LA GESTIONE DELL IMPRESA tra teoria e pratica aziendale

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1 Sergio Sciarelli LA GESTIONE DELL IMPRESA tra teoria e pratica aziendale Decima edizione riveduta e ampliata con esercizi e applicazioni

2 Indice generale CAPITOLO PRIMO CAPITOLO SECONDO L impresa e il suo ruolo economico e sociale. L interdipendenza tra l impresa e l ambiente socio-economico. CAPITOLO TERZO I protagonisti nella vita dell impresa: l imprenditore e gli «stakeholder». CAPITOLO QUARTO PARTE PRIMA ELEMENTI DI ECONOMIA DELL IMPRESA Le finalità imprenditoriali: la teoria del «successo sociale».

3 Indice generale PARTE SECONDA I COMPORTAMENTI IMPRENDITORIALI E LA GESTIONE STRATEGICA CAPITOLO QUINTO CAPITOLO SESTO La gestione strategica dell impresa. Le strategie competitive e i modelli di analisi di mercato. CAPITOLO SETTIMO Le strategie di sviluppo dimensionale e il rinnovamento strategico.

4 Indice generale PARTE TERZA LE FUNZIONI DI DIREZIONE AZIENDALE CAPITOLO OTTAVO CAPITOLO NONO CAPITOLO DECIMO CAPITOLO UNIDICESIMO CAPITOLO DODICESIMO L organizzazione dell impresa: modelli e problemi di progettazione. Il processo di programmazione della gestione. Il sistema di controllo direzionale. La funzione di conduzione del personale: motivazione, stile di direzione e «leadership». Il sistema informativo e i processi di gestione della conoscenza.

5 Indice generale PARTE QUARTA LA GESTIONE COMMERCIALE E IL «MARKETING» CAPITOLO TREDICESIMO CAPITOLO QUATTORDICESIMO CAPITOLO QUINDICESIMO CAPITOLO SEDICESIMO CAPITOLO DICIASSETTESIMO CAPITOLO DICIOTTESIMO La gestione commerciale e il marketing. Il processo di produzione e l impianto. La gestione della finanza: investimenti e finanziamenti. Il processo logistico e gli approvvigionamenti. Il processo di innovazione nella gestione aziendale. I problemi amministrativi: gestione del personale e contabilità.

6 Indice generale PARTE QUINTA APPLICAZIONE DELLE TECNICHE DI GESTIONE CAPITOLO DICIANNOVESIMO Le tecniche di programmazione e di controllo della gestione. CAPITOLO VENTESIMO Le tecniche per la valutazione dell efficienza aziendale.

7 Indice generale APPLICAZIONI AZIENDALI La redazione del prospetto delle fonti e degli impieghi e la scelta delle fonti di finanziamento. Il caso Tazza d Oro S.p.A. Valutazione dell efficienza della gestione delle scorte. Il caso FrescoMagic S.r.l. Misurazione del rischio operativo mediante il diagramma di redditività. Il caso Dolci Profumi S.r.l. 4. Analisi della profittabilità dei segmenti di vendita. Il caso CodeInt S.r.l Valutazione degli equilibri economici-finanziari mediante l analisi di bilancio. Il caso Legno & Legnami S.p.A. Valutazione dell efficienza prospettica mediante la «balanced scorecard». Il caso Grand Hotel Caesar Palace.

8 Consigli utili per lo studio Il Manuale va studiato tenendo conto, in particolare, dei seguenti suggerimenti: 1. La successione delle cinque parti in cui è suddiviso va rispettata nel percorso di studio perché avvicina progressivamente il lettore all approfondimento delle problematiche aziendali. 2. In ogni capitolo sono inseriti dei brani retinati e dei brani in corsivo per richiamare i passaggi più importanti di teoria e pratica aziendale sui quali è il caso di fermare particolarmente l attenzione. 3. Le figure e le tabelle riportate nel testo rappresentano delle sintesi dei concetti e sono utili per porre in evidenza classificazioni di particolare importanza nello sviluppo di ciascun argomento.

9 Consigli utili per lo studio (segue) 4. Il riepilogo o le considerazioni finali poste a conclusione dei vari capitoli hanno lo scopo di richiamare, in modo sintetico, i punti fondamentali esposti e messi in particolare evidenza nello sviluppo di ciascun capitolo. 5. I «concetti chiave» riepilogati a chiusura di ciascun capitolo vogliono fornire uno strumento di autovalutazione dell approfondimento, utilizzabile per saggiare il livello di preparazione raggiunto nello studio. 6. Le applicazioni e gli esercizi costituiscono casi concreti riferiti alla pratica aziendale e si pongono, pertanto, quale necessario e utile completamento della parte teorica.

10 Capitolo I L impresa e il suo ruolo economico e sociale

11 Definizione di impresa e suoi elementi distintivi Organizzazione economica che, mediante l impiego di un complesso differenziato di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni o servizi, da scambiare con entità esterne al fine di conseguire un reddito. QUATTRO ELEMENTI DISTINTIVI: 1) Presenza di un organizzazione. 2) Svolgimento di processi di produzione. 3) Relazioni di scambio con entità esterne. 4) Finalità imprenditoriale di produzione di reddito.

12 L impresa quale sistema socio-tecnico, aperto L impresa può essere considerata un sistema sociotecnico. È un sistema sociale poiché il suo funzionamento dipende dall operare coordinato di una molteplicità di gruppi, interni o esterni all organizzazione (tra i quali si possono stabilire relazioni di cooperazione e conflitto). È un sistema tecnico poiché, per il suo funzionamento, necessita di strumenti che incorporano tecnologie. È un sistema di tipo aperto poiché, per funzionare, necessita di intrattenere relazioni di scambio con sistemi più ampi (mercato e ambiente). Per questo motivo è un sistema dinamico.

13 L impresa quale sistema cognitivo La vera ricchezza dell impresa non è costituita solo dal suo patrimonio materiale o tangibile (impianti, attrezzature, fabbricati, ecc.) ma anche dalle risorse immateriali, in particolare quelle di conoscenza, che si sono sedimentate nell organizzazione o che comunque sono contenute nella mente di coloro che operano nella organizzazione. IMPRESA COME SISTEMA COGNITIVO L impresa è un insieme di conoscenze atte a produrre nuova conoscenza

14 Definizioni di impresa a confronto Organizzazione economica che, mediante l impiego di un complesso differenziato di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni o servizi, da scambiare con entità esterne al fine di conseguire un reddito. L impresa deve essere in grado di produrre innovazioni in virtù della capacità di apprendere e di mettere a frutto le conoscenze che derivano dall esperienza (learning by doing).

15 La visione sociale dell impresa Il concetto di responsabilità sociale d impresa (Corporate Social Responsibility, CSR) è fondato sul contratto sociale che ogni impresa stipula con il contesto esterno per definire obblighi e diritti connessi con il proprio funzionamento. L impresa, mediante il continuo scambio di risorse, influenza in misura spesso rilevante le condizioni di vita della collettività e si rende protagonista e responsabile del contributo prodotto. Non può, dunque essere vista come un iniziativa esclusivamente imprenditoriale, rivolta soltanto a conseguire le finalità economiche dell investitore-proprietario, ma come sistema economico e sociale, cui prende parte una pluralità di attori, che deve essere guidato in funzione di un giusto equilibrio tra obiettivi economici e responsabilità sociali.

16 Le funzioni dell impresa Organizzazione Economica Il suo scopo è il soddisfacimento di bisogni umani mediante la messa a frutto di risorse rinvenibili in natura in misura limitata IMPRESA Rappresenta uno strumento per creare e distribuire valore fra tutti i gruppi sociali con cui è in contatto Sistema Sociale E un complesso di beni organizzato e retto per lo svolgimento di processi produttivi finalizzati alla produzione di reddito Struttura Patrimoniale Le tre funzioni considerate sono strettamente complementari e rispondono ad interessi via via più limitati: da quelli della comunità nel suo complesso a quelli dei partecipanti all organizzazione e, in ultimo, a quelli del solo imprenditore.

