Le applicazioni lineari dell amplificatore operazionale. Sommario



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I.T.I.S. "Antonio Meucci" di Roma Le applicazioni lineari dell amplificatore operazionale a cura del Prof. Mauro Perotti Anno Scolastico 2009-2010

Sommario 1. L'amplificatore operazionale (A.O.) ideale...3 1.1 Caratteristiche dell A.O. ideale... 3 1.2 La configurazione invertente... 5 1.3 La configurazione non invertente... 7 1.3.1 L inseguitore di tensione... 7 1.4 Il sommatore... 8 1.5 L'amplificatore differenziale... 9 1.5.1 Importanza dell'amplificatore differenziale... 10 1.6 Il rapporto di reiezione di modo comune... 11 2. Alimentazione di un A.O...12 Approfondimento...13 pag. 2

1. L'amplificatore operazionale (A.O.) ideale L'A.O. reale è un amplificatore integrato ad alto guadagno, adatto all'accoppiamento in continua, in grado di realizzare un'innumerevole quantità di funzioni lineari e non lineari. Al suo interno sono contenuti transistori BJT e, per alcuni tipi, transistori JFET. Nella letteratura del settore esso viene solitamente indicato con la sigla op-amp (oltre che con la sigla A.O. già impiegata in questo paragrafo). L'A.O. è il dispositivo che maggiormente si avvicina ai requisiti dell'amplificatore ideale di tensione: elevata resistenza d'ingresso (R i ), bassa resistenza d'uscita (R o ), guadagno di tensione costante, elevata banda passante (B). Nell'A.O. ideale, che è un astrazione matematica, il guadagno di tensione è infinito, R i =, R o = 0, B = e vi è perfetto bilanciamento tra i due ingressi (concetto che verrà chiarito tra breve). Il nome è dovuto al fatto che con esso è possibile realizzare circuiti che eseguono vari tipi di funzioni matematiche: somma, differenza, derivata, integrale, logaritmo, ecc.. In realtà le applicazioni che con esso è possibile realizzare investono gran parte dei campi dell'elettronica moderna: amplificazione, filtraggio, elaborazione di segnali, generazione di forme d'onda, conversione analogico-digitale e digitaleanalogica (solo per fare qualche esempio). In questa unità ci occuperemo dell'analisi di applicazioni di tipo lineare. Applicazioni, quindi, per le quali è possibile scrivere una relazione matematica di primo grado tra l'uscita e l'ingresso: (1) V o =mv i + q con m e q costanti. 1.1 Caratteristiche dell A.O. ideale L analisi di circuiti comprendenti uno o più A.O. può essere condotta in modo sorprendentemente semplice se si suppone che gli A.O. siano ideali. Scopo di questa unità è quello di far acquisire allo studente le abilità necessarie per analizzare tali circuiti. Solo dopo sarà possibile affrontare lo studio degli A.O. reali in relazione a quanto le prestazioni di questi si discostano dagli A.O. ideali. Indichiamo con il terminale + l ingresso non invertente e con quello l ingresso invertente (fig. 1). Sia chiaro che questi segni non hanno nulla a che vedere con la polarità delle possibili tensioni di ingresso. Infatti le tensioni di ingresso possono assumere, rispetto alla massa di riferimento, valori sia negativi che positivi. Essi si riferiscono, invece, ai segni dei guadagni di tensione relativi a ciascun ingresso: A v+ (guadagno rispetto all ingresso non invertente; si tratta di un numero costante e positivo); e A v- (guadagno rispetto all ingresso invertente; anch esso è un numero costante ma negativo). Idealmente questi due guadagni sono uguali fra loro in modulo (ciò lo si afferma dicendo che in un A.O. ideale vi è perfetto bilanciamento). Applicando il principio della sovrapposizione degli effetti (operazione possibile in quanto l A.O. è da considerarsi, idealmente, un componente lineare) si trova: v o '=v 1 A v+ v o ''=v 2 A v- v o = v o ' + v o '' = v 1 A v+ + v 2 A v- Se consideriamo l A.O. ideale possiamo scrivere: (2) A v+ = A v- = A v pag. 3

