Si distinguono quindi 4 diversi approcci alle modalità d'ingresso:

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INTRODUZIONE Le modalità d'ingresso attraverso le quali l'impresa perviene a rendere disponibile il proprio bene e/o servizio da destinare ai vari clienti situati nei paesi esteri prescelti vengono normalmente ricondotte a tre alternative di base. L'impresa può fare ingresso in tali paesi esportando i suoi prodotti, istituendovi un insediamento di tipo produttivo o ricorrendo a collaborazioni con operatori locali. L'esportazione può avvenire in due diverse modalità che cambiano in base al grado di impegno dell'impresa nel progetto: in forma diretta o indiretta. Nel primo caso, è l'impresa stessa che gestisce il coordinamento e l'organizzazione dell'attività esortativa che può realizzare in 4 modalità diverse: negoziando direttamente con gli importatori esteri, contattando direttamente i clienti stranieri, costituendo una rete di vendita nel paese prescelto, o ancora, istituendo una propria unità commerciale. Nel secondo caso, l'impresa delega l'impegno della gestione delle operazioni di esportazione a operatori commerciali del proprio paese specializzati nel commercio estero. L'esportazione indiretta viene utilizzata quando: l'impresa non è interessata a una presenza diretta nel mercato estero; il mercato interno è considerato più importante; si decide di concertare la produzione e quando l'impresa decide di correre minori rischi e compiere minori investimenti. Utilizzando questa tipologia di strategia, l'impresa ottiene maggior successo quando è competitiva in questi campi: prezzo; qualità; immagine del prodotto; tecnologia; unicità; nicchia di mercato. Attraverso la costituzione di un insediamento produttivo nel paese prescelto l'impresa si pone l'obiettivo di produrre nel paese estero per servire il mercato locale. Bisogna precisare che parlando di internazionalizzazione commerciale la localizzazione nel mercato estero ha l'esclusiva finalità di realizzare prodotti per venderli nel paese in cui è stato realizzato l'investimento o, al massimo nelle aree limitatamente limitrofe. L'accordo internazionale è una forma di modalità d'ingresso in paesi esteri in cui l'impresa si avvale della collaborazione di soggetti locali finalizzata a utilizzare le complementarità del rispettivo

partner: l'impresa locale apporta le proprie conoscenze in merito alla domanda locale, il sistema distributivo, i fattori socio-culturali e politici ecc. L'impresa che intende internazionalizzarsi apporta al partner i propri prodotti e le conoscenze tecnologiche per realizzarli. Ci sono anche per le collaborazioni internazionali diverse configurazioni: la concessioni di licenze in franchising, gli accordi di coproduzione e i contratti di gestione. Le modalità d'ingresso possono assumere connotati differenti in funzione di due elementi fondamentali: 1) IL GRADO DI COINVOLGIMENTO INTERNAZIONALE definito come livello di investimento in capitali e risorse; 2) IL GRADO DI CONTROLLO ESERCITATO dall'impresa sulle attività svolte nel paese estero; Si distinguono quindi 4 diversi approcci alle modalità d'ingresso: I. INVESTIRE E CONTROLLARE: Esportazione diretta mediante unità organizzative in loco; II. INVESTIRE E DELEGARE: Investimenti in partecipazioni o capitali di minoranza e joint venture; III. CONTROLLARE SENZA INVESTIRE: Negoziazione diretta con i clienti esteri; IV. DELEGARE SENZA INVESTIRE: Esportazione indiretta e accordi commerciali. LA SEQUENZIALITA' DELLE MODALITA' D'INGRESSO L'internazionalizzazione viene concepita come un processo unilineare di sviluppo che culmina con l'adozione di modalità di presenza locale a massimo coinvolgimento, che permette all'impresa di controllare al massimo le proprie attività estere. In questo senso, lo sviluppo internazionale dell'impresa attraversa "fasi" distinte, in ognuna delle quali c'è bisogno di un diverso grado di coinvolgimento e di controllo.

Nella prima fase l'impresa cerca di entrare nel mercato estero attraverso operatori attivi a livello internazionale mediante esportazione indiretta. Successivamente si passerà ad una presenza con maggiore impegno tramite esportazione diretta. Nella seconda fase l'impresa agisce tramite collaborazioni interaziendali che le permette di avvalersi delle conoscenze e le risorse del partner locale per entrare da insider nel mercato estero. In più aumenta il coinvolgimento estero e la possibilità di adattare le politiche di marketing al paese prescelto. Nella terza fase, dopo aver maturato esperienza e conoscenza dei mercati esteri, l'impresa agisce direttamente in loco tramite insediamenti produttivi o basi produttivo-commerciali nei mercati di destinazione di prodotti o contigui. Le critiche mosse verso questa tesi riguardano per lo più il fatto che questo processo non può essere pensato esclusivamente in termini di sviluppo monodirezionale, secondo una sequenza rigidamente prefissata. Avvolte le imprese trasferiscono le conoscenze e le esperienze maturate all'estero in altri paesi cosi che alcune volte le prime fasi del processo di sequenzialità vengono saltate del tutto. Un'altra critica viene mossa dal fatto che il modello della sequenzialità non prevede un ritorno indietro o ripensamento strategico che riporti l'impresa ad un coinvolgimento inferiore. Nella realtà infatti non poche sono le imprese che ritornano ad all'esportazione dopo aver provato politiche di collaborazione o insediamento. Tale scelta di retrocessione nelle strategie può derivare dal fatto che se da una parte eliminando gli intermediari necessari all esportazione adottando modalità più dirette può eliminare i costi legati ai margini di profitto assorbiti da quest ultimi, dall altra si posso verificare inefficienze interne relative a quelle attività ora presidiate dall impresa vanificando il risparmio nei costi relativi agli intermediari. Un'ultima critica si basa sull'impossibilità che questo modello da alle imprese di inserirsi nel mercato estero con diverse modalità d'ingresso nella stessa area geografica.

