5 Il transistore bipolare

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5 l transistore bipolare 5.1 l concetto di transistore Supponiamo di disporre di un doppio bipolo, o biporta, del tipo rappresentato in fig. 5.1. i + + i O =f( i ) O + + O Figura 5.1: Doppio bipolo Esso è in pratica un elemento a tre terminali, in cui la corrente della porta di uscita O non dipende dalla tensione O che si ha alla porta di uscita, ma dipende solo dalla tensione i alla porta di ingresso, essendo O =f( i ). n pratica la tensione al terminale di ingresso controlla la corrente che entra nel terminale di uscita, la quale è quindi indipendente dalla tensione sul terminale di uscita stesso. Un tale dispositivo può essere utilizzato, per esempio, nella configurazione di fig. 5.2. i O i O =f( i ) + O _ + _ Figura 5.2: ircuito basato sul doppio bipolo di fig. 5.1 La tensione di uscita sarà pari a O = - O =-f( i ), e quindi sarà una funzione della sola tensione di ingresso. Se la funzione f( i ) è lineare, del tipo O =G i, allora la tensione di uscita ottenuta sarà pari a O = - G i = -k i, il che significa che si può amplificare la tensione di ingresso i di una quantità k che dipende dal parametro G del doppio bipolo e dalla resistenza. Un transistore generico è appunto un elemento circuitale a tre terminali del tipo rappresentato in fig. 5.1 in cui la funzione f( i ) è però non lineare. n tal caso un approssimazione lineare della caratteristica non lineare del dispositivo si può fare, esattamente come è stato mostrato nel caso del diodo, per piccoli spostamenti della corrente intorno a un punto di lavoro, cioè per piccoli segnali.

5.2 l transistore bipolare a giunzione (JT) onsideriamo la struttura mostrata nella figura 5.3, costituita da tre regioni di silicio il cui drogaggio è rispettivamente di tipo N, P e N. Si-N Si-P Si-N emettitore base collettore J 1 J 2 Figura 5.3: Struttura fisica di principio di un transistore bipolare n figura sono mostrate anche le estensioni delle regioni di carica spaziale a ridosso delle due giunzioni J 1 e J 2. Le tre regioni prendono il nome rispettivamente di emettitore, base e collettore. l livello di drogaggio (concentrazione di impurezze di tipo donore o accettore) è decrescente passando dall emettitore al collettore, per motivi che saranno chiariti in seguito. n pratica sembrerebbe di avere a che fare semplicemente con due diodi in serie che condividono la regione di anodo, ma il comportamento del dispositivo a tre terminali risultante, detto transistore bipolare (o JT, ipolar Junction Transistor) NPN, è ben diverso rispetto a quello di due diodi a giunzione con l anodo collegato. onsideriamo la seguente situazione di polarizzazione per le due giunzioni: - Giunzione emettitore-base polarizzata direttamente. - Giunzione base-collettore polarizzata inversamente. n questa situazione si dice che il JT è polarizzato in zona attiva diretta. La situazione relativa alla polarizzazione del dispositivo in zona attiva diretta è mostrata in fig. 5.4. Si-N Si-P Si-N emettitore base collettore E elettroni elettroni ampo elettrico lacune _ + J 1 J 2 _ + E Figura 5.4: Transistore bipolare polarizzato in zona attiva diretta

Poichè la giunzione base-emettitore è polarizzata in diretta, un gran numero di elettroni supera la barriera di potenziale e attraversa la giunzione, nella direzione dall emettitore verso la base. Un numero molto minore di lacune, a causa del drogaggio di base molto inferiore rispetto a quello dell emettitore, attraversa la giunzione in direzione opposta, dalla base verso l emettitore. Gli elettroni iniettati in base dall emettitore trovano un campo elettrico, generato dalla polarizzazione inversa della giunzione base-collettore, che tende a trascinarli verso il collettore, il quale, quindi, ne raccoglie la maggior parte. iò è congruente con quanto è stato detto a proposito della giunzione pn polarizzata in inversa, quando si è affermato che le correnti in essa erano molto piccole a causa del fatto che la tendenza alla deriva dei portatori, di gran lunga prevalente rispetto alla tendenza alla diffusione a causa dell ampliamento della barriera di potenziale, agisce nel senso di trascinare elettroni dalla zona P alla zona N e lacune in direzione opposta. Poichè in un diodo gli elettroni nella regione N e le lacune nella regione P sono in quantità molto limitata, la corrente è piccolissima. Nel caso della giunzione base-collettore di un JT polarizzato in zona attiva diretta questa situazione viene superata: un gran numero di elettroni, che sono stati iniettati nella base di tipo P dall emettitore a causa della polarizzazione diretta della giunzione E (ase-emettitore), sono disponibili a condurre una corrente inversa attraverso la giunzione (ase-ollettore). L effetto netto corrisponde al passaggio nel collettore della maggior parte degli elettroni che erano stati iniettati dall emettitore verso la base. iò contribuisce a formare una corrente di collettore, entrante nel relativo terminale (dato che gli elettroni sono cariche negative), circa uguale a quella di emettitore, che invece è uscente. n pratica avremo quindi nel dispositivo le seguenti correnti, segnate in fig. 5.4 con il loro verso naturale: E S E e (5.1) che è la tipica espressione della corrente in un diodo, cioè nella giunzione E polarizzata in diretta, assumendo il coefficiente di emissione n pari a 1, cosa tipica per la giunzione E di un JT. l fenomeno appena descritto (raccolta al collettore di gran parte degli elettroni iniettati in base dall emettitore) prende il nome di effetto transistore. L espressione (5.1) dice infatti che, in queste condizioni di polarizzazione, il dispositivo ha una corrente di collettore che non dipende, in pratica, dalla tensione di collettore ma solo dalla tensione E. n pratica il dispositivo si comporta come il doppio bipolo ipotetico che abbiamo visto quando abbiamo parlato del concetto generico di transistore, nel paragrafo introduttivo. Per quanto riguarda la base, in essa scorre sicuramente una corrente di lacune iniettate verso l emettitore a causa della polarizzazione diretta della giunzione E. ome si è già detto, questa corrente è molto piccola, dato che il livello di drogaggio della base è abbastanza inferiore a quello di emettitore, per cui ci sono poche lacune disposte a portare corrente. Si può aggiungere che la dipendenza di questa corrente di lacune, che chiameremo P, dalla polarizzazione E è ancora del tipo seguente, come accade nella giunzione pn in diretta: P 1 E e (5.2) noltre, un certo numero di elettroni iniettati dall emettitore verso la base non viene raccolto dal collettore, ma si perde nella base, ricombinandosi con le lacune disponibili. Questo numero è tanto più piccolo quanto più sottile è la regione di base. Ovviamente questo piccola frazione di elettroni che si ricombinano in base rappresenta una piccola corrente N, sempre entrante nella base. Si dimostra che la dipendenza di questa corrente dalla polarizzazione della giunzione E è sempre del tipo:

N 2 E e (5.3) icapitolando, vi sono due contributi alla corrente di base, entrambi piccoli, uno dovuto alle lacune iniettate dalla base verso l emettitore, l altro associato agli elettroni iniettati dall emettitore che, anzichè raggiungere il collettore, si disperdono nella regione di base. La corrente totale nella base, che ha verso entrante in quanto i due contributi descritti hanno entrambi verso entrante nella base, si ottiene sommando le espressioni (5.1) e (5.2). P N 1 2 E S E ( )e e (5.4) La corrente S è molto minore della corrente S che compare nella espressione della corrente di collettore, per cui, se calcoliamo il rapporto tra la corrente e la corrente, otteniamo: S S cos tan te (5.5) l parametro, che rappresenta il rapporto tra corrente di collettore e corrente di base, che abbiamo dimostrato essere circa costante in zona attiva diretta, si chiama guadagno di corrente del transistore bipolare. n molti data-sheet viene anche indicato con il simbolo h FE. l suo valore tipico è intorno a 100, ma varia molto, in dipendenza delle dimensioni e dei livelli di drogaggio delle varie regioni del JT. La corrente S si chiama anche corrente di saturazione del transistore. Possiamo a questo punto scrivere anche una relazione tra la corrente di collettore e la corrente di emettitore, utilizzando la KL. E 1 1 (1 ) E E (5.6) 1 l parametro ha un valore molto vicino all unità e si chiama guadagno in corrente a base comune del JT. nfine possiamo tracciare un modello circuitale del transistore bipolare NPN, che conterrà un diodo per descrivere il comportamento della giunzione E e un generatore pilotato non lineare che fornisce la corrente di collettore. Tale modello è rappresentato in fig. 5.5. S e E S e E = E E Figura 5.5: Modello circuitale di un transistore bipolare NPN

l simbolo circuitale del transistore bipolare NPN è riportato nella seguente figura 5.6. Figura 5.6: Simbolo circuitale del transistore bipolare NPN 5.3 l transistore bipolare PNP Se si cambia il tipo di drogaggio di ciascuna delle regioni della struttura di fig. 5.3 si ottiene un transistore bipolare di tipo PNP. l principio di funzionamento di questo tipo di dispositivo è del tutto identico a quello descritto precedentemente: la polarizzazione in zona attiva diretta si ottiene nelle stesse condizioni elencate per il JT NPN: - Giunzione emettitore-base polarizzata direttamente - Giunzione base-collettore polarizzata inversamente Poichè la base è di tipo N e l emettitore di tipo P, la tensione diretta per la giunzione E è la E, che quindi deve essere positiva, mentre nel caso del JT NPN la E doveva essere positiva per polarizzare in diretta la giunzione E. Per quanto riguarda la giunzione del transistore PNP, essa sarà polarizzata inversamente se il collettore (di tipo P) è a tensione minore della base (di tipo N), per cui dovremo avere positiva, come in fig. 5.7. Si-P Si-N Si-P emettitore base collettore E lacune lacune ampo elettrico elettroni + _ J 1 J 2 + _ E Figura 5.7: Transistore bipolare PNP

Tutte le considerazioni fatte per il transistore NPN valgono anche qui, solo che i portatori iniettati dall emettitore verso la base sono lacune, che quindi vengono trascinate nel collettore dal campo elettrico favorevole creato dalla polarizzazione inversa della giunzione. l verso della corrente di emettitore è entrante, quello della corrente di collettore uscente. La corrente di collettore, circa uguale alla corrente di emettiore, vale: E S E e (5.7) Anche in questo caso la corrente di base è formata da due contributi: 1. N, dovuta agli elettroni iniettati dalla base verso l emettitore 2. P, dovuta alle lacune iniettate dall emettitore che si ricombinano in base e non riescono a raggiungere il collettore. due contributi, entrambi uscenti, mostrano la stessa dipendenza funzionale dalla E che sussiste per la corrente di collettore. Analogamente alle equazioni 5.2, 5.3 e 5.4 si ha che: N 1 E E e ; e P n definitiva la corrente di base vale: 2 P N ( )e 1 2 E S e E e il rapporto tra corrente di collettore e corrente di base, sempre in zona attiva diretta, è all incirca costante, per cui vale sempre l equazione (5.5), in cui è il guadagno in corrente del transistor. Anche l equazione che esprime il rapporto tra corrente di emettitore e corrente di collettore resta formalmente identico a quello riportato nell equazione (5.6), in cui è il guadagno in corrente a base comune del JT. E opportuno sottolineare che le convenzioni di segno per i versi delle correnti ai terminali del JT di tipo PNP sono state scelte in modo da rispettare i versi naturali delle correnti e sono rispettivamente opposti a quelli dei terminali corrispondenti nel JT di tipo NPN. Per quanto riguarda il modello e il simbolo circuitale del transistore PNP, essi sono riportati nelle seguenti figure. E e E S T e E E Figura 5.8: Modello circuitale del transistore bipolare PNP

