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1. L insieme R. Per lo svolgimento del corso risulta particolarmente utile considerare l insieme R = R {, + }, detto anche retta reale estesa, che si ottiene aggiungendo all insieme dei numeri reali R i due elementi e +. L uso dell insieme R consente infatti, in parecchie circostanze, di semplificare notevolmente l esposizione degli argomenti. 1.1. Ordinamento, aritmetica e convergenza di successioni e serie in R. All insieme R si estendono alcune delle strutture (ordinamento, operazioni aritmetiche, topologia ecc.) possedute dall insieme dei numeri reali. La prima struttura di cui possiamo dotare R è quella di insieme parzialmente ordinato. Prolunghiamo l ordinamento aritmetico dall insieme R a tutto l insieme R convenendo che sia: x, x + x R. È evidente che, in questo modo, R diventa un insieme parzialmente ordinato, anzi totalmente ordinato (due qualsiasi elementi di R sono confrontabili). È inoltre facile verificare che l insieme parzialmente ordinato R è completo, vale a dire, dato un qualsiasi sottoinsieme non vuoto X di R, esistono sia l estremo inferiore cioè il massimo dell insieme dei minoranti che l estremo superiore cioè il minimo dell insieme dei maggioranti dell insieme X. Per mezzo dell ordinamento possiamo definire il minimo ed il massimo limite e la convergenza di una successione di elementi di R nella seguente maniera. Sia {x n } una successione di elementi di R. Indichiamo con E l insieme degli elementi e R che sono minoranti definitivi della successione {x n }, cioè hanno la proprietà: (1.1.1) n N : e x n n n (osserviamo che E in quanto, in ogni caso, E ). Analogamente, indichiamo con E l insieme dei maggioranti definitivi di {x n }. Poniamo, per definizione, lim x n = sup E, lim x n = inf E. Ovviamente si ha, qualunque sia la successione {x n }, e e e E, e E 1

e quindi lim x n lim x n. Si dice che la successione {x n } è convergente se accade che lim x n = lim x n. In questo caso l elemento x di R che coincide sia con il lim x n che con il lim x n si chiama il limite della successione {x n }, e si scrive risulta lim x n = x. Ritornando al minimo ed al massimo limite, osserviamo che, posto (1.1.2) lim e n = inf x k, e n = sup x k n N, k n x n = sup k n e n, lim x n = inf e n. Infatti ogni e n, n N, è un minorante definitivo di {x n }, pertanto sup e n sup E. Viceversa, per ogni e E, dato che vale la (1.1.1), si ha e quindi e e n sup e n sup E sup e n. Rimane così dimostrata la prima delle (1.1.2). In modo del tutto analogo si prova la seconda. Dalla precedente osservazione segue che per una successione di elementi di R le nozioni di minimo e massimo limite e quindi anche quella di limite che si ottengono come casi particolari di quelle adesso introdotte per le successione di elementi di R, coincidono con quelle del corso di Analisi I. Vi è solo una piccola differenza di terminologia riguardante le successioni {x n } di elementi di R che hanno come limite o + ; tali successioni, infatti, nell ambiente R vengono dette convergenti anzichè divergenti. Anche in R vale il teorema di esistenza del limite delle successioni monotòne. Teorema 1.1.1. (Convergenza delle successioni monotòne). In R ogni successione {x n } non decrescente [risp. non crescente] è convergente e risulta [ ] lim x n = sup x n risp. lim x n = inf x n. 2

Dimostrazione. Se la successione {x n } è non decrescente ogni suo termine x n è un minorante definitivo di {x n } e quindi è minore o uguale al lim x n ; di conseguenza si ha: sup x n lim x n. D altra parte, per ogni successione {x n } è vero che: lim x n lim x n sup x n. Dalle precedenti disuguaglianze segue, ovviamente, la tesi. Analogamente si ragiona se {x n } è non crescente. Passiamo ora ad occuparci delle operazioni aritmetiche. Prolunghiamo a R le due operazioni di addizione e di moltiplicazione definite in R ponendo: (+ ) + a = a + (+ ) = + a R \ { }, ( ) + a = a + ( ) = a R \ {+ }, (+ ) a = a (+ ) = +, ( ) a = a ( ) = a ]0, + ] ( 1 ), (+ ) a = a (+ ) =, ( ) a = a ( ) = + a [, 0[, (+ ) 0 = 0 (+ ) = ( ) 0 = 0 ( ) = 0. Osserviamo che in questo modo, mentre la moltiplicazione è effettivamente un operazione definita in R (il prodotto x y è stato definito per ogni x, y R), per l addizione ciò non è propriamente vero poichè le somme (+ ) + ( ) e ( ) + (+ ) non sono state definite (e non lo saranno). Ciò non di meno, seguiteremo a parlare, con lieve abuso di linguaggio, di operazione di addizione di R. Si può facilmente verificare che l addizione e la moltiplicazione di R sono entrambe commutative e associative e inoltre la moltiplicazione è distributiva rispetto all addizione. Occasionalmente ci capiterà di considerare l opposto di un elemento x di R, indicato con x e definito nel modo più ovvio ( x coincide con l opposto di x in R se x R ed è uguale a [risp. + ] se x = + [risp. x = ]), e la differenza di due elementi x e y di R, che si indica con x y ed è uguale, per definizione, alla somma x + ( y), sempreché tale somma abbia senso. ( 1 ) Gli intervalli di R si definiscono nella maniera più ovvia; ad esempio: ]0, + ] = {x R : 0 < x + } = ]0, + [ {+ }. 3