ESEMPIO BORN GLOBAL Giacomo Valentini è fondatore e presidente di Orobianco, una piccola impresa di Gallarate che si è costruita, nei suoi quattordici anni di vita, una posizione di leadership nel campo degli accessori moda sul mercato giapponese che sta ora estendendo sull'intero Far East. Un'idea chiara di prodotto (focus sugli accessori moda), una visione internazionale fin dalla nascita (la scelta del Giappone come base di partenza), il riconoscimento e la valorizzazione dell'importanza delle competenze artigiane presenti sul nostro territorio (che si stanno perdendo) insieme alla volontà di integrarle con le nuove tecnologie ("affiancare ai tagliatori i tecnici informatici"), la creazione di un management team intorno all'imprenditore. E' Da questo mix che nasce il successo di questa piccola impresa italiana "born global". In tutto questo le qualità del fondatore contano tantissimo così come rilevano le sue precedenti esperienze: la militanza nell'impresa di famiglia, ma anche l'avvio di una startup in Australia e il periodo come dirigente nel gruppo Montedison hanno forgiato l'imprenditore e a cascata la propria impresa. Le imprese che nascono con una forte proiezione internazionale (le cosiddette "born global") di solito beneficiano del bagaglio di esperienze del fondatore e del managment. LA SCELTA DELLE MODALITA' D'INGRESSO La scelta della modalità d'ingresso in un paese estero è una decisione critica, sia per l'investimento in termini di risorse sia perché la scelta potrebbe risultare difficilmente reversibile nel breve termine. La strategia deve essere vista come un piano comprensivo che stabilisce obiettivi, risorse e politiche che guideranno le operazioni di marketing internazionale dell impresa non solo nel breve termine ma in ottica di un periodo sufficientemente lungo ad affermarsi sul mercato obiettivo. I manager non devono determinare solamente una linea guida generale ma devono analizzare ogni aspetto riguardante il rapporto prodotto-mercato per formulare il miglior piano strategico. Nelle fasi iniziali in cui l azienda non ha esperienze a livello internazionale può accadere che non vi sia una pianificazione strategica ben definita ma che vi sia la volontà di acquisire quote di vendita nei mercati esteri. Il primo obiettivo sarà quello di entrare nel mercato dei paesi che sono più vicini dal punto di vista geografico e del comportamento del target scelto e della loro cultura. Dopo di che, se l'entrata è stata positiva, possono decidere di allargare il loro campo d'azione anche in mercati più difficili da raggiungere, andando a delineare i dettagli di quel piano che inizialmente era assente o comunque principalmente caratterizzato dalla sola volontà di aumentare il volume delle vendite. Tali dettagli riguardano gli obiettivi specifici da raggiungere nel mercato scelto, il canale distributivo e le politiche del marketing mix. I fattori che influenzano la scelta sono molti, ma possono essere racchiusi in due macroclassi: fattori interni e fattori esterni.

I FATTORI ESTERNI Tra i fattori esterni un'influenza determinante viene data dai fattori ambientali del paese estero. Le politiche interne adottate dai governi esteri possono influenzare di molto le scelte sulle modalità d'ingresso. Il governo locale infatti potrebbe decidere di incentivare certe modalità d'ingresso piuttosto che altre o elevare barriere artificiali per ostacolare lo sviluppo delle esportazioni. Inoltre il clima politico e la cultura del paese possono influenzare le scelte dell'impresa sulla scelta. Altra determinante sono i fattori di mercato del paese estero. La dimensione del mercato estero può portare l'impresa a scegliere forme di internazionalizzazione meno impegnative in mercati di dimensione ridotte e viceversa. Occorre considerare anche la concorrenza: se esistono un elevato numero di imprese di piccole dimensione, se ci sono poche imprese dominanti o se c'è un'unica impresa che controlla tutto il mercato. L'ultimo elemento da considerare è l'offerta di servizi distributivi locali, in particolare la loro accessibilità e qualità. Fra i fattori esterni vanno poi considerati i fattori produttivi del paese estero come per esempio la qualità, la quantità e i costi del lavoro e delle infrastrutture. Se i costi del lavoro e la qualità delle infrastrutture sono elevati si preferisce esportare i prodotti finiti mentre viceversa si preferisce investire con insediamenti in loco. Infine sempre fra i fattori esterni vanno considerati alcuni aspetti relativi al paese d'origine dell'impresa. L'impresa potrebbe conseguire vantaggi significativi dall'esportazione se la provenienza del prodotto finito sia rilevante per la domanda estera. Oppure l'impresa sarà agevolata nell'internazionalizzazione quando le dimensioni del mercato interno sono elevate.

I FATTORI INTERNI La realtà dimostra che molte volte imprese con medesimi fattori esterni adottino diverse modalità d'ingresso a causa dei diversi fattori interni. I fattori interni possono essere di due tipi: legati ai prodotti o legati alle risorse. A ciò si aggiungono gli obiettivi aziendali. Gli obiettivi aziendali infatti sono i più determinanti in quanto se l'impresa non vuole impegnarsi a fondo a livello internazionale adotterà modalità diverse da imprese che vogliono coinvolgere molte risorse ed energie alle proprie strategie di internazionalizzazione. I fattori legati ai prodotti si riflettono innanzitutto sul tipo di prodotto: se quest'ultimo è caratterizzato da un alto grado di differenziazione potrà assorbire meglio i costi di trasporto e commercializzazione legati all'esportazione grazie alla possibilità di poter applicare prezzi più elevati. Per prodotti non contraddistinti da caratteristiche distintive la competizione sul prezzo è fondamentale quindi diviene necessario abbattere i costi preferendo cosi modalità d'ingresso con presenza diretta. Se il prodotto necessita di assistenza post-vendita è necessario istituire unità operative all'estero. Se un prodotto ha un legame indissolubile con il territorio (una fonte di acque minerali o un vino DOC) c'è bisogno dell'esportazione. L'ESPORTAZIONE Come già detto l'ingresso in un mercato estero costituisce per l'impresa una decisione difficile e rischiosa. Considerando le varie alternative d'ingresso prima presentate l'esportazione si connota come una modalità a basso contenuto di investimenti e rischio. Questa forma di ingresso può distinguersi in diretta e/o indiretta. Nel primo caso, il produttore vende a un soggetto che ha sede all'estero e, pertanto, interagisce in prima persona con il mercato straniero. Nell'esportazione indiretta invece l'impresa affronta tale mercato per il tramite di un operatore specializzato nel commercio internazionale localizzato nel proprio paese, al quale compete dunque l'individuazione e la gestione del rapporto con il cliente estero. Tale tipo di esportazione viene utilizzata di frequente da imprese di minore dimensione che in questo modo riducono gli impegni di risorse e il rischio di fallimenti. In più c'è il vantaggio collegato al precedente di non dover raggiungere un livello minimo di vendita e in più il fatto di avvalersi di un operatore specializzato migliora l'adattamento dell'azione di marketing al mercato. A questi vantaggi però fanno fronte alcune svantaggi. Innanzitutto un ridotto controllo del mercato si riconduce a una ridotta conoscenza delle caratteristiche del mercato e della domanda e di conseguenza l'impossibilità di adattare al meglio l'offerta alla domanda. In secondo luogo, si riduce la visibilità del produttore nel mercato estero e quindi risulta difficile instaurare un rapporto di fedeltà alla marca e di conseguenza risulta ridotto il potere contrattuale del produttore nei confronti del distributore.

L'ESPORTAZIONE DIRETTA Con l'esportazione diretta l'impresa cerca di avvicinarsi al potenziale cliente istituendo un contatto diretto con la realtà locale pur continuando a mantenere la base produttiva nel proprio paese. In tal modo, essa può esercitare un maggior controllo sulle operazioni internazionali, definendo direttamente le politiche di marketing relative ai prodotti esportati e possono altresì essere raccolti con minor difficoltà dati e informazioni relative al mercato finale, in modo da poter adattare più facilmente l'offerta alla domanda locale e fronteggiare con maggior efficienza la concorrenza locale. Quindi tale modalità risulta preferibile quando: i problemi distributivi sono complessi; si richiede la capacità di erogare servizi post-vendita di elevato livello; i prodotti sono molto specializzati; si tratta di un mercato e un prodotto di massa, per i quali è indispensabile costituire una base diretta in loco; Anche per l'esportazione diretta non mancano ovviamente gli svantaggi: Sostenimento di un investimento iniziale, nonché di costi di esercizio; per risolvere i problemi che comporta la presenza diretta sul mercato estero occorre personale qualificato sia in patria che all'estero; l'irrigidimento sia nella produzione che nella distribuzione, in quanto i costi della presenza in loco si giustificano solo a fronte di un certo ammontare di vendite; l'eventuale interruzione dell'esportazione o il ridimensionamento può comportare ingenti perdite per l'impresa. Le alternative con cui può realizzarsi l'esportazione diretta sono: INSTAURAZIONE DI UN RAPPORTO CON UN IMPORTATORE; NEGOZIAZIONE DIRETTA CON IL CLIENTE ESTERO; COSTITUZIONE DI UNA RETE DI VENDITEA DEDICATA AL MERCATO LOCALE; ISTITUZIONE DI UNA PROPRIA UNITA' ORGANIZZATIVA NEL PAESE ESTERO; Andiamo ora ad analizzare una per una ogni singola alternativa.