Figura 5.9: Simbolo circuitale del transistore bipolare PNP 5.4 Le altre regioni operative del JT. Transistore NPN onsideriamo un JT di tipo NPN polarizzato in zona attiva diretta. l campo elettrico generato alla giunzione base-collettore dalla polarizzazione inversa ovviamente continua a sussistere anche se riduciamo l entità di tale polarizzazione inversa, cioè se riduciamo la tensione. L effetto transistore continua a sussistere anche se tale polarizzazione si riduce a zero, cioè se abbassiamo la tensione del collettore fino al valore di tensione imposto sulla base, grazie al campo elettrico generato dagli ioni fissi nella regione di carica spaziale della giunzione base-collettore. n tali condizioni siamo ancora in zona attiva diretta, in quanto il funzionamento del transistore è ancora quello descritto nel paragrafo 5.2. Se abbassiamo ancora la tensione di collettore rispetto a quella della base, diventa negativa e la polarizzazione della giunzione base-collettore diviene diretta. L effetto transistore, e quindi la raccolta al collettore di gran parte degli elettroni iniettati dall emettitore verso la base, si osserva anche in queste condizioni, purchè la polarizzazione in diretta della giunzione base-collettore non raggiunga il valore necessario ad accendere la giunzione stessa. Se la raggiunge il valore (giunzione base-collettore polarizzata in diretta e sulla soglia dell accensione) il collettore comincia a iniettare anch esso elettroni in base: l effetto netto che si ottiene dalla composizione dei due contributi opposti rispettivamente dati dalla corrente dovuta agli elettroni che provengono dall emettitore e dalla corrente dovuta agli elettroni iniettati dal collettore verso la base consiste in una brusca diminuzione della corrente di collettore. L altro effetto notevole che si ha in queste condizioni è un aumento altrettanto brusco della corrente di base rispetto al valore / che si avrebbe se il JT funzionasse in zona attiva diretta. n questa situazione si dice che il transistore è in saturazione: in questa regione operativa, si hanno grosse variazioni di corrente di collettore per piccolissime variazioni di tensione intorno al valore, al punto che la, ai fini pratici, si può considerare circa costante e pari, appunto, al valore. L effetto transistore, quindi, non esiste più, in quanto la corrente di collettore dipende molto fortemente dalla tensione del terminale di collettore. Se consideriamo la relazione seguente, ottenuta con la KL: E = + E (5.8) otteniamo il valore di E in corrispondenza del quale il JT passa dalla zona attiva diretta alla saturazione. Tale valore si ottiene ponendo E 0.7 (caduta di tensione tipica ai capi della giunzione E accesa) e a - -0.5, come abbiamo appena discusso.

Si ha quindi che E -0.5+0.7=0.2 è il valore di tensione tra collettore ed emettitore corrispondente al passaggio del transistore bipolare NPN dalla zona attiva diretta alla saturazione, che si indica con ESAT : tale valore di tensione E resta circa costante nella regione di saturazione, essendo E circa costante e anche circa costante in tale regione operativa. iepilogando, per un JT NPN il passaggio tra zona attiva diretta e saturazione si ha in corrispondenza di = (ovvero quando la tensione di collettore è inferiore di una quantità rispetto alla tensione di base), oppure, in modo del tutto equivalente, quando E scende fino al valore ESAT, circa pari a 200m. n saturazione E si può considerare costante e pari a ESAT, mentre la relazione tra corrente di base e corrente di collettore è la seguente: (5.9) Sempre per un JT NPN, se consideriamo la condizione E <, la giunzione base-emettitore è spenta e quindi non abbiamo iniezione apprezzabile di elettroni dall emettitore verso la base. Le correnti del transistore assumono quindi valori molto piccoli e trascurabili nelle applicazioni. l JT è quindi spento e si dice che è in interdizione. iò vale però solo se la giunzione base-collettore è anch essa spenta, cioè polarizzata in inversa oppure polarizzata in diretta con tensione inferiore a. Se la giunzione base-collettore è invece accesa ( > ), e la giunzione base-emettitore è spenta, si riproduce una situazione molto simile alla zona attiva diretta, con il collettore e l emettitore che si scambiano i ruoli rispetto a quelli che assumono in zona attiva diretta. nfatti in questa situazione è il collettore che emette elettroni verso la base e l emettitore che li raccoglie. Siamo nella cosiddetta zona attiva inversa, in cui l effetto transistore si manifesta con entità molto ridotta rispetto alla zona attiva diretta, a causa dei livelli di drogaggio delle varie regioni appositamente scelti per esaltare l effetto transistore in zona attiva diretta. Si tratta quindi di una regione operativa poco interessante nelle applicazioni del JT. La seguente figura 5.10 rappresenta un esempio di polarizzazione di un JT di tipo NPN in zona attiva inversa. <0 E <0 E Figura 5.10: Polarizzazione in zona attiva inversa di un JT NPN.

Transistore PNP Passando a considerare il JT di tipo PNP, in zona attiva diretta abbiamo la giunzione baseemettitore accesa che inietta lacune e la giunzione base-collettore in inversa, con il collettore che raccoglie gran parte di queste lacune. E è quindi circa pari a 0.7, caduta di tensione tipica ai capi di una giunzione accesa, mentre è positiva. Se, mantenendo costante il potenziale della base, si comincia ad aumentare la tensione sul collettore, si riduce ma, analogamente a quanto visto per il JT NPN, si continua ad osservare l effetto transistore: ciò continua a valere anche se la diventa pari o addirittura supera leggermente la, rendendo leggermente diretta la polarizzazione della giunzione base-collettore. l transistore va in saturazione quando la tensione di collettore diventa maggiore della tensione di base ( negativa, quindi giunzione base-collettore polarizzata in diretta) di una quantità pari a. n questa situazione il collettore comincia anch esso a emettere lacune verso la base e la corrente di collettore, che in zona attiva diretta era praticamente indipendente dalla tensione di collettore, diventa molto sensibile al valore di, al punto che stessa si può considerare praticamente costante e pari al valore. La situazione è del tutto analoga a quella descritta al sottoparagrafo precedente per il JT di tipo NPN: un ulteriore aumento di tensione sul collettore si traduce in un brusco calo della corrente di collettore e in un valore di corrente di base notevolmente superiore a quello che si avrebbe in zona attiva diretta. ipetendo, la saturazione si raggiunge se la tensione di collettore supera la tensione sulla base di una quantità pari a. Se consideriamo la tensione tra emettitore e collettore E, otteniamo che, poichè E = E +, essendo al punto di passaggio tra zona attiva diretta e saturazione E 0.7 e = = -0.5, si ottiene ESAT 0.7-0.5=0.2, che è il valore di tensione tra emettitore e collettore che si ha in corrispondenza del passaggio dalla regione attiva diretta alla saturazione. Anche per il transistore PNP, possiamo dire che quando siamo in saturazione, dato che la corrente di collettore varia molto bruscamente in corrispondenza di piccole variazioni di, la tensione, e quindi anche la E, si possono considerare circa costanti, rispettivamente pari a e ESAT. nfine, sempre in saturazione, si ha ancora che anche per un JT PNP è valida la disequazione (5.9), per quanto riguarda la relazione tra le correnti di base e di collettore. La condizione di interdizione per un JT PNP si ha se la giunzione base-emettitore si spegne, caso in cui l emettitore non inietta più lacune verso la base. Tale condizione si verifica quindi se E <. Se però, sempre con E <, la giunzione base-collettore viene accesa ( > ), si ottiene anche in questo caso il funzionamento in zona attiva inversa, che risulta di scarsa rilevanza nelle applicazioni pratiche di un transistore bipolare. 5.5 Le caratteristiche del transistore bipolare. onsideriamo dapprima un transistore di tipo NPN. Si definiscono caratteristiche di ingresso o caratteristiche interne di un transistore bipolare quelle che riportano la corrente di base in funzione della tensione base-emettitore E, per ogni valore della tensione tra collettore ed emettitore E, in zona attiva diretta. aratteristiche di ingresso o interne: = ( E, E )

