Tipologie di strumenti finanziari PRINCIPALI TIPOLOGIE DI STRUMENTI FINANZIARI: Azioni Obbligazioni ETF Opzioni 1
Azioni: definizione L azione è un titolo nominativo rappresentativo di una quota della proprietà di una società. Il possesso di un azione è la condizione necessaria per diventare soci della società. Esistono diverse tipologie di azioni: ORDINARIE; PRIVILEGIATE: garantiscono precedenza nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale all atto dello scioglimento della società; DI RISPARMIO: azioni prive del diritto di voto nell'assemblea, ma privilegiate nella distribuzione del dividendo. 2
Azioni: modelli valutativi MODELLI VALUTATIVI: I modelli DDM (Dividend Discount Model) Calcolo del rendimento ex-post di un titolo azionario Modelli basati sulla profittabilità dell impresa Modello dei flussi di cassa Gli indici Price/book e Price/Earnings 3
Azioni: modelli valutativi I modelli che seguono sono validi nelle seguenti ipotesi: esiste una sola categoria di titoli; lo Stato Patrimoniale è composto solo da equity e debito: non sono presenti altri strumenti finanziari particolari come warrant e obbligazioni convertibili; non sono previste operazioni di finanza straordinaria; non viene considerato il problema del controllo e dell estrazione dei benefici privati da parte del soggetto controllante; il rischio dell azienda e il tasso di rendimento del mercato non variano nel tempo: rt=r=costante. 4
Azioni: DDM Generalità Nei modelli di valutazione dei titoli azionari in termini di dividendi, in genere, si ipotizza che i dividendi siano distribuiti con cadenza annuale e, in particolare, che il primo dividendo venga distribuito esattamente a un anno di distanza dal momento in cui viene effettuata la valutazione (si veda Figura 1); il tasso di rendimento r richiesto dal mercato sia costante e dato da due componenti: una componente che rappresenta il rendimento privo di rischio e una componente che rappresenta il premio per il rischio. 5
Economia degli Intermediari Finanziari Si noti che in linea di principio r, in sintonia con quanto visto per i titoli obbligazionari, dovrebbe essere diverso per i vari istanti t in cui vengono distribuiti i dividendi; nonostante questo, di solito, si considera un r costante in quanto le formule che vedremo successivamente hanno una valenza prevalentemente di carattere concettuale. 6
Azioni: DDM Per ricavare una prima formula di valutazione dei titoli azionari si osservi che il prezzo di una azione, in un generico istante, deve essere uguale al valore attuale dei flussi di cassa futuri che genererà tale azione; in particolare il prezzo dell azione all istante 0 deve essere uguale al valore attuale del dividendo e del prezzo atteso per l azione all anno 1: dove: P 0 P 1 P 0 = DIV1 + P 1+ r = prezzo dell azione all istante 0; = prezzo dell azione all istante 1; 1 r DIV 1 = dividendo atteso per azione nell anno 1; = tasso di rendimento richiesto dal mercato. 7
Azioni: DDM Questa relazione vale anche se consideriamo i prezzi attesi per l azione all istante 1 e all istante 2: P 1 = DIV 2 + P 2 1 + r Il prezzo dell azione all istante 0, di conseguenza, può essere espresso in funzione dei dividendi attesi fino all istante 2 e del prezzo atteso per l azione all istante 2: P 0 = DIV 1 1 + r + DIV 2 + P 2 1 + r ( ) 2 Generalizzando si ottiene un primo modello di valutazione dei titoli azionari: P 0 T = DIV t ( 1 + r ) ( + r ) T t = 1 1 t + P T 8
Azioni: DDM Secondo questo modello le determinanti del valore di un azione sono perciò tre: la successione dei dividendi attesi futuri DIVt nel periodo da 1 a T; il prezzo dell azione PT all istante T; il rendimento di mercato r richiesto dagli investitori. Generalizzando: P 0 = t=1 DIV t 1+ r ( ) t Secondo questo modello le determinanti del valore di un azione sono perciò due: la successione dei dividendi attesi futuri DIVt nel periodo da 1 a ; il rendimento di mercato r richiesto dagli investitori. 9