IL RAPPORTO CON GLI IMPORTATORI La differenza rispetto all'esportazione indiretta consiste unicamente nel fatto che, diversamente dagli operatori commerciali, in questo caso si tratta si un soggetto estero. Le imprese di importazione possono assumere diverse configurazioni. La forma più utilizzata dalle aziende italiane vi è il concessionario di vendita o rivenditore, il quale agisce in nome e per conto proprio, acquistando e vendendo nei mercati di propria competenza. L'impresa concedente si obbliga a fornire con continuità determinati prodotti a un rivenditore (concessionario), il quale si impegna a sua volta ad acquistare tali prodotti ed è chiamato a promuovere e a effettuare con continuità la vendita, in nome proprio, per proprio conto e a proprio rischio, nei confronti di una clientela ubicata in un determinato territorio. I vantaggi di ricorrere al concessionario sono: addossare al concessionario il rischio di insolvenza dei clienti; il rivenditore si accolla i problemi di garanzia e post-vendita; non vengono corrisposte indennità correlate alla cessazione del contratto; poiché le spedizioni di merci sono effettuate in grandi quantità ci sono risparmi di costo notevoli; il distributore è stimolato a impegnarsi per collocare i prodotti sul mercato, trattandosi di merce si cui ha assunto la proprietà; Quest'alternativa presenta comunque alcune svantaggi: minor controllo sull'operato del concessionario, con limitato accesso alla clientela e modesta possibilità di influire sulla politica di vendita finale; rischio di insolvenza del distributore; rischio, in caso di rottura delle relazioni, di sostituzione con un altro fornitore; spinta del distributore verso i prodotti più remunerativi; rischio di eccessiva rigidità nel caso in cui il contratto si erroneamente troppo vincolante. Nonostante tali svantaggi ricercando bene il proprio distributore non mancano le possibilità di instaurare un rapporto di collaborazione. Le regole del rapporto e gli obiettivi da raggiungere devono essere stabiliti congiuntamente con il distributore o comunque devono essere condivisi. A tal scopo può essere utile progettare un buon sistema di incentivazione con il quale si può arrivare a motivare il distributore in modo che percepisca gli obiettivi di sviluppo dell'impresa come propri. È così possibile diffondere il prodotto sul mercato e consolidare la relativa immagine all'estero senza investimenti diretti e avvalendosi dell'esperienza e la familiarità sul mercato estero che il distributore possiede. LA NEGOZZIAZIONE CON I CLIENTI ESTERI Le imprese esportatrici possono intrattenere un rapporto diretto con il cliente estero allorché esse operino su commessa. Ma ci sono altre due circostanze in cui si opera questa scelta: i rapporti con i grandi gruppi della distribuzione commerciale e il ricorso al commercio elettronico. I GRANDI GRUPPI DELLA DISTRIBUZIONE COMMERCIALE Si tratta, prevalentemente, di imprese del dettaglio e, come tali, a diretto contatto con i consumatori finali. Questi grandi gruppi internazionalizzano sotto due punti di vista: da un lato, i propri approvvigionamenti (soprattutto mediante le centrali d'acquisto o le supercentrali attive a livello internazionale); dall'altro, le vendite (attraverso l'espansione internazionale dei propri punti al

dettaglio). Si crea così una doppia occasione per le imprese fornitrici: soddisfare la domanda espressa dalle grandi centrali d'acquisto, che si approvvigionano all'estero per soddisfare i fabbisogni dei propri associati; effettuare la fornitura di prodotti locali, all'interno del proprio paese. In linea di massima, è possibile individuare alcune condotte di base delle quali le imprese fornitrici possono fondare i propri rapporti con la grande distribuzione: facendo leva sulla competitività di prezzo e pertanto con prodotti di bassa fascia (primi prezzi con marche anonime, prodotti per discount, ecc.); altre si propongono quali fornitrici di prodotti destinati a essere commercializzati con le marche delle catene distributive; altre ancora, entrano in rapporto con la grande distribuzione con la fornitura di prodotti specializzati, ossia prodotti di nicchia; In particolare, i fornitori che propongono un'offerta essenziale di basso prezzo hanno frequentemente una posizione debole e precaria; mentre quelle che forniscono prodotti a marca commerciale possono instaurare una relazione più solida e duratura. Migliore ancora è la posizione dei fornitori di prodotti locali, benché non necessariamente più stabile. In generale, il rapporto con i grandi distributori può favorire lo sviluppo internazionale delle imprese fornitrici. Infatti le elevate dimensione dei distributori e il gran numero di punti vendita per il mondo rappresentano per il fornitore un modo per superare gli ostacoli del processo di internazionalizzazione. In più tramite tali distributori, i fornitori ricevono informazioni e dati sui mercati di sbocco in modo da poter adattare i propri prodotti alle varie esigenze locali. Naturalmente, all'impresa fornitrice è richiesta un'attiva e intelligente collaborazione, un'adeguata solidità finanziaria e gestionale, nonché una certa propensione all'innovazione. IL COMMERCIO ELETTRONICO Il commercio elettronico internazionale avviene solo quando avviene la compravendita di beni e servizi on-line, ovvero se lo scambio avviene attraverso l'uso di reti telematiche o Internet. Dal punto di vista della clientela, il commercio elettronico permette di estendere il proprio fronte di ricerca e per questo avere a disposizione una gamma più ampia di prodotti da confrontare per ottenere il migliore. Permette inoltre al cliente di ottenere una risposta: più rapida alle proprie esigenze; più personalizzata; più economica.