e, quindi: (3) v o = (v 1 - v 2 ) A v = v d A v dove con: (4) v d = (v 1 - v 2 ) viene indicata la tensione differenziale di ingresso. Da ciò possiamo affermare che l'a.o. è un amplificatore differenziale in quanto in uscita troviamo, amplificata, la differenza tra le tensioni di ingresso applicate ai morsetti invertente e non invertente. La figura 2 illustra il circuito equivalente di un A.O. ideale. Si può notare che la resistenza R i, misurata tra i due morsetti di ingresso, è infinita (osservare il circuito aperto). Si può altresì notare che la resistenza d'uscita è nulla (il generatore dipendente all'uscita, infatti, è ideale e privo di resistenza interna). Cerchiamo di comprendere le implicazioni delle ultime due affermazioni. L'ipotesi di R i = implica che non vi può essere alcuna corrente entrante o uscente dai due terminali di ingresso. Perciò quando due o più rami vengono collegati ad uno dei due morsetti di ingresso sarà possibile applicare il primo principio di Kirchhoff ponendo, comunque, la corrente verso tale morsetto uguale a zero. L'ipotesi di R o =0 comporta che la tensione d'uscita v o sia insensibile alle variazioni del carico. Ciò significa che un A.O. produce una certa tensione d'uscita indipendentemente dalla corrente richiesta dal carico. L'ipotesi di un guadagno di tensione infinito è forse la più delicata. Dalla (3) possiamo infatti scrivere: (5) v d = v o / A v La tensione d'uscita deve comunque avere un valore finito (generalmente sempre inferiore alla tensione di alimentazione). Facendo tendere ad infinito il guadagno si ottiene: Ciò mostra che v d tende a zero. Ma ciò significa che v 1 tende a v 2. Ovvero le tensioni dei due ingressi sono costrette ad assumere lo stesso valore. Questo concetto viene spesso richiamato come corto circuito virtuale (o massa virtuale). In realtà v d non è proprio nulla. Essa, però, assume un valore piccolissimo che, moltiplicato per l'altissimo valore del guadagno produce un valore finito e diverso da zero. Facciamo un esempio numerico con valori tipici: supponiamo un guadagno pari a 10 5 ed una tensione differenziale di 30 µv. Avremmo, in tal caso, un'uscita pari a: v o = v d A v = 30 10-6 10 5 = 3V In conclusione v d non è mai nulla e A v non raggiunge mai un valore pari ad infinito. Ma le ipotesi ideali v d =0 e A v = sono estremamente convenienti per l'analisi di uno schema comprendente A.O.. Va comunque detto che nonostante si faccia l ipotesi che i due terminali di ingresso siano allo stesso potenziale essi non devono mai essere collegati assieme: tra essi, come abbiamo appena visto, deve sempre sussistere una piccola d.d.p. necessaria affinché il circuito (reale) funzioni correttamente. Ciò non pag. 4

sarebbe possibile se invece i due terminali di ingresso fossero collegati tra loro. In figura 3, invece, abbiamo il circuito equivalente di un A.O. più vicino a quello reale: sono presenti, infatti, sia la R i che la R o. 1.2 La configurazione invertente Assieme alla configurazione non invertente è una delle due principali configurazioni lineari dell'a.o.. Prima di addentrarci nell'analisi di questo schema è doverosa un'osservazione: l'a.o. non può essere utilizzato senza l'aggiunta di componenti esterni. Se, infatti, provassimo ad applicare sull'ingresso invertente una tensione v s dovremmo osservare, in uscita, una tensione: (7) v o = v s A v essendo A v idealmente infinito, in pratica molto grande, anche v o tenderebbe all'infinito (figura 4). Ma il massimo valore positivo che la tensione d'uscita può assumere è quello dell'alimentazione (V cc ) - in realtà un po' meno - e, pertanto, in tali condizioni l'uscita assumerà proprio tale valore. Facciamo un esempio. Se consideriamo: A v =10 5 e v s =-1mV otterremmo, per l'uscita, un valore pari a 100V. Ma se l'operazionale viene alimentato con due tensioni di +15V e - 15V, allora l'uscita non potrà assumere un valore superiore a +15V. In tal modo viene a cadere la linearità richiesta. La figura 5 mostra quanto detto: se v s si mantiene all'interno dell'intervallo (v s1,v s2 ) allora la risposta sarà lineare. Al di fuori di tale intervallo la risposta non sarà più in grado di seguire le variazioni di v s. Calcoliamo v s1 e v s2 con i valori indicati. pag. 5

