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1 Corso di Termodinamica e Meccanica Statistica Anno Accademico 211/212 1 Processi stocastici e campi random Vogliamo estendere le metodologie del calcolo delle probabilità e della statistica, in modo da potere descrivere processi fisici quali ad esempio: 1. L uscita di un generatore di rumore; oppure la posizione di un batterio in una capsula di Petri; oppure la velocità del vento misurata da un anemometro. 2. I valori della velocità del vento a un dato istante, misurati in una certa regione spaziale; oppure i valori di densità dei batteri nella capsula di Petri in questione a un dato istante, ma in diverse posizioni. 3. I valori della velocità del vento a diversi istanti di tempo e posizioni spaziali. Eccetera. Abbiamo a che fare con un insieme di valori casuali associati a diversi istanti di tempo (caso 1); diverse posizioni spaziali (caso 2); diverse posizioni spaziali e istanti di tempo (caso 3). Ciò ci conduce naturalmente alle seguenti definizioni. Chiamiamo processo stocastico una sequenza di variabili aleatorie indicizzate con il tempo. Si ha un processo discreto se l indicizzazione è discreta; per esempio, ψ(t n ), t n = n t. Si ottiene un processo continuo, evidentemente, come limite t di un processo discreto. Si parla di campo random, quando l indicizzazione è fatta nello spazio (o nello spazio tempo). Per esempio: ψ(x n,t m ). Queste definizioni ci costringono a rivedere tutti i concetti di spazio dei campioni, risultato di misura e probabilità, che abbiamo utilizzato sin ora nel caso delle variabili aleatorie. Per fissare le idee ci concentriamo sul caso di un processo stocastico, essendo la generalizzazione al caso di un campo random abbastanza naturale. Osserviamo in primo luogo che mentre il risultato di una misura, nel caso di una variabile aleatoria, era un numero reale, nel caso di un processo stocastico, è da intendersi come risultato l intera sequenza di valori {ψ(t n ),n = 1,2,...} assunti da ψ agli istanti t n. Per dire, nel caso di un generatore di rumore, l esperimento è da intendersi l accensione dello strumento e la registrazione dei dati in un intervallo di tempo, e non la misura di un singolo dato ψ a un dato istante t. Chiamiamo realizzazione del processo stocastico, la sequenza {ψ(t n ),n = 1,2,...} risultante da un dato esperimento. 1

2 Vediamo che, mentre nel caso di una variabile aleatoria, Ω era un intervallo dei reali, nel caso di un processo stocastico, Ω è uno spazio di funzioni (di variabile discreta se il processo discreto, di variabile reale se il processo è continuo). Abbiamo inoltre che, mentre una variabile aleatoria x era caratterizzata da una PDF ρ(x) che è una funzione di variabile reale, nel caso di un processo stocastico discreto, avremo una PDF nella forma ρ({ψ(t n ),n = 1,2...}), cioè una funzione che generalizza il caso di una PDF di un vettore random al caso in cui il vettore random può avere un numero arbitrario di componenti. Nel caso di un processo stocastico continuo, abbiamo addirittura che la PDF, che in questo caso si indica solitamente utilizzando le parentesi quadre: ρ[ψ] è un funzionale, cioè una funzione che agisce da uno spazio di funzioni di variabile reale [le ψ(t)] al campo reale (i valori di ρ). Un esempio: ( T ) ρ[ψ] = N exp ψ(t) 2 dt. (1) È in generale difficile lavorare con oggetti come la (1). Possiamo provare a ottenere una descrizione ridotta della statistica di ψ, analoga a quella che si ottiene accontentandosi nel dare media e varianza nel caso di una variabile aleatoria. Ecco alcuni esempi di oggetti che potrebbero fornirci una tale descrizione ridotta: cioè le PDF del valore di ψ a istanti dati ρ(ψ(t)), ρ(ψ(t),ψ(t )),... (2) ψ(t), ψ(t)ψ(t ),... (3) che sono dette funzioni di correlazione della ψ a un tempo, a due tempi, eccetera. L utilità delle funzioni di correlazione è che ci permettono di parametrizzare in maniera semplice il modo in cui la dipendenza statistica tra valori di ψ a tempi diversi diminuisce al crescere della separazione temporale. Abbiamo infatti per definizione: ψ(t)ψ(t ) = dψ(t) dψ(t ) ρ(ψ(t),ψ(t ))ψ(t)ψ(t ) enelcasodivariabilistatisticamenteindipendenti,cioèseρ(ψ(t),ψ(t )) = ρ t (ψ(t))ρ t (ψ(t )): ψ(t)ψ(t ) = ψ(t) ψ(t ). Un indicatore del grado di dipendenza statistica è quindi fornito dalla quantità C(t,t ) = ψ(t)ψ(t ) ψ(t) ψ(t ), (4) che sarà massima per t = t, con C(t,t) = σψ(t) 2, mentre ci si aspetta che tenda a zero per t t. Possiamo introdurre un tempo di correlazione che ci dice per quali separazioni 2