È bene osservare esplicitamente che in R la legge di cancellazione dell addizione vale nella seguente forma: a + c = b + c, c R = a = b (l ipotesi c R è essenziale; infatti, ad es., 5 + (+ ) = 7 + (+ ) ma 5 7). Ritornando alla convergenza delle successioni, notiamo che anche in R continuano a valere i teoremi sul limite della successione somma e della successione prodotto, già noti nel caso delle successioni a termini reali; omettiamo, per brevità, la verifica di ciò (naturalmente, anche in R si ha che + e 0 sono forme indeterminate). Occupiamoci, infine, del concetto di somma di una serie di elementi di R. Data una successione {y n } di elementi di R, diciamo che la serie n=1 y n è convergente se accade che: 1) {, + } {y 1, y 2,...} (il codominio della successione {y n } non contiene entrambi gli elementi e + ), e inoltre: 2) la successione delle somme parziali {S n }, definita ponendo S n = y 1 +... + y n per ogni n N, è convergente (notiamo che la somma y 1 +... + y n ha sicuramente senso per via della condizione 1)). Se la serie n=1 y n è convergente chiamiamo somma di tale serie l elemento y R dato da: y = lim S n, e scriviamo: y n = y. n=1 Come in R, anche in R è vero che le serie a termini non negativi sono sempre dotate di somma. Teorema 1.1.2. (Convergenza delle serie a termini non negativi). In R ogni serie n=1 y n a termini non negativi è convergente e risulta n=1 y n = sup (y 1 +... + y n ). Dimostrazione. L asserto segue subito dal Teorema 1.1.1 in quanto la successione delle some parziali è non decrescente. 4

1.2. La topologia di R. Come abbiamo già anticipato, l insieme R viene munito anche della struttura di spazio topologico. La topologia di cui abitualmente viene dotato R è la topologia associata ad una qualunque delle metriche d ϕ su R che si ottengono mediante il procedimento di seguito descritto. Consideriamo una qualunque funzione ϕ : R R avente le seguenti proprietà: i) ϕ è continua in R, ii) ϕ è crescente in R, iii) ϕ è limitata in R (cioè esistono h, k R tali che h ϕ(x) k x R). Da ii) e iii) segue che ciascuno dei due limiti lim x ϕ(x) e lim x + ϕ(x) esiste finito. Inoltre, tenuto conto di i), si ha che, posto lim ϕ(x) = a, x lim ϕ(x) = b, x risulta ϕ(r) =]a, b[. Prolunghiamo la funzione ϕ a tutto R ponendo: In questo modo si ha ϕ(r) = [a, b] e inoltre ϕ( ) = a, ϕ(+ ) = b. x, y R, x < y = ϕ(x) < ϕ(y), dunque ϕ è una bigezione tra R e [a, b]. Posto, infine, d ϕ (x, y) = ϕ(x) ϕ(y) x, y R, è immediato verificare che la funzione d ϕ : R R R così definita è una metrica su R. Evidentemente, le metriche d ϕ che si ottengono al variare della funzione ϕ : R R verificante le condizioni i) - iii) sono, in generale, tra loro diverse ( 2 ). Tuttavia, esse determinano su R tutte quante la medesima topologia. Si ha infatti la seguente proposizione. Proposizione 1.2.1. (Caratterizzazione dei punti interni a un insieme nello spazio metrico (R, d ϕ ) ). Sia ϕ : R R una funzione avente le proprietà i) - iii) e sia d ϕ la corrispondente metrica su R. Se X è un qualunque sottoinsieme di R e X denota l interno di X nello spazio metrico (R, d ϕ ), vale la seguente caratterizzazione dei punti appartenenti a X. ( 2 ) Precisamente, si ha che, date due funzioni ϕ 1, ϕ 2 : R R, verificanti le i) - iii), risulta d ϕ1 = d ϕ2 se e solo se la differenza ϕ 1 ϕ 2 è una funzione costante. 5