Invece dal punto di vista delle imprese il commercio elettronico comporta innanzitutto una riduzione dei livelli di intermediazione. A ciò si aggiunge la diminuzione dei costi di comunicazione, pubblicazione e stampa del materiale informativo, di trasferimento fisico delle persone e di riduzione del capitale investito in scorte. Non va inoltre sottovalutato il miglioramento delle condizioni di flessibilità organizzativa e di risposta alle sollecitazioni ambientali. I limiti dell' e-commerce derivano dalla limitata informatizzazione delle famiglie e delle imprese in molti paesi del mondo; all'indisponibilità di ottime connessioni; alle questioni concernenti la tutela dei dati personali; alla scarsa diffusione di carte di credito per pagamenti in valuta straniera; alla diffidenza di alcuni governi nei confronti di Internet, quale strumento per la diffusione di informazioni difficilmente controllabili. I siti di e-commerce, tra cui Amazon, Tesco, Wal-Mart, Carrefour, Yoox e Neiman Marcus, dedicati ai paesi emergenti, vivono un periodo di crescita inarrestabile... In questi sconfinati mall digitali i benestanti e la middle class comperano prodotti di lusso e beni di largo consumo, spesso non venduti nei negozi locali. E così l'e-commerce si sviluppa con tassi a due cifre. Il mercato più promettere è quello cinese che precede Brasile e Russia ma i retailers online farebbero bene a puntare anche su Cile, Messico, Malesia, Uruguay e Oman. Sono questi alcuni dei più interessanti mercati da presidiare secondo la prima edizione dell'e-commerce index 2012 di ATKearney, individuati dopo l'analisi di un insieme di variabili chiave per l'e-com. Sono stati considerate, per esempio, le dotazioni infrastrutturali come la banda larga e la logistica, la presenza di leggi che tutelano i clienti, la diffusione delle carte di credito, la censura oltre ad altri indicatori come il trend delle vendite procapite. In palio c'è un business che in quelle aree corre veloce. Il record è della Cina che nell'ultimo quinquennio ha visto aumentare l'e-commerce B2C con un tasso di crescita medio (Cagr) del 78%, ed è prossima a superare gli Usa nelle vendite online. Brilla anche il Cile che segna un +27% mentre Brasile e Messico si attestano al 19%, ben oltre il 13% della media mondiale. Nel 2011, ricorda lo studio, a livello planetario le vendite degli store digitali hanno sfiorato i 400 miliardi di dollari e quest'anno si potrebbero superare i 452 miliardi. Elenco 30 siti di e-commerce più popolari in Italia (2011) Pos. Societa' Settore Totale Accessi Popolarita' in rete Fan Follower 1 ebay Centri Commerciali 1139 18.000.000 46.100.000 1.025 2 Groupon Tempo Libero 459 8.200.000 1.360.000 130.247 4.318 3 Amazon Editoria 438 4.300.000 65.900.000 4 Trenitalia Turismo 426 7.500.000 3.140.000 5 Booking.com Turismo 412 6.700.000 13.200.000 6 Vodafone Tempo Libero 376 6.700.000 1.430.000 1.166.237 184.027 7 Zalando Moda 358 6.200.000 4.710.000 96.115 8 edreams Turismo 258 4.600.000 1.120.000 58.165 4.720 9 Tim Tempo Libero 239 4.200.000 2.100.000 1.194.885 246.939 10 Tre Tempo Libero 211 3.800.000 177.000 251.811 11 Ryanair Turismo 186 3.200.000 2.730.000 158 12 Ibs.it Editoria 173 2.600.000 9.640.000 14.399 13 Expedia Turismo 163 1.900.000 19.200.000 48.625 14 Groupalia Tempo Libero 163 2.900.000 855.000 114.058 6.006 15 William Hill Tempo Libero 149 2.600.000 1.710.000 16 Wind Tempo Libero 148 2.600.000 1.400.000 489.990 17.321 17 Sisal - MatchPoint Tempo Libero 144 2.600.000 167.000 184 18 Mediaworld Elettronica 139 2.400.000 1.970.000 160.134 15.405 19 itunes Editoria 133 1.500.000 16.500.000 419.837 20 Privalia Centri Commerciali 123 2.200.000 564.000 355.816 3.116 21 Giocodigitale Tempo Libero 123 2.200.000 515.000 634 22 Lottomatica Tempo Libero 111 1.900.000 2.050.000 853

23 Easyjet Turismo 107 1.900.000 700.000 107.302 24 Bonprix Moda 106 1.900.000 177.000 72.971 593 25 Alitalia Turismo 105 1.800.000 1.770.000 876.992 24.471 26 Volagratis Turismo 100 1.800.000 314.000 420.334 4.774 27 Venere.com Turismo 92 1.400.000 4.700.000 60.709 1.249 28 Meetic Tempo Libero 80 1.400.000 920.000 1.310 354 29 Apple Store Elettronica 77 1.200.000 3.430.000 57.960 11.812 30 Pixmania Centri Commerciali 76 1.200.000 3.310.000 21.452 1.471 Impiego dei social media e integrazione con l e-commerce Per quanto riguarda gli obiettivi che le aziende intendono raggiungere attraverso la propria presenza sui social media, assume particolare importanza la diffusione del passaparola on line, attraverso la condivisione di contenuti. Il 72,1% delle aziende e-commerce italiane è presente sui social media. Il 59% utilizza i social media come canale di comunicazione e promozione, creando offerte dedicate ai fan, concorsi e pubblicando video. Complessivamente il 54,6% delle aziende ha una forma di integrazione tra il proprio store on line e i social media: il 25,8% dichiara di avere integrato all interno del proprio store alcune funzionalità come il Mi piace di Facebook, il social login e l utilizzo dell'open Graph il 24,9% ha inserito sulla propria brand page di Facebook parte del proprio catalogo prodotti il 3,9% permette agli utenti di creare contenuti nello store tramite i social media (per esempio scrivere commenti e recensioni sui prodotti, o pubblicare foto su Flickr mentre utilizzano il prodotto acquistato) Il 13,9 % delle aziende ad oggi non opera alcuna integrazione tra i social network e il proprio sito e-commerce.

LA COSTITUZIONE DI UNA RETE DI VENDITA LOCALE La rete di vendita locale può essere formata da venditori dipendenti oppure costituita da personale legato all'impresa da un rapporto di collaborazione autonoma (agente). Nel primo caso, l'impresa si avvale di venditori dipendenti con il compito di prendere contatto con i clienti potenziali o con quelli già acquisiti allo scopo di raccogliere ordini, verificare la rispondenza dei prodotti alla domanda, individuare nuove esigenze del mercato e assicurare l'assistenza necessaria. I contatti possono essere assunti senza alcuna base permanente all'estero oppure con un ufficio di rappresentanza. L'utilizzo della forza di vendita dipendente si riscontra con qualche frequenza nell'esportazione di prodotti al alto contenuto tecnologico e anche nel campo delle forniture effettuate alle imprese trasformatrici di materie prime o di semilavorati. I costi di distribuzione appaiono elevati rispetto ad altre forme di esportazione, ma il maggior costo viene ripagato dal maggiore grado di controllo che può esercitare sul mercato di sbocco, la soddisfazione della clientela e la propria immagine. Nel secondo caso, soprattutto le piccole e medie imprese ricorrono alla figura dell'agente che, localizzato nel paese estero, si pone come interfaccia fra l'esportatore e il compratore per promuovere stabilmente le vendite in nome e per conto dell'azienda mandante,