17 Capitolo II L interdipendenza tra l impresa e l ambiente socio-economico

18 L impresa e l ambiente L impresa, cellula fondamentale del sistema economico-produttivo, opera all interno di un ambiente più vasto con cui scambia risorse IMPRESA AMBIENTE Tale ambiente può essere convenzionalmente suddiviso in micro-ambiente e macro-ambiente

19 L impresa e l ambiente Macroambiente IMPRESA Microambiente Macroambiente Mercati con cui l impresa attiva lo scambio delle risorse (in entrata e in uscita) Sistema delle condizioni e dei vincoli in cui questo scambio si verifica

20 Il micro-ambiente Il microambiente si può convenzionalmente scomporre in due parti: scambi in entrata ambiente transazionale (definisce i confini organizzativi dell impresa); scambi in uscita ambiente competitivo (dipende dalle porzioni di mercato cui cedere i prodotti/servizi). Mercato del lavoro Clienti serviti Mercati di produzione Ambiente transazionale IMPRESA Ambiente competitivo Mercato finanziario Imprese concorrenti

21 Il micro-ambiente (sistema degli scambi) Mercato di vendita Mercato della produzione Impresa Mercato del lavoro Beni o servizi Mercato dei capitali Scambi in entrata (Acquisizione input) Processo produttivo Scambi in uscita (Cessione dell output) Mercato = In termini strettamente economici, si ha un mercato in tutti i casi in cui vi siano due o più contraenti disposti a scambiare tra di loro i beni rispettivamente posseduti.

22 È definito dalla struttura della popolazione e dalle relazioni sociali tra gli individui Il macro-ambiente (sistema generale di vincoli e opportunità) Tradizioni, costumi, valori, sviluppo tecnologico, innovazione È rappresentato dalla forma di governo e dall ordinamento legislativo Sistema politico-istituzionale IMPRESA Sistema economico Sistema delle macro variabili economiche (produzione industriale, prezzi, moneta, ecc.)

23 I rapporti tra l impresa e l ambiente In senso generale, l ambiente determina il sistema di vincoliopportunità entro cui si dipana la gestione aziendale. L impresa non può scegliersi il macro-ambiente ma può scegliere l ambiente transazionale e competitivo all interno del quale operare. TUTTAVIA Per le imprese di maggiori dimensioni, capaci di incidere sulle condizioni ambientali, anche il macro-ambiente finisce per essere, per certi versi ed entro certe condizioni, una variabile più che un vincolo da rispettare.

24 Capitolo III I protagonisti nella vita dell impresa: l imprenditore e gli «stakeholder»

25 L imprenditore Soggetto economico che decide di rischiare i propri capitali e di dedicare le sue capacità professionali alla produzione di beni e servizi da cedere a terzi. Secondo Schumpeter, il focus dell imprenditorialità è da rinvenire nella promozione dell innovazione. Le qualità fondamentali dell imprenditore: capacità di previsione e intuito; spirito di iniziativa, forte volontà realizzativa, libertà intellettuale; autorevolezza, capacità di leadership nei confronti dei collaboratori.

26 Imprenditorialità e managerialità IMPRENDITORIALITA MANAGERIALITA Attitudine ad assumere decisioni rischiose finalizzate all innovazione dei comportamenti aziendali Capacità di sviluppare le decisioni imprenditoriali e di attuarle in modo razionale EFFICACIA è il valore proprio dell imprenditorialità ed attiene alla bontà delle decisioni. Può essere intesa quale abilità decisionale di chi governa a livello più elevato il sistema aziendale EFFICIENZA è il valore proprio della managerialità, intesa quale attitudine a realizzare il massimo rendimento nella fase di attuazione delle scelte aziendali

27 Gli organi aziendali ORGANI DELIBERANTI Esercitano prevalentemente attività decisionale. Si differenziano per l ampio potere discrezionale esercitato nel compimento della loro attività. ORGANI DI CONTROLLO Sono preposti alla supervisione e al monitoraggio dell attività aziendale. ORGANI ESECUTIVI Hanno il compito di dare attuazione alle disposizioni provenienti dagli organi deliberanti. Per l esercizio effettivo dei poteri decisori ed organizzativi è necessaria non solo l autorità formale (collegata alla carica ricoperta nell organigramma) ma anche l autorità sostanziale che deriva da: abilita professionale; disponibilità delle informazioni; capacità di controllo delle decisioni assunte.

28 La mappa degli stakeholder nell ipotesi di separazione tra proprietà e governo dell impresa Gruppi politici Proprietari Istituzioni finanziarie Governo (centrale e locale) Gruppi di opinione Fornitori IMPRESA Clienti Concorrenti Associazioni di categoria Dipendenti Sindacati Associazioni dei consumatori

29 La teoria degli stakeholder L impresa si pone al centro di una serie di rapporti con differenti gruppi sociali, rispetto ai quali attiva relazioni di scambio, di informazione, di rappresentanza. Questi gruppi costituiscono dei veri e propri interlocutori dell impresa o stakeholder, ossia portatori di interesse, che influenzano (le decisioni aziendali) e sono influenzati dall attività dell impresa. Gli stakeholder primari hanno un interesse diretto nella vita dell impresa e sono collegati alla stessa mediante rapporti giuridici (contratti), gli stakeholder secondari possono incidere soprattutto sul clima sociale delle relazioni aziendali (interne ed esterne) e influenzare i comportamenti di lungo termine.

30 Stakeholder primari e secondari Stakeholder SECONDARI Stakeholder PRIMARI Governo (centrale e locale) Proprietari Organizzazioni sovranazionali Associazioni di Consumatori Fornitori Media IMPRESA Clienti Concorrenti Gruppi politici (partiti e movimenti) Dipendenti Sindacati Gruppi Di opinione

31 La gestione degli stakeholder Il governo dei rapporti con gli stakeholder è una responsabilità primaria per l imprenditore perché influenza i risultati della gestione: individuare gli stakeholder, stabilirne il peso relativo, valutarne gli interessi e orientare la mission aziendale anche tenendo conto di questi ultimi sono passaggi fondamentali per la definizione del progetto strategico. Definizione di impresa alla luce dellateoria degli stakeholder l impresa è una organizzazione economica, legata ad un complesso d interlocutori interni ed esterni, che, mediante la combinazione di risorse differenziate, svolge processi d acquisizione e di produzione di beni e servizi allo scopo di creare e distribuire valore tra di essi.

32 Stakeholder : criteri di individuazione Criteri per l individuazione e la valutazione degli stakeholder Forza, Potere Legittimazione Attualità dell interesse difeso La classificazione degli stakeholder è continuamente mutevole, perché, da tempo a tempo, possono variare l attualità degli interessi, la forza dei singoli interlocutori ed il loro grado di legittimazione.

33 Rapporti strategici con gli stakeholder Possibilità di minacce per l impresa provenienti dallo stakeholder ALTE BASSE Possibilità di collaborazione con l impresa da parte dello stakeholder ALTA BASSA STAKEHOLDER NON ORIENTATO Strategia: COLLABORAZIONE STAKEHOLDER AVVERSARIO Strategia: DIFESA STAKEHOLDER AMICHEVOLE Strategia: COINVOLGIMENTO STAKEHOLDER MARGINALE Strategia: MONITORAGGIO La matrice consente di individuare la strategia di volta in volta più efficace per amministrare le relazioni con le diverse tipologie di stakeholder aziendali

34 L ipotesi di dissociazione tra proprietà e governo dell impresa In caso di separazione tra proprietà e governo dell impresa (quando l imprenditore-proprietario delega la gestione a un manager professionista), l imprenditore-proprietario (stockholder) è anche uno stakeholder, costituendo uno degli interlocutori primari del management. Tuttavia, a differenza di quanto avviene per gli altri stakeholder primari, la cui remunerazione è contrattualmente garantita, la remunerazione dell imprenditore-proprietario avrà sempre carattere residuale.

35 I rapporti tra imprenditore-stakeholder e manager Secondo la Teoria dell Agenzia, il manager è l agente che amministra l azienda su incarico del principal (della proprietà). Proprietà (Principal) Mandato Agente (Amministra l azienda per conto del principal) Si crea una relazione singolare tra agent e principal che tende a ridurre, se non ad annullare, il carattere residuale della remunerazione della proprietà. Il rischio è che l agente, dopo aver soddisfatto gli altri stakeholder, per assicurare comunque una congrua remunerazione alla proprietà, giunga a depatrimonializzare l azienda - distribuendo non il reddito creato ma la ricchezza accumulata (patrimonio) - o comunque sacrifichi gli obiettivi di lungo termine riducendo gli investimenti di sviluppo.