Poichè l espressione della corrente di base in funzione della E in zona attiva diretta è la (5.4), E cioè Se, essa risulta, almeno in prima approssimazione, indipendente dalla E, per cui le caratteristiche interne possono essere rappresentate per mezzo di un unica curva (fig. 5.11). e S E E Figura 5.11: aratteristiche di ingresso di un JT NPN Le caratteristiche di uscita, o esterne, rappresentano invece la corrente di collettore in funzione della E, per ogni valore della E : a) aratteristiche di uscita o esterne: = ( E, E ) n alternativa riportano il valore della corrente di collettore in funzione della E per ogni valore della corrente di base : b) aratteristiche di uscita o esterne: = ( E, ) E3 E2 E1 ESAT E Figura 5.12: aratteristiche esterne di un JT NPN, assumendo E come parametro variabile La fig. 5.12 mostra la forma di tali caratteristiche, nel caso a). A destra della linea tratteggiata il dispositivo lavora in zona attiva diretta (corrente di collettore circa indipendente dalla E ), a sinistra lavora in saturazione ( E non si discosta molto dalla ESAT per un ampio intervallo di

valori della corrente di collettore). La regione di interdizione si ha per E < e coincide con l asse delle ascisse. Se la differenza tra i valori successivi di E riportati nel grafico è costante, la differenza tra i corrispondenti valori della corrente di collettore in zona attiva diretta non è costante, a causa della dipendenza esponenziale di da E. e da dire che, in realtà, esiste una piccola dipendenza della corrente di collettore dalla E anche in zona attiva diretta. Essa è dovuta al cosiddetto effetto Early: se E, e quindi, aumenta, la regione di carica spaziale della giunzione base-collettore (che è polarizzata in inversa in zona attiva diretta) si allarga e, di conseguenza, la regione quasi neutra di base (quella al di fuori delle regioni di carica spaziale) si restringe. iò implica che gli elettroni che passano nella base hanno meno probabilità di incontrare una lacuna e di ricombinarsi in base, per cui il numero di elettroni iniettati dall emettitore che vengono raccolti dal collettore aumenta. n definitiva se E aumenta la corrente di collettore aumenta leggermente e la corrente di base diminuisce leggermente. 1.93mA 1.50mA E3 1.00mA E2 0.50mA E1 0.01mA 0 1.00 2.00 3.00 4.00 4.99 (Q) _E Figura 5.13: Simulazione delle caratteristiche esterne di un JT NPN (con parametro E ). l tutto è rappresentato nelle curve riportate in fig. 5.13, generate mediante un simulatore circuitale (PSpice). n particolare si può dimostrare che tutte le curve in zona attiva diretta, se vengono estrapolate, intersecano l asse delle ascisse nello stesso punto corrispondente a E =- A. La tensione A si chiama tensione di Early del transistor. 1.92mA 1.50mA 5 4 1.00mA 3 2 0.50mA 1 0.01mA 0 1.0 2.0 3.0 4.0 5.0 (Q) _E Figura 5.14: Simulazione delle caratteristiche esterne di un JT NPN (con parametro ).

La figura 5.14 mostra invece la simulazione delle caratteristiche esterne del JT assumendo come parametro la corrente di base: tale corrente è stata fatta variare a passo costante, per cui anche la corrente di collettore varia a passo costante, sempre in zona attiva diretta, essendo circa proporzionale a in tale regione operativa: =. Anche in questo caso si nota l effetto Early, cioè la piccola variazione di corrente di collettore al variare della tensione E. Nelle applicazioni del transistore bipolare che vedremo nel seguito trascureremo sempre l effetto Early. nfine abbiamo le caratteristiche di trasferimento, o transcaratteristiche, del JT. Esse riportano la corrente di collettore in funzione della tensione base-emettitore E per ogni valore della tensione collettore-emettitore E in zona attiva diretta. c) aratteristiche di trasferimento, o transcaratteristiche: = ( E, E ) Se si trascura l effetto Early, la corrente di collettore non dipende dalla E, per cui le transcaratteristiche appaiono come una sola curva, riportata nella seguente fig. 5.15. e S E E Figura 5.15: Transcaratteristica di un JT NPN n realtà le transcaratteristiche differiscono leggermente tra di loro al variare della E per effetto Early, in quanto sappiamo che la corrente di collettore aumenta debolmente all aumentare di E stessa. Dato che l espressione della corrente di collettore in funzione della E è identica alla relazione corrente-tensione di un diodo, l effetto dell aumento della temperatura sulla transcaratteristica rappresentata in fig. 5.15 è identico a quello che si ha in un diodo a giunzione. n quest ultimo caso avevamo stabilito che, se si mantiene la corrente costante, la tensione sul diodo deve diminuire di 2m per ogni grado centigrado di aumento della temperatura. Di conseguenza, in un transistore bipolare di tipo NPN, se si mantiene la corrente di collettore costante e si varia la temperatura, la tensione E deve diminuire di 2m per ogni grado centigrado di aumento della temperatura. Transistore PNP Nel caso del transistore bipolare PNP, le caratteristiche interne riportano la corrente di base in funzione della E per ogni valore di E in zona attiva diretta. Poichè l effetto Early è trascurabile,

anche in questo caso le varie curve appariranno tutte schiacciate in un unica curva, rappresentata in fig. 5.16. e S E Figura 5.16: aratteristiche di ingresso di un transistore bipolare di tipo PNP: = ( E, E ) Le caratteristiche esterne, o di uscita, rappresentano l andamento di in funzione di E, per ogni valore di E oppure di (fig. 5.17). 3.0mA E 2.0mA E4 1.0mA E3 0A E2 E1-1.0mA 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 -(Q1) _ec 6.0mA 4.0mA 4 3 2.0mA 2 0A 1-2.0mA 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 -(Q1) _ec Figura 5.17: aratteristiche esterne di un JT PNP: = ( E, E ) e = ( E, ) Si nota bene l effetto Early, cioè il leggero aumento della corrente di collettore in corrispondenza dell aumento della tensione E. Anche in questo caso le curve ottenute al variare del parametro