remunerato con una provvigione sugli affari diretti e indiretti conclusi. L'agente non possiede alcun titolo di proprietà sulle merci che promuove. Esso ha solo il compito di promuovere le vendite a clienti potenzialmente interessati, trasmettere l'ordine all'impresa produttrice, che si occuperà della loro evasione. L'utilizzo dell'agente comporta alcuni vantaggi dal punto di vista del produttore: i costi di commercializzazione assumono natura variabile, in quanto le provvigioni sono in funzione delle vendite; l'agente conosce bene il mercato e la clientela; l'impresa esportatrice mantiene il controllo dei prezzi sul mercato. Ovviamente il ricorso all'agente presenta anche qualche svantaggio: quando è plurimandatario, è portato a seguire e sviluppare il prodotto che gli offre maggior reddito; l'agente, può risultare orientato in un'ottica di breve termine, spingendo ciò che è più facile vendere e a trascurare ulteriori rapporti con la clientela (assistenza pre e post-vendita, attività di promozione ecc.) L'agente non è sempre disponibile a seguire gli obiettivi di sviluppo dell'impresa; Rischio di insolvenza del cliente finale, che rimane in capo all'impresa esportatrice; L'ISTITUZIONE DI UN'UNITA' ORGANIZZATIVA L'ultima alternativa per realizzare esportazione diretta è quella di istituire un unita' commerciale nel paese estero, con l'obiettivo di definire la politica distributiva, di coordinarvi la rete di vendita, di curare direttamente i problemi finanziari, amministrativi e di marketing. Questa alternativa è di fatto obbligatoria per quei prodotti ad alta qualità, contraddistinti da una marca affermata, con un'elevata domanda e concorrenza. L'unità commerciale può assumere due forme diverse, che si distinguono l'una dall'altra a livello organizzativo e giuridico: le filiali di vendita e le consociate. Le prime sono sedi secondarie prive di personalità giuridica, mentre le seconde sono vere e proprie società dotate di personalità giuridica e maggiore autonomia economica e amministrativa. In relazione alle quote di partecipazione al capitale sociale detenuta dalla casa-madre, la consociata è denominata società controllata, oppure società collegata. La consociata è assoggettata alle leggi societarie e fiscali locali e risulta più flessibile della filiale. La consociata a sua volta può operare in due modi: solamente come ufficio importazione distribuendo direttamente ai grandi compratori per quanto riguarda i volumi più elevati, mentre le vendite ai piccoli compratori sono di competenza di agenti; oppure come unità preposta all'importazione-distribuzione-assistenza organizzando e gestendo completamente la politica distributiva e di vendita direttamente sia ai dettaglianti sia agli utilizzatori finali, nonché l'assistenza per i prodotti della casa-madre. Tale vicinanza col mercato locale fa si che l'unità commerciale sia in costante contatto con la clientela locale, cogliendo con maggior tempestività le tendenze della domanda e le strategie di marketing della concorrenza. Grazie alla presenza diretta sul mercato, e permettendo ai clienti di interfacciarci son loro connazionali si instaurano delle relazioni fra fornitore e cliente basate sulla fiducia reciproca e molto più stabili e durature di quanto possa accadere con altre forme di esportazione. L'ORGANIZZAZIONE DI UNA PRESENZA ESPORTATIVA DIRETTA L'adozione della modalità esportativa diretta comporta l'assunzione di due importanti decisioni: la scelta dell'alternativa di presenza diretta da adottare nel paese estero prescelto e la ricerca, la selezione e la gestione dei collaboratori. Nella scelta dell'alternativa di esportazione diretta più adatta è utile verificare: la compatibilità rispetto obiettivi aziendali;

la possibilità e la volontà di esercitare un controllo sull'operato locale; i costi associati alle singole opzioni; LE MOTIVAZIONI DELL INSEDIAMENTO PRODUTTIVO ALL ESTERO La situazione competitiva attuale a livello internazionale pone un obiettivo ben preciso all impresa, quello di diventare un insider stabile nelle aree geografiche che sono ritenute cruciali per ottenere e rafforzare il proprio vantaggio competitivo. Per quanto stretti possano essere i rapporti con collaboratori l impresa non potrà mai ottenere lo stesso risultato ottenibile attraverso un rapporto diretto con il cliente. Va precisato che quando trattiamo di internazionalizzazione attraverso insediamento produttivo, quest ultima rientri nell ottica dell internazionalizzazione commerciale ossia all interno del mercato di sbocco dei prodotti offerti dall impresa. Nel caso in cui l insediamento sia effettuato solo ai fini di sfruttare vantaggi produttivi del paese, senza commerciare il prodotto all interno del paese stesso, tale operazione non ha rilevanza ai fini dell internazionalizzazione commerciale. Inizialmente prenderemo in considerazione insediamenti costituiti attraverso investimenti diretti di tipo high equity, dove le percentuali di partecipazione al capitale sono elevate e si ha un completo controllo dell attività ( sole venture ). L analisi deve partire ovviamente dalle motivazioni che spingono le imprese a costituire sedi produttive all estero. Tali motivazioni principalmente sono individuabili in tre diverse ipotesi: Cogliere le opportunità rese disponibili dall operatore pubblico; Stabilire una presenza diretta nel paese estero; Ottenere vantaggi di costo che agevolino la penetrazione nel mercato; Tra le varie modalità d ingresso, l insediamento diretto comporta una forte esposizione al rischio. Gli elevati investimenti spesso difficilmente reversibili che richiede, espongono l impresa alla concreta possibilità di subire ingenti perdite nel caso in cui non si riescano ad ottenere i risultati attesi. Per tale ragione, se è opportuno compiere un approfondita analisi prima di entrare in un mercato estero, sarà ancor più opportuno nel caso in cui si propenda per costituire un insediamento produttivo diretto.

Delocalizzazione attuale e prevista imprese Italiane per settore di attività manifatturiera, valori in percentuale (ano 2007) INSEDIAMENTO PRODUTTIVO INDOTTO DALL OPERATORE PUBBLICO Il governo di un paese per stimolare l economia può incentivare imprese estere ad effettuare investimenti nel proprio territorio. Tale comportamento può essere esplicito, quando il processo di attrazione degli investimenti viene deliberato attraverso specifiche normative che prevedono un sistema di incentivazione. Quando l obiettivo è di attrarre investimenti di imprese estere, di qualunque tipo, indipendentemente dalle loro caratteristiche, si parla di marketing territoriale di primo livello. Si distingue dal marketing territoriale di secondo livello dove l operatore pubblico mira a attirare investimenti specifici, ritenuti funzionali al proprio sistema economico. Ad attrarre imprese possono contribuire anche fattori impliciti come un sistema normativo con vincoli meno stringenti, meccanismi istituzionali più efficienti ecc