Se x 0 R, allora: (1.2.1) x 0 X δ > 0 : ]x 0 δ, x 0 + δ[ X ; inoltre: (1.2.2) X β R : [, β[ X ; (1.2.3) + X α R : ]α, + ] X. Dimostrazione. Dire che x 0 X equivale a dire che esiste ε > 0 tale che cioè {x R : d ϕ (x, x 0 ) < ε} X, (1.2.4) {x R : ϕ(x) ϕ(x 0 ) < ε} X. Supponiamo che x 0 R. Poiché la funzione ϕ è continua in x 0, per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che ]x 0 δ, x 0 + δ[ {x R : ϕ(x) ϕ(x 0 ) < ε}. Ciò prova l implicazione = nella (1.2.1). Per provare l implicazione contraria è sufficiente osservare che, viceversa, per ogni δ > 0 esiste ε > 0 tale che infatti, scegliendo si ha che da segue e quindi, dato che ϕ è crescente, {x R : ϕ(x) ϕ(x 0 ) < ε} ]x 0 δ, x 0 + δ[ ; 0 < ε < min{ϕ(x 0 ) ϕ(x 0 δ), ϕ(x 0 + δ) ϕ(x 0 )}, ϕ(x 0 ) ε < ϕ(x) < ϕ(x 0 ) + ε ϕ(x 0 δ) < ϕ(x) < ϕ(x 0 + δ) x 0 δ < x < x 0 δ. Consideriamo adesso il caso del punto x 0 =. La (1.2.4) adesso si scrive {x R : ϕ(x) a < ε} X. 6

Ma, essendo lim x ϕ(x) = a, per ogni ε > 0 esiste β R tale che ], β[ {x R : ϕ(x) a < ε}, da cui, dato che il punto soddisfa, ovviamente, la disequazione ϕ(x) a < ε, si ottiene [, β[ {x R : ϕ(x) a < ε}. Ciò prova l implicazione = nella (1.2.2). Per provare l implicazione contraria è sufficiente verificare che, viceversa, per ogni β R esiste ε > 0 tale che infatti, scegliendo 0 < ε < ϕ(β) a, si ha: {x R : ϕ(x) a < ε} [, β[ ; {x R : ϕ(x) a < ε} = {x R : a ϕ(x) < a + ε} {x R : a ϕ(x) < ϕ(β)} = [, β[. Il caso del punto x 0 = + si tratta in maniera perfettamente analoga. Osserviamo che la condizione necessaria e sufficiente per l appartenenza di un punto x 0 R all insieme X, espressa dalla precedente proposizione, è indipendente dalla funzione ϕ, dunque per ogni punto x 0 R si ha la seguente alternativa: o x 0 è interno a X in ognuno degli spazi metrici (R, d ϕ ) oppure x 0 non è interno a X in nessuno di tali spazi metrici. Conseguentemente, si ha la Proposizione 1.2.2. Se ϕ 1, ϕ 2 : R R sono due qualsiasi funzioni verificanti le condizioni i) - iii), la topologia dello spazio metrico (R, d ϕ1 ) e quella dello spazio metrico (R, d ϕ2 ) coincidono. Dimostrazione. Occorre provare che ogni insieme A R che è aperto nello spazio metrico (R, d ϕ1 ) lo è anche in (R, d ϕ2 ) e viceversa. E infatti, se A è aperto in (R, d ϕ1 ), allora ogni punto x A è interno ad A nello spazio metrico (R, d ϕ1 ) e quindi, per quanto sopra osservato, anche nello spazio metrico (R, d ϕ2 ), dunque A è aperto anche in (R, d ϕ2 ). Per completare la dimostrazione basta osservare che i ruoli delle due funzioni ϕ 1 e ϕ 2 nel precedente ragionamento sono perfettamente simmetrici. Un altra importante conseguenza della Proposizione 1.2.1 è che la topologia determinata sull insieme R dei numeri reali dalla restrizione a R R di una qualunque delle metriche d ϕ (restrizione che, per semplicità, continueremo ad indicare con lo stesso simbolo d ϕ ) coincide con la topologia individuata dalla metrica usuale d: d(x, y) = x y x, y R. 7