3 temporali le correlazioni possono iniziare a considerarsi trascurabili. Di solito si utilizza la definizione λ ψ (t) = 1 C(t, t) C(t,t+τ)dτ (5) [come dire, area sottesa da C(t,t+τ) uguale base, cioè λ ψ (t), per altezza, cioè C(t,t)]. In termini di singola realizzazione del processo stocastico, il parametro λ ψ (t) ci dice essenzialmente quanto bisogna aspettare prima che ψ(t+τ) differisca molto da ψ(t). In altre parole, il tempo di correlazione ci fornisce la scala di variazione temporale del processo stocastico. Le medie che compaiono nelle equazioni che abbiamo scritto sin ora possono essere stimate attraverso il calcolo di medie campionarie. Dobbiamo ricordarci però che nel nostro caso, queste medie campionarie sono di fatto medie su realizzazioni diverse (e indipendenti) dello stesso processo stocastico. Chiamiamo la media campionaria sulle realizzazioni di un processo stocastico una media su ensemble. Ora, ci sono molte situazioni in cui il processo stocastico, anche se descrive un qualche cosa che fluttua nel tempo, è caratterizzato da una statistica che è invece indipendente dal tempo; parliamo in questo caso di un processo stocastico stazionario. In questo caso abbiamo ovviamente che le medie e le PDF a un tempo sono indipendenti dal tempo: ρ(ψ(t)) = ρ(ψ); ψ(t) = ψ... echetuttelecorrelazioniepdfapiùdiuntempodipendonosolodalledifferenzeditempo. Abbiamo in particolare C(t,t ) = C(t t ). L esempio più semplice di processo stocastico stazionariochecipuòvenireinmenteèquellochesiottienemettendoinsequenzairisultati delle misure di una variabile aleatoria x: ψ(t n ) x (n). Nel caso di un processo stocastico costruito in questo modo, è abbastanza evidente che calcolare medie di ensemble come ψ(t n ) N = (1/N) N k=1 ψ(k) (t n ), [ψ (k) (t n ) è il valore di ψ(t n ) nella n-esima realizzazione di ψ] diventa un operazione inutilmente dispendiosa. Si può infatti stimare x, attraverso media campionaria x N = (1/N) N k=1 x(k), a partire da una sola realizzazione della ψ. Questo ci conduce a introdurre un nuovo tipo di media, la così detta media temporale: ψ T = 1 T T ψ(t)dt, (6) dove l integrale, nel caso di un processo discreto, è sostituito dalla somma n ψ(t n) t. Ovviamente, nel caso in cui il processo stocastico è il risultato di una sequenza di misure indipendenti di una stessa variabile aleatoria, per costruzione, la media temporale e la media di ensemble coincidono. Ci domandiamo nel caso generale, quando una media temporale può essere utilizzata per approssimare la media.. 3

