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Transcript:

GIOCARE CON LA LUCE IL MICROSCOPIO OTTICO: PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO E DESCRIZIONE Tutor: Francesca Bonfigli, Daniele Murra E-mail: francesca.bonfigli@enea.it, daniele.murra@enea.it

Introduzione all argomento Il microscopio, dal greco μικρόν (micron) piccolo e σκοπεῖν (skopein) guardare, è uno strumento che consente di ingrandire oggetti troppo piccoli per essere osservati ad occhio nudo. Esso assolve due importanti funzioni: ingrandisce oggetti invisibili ad occhio nudo permette di vedere separati due oggetti che ad occhio nudo appaiono uniti Un uomo dotato di vista normale, per poter leggere una scritta deve porre gli occhi ad una distanza di almeno 25-30 cm dal foglio. A tale distanza l'occhio è in grado di separare due punti distanti almeno 0,075-0,1 mm. Due punti più vicini vengono quindi visti come un unico punto. Questa distanza tra due punti viene detta potere o limite risolutivo dell'occhio. Tra gli strumenti più importanti per oltrepassare tale limite c'è il microscopio ottico. Il microscopio, per mezzo di un sistema di lenti, ingrandisce l'immagine del campione, raccogliendo la luce visibile riflessa, trasmessa o emessa dal campione stesso. Un buon microscopio ottico, che utilizzi la luce bianca, è in grado di distinguere nitidamente oggetti con un diametro superiore a 0,3 micrometri. Essendo questo il potere risolutivo del microscopio ottico, con questo strumento non è possibile determinare la dimensione di oggetti di grandezza inferiore a 0,3 micrometri. Le cellule, ad esempio, hanno dimensioni che variano tra 2 milionesimi di metro (2 micrometri) e 10-30 micrometri, e non sono quindi visibili a occhio nudo. Per studiarle è necessario uno strumento ottico con un potere risolutivo sufficiente come, appunto, il microscopio ottico.

La lente convergente (sottile) Ogni volta che un raggio di luce passa da un materiale ad un altro, subisce una rifrazione cioè viene deviato dalla sua direzione iniziale. Una lente è un oggetto trasparente costituito da almeno una superficie curva ed è caratterizzato dalla sua lunghezza focale (o fuoco ). Un raggio di luce che viaggia parallelo all asse ottico della lente (una linea immaginaria passante per il centro della lente e perpendicolare alla sua superficie) verrà piegato in modo che passi per il fuoco. La lente ingrandisce, rimpicciolisce, allontana o avvicina a seconda di dove viene posizionato l oggetto da osservare. Quando un oggetto viene illuminato rimanda raggi luminosi in tutto lo spazio. Se usiamo una lente, una parte di tali raggi colpirà la sua superficie e verrà deviata dal percorso originale. Al di là della lente, i raggi provenienti da un singolo punto dell oggetto (punto sorgente) si concentreranno in un singolo punto di un piano (piano immagine). La definizione della lente dice che: a) un raggio che passa parallelo all asse ottico viene deviato verso il fuoco b) un raggio che passa per il fuoco esce parallelo all asse ottico Ogni punto dell oggetto (punto sorgente a distanza p dalla lente) sarà ricreato in un corrispettivo punto sul piano immagine al di là della lente (piano immagine a distanza q dalla lente) così da formare la figura capovolta dell intero oggetto. Condizione necessaria perché ciò avvenga è che l oggetto si trovi ad una distanza dalla lente superiore alla lunghezza focale (f < p). Nel piano immagine l oggetto apparirà ribaltato e la sua dimensione sarà più grande dell oggetto originale se la distanza dalla lente è minore del doppio della lunghezza focale (f < p < 2f), altrimenti apparirà più piccola. La legge che lega la focale della lente sottile (f) e le distanze dell oggetto (p) e dell immagine (q) è: 1/p + 1/q = 1/f p Fuoco f q Asse ottico f Piano focale Piano immagine Caso p=q= 2f

La lente convergente (sottile) Conoscendo la lunghezza focale della lente, si può sapere esattamente dove si formerà l immagine dell oggetto e quanto sarà la sua dimensione p q p q h h' f f < p < 2f Ingrandimento (o magnificazione) M = - h'/h = -q/p Piano immagine Il segno negativo è dovuto al ribaltamento dell immagine 2f < p f Piano immagine