36 Capitolo IV Le finalità imprenditoriali e la teoria del «successo sociale»

37 Finalità imprenditoriali L azienda è lo strumento di una capacità imprenditoriale finalizzata verso determinati risultati QUALI SONO GLI SCOPI CHE SPINGONO IL GRUPPO IMPRENDITORIALE AD ORGANIZZARE E GOVERNARE UN ATTIVITA PRODUTTIVA? Per rispondere a questa domanda è opportuno distinguere tra le finalità dell imprenditore di tipo classico e quelle dell imprenditore delegato (manager professionista) che detiene il potere di gestione senza la proprietà

38 Finalità primaria dell imprenditore classico Finalità primaria dell imprenditore delegato Teorie sulle finalità imprenditoriali Teoria della massimizzazione del profitto Teoria della sopravvivenza Teoria della creazione e diffusione del valore Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale Teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto Teoria del successo sociale Teoria della mobilità

39 Teoria della massimizzazione del profitto Il profitto è un entità composita in cui rientrano: la quota destinata a ripagare il rischio corso nell attività aziendale il compenso che spetta all imprenditore per l organizzazione dei fattori produttivi PROFITTO il premio che spetta a colui che promuove l innovazione il risultato dell imperfezione del mercato da cui si origina l acquisizione di posizioni monopolistiche

40 Limiti della teoria della massimizzazione del profitto La teoria, diffusa in teoria, incontra dei limiti sul piano concreto: Quale profitto l imprenditore vuole rendere massimo? Quello di un esercizio, di due esercizi, di una specifica operazione, di un complesso di operazioni? Fattore tempo Time-preference L imprenditore intende puntare al massimo profitto, sostenendo altresì il rischio più elevato circa il risultato dell attività di impresa? Fattore rischio Uncertainty condition

41 Teoria della sopravvivenza aziendale Il fine del gruppo imprenditoriale è quello di assicurare la continuità dell organismo aziendale: il profitto è il mezzo per irrobustire la struttura patrimoniale dell impresa. Drucker ha proposto di misurare il raggiungimento di tale finalità mediante i cinque seguenti indicatori: Posizione occupata nel mercato Fattori di sopravvivenza dell impresa Innovazioni Redditività Risorse Umane Risorse Finanziarie

42 Teoria della creazione e diffusione del valore Secondo questa teoria l obiettivo dell imprenditore proprietario, del manager e di tutti i partecipanti all impresa è accrescere il valore economico dell impresa. Cosa deve essere massimizzato? Nel contesto italiano la teoria si riferisce opportunamente alla massimizzazione del valore economico del capitale (*) Potenzialità reddituali dell impresa ossia la sua capacita di produrre risultati sempre migliori (*) Nella pratica nordamericana, questa teoria, riferita alle public company, postula la massimizzazione del valore del capitale azionario (capitalizzazione in base al corso dell azione).

43 Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale I manager sono maggiormente interessati all espansione dell impresa, perché quest ultima dovrebbe tradursi in un irrobustimento dell organizzazione, nell assunzione di una maggiore forza nei confronti della concorrenza, nell incremento delle retribuzioni ai livelli più elevati di direzione, nel miglioramento delle relazioni con banche, fornitori e personale (Teoria di Baumol). Obiettivo: massimizzare le vendite dei prodotti (il fatturato) rispettando il vincolo di un livello minimo di profitto. Le imprese mirano a realizzare il flusso di profitti che consente di finanziare il massimo sviluppo delle vendite nel lungo periodo.

44 Teoria dei limiti sociali al massimo profitto La massimizzazione del profitto implica l accrescimento dei ricavi, la riduzione dei costi o entrambe le manovre. Le possibilità effettive di manovrare queste variabili economiche sono però limitate dai condizionamenti esercitati dai gruppi sociali sottesi dietro ciascuna delle componenti in cui possono essere suddivisi i costi e i ricavi. RICAVI = Prezzo x Quantità Consumatori e Concorrenti COSTI PROFITTO COSTI DI LAVORO COSTI DI APPROVVI- GIONAMENTO COSTI DI FINANZIA- MENTO COSTI DI DISTRI- BUZIONE ONERI FISCALI COSTI DI ORGANIZ- ZAZIONE COSTI DI RICERCA E SVILUPPO Proprietari Lavoratori Fornitori Finanziatori Distributori Pubblica Amministrazione

45 Teoria dei limiti sociali al massimo profitto: fattori di crisi Categorie di costi sganciate da uno specifico gruppo sociale COSTI PROFITTO COSTI DI LAVORO Lavoratori COSTI DI APPROVVI- GIONAMENTO Fornitori COSTI DI FINANZIA- MENTO Finanziatori COSTI DI DISTRI- BUZIONE Distributori ONERI FISCALI Pubblica Amministrazione COSTI DI ORGANIZ- ZAZIONE COSTI DI RICERCA E SVILUPPO Proprietari Riguardano l analisi, la progettazione, il controllo e l adattamento delle strutture, le procedure e le tecniche di ordinamento del lavoro direzionale ed esecutivo. Sono relativi all individuazione di nuove opportunità tecnologiche o di mercato, alla creazione dell immagine, all avviamento commerciale. Sono fattori di economicità e di maggior ricavo per l impresa e, in quanto tali, non comprimibili se non a danno della produttività e della redditività aziendale di lungo periodo.

46 Teoria del successo sociale Le finalità dell imprenditore, facendo anche riferimento alla piramide dei bisogni di Maslow, appaiono, in ordine crescente d importanza, quelle di assicurare la sopravvivenza dell impresa (mediante il perseguimento del fondamentale equilibrio economico tra costi e ricavi), di affermarsi nell àmbito della classe sociale di appartenenza (leadership competitiva) e di assumere posizioni di preminenza nella comunità (prestigio sociale). Profitto Potere Prestigio La teoria delle 3 «P»

47 Tempo I valori legati alla teoria del successo sociale Lungo PRESTIGIO PROFITTO POTERE Breve Economici Valori Etici

48 Una prospettiva di sintesi sulle finalità imprenditoriali a) l imprenditore «visibile» e strettamente integrato nell impresa, al quale sembrerebbe potersi applicare la teoria del successo sociale; b) l imprenditore meno visibile e meno integrato cui appare meglio riferibile la teoria della massimizzazione del valore economico dell impresa nel tempo lungo; c) l imprenditore delegato (manager), al quale sarebbe applicabile quella che potrebbe essere definita come teoria della mobilità, in quanto spesso il successo dell impresa dovrebbe, attraverso la mobilità, consentirgli l affermazione sociale. La soluzione di dilemmi morali, che attengono anche al campo dell etica aziendale, si rivela, oggi, quale fattore caratteristico di una superiore interpretazione della funzione imprenditoriale.

49 Capitolo V La gestione strategica dell impresa

50 Profili della gestione aziendale GESTIONE = governo dei fattori di produzione impiegati nell organizzazione aziendale. GESTIONE = complesso di decisioni e di attività rivolte al raggiungimento degli obiettivi aziendali. LE SCELTE DI GESTIONE STRATEGICHE TATTICHE OPERATIVE Obiettivi imprenditoriali di tempo lungo. Modalità d impiego delle risorse. Svolgimento delle attività. La gestione strategica attiene ai comportamenti imprenditoriali di tempo lungo orientati al raggiungimento degli obiettivi primari dell attività aziendale.

51 Comportamenti imprenditoriali nei confronti dell ambiente La strategia definisce i rapporti con l ambiente, i cui mutamenti possono determinare opportunità e minacce per l impresa. Nei confronti dell evoluzione dell ambiente l imprenditore può assumere tre diversi atteggiamenti: Atteggiamento di attesa Risposta solo al verificarsi di cambiamenti ambientali. Atteggiamento anticipatorio Risposta anticipata rispetto a cambiamenti ambientali previsti. Atteggiamento proattivo Induzione dei cambiamenti dell ambiente (micro e macro).

52 Definizione di strategia La strategia è un comportamento imprenditoriale di tempo lungo finalizzato al raggiungimento di obiettivi primari della gestione Tre elementi caratterizzanti: È il mezzo per conseguire traguardi di tempo non breve, definiti in funzione dell evoluzione del rapporto tra l impresa e l ambiente in cui questa opera 1. Formulazione a livello altodirezionale. 2. Proiezione a lunga scadenza. 3. Priorità dei traguardi da raggiungere.

53 Gerarchia delle scelte strategiche Definizione degli obiettivi e delle politiche da adottare per competere Area A STRATEGIA COMPLESSIVA (strategia corporate) STRATEGIE COMPETITIVE (strategie d area d affari) Area B Area C STRATEGIE FUNZIONALI Scelta delle aree d affari in cui operare Definizione delle modalità di attuazione delle funzioni di gestione

54 Strategia e politiche STRATEGIA POLITICHE Disegno generale globale di tempo lungo che individua le direttrici da seguire per raggiungere determinate mete (obiettivi primari della gestione) Scelte funzionali in rapporto al disegno strategico e vincolanti per le decisioni da assumere nel corso della gestione

55 Capitolo VI Le strategie competitive e i modelli di analisi di mercato

56 I rapporti di interdipendenza tra le scelte strategiche La scelta di inserirsi in un determinato ambito di attività (A.S.A. Area Strategica di Affari o S.B.U. Strategic Business Unity ) dipende dalla preventiva valutazione della possibilità di competere con successo in quella determinata porzione di mercato, sulla base delle risorse possedute (o acquisibili). STRATEGIA COMPLESSIVA (strategia corporate) STRATEGIE COMPETITIVE La scelta delle A.S.A. in cui operare è dunque funzione della possibilità di attuare in esse una strategia competitiva vincente. A.S.A. A A.S.A. B A.S.A. C STRATEGIE FUNZIONALI

57 I paradigmi strategici S - C - P PARADIGMA STRUTTURALISTA (Struttura-Condotta-Performance) La struttura del mercato incide sul comportamento delle imprese e questo, a sua volta, determina il risultato (performance) della gestione aziendale. C - S - P PARADIGMA COMPORTAMENTISTA (Condotta-Struttura-Performance) È la condotta delle imprese che influenza la struttura del settore. Le trasformazioni del contesto si determinano (anche) per i comportamenti innovativi promossi dalle imprese con effetti sul risultato.

58 I paradigmi strategici (segue) R- C - P PARADIGMA FONDATO SULLE RISORSE (Risorse-Condotta-Performance) Sono le risorse specifiche possedute dall impresa che possono generare cambiamenti settoriali e che, modificando le condizioni competitive, migliorano le probabilità di successo aziendale. K - C - P PARADIGMA FONDATO SULLA CONOSCENZA (Conoscenza-Capacità-Performance) Sono le conoscenze (prodotte dall interazione sociale) che si accumulano nell impresa a produrre capacità in grado di ispirare condotte suscettibili di generare successo competitivo.

59 Il modello della concorrenza allargata di Porter (Grant) Potere dal lato dell offerta Minaccia di nuove Minaccia di nuove entrate entrate Economie di scala. Vantaggi di costo assoluto. Fabbisogno di capitale. Differenziazione del prodotto. Canali di accesso alla distribuzione. Barriere governative e legali. Rappresaglia tra i produttori consolidati. Concorrenza a livello di settore Concentrazione. Differenziazione del prodotto. Capacità in eccesso. Rapporto tra costi fissi e variabili. Aumento della domanda. Fluttuazioni cicliche della domanda. Barriere all entrata. Minaccia di surrogati Propensione degli acquirenti nei confronti dei prodotti sostitutivi. Caratteristiche e andamento dei prezzi dei prodotti sostitutivi. Sensibilità al prezzo: Costo degli acquisti rispetto ai costi totali. Redditività degli acquirenti. Importanza del prodotto rispetto alla qualità del prodotto dell acquirente industriale. Potere dal lato della domanda Potere contrattuale: Dimensioni e concentrazione acquirenti rispetto ai fornitori. Costi di spostamento per gli acquirenti. Informazioni degli acquirenti. Capacità degli acquirenti di integrazione a monte.

60 Il modello della concorrenza allargata di Porter (segue) Per valutare l intensità della concorrenza in un determinato settore (e, dunque, il suo grado di attrattività) non basta considerare i concorrenti attualmente presenti, ma occorre estendere l analisi anche alla concorrenza potenziale (diretta e indiretta) e valutare il potere contrattuale di fornitori e clienti. Le cinque forze determinano il livello di intensità competitiva e condizionano le possibilità di profitto, che in un ottica di medio lungo termine, le imprese del settore possono conseguire.

61 Le barriere di mercato Definizione di barriere all entrata : «Un costo che dev essere sopportato da un impresa che volesse entrare in un certo settore industriale, ma che non è sopportato dalle imprese già operanti all interno di tale settore» (Stigler). Tipi di barriere all entrata: 1. Economie di scala, di apprendimento, di scopo e di relazioni. 2. Disponibilità di brevetti/know-how. 3. Controllo di fattori produttivi essenziali (possesso di risorse non appropriabili). 4. Differenziazione dei prodotti. Barriere all uscita Difficoltà del disinvestimento. Ostacoli al fallimento o liquidazione aziendale.

62 Le economie tipiche nella gestione dell impresa TIPO DI ECONOMIA Economie di Scala: - Reali (di impianto); - Pecuniarie (di impresa). Economie di Espansione Economie di Apprendimento Economie di Scopo e Ampiezza Economie Relazionali di Rete Economie di Replicazione Economie di Agglomerazione EFFETTI POSITIVI Riduzione costo di trasformazione. Riduzione costi delle transazioni. Riduzione incidenza costi di sviluppo. Maggiore efficienza operativa. Ottimizzazione costi di produzione congiunte. Vantaggi contrattuali con gli stakeholder. Vantaggi nello sviluppo dimensionale. Economie esterne e di contesto (distretti).

63 Barriere e RBT (Resource Based Theory) Nella prospettive della Resource Based Theory, le barriere all entrata non sono soltanto un dato oggettivo ma dipendono anche dalle condizioni soggettive e dalla specifica dotazione di risorse dell impresa. Sono le risorse specifiche di cui l impresa è dotata che possono consentire di annullare o attenuare la forza delle barriere. Per Risorse aziendali si possono intendere tutte le attività, le capacità, le competenze, i processi organizzativi, le caratteristiche aziendali, le informazioni, le conoscenze, e così via che sono controllate dall azienda e che le permettono di formulare e implementare strategie che ne migliorano l efficacia e l efficienza. La forza di un impresa sarà tanto maggiore quanto più potrà mettere in campo delle competenze distintive ossia attributi e condizioni non in possesso di altre imprese concorrenti.

64 Il modello tridimensionale di Abell Bisogni che si intendono soddisfare Funzioni d uso Target Tecnologie alternative Modalità alternative di soddisfacimento dei bisogni Business Gruppi di clienti Il modello definisce l Area Strategica di Affari (ASA), ossia il business, la porzione di mercato in cui l azienda intende operare.

65 Attività primarie Attività di supporto La catena del valore di Porter ATTIVITA INFRASTRUTTURALI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE SVILUPPO DELLA TECNOLOGIA APPROVVIGIONAMENTO LOGISTICA IN ENTRATA ATTIVITA OPERATIVE LOGISTICA IN USCITA MARKETING E VENDITE SERVIZI L impresa, con la sua attività, crea un valore per il cliente, che è misurato dal prezzo che questi paga o sarebbe disposto a pagare per ottenere il prodotto. Il margine è il valore che residua all azienda dopo aver coperto i costi associati allo svolgimento di tutte le attività necessarie per progettare, produrre, promuovere e commercializzare il prodotto.

66 Leadership di costo Le maglie della catena del valore Scelta di materiali meno costosi (fare il costo sui prezzi), riduzione della frequenza di variazione dei modelli. PROGETTAZIONE DEL PRODOTTO Scelte di design, stile, materiali particolari, soluzioni progettuali innovative, rapido sviluppo di nuovi prodotti. Economie di scala e di apprendimento, efficienza economica degli impianti. PRODUZIONE Innovazione di processo, livelli qualitativi elevati. Lay-out, riduzione delle scorte, outsourcing dei servizi logistici. Partnership con fornitori, eliminazione clienti marginali, vendita a pacchetti standard, gamma ristretta. LOGISTICA MARKETING DI ACQUISTO E DI VENDITA Logistica per il cliente (consegna rapida, efficienza nella gestione degli ordini). Ricerca fornitori di qualità, soluzioni di vendita personalizzate, sviluppo del brand, gamma ampia. Differenziazione Riduzione dei servizi al cliente. SERVIZI AL CLIENTE Offerta di servizi al cliente (finanziari, di assistenza, informativi). Delocalizzazione produttiva verso aree con bassi costi del lavoro. GESTIONE DELLE RISORSE UMANE E TECNOLOGICHE Formazione delle risorse umane, tecnologia all avanguardia. Sistema di direzione

67 La differenziazione La differenziazione è generata dalla possibilità di conferire al prodotto caratteristiche e qualità tali da renderlo «differente» e preferibile rispetto ai prodotti della concorrenza. Può essere conseguita modificando le caratteristiche fisiche, tecniche, estetiche o semplicemente psicologiche (es. immagine della marca) associate al prodotto. L ESISTENZA DI PRODOTTI DIFFERENZIATI COMPORTA IL FRAZIONAMENTO DEL MERCATO IN TANTI SUB-MERCATI CIASCUNO DEI QUALI E, ENTRO CERTI LIMITI, SEPARATO DAGLI ALTRI

68 Le strategie competitive Secondo Porter l impresa può conseguire un vantaggio competitivo se è in grado di: realizzare le attività descritte dalla catena del valore ad un costo complessivamente inferiore rispetto a quello sostenuto dalla concorrenza (leadership di costo); differenziare l offerta rispetto a quella dei competitor, così da giustificare un ricarico sul prezzo (premium price). Leadership di costo Leadership di servizio Differenziazione Focalizzazione Il vantaggio è ricercato nello sfruttamento di minori costi. Il vantaggio è ricercato nella completezza dell offerta in termini di servizi al cliente. Il vantaggio è ricercato nella capacità di conferire al prodotto caratteristiche di unicità, reali o percepite. Si ricerca l uno o l altro vantaggio, puntando su specifici segmenti di mercato (di dimensioni più contenute).