E, estrapolate dalla parte delle E negative, intersecano tutte quante l asse delle ascisse in corrispondenza dello stesso valore di E =- A. La tensione A è la tensione di Early del JT. Le caratteristiche di trasferimento del transistore rappresentano l andamento della corrente di collettore in funzione della E, al variare della E, in zona attiva diretta. A causa della scarsa influenza dell effetto Early possiamo sempre considerare una sola curva, come abbiamo fatto per il JT NPN. l tutto è raffigurato in fig. 5.18. e S E E Figura 5.18: aratteristiche di trasferimento di un transistore bipolare di tipo PNP: = ( E, E ) Per quanto riguarda l influenza della variazione della temperatura sulla corrente di collettore, anche in questo caso se si mantiene costante, la tensione E deve diminuire di circa 2m per ogni grado centigrado di aumento della temperatura. 5.6 Utilizzo del transistore bipolare come amplificatore onsideriamo il circuito di fig. 5.19. n pratica abbiamo un transistore NPN polarizzato in regione attiva diretta utilizzando due generatori di tensione costante, e, e due resistori lineari, e. l valore della corrente di base Q e della tensione base-emettitore E Q nel punto di lavoro si possono trovare considerando l intersezione della retta di carico individuata da e da con la caratteristica interna del JT (unica se si trascura l effetto Early) in zona attiva diretta. O = E E Figura 5.19: JT NPN polarizzato in zona attiva diretta

l punto di lavoro sulla caratteristica interna del JT è appunto rappresentato in fig. 5.20. / Q Q E Q E Figura 5.20: Punto di lavoro del circuito in fig. 5.19 sulla caratteristica interna del transistor A questo punto possiamo utilizzare le caratteristiche esterne del transistor, considerando per esempio come parametro la corrente di base. l punto di lavoro sarà individuato dall intersezione della curva corrispondente a = Q con la retta di carico associata alla serie -, come si vede in fig. 5.21. / Q Q E Q E Figura 5.21: Punto di lavoro del circuito in fig. 5.19 sulle caratteristiche esterne del transistor ome si vede in fig. 5.21, il transistore è polarizzato in zona attiva diretta, in quanto la E Q è maggiore della ESAT. i chiediamo ora cosa succede se imponiamo che il punto di lavoro si sposti intorno a quello individuato dalla rete di fig. 5.19, attraverso l applicazione di un generatore di tensione variabile nel tempo che si sovrappone alla, cioè un segnale di tensione. Tutte le grandezze elettriche del transistore varieranno nel tempo, e potremo scrivere le seguenti relazioni: E = E Q + E = E Q +v E E = E Q + E = E Q +v E = Q + = Q +i = Q + = Q +i

n pratica ciascuna grandezza elettrica sarà espressa come somma del suo valore nel punto di lavoro e della sua variazione intorno a tale punto, cioè il segnale di tensione o di corrente, rappresentato con la lettera minuscola, come abbiamo già visto quando abbiamo studiato il diodo in regime di piccolo segnale. Per esempio consideriamo il circuito in fig. 5.22, in cui il segnale v s (t) sovrapposto alla è sinusoidale. Q +i O = E Q +v E Q +i v S Figura 5.22: Applicazione di un segnale di tensione v S in serie alla Se il segnale v S è sinusoidale, avremo uno spostamento nel tempo della retta di carico come si vede in fig. 5.23. L intersezione tra la retta di carico e la caratteristica interna del JT si sposterà nel tempo lungo tale caratteristica, causando la variazione della corrente di base e della tensione E. / MAX Q MN E t v S Figura 5.23: Spostamento del punto di lavoro del JT sulla caratteristica di ingresso

Siccome la corrente varia, anche il punto di lavoro sulle caratteristiche esterne deve variare, in quanto la retta di carico imposta sulle caratteristiche esterne da e, che resta fissa in quanto è costante, interseca le diverse caratteristiche esterne corrispondenti ai diversi valori di che varia tra MN e MAX, determinati in fig. 5.23. Tutto ciò è illustrato in fig. 5.24. / MAX Q Q MN E MN E Q E MAX E = O Figura 5.14: Spostamento del punto di lavoro sulle caratteristiche di uscita del JT in seguito all applicazione del segnale v S n fig. 5.24 si vede la variazione di tensione di uscita O, cioè E, corrispondente all applicazione del segnale v S nel circuito di base del transistor. Si nota che la variazione della tensione E del transistore, visibile in fig. 5.23, è molto piccola rispetto alla corrispondente variazione della E. n pratica l applicazione del segnale v S ha comportato una certa variazione della tensione di uscita, che dipende dal valore delle resistenze in gioco e che può essere anche molto rilevante. l rapporto tra le variazioni della tensione di uscita O =v O e il corrispondente valore del segnale di ingresso può quindi essere anche molto grande: abbiamo in pratica ottenuto un guadagno tra variazioni di tensione, esattamente come era stato ipotizzato in fig. 5.2, nell introduzione del capitolo dedicato ai JT. Le variazioni di corrente i (oppure, equivalentemente, le variazioni di tensione v E ) generate a causa dell applicazione del segnale di ingresso v S sono state trasformate dal transistore in variazioni di corrente i ( volte più grandi delle variazioni di corrente i ) e infine in variazioni di tensione di uscita v O. Definiamo quindi guadagno di tensione del circuito A il rapporto tra l ampiezza del segnale di uscita v O e quella del corrispondente segnale di ingresso v S. v O Guadagno di tensione A = = O vs vs l guadagno è quindi il rapporto tra due segnali di tensione, cioà due variazioni di tensione, non il rapporto tra due tensioni: si considerano, nel calcolo del guadagno, solo i rapporti tra le variazioni delle grandezze elettriche, in questo caso le tensioni, relativamente ai valori che queste grandezze assumono nel punto di lavoro. Approccio analitico Abbiamo analizzato il funzionamento del circuito in fig. 5.22 utilizzando un approccio di tipo grafico. Per giungere alle stesse conclusioni possiamo anche utilizzare un approccio analitico approssimato.