L occhio Un esempio tipico di sistema ottico semplice è l occhio umano, dove la lente (a focale variabile) è costituita dal cristallino e il piano immagine è situato in corrispondenza della retina, dove ci sono le cellule nervose (coni e bastoncelli) in grado di rilevare la luce che viene dall oggetto osservato. Il segnale elettrico generato passa attraverso il nervo ottico che lo invia al cervello che lo interpreta e nel frattempo si occupa di invertire l immagine. Infatti abbiamo visto che l immagine si forma sulla retina (piano immagine) invertita rispetto alla reale disposizione dell oggetto. Quando si vuole esaminare un piccolo oggetto nei suoi dettagli, lo si avvicina allora il più possibile agli occhi (cioè si riduce p), il cristallino riduce la sua focale per mantenere inalterato q (il piano immagine deve essere sempre sulla retina: se cambio p e q deve rimanere uguale, devo per forza cambiare f) e la dimensione dell immagine sulla retina aumenta. La capacità di ingrandire dipende quindi dalla capacità del cristallino di modificare la propria focale riducendola. Un uomo dotato di vista normale, per poter leggere una scritta deve porre gli occhi ad una distanza di almeno 25-30 cm dal foglio. A tale distanza l'occhio è in grado di separare due punti distanti almeno 0,075-0,1 mm. Due punti più vicini vengono quindi visti come un unico punto. Questa distanza tra due punti viene detta potere o limite risolutivo dell'occhio. Per aumentare l ingrandimento si fa quindi ricorso all uso di sistemi ottici, costituiti da lenti e diaframmi, ed in particolare al microscopio semplice o al microscopio composto.

Il microscopio semplice C è un altro caso in cui una lente convergente crea un immagine ingrandita, ma stavolta diritta e virtuale: è quando poniamo l oggetto nella zona tra il fuoco e la lente stessa (p<f). Il microscopio semplice consiste proprio in una lente convergente di lunghezza focale f posta tra l occhio e l oggetto da osservare, collocando quest ultimo in modo che si trovi in posizione intermedia tra il piano focale e la lente stessa (p < f). In tali condizioni la lente fornisce un immagine virtuale dritta e ingrandita dell oggetto. In questo caso, i raggi che escono dalla lente sembrano provenire da punti che si trovano prima della lente (rappresentati dall incrocio delle linee tratteggiate), posti su un piano più lontano di quello in cui si trova l oggetto reale. L immagine che l osservatore vede, è definita virtuale in quanto parte da un piano in cui non si trova alcun oggetto reale. f f Immagine vista dall osservatore Oggetto Fuoco q p Osservatore L effetto d ingrandimento dipende sempre dalla posizione dell oggetto rispetto alla lente: più è vicino ad essa e minore sarà l ingrandimento, più si avvicina alla distanza focale e maggiore sarà l effetto. L ingrandimento che possiamo ottenere è tanto maggiore quanto è più piccola la focale della lente f. Volendo ingrandire sempre di più l immagine, dovremmo utilizzare lenti con focali via via più corte, ma andremmo incontro sia a problemi di natura ottica (aberrazioni delle lenti) che a problemi pratici (riduzione degli spazi fisici!). Si deve allora passare al microscopio composto.

Il microscopio composto Il microscopio composto più semplice è formato da due lenti convergenti: l obiettivo, posto vicino all oggetto, di focale molto corta e l oculare di focale più lunga posta vicino all occhio. L oculare ha la stessa funzione della lente del microscopio semplice appena descritto, però stavolta, invece di avere, nei pressi del suo piano focale, un oggetto reale ha l immagine reale del campione da osservare, formata e ingrandita dall obiettivo, risolvendo così i problemi che limitavano l ingrandimento nel microscopio semplice. Di fatto è l applicazione dello stesso principio per due volte consecutive: prima un microscopio semplice che crea un immagine reale e poi una lente che crea una immagine virtuale. Immagine virtuale C p obiettivo Il campione da osservare (oggetto A) va posizionato, rispetto all obiettivo, nella condizione f obiettivo < p obiettivo < 2f obiettivo formando un immagine capovolta e ingrandita (immagine reale B). Si fa in modo che l immagine reale B creata dall obiettivo si trovi nel piano focale dell oculare, cosicché, come visto, l immagine virtuale C sia all infinito permettendo all occhio di creare l immagine D sulla retina.