69 Tipologia delle strategie competitive STRATEGIA CONTENUTI FINALITA Leadership di costo Leadership di servizio Differenziazione del prodotto Specializzazione di mercato Offerta essenziale di prodotto e servizi con il minimo costo. Offerta ricca in termini di servizi al cliente. Offerta di prodotti differenziati e innovativi. Offerta confezionata su nicchie di mercato. Concorrenza basata sul prezzo. Concorrenza basata sulla completezza dell offerta (prodotto + servizi). Concorrenza basata sul prodotto e la marca. Concorrenza basata sulla focalizzazione di mercato.

70 VRIO Analysis RISORSE O CAPACITA DI VALORE RARE DIFFICILI DA IMITARE MESSE A FRUTTO NELLA ORGANIZZA- ZIONE (durevolezza) CONSEGUEN- ZE COMPETITIVE RISULTATI NO NO Svantaggio competitivo Al di sotto della media SI NO --- Parità competitiva In media SI SI NO Vantaggio temporaneo Al di sopra della media SI SI SI SI Vantaggio durevole Al di sopra della media

71 SWOT Analysis POSITIVI NEGATIVI FATTORI DI ORIGINE INTERNA Strenght Punti di forza Weakness Punti di debolezza FATTORI DI ORIGINE ESTERNA Opportunity Opportunità Threat Minacce

72 Relazione tra domanda e offerta Domanda superiore all offerta Mercato del venditore Il venditore può stabilire le condizioni di contrattazione dei beni e, senza preoccuparsi della vendibilità, può concentrare i suoi sforzi sulla gestione tecnico finanziaria. Offerta superiore alla domanda Mercato del compratore Il venditore deve attuare una gestione in chiave di marketing per fronteggiare In modo adeguato i bisogni ed i gusti dei consumatori. L ipotesi di mercato del compratore è la più diffusa, dato che il progresso tecnologico e l evoluzione dei sistemi di produzione portano a creare risorse potenziali quasi sempre esuberanti rispetto alle capacità di assorbimento della domanda.

73 Capitolo VII Le strategie di sviluppo dimensionale e il rinnovamento strategico

74 Le scelte strategiche quali sistemi di opzioni LA GESTIONE DELL IMPRESA SI SVILUPPA SECONDO UN CONTINUO SISTEMA DI SCELTE TRA OPZIONI POSSIBILI IN ORDINE ALL ALLOCAZIONE DI RISORSE SCARSE. Le strategie vanno scelte in base alle risorse specifiche (firm specific) di cui l impresa è dotata, con lo scopo di sfruttarle al meglio. Sono le capacità distintive, intese come gli elementi di forza propri di ciascuna impresa, che ne determinano l eccellenza e, quindi, il successo.

75 Tipologia di percorsi strategici TIPO DI PERCORSO OBIETTIVO DA RAGGIUNGERE PERCORSO DI SVILUPPO DIMENSIONALE Sfruttamento di occasioni favorevoli di business. PERCORSO DI RAFFORZAMENTO DELLE POSIZIONI OCCUPATE Salvaguardia degli equilibri gestionali. PERCORSO DI RISANAMENTO GESTIONALE Uscita dalla crisi aziendale.

76 I fattori di crescita dell impresa Risorse, competenze e dynamic capabilities RISORSE COMPETENZE CAPACITA Materiali (fabbricati, impianti, ecc.) ed immateriali (immagine, reputazione, cultura gestionale, ecc.) Attitudini a svolgere determinate funzioni (es. innovazioni di prodotto) Intese in senso dinamico (dynamic capabilities) come abilità a creare nuove combinazioni dei fattori di produzione (generando innovazione)

77 Differenza tra sviluppo e crescita SVILUPPO CRESCITA Movimento verso il meglio Processo qualitativo di evoluzione dei rapporti tra l impresa e l ambiente, che può determinare o meno un ampliamento della struttura organizzativa. Aumento della dimensione aziendale con mutamento dell assetto organizzativo, dello stile di direzione e degli stessi comportamenti Imprenditoriali. L aspirazione allo sviluppo dimensionale è un fenomeno generalizzabile, anche se non generale.

78 Gli effetti positivi dello sviluppo dimensionale GLI EFFETTI DELLA CRESCITA: Permette di acquisire un maggiore peso nel mercato sfruttando l incremento della domanda globale e sottraendo affari alla concorrenza. Rende possibile sfruttare la curva di apprendimento e le economie di scala, che si collegano non solo al momento tecnico-produttivo ma anche alla fase distributiva, al campo finanziario, alla ricerca, etc.. Conferisce all impresa un più ampio potere nei riguardi delle varie componenti dell ambiente (stakeholder). Contribuisce ad aumentare potere e prestigio di chi governa l impresa. Purché il processo di crescita sia correttamente concepito ed efficacemente attuato!

79 Effetti, limiti e cause dello sviluppo dimensionale Vantaggi Aumento dei ricavi: - maggiori volumi - prezzi più favorevoli Riduzione dei costi: - economie di scala - economie di apprendimento EFFETTI Svantaggi Interni LIMIITI Esterni Diseconomie di scala Rigidità organizzativa Perdita di controllo Visibilità di mercato Risorse manageriali Struttura organizzativa Capacità finanziaria Sviluppo domanda Pressione concorrenza Interne CAUSE Esterne Risorse aziendali parzialmente sfruttate Occasioni favorevoli di business

80 Le alternative di fondo AMPIEZZA OBIETTIVI CONCENTRAZIONE Espansione nei business esistenti OPPORTUNITA DI CRESCITA SFRUTTABILI DIRETTRICI DI SVILUPPO MODIFICA GRADO DI RISCHIO TIPOLOGIA RISORSE DISPONIBILI DIVERSIFICAZIONE Espansione in nuovi ambiti di attività

81 Le strategie di sviluppo Prodotti e mercati esistenti: - espansione geografica Mutamenti nell ampiezza prodotto-mercato e nell estensione geografica (nazionale, internazionale); - penetrazione nel mercato. Prodotti esistenti in nuovi mercati: - incrementi di usi e applicazioni. ESPANSIONE NEI BUSINESS ESISTENTI Nuovi prodotti in mercati esistenti: - ampliamento delle linee di prodotti. Integrazione verticale (espansione lungo la filiera) A valle: avvicinamento ai clienti A monte: avvicinamento ai fornitori

82 Le strategie di sviluppo (segue) DIVERSIFICAZIONE IN NUOVI BUSINESS Correlata Tecnologia di prodotto Tecnologia di processo Approvvigionamento Materie prime Materiali fabbricati o lavorati Componenti fabbricati Prodotti assemblati Distribuzione Marketing e vendite Servizi Non correlata (conglomerazione)

83 Le strategie di sviluppo dimensionale Tipo di sviluppo Strategie adottate 1. Monosettoriale 1.1. Integrazione orizzontale (stesso mercato) ascendente (a monte) 1.2. Integrazione verticale discendente (a valle) 2. Polisettoriale 2.1. Diversificazione laterale (correlata) 2.2. Diversificazione conglomerale (non correlata) 3. Internazionale 3.1. Sviluppo internazionale del mercato 3.2. Sviluppo multinazionale della gestione

84 Integrazione orizzontale OBIETTIVO AUMENTO DELLA QUOTA DI MERCATO COMPLETAMENTO GAMMA DEI PRODOTTI AMPLIAMENTO NUMERO DEI SEGMENTI DI MERCATO ALLARGAMENTO AREA GEOGRAFICA DI VENDITA TEMPI: RELATIVAMENTE PIU BREVI MODALITA DI ATTUAZIONE: INTERNE O ESTERNE (FUSIONI E ACQUISIZIONI) VANTAGGI ECONOMIE DI COSTO ECONOMIE DI DIMENSIONE (O DI SCALA) ECONOMIE DI ESPANSIONE

85 Integrazione a valle Integrazione a monte Integrazione verticale L espansione riguarda uno stadio di attività diverso, ma adiacente a quello già presidiato dall impresa, che può espandersi «a monte» dello stadio occupato (integrazione verticale ascendente) o «a valle» (integrazione discendente). MERCATO DI APPROVVIGIONAMENTO DEI FATTORI PRODUTTIVI IMPRESE FORNITRICI MERCATO DI RIFERIMENTO DELL ATTIVITA DELL IMPRESA MERCATO DI SBOCCO DEI PRODOTTI DELL IMPRESA IMPRESE CLIENTI F I L I E R A

86 Integrazione verticale OBIETTIVO AMPLIAMENTO GAMMA DI PRODUZIONI INTERMEDIE COMPRESE NELLO STESSO CICLO TECNICO- ECONOMICO AUMENTO DEL PROFITTO? MODALITA DI ATTUAZIONE: PIU SPESSO ESTERNA SUBOBIETTIVI: AUMENTO DEL VALORE AGGIUNTO AUMENTO DEL CONTROLLO SUI COSTI DI PRODUZIONE MINORI RISCHI: - Integrazione a monte: continuità dei processi di approvvigionamento - Integrazione a valle: controllo dei mercati di sbocco VANTAGGI: RIDUZIONE COSTI DI TRANSAZIONE MAGGIORE FORZA CONTRATTUALE INNALZAMENTO DI BARRIERE ALL ENTRATA SVANTAGGI: INNALZAMENTO DI BARRIERE ALL USCITA Il valore aggiunto si calcola sottraendo dal valore del prodotto finito (ricavi) tutti i costi di acquisizione di beni e servizi.