A questo punto siamo in grado di esaminare la configurazione invertente indicata in figura 6. Supponendo un funzionamento lineare (e ciò significa che la tensione d'ingresso deve essere sufficientemente piccola da non mandare in saturazione l'operazionale) possiamo imporre l'uguaglianza delle tensioni sui due morsetti di ingresso dell'a.o.: (8) v - = v + Il terminale invertente costituisce quindi una massa virtuale: ciò significa che pur non essendo collegato a massa si comporta, dal punto di vista delle tensioni, come se lo fosse. Dal momento che la corrente di ingresso dell'a.o. è nulla, a causa della resistenza di ingresso infinita, possiamo dire che tutta la corrente che scorre in R s è la stessa che poi circola in R f. Calcoliamo allora queste correnti: (9) I s = (v s - 0) / R s = v s / R s (10) I f = (0 - v o ) / R f = -v o / R f Uguagliando le relazioni (9) e (10) si ottiene: (11) v s / R s = -v o / R f Da cui: (12) v o / v s = - R f / R s E' questo il guadagno di tensione ad anello chiuso di questa configurazione. Viene denominato in questo modo per distinguerlo dal guadagno dell'esclusivo operazionale (denominato ad anello aperto) e perché è presente un anello, costituito dallo stesso operazionale e dalla resistenza R f. Facciamo l'analisi della relazione (12). Il guadagno ad anello chiuso è un semplice rapporto tra resistori che, per loro natura, sono componenti estremamente stabili. Esso, inoltre, è indipendente dal guadagno ad anello aperto. Il segno meno indica che il segnale in uscita è in opposizione di fase rispetto a quello applicato in ingresso (ciò significa che quando il segnale di ingresso assume valori positivi quello d'uscita assume valori negativi e viceversa). L'impedenza di ingresso di questo circuito la otteniamo facendo il rapporto tra la tensione del generatore d'ingresso e la corrente che tale generatore eroga: (13) R if = v s / I s = R s Quindi la resistenza di ingresso di questa configurazione coincide con la R s. Lo studente faccia bene attenzione a non confondere la resistenza di ingresso di questa configurazione (che indichiamo con con R if ) con quella dell'a.o. che, idealmente, è stata ipotizzata pari ad infinito (che invece indichiamo con R i ). La resistenza d'uscita R of, non lo dimostriamo, è nulla. pag. 6

1.3 La configurazione non invertente E' denominata in questo modo in quanto il segnale in uscita risulta in fase con quello di ingresso. Osserviamo dalla figura 7 che il segnale di ingresso è applicato direttamente all'ingresso non invertente. Nell'ipotesi di funzionamento lineare si ha che: (14) v - = v + = v s Da ciò discende che le correnti in R s e in R f sono: (15) I s = (v s - 0) / R s = v s / R s (16) I f = (v o - v s )/R f Eguagliando queste due espressioni, in forza di R i =, si ottiene: (17) (v o - v s )/R f = v s /R s da cui: v o /R f = v s (1/R s + 1/R f ) v o = v s (R f /R s + R f / R f ) v o = v s (R f /R s + 1) (18) v o / v s = 1 + R f / R s La (18) esprime il guadagno di tensione ad anello chiuso. Per esso si possono fare le stesse considerazioni già espresse per il guadagno della configurazione invertente: stabile, e indipendente dal guadagno ad anello aperto. La resistenza di ingresso di questa configurazione, procedendo come già visto per la configurazione invertente, la determiniamo facendo il rapporto tra il generatore v s e la corrente da esso erogata. Essendo però tale corrente nulla, in quanto il morsetto + non assorbe corrente, si ottiene: (19) R if = La resistenza d'uscita R of, anche in questo caso non lo dimostriamo, è nulla. 1.3.1 L inseguitore di tensione Un caso particolare di amplificatore non invertente è costituito dal circuito inseguitore di tensione, il cui schema è riportato nella figura 8. Il guadagno ad anello chiuso può essere ricavato dalla (18) considerando la situazione limite: R f = 0 R s = ottenendo: (20) A v = v o / v s = 1 Lo studente potrebbe chiedersi quale sia l'utilità di un simile circuito, ma, se si tiene presente che, almeno nel caso ideale, l'impedenza di ingresso è infinita e quella di uscita è nulla, si comprenderà come il circuito stesso possa presentare un effettivo guadagno di potenza. I circuiti inseguitori vengono usati quando è richiesto di adattare l'impedenza di una sorgente di tensione di segnale, generalmente non sufficientemente bassa, all'impedenza di ingresso di un amplificatore di tensione, praticamente non infinita. pag. 7