Potere risolutivo del microscopio ottico Finora abbiamo ragionato come se la luce emessa o riflessa da un oggetto si propagasse sempre secondo linee rette, i raggi luminosi. Questa è la trattazione propria dell ottica geometrica. In realtà la luce è un onda elettromagnetica, che si propaga nel vuoto (e con buona approssimazione anche in aria) alla velocità c, pari a circa 3*10 8 m/s. Di questa natura ondulatoria della luce ci accorgiamo però solo in alcuni casi, per esempio con i fenomeni di interferenza tra onde o quando un onda intercetta un ostacolo di dimensioni di poco superiori alla lunghezza d onda della luce l. In quest ultimo caso si osserva che la propagazione non avviene più in linea retta, ma c è un allargamento del fascio luminoso: è il fenomeno della diffrazione. Nel caso di un onda che incontra un foro circolare in uno schermo opaco, si osserverà a grande distanza un immagine formata da un disco centrale molto luminoso (detto disco di Airy) circondato da anelli scuri e chiari, questi ultimi di intensità via via decrescente allontanandosi dal centro, come riportato nella figura a destra. Questi anelli sono dovuti all interferenza tra le onde sferiche delle sorgenti secondarie. Quando illuminiamo un oggetto per osservarlo al microscopio, ogni suo dettaglio si comporta come l apertura nello schermo e non ci rimanda in realtà un raggio di luce, ma un onda diffratta. Pertanto, l immagine di un oggetto puntiforme verrà comunque allargata, cioè si formerà una figura di diffrazione, la cui zona centrale, il disco di Airy, avrà un diametro finito e non nullo.

Potere risolutivo del microscopio ottico Per definire il potere risolutivo di un microscopio, si usa il criterio di Rayleigh che dice che due punti luminosi vicini sono percepiti come distinti quando la sovrapposizione dei loro profili d intensità mostra due massimi separati da una zona in cui l intensità è ridotta di circa il 26% rispetto ai massimi stessi. La formula che esprime il potere risolutivo del microscopio è r = 0,61*l/AN dove AN è l apertura numerica dell obiettivo (che è proporzionale al rapporto tra il diametro della lente e la sua lunghezza focale) e l è la lunghezza d onda della luce utilizzata. Per ottenere risoluzioni più elevate è necessario utilizzare lunghezze d onda più piccole, come nel microscopio a raggi X, oppure, sfruttando l equivalenza tra onde e particelle definita dalla meccanica quantistica, usare gli elettroni (microscopio elettronico) la cui lunghezza d onda equivalente è molto più piccola di quella della luce visibile.

Schema di un microscopio Il microscopio ottico in trasmissione è costituito da: una sorgente di luce, che può essere sia esterna che inserita all'interno della sua base un condensatore, che concentra i raggi diffusi dalla sorgente di luce e illumina il campione le lenti dell'obiettivo che raccolgono i raggi luminosi concentrati sul campione dal condensatore e mettono a fuoco i raggi che passano attraverso il campione per formare un'immagine reale e ingrandita dell'oggetto illuminato la lente oculare che riceve l'immagine dalle lenti dell'obiettivo e crea una immagine ingrandita virtuale.

Discorso/spiegazione da fare ai visitatori Esposizione dei principi di funzionamento del microscopio ottico (anche mediante una presentazione da proiettare sullo schermo). Descrizione del microscopio disponibile sul tavolo. Osservando una sua foto riportata di lato possiamo notare: 1) i vari obiettivi di diverso ingrandimento (4x, 10x, 40x) che possono alternarsi per l osservazione del campione mediante la rotazione del revolver portaobiettivi; 2) il tavolino portacampioni. Muovendolo in verticale mediante la manopola della messa a fuoco, si varia la distanza tra il campione e il blocco obiettivo/oculare e si modifica di conseguenza la posizione dell'immagine reale e quindi di quella virtuale, fino a ben accomodare la visione attraverso l oculare. Muovendolo lungo i due assi orizzontali (X,Y) si sposta il campione. 3) La lampada per il illuminare il campione in trasmissione attraverso il condensatore. 4) l oculare che permette la visione tramite gli occhi. 5) La camera per acquisire l immagine in formato digitale. Un software dedicato, installato sul computer collegato al microscopio, permette di gestire l acquisizione digitale delle immagini. Camera per acquisizione immagine digitale Obiettivi montati su revolver Oculare Illuminazione Manopola messa a fuoco (movimentazione verticale tavolino portacampioni) Tavolino portacampioni Condensatore Manopola movimentazione XY tavolino portacampioni