ESEMPIO Michigan Un azienda italiana, sub-fornitrice nel settore metalmeccanico,che forniva da anni un azienda tedesca con area di vendita negli Stati Uniti nel settore auto, decide di stabilire linee di produzione nello Stato del Michigan. Impegnandosi ad investire una somma di 10 milioni di dollari con l assunzione in 3 anni di 75 dipendenti, lo Stato del Michigan e il Comune locale, l azienda ha ottenuto i seguenti incentivi economici: riduzione di imposta sugli immobili per la durata di 10 anni (risparmio stimato per l azienda: dollari 1.400.000,00); dollari 100.000,00 a titolo di sovvenzione a fondo perduto per formazione; obbligazioni emesse dallo Stato del Michigan per ottenere un finanziamento del valore di dollari 8.000.000,00 a basso costo; assistenza nella ricerca di un parco industriale adatto alle esigenze aziendali e il rimborso delle spese licenza infrastrutture da parte del Comune. INSEDIAMENTO PRODUTTIVO FINALIZZATO ALLA PRESENZA DIRETTA NEL PAESE ESTERO L impresa può perseguire l obiettivo di rafforzare il presidio in un mercato in cui era già presente oppure di entrare in un mercato nuovo. Tanto più un mercato risulta complesso e strategico per l impresa, tanto più questa avrà bisogno di rafforzare la capacità di captare, decodificare e interpretare i segnali provenienti da quest ultimo. Il modo più efficace per farlo è attraverso una presenza diretta. Può anche succedere che la scelta di insediarsi sia obbligata da significative barriere artificiali all entrata verso prodotti provenienti dall estero. Spesso accade che un impresa decida di insediarsi per seguire un cliente importante, che ha bisogno di essere assistito sul territorio estero in cui si sta espandendo. In tal situazione è importante che il fornitore non segua ciecamente il cliente, ma si sforzi di compiere una propria analisi onde evitare di essere trascinato in un mercato eccessivamente pericoloso, senza esserne nemmeno consapevole. Insediarsi può essere inoltre necessario in quei paesi dove la provenienza di determinati prodotti assume notevole rilevanza pertanto l impresa ha bisogno di dare un immagine locale alla propria clientela. INSEDIAMENTO PRODUTTIVO VOLTO ALL OTTENIMENTO DI VANTAGGI DI COSTO Un impresa può essere motivata ad entrare in un mercato estero con un proprio insediamento produttivo, dalla possibilità di ottenere vantaggi di costo. Tali vantaggi variano a secondo delle imprese, delle tipologie di prodotto e del paese in cui si intende operare. L impresa può mirare a ridurre i costi relativi all approvvigionamento di materie prime, alla logistica dei componenti e dei prodotti finiti, al costo del lavoro. Per quanto riguarda i costi logistici è opportuno effettuare valutazioni sul grado di densità del valore del prodotto che l impresa commercia. La densità si misura solitamente come rapporto tra euro/peso oppure euro/volume. Tanto maggiore è la densità tanto più all impresa converrà realizzare sistemi logistici accentrati. All analisi sulla densità del valore deve accompagnarsi quella relativa all incidenza del costo di produzione sul valore del bene, che è legata al costo del fattore di produzione prevalente. L intensità di manodopera che caratterizza il processo produttivo costituisce a tal proposito un aspetto importante considerando la possibilità di avvalersi di differenziali salariali locali. Quando un impresa ricerca vantaggi di costo deve tenere in considerazione anche il rispetto degli standard qualitativi. Problematiche di questo genere infatti possono portare l impresa a sostenere dei costi straordinari che finiscono per annullare il vantaggio ottenibile o nella peggiore delle ipostesi a rendere l insediamento sconveniente.

ESEMPIO PepsiCola Negli anni novanta per espandersi in Brasile e contrastare la concorrente Coca-Cola sfruttando vantaggi di costo della manodopera e logistici, la Pepsi ha costruito quattro impianti con una capacità produttiva di 250 milioni di unità per anno. L investimento si è dimostrato inefficace dopo che le scarse competenze della manodopera a basso costo specialmente dei tecnici, ha causato dispendiose problematiche relative al malfunzionamento delle attrezzature produttive. LE MOTIVAZIONI DELL INSEDIAMENTO PRODUTTIVO ALL ESTERO IL CASO DELL IMPRESA DI SERVIZI Rimanendo all interno dei confini dell internazionalizzazione commerciale un impresa di servizi deve necessariamente trasferire nell area geografica di destinazione il sistema di erogazione. La modalità d ingresso può quindi essere basata, o sull insediamento in loco, oppure su alleanze con altri operatori (franchising o joint venture). Nel caso in cui un impresa di servizi scelga di espandersi all estero attraverso una replicazione delle strutture domestiche, lasciando accentrate solo alcune attività o in alcuni casi nessuna, si possono presentare notevoli problematiche soprattutto sotto il profilo dell efficienza. Non tutti i servizi presentano le stesse caratteristiche, la scelta della modalità di ingresso dipende dal grado d interazione che è richiesto fra il produttore e il cliente e dal grado di coinvolgimento dei beni nella consegna del servizio, in tal caso parliamo di servizi puri, servizi consegnati attraverso l utilizzo di beni e servizi incorporati in beni. LE MODALITA PER ISTITUIRE UN UNITA OPERATIVA ALL ESTERO Quando un impresa decide di entrare all estero attraverso un insediamento produttivo, non ha solo la possibilità di istituire una nuova azienda nel mercato secondo una greenfield entry ma può anche acquisire un azienda già esistente, oppure instaurare un rapporto di collaborazione con un operatore locale.

I fattori in grado di influenzare la scelta tra greenfield o acquisizione sono innumerevoli e vi è praticamente sempre un trade-off tra questi. L impresa sceglierà a quali fattori dare priorità in base al loro grado di contingenza. L orientamento internazionale dell impresa Si possono distinguere principalmente due orientamenti, quello a competizione globale, in cui il mercato si configura come unico e integrato e quello a competizione multidomestica, dove ogni paese presenta connotati particolari e le unità locali pertanto godono di maggiore autonomia rispetto a quelle dei mercati globali in cui un maggior numero di funzioni risultano accentrate. Logicamente le imprese a orientamento multidomestico propendono per acquisire aziende già presenti sul territorio, le quali possiedono al loro interno un bagaglio conoscitivo strategico del contesto locale che altrimenti potrebbe essere acquisito solo con il tempo, tempo che spesso le imprese non hanno. In quei settori in cui la competizione è globale, il focus non è rappresentato dall adattamento al territorio come sopra, bensì dal raggiungimento di condizioni di efficienza. Le imprese in questo caso preferiscono costruire ex novo complessi produttivi, vista la possibilità di strutturarli in un ottica di efficienza idonea alle proprie caratteristiche e necessità, che raramente sarà possibile trovare in strutture preesistenti. Gli investimenti e i rischi I mercati in cui l impresa si vuole espandere, possono presentare diverse barriere all entrata, oppure condizioni locali che favoriscono la presenza di imprese nazionali, la necessità di particolari competenze di marketing in termini di immagine, conoscenza del mercato, relazioni con i canali distributivi eccetera. Tanto maggiori sono le barriere e gli ostacoli all ingresso tanto più l impresa potrebbe orientarsi verso l acquisizione di una marca già nota sul territorio. Così facendo si possono risolvere numerose problematiche e migliorare la conoscenza dell ambiente locale. Il potenziale d impatto competitivo Un impresa che si espande incontrerà probabilmente nel territorio di destinazione concorrenti già da tempo presenti che possono aver acquisito fattori, conoscenze, risorse e competenze strategiche difendibili nel tempo che gli garantiscono un vantaggio competitivo. Tanto maggiore e difendibile è il vantaggio competitivo che i concorrenti hanno, tanto più difficile sarà per l impresa guadagnare una quota di mercato sul territorio attraverso un investimento greenfield. Anche se può rivelarsi un investimento costoso acquisire un impresa già esistente, spesso può risultare l unica strada percorribile laddove non sia possibile o economicamente conveniente creare dal nulla un vantaggio verso i concorrenti. Acquisendo inoltre l impresa nell immediato non altera le quote di vendita delle diverse concorrenti, questo gli permette di diminuire l impatto che potrebbero avere le reazioni difensive verso un nuovo entrante. I tempi richiesti per l attuazione delle strategie In parallelo alla sempre maggiore dinamicità dei mercati specialmente in alcuni settori l elemento tempo è diventato fondamentale. Le imprese, per sfruttare andamenti di mercati in cui non sono presenti e desiderano entrare, nella maggior parte dei casi non hanno i tempi tecnici per creare ex novo un unità operativa. Dove non si ha tempo a disposizione l alternativa dell acquisizione può offrire una valida soluzione per entrare tempestivamente nel mercato con una posizione di rilievo grazie al patrimonio di risorse e competenze posseduto dall impresa acquisita.