nnanzitutto notiamo che il calcolo della corrente di base si può semplificare moltissimo se supponiamo che la caduta di tensione E sulla giunzione base-emettitore (che è polarizzata in diretta) non varia molto al variare del segnale di ingresso v S. Questa approssimazione si può considerare accettabile solo se la variazione di tensione E, (cioè il segnale di tensione v E ) ai capi della giunzione è trascurabile rispetto all ampiezza della tensione v S : ciò implica, in pratica, che possiamo utilizzare un modello a sola batteria per modellare il diodo costituito dalla giunzione base-emettitore. Se questa ipotesi non è vera, allora l approssimazione E costante non è valida e, per migliorare l accuratezza dei calcoli, si deve ricorrere a un modello più accurato del diodo, come per esempio quello a batteria e resistenza. Supponendo quindi di poter considerare E costante al variare di v S, per cui possiamo scrivere: (t) = Q vs(t) E +i (t) Possiamo distinguere il punto di lavoro dal segnale: Q E vs(t) e i(t) A questo punto, supponendo che il JT lavori in zona attiva diretta, conosciamo il legame tra corrente di base e corrente di collettore: (t) = (t), per cui otteniamo: i Q Q E nel punto di lavoro (t) v (t) S i(t) per quanto riguarda la variazione della corrente di collettore rispetto al punto di lavoro. nfine possiamo calcolare l espressione della tensione di uscita O (t)= E (t) in funzione del tempo: E vs(t) O(t) (t), Anche qui possiamo distinguere il punto di lavoro: Q O Q E e il segnale di uscita: vs(t) vo(t) i(t) i(t) Naturalmente dobbiamo essere certi che la tensione Q O = Q E sia maggiore della ESAT, altrimenti il transistore sarebbe in saturazione e la relazione =, su cui si fonda tutta l analisi successiva, non sarebbe vera. Otteniamo quindi, per mezzo di questa semplice analisi, il guadagno di tensione del nostro circuito, che è pari a: A v O (5.10) vs

Facciamo ancora un paio di osservazioni sul circuito in fig. 5.22, che funziona quindi come un amplificatore del segnale di ingresso v S : vo AvS vs Notiamo che se il segnale di ingresso aumenta, la corrente di base aumenta e la corrente di collettore aumenta. iò implica che la caduta di tensione su aumenta e che, infine, la tensione di uscita diminuisce (essendo costante), come si vede in fig. 5.24. Quindi variazioni di tensione positive in ingresso, cioè segnali positivi in ingresso, corrispondono a variazioni di tensione negative in uscita, cioè segnali negativi in uscita. Si dice che il circuito considerato è invertente. l guadagno in tensione, in questo caso risulta negativo, come conferma la (5.10). n caso contrario, cioè nel caso in cui segnali positivi in ingresso dovessero corrispondere a segnali positivi in uscita, avremmo un amplificatore non invertente. nfine notiamo che se il segnale di ingresso aumenta abbastanza, la tensione di uscita continua a diminuire finchè il transistore non va in saturazione, per cui la E resta circa costante e non può più diminuire. Questo rappresenta un limite alla possibilità di variazione della tensione di uscita del circuito: si dice che questo è un limite della dinamica dell amplificatore. Analogamente, se il segnale in ingresso diventa negativo e comincia ad assumere valori assoluti abbastanza alti, la tensione di uscita aumenta, ma a un certo punto il transistore si spegne e la tensione di uscita raggiunge il valore, oltre il quale ovviamente non può più andare. Anche questo rappresenta una limitazione alla dinamica dell amplificatore. n pratica, perchè l amplificatore funzioni a dovere il transistore non deve uscire dalla zona attiva diretta e le tensioni di ingresso e di uscita non devono superare i corrispondenti limiti di dinamica. 5.7 Polarizzazione di un transistore bipolare: il circuito di autopolarizzazione Per evitare di avere limitazioni eccessive della dinamica dell amplificatore rappresentato in fig. 5.22, cioè per evitare che l applicazione del segnale in ingresso sposti subito il JT fuori dalla zona attiva diretta, è evidente che dobbiamo scegliere opportunamente il punto di lavoro Q del circuito, cioè dobbiamo imporre una opportuna polarizzazione al transistore. l punto di lavoro non deve essere nè troppo vicino alla regione di saturazione del transistor, nè troppo vicino alla zona di interdizione, altrimenti un piccolo spostamento del punto di lavoro stesso basterebbe per far uscire il JT dalla regione attiva diretta e l amplificatore non funzionerebbe più, in quanto la tensione di uscita verrebbe limitata da un lato al valore ESAT e dall altro al valore. l circuito di polarizzazione che abbiamo utilizzato, che è quello di fig. 5.19, presenta almeno un paio di inconvenienti. Per prima cosa esso richiede due generatori di tensione di polarizzazione distinti, e, il che non è molto pratico. Sarebbe molto più semplice polarizzare il JT con una sola tensione di alimentazione o, al più, con una tensione di alimentazione duale simmetrica rispetto alla massa ±. noltre, se consideriamo l espressione della corrente di collettore in funzione dei parametri del circuito, otteniamo, considerando il solo punto di lavoro (lettere maiuscole) e omettendo l apice Q : E (5.11) nnanzitutto la corrente di base, e quindi la corrente di collettore, dipendono dal valore di E, ma sappiamo che esso è sempre molto simile a un valore tipico, intorno a 0.7, per cui piccole differenze della tensione E rispetto a questo valore tipico saranno del tutto trascurabili a patto di scegliere abbastanza grande rispetto a E stessa. n altre parole, se è abbastanza grande rispetto a E, la variazione relativa del valore della corrente di base sarà molto piccola se la

tensione E si discosta anche di qualche decina di m rispetto al valore tipico pari a 0.7 che assumiamo nei calcoli: E E E, 0.7 che è molto piccolo se è abbastanza grande rispetto a 0.7. Un altro inconveniente, non superabile con altrettanta facilità, dipende dal fatto che il guadagno di corrente, da cui dipende direttamente, non è un parametro controllabile con assoluta precisione, in quanto dipende molto dallo spessore della regione di base. Tale parametro presenta della fluttuazioni statistiche notevoli anche se si considerano lotti di transistori dello stesso tipo, contraddistinti dalla stessa sigla. Un circuito di polarizzazione di questo tipo, in cui il valore di ottenuto dipende direttamente dal del JT e quindi presenta un grosso fattore di incertezza dovuto alla variabilità del guadagno di corrente del transistore, si chiama circuito di polarizzazione fissa. Lo schema di polarizzazione più utilizzato è invece il cosiddetto circuito di autopolarizzazione, rappresentato nella sua forma più tipica nella seguente fig. 5.25. 1 1 2 2 E EE Figura 5.25: Tipico circuito di autopolarizzazione per un JT di tipo NPN Si è ipotizzato il caso più generico, in cui abbiamo a disposizione un valore di tensione di alimentazione superiore pari a e un valore di tensione di alimentazione inferiore pari a EE. Ovviamente il discorso che seguirà sarà valido anche se disponiamo di una sola tensione di alimentazione, e quindi se EE è nullo, oppure se abbiamo una tensione di alimentazione duale simmetrica, cioè =- EE, che sono casi tipici nelle applicazioni. iò che caratterizza il circuito di autopolarizzazione rispetto a un circuito di polarizzazione fissa è la presenza di un resistore E che connette l emettitore del transistore al terminale di alimentazione inferiore EE. Per semplificare il circuito possiamo sempre applicare l equivalente di Thevenin al circuito di base, come nella seguente fig. 5.26:

2 EE EE 1 2 = 1 // 2 E EE Figura 5.26: ircuito di autopolarizzazione: applicazione dell equivalente di Thevenin al circuito di base Si può scrivere subito il valore della corrente di collettore, circa uguale al valore della corrente di emettitore, scrivendo la KL alla maglia di ingresso. E E E EE E EE E (5.12) E 1 Anche qui possiamo fare in modo che >> E per ridurre l influenza della piccola variabilità della E intorno al suo valore tipico. La cosa più importante è però il fatto che, se riduciamo il termine /(+1) rispetto alla E, riduciamo drasticamente l influenza dell incertezza sul valore di. ediamo ora come possiamo individuare delle linee guida per il dimensionamento del circuito di autopolarizzazione, in modo da ottenere un certo valore di corrente di collettore nel punto di lavoro, che rappresenta la nostra specifica di partenza, avendo a disposizione i valori delle tensioni di alimentazione e il valore tipico del guadagno del JT. Per sfruttare appieno i vantaggi offerti dalla (5.12) in termini di desensibilizzazione rispetto alle fluttuazioni del valore del guadagno di corrente, è opportuno aumentare la E. Se si eccede troppo in questo senso, tuttavia, il potenziale dell emettitore nel punto di lavoro sale troppo e quindi la E del transistore nel punto di lavoro si avvicina pericolosamente al valore ESAT, cosa non desiderabile, come sappiamo, in quanto si limiterebbe notevolmente la dinamica del circuito. Si può allora fissare un valore opportuno della tensione di base del JT,, in modo da evitare che il transistore venga polarizzato troppo vicino alla saturazione e, contemporaneamente, si abbia un adeguato valore di E e quindi, essendo fissata la E, un valore di caduta di tensione su E non troppo basso. La scelta tipica che si fa è del tipo: - EE 1 EE (5.13) 3 n pratica, la differenza tra la tensione di base e l alimentazione inferiore EE si assume pari a 1/3 dell alimentazione totale disponibile - EE. n tal modo la caduta di tensione sulle E resta limitata a un valore che è ovviamente circa pari a: 1 E = - EE - E EE -0.7 (5.14) 3 né troppo piccolo, né troppo grande. Dalla (5.14), conoscendo, e quindi E, si può dimensionare la E = E / E E /.

l resistore di collettore, e quindi la caduta di tensione su di esso, va dimensionato in modo da polarizzare il JT in un punto di lavoro circa equidistante tra la saturazione, che si ha con E = ESAT 0.2 e l interdizione, in corrispondenza della quale si ha = E =0 e, di conseguenza, E = - EE. Per la KL abbiamo che: - EE = + E + E e quindi: + E = ( - EE ) - E 2/3 ( - EE ) Scegliamo di dividere in parti circa uguali la caduta 2/3( - EE ) tra la e la E ; poniamo quindi 1 EE, (5.15) 3 cioè dimensioniamo la caduta su pari a 1/3 della tensione di alimentazione totale disponibile. 1 EE Dalla (5.15) si ottiene 3 Si noti che, in definitiva, i valori dei resistori di collettore e di emettitore non sono molto diversi tra loro. Per quanto riguarda 1 ed 2, dovrebbero essere entrambe molto piccole, se vogliamo sfruttare i vantaggi dell equazione (5.12) e rendere trascurabile il peso del nella determinazione della corrente di collettore. Occorre tenere presente anche la (5.13), che vincola le due resistenze ad assumere valori dello stesso ordine di grandezza, per cui non è possibile ridurre molto il valore di una sola delle due resistenze per ottenere piccola. Se però si riducono troppo le due resistenze di base, da un lato si aumenta inutilmente la corrente che scorre in esse, il che significa aumentare eccessivamente la dissipazione di potenza del circuito, cioè la corrente che il circuito richiede alle tensioni di alimentazione. Dall altro lato vedremo che un valore di 1 ed 2 eccessivamente piccolo rappresenta un problema quando usiamo il transistore polarizzato per costruire un amplificatore, cioè quando applichiamo un segnale in ingresso al circuito. Dobbiamo quindi rendere piccole le resistenze che polarizzano la base, ma senza esagerare. Una possibile scelta di compromesso è la seguente: le correnti in 1 e in 2, indicate rispettivamente con 1 e 2 nel circuito di fig. 5.25, si fanno abbastanza più grandi di, di circa 10-20 volte. n questo modo si può dire che, essendo trascurabile la corrente di base, le correnti nelle due resistenze sono circa uguali e pari a P =10-20. Adottando questa scelta, le due resistenze formano in pratica un partitore di tensione, per cui avremo: 1 2 2 P EE P EE (5.16) n tal modo restano determinati i valori delle due resistenze che polarizzano la base del transistor.

Nel caso di polarizzazione di un transistore bipolare di tipo PNP, si utilizza il circuito di autopolarizzazione in fig. 5.27, del tutto identico a quello usato per il JT NPN. 2 2 E 1 1 EE Figura 5.27: ircuito di autopolarizzazione per un JT di tipo PNP Adottando gli stessi criteri di dimensionamento individuati per il transistore NPN, basati sulla ricerca di un compromesso equilibrato tra esigenze contrastanti, si giunge alle seguenti equazioni di dimensionamento, analoghe rispetto alle (5.12), (5.14) e (5.15) che sono: 1 2 1 - EE 3 (5.17) 1 EE 3 (5.18) EE 2 P (5.19) con P 10-20. P 5.8 alcolo del punto di lavoro di un circuito contenente transistori bipolari: considerazioni generali ed esempio l classico circuito di autopolarizzazione che abbiamo visto nel paragrafo precedente non è ovviamente l unico possibile: in molti casi pratici ci si trova a dover risolvere il problema del calcolo del punto di lavoro di circuiti contenenti transistori bipolari ben più complessi. Un transistore bipolare può funzionare in diverse regioni operative per cui, quando affrontiamo il problema della risoluzione di un circuito contenente dei JT, prima di fare dei calcoli si deve formulare un ipotesi ragionevole e conveniente per quanto riguarda la regione operativa in cui si trova a funzionare ciscun transistore nel circuito (regione attiva diretta, interdizione, saturazione). Fatta questa ipotesi, si può adottare per ciascun JT il modello analitico corrispondente alla relativa regione operativa e si possono fare i calcoli sul circuito risultante. Alla fine dei calcoli, si deve verificare che i risultati siano congruenti con le ipotesi fatte, si deve cioè accertare il fatto che il punto di lavoro risultante per ciascun JT cada nella regione operativa che era stata ipotizzata. n caso ciò non si verifichi, si deve cambiare l ipotesi di partenza e si devono rifare i calcoli in base