1.4 Il sommatore La figura 9 illustra l'a.o. in configurazione sommatore invertente. E' riferito al caso di tre ingressi ma, in generale, possono essere applicati ad esso n ingressi. E' un circuito che deriva dalla configurazione invertente. Il morsetto non invertente, come sappiamo, è un punto di massa virtuale. Pertanto, la corrente che scorre nel resistore R 1, applicando la legge di Ohm, si determina: (21) I 1 = (V 1-0) / R 1 = V 1 / R 1 Per le correnti I 1 e I 2, analogamente, possiamo scrivere: I 2 = (V 2-0) / R 2 = V 2 / R 2 e I 3 = (V 3-0) / R 3 = V 3 / R 3 La corrente che scorre in R f, sempre applicando la legge di Ohm, si ottiene nel seguente modo: (22) I f = (0 - V o ) / R f = -V o / R f Ed ora applichiamo il primo principio di Kirchhoff al morsetto (-): I f = I 1 + I 2 + I 3 Da cui, sostituendo, si ottiene: -V o / R f = V 1 / R 1 + V 2 / R 2 + V 3 / R 3 ed infine, per la tensione d'uscita, avremo: (23) V o = - R f (V 1 / R 1 + V 2 / R 2 + V 3 / R 3 ) Da cui il nome del circuito. Ponendo tutti i resistori eguali tra loro si ottiene: (24) V o = - (V 1 + V 2 + V 3 ) Il circuito ben si presta alla realizzazione di una particolare combinazione lineare delle tensioni di ingresso. La (23), infatti, può anche essere riscritta come: (25) V o = - (a 1 V 1 + a 2 V 2 + a 3 V 3 ) dove: a 1 = R f / R 1 a 2 = R f / R 2 a 3 = R f / R 3 pag. 8

E quindi se, ad esempio, volessimo ottenere la media ponderata di tre tensioni secondo i pesi: p 1 =0.5 p 2 =0.3 p 3 =0.2 sarebbe sufficiente porre: R f / R 1 = 0.5 R f / R 2 = 0.3 R f / R 3 = 0.2 1.5 L'amplificatore differenziale E' un circuito che produce in uscita la differenza, eventualmente amplificata, tra due segnali applicati ad i suoi ingressi. E' quindi un circuito con due ingressi. L'A.O. è per sua natura un amplificatore differenziale. Non è però possibile impiegarlo in modo naturale a causa del suo elevatissimo guadagno che porterebbe l'uscita in saturazione anche per piccole tensioni di ingresso. E allora necessario provvedere ad un opportuna reazione negativa, realizzabile con la solita resistenza R f posta tra uscita e morsetto invertente, per abbassare il guadagno a livelli accettabili. La figura 10 illustra lo schema di un differenziale realizzato con amplificatore operazionale. L'analisi di tale schema si effettua applicando il principio della sovrapposizione degli effetti e facendo agire, singolarmente, i due generatori v 1 e v 2. Eseguiamo tale analisi. 1 effetto - agisce v 1 In tal caso il generatore di tensione v 2 deve essere cortocircuitato. Ciò significa che il nodo dove in fig. 10 è collegato v 2 deve essere connesso a massa. Si ottiene allora lo schema di fig. 11. Osservando tale schema lo studente dovrebbe riconoscere la configurazione non invertente di figura 7 (pag. 7) in precedenza esaminata. Con una lieve differenza: che la tensione da amplificare non è applicata direttamente sul morsetto (+). Tra tale morsetto e massa vi è invece la d.d.p. ai capi del resistore R 2. Questa tensione si calcola applicando la regola del partitore di tensione. Ovvero: v + =v 1 R 2 / (R 1 +R 2 ) Per la tensione d'uscita, ricordando la (18) - pag. 7 -, otteniamo: v o '=(1+R 4 /R 3 ) v + = v 1 (1+R 4 /R 3 ) R 2 / (R 1 +R 2 ) pag. 9