ESEMPIO Marriot A metà degli anni 90 il management dell azienda stabilì un obiettivo ambizioso: costruire un gruppo di 2000 hotel distribuiti nei pricipali Paesi del mondo. Allora Marriott aveva soltanto 1000 hotel. L espansione è cominciata con l acquisto del gruppo Renaissance. Marriott, che già aveva la proprietà della catena Ritz-Carlton, per un miliardo di dollari acquistò da Renaissance una catena di 150 hotel, la maggior parte fuori dagli Stati Uniti. Marriot adottava così la strategia più efficace per costruire un grande gruppo. Era infatti più conveniente acquistare un Hotel in varie parti del mondo piuttosto che costruirli (greenfield). DIVERSI TIPI DI PRESENZA NEL MERCATO SECONDO LA FORMA GIURIDICA Foreign branch È l estensione della parent company in un mercato estero. È un unità operativa che, invece di trovarsi nel territorio della casa madre e sotto la giurisdizione della stessa nazione, si trova in un altro paese. La parent company è direttamente responsabile delle attività svolte dalla foreing branch all estero indipendentemente dalle deleghe date dal corporate ai collaboratori locali (in materia di vendite, assistenza ai clienti, distribuzione fisica). La branch dal punto di vista giuridico è parte integrante della parent company (sebbene questa abbia la sede legale altrove). Non tutti gli stati ospitanti ammettono questa forma giuridica. La branch ha una serie di vantaggi. È facile da costituire, rapida ad entrare in azione e comporta costi relativamente bassi. È questo un vantaggio soprattutto per le imprese di piccole dimensioni che intendono costruire una rete di presenza internazionale. In secondo luogo le eventuali perdite della branch possono essere imputate al conto economico della parent company, con vantaggi fiscali soprattutto nella fase iniziale di avvio. In molte nazioni, alla local branch sono poste restrizioni minori rispetto alla subsidiary, sopratutto per

quanto riguarda la pubblicità dei bilanci. Infine il controllo di una branch da parte della parent company è relativamente facile data la semplicità delle attività svolte. Foreign subsidiary È un impresa costituita nel diritto locale il cui capitale, e quindi il management, è controllato da un impresa straniera. È un entità legalmente distinta dalla parent company. In pratica applica il modello di società per azioni che ha segnato lo sviluppo dell economia occidentale dando la possibilità di separare le responsabilità dei proprietari del capitale dalle responsabilità derivanti dall esercizio dell impresa. Il modello è unico (è basato sul controllo del capitale, quindi sulle principali scelte di gestione), ma esistono forti differenze da un paese all altro. In generale le responsabilità economiche della parent company sono limitate alle attività della subsidiary (dal punto di vista giuridico, ma non da quello morale). La subsidiary ha diversi vantaggi rispetto alla branch, proietta un immagine di maggiore impegno a servire i clienti; può sfruttare gli eventuali incentivi di carattere fiscale e agevolazioni alle importazioni; essendo autonoma, avendo costi, ricavi ed obiettivi di profitto da raggiungere, l impegno dell intera organizzazione è più forte. Tra gli svantaggi occorre ricordare che ogni subsidiary nella fase iniziale assorbe liquidità. Può essere difficile acquisire nel mercato locale le competenze professionali e le altre risorse. La mancata o modesta conoscenza delle culture e tradizioni può allungare la fase di avvio. I PROBLEMI DELLE ACQUISIZIONI L acquisizione presenta non pochi vantaggi come abbiamo visto, lo testimonia anche il notevole volume d affari legato alle acquisizioni. Tuttavia non va trascurata la presenza di problemi non indifferenti. Può accadere che i vantaggi sopra citati vengano meno se con il trasferimento l immagine della società viene danneggiata, si perde la fedeltà della clientela, si perdono le relazioni con gli intermediari commerciali e finanziari e con l ambiente in generale. Per evitare che si verifichino problemi è necessario affrontare il difficile compito di comprendere e assecondare il meccanismo di alimentazione delle risorse e delle competenze dell impresa acquisita. Specialmente nelle acquisizioni cross-border dove le differenze anche culturali possono essere profonde, è inevitabile che si verifichi una situazione conflittuale. Entrambe le realtà devono individuare le reciproche differenze e in un certo senso adattarsi tra loro. Questo processo di adattamento può avvenire per integrazione, attraverso lo scambio reciproco di pratiche manageriali e culturali, evitando così di imporre un cambiamento drastico in una delle due organizzazioni. Tale strada è perseguita quando nell impresa acquisita, vi è la volontà di mantenere la propria cultura e soprattutto quando l impresa acquirente opera secondo una logica multiculturale, in ossequio della quale, vede nell eterogeneità una risorsa.

Quando l impresa acquirente è uniculturale e quindi difficilmente disposta ad accettare altre culture al suo interno e quando l impresa acquisita riconosce di avere una cultura e delle pratiche inefficienti, si procede per assimilazione. Quando l acquisizione è tipo conglomerale, l azienda entra a far parte di un gruppo ma rimane separata, senza subire commistioni di tipo organizzativo, l unico punto di contatto rimane il capitale di controllo. L ultima ipotesi è quella della deculturazione dove una delle due culture soccombe all altra. Tale situazione spesso si manifesta attraverso la completa sostituzione del management dell impresa acquisita. Le differenze fra le due imprese vengono azzerate e questo può comportare implicazioni piuttosto negative laddove alcune differenze, risultano necessarie per il funzionamento efficiente dell acquisita. Spesso accade che le imprese cedute non sono sane anzi presentano al loro interno notevoli problematiche. L acquirente deve valutare la concreta possibilità di risolvere tali problematiche onde evitare di veder fallire il proprio investimento. ESEMPIO Lenevo Lenevo comprò la divisione PC di IBM per 1,25 miliardi di dollari che nei 4 anni seguenti gli causò perdite per un totale di un miliardo di dollari. LE RELAZIONI FRA CASA MADRE E UNITA LOCALI L analisi empirica svolta dai ricercatori ha evidenziato principalmente tre modelli di impresa ai quali corrispondono tre diverse tipologie di rapporto tra casa madre e unità di confine: il modello Europeo o dell impresa multinazionale, il modello Americano o dell impresa internazionale e il modello Giapponese dell impresa globale. Secondo il primo modello, l impresa adotta una strategia multidomestica cercando di soddisfare le particolari esigenze dei territori in cui opera, lasciando ampia autonomia decisionale alle unità locali. Le attività legate al mercato di riferimento vengono decentrate, restano centralizzate l attività di finanza, controllo e amministrazione. Il rischio è quello di dover sopportare costi troppo elevati in conseguenza della riproduzione delle attività per ogni unità. Il modello Americano presenta sempre unità di confine con elevato grado di autonomia ma per quanto riguarda l introduzione di nuovi modelli di produzione e di marketing, rispetto a quelle operanti nell opzione multinazionale, risultano maggiormente dipendenti dalla casa madre. Il controllo proveniente dall headquarter è più stringente e le unità locali vengono viste come braccia operative. Il modello giapponese si basa invece sulla visione di un mercato mondiale, come un unico mercato integrato, nel quale è possibile raggiungere elevati livelli di efficienza attraverso altrettanto elevati processi centralizzati che sfruttano economie di scala e di esperienza. In quest ottica, le unità locali si occupano solo delle ultime fasi della catena del valore come il marketing, la vendita e il servizi al cliente. Il rischio è quello di impedire processi di apprendimento che possono avvenire solo a livello locale. A seguito della globalizzazione dei mercati e della sempre più crescente complessità delle sfide che le imprese si sono trovate ad affrontare negli ultimi anni, si è diffuso un modello organizzativo ritenuto più idoneo detto transnazionale. Il modello è basato sulla rete integrata, contraddistinta da una configurazione geografica distribuita, dalla specializzazione delle unità locali e dal forte grado di interdipendenza. La configurazione geografica distribuita, persegue l obiettivo di non trascurare le esigenze locali e di sfruttare eventuali vantaggi nei costi produttivi diversificando anche i rischi sia economici che politici ai quali l impresa è esposta. La specializzazione delle unità, mira ad ottenere il massimo livello di efficienza di ciascuna promuovendo anche un certo livello di competizione. Le singole unità assumono il ruolo di sedi centrali per specifiche attività o per particolari aspetti della catena del valore. Questo consente al management centrale di concentrarsi

