiscono il potenziale trasformante di E7 (60, 61). La regione CR3 di E7 contiene anche due motivi Cys X X -Cys (CXXC) coinvolti nella formazione di legami con lo zinco (62, 63), entrambi fattori importanti in quanto intervengono nella dimerizzazione della proteina E7 in vitro e in vivo (64, 65, 66). 15

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