2 effetto - agisce v 2 In tal caso è il generatore di tensione v 1 a dover essere cortocircuitato. Ciò significa che il nodo dove in fig. 10 è collegato v 1 deve essere connesso a massa. Si ottiene allora lo schema di fig. 12. Osservando tale schema lo studente dovrebbe riconoscere la configurazione invertente di figura 6 (pag. 6) prima esaminata. I resistori R 1 ed R 2 essendo collegati ad un ingresso aperto e, quindi, non scorrendo corrente in essi, non determinano ai loro capi alcuna d.d.p.. Pertanto il morsetto (+) è come se fosse direttamente connesso a massa. Per la tensione d'uscita possiamo allora scrivere: v'' o = - R 4 / R 3 v 2 Sommando entrambi gli effetti otteniamo la tensione d'uscita effettiva: (26) v o =v' o +v'' o = v 1 (1+R 4 /R 3 )R 2 /(R 1 +R ) - R 4 /R 3 v 2 =A 1 v 1 - A 2 v 2 E' abbastanza agevole verificare che se si pone: R 2 /R 1 = R 4 /R 3 = A d Si ottiene: (27) v o =A d (v 1 - v 2 ) 1.5.1 Importanza dell'amplificatore differenziale Sono due, principalmente, le ragioni che suggeriscono l'uso di un amplificatore differenziale: 1) la misura tra due punti di un circuito, nessuno dei quali è posto a massa; 2) la misura di segnali di debole entità in presenza di disturbi. Consideriamo la figura 13: si tratta del noto ponte di Wheatstone. Si può dimostrare che con tale circuito è possibile eseguire la misura di resistori incogniti. Per far ciò occorre prima porre in equilibrio il ponte. Ciò significa che la d.d.p. tra i punti D e B deve essere nulla. Quando ciò si verifica si può dimostrare che: R 1 R x =R 2 R 3 e, quindi: R x =R 2 R 3 / R 1 posto a massa. L'equilibrio del ponte viene raggiunto variando il valore dei resistori noti: R 1, R 2, ed R 3. L'uso dell'amplificatore differenziale è qui giustificato dalla necessità di misurare la V DB. Infatti, come si osserva dal circuito di figura, nessuno di questi due punti è Il ponte può essere usato nel campo dell'acquisizione di grandezze fisiche per mezzo di specifici trasduttori. Il problema verrà affrontato in un'altra unità. Occorre considerare che per quanto riguarda i disturbi, quando si opera in ambienti particolarmente rumorosi, lungo il collegamento tra la sorgente del segnale e l'amplificatore è facile che alcuni di questi pag. 10