Proposizione 1.2.3. Se ϕ : R R è una qualsiasi funzione verificante le condizioni i) - iii), la topologia dello spazio metrico (R, d ϕ ) e quella dello spazio metrico (R, d) (d metrica usuale su R) coincidono. Dimostrazione. La dimostrazione si ottiene in maniera perfettamente analoga a quella della Proposizione 1.2.2, dopo aver osservato che, per ogni insieme X R ed ogni punto x 0 R, si ha l equivalenza: infatti: x 0 interno a X in (R, d ϕ ) x 0 interno a X in (R, d) ; x 0 interno a X in (R, d ϕ ) ( 3 ) x 0 interno a X in (R, d ϕ ) (Proposizione 1.2.1) δ > 0 : ]x 0 δ, x 0 + δ[ X x 0 interno a X in (R, d). Osservazione 1.2.1. Notiamo che, ora che l insieme R è stato dotato della topologia, per le successioni di elementi di R abbiamo a disposizione due nozioni di convergenza. Una convergenza è la convergenza nel senso dell ordinamento, introdotta nel paragrafo precedente, secondo la quale una successione {x n } converge ad un elemento x R se accade che (1.2.5) lim x n = lim x n = x. L altra è la convergenza nel senso della topologia : {x n } converge a x se per ogni intorno U di x esiste n N tale che x n U n n. In maniera del tutto equivalente, tenuto conto di come è stata definita la topologia di R, possiamo dire che {x n } converge a x nel senso della topologia se accade che: (1.2.6) ε > 0 ν N : d ϕ (x n, x) < ε n ν, essendo ϕ : R R una qualsiasi funzione verificante le condizioni i) - iii). Mostriamo, come è stato già fatto in Analisi I per le successioni a termini reali, che le due nozioni di convergenza sono equivalenti. ( 3 ) Per giustificare questo passaggio basta tenere presente che R è un insieme aperto dello spazio metrico (R, d ϕ ) (ciò segue facilmente dalla Proposizione 1.2.1) ed applicare la seguente proposizione di carattere generale sugli spazi metrici, la cui semplice verifica è lasciata per esercizio allo studente. Proposizione. Siano: (S, d S ) uno spazio metrico; R S un insieme aperto di (S, d S ), R ; d R la restrizione di d S a R R. Per ogni insieme X R ed ogni punto x 0 R vale allora l equivalenza: x 0 interno a X in (R, d R ) x 0 interno a X in (S, d S ). 8

Teorema 1.2.1. In R la convergenza nel senso dell ordinamento e la convergenza nel senso della topologia coincidono. Dimostrazione. Occorre provare che, per ogni successione {x n } di elementi di R ed ogni x R, vale l equivalenza: (1.2.5) (1.2.6). Proviamo l implicazione =. Dato ε > 0, dobbiamo far vedere che per n sufficientemente grande è soddisfatta la catena di disuguaglianze ϕ(x) ε < ϕ(x n ) < ϕ(x) + ε. Ci occupiamo soltanto della disuguaglianza di destra (analogamente si procede, con le dovute modifiche, per la disuguaglianza di sinistra). Se x = + è ovvio che risulta ϕ(x n ) < ϕ(x) + ε n N. Se x < +, utilizzando la continuità di ϕ nel punto x, se x R, ovvero il fatto che lim x ϕ(x) = ϕ( ), se x =, si ottiene, in ogni caso, l esistenza di un elemento x R, x > x, tale che ϕ(x ) < ϕ(x) + ε. Poichè x > x = lim x n = inf E, esiste e E tale che e < x ; ciò comporta che anche x è un maggiorante definitivo per la successione {x n } e di conseguenza si ha, per n sufficientemente grande, ϕ(x n ) ϕ(x ) < ϕ(x) + ε, come volevamo dimostrare. Proviamo adesso l implicazione =. Dimostriamo che (1.2.7) lim x n x (analogamente si prova che lim x e dalle due disuguaglianze segue la tesi). Se x = + la (1.2.7) è ovviamente verificata. Se x < + osserviamo che, per ogni x > x, scelto 0 < ε ϕ(x) ϕ(x), per n sufficientemente grande risulta ϕ(x n ) < ϕ(x) + ε ϕ(x) e quindi x n < x dato che ϕ è crescente; pertanto x è un maggiorante definitivo per la successione {x n }. Abbiamo così verificato l inclusione insiemistica ]x, + ] E ; ne segue che x = inf ]x, + ] inf E = lim x n. Occupiamoci adesso di un altra importante proprietà dello spazio topologico R, vale a dire della sua compattezza. 9