87 Integrazione verticale e costi di transazione Nel tentativo di spiegare i fattori che inducono l impresa a orientarsi verso l internalizzazione (make) o l esternalizzazione (buy) di determinate attività, la dottrina economica ha sviluppato la teoria dei costi di transazione. Il costo del bene scambiato è uguale non soltanto al prezzo pagato per il suo acquisto, ma anche allo sforzo sostenuto dall acquirente e dallo stesso venditore per ricercare le informazioni utili a perfezionare la contrattazione I costi di transazione comprendono, quindi, tutti i costi necessari per progettare, negoziare e tutelare un accordo di scambio. Rappresentano, dunque, i costi d uso del mercato.

88 Integrazione verticale e costi di transazione La definizione del confine efficiente dell organizzazione, ossia delle attività da svolgere all interno per ottenere il massimo livello di efficienza operativa, dipende da due tipologie di valutazioni: ECONOMICITA si ottiene comparando i costi d uso del mercato con quelli da sostenere all interno dell organizzazione di impresa (e svolgendo all interno le attività che sarebbero più costose se delegate all esterno) RISCHIOSITA DELLA TRANSAZIONE Il controllo delle condizioni d acquisizione di beni o servizi è maggiore nell ipotesi di produzione interna rispetto a quelle di un rapporto contrattuale di scambio Sulla base di questo duplice aspetto si è ipotizzato che il ricorso al mercato divenga meno conveniente al crescere della complessità della transazione sulla quale influiscono. Ricorrenza Incertezza Specificità degli atti d acquisizione da compiere all esterno

89 Diversificazione Con questa strategia l azienda si espande in mercati nuovi, compresi in settori o comparti produttivi differenti da quelli in cui già opera. La diversificazione si definisce laterale, se sussiste un collegamento, in termini tecnologici oppure di marketing, tra produzioni vecchie e nuove; è invece definita conglomerale, nel caso in cui non sussista alcun tipo di legame tra attività preesistenti e nuove. E SPESSO ATTUATA PER L IMPOSSIBILITA DI ESPANDERSI SODDISFACENTEMENTE IN UN SETTORE ORMAI RITENUTO SATURO VANTAGGI: STABILIZZAZIONE DEI REDDITI. RIDUZIONE DEL RISCHIO GLOBALE DI GESTIONE. MODALITA DI ATTUAZIONE: PIU PROBABILMENTE INTERNA PER LA DIVERSIFICAZIONE LATERALE, ESTERNA PER LA CONGLOMERALE.

90 Sviluppo internazionale Tappa Esportazione Produzione indiretta Vendita diretta Produzione e vendita diretta Modalità di realizzazione Vendita sistematica dei prodotti all estero. Concessione di licenze di fabbricazione a produttori esteri. Creazione di reti di vendita all estero. Allestimento di impianti di produzione all estero. Gestione integrata Fondazione di una società all estero. Organizzazione multinazionale Coordinamento della gestione sul piano multinazionale.

91 Le alleanze strategiche tra imprese TIPO DI INTESA ESEMPIO NON CONTRATTUALE RETE O NETWORK INTERAZIENDALE CONTRATTUALE CONSORZIO SOCIETARIA JOINT VENTURE

92 Caratteristiche delle strategie di sviluppo dimensionale STRATEGIA DI SVILUPPO OBIETTIVO SPECIFICO RISORSA CHIAVE PER SVILUPPO MODALITA PREVALENTE DI ATTUAZIONE TEMPO DI ATTUAZIONE EFFETTI TIPICI SUL RISCHIO D IMPRESA Sviluppo orizzontale Aumento della quota di mercato Marketing Sviluppo interno Breve Non rilevanti sotto il profilo strutturale Integrazione verticale Aumento del valore aggiunto Finanza Sviluppo esterno Medio Riduzione rischi di approvvigionamento o di vendita Diversificazione produttiva Aumento del valore degli affari Management e Finanza Rilevamenti aziendali e accordi strategici Medio-lungo Diversificazione merceologica del rischio Espansione internazionale Allargamento dell area di mercato Tecnologia e Management Rilevamenti aziendali Medio-lungo Diversificazione geografica del rischio

93 Capitolo VIII L organizzazione dell impresa: modelli e problemi di progettazione

94 Il processo (o ciclo) di direzione PROGRAMMAZIONE (atti di decisione) CONTROLLO (atti di valutazione) ORGANIZZAZIONE (atti di disposizione) CONDUZIONE (atti di guida) Ogni attività va programmata, stabilendo in anticipo gli obiettivi da raggiungere, le decisioni e le modalità di svolgimento da rispettare nonché le risorse da impiegare; organizzata, individuando chi e con quali responsabilità dovrà curarne la realizzazione; guidata, fornendo le direttive e motivando gli organi operativi; ed, infine, controllata, valutando i risultati raggiunti rispetto a quelli programmati.

95 Il ciclo informativo sottostante il processo di direzione Il controllo conclude il processo e avvia un nuovo ciclo di direzione, poiché i dati con esso rilevati, integrati con quelli provenienti dall ambiente esterno, concorrono a produrre informazioni necessarie per alimentare la programmazione. Informazioni sull ambiente Dati interni di controllo Direttive per l esecuzione Risultati dell esecuzione In realtà, alla base del ciclo di direzione c è un ciclo informativo: anche la conduzione comporta il trasferimento di informazioni da chi dirige a chi esegue e chi esegue, a sua volta, deve trasmettere i risultati della propria attività agli organi di controllo.

96 I contenuti della funzione organizzativa Organizzare significa ordinare un sistema di parti interdipendenti e correlate, ciascuna avente una specifica funzione rispetto al complesso. In senso aziendale, le parti sono gli organi dell impresa e l organizzazione si rivolge in primo luogo a disciplinare i compiti, i poteri e le responsabilità che ciascuno di questi dovrà assumere nel corso della gestione. La funzione organizzativa si pone lo scopo di definire: Centri decisionali, di controllo ed esecutivi da istituire nell impresa Autorità e responsabilità da attribuire a ciascuno di essi Relazioni formali da attivare fra i vari centri Procedure di decisione, di informazione e di esecuzione, necessarie per l ordinata attuazione della gestione

97 Le finalità della funzione organizzativa Ottenere condizioni di massima efficienza operativa (produttività) mediante la suddivisione e la specializzazione delle attività e l opportuna loro coordinazione in un sistema integrato di obiettivi, poteri e responsabilità. ASPETTO STRUTTURALE (Statico) Ordinamento di compiti e responsabilità. ASPETTO COMPORTAMENTALE (Dinamico) Rapporti interpersonali di collaborazione e di conflitto.

98 Le scelte organizzative Per organizzare una nuova impresa, gli elementi fondamentali di riferimento sono: 1. la natura e le modalità di realizzazione dell attività aziendale; 2. l investimento organizzativo; 3. le risorse umane disponibili nel mercato e acquisibili in base all investimento programmato. Obiettivo Trovare il giusto bilanciamento tra Potenzialità del servizio, Elasticità di prestazione ed Economicità di funzionamento

99 Obiettivi nella progettazione dell organizzazione REQUISITI OBIETTIVI POTENZIALITA' OPERATIVA Sfruttamento della capacità di servizio. ELASTICITA' STRUTTURALE Sostenibilità e incidenza dei costi fissi. ECONOMICITA' DI FUNZIONAMENTO Rendimento degli investimenti organizzativi.