vengano captati. Essi sono sempre interpretabili come un generatore equivalente di tensione V n. Se si usa un amplificatore differenziale e si ha l'accortezza di tenere i due conduttori di raccordo tra amplificatore e sorgente affiancati (meglio ancora intrecciati - twisted -) è possibile ritenere i disturbi captati dai due tratti di conduttore uguali. In tal modo, poiché il disturbo è lo stesso a tutti e due gli ingressi, il suo effetto non si ripercuote sull'uscita. 1.6 Il rapporto di reiezione di modo comune Il rapporto di reiezione di modo comune, indicato dal costruttore con l'acronimo CMRR (common mode rejection ratio), esprime la capacità dell'amplificatore differenziale di essere insensibile alla componente di segnale comune presente contemporaneamente ai due ingressi. Prendiamo ancora una volta in considerazione la figura 1 (pag. Errore. Il segnalibro non è definito.) ed approfondiamo l'analisi teorica dell'amplificatore differenziale. Sappiamo che idealmente i guadagni rispetto ai due ingressi, in modulo, sono uguali: (28) A v+ = A v- = A d In realtà, poiché questo non si verifica, è possibile notare l'esistenza di un segnale in uscita all'amplificatore differenziale anche quando i segnali ai due ingressi sono uguali. Definiamo tensione differenziale di ingresso, e la indichiamo con v d, la differenza tra i segnali applicati agli ingressi (+) e (-): (29) v d = v 1 - v 2 mentre con tensione di modo comune in ingresso, che indichiamo con v cm, rappresentiamo la media delle tensioni v 1 e v 2 : (30) v cm = (v 1 + v 2 )/2 Se poniamo a sistema le equazioni (29) e (30) e risolviamo rispetto a v 1 e v 2 otteniamo: (31) v 1 = v cm + 1/2 v d e v 2 = v cm - 1/2 v d La tensione di uscita è legata a quelle di ingresso dalla relazione: (32) v o = v 1 A v+ - v 2 A v- Sostituiamo, in quest'ultima relazione, le espressioni di v 1 e v 2 date dalle (31). Otteniamo: (33) v o = (v cm + 1/2 v d ) A v+ - (v cm - 1/2 v d ) A v- v o = (A v+ - A v- ) v cm + 1/2(A v+ + A v- ) v d v o = A d v d + A cm v cm dove si è posto: (34) A d = 1/2(A v+ - A v- ) e A cm = (A v+ - A v- ) A d è il guadagno differenziale e corrisponde alla media dei due guadagni invertente e non invertente. Nel caso di perfetto bilanciamento A d corrisponde al modulo di uno dei due (A.O. ideale). A cm esprime il guadagno di modo comune, pari alla differenza degli stessi due guadagni. Nel caso ideale, questo parametro è nullo. Definiamo con CMRR il rapporto tra questi due guadagni. pag. 11

(35) CMRR = A d / A cm Idealmente il CMRR è infinito. Nella realtà, per un buon A.O., la capacità di essere insensibile al segnale di modo comune si esprimerà attraverso un CMRR il più elevato possibile. 2. Alimentazione di un A.O. L'alimentazione rappresenta la fonte di energia necessaria per poter far funzionare correttamente un A.O. (essa è necessaria per la polarizzazione dei transistori interni all'operazionale). Essa è costituita da una sorgente di tensione continua (come quella di una batteria). Può essere di due tipi: duale e singola. La prima consiste nell'applicare due tensioni di alimentazione, una positiva (+V cc ) e l'altra negativa (-V cc ), entrambe riferite ad un potenziale di massa. Queste due tensioni vanno applicate su due pin specifici così come indicato dal costruttore nel rispettivo datasheet. Solitamente queste due tensioni hanno lo stesso valore. L'alimentazione singola consiste nell'applicare una sola tensione V cc. I valori attribuibili alla tensione di alimentazione variano da +/-3V a +/-22V in base al modello di A.O.. I limiti inferiore e superiore della tensione d'uscita di un A.O., spesso indicati con -V sat (o V OL ) e +V sat (o V OH ), dipendono dalle tensioni di alimentazione +V cc e -V cc. Per un A.O. alimentato con +15V e -15V, ad esempio, si hanno tensioni di saturazione prossime a +/-13V. Per i valori precisi, comunque, è bene riferirsi al datasheet del costruttore. A tal proposito si può condurre un'esperienza di misure per verificare quanto sopra ed acquisire dimestichezza con questi concetti. Se consideriamo la configurazione invertente dell'a.o. (fig. 6 pag. 6) con R s =10 kω, V i =1V possiamo notare come varia la tensione d'uscita al variare del resistore R f. La figura 14 ci mostra, ad esempio, che per R f =10 kω la tensione d'uscita vale -1V. Infatti: A v =-R f /R s = - 1 v o =A v v i = - 1V Al crescere di R f cresce, in modulo, la tensione d'uscita. Per R f = 50kΩ, ad esempio, la tensione d'uscita vale -5V (come è facile verificare teoricamente). A valori di R f superiori a circa 130 kω, in corrispondenza del quale la v o vale - 13V, corrispondono valori della tensione d'uscita non più proporzionali. Questa, infatti, comincia a saturare ed oltre un certo valore di tensione (dipendente dalla tensione di alimentazione) non cresce più. Un'altra caratteristica degli A.O. reali della quale è bene che lo studente tenga conto è la protezione contro i sovraccarichi di corrente. Se consideriamo la figura 15 e facciamo diminuire il carico R L l'uscita dell'operazionale sarà interessata da una corrente via via maggiore. Superato un certo valore di tale corrente, tipicamente attorno ai (20-25) ma, si ha l'intervento descritto prima ed illustrato dal grafico di figura 16. Nel grafico è anche possibile osservare che la tensione d'uscita rimane praticamente costante fino all'intervento della protezione. E ciò a conferma della resistenza d'uscita particolarmente bassa dell'a.o.. pag. 12