È necessario premettere alcune definizioni e un teorema sugli spazi metrici in generale. Dati due spazi metrici (S 1, d 1 ), (S 2, d 2 ), si chiama isometria di (S 1, d 1 ) in (S 2, d 2 ) ogni applicazione h : S 1 S 2 tale che d 2 (h(x ), h(x )) = d 1 (x, x ) x, x S 1. È ovvio che un isometria h è una funzione iniettiva e che la funzione inversa h 1 è, a sua volta, un isometria di h(s 1 ) dotato della restrizione della metrica d 2 in (S 1, d 1 ). Se l isometria h : S 1 S 2 è anche surgettiva si dice che h è un isometria di (S 1, d 1 ) su (S 2, d 2 ) (o tra (S 1, d 1 ) e (S 2, d 2 )). Due spazi metrici (S 1, d 1 ), (S 2, d 2 ) si dicono isometrici se esiste un isometria di uno dei due spazi (e quindi di ognuno dei due spazi) sull altro. Teorema 1.2.2. Se (S 1, d 1 ), (S 2, d 2 ) sono due spazi isometrici ed uno di essi è sequenzialmente compatto, anche l altro spazio è sequenzialmente compatto. Dimostrazione. Supponiamo che (S 2, d 2 ) sia sequenzialmente compatto ed indichiamo con h un isometria di (S 1, d 1 ) su (S 2, d 2 ). Sia {x n } una qualsiasi successione di elementi di S 1. Considerata la successione {h(x n )}, l ipotesi su (S 2, d 2 ) implica l esistenza di una successione estratta {h(x nk )} e di un elemento y S 2 tali che lim d 2(h(x nk ), y) = 0. k Poichè h è surgettiva esiste x S 1 tale che h(x) = y, quindi possiamo scrivere cioè, dato che h è un isometria, lim d 2(h(x nk ), h(x)) = 0, k lim d 1(x nk, x) = 0. k Abbiamo così provato che, nello spazio metrico (S 1, d 1 ), ogni successione {x n } ha un estratta convergente, dunque (S 1, d 1 ) è sequenzialmente compatto. Osserviamo adesso che, fissata una qualsiasi funzione ϕ : R R verificante le condizioni i) - iii), e considerato lo spazio metrico (R, d ϕ ), dalla definizione di d ϕ segue subito che l applicazione ϕ : R [a, b] è un isometria di (R, d ϕ ) su ([a, b], d) (dove d è la restrizione ad [a, b] [a, b] della metrica usuale su R). Pertanto, dato che ogni intervallo chiuso e limitato di R, munito della metrica usuale, è uno spazio sequenzialmente compatto, anche (R, d ϕ ) è sequenzialmente compatto. 10

Abbiamo così provato il Teorema 1.2.3. Lo spazio topologico R è (sequenzialmente)compatto ( 4 ). Poichè ogni spazio metrico sequenzialmente compatto è completo ( 5 ), si ha anche la Proposizione 1.2.4. Se ϕ : R R è una qualsiasi funzione verificante le condizioni i) - iii), lo spazio metrico (R, d ϕ ) è completo. Avvertiamo infine che usualmente, quando si vuole considerare R come spazio metrico, si sceglie, fra le varie metriche d ϕ, la metrica d = d ϕ determinata dalla seguente funzione ϕ : R R: ϕ(x) = x x R 1 + x (in questo caso a = 1, b = 1, dunque (R, d) è isometrico a ([ 1, 1], d)). Noi peraltro, nel seguito del corso, saremo interessati a considerare R solo come spazio topologico e non come spazio metrico. Osservazione 1.2.2. Un altra possibile dimostrazione del Teorema 1.2.2 è la seguente: poiché ogni isometria tra due spazi metrici (S 1, d 1 ) e (S 2, d 2 ) è un omeomorfismo tra i corrispondenti spazi topologici S 1 e S 2 e poiché la compattezza è una proprietà topologica (cioè si conserva per omeomorfismi), si ha che, se uno dei due spazi metrici (S 1, d 1 ) e (S 2, d 2 ) è (sequenzialmente) ( 4 ) compatto, anche l altro lo è. ( 4 ) Ricordiamo che per gli spazi topologici metrizzabili (cioè tali che la topologia è determinata da una metrica) le nozioni di compattezza e di sequenziale compattezza sono equivalenti. ( 5 ) Sia (S, d) uno spazio metrico sequenzialmente compatto. Se {x n } è una qualsiasi successione di Cauchy in (S, d), allora, considerata una successione estratta {x nk } convergente verso un elemento x di S, è facile verificare, adoperando la disuguaglianza triangolare che anche la successione {x n } converge verso x. d(x n, x) d(x n, x nk ) + d(x nk, x), 11