100 I modelli di struttura organizzativa Accentramento al vertice del governo aziendale. Struttura SEMPLICE Divisione responsabilità operative per funzioni. Ridotta formalizzazione (struttura non codificata). Strutture FORMALI Prevedono la suddivisione pianificata dei compiti attribuiti a ciascun responsabile. Struttura Funzionale Suddivisione per funzioni, ossia gruppi di compiti o mansioni complementari e interdipendenti rispetto a un fine. Struttura Divisionale Suddivisione per segmenti di gestione (famiglie di prodotti, aree geografiche, ecc) meritevoli di una gestione specializzata.

101 Modello funzionale Il modello funzionale si articola in un insieme di compiti o mansioni complementari e interdipendenti rispetto ad un fine (funzioni). CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE AMMINISTRATORE DELEGATO DIREZIONE GENERALE DIREZIONE MARKETING DIREZIONE PRODUZIONE DIREZIONE DEL PERSONALE DIREZIONE AMMINISTRA- ZIONE Direzione vendite Direzione programmazione vendite Direzione stabilimento Direzione progettazione Direzione approvvigionamento Direzione contabilità Direzione finanziaria Ufficio pubblicità Ufficio assistenza clientela Ufficio sistemi e metodi Ufficio controllo produzion e Ufficio gestione della produzion e Ufficio acquisti Ufficio Ufficio controllo impianti qualità

102 Modello funzionale Le funzioni organiche che assicurano l operatività del sistema si caratterizzano in base a quattro criteri: universalità, cioè presenza in tutti i sistemi dello stesso tipo; essenzialità rispetto al conseguimento delle finalità primarie del sistema; possibilità di suddivisione o articolazione in linee gerarchiche; impossibilità di aggregazione con altre funzioni. Il modello funzionale, per la sua semplicità, è il più diffuso nelle aziende poco diversificate per tecnologie, prodotti e mercati. Esso si adatta bene a situazioni di gestione abbastanza stabili sotto il profilo strategico ed operativo, cioè in tutti i casi in cui la prevalente ripetitività delle procedure gestionali rappresenta l elemento caratterizzante della gestione stessa.

103 Modello divisionale Il modello divisionale comporta il frazionamento dell azienda in più parti ciascuna delle quali potrebbe rappresentare un impresa a se stante e costituire un centro di profitto. CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE AMMINISTRATORE DELEGATO Comitato per il PERSONALE DIREZIONE GENERALE Comitato per la FINANZA DIVISIONE PRODOTTI ALFA DIVIDIONE PRODOTTI BETA DIVISIONE PRODOTTI GAMMA Direzione produzione Direzione impianti Direzione marketing Direzione produzione Direzione ricerca e sviluppo Direzione marketing Direzione produzione e impianti Direzione progettazione nuovi prodotti Direzione marketing Consente precise valutazioni di rendimento. Si concentra maggiormente sui risultati anziché sui compiti.

104 Modello divisionale (segue) CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE AMMINISTRATORE DELEGATO Comitato per il PERSONALE DIREZIONE GENERALE Comitato per la FINANZA DIVISIONE PRODOTTI ALFA DIVIDIONE PRODOTTI BETA DIVISIONE PRODOTTI GAMMA Il modello divisionale può prevedere la centralizzazione di alcune funzioni. Il criterio generale è quello di decentrare le funzioni che possono ritrarre i maggiori benefìci dalla specializzazione e di accentrare quelle che richiedono un più elevato coordinamento sul piano aziendale (come la finanza) o che consentono maggiori economie di scala o d interrelazione (come gli approvvigionamenti e la ricerca e sviluppo).

105 Modello funzionale e divisionale a confronto VANTAGGI SVANTAGGI Modello Funzionale esalta la specializzazione delle singole aree operative; consente di avvicinare le competenze dei responsabili al tipo di compiti da svolgere; adatto in situazioni di gestione abbastanza stabili in termini strategici ed operativi. minore coordinamento tra le diverse aree di responsabilità; minore spinta all innovazione; poco adatto per aziende più dinamiche. Modello Divisionale attenzione ai risultati; stimola il senso imprenditorale dell alta dirigenza; adatto ad aziende diversificate ed in situazioni di gestione dinamiche in senso strategico ed operativo. stimola situazioni di conflitto e competizione tra le risorse; genera più elevati costi direzionali; esige maggiore attenzione al rapporto autonomia/coordinamento tra la direzione generale e le divisioni.

106 Organizzazione per processi Organizzare per processi significa adottare strutture molto più elastiche finalizzate a operare su obiettivi globali. Lo scopo è ottimizzare la gestione di compiti interrelati, superando le barriere funzionali, così da velocizzare i comportamenti gestionali in un ambiente in rapido mutamento. Esempio: processo di sviluppo di un nuovo prodotto FUNZIONI Marketing Ricerca & Sviluppo Produzione / Acquisti SVILUPPO PRODOTTO PROCESSO Analisi dei bisogni Ricerche Progettazione preliminare Ingegnerizzazione prodotto Ingegnerizzazione processo Produzione pilota

107 Organizzazione a rete L organizzazione a rete si basa sull instaurazione di relazioni molto strette tra più parti dell impresa e tra quest ultima, i fornitori e i clienti, al fine di conferire velocità, flessibilità ed efficienza all operatività aziendale. Impresa collegata in rete Impresa collegata in rete Unità divisionali o funzionali Unità divisionali o funzionali Impresa collegata in rete Impresa collegata in rete Unità divisionali o funzionali Direzione Generale Unità divisionali o funzionali Unità divisionali o funzionali Impresa collegata in rete Impresa collegata in rete Impresa collegata in rete Impresa collegata in rete Impresa collegata in rete

108 Organizzazione per progetto e per matrice L organizzazione per progetto rappresenta un ulteriore articolazione della struttura funzionale, in quanto è all interno di questa che vengono costituiti dei gruppi di lavoro incaricati di elaborare e porre in attuazione determinati progetti. L organizzazione per matrice rappresenta l istituzionalizzazione di quella per progetto, in quanto la struttura aziendale assume un carattere reticolare con un intreccio di competenze funzionali e per progetto.

109 Organizzazione per matrice DIREZIONE GENERALE Direttore produzione Direttore commerciale Direttore amministrativa Direttore risorse umane Direzione Prodotti Alfa Direttore Tecnico Prodotti Alfa Direttore Vendite Prodotti Alfa Direttore Contabilità Prodotti Alfa Responsabile Risorse Umane Prodotti Alfa Direzione Prodotti Beta Direttore Tecnico Prodotti Beta Direttore Vendite Prodotti Beta Direttore Contabilità Prodotti Beta Responsabile Risorse Umane Prodotti Beta Direzione Prodotti Gamma Direttore Tecnico Prod. Gamma Direttore Vendite Prod. Gamma Direttore Contabilità Prod. Gamma Responsabile Risorse Umane Prod. Gamma Interconnessione tra campi di responsabilità orizzontali e campi di specializzazione verticali. Ogni responsabile si troverà alle dipendenze del direttore di linea e del direttore di prodotto.

110 Ampiezza del controllo direttivo Condizioni che limitano l ampiezza del controllo direttivo Poca o nessuna formazione del personale Condizioni che estendono l ampiezza del controllo direttivo Formazione completa dei subordinati Delega di autorità inadeguata o non chiara Procedure poco chiare relative ad attività non ripetitive Obiettivi e standard non controllabili Cambiamenti repentini nelle condizioni di contesto interno ed esterno Utilizzo di tecniche di comunicazione poco efficaci e con istruzioni vaghe Interazione carente tra superiore e subordinati Riunioni di lavoro non produttive Elevato numero di responsabilità speciali ai livelli bassi e medi dell organizzazione Dirigenti poco competenti e mal addestrati Compiti complessi da eseguire Riluttanza dei subordinati ad assumersi responsabilità e rischi insiti nel ruolo rivestito Subordinati non ancora formati Delega chiara per lo svolgimento di compiti ben definiti Procedure ben definite relative ad attività ripetitive Obiettivi verificabili utilizzati come standard Lenti cambiamenti nelle condizioni di contesto interno ed esterno Utilizzo di tecniche appropriate di comunicazione Interazione efficace tra superiori e subordinati Riunioni di lavoro produttive Elevato numero di responsabilità speciali ai livelli alti dell organizzazione Dirigenti competenti e ben addestrati Compiti semplici da eseguire Propensione dei subordinati ad assumersi responsabilità e rischi conformi al ruolo rivestito Subordinati maturi

111 Procedure o routine organizzative La programmazione della struttura non esaurisce i compiti attribuiti alla funzione organizzativa, in quanto il funzionamento del sistema impresa richiede la definizione di procedure o routine organizzative. Procedure Operative Disciplinano lo svolgimento di attività ripetitive ai livelli operativi. Procedure di Controllo Dirette a seguire gli andamenti di gestione. Procedure di Informazione Alimentano i flussi di conoscenza ricorrenti all interno dell organizzazione. Procedure Decisionali Definiscono gli interventi e i ruoli rivestiti nell assunzione delle decisioni.