Approfondimento Perchè affermiamo che in un A.O. retroazionato negativamente esiste un corto circuito virtuale tra i due ingressi? La relazione (5) - pag. 4 -, ed il successivo passaggio al limite, ce ne hanno fornito una giustificazione matematica. Ma qual è la ragione fisica di questo corto circuito esistente tra gli ingressi? Proviamo ad indagarla assieme. La figura 7 (pag. 7) illustra la ormai nota configurazione invertente. Sul morsetto (+) è applicata la tensione di ingresso v s. Facciamo vedere, allora, che anche sul morsetto (-) viene a costituirsi, rispetto a massa, la stessa tensione v s. Supponiamo, tanto per fissare le idee, che R s sia eguale ad 1 kω e che R f sia pari a 3 kω. Analizziamo ora questo schema secondo il punto di vista della reazione. Indichiamo con A VOL il guadagno ad anello aperto. Avremo, quindi, che: v o =A vol (v + - v - ) = A vol (v s - v - ) ma v - corrisponde alla tensione sul morsetto (-) la quale, a sua volta, è dovuta al partitore della tensione d'uscita v o : v - = v o R s / (R s +R f ) = βv o dove: β = R s / (R s + R f ) quindi: v o = A vol (v s - v - ) = A vol (v s - βv o ) riordinando: v o + A vol βv o = A vol v s v o (1+ A vol β) = A vol v s v o / v s = A vol / (1+ A vol β) che è il guadagno ad anello chiuso. Da quest'ultima formula si osserva che se A VOL β>>1 (condizione generalmente soddisfatta per qualunque A.O.) si ottiene: v o / v s = 1/β = (R s +R f ) / R s = 1 + R f /R s Questo risultato è analogo a quello già trovato nella relazione (18) - pag. 7 - procedendo per altra via e supponendo la resistenza di ingresso pari ad infinito ed il corto circuito virtuale tra i morsetti (+) e (-) dell'a.o.. Ora cerchiamo di capire, con un esempio numerico, quello che accade fisicamente nell'a.o.. Ipotizziamo, per fissare le idee, che la tensione di ingresso, ad un certo istante t 0, sia pari ad 1V. La tensione d'uscita comincerà a crescere in quanto essa deve rispettare la relazione: v o = A vol (v + - v - ) = A vol v d pag. 13

e, almeno inizialmente, la tensione sul morsetto (-) si trova a zero. Quando la tensione d'uscita giunge a 0.1V, ad esempio, grazie alla partizione β si avrà che sul morsetto (-) sarà presente una tensione di 0.025V. All'istante successivo la tensione v o continuerà a crescere ed un quarto di questa verrà sempre applicata sul morsetto (-). La tensione differenziale v d, pertanto, tenderà sempre più a decrescere (rispetto all'istante di origine t 0 ). Quando la tensione d'uscita raggiunge, nel nostro caso, il valor di +4V si avrà, sul morsetto (-), una tensione di +1V (circa). E questo sarà il momento in cui la crescita di v o si arresterà. Infatti, idealmente, la tensione differenziale è giunta a zero. In pratica, ipotizzando un guadagno ad anello aperto A VOL = 100.000, avremo che dovrà valere la relazione: v d = v o /A vol = 4/100.000 = 40 µv Ed è proprio tale tensione, che amplificata per A VOL, consente di ottenere un uscita pari a 4V. pag. 14