sulle funzioni cruciali quali la pianificazione strategica e la gestione finanziaria. A seconda dell importanza strategica dell ambiente locale e del livello delle risorse e delle competenze possedute, le unità locali si suddividono in unità strategiche, unità presenzialista, unità d appoggio e unità marginali. L interdipendenza tra le unità è forse la caratteristica più importante che scavalca i limiti della struttura gerarchica e della struttura basata sull indipendenza. La collaborazione limita i fenomeni di dispersione permettendo l interscambio delle risorse, competenze e conoscenze tra le unità. Il management centrale, ha l importante compito di garantire il conseguimento di possibili sinergie, evitare duplicazioni e di supportare le unità nazionali più povere di risorse. Ovviamente è vitale per il funzionamento dell organizzazione che questa filosofia di gestione sia condivisa dal management sia a livello centrale che locale. ALLEANZE STRATEGICHE E ACCORDI DI COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE Questo tipo di modalità di ingresso nasce dalla volontà delle imprese che vi partecipano di aumentare la propria forza e influenza a livello internazionale. Questa pratica che ha visto coinvolte molte imprese soprattutto negli ultimi anni del secolo scorso in molti ambiti produttivi e su tutto il territorio mondiale, in realtà comincia a trapelare dal pensiero di alcuni impegnati sul campo già dal decennio precedente. Comincia ad affermarsi sempre in modo più convinto l idea che le alleanze a livello internazionale, in mercati via via più globalizzati, siano ormai diventate una reale necessità per i vari attori economici. Lo sviluppo sempre più repentino delle tecnologie e il cambiamento delle basi della competizione nelle diverse industrie fa si che la singola impresa difficilmente da sola possa reggere il peso di queste variabili. È così che allora si sviluppa il riconoscimento in queste partnership di elementi di attrattività come la condivisione dei costi e di risorse attraverso la collaborazione in ambiti importanti quali il marketing, la produzione e la distribuzione.

Tutto parte dal principio secondo cui potere e controllo deve essere condiviso fra i vari partner nell interesse di comuni benefici. Si intravede in queste modalità la possibilità di condividere pesanti investimenti necessari in attività specifiche come la R&S, di accedere a risorse complementari, di migliorare e dove necessario cambiare in modo più rapido i propri assets, di condividere il rischio legato all attività, di raggiungere livelli di efficienza e di specializzazione più alto. Importante sottolineare, inoltre, che ogni alleanza ha proprie core dimensions. Queste alleanze, qualsiasi esse siano, sono caratterizzate da elementi che se tralasciati potrebbero comprometterne i risultati. Fondamentale è la compatibilità degli scopi dei vari soggetti della collaborazione con quello che è lo scopo unico della partnership. Allo stesso modo è importante che il beneficio venga percepito da tutti così che l impegno di ciascuno in questo rapporto di interdipendenza sia il massimo possibile. Per fare ciò cruciali risultano essere la gestione della comunicazione e della risoluzione dei conflitti, il coordinamento dei lavori e, in modo speciale, la pianificazione delle strutture e dei rapporti di scambio. Questi elementi ci permettono di comprendere ancora meglio la complessità che caratterizza queste pratiche, ai quali va aggiunto il fatto che queste alleanze difficilmente tendono ad essere statiche nel tempo e quindi il cambiamento delle variabili fondamentali ne complica sensibilmente la comprensione. Addentriamoci ora nelle varie possibilità di alleanza strategica parlando di licensing, contratti di collaborazione e joint venture.

LICENSING Il licensing internazionale è un contratto che viene stipulato fra due imprese residenti in diversi paesi e rappresenta una modalità di entrata per l impresa che intende internazionalizzarsi. Tale licenza attribuisce ad un impresa il diritto di utilizzare qualche cosa di proprietà dell altro contraente. L oggetto di questo accordo può essere il brand, il know how, un brevetto industriale o una conoscenza specifica di marketing. In cambio di questo diritto l impresa paga una royality che viene corrisposta in parte alla stipula e in parte ogni anno in cui tale diritto è esercitato sulla base di quelle che sono state le vendite e in generale quelli che sono stati i profitti conseguiti attraverso l uso della proprietà intellettuale. Quando l oggetto dell accordo risulta essere l utilizzo di una configurazione di prodotto o servizio, della business idea considerati sia il brand sia un sistema di produzione sperimentato parliamo di franchising. Questa forma è concettualmente simile al licensing ma risulta essere un accordo più totalizzante. Attraverso il franchising l idea è quella di ottenere un uniformità dell immagine aziendale e del prodotto nei diversi paesi. La volontà è quella di soddisfare contemporaneamente le esigenze delle diverse realtà geografiche, pur mantenendo la standardizzazione globale della produzione e dell immagine. Tutto ciò dipende dal supporto che il franchisor è in grado di garantire, dalla tempestività, accuratezza ed efficacia delle attività che è chiamato a svolgere in questo rapporto. Ci riferiamo al rifornimento di materie prime o prodotti finiti, alla formazione del personale locale, al trasferimento delle competenze. In questa parte è così evidenziato l aspetto di maggior ampiezza dell accordo rispetto ad un semplice contratto di licensing. A fronte di tutto questo l affiliato deve garantire un eccellente erogazione del servizio distributivo seguendo però le direttive impartite dal primo soggetto. Per verificare l attività dell affiliato, inoltre, il concedente solitamente definisce strumenti di monitoraggio attraverso la fissazione di standard o parametri di qualità. In questo modo il franchisor fa si che la sua formula organizzativa commerciale venga riprodotta in tutto e per tutto. ESEMPIOMcDonald s Una delle prime e più grandi aziende a livello mondiale ad utilizzare la forma contrattuale del franchising è ed è stata McDonald s. La strategia di sviluppo perseguita ha permesso alla società di raggiungere numeri impressionanti, 80 miliardi di dollari di fatturato con un utile netto di 4,5 miliardi; 32500 ristoranti nel mondo 14000 dei quali in USA; presenza in 120 paesi nel mondo, più di 60 milioni di clienti al giorno; il sistema da lavoro a circa 2 milioni di persone. L 80% dei ristoranti è gestito in franchising solo il 20% direttamente.