112 SINTESI DELLE FASI DEL PROCESSO ORGANIZZATIVO FASI DEL PROCESSO SPECIALIZZAZIONE DEI COMPITI DELEGA DEI POTERI DECISIONALI OBIETTIVO Definizione quali-quantitativa dell organico Decentramento (livelli e gerarchia) SCELTA MACRO-STRUTTURA Potenzialità organizzativa COMPOSIZIONE U.O. (Unità Organizzative) Dipartimentalizzazione DEFINIZIONE COLLEGAMENTI TRA ORGANI Coordinamento operativo

113 Capitolo IX Il processo di programmazione della gestione

114 La programmazione DEFINIZIONE: [dal greco: pro-gramma (scritto prima)] Processo di predeterminazione degli obiettivi, delle politiche e delle attività da compiere entro un determinato periodo di tempo. PREVISIONE = PROGRAMMAZIONE Tentativo di anticipare i futuri andamenti di alcune variabili e fenomeni che sono di interesse per l impresa, così da trarre informazioni utili per orientare i comportamenti e le scelte aziendali. Pre-determinazione di decisioni o azioni future.

115 I requisiti della programmazione FORMALIZZAZIONE (Piani scritti) QUANTIFICAZIONE (Piani con obiettivi quantificati) INTEGRAZIONE (Piani gestionali integrati) PLURIENNALITA (Piani di lungo termine)

116 Il sistema dei piani Medio-lungo TERMINE Breve TERMINE (12 mesi) PIANO DI SVILUPPO PRODUZIONE PIANO STRATEGICO PIANO DI INVESTIMENTI PIANO OPERATIVO VENDITA FINANZIARIO RICERCA E SVILUPPO PIANO ORGANIZZATIVO TECNICA DELLO SCORRIMENTO

117 Gli elementi di un piano di gestione OBIETTIVI Rappresentano l elemento di traduzione di un sistema di vincoli, interni ed esterni, in un sistema di obiettivi POLITICHE RISORSE L ottenimento degli obiettivi è SUBORDINATO alla possibilità di adottare opportune politiche gestionali e alla disponibilità di un determinato stock di risorse. OPERAZIONI

118 Programmazione secondo la Gap Analysis Obiettivi di sviluppo di lungo termine Divario tra obiettivi e previsioni Previsioni di mercato Innovazioni necessarie per eliminare il divario Piano di gestione

119 Programmazione e vincoli per lo sviluppo dell impresa VINCOLI PER LO SVILUPPO DELL IMPRESA VINCOLI INTERNI VINCOLI ESTERNI Potenzialità produttiva Potenzialità organizzativa Potenzialità finanziaria Potenzialità economicostrutturale Crescita della domanda Pressione della concorrenza Progresso tecnologico Regolamentazione pubblica

120 Programmazione strategica ed operativa PROGRAMMAZIONE Programmazione a breve termine Adatta l attività corrente ai vincoli interni ed esterni alla gestione aziendale. Preordina le operazioni di gestione secondo gli obiettivi fissati per l esercizio annuale. Programmazione a lungo termine Modifica il sistema dei vincoli entro cui opera l impresa in funzione di obiettivi di lungo termine.

121 Programmazione a lungo e a breve termine FASI DEL PROCESSO DI PROGRAMMAZIONE A LUNGO TERMINE Obiettivi da raggiungere Politiche da adottare Valutazione dei vincoli e delle risorse Attività da svolgere FASI DEL PROCESSO DI PROGRAMMAZIONE A BREVE TERMINE Analisi delle risorse disponibili Stima delle opportunità di mercato (vincoli esterni) Determinazione potenzialità aziendali (vincoli interni) Valutazione politiche adottabili Fissazione degli obiettivi di esercizio

122 Il Business Plan E il documento che presenta in ottica prospettica un iniziativa imprenditoriale allo scopo di: 1) valutarne anticipatamente la fattibilità (sia in relazione alla struttura aziendale che al contesto nel quale l impresa andrà ad operare); 2) stimare le risorse (economico-finanziarie, umane e tecnologiche) da investire per implementare il progetto imprenditoriale, valutando anticipatamente l impatto che tale progetto potrà produrre sul mercato e i risultati economico-finanziari che potranno derivarne.

123 Le finalità del Business Plan è uno strumento di pianificazione e controllo, che definisce in maniera esplicita i contenuti strategici cui devono riferirsi i diversi attori aziendali, fornendo un utile base di raffronto per valutare la bontà dei risultati conseguiti; rappresenta un occasione di riflessione per l imprenditore, che è chiamato ad analizzare criticamente (e, dunque, affinare) le proprie intuizioni relative all opportunità imprenditoriale intravista; è uno strumento di comunicazione esterna, con cui l imprenditore può presentare la sua idea imprenditoriale a diverse categorie di interlocutori (potenziali finanziatori, come le banche, potenziali investitori, come società di venture capital, business angel, ecc. o, ancora, potenziali partner) e persuaderli della bontà del progetto per ottenerne il coinvolgimento e le risorse.

124 I contenuti del Business Plan Il piano di impresa dovrebbe prima di tutto presentare i connotati distintivi della business idea e valutarne anticipatamente la validità e la fattibilità, operativa e finanziaria. Una business idea è composta da tre elementi: il sistema di prodotto, che identifica l offerta rivolta al mercato; il segmento di mercato, ossia la tipologia di clienti cui l impresa si rivolge; le risorse interne attraverso le quali si confida di poter realizzare l idea imprenditoriale. Il cuore del piano di impresa è dunque rappresentato dalle scelte strategiche assunte dalla compagine imprenditoriale.

125 I contenuti del Business Plan (segue) Executive summary - un documento di riepilogo, in cui si presentano brevemente natura e finalità del progetto, evidenziando la mission aziendale e l essenza della business idea. Si indicano i prodotti/servizi che si intendono offrire, sottolineando i vantaggi per la clientela ed i punti di forza rispetto ai concorrenti; le opportunità di mercato che si ritiene di poter cogliere; si valuta la dimensione del mercato, indicando le strategie da adottare, nonché i risultati economico-finanziari attesi. Le parti del Business Plan sono le seguenti: Idea imprenditoriale e compagine aziendale. Analisi dell ambiente esterno. I mercati di sbocco. Prodotti/servizi da realizzare. Risorse umane necessarie e modello di struttura organizzativa.

126 L articolazione del Business Plan PIANO DI MARKETING Si descrivono tutte le scelte compiute a livello di marketing, presentando il budget delle vendite (che sarà la base di partenza delle proiezioni economico-finanziarie). PIANO DI PRODUZIONE E PIANO DI APPROVVIGIONAMENTO PIANO DEGLI INVESTIMENTI PIANO ECONOMICO- FINANZIARIO Va presentata la struttura tecnico-industriale dell impresa, indicando i macchinari e le attrezzature che, si stima, saranno necessari per la produzione e valutando anche i relativi costi e grado di produttività. Bisogna evidenziare la disponibilità di eventuali accordi a livello produttivo, di brevetti o know-how. Vanno, dunque, presentate le determinanti delle scelte di make or buy, Bisognerà inoltre stimare i costi di produzione correlati alla struttura produttiva prescelta, indicando tempi, modalità e costi connessi alla predisposizione della stessa. Serve a quantificare il capitale necessario per la costituzione dell impresa e per il suo funzionamento: prevede gli investimenti da effettuare in immobilizzazioni (materiali ed immateriali) e in capitale circolante (liquidità, scorte, crediti verso clienti). Richiede la redazione di bilanci previsionali (conti economici, stati patrimoniali, preventivi finanziari) accurati e coerenti tra di loro. Le previsioni devono essere formulate su un periodo di 3-5 anni. Vanno inoltre calcolati i principali indici di bilancio, il punto di pareggio (break-even point) e il margine di sicurezza.

127 Un passaggio critico: la previsione delle vendite Dalla previsione delle vendite dipendono molte delle grandezze che saranno utilizzate per costruire il piano di produzione, il piano degli investimenti, il piano degli approvvigionamenti, il piano economicofinanziario. VOLUMI PREZZO Capacità produttiva richiesta Piano degli approvvigionamenti Stima dei livelli di acquisti necessari in base alla produzione domanda concorrenza costi Piano di produzione Struttura organizzativa Risorse umane necessarie Piano di Marketing Piano degli investimenti Capitale fisso Piano econfinanziario Cap. circol. (piano di liquidità)

128 Capitolo X Il sistema di controllo direzionale

Capitolo VI. Le strategie competitive

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