Introduzione L incidenza e la prevalenza dell insufficienza renale cronica sono progressivamente aumentate negli ultimi anni e le evidenze scientifiche suggeriscono che tale tendenza si potrà confermare anche nei prossimi anni. Nonostante i continui progressi tecnologici e la puntualizzazione di strategie terapeutiche sempre più efficaci, la morbilità e mortalità dei pazienti in emodialisi rimangono ancora molto alte se confrontate con quelle della popolazione generale. Per questo motivo la ricerca si è concentrata sullo studio di possibili fattori di rischio che possano influenzare l outcome clinico di questi pazienti. Negli ultimi anni gli sforzi maggiori del clinico si sono concentrati sulla correzione del sovraccarico dei volumi corporei, dell anemia, della malnutrizione, dell osteodistrofia, dell infiammazione. Tuttavia, solo recentemente si sono presi in considerazione nuovi fattori, in particolare lo studio dello status clinico che caratterizza il paziente incidente in dialisi. Tale condizione è il risultato delle cure ricevute dal paziente durante il percorso pre-dialisi. A questo riguardo è stata introdotta la distinzione tra late referral ed early referral, in base alla durata del follow-up predialisi di ciascun paziente. I pochi studi presenti in letteratura confermano che i late referral iniziano la dialisi in condizioni cliniche decisamente più scadenti rispetto agli early referral con conseguente maggior rischio di morbilità cardiovascolare e generale e mortalità. 3
Capitolo 1 Manifestazioni cliniche e laboratoristiche dell uremia L uremia determina disturbi della funzione di ogni sistema dell organismo umano. Le principali alterazioni fisiopatologiche che si riscontrano nei vari stadi dell insufficienza renale cronica sono: 1. Modificazioni dell omeostasi dell acqua e del sodio 2. Alterazioni del metabolismo calcio fosforo 3. Disfunzione endoteliale 4. Infiammazione 5. Tossicità uremica 6. Patologia cardiovascolare 7. Anemia 8. Anomalie nutrizionali Queste alterazioni si manifestano a livelli diversi di funzione renale residua valutata attraverso la misurazione del GFR (velocità di filtrazione glomerulare) con la clearance della creatinina o la stima dello stesso attraverso l utilizzo di formule comunemente accettate quali quella derivante dallo studio MDRD e quella proposta da Crockcroft e Gault. 4
Questa metodologia ha portato ad una stadiazione della malattia renale cronica in diversi livelli in modo da identificare universalmente il grado di insufficienza renale di cui il paziente è affetto, e in base a ciò effettuare delle previsioni e degli interventi atti al mantenimento pù a lungo possibile del GFR 1. Stadio Descrizione GFR ml/min 1 Danno renale con GFR normale >90 2 Danno renale lieve-riduzione del GFR 60-89 3 Moderata riduzione del GFR 30-59 4 Severa riduzione del GFR 15-29 5 Insufficienza renale terminale <15/dialisi 5
1.1. Modificazioni dell omeostasi dell acqua e del sodio Nella maggior parte dei pazienti con IRC stabile, il contenuto totale corporeo di sodio e acqua risulta lievemente aumentato. Il processo eziologico di base può essere esso stesso causa dell alterazione di bilancio glomerulo-tubulare e promuovere la ritenzione di sodio, come avviene per esempio nelle glomerulonefriti; in alternativa un eccessiva ingestione di sodio può determinare un bilancio cumulativo positivo e una conseguente espansione del volume del liquido extracellulare (VEC), per inadeguata risposta compensatoria da parte del rene ipofunzionante. Nel paziente con IRC che non sia ancora in trattamento dialitico ma che presenti evidenza di espansione del VEC, la somministrazione di diuretici dell ansa unitamente alla restrizione dell apporto sodico costituiscono elementi terapeutici fondamentali. Quando il GFR scende sotto i 5-10 ml/min per 1,73 m², anche le alte dosi di diuretici non sono più efficaci. L espansione del VEC in tali circostanze solitamente determina la necessità di iniziare la dialisi. La funzione renale residua è ritenuta fondamentale per il mantenimento del corretto bilancio dei fluidi nei pazienti in dialisi. Nello studio di Konings et al 2 una maggiore espansione del VEC è stata osservata nei pazienti sottoposti a dialisi peritoneale che presentano un GFR residuo al di sotto di 2 ml/min. Allo stesso modo, nella re-analisi dello studio CANUSA, ogni incremento di 250 ml del volume urinario residuo è associato alla riduzione del 36% del tasso di mortalità. 3 Lo studio di Ates et al 4 ha confermato l importanza della rimozione di sodio e acqua come valore predittivo in termini di sopravvivenza per i pazienti in dialisi peritoneale. I pazienti che hanno un maggiore sovraccarico di volume presentano un più severo grado di ipertrofia e dilatazione del ventricolo sinistro così come una peggiore funzione sistolica e diastolica. 6
1.2. Alterazioni del metabolismo calcio fosforo Le principali patologie ossee in corso di IRC possono essere classificate in due gruppi: il primo caratterizzato da elevato turnover osseo e PTH elevato, il secondo da ridotto ricambio osseo e PTH normale o basso. Nel primo gruppo si evidenzia il classico quadro di osteite fibrosa, lesione caratteristica dell iperparatiroidismo secondario, mentre nel secondo gruppo rientrano l osteomalacia e la malattia ossea adinamica. La fisiopatologia delle malattie ossee da iperparatiroidismo secondario è da ricollegarsi a un metabolismo minerale anormale. La riduzione del filtrato comporta escrezione ridotta e, conseguentemente, ritenzione di fosfati inorganici che agiscono da stimolo diretto sulla sintesi di PTH. La minore produzione di calcitriolo nell IRC è dovuta sia ad una ridotta sintesi, a causa della riduzione della massa renale, sia all iperfosforemia. I bassi livelli di calcitriolo generano un quadro di iperparatiroidismo con meccanismi diretti, mediante ridotta inibizione della trascrizione del PTH; indiretti per diminuito assorbimento di calcio dall intestino, con conseguente ipocalcemia, che, a sua volta, stimola la secrezione e produzione di PTH. La contemporanea presenza di iperfosforemia, ipocalcemia e ridotta sintesi di calcitriolo rappresenta il meccanismo responsabile dell iperproduzione di PTH e della proliferazione delle cellule paratiroidee. Oltre alle anomalie del metabolismo osseo, una deviazione dalla norma del prodotto calcio fosforo ingenera calcifilassi, cioè deposizione extra-ossea di calcio nei tessuti molli e nei vasi sanguigni. Nonostante la patogenesi non sia del tutto chiara, si ritiene contribuiscano a questo processo l iperfosforemia, l ipercalcemia, l elevato prodotto calcio fosforo, e le elevate concentrazioni di PTH. 7
La calcifilassi rappresenta una forma sistemica alquanto grave di precipitazione del fosfato di calcio nei tessuti molli, associata a necrosi della cute e dei tessuti molli, che può comportare mutilazioni delle estremità. Le calcificazioni vascolari rappresentano una importante complicanza nei pazienti nei vari stadi dell IRC così come in quelli già in trattamento dialitico. Sono localizzate sia a livello dell intima sia a livello della tonaca media. 5 Le calcificazioni intimali sono disseminate e sono associate peculiarmente ad alterazioni strutturali e funzionali dell endotelio e alla presenza di infiltrati di macrofagi e cellule muscolari lisce tipici dell aterosclerosi. Al contrario le calcificazioni della media si presentano con una distribuzione irregolare e il citotipo di più frequente riscontro è caratterizzato dalle cellule muscolari lisce. Le calcificazioni della tonaca media, conosciute anche come sclerosi di Monckeberg, sono tipiche dei pazienti affetti da diabete e da insufficienza renale cronica e sono responsabili dell irrigidimento della parete arteriosa e della riduzione della compliance vascolare, portando allo sviluppo di ipertensione sistolica, ipertrofia ventricolare sinistra e, infine, a insufficienza ventricolare sinistra. Vi sono numerose evidenze che supportano l associazione tra calcificazioni cardiovascolari e morbilità e mortalità nei pazienti in trattamento dialitico cronico. Lo studio condotto da Wang et al 6 ha evidenziato una correlazione positiva tra le calcificazioni valvolari e la mortalità cardiovascolare e generale in una coorte di 192 pazienti in trattamento dialitico peritoneale. Alla stessa conclusione si è arrivati nello studio di Blacher et al, condotto su pazienti sottoposti ad emodialisi. 7 Secondo lo studio di Block et al, nei pazienti emodializzati, ogni aumento di 0,3 mmol/l della fosforemia correla con un aumento di rischio cardiovascolare del 6%. Inoltre pazienti con valori di fosforo sierico compresi tra 2,1 e 2,5 mmol/l presentano un aumento di rischio di morte pari al 18%, mentre per i pazienti con valori compresi 8
tra 2.6 e 5.5 mmol/l il rischio sale al 39%. 8 Sebbene sia noto da anni che nei soggetti con IRC il sistema vascolare sia interessato da estese calcificazioni, solo di recente, grazie a numerose evidenze sperimentali, è emerso che il processo di calcificazione non è un meccanismo passivo di deposizione di cristalli di idrossiapatite, ma è un meccanismo attivo che coinvolge sistemi molecolari e cellulari tipici dell osteogenesi. 9 Nel diabete mellito e nell uremia molti stimoli, ancora non del tutto chiari, inducono l attivazione delle cellule muscolari lisce vascolari (CMLV) e di miofibroblasti dell avventizia. Queste cellule diventano cellule tipo osteo/condrociti ed esprimono geni regolatori tipici della differenziazione ossea e cartilaginea. 10 Inoltre, numerosi fattori sistemici possono essere responsabili dell alta prevalenza e dell estensione delle calcificazioni vascolari presenti nell uremia quali i processi aterosclerotici, il diabete mellito stesso e l ipertensione arteriosa. Il metabolismo minerale nell ESRD può anche essere alterato dalle terapie normalmente utilizzate in dialisi per controllare l iperparatiroidismo secondario. Molti pazienti in trattamento dialitico seguono terapie comprendenti vitamina D e calcio carbonato o acetato per ridurre l assorbimento intestinale di fosforo, ripristinare i livelli di calcemia e sopprimere la secrezione di PTH. Vari studi hanno dimostrato un associazione tra le dosi di chelanti del fosforo a base di calcio e le calcificazioni vascolari, probabilmente dovute a un sovraccarico di calcio e al conseguente aumento del prodotto Ca x P. 11 Inoltre, nei pazienti affetti da IRC sembra esserci una riduzione di uno dei più importanti inibitori sistemici della calcificazione: la fetuina A. Si tratta di una proteina negativa di fase acuta (l opposto della proteina C reattiva, PCR) che riduce la formazione di cristalli di calcio in soluzioni in vitro. Topi knock-out per la fetuina A 9
sviluppano precocemente calcificazioni vascolari. 12 In uno studio osservazionale un livello basso di fetuina A è stato identificato come fattore predittivo indipendente di mortalità generale e per cause cardiovascolari nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica. Figura 1: diagramma di flusso per lo sviluppo di anomalie ossee, dei fosfati e del calcio nell'insufficienza renale cronica. Ridotta funzione renale Iperfosfatemia Riduzione di vit. D Intossicazione da alluminio Accumulo di ß-2- microglobulina Riduzione del Ca ionizzato Iperparatiroidismo Osteite fibroso-cistica Osteomalacia Osteopatia adinamica Amiloidosi secondaria alla dialisi Acidosi metabolica Eccesso di calcio e vit. D, dialisi peritoneale, diabete 10
1.3. Disfunzione endoteliale L endotelio è dotato di attività autocrina e paracrina e rappresenta il maggiore regolatore dell omeostasi vascolare, esercitando numerosi effetti vasoprotettivi come la vasodilatazione, l inibizione della risposta infiammatoria e la soppressione della crescita delle cellule muscolari lisce vascolari. La disfunzione endoteliale è una condizione fisiopatologica caratterizzata da una perturbazione delle funzioni omeostatiche delle cellule endoteliali che favoriscono fenomeni di vasospasmo, trombosi, proliferazione intimale, infiammazione e rottura delle placche, aventi come risultato l ischemia tissutale, l aterotrombosi e l infarto. La disfunzione endoteliale svolge quindi un ruolo centrale nella patogenesi delle malattie cardiovascolari. In corso di IRC l endotelio rappresenta un importante bersaglio delle tossine uremiche e numerosi studi rivolti a spiegare l alta prevalenza delle malattie cardiovascolari in corso di insufficienza renale cronica hanno dimostrato la stretta associazione tra disfunzione endoteliale, infiammazione e aterosclerosi. I pazienti affetti da IRC presentano un quadro di aterosclerosi accelerata. Una delle cause di tale processo è proprio rappresentata dalla disfunzione endoteliale che innesca l aumento della permeabilità endoteliale, l aggregazione piastrinica, l attivazione dell adesione leucocitaria e la sintesi di citochine. Ogni fase del processo aterogenetico è mediata da macrofagi e da linfociti T, mentre i granulociti sono scarsamente rappresentati. L attivazione di questi elementi cellulari determina il rilascio di enzimi idrolitici, citochine e fattori di crescita che perpetuano il danno vascolare e portano a fenomeni di necrosi focale. Si instaura così un circolo vizioso che porta alla formazione di tessuto fibroso che forma un cappuccio (fibrous cap) intorno ad un core lipidico e detriti necrotici. 11