4 Diciamo che un processo per cui la media temporale tende al limite alla media., è un processo che gode della proprietà ergodica. Ci aspettiamo che le condizioni che permettono il soddisfacimento della proprietà ergodica siano: Che i valori di ψ ad istanti di tempo sufficientemente lontani diventino statisticamente indipendenti. Che il processo sia stazionario a scale di tempo sufficientemente lunghe da contenere molti intervalli di tempo tali che i valori di ψ nei diversi intervalli siano indipendenti. Che ovviamente siano soddisfatte le condizioni perché la legge dei grandi numeri sia soddisfatta, e cioè che la quantità di cui si calcola la media temporale abbia varianza e media finite. A questo punto, la media temporale diventa essenzialmente una media campionaria tra i valori di ψ nei diversi intervalli, dove ψ si può considerare approssimativamente costante. Nota: Verifichiamo questo risultato con un calcolo esplicito. Consideriamo il caso semplice in cui l integrale nella Eq. (5) è finito (il risultato che segue può essere generalizzato al caso in cui λ ψ =, ma la correlazione decresce lo stesso all infinito). Supponiamo di approssimare ψ con ψ T, e, in analogia con la legge dei grandi numeri, calcoliamo ψ T e σ 2 ψ T. Scambiando media e integrale nell integrale per ψ T, otteniamo subito. ψ T = ψ T = ψ. Definiamo quindi ψ(t) = ψ(t) ψ lo scarto (o fluttuazione rispetto alla media) e scriviamo: σ ψ 2 T = 1 T T dt dt ψ(t) ψ(t ) = 1 T T dt dt C(t t ). T 2 T 2 Ora, per T λ ψ, possiamo approssimare l integrale in dt, per quasi tutti i valori di t, con un integrale tra ± [a t = e a t = T, se t t λ ψ, C(t t ), è comunque già nullo]: σ ψ 2 T 1 T dt T 2 + dτ C(τ) = 2λ ψ T C() 2λ ψ T σ2 ψ ed ho utilizzato la (5). La varianza della media temporale decresce con λ ψ /T, che gioca quindi il ruolo del fattore 1/N nel caso della media campionaria. 2 Il limite termodinamico Abbiamo già visto che la somma di variabili random indipendenti e identicamente distribuite contiene in sé l idea di un limite termodinamico. Consideriamo per esempio un 4

5 recipiente contenente N molecole di un gas. Supponiamo che le molecole siano totalmente indipendenti e che la molecola i-esima abbia energia cinetica ǫ i distribuita con media ǫ e varianza σ 2 ǫ. Abbiamo visto che l energia interna del gas, per N 1 è data da U N ǫ U ; U U σ U N 1/2 σ ǫ. La fluttuazione relativa è quindi O(N 1/2 ) e diventa trascurabile per N. Quando si verifica una situazione di questo tipo, abbiamo detto che esiste un limite termodinamico. Chiaramente, gli stessi ragionamenti potrebbero essere fatti per altri sistemi formati da un gran numero di parti microscopiche, e il cui stato macroscopico è descritto da una variabile che è una somma di variabili aleatorie associate individualmente alle parti microscopiche. In generale, non è detto che per tutti i sistemi queste parti microscopiche siano indipendenti, né che possano essere prese identiche. Possono inoltre esserci casi in cui non esiste una variabile macroscopica esprimibile in forma semplice come una somma di contributi microscopici (un esempio è l energia potenziale gravitazionale di un sistema di particelle, in cui bisogna sommare sull energia di interazione fra coppie di particelle, e non su quella delle singole particelle). Potrebbero poi esserci delle situazioni in cui le fluttuazioni della variabile aleatoria microscopica siano tali che la varianza o addirittura la media di queste siano infinite. Per avere una qualche intuizione di come l indipendenza statistica o la condizione di distribuzione identica dell energia fra le molecole possano essere violate, proviamo a guardare al problema da un altro punto di vista. Prendiamo di nuovo in esame il nostro gas, e invece di analizzare le molecole che lo compongono individualmente, supponiamo di dividere il volume in parti microscopiche e calcolare l energia contenuta in ciascuna di esse. Da qui definiamo una densità spaziale di energia u(x) che di fatto definisce un campo random. Così come la somma di variabili random indipendenti, attraverso una modificazione della legge dei grandi numeri, ci ha portato all esistenza di un limite termodinamico, lo stesso può essere fatto con la densità di energia, con una appropriata riscrittura della proprietà ergodica; per semplificare le idee, consideriamo un dominio lineare di lunghezza L. Possiamo quindi scrivere: U = L u(x)dx = L u L L u = U ; U U (L/λ u ) 1/2 σ u, dove λ u è la lunghezza di correlazione per u, definita in maniera analoga alla (5). Di fatto λ u definisce la separazione spaziale al di sotto della quale coppie di molecole non possono più considerarsi indipendenti. Così come il soddisfacimento di una proprietà ergodica richiedeva che il tempo di correlazione fosse piccolo in confronto all intervallo di tempo in cui il processo stocastico si può considerare stazionario, vediamo quindi che la condizione di esistenza per un limite termodinamico è che la scala su cui il gas si può considerare uniforme sia molto più grande di λ u. 5

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