Azioni: DDM In realtà è inverosimile pensare di disporre di stime del flusso di dividendi su un orizzonte temporale infinito come richiesto dal DDM di base; tipicamente sono disponibili previsioni attendibili della crescita dei dividendi nel breve periodo (3-5 anni) elaborate da società operanti nel campo dei servizi finanziari (tra le più note Value Line Investment Survey e Institutional Brokers Estimate System- IBES) che periodicamente forniscono stime anche per altre variabili rilevanti per l investitore. Il problema a cui si trova di fronte un analista finanziario è perciò la stima dell andamento dei dividendi distribuiti nel lungo periodo. Tipicamente questo problema viene affrontato ipotizzando delle regolarità nell andamento dei dividendi, ovvero dei cosiddetti sentieri di crescita dei dividendi, sapendo che per un generico anno t la crescita dei dividendi può essere espressa nel seguente modo: g t = DIV t DIV t 1 DIV t 1 10
Azioni: DDM 11
MODELLO DI GORDON-SHAPIRO Azioni: DDM Il sentiero di crescita dei dividendi proposto da Gordon-Shapiro è il primo tentativo di rendere operativo il modello DDM di base; esso abbina ad un ipotesi di fatto poco realistica di costanza del tasso di crescita dei dividendi una forma matematica semplice, che ne fa uno dei punti fermi della letteratura finanziaria e uno strumento indispensabile anche per formulare dei modelli più articolati. Le ipotesi alla base di questo modello sono le seguenti: la crescita dei dividendi gt è costante per l intero orizzonte temporale: gt = g il tasso di crescita dei dividendi g è strettamente minore del tasso di attualizzazione del mercato: r > g. 12
P 0 = D 1 1+ r + D 2 1+ r 1 D 1 1+ r + 1+ g 1+ r Azioni: DDM ( ) + D 3 2 ( 1+ r) +...= D 1 3 ( ) ( ( ) + 1+ g ) 2 2 ( 1+ r) +... 3 = D 1 1+ r + D 1 1+ g 1+ r t= 0 ( 1+ g) t ( 1+ r) t +1 ( ) + D 1( 1+ g ) 2 +...= ( ) 2 ( 1+ r) 3 Se è verificata l ipotesi che r sia maggiore di g, la serie geometrica converge: ( 1+ g) t P 1+ r r g 0 = D 1 r g = D 0 (1 + g) r g t= 0 ( ) t +1 = 1 13
Azioni: DDM Dalla relazione precedente, possiamo notare come le determinanti del valore del titolo siano le seguenti: 1. il dividendo attuale DIV0: il valore del titolo è funzione diretta dell entità dei dividendi; 2. il tasso di rendimento richiesto dal mercato r: il valore è funzione inversa del tasso di attualizzazione; 3. il tasso di crescita dei dividendi: il prezzo del titolo è funzione diretta di g. Il principale problema relativo all applicazione del modello di crescita di Gordon è legato alla stima del tasso di crescita. Il valore del titolo che si ricava è estremamente sensibile al tasso g scelto, in particolare al convergere del tasso di crescita al tasso di attualizzazione, il prezzo tende all infinito. Ad esempio se consideriamo un titolo con un dividendo unitario atteso nel periodo seguente pari a 3 ed un tasso di attualizzazione del 15%, al variare di g il valore del titolo assumerà il seguente andamento: 14
MODELLO A DUE STADI Azioni: DDM Il Modello di Gordon a crescita costante si adatta alle imprese mature, non a quelle che operano in settori nuovi e hanno un saggio di profitto superiore a quello di mercato. In questo caso gli analisti propongono un modello a più tassi di crescita. Quello più semplice prevede due diversi valori del tasso g. Se si assume che per i primi n anni si abbia g1 e g2 per il periodo che va da n+1 all infinito, il modello diventa il seguente: P 0 = n i=1 D ( 0 1+ g ) i 1 ( 1+ r) i + D 0 1+ g 2 ( r g 2 )1+ r ( ) ( ) n Il modello è più complesso e la sua stima è più difficile perché richiede un maggior numero di informazioni rispetto al tradizionale DDM ad un solo tasso di crescita: (D0, g1 e r) a (D0, g1, g2, n e r). 15
MODELLO A TRE STADI Azioni: DDM Nella realtà, molte aziende vivono un periodo di crescita elevato, una fase di transizione ed una di crescita stabile infinita. In questo caso il modello che meglio si adatta a rappresentare il futuro dell impresa è quello a tre stadi o a tre tassi di dividendo. P 0 = m D 0( 1+ g1) i ( 1+ r) i + m+ n D ( 1+ g2 ) i ( 1+ r) Dn ( 1+ g3 ) ( r g )( 1 r) i= 1 i= m 2 + 0 i + n Crescita elevata per m anni Fase di transizione per n anni Crescita stabile infinita La maggiore complessità del modello consente una migliore capacità di individuare i portafogli sovra e sotto quotati, superiore a quella dei modelli più semplici. 16
Azioni: Calcolo dei rendimenti ex post Il rendimento di un titolo azionario per un periodo è dato da: r = DIV 1 + P 1 P 0 P 0 dove DIV1 = dividendo per azione ricevuto all anno 1; P0 = prezzo dell azione all istante 0; P1 = prezzo dell azione all istante 1; Il rendimento di un titolo azionario è dato quindi da due componenti: a) Dividend Yield: DIV 1 P 0 b) Capital gain: P 1 P 0 P 0 17
Azioni: Calcolo dei rendimenti ex post Per ricavare il rendimento di un titolo azionario per T periodi occorre ricavare r dalla seguente relazione noti i dividendi distribuiti fino all anno T-esimo e i prezzi P0 e PT dell azione all istante 0 e all istante T: P o = T DIV t + 1+ r 1 ( ) t P T ( 1+ r) T Si noti che, in questo caso, il rendimento di un titolo azionario è un parametro simile al rendimento effettivo di una obbligazione con la differenza che, mentre per un titolo obbligazionario si può calcolare a priori il rendimento effettivo, per un titolo azionario è possibile calcolare il rendimento solo ex-post quando sono noti tutti i dividendi ricevuti e il prezzo dell azione all istante T. 18
Azioni: Calcolo del rendimento atteso Il calcolo del rendimento di un titolo azionario nel caso in cui i dividendi crescano in modo costante a un tasso pari a g si ottiene rielaborando la formula di Gordon- Shapiro, è possibile ricavare che: R = DIV 1 V 0 ( ) + g = DIV 0 1+ g V 0 + g Questa equazione esprime il tasso di rendimento atteso (R) dal mercato come funzione di due variabili facilmente reperibili nei report finanziari: il dividend yield e il tasso di crescita atteso dei dividendi. In questo caso si considera il prezzo corrente del titolo (Vo) non quello teorico. 19
Azioni: Calcolo del rendimento atteso Se R>r, il titolo è da acquistare Se R<r, il titolo è da vendere r = rendimento richiesto (ottenuto dal confronto con il tasso free risk ed è necessario per stimare il prezzo del titolo); R = rendimento atteso (ottenuto dal modello del dividendo, dato il prezzo di mercato del titolo V0. Il rendimento così ottenuto è impiegato per identificare i titoli mispriced). Il metodo del rendimento atteso presuppone l inefficienza del mercato e le difficoltà di stima sono le stesse affrontate per il DDM. 20
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa I modelli appartenenti a questa categoria rappresentano il tentativo di rendere operativo il DDM di base attraverso delle ipotesi di regolarità sull andamento della profittabilità dell impresa. La loro caratteristica peculiare è che permettono di calcolare il valore di un titolo azionario in funzione dei principali indici economico-finanziari, superando la visione d impresa che era alla base dei modelli basati sulla crescita dei dividendi. Bt : book equity per share al tempo t; EPSt : earnings per share atteso nel periodo t; DIVt : dividendo per azione atteso nel periodo t; ROEt: return on equity nell'anno t; ht: 1-ht: coefficiente di ritenzione degli utili (plowback ratio); coefficiente di distribuzione degli utili (payout ratio); gt: tasso di crescita dei dividendi nel periodo t. 21
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa 22
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa IPOTESI A) Il ROE è un parametro esogeno non modificabile dalla politica finanziaria dell impresa La leva finanziaria permette di manovrare, entro certi limiti, il valore del ROE attraverso variazioni del rapporto di indebitamento: ROE = ROI + D ( B ROI r ) ROE = return on equity, indice di redditività del capitale netto; ROI = return on investment, indice di redditività del capitale investito; r = costo dell indebitamento; D = debito finanziario netto; B = equity. Nei modelli seguenti, cioè, si ipotizza che la quantità influenzabile dall impresa. 23 D B ROI r ( ) sia costante e non
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa b) Assenza di aumenti di capitale; c) Assenza di fusioni con altre imprese e di qualsiasi altro tipo di operazioni di finanza straordinaria; d) Discretizzazione del funzionamento dell impresa Si ipotizza la validità della seguente relazione tra l utile a fine esercizio per azione e il valore di libro per azione a inizio periodo: EPS t = ROE t B t 1 La quota parte degli utili distribuita agli azionisti è pari a DIV t = EPS t ( 1 h t )= ROE t B ( t 1 1 h ) t h t = EPS t DIV t EPS t = coefficiente di ritenzione degli utili 24
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa 25
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa Le ipotesi a), b) e c) asseriscono di fatto che l unica fonte di finanziamento per l impresa, ovvero l unico modo per incrementare il valore di libro, è costituita dagli utili trattenuti: ΔB t = B t B t 1 = EPS t DIV t = h t EPS t 26
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa Le ipotesi di questo modello sono che il coefficiente di ritenzione degli utili è costante nel tempo: ht=h=costante; la profittabilità dell impresa ROE t è costante per l intero orizzonte temporale: ROE t =ROE=costante; vale la condizione r>h ROE. ( P 0 = 1 h ) EPS 1 r h ROE = 1 h ( ) B o ROE r h ROE 27
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa Le ipotesi di costanza della politica dei dividendi e del ROE consentono di scrivere: g D t ()= D t D t 1 D t 1 ( = 1 h ) EPS t ( 1 h) EPS t 1 = EPS t EPS t 1 = g ( E t 1 h) EPS t 1 EPS t 1 () = ROE t B t 1 ROE t 1 B t 2 ROE t 1 B t 2 = B t 2 ( 1+ h ROE) B t 2 dove: B t 2 = ROE B t 1 ROE B t 2 ROE B t 2 = h ROE gd(t) = tasso di crescita dei dividendi; ge(t) gb(t) = tasso di crescita degli utili; = tasso di crescita del valore di libro. = B t 1 B t 2 B t 2 = g B t ()= 28
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa In un contesto, in cui il ROE e la politica dei dividendi sono costanti, si ha dunque che il valore di libro, gli utili e i dividendi crescono allo stesso tasso e sono determinati dalla politica di ritenzione degli utili e dal ROE. Come visto in precedenza (modello di Gordon-Shapiro) il prezzo di un azione di un impresa i cui dividendi crescano ad un tasso costante g può essere espresso nel seguente modo: P 0 = D 1 r g = D 0 (1 + g) r g Sostituendo in questa relazione le tre seguenti espressioni: g = h ROE DIV t = ( 1 h) EPS t EPS t = B t 1 ROE 29 ( P 0 = 1 h ) EPS 1 ( r h ROE = 1 h ) B o ROE r h ROE con h ROE < r
Azioni: Modelli sulla profittabilità d impresa E' interessante anche verificare l'andamento del prezzo rispetto a variazioni del ROE e della politica di ritenzione degli utili, ricavando le derivate parziali di P0 rispetto a ROE e ad h: Derivata di P0 rispetto a ROE P ( ROE = B r h ROE)+ h ROE 0 ( 1 h) = B ( r h ROE) 2 o ( 1 h) r ( r h ROE), 2 P ROE >0 Derivata di P0 rispetto a h P h = B ROE r ( ) = B ROE ( ) 2 r h ROE r + ROE 1 h r h ROE P k >0, h < h ROE P k = 0, h < h ROE con ROE k > 0 con ROE k = 0 ROE r ( r h ROE), si ha che 2 30
Azioni: Modello dei flussi di cassa I dividendi distribuiti sono solo una parte di quanto un impresa può riconoscere all azionista. Quanto in realtà potrebbe essere restituito ai soci per cassa anno per anno? FREE CASH FLOW Utile netto (spese in conto capitale ammortamenti accantonamenti) ( capitale circolante netto) + (emissione debito rimborso quota capitale di debito) = FCF 31
Azioni: Modello dei flussi di cassa In genere le aziende non distribuiscono l intero ammontare del FCF e quindi il modello basato sulla stima dei dividendi determina una sottovalutazione del valore dell azione. P 0 = FCF r g La differenza fra i modelli DDM e quelli basati sul FCF esprime il valore del potere di controllo della politica dei dividendi. Chi acquista la maggioranza ha il potere di cambiare la quota delle risorse da distribuire catturando un più alto valore del flusso di cassa disponibile. Se l impresa può essere scalata il prezzo di mercato del titolo riflette l aspettativa ed il modello da utilizzare è quello dei flussi di cassa; nel caso, invece, di un azienda con un gruppo di controllo saldo, il modello più corretto è quello del dividendo. 32
Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione Il rapporto P/EPS è tra gli indici più popolari ed è riportato dalla stampa economica ed utilizzato da molti analisti. Le variabili alla base della sua determinazione sono: ( 1+ g ) ( 1+ g ) DIV0 P0 = = π 0EPS r g P EPS Il multiplo P/EPS è una funzione: 0 = π 0 1 crescente del saggio di distribuzione dell utile e del tasso di crescita; decrescente della rischiosità dell azienda. r g 0 r g 33
Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione L azienda A mostra un tasso di rendimento del titolo è pari al 9,15%; il tasso di payout è pari al 70% ed il tasso di crescita degli utili e dei dividendi nel lungo termine è del 5%. P EPS 0,70 0 = = 1 ( 0,0915 0,05) 16,87 Se il tasso di crescita è maggiore del 5%, per esempio, l 8%, il valore del rapporto cresce. P EPS 0,70 0 = = 1 ( 0,0915 0,08) 60,87 34
Valutazione Titoli azionari: Il rapporto prezzo/utile per azione Un elevato valore del multiplo è premonitore di un tasso di crescita degli utili e dei dividendi particolarmente sostenuto; i titoli con un elevato valore del multiplo sono denominati growth stock. I gestori utilizzano spesso il rapporto; per esempio, si confronta il multiplo corrente dl titolo iesimo con quello del settore di appartenenza. A parità di tassi di crescita r e g, un titolo con un multiplo elevato rispetto al settore indica un azione sopravvalutata e viceversa. 35
Obbligazioni: definizione L'obbligazione (spesso chiamata con il termine inglese bond) è un titolo di credito emesso da società o enti pubblici che attribuisce al possessore il diritto al rimborso del capitale più un interesse. Lo scopo di un'emissione obbligazionaria (o prestito obbligazionario) è il reperimento di liquidità. Di solito, il rimborso del capitale avviene alla scadenza al valore nominale e in un'unica soluzione, mentre gli interessi sono liquidati periodicamente (trimestralmente, semestralmente o annualmente). L'interesse corrisposto periodicamente è detto cedola perché in passato per riscuoterlo si doveva staccare il tagliando numerato unito al certificato che rappresentava l'obbligazione. 36
Obbligazioni: tipologie Obbligazioni callable: sono delle obbligazioni a tasso fisso per le quali l'emittente si riserva la facoltà di rimborsarle prima della reale scadenza delle stesse. Obbligazioni convertibili: sono obbligazioni che incorporano la facoltà di convertire, ad una scadenza prefissata, il prestito obbligazionario in azioni secondo un rapporto di cambio predeterminato. Obbligazioni a tasso fisso: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso di interesse fisso stabilito prima dell'emissione. All'interno della categoria delle obbligazioni a tasso fisso è tuttavia possibile distinguere almeno due diverse tipologie di obbligazioni, che prevedono che il tasso fisso prestabilito cresca o diminuisca durante la vita del titolo (si tratta, rispettivamente, delle obbligazioni "step up" e "step down"). 37
Obbligazioni: tipologie Obbligazioni a tasso variabile: sono obbligazioni che remunerano l'investimento ad un tasso di interesse variabile. Il tasso varia a determinate scadenze temporali seguendo i tassi di mercato. Obbligazioni Zero-Coupon (o Zero-Coupon Bonds, abbreviato ZCB): sono obbligazioni senza cedola (coupon) che quindi non liquidano periodicamente gli interessi ma li corrispondono unitamente al capitale alla scadenza del titolo. La duration di uno ZCB è uguale alla sua vita residua. Obbligazioni strutturate: sono obbligazioni il cui rendimento dipende dall'andamento di un'attività sottostante. Obbligazioni Subordinate: sono obbligazioni il cui rimborso, in caso di procedura fallimentare, avverrà solo dopo aver soddisfatto tutti i creditori privilegiati. Rendite perpetue: sono obbligazioni che corrispondono perpetuamente una cedola predefinita. Tali obbligazioni non presuppongono nessun rimborso a termine. 38
Rischi dell investimento obbligazionario Chi investe in obbligazioni incorre in una pluralità di rischi a seconda: del tipo di titolo; del quantitativo emesso e dell organizzazione del mercato secondario; del merito creditizio dell emittente; della valuta in cui è espresso l investimento; del deprezzamento monetario. 39
Rischio di liquidità Un mercato o un titolo sono liquidi se è possibile negoziare una quantità normale con rapidità ed a prezzi non diversi da quelli correnti prima della esecuzione della transazione. La transazione, cioè, non deve influenzare la quotazione ed il prezzo di esecuzione è il migliore possibile al momento. Mercati quote driven : bid-ask spread formato dal market maker; Mercati order driven : controvalore giornaliero. 40
Rischio di credito o rischio emittente L acquisto di un bond comporta la fiducia che il debitore sia in grado di far fronte puntualmente agli impegni assunti con l emissione del titolo (pagamento delle cedole e del capitale a scadenza). 41
Rischio di cambio Un titolo espresso in valuta estera determina un rischio di cambio per il possessore dovendo convertire quanto ricevuto a titolo di interessi e capitale in moneta nazionale. In particolare, l evento a svantaggio del possessore del titolo riguarda la svalutazione della valuta estera che si traduce in un importo ridotto in moneta nazionale. Spesso è questo un elemento di vivo interesse per l investitore che vede nella svalutazione della moneta nazionale rispetto a quella estera in cui è denominato il titolo una fonte importante di redditività dell investimento. 42
Rischio di prezzo e di reinvestimento Il rischio tipico di chi investe in bond è il rischio prezzo: la quotazione del titolo, infatti, si muove in funzione inversa della dinamica dei tassi di interesse. Chi acquista titoli con cedola affronta anche il rischio derivante dalle condizioni economiche a cui effettuo il reinvestimento delle cedole: in un contesto di tassi decrescenti il frutto dell investimento è riallocato in condizione sfavorevoli al rendimento complessivo producendo un montante finale inferiore a quello atteso dall investitore. 43
Rischio di rimborso anticipato Chi investe in titoli callable è soggetto al rischio di rimborso anticipato. In particolare, nel caso di cedole fisse i pericoli riguardano: impossibilità di beneficiare dell effetto positivo di un decremento dei tassi di interesse sul prezzo del titolo; perdita del beneficio di godere di una cedola elevata in un contesto di tassi in diminuzione; il reinvestimento del capitale investito in un mercato caratterizzato da tassi d interesse bassi; durata dell investimento incerta rendimento incerto. 44
Rischio di potere d acquisto Il rendimento dell investimento finanziario, espresso in termini nominali, risente dell effetto prodotto dall inflazione. Un elevato tasso di inflazione, infatti, può erodere in termini reali i frutti prodotti dal saggio nominale dell investimento. ES: Investimento biennale di 100 al tasso di interesse del 6% con tasso di inflazione del 7% 112,36 = 100(1+0,06) 2 98,14 = 100[(1+0,06) 2 /(1+0,07) 2 ] 45
Valutazione titoli obbligazionari 46
Valutazione titoli obbligazionari 47
Tasso interno di rendimento 48
Tasso interno di rendimento 49
Tasso interno di rendimento 50
Tasso interno di rendimento 51
Tasso interno di rendimento 52
Curva dei rendimenti 53
Curva dei rendimenti 54
Relazione prezzo rendimento 55
Tasso interno di rendimento 56
Tasso interno di rendimento 57
Tasso interno di rendimento 58
Duration 59
Duration 60
Duration 61
Duration Modificata La DURATION MODIFICATA (Modified duration) è un indicatore di sensitività del prezzo. Si calcola dividendo la duration per la somma tra uno e il rendimento del titolo. Una duration pari a 4 significa che una variazione di un punto percentuale del rendimento comporta una variazione del 4% del prezzo del titolo. 62
Duration Modificata 63
Duration Modificata 64
Convexity 65
Convexity 66
Convexity 67
Convexity 68
Struttura per scadenza dei tassi di interesse 69
Struttura per scadenza dei tassi di interesse 70
Struttura per scadenza dei tassi di interesse 71
Struttura per scadenza dei tassi di interesse 72
Struttura per scadenza dei tassi di interesse 73
Struttura per scadenza dei tassi di interesse 74
Struttura per scadenza dei tassi di interesse 75
Tassi a termine 76
Tassi a termine 77
Tassi a termine 78
Tassi a termine 79
Obbligazioni a tasso variabile 80
Obbligazioni a tasso variabile 81
Obbligazioni a tasso variabile 82
Obbligazioni a tasso variabile 83
Obbligazioni a tasso variabile 84
Obbligazioni a tasso variabile 85
Strumenti Derivati BORSE Mercati regolamentati in cui vengono negoziati contratti standard definiti dalle stesse borse. O-T-C Mercati Over the Counter o paralleli, si tratta di reti di mediatori che non si incontrano fisicamente ma sono collegati tra loro per mezzo di telefoni e computers. 86
Strumenti Derivati Diverse tipologie: Contratti Forward Contratti Futures Opzioni Swap 87
Contratti Forward Sono accordi per comprare o vendere un attività ad una certa data futura, per un certo prezzo. Nei Contratti Forward, sono presenti due parti: una parte assume una posizione lunga e si impegna a comprare l attività sottostante ad una data specifica e ad un prezzo fissato; l altra parte assume una posizione corta e si impegna a vendere l attività sottostante alla stessa data e per lo stesso prezzo. Il prezzo specificato nei contratti forward viene chiamato Delivery price (prezzo di consegna). 88
Contratti Forward In generale, dato un contratto forward con delivery price pari a K e prezzo dell attività sottostante a scadenza pari a, S T π il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da: ( S T K ) 0 ST K il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da: π ( ) K S T 0 ST K 89
Contratti Futures I contratti Futures, al pari dei Forward, sono accordi tra due parti per comprare o vendere un attività ad una certa data futura e per un certo prezzo. A differenza dei Forward, i Futures sono scambiati su mercati regolamentati ed hanno delle caratteristiche standard. Un ulteriore differenza rispetto ai Forward, è che nei Futures non viene specificata una data precisa per la consegna, ma il contratto è identificato dal mese di consegna e la borsa specifica il periodo, durante il mese, in cui la consegna deve essere effettuata 90
Opzioni A differenza dei Futures o dei Forwards, nei contratti di Opzione è presente un diritto, e non l obbligo, di comprare o vendere una certa quantità dell attività sottostante, ad una prezzo ed in una data indicati. Esistono due tipi fondamentali di opzioni: Call e Put. Call Danno all acquirente il diritto di acquistare l attività sottostante, entro una certa data, ad un determinato prezzo. Put Danno all acquirente il diritto di vendere l attività sottostante, entro una certa data, ad un determinato prezzo. Il prezzo indicato nel contratto è detto Strike Price. La scadenza del contratto è detta Expiration date o Maturity 91
Call In generale, data una call europea con delivery price pari a K e prezzo dell attività sottostante a scadenza pari a, il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da: max( S T K,0) il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da: S T π 0 ST π K min ( K S,0) T 0 ST K 92
Put In generale, data una put europea con delivery price pari a K e prezzo dell attività sottostante a scadenza pari a, π il valore finale (Payoff) di una posizione lunga è dato da: S T max ( K S,0) T 0 ST K il valore finale (Payoff) di una posizione corta è dato da: π min( S T K,0) 0 ST K 93
Swap Gli swaps sono accordi privati tra due società per scambiarsi dei futuri pagamenti. L accordo definisce le date in cui i pagamenti vengono scambiati e il modo in cui devono essere calcolati. Di solito, la loro determinazione viene effettuata in base ad una o più variabili di mercato. I due principali tipi di swap sono: Interest Rate Swap, cioè swap su tassi d interesse Currency Swap, cioè swap su valute. 94
Interest Rate Swap Il più comune tipo di swap su tassi d interesse è detto Plain Vanilla. In questo contratto, una società promette ad un altra di pagarle, per un certo numero di anni e in base ad un capitale di riferimento detto capitale nozionale, un tasso fisso predeterminato. A sua volta, la controparte si impegna a pagare un tasso d interesse variabile sullo stesso capitale nozionale, per lo stesso numero di anni. Tasso fisso SOCIETA 1 SOCIETA 2 Tasso variabile 95
Interest Rate Swap Il capitale nozionale, assume questo nome perché non viene scambiato, ma serve solo come base di calcolo per determinare gli interessi. Lo swap, può essere considerato come lo scambio di un titolo a tasso fisso contro un titolo a tasso variabile. La società che paga il tasso fisso, è come se avesse assunto una posizione lunga sul titolo a tasso variabile e corta sul titolo a tasso fisso. La società che paga il tasso variabile, è come se avesse assunto una posizione lunga sul titolo a tasso fisso e corta sul titolo a tasso variabile. In genere, le società non finanziarie, non entrano direttamente in contatto tra loro, ma ognuna tratta con un intermediario finanziario. Quindi, in genere, lo scambio dei flussi avviene tra una banca e un privato. 96
Interest Rate Swap La valutazione di un contratto swap, avviene come differenza tra il valore delle due gambe. Nel caso in cui si riceve il variabile e si paga il fisso, si ha: V swap = B fl B fix B fix è il valore del titolo a tasso fisso sottostante lo swap. B fl è il valore del titolo a tasso variabile sottostante lo swap Il valore di ogni singola gamba, si ottiene attualizzando tutti i flussi futuri alla data di valutazione. Il valore del contratto è pari a zero, nel momento in cui viene negoziato. 97
Currency Swap Comportano lo scambio del capitale e degli interessi a tasso fisso di un prestito denominato in una valuta contro il capitale e gli interessi a tasso fisso di un prestito denominato in un altra valuta. Di solito i due capitali vengono scambiati sia all inizio sia alla fine dello swap e sono scelti in modo da essere approssimativamente equivalenti sulla base del tasso di cambio osservato all inizio dello swap. In generale il valore di uno swap è dato da: Vswap = BD S0 B F B D Dove è il valore del titolo nella moneta in cui si ricevono gli interessi, è il valore del titolo nella moneta in cui si pagano gli interessi e S è il tasso di 0 cambio. B F 98