alla nuova ipotesi. l procedimento si ripete finchè non si ottiene una verifica positiva delle ipotesi di partenza e non è diverso rispetto a quello che si utilizza per i circuiti contenenti diodi. Nei casi tipici, si desidera far funzionare i JT in zona attiva diretta, per cui il criterio che si può adottare per la scelta dell ipotesi di partenza è che tutti i transistori bipolari funzionano in regione attiva diretta. on questa assunzione, il modello dei JT è quello precedentemente discusso: a) poichè la giunzione E è polarizzata in diretta, la tensione tra base ed emettitore si può considerare circa costante, in quanto bastano piccolissime variazioni per ottenere variazioni di corrente di collettore molto consistenti, grazie alla transcaratteristica esponenziale: E costante0.7 per un JT NPN E costante0.7 per un JT PNP b) la corrente di collettore non dipende dalla E o dalla, ma solo dall tensione ai capi della giunzione base-emettitore, tramite la caratteristica esponenziale, e la relazione tra le correnti di collettore e di base del JT è la seguente: = c) nfine possiamo confondere la corrente di collettore di un JT con la sua corrente di emettitore. Sfruttando questi semplicissimi concetti, il calcolo del punto di lavoro va affrontato sempre cercando di scrivere equazioni che contengano un numero minimo di incognite. Per fare un esempio pratico, consideriamo il circuito seguente, in cui abbiamo due JT, un NPN e un PNP. Figura 5.28: Esempio di circuito contenente più JT La prima cosa che si può fare per semplificare il circuito è applicare l equivalente di Thevenin alle due porte individuate dai morsetti di base dei JT e dalla massa, come in fig. 5.29. Figura 5.29: ircuito di fig. 5.28 semplificato con Thevenin

A questo punto possiamo fare l ipotesi che entrambi i JT lavorino in zona attiva diretta, per cui abbiamo che le correnti dei transistori praticamente non dipendono dalle tensioni di collettore, ma solo dalle tensioni della giunzione base-emettitore di ciascun transistor, che è inoltre nota con buona approssimazione. Per questo motivo, sarebbe inutile scrivere equazioni che esprimono la legge di Kirchhoff delle tensioni a maglie che coinvolgono la giunzione base-collettore oppure la tensione tra collettore ed emettitore dei JT. Per esempio, se scriviamo l equazione: = 1 TH1 1 + TH1 otteniamo un equazione con due incognite, 1 e 1, da cui non riusciamo a determinare il valore di alcuna variabile. Altrettanto si può dire se usiamo le seguenti equazioni, in cui sono sempre presenti almeno tre incognite (teniamo presente che O = E1 + 2 ): = E1 + O ( E1 + 2 )+ EE ; = E E2 + E2 + O ( E1 + 2 )+ EE ; TH2 = EE + O ( E1 + 2 )+ 2 TH2 2 Se invece scriviamo equazioni KL a maglie che coinvolgono solo giunzioni base-emettitore dei JT, le cose si semplificano moltissimo. Ad esempio abbiamo: TH1 = EE + O ( E1 + 2 )+ E1 + TH1 1 (5.20) in cui abbiamo come incognite solo le due correnti E1 1, in quanto possiamo esprimere 1 come 1 /, mentre E1 0.7. Ancora non siamo riusciti a determinare nessuna delle due correnti di collettore, ma abbiamo una relazione tra di loro, cioè la (5.20). Se, ancora, scriviamo un altra equazione KL alla maglia che contiene la E2, otteniamo semplicemente: = E E2 + E2 + TH2 2 + TH2 n questa equazione abbiamo in pratica solo la corrente E2 come incognita, in quanto E2 2 e, inoltre, 2 = E2 /(+1), per cui: 2 E2 E2 TH 2 E 1 TH 2 0.7 TH 2 E 1 TH 2 Sostituendo 2 nella (5.20) otteniamo infine anche il valore di E1, quindi di 1. Alla fine di questi calcoli dobbiamo necessariamente verificare che i risultati siano congruenti con le ipotesi iniziali, cioè i due JT devono funzionare in zona attiva diretta. Per esempio, per il primo JT, che è un NPN, dobbiamo essere certi che: 1 > 1, cioè che > TH1 - TH1 1 Mentre per il PNP dobbiamo garantire che: 2 < 2 +, cioè che EE + O ( E1 + 2 ) < TH2 + TH2 2 + n alternativa, possiamo verificare le condizioni E1 > ESAT 0.2 e E2 > ESAT 0.2.

5.9 l transistore bipolare utilizzato come interruttore pilotato ome abbiamo visto, la corrente di collettore di un transistore bipolare può essere modulata modificando le condizioni di funzionamento della giunzione base-emettitore. n particolare, abbiamo visto che, se la giunzione E del transistore è spenta, allora la corrente di base è nulla e la corrente di collettore del transistore è pure nulla, cioè il JT è spento. noltre, se la corrente di base è abbastanza elevata ( > /), il JT lavora in saturazione e la tensione E assume un valore pressochè costante e molto piccolo, pari a ESAT. Supponiamo di avere un carico (che può essere per esempio una lampada, un motore passopasso, un diodo LED ) che vogliamo accendere o spegnere in dipendenza del valore di una tensione di controllo ONT. l caso più semplice è quello in cui la tensione di controllo può assumere due valori, per esempio ONT = 0 e ONT = H : in corrispondenza della situazione ONT = H vogliamo che il carico sia acceso, cioè che in esso passi una certa corrente nominale; al contrario, quando ONT = 0 vogliamo spegnere il carico, cioè vogliamo assicurarci che la corrente nel carico sia nulla. n pratica abbiamo bisogno di un interruttore pilotato che si chiuda quando ONT = H e si apra quando ONT = 0, come illustrato schematicamente in fig. 5.30. load =0 load = cc / load load cc load cc ONT =0 ONT = H Figura 5.30: nterruttore pilotato dalla tensione ONT Sfruttando le caratteristiche di un JT NPN è possibile realizzare la funzione di un interruttore pilotato. onsideriamo il semplice circuito in fig. 5.31. LOAD = load cc ONT b + Q1 E _ Figura 5.31: JT utilizzato come interruttore pilotato Se ONT =0, allora =0, il transistore è spento e nel carico non scorre corrente. Se invece ONT = H, possiamo dimensionare in maniera tale che il JT vada in saturazione. n pratica, se il JT è in saturazione, avremo che: ESAT LOAD LOAD per cui dovremo garantire che > /. Poiché: