Istituto MEME. associato a. Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles

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1 Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles UN PERCORSO INTEGRATO PER L ASSISTENZA AI PAZIENTI AFFETTI DA DEMENZA. ANALISI SOTTO UN PROFILO MEDICO- GIURIDICO. Scuola di Specializzazione: Relatore: Correlatore: Contesto di Project Work: Tesista specializzando: Scienze Criminologiche Dott. Marco De Bernardis Dott.ssa Roberta Frison Casa di cura Villa Maria Luigia Dott.ssa Morena Conti Dott.ssa Sara Rubini Anno di corso: Secondo Modena, 29 aprile 2008 Anno accademico

2 Capitolo Primo: Comprendere e riconoscere la demenza 1.1 Che cos è la demenza pag Principali cause di demenza pag Modificazioni del cervello e del comportamento pag Anche altre forme di degenerative provocano la demenza pag La malattia di Alzheimer pag Quali forme di Alzheimer conosciamo pag Quali sono le cause della malattia di Alzheimer pag Come si ereditano le forme familiari pag Quali sono i fattori di rischio pag Fattori protettivi pag Le demenze degenerative non Alzheimer pag Le demenze da cause vascolari pag Criteri diagnostici per la diagnosi di demenza secondo il DSM-IV pag. 15 Capitolo secondo: Modalità di intervento 2.1 I trattamenti non farmacologici pag Gli interventi sul paziente pag Le stimolazioni cognitive pag Le stimolazioni non cognitive pag Gli interventi sulla famiglia e sull ambiente domestico pag Gli interventi farmacologici pag. 21 Capitolo terzo: Tutela del malato di demenza: aspetti amministrativi connessi con l avanzamento della malattia 3.1 L accertamento delle minorazioni civili pag Permessi lavorativi pag Circolazione e sosta pag Problemi legali pag La procura pag Interdizione e inabilitazione pag Amministratore di sostegno pag I contenuti ed il procedimento di nomina pag. 32 Capitolo quarto: L esperienza sul territorio. Casa di cura Villa Maria Luigia 4.1 L organizzazione del reparto neurogeriatrico pag La valutazione neuropsicologica. Strumenti di indagine pag Un aiuto alle famiglie: i gruppi con i familiari pag I servizi presenti sul territorio pag Alcuni casi clinici pag. 56 Conclusioni pag. 60 Bibliografia pag. 61 Indice dei Contenuti 2

3 Le rughe della vecchiaia formano le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni. (Marc Levy) Salvador Dalì, Ritratto di Laurence Oliver nel ruolo di Riccardo III, (1955). Ringraziamenti La nostra riconoscenza va innanzitutto ai malati di demenza che, nonostante le difficoltà legate alla patologia, hanno accettato con sensibilità la nostra presenza in reparto, offrendoci, talvolta, parole affettuose a dimostrazione dell amore che nonostante il logorio della sofferenza, resta sempre vivo. Ai familiari dei pazienti ed agli assistenti sociali per la loro cortese collaborazione. Dobbiamo poi ringraziare le Drs. Elena De Bernardis per aver mostrato disponibilità e gentilezza, ed la Drs. Sonia Spotti, per averci suggerito alcune indicazioni fondamentali. Cogliamo questa occasione per ringraziare, inoltre, tutti i collaboratori che pazientemente ci hanno aiutato a superare momenti di difficoltà, scusandoci se non li abbiamo citati. Un ringraziamento particolare desideriamo rivolgerlo al Dr. Marco De Bernardis, responsabile del reparto di neurogeriatria, che ha impreziosito questo lavoro dandoci utili consigli e risposte ai nostri dubbi, attraverso i quali abbiamo realizzato tanti punti di arrivo. Grazie per averci accompagnate in questo mondo per noi nuovo. 3

4 CAPITOLO PRIMO COMPRENDERE E RICONOSCERE LA DEMENZA 1.1 Che cos è la demenza Nel corso della storia il numero massimo di anni che un uomo può vivere non è aumentato in modo significativo, ma ciò che è aumentata in maniera evidente, ed in particolare dagli inizio di questo secolo, è l aspettativa media di vita dell uomo. Negli anni 90 l aspettativa media in America era di circa 50 anni. Oggi si aggira sui 76 anni per gli uomini e 80 per le donne. Questo aumento è dovuto in gran parte ai progressi della medicina che hanno determinato una notevole riduzione della mortalità infantile, hanno portato alla scoperta degli antibiotici e vaccini e a miglioramenti sostanziali nella prevenzione e nella terapia delle malattie di cuore. Purtroppo questo aumento nelle aspettative di vita ha avuto come conseguenza la comparsa di una nuova forma epidemica: la demenza, che è caratterizzata dal deterioramento delle facoltà mentali. Anche se i soggetti affetti da demenza costituiscono, per ora, una minoranza in senso assoluto, essi stanno diventando sempre più una percentuale apprezzabile. Tutti concordano sul fatto che il prolungarsi della vita ha poco significato se non vi è un altrettanto miglioramento della qualità della vita. Lo scopo ultimo delle ricerche sull invecchiamento (senescenza) non è, quindi, solo quello di prolungare la vita, ma anche quello di mantenerne la qualità. 1.2 Principali cause di demenza Parecchi dati sperimentali fanno pensare che l invecchiamento sia la conseguenza di modificazioni che intervengono sulle macromolecole che codificano l informazione genetica. Sono state proposte diverse ipotesi ma quelle che vantano di maggiore considerazione sono tre, le quali mettono in relazione l invecchiamento con alterazioni del DNA e dell RNA. Secondo alcuni autori, con l avanzamento dell età, le mutazioni e le anomalie si accumulano nei geni in attività; le sequenze del DNA di riserva (di ridondanza), che contengono lo stesso tipo d informazione, ne prendono via via il posto finché tutta l informazione ridondante è stata esaurita. A questo punto intervengono i fenomeni della senescenza. Una teoria alternativa, sostenuta da molti esperti, sostiene che l apparato genetico non contiene un programma vero e proprio per l invecchiamento ma che gli errori che si verificano durante la duplicazione del DNA tendono ad aumentare con l età per via dei danni casuali o delle alterazioni che si verificano con l andare del tempo (uso e logoramento, effetto delle radiazioni ecc.). Quando il numero degli errori diviene significativo, vengono a formarsi mrna anormali e molecole proteiche alterate che non possono funzionare più correttamente. Un numero elevato di questi errori determina la senescenza. Una terza ipotesi, sostiene che l invecchiamento faccia parte di una più vasta sequenza evolutiva. Allo stesso modo con cui alcuni geni programmano le fasi dello sviluppo embrionale, altri geni potrebbero programmare i processi dell invecchiamento dell organismo. Come conseguenza le modificazioni che si osservano nell età avanzata rappresenterebbero una normale espressione di un programma che ha inizio con il concepimento e termina con la morte dell organismo. Una variante particolarmente interessante di questa teoria, afferma che le cellule posseggono un orologio biologico che programma il loro ciclo vitale. Hayflick ha osservato che i fibroblasti umani normali, 4

5 fatti crescere in coltura, si dividono regolarmente fino a coprire l intera superficie del contenitore della coltura stessa. Se a questo punto un ugual numero di cellule viene trasferito in altri due contenitori, nei quali è presente liquido di coltura fresco, esse si dividono di nuovo fino a divenire confluenti. Inoltre, i fibroblasti normali umani, in coltura possono moltiplicarsi soltanto un numero limitato di volte (circa 50 volte) in un arco di tempo di 7-9 mesi. A partire dal 35 passaggio, la loro capacità di dividersi comincia a diminuire; alla fine le cellule smettono di moltiplicarsi e muoiono. I fibroblasti che provengono da donatori in età avanzata si moltiplicano un numero di volte significativamente minore rispetto a quelli provenienti da embrioni umani. In altre parole il numero di moltiplicazioni osservato è in rapporto all età del donatore da cui provengono le cellule. Anche la longevità della specie da cui provengono i fibroblasti rappresenta un fattore importante che regola il numero delle duplicazioni possibili. I fibroblasti dell embrione del topo (il cui arco vitale si aggira sui 3 anni) si dividono all incirca 15 volte prima di morire; i fibroblasti dell uomo (che ha un arco di vita fra i 70 e gli 80 anni) si dividono circa 50 volte, e quelli delle testuggini della Galapagos (il cui arco di vita è all incirca di 175 anni) si dividono circa 90 volte. Inoltre se i nuclei dei fibroblasti vecchi vengono sostituiti con nuclei di fibroblasti giovani (tecnica possibile con l uso della citocalasina, e poi centrifugata), le cellule ibride che si formano si suddividono a seconda dell età del nucleo e non di quella del citoplasma. Perciò, l orologio biologico sembra essere localizzato nel nucleo dei fibroblasti. Questi ed altri studi ancora indicano che almeno alcuni aspetti dell invecchiamento sono intrinseci o genetici. 1.3 Modificazioni del cervello e del comportamento L avanzare dell età comporta delle modificazioni che in generale non compromettono significativamente la qualità della vita. Vi sono per esempio modificazione della coordinazione motoria, del sonno e delle funzioni mentali. L andatura di una persona anziana è più lenta, il passo più corto e la postura meno eretta di quella di un giovane. I riflessi posturali sono anch essi spesso rallentati e rendono perciò l individuo più suscettibile a perdere l equilibrio e cadere. Anche l andamento del sonno cambia. Le persone anziane hanno risvegli più frequenti e dormono meno. Aumenta il periodo trascorso nello stadio 1 del sonno, mentre diminuisce la fase 3 e 4, nonché il sonno caratterizzato da movimenti rapidi (REM). Si osservano modificazioni delle funzioni mentali che variano tuttavia da individuo a individuo. Vi è una diminuzione nella capacità di memorizzare per lungo tempo notevoli quantità di nozioni nuove. Certe capacità semantiche, come quella di denominare rapidamente gli oggetti o di trovare quante più parole possibili che iniziano con una certa lettera dell alfabeto, diminuiscono con l età. Tuttavia, le prestazioni che si possono ottenere da soggetti ottantenni con il sottotest di vocaboli secondo la WAIS sono di buon livello. I caratteri generali dell intelligenza diminuiscono un po dopo i sessant anni e questo processo si accentua con l età. Perciò diversi aspetti delle funzioni cognitive cambiano con gli anni, ma non alterano in maniera apprezzabile la qualità della vita. Parecchie modificazioni cerebrali hanno luogo nell età avanzata. Anzitutto vi sono modificazioni vistose come una diminuzione del peso del cervello e una riduzione del suo contenuto proteico. In secondo luogo sembra che il numero delle cellule nervose diminuisca con l età anche in molti nuclei sottocorticali. Inoltre, le conte cellulari eseguite sulla corteccia indicano una diminuzione del numero dei neuroni nelle persone anziane, anche se non è ancora chiaro se si tratti di una diminuzione numerica dei grandi neuroni cerebrali o semplicemente di una diminuzione delle loro dimensioni. In terzo luogo si osserva una notevole riduzione dei livelli degli enzimi che sintetizzano la dopamina e la norepinefrina e riduzioni più lievi del sistema colinergico. Ciò è dovuto in particolar modo alla perdita dei neuroni sottocorticali che sintetizzano questi trasmettitori. Alcune delle caratteristiche legate alla senescenza, come la modificazione della struttura del sonno, dell umore, dell appetito e della memoria, potrebbero trovare la loro 5

6 giustificazione proprio nell alterazione della sintesi e della degenerazione di questi neurotrasmettitori e dei loro recettori. Queste modificazioni sinaptiche sembrano rientrare nella norma. Al contempo, certe malattie come il morbo di Parkinson, la corea di Huntington e il morbo di Alzheimer insorgono maggiormente con l avanzare dell età. Sappiamo già che la funzione dopaminergica è alterata nel morbo di Parkinson. Nella malattia di Huntington si ha una profonda riduzione dell attività della decarbosillasi dell acido glutamminico, mentre anche i livelli del GABA (acido y-aminobutirrico) e di colin-acetiltransferarsi sono fortemente diminuite nello striato in via di degenerazione. Sono alterazioni morfologiche che compaiono nel cervello in via di senescenza anche le placche senili e le matasse neurofibrillari. Il numero di queste lesioni nel corso del normale processo d invecchiamento è tuttavia molto minore di quello che si osserva nella malattia di Alzheimer. 1.4 Anche altre forme degenerative provocano la demenza La demenza riconosce varie cause, e non è provocata solo da malattie che colpiscono il cervello. Le cause sono riconducibili sia a fattori intracerebrali che extracerebrali. Tra i primi fattori (intra) sono compresi i traumi, le infiammazioni, le neoplasie e soprattutto le alterazioni vascolari (demenza multifattoriale o MID) e degenerative (demenza di Alzheimer). Tra i secondi troviamo fenomeni di tipo tossico, alterazioni del metabolismo e del sistema endocrino vedi tabella 1. Le malattie che provocano demenza sono oltre 60, hanno esordio, durata e prognosi diverse, in relazione alla causa che ne hanno provocato l insorgenza. Il 50-60% delle demenze è provocato dalla malattia dell Alzheimer, 10-20% sono dovute a malattie che provocano lesioni alle cellule cerebrali per cause vascolari (demenze vascolari); nel 10-30% dei casi sono dovute a patologie di tipo degenerativo che danneggiano le cellule cerebrali (come la demenza a corpi di Lewy) e la malattia di Pick); il 5-20% è secondario ad altre malattie a carico del cervello o di altri organi, o sono dovute ad intossicazioni o disturbi metabolici e potenzialmente reversibili. Sono quindi molte le patologie che pur compromettendo inizialmente solo la funzione di altri organi, possono poi provocare disturbi delle funzioni del cervello. Quando queste patologie provocano alterazioni nelle strutture e nei circuiti che intervengono nelle funzioni cognitive ne compromettono la funzione fino a portare alla demenza. Queste forme sono indicate come secondarie per distinguerle dalle forme primarie cioè dovute a malattie che colpiscono direttamente il tessuto cerebrale. Le demenze vengono poi distinte in reversibili ed irreversibili, in relazione alla possibilità di intervenire in modo risolutivo sulla causa che ne ha provocato l insorgenza. I dati della letteratura ci dicono che il 9% dei casi sono dovute a cause potenzialmente reversibili. Una delle classificazioni più utilizzate per le demenze prende in considerazione le lesioni delle strutture anatomiche del cervello. In relazione a ciò, le demenze vengono distinte in corticali, quando le lesioni sono a carico della corteccia cerebrale (vedi tabelle seguenti) e in sottocorticali, quando le lesioni si localizzano nelle strutture al di sotto della corteccia. La presenza di lesioni corticali e sottocorticali configura quelle forme di demenza definite miste. Sebbene, come appena detto, il morbo di Alzheimer sia di gran lunga il tipo più comune di demenza, esistono innumerevoli alterazioni che possono produrre demenza. Molte di queste forme sono legate all età e si manifestano con incidenza molto maggiore nelle persone anziane che nei giovani. In generale si tratta di sindromi di tipo degenerativo caratterizzate dalla necrosi dei neuroni di parti diverse del sistema nervoso con particolare riguardo alla corteccia cerebrale. Esistono tuttavia alcune forme di demenza che comportano particolarmente la degenerazione del talamo e della sostanza bianca immediatamente sottostante alla corteccia cerebrale. In questi casi le 6

7 alterazioni della funzioni cognitive dipendono dall isolamento delle aree corticali dovuto alla degenerazione delle fibre efferenti ed afferenti. Tab. 1 Classificazione delle demenze Demenze primarie o degenerative A) Malattia di Alzheimer B) Demenza a corpi di Lewy C) Demenze fronto-temporali D) Parkinson E) Malattia di Huntington F) Afasia progressiva G) Demenza semantica H) Atrofia corticale posteriore I) Atrofia multisistemica Demenze secondarie A) Lesioni Cerebrovascolari - Infarti multipli (demenza multifattoriale) - Stato Lacunare - Leucoencefalopatia aterosclerotica B) Traumi cranici (Demenza Post-traumatica, Pugilistica) C) Tumori cerebrali D) Idrocefalo Normopressorio E) Lesioni endocraniche occupanti spazio F) Disturbi endocrini e metabolici G) Malattie metaboliche ereditarie H) Sostanze tossiche (alcool, farmaci, ecc.) I) Condizioni di carenze vitaminiche L) Infezioni e infiammazioni del SNC (compresa l infezione da HIV) 1.5 La malattia di Alzheimer La malattia prende il nome da un neurologo tedesco, Alois Alzheimer ( ), che all inizio del secolo descrisse il primo caso capitato alla sua attenzione mentre era primario nella Clinica per dementi ed epilettici di Francoforte. Ha un esordio compreso dai 40 ai 70 anni, spesso insidioso e subdolo, tanto che nemmeno i familiari se ne accorgono. Ha una lenta evoluzione degenerativa che porta alla morte, con disturbi del linguaggio (afasia), della memoria (amnesia), del movimento (aprassia) e della percezione (agnosia), conosciuta per questo come la malattia delle quattro A. Il processo degenerativo è irreversibile e comporta una progressiva perdita delle cellule di strutture cerebrali deputate a svolgere le funzioni cognitive, la cui causa non è stata ancora 7

8 completamente identificata. In questa patologia la perdita di cellule nervose si accompagna alla progressiva riduzione di sostanze (neurotrasmettitori) che intervengono nelle attività cognitive e tra queste risulta particolarmente ridotta l acetilcolina; molecola fondamentale nei processi cognitivi. La diagnosi di certezza è solo post-mortem, quando è possibile esaminare al microscopio il tessuto cerebrale. Dagli esami clinici in vita, infatti, possiamo avere una diagnosi di probabilità, dopo aver escluso altre forme di demenza. Tuttavia, nelle fasi terminali della malattia il progressivo impoverimento cellulare si traduce in atrofia (rimpicciolimento del cervello), che viene messa in evidenza con la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata)) dell encefalo. La malattia colpisce entrambi i sessi, con una lieve prevalenza per il sesso femminile. È una malattia tipicamente senile, la cui frequenza aumenta con l età. Vi sono però casi d insorgenza veloce, prima dei cinquant anni, di solito particolarmente gravi e a decorso veloce. Al momento non esistono farmaci efficaci per la guarigione di questa malattia anche se ci sono studi sperimentali. 1.6 Quali forme di malattia di Alzheimer conosciamo In base all età, viene distinta una forma ad esordio precoce o presenile se insorge prima dei 65 anni (25% dei casi) ed una forma ad esordio tardivo o senile quando si manifesta dopo i 65 anni (75% dei casi). In base alla familiarità si può fare una prima importante distinzione tra le forme di Alzheimer sporadiche e quelle familiari. Le forme sporadiche sono la maggioranza (circa il 75% dei casi): sporadico significa che la malattia colpisce un solo membro di una famiglia. Nelle forme familiari ((circa il 25%), quando cioè sono colpiti più membri della stessa famiglia, solo nel 10% dei casi la malattia si trasmette come un carattere autosomico dominante, per il restante 15% non è ancora chiara come viene trasmessa. Le forme familiari trasmesse con carattere autosomico dominante si possono a loro volta suddividere in: - forma familiare tardiva (AD2) (Alzheimer Disease2): questa forma si diagnostica nelle famiglie con più casi di malattia che si manifesta dopo i 65 anni; - forme familiari precoci (AD1, AD3, AD4): queste forme si diagnosticano nelle famiglie con più casi di malattia che si manifesta prima dei 65 anni. queste rappresentano meno del 5% dei casi totali di malattia. I sottotipi (AD1, AD2, AD3) si possono distinguere solo con un test genetico. La forma più frequente è il sottotipo AD3 ed è ad esordio estremamente precoce e con tratto più aggressivo. 1.7 Quali sono le cause della malattia di Alzheimer Le conoscenze sui meccanismi che causano la degenerazione e la morte dei neuroni nella M. di Alzheimer sono ancora poco chiare. È noto che nel tessuto nervoso delle persone malate si può riscontrare un accumulo anomalo di sostanze, solo in parte identificate, che provocano la formazione di placche e fibrille all interno stesso delle cellule. Una di queste sostanze è la proteina amiloide, che a sua volta deriva da una proteina normalmente presente nelle cellule cerebrali, chiamata APP (precursore della proteina amiloide). I meccanismi che portano alla formazione di questi accumuli sono ancora poco conosciuti. Informazioni importanti sono arrivati dallo studio delle forme familiari di Alzheimer, per le quali sono stati identificati alcuni geni che, se mutati, possono causare la malattia: - Il gene della proteina precursore dell amiloide (APP), localizzato nel cromosoma 21 risulta alterato nella forma AD1. le mutazioni dell APP sono rare (circa 20 famiglie identificate nel mondo) e causano una malattia ad esordio precoce (35-50 anni); 8

9 - Il gene della presenilina 1 (PS1) localizzato nel cromosoma 14, risulta alterato nella forma AD3. Finora, in pazienti con forme familiari ad esordio precoce, sono state identificate oltre 140 diverse mutazioni di questo gene. Queste mutazioni rappresentano la causa più comune (circa il 50% dei casi) di origine genetica della malattia di Alzheimer familiare ad esordio precoce (28-60 anni); - Il gene della presenilina 2 (PS2) localizzato nel cromosoma 1, risulta alterato nella forma AD4. Fino ad oggi solo 3 mutazioni sono state identificate in pazienti appartenenti a famiglie americane originarie dell Europa dell Est ed in una famiglia italiana nel Nord-Est. In queste famiglie l età di esordio può essere precoce (30 anni) ma anche molto tardiva (oltre 80). Le preseniline sono proteine che hanno la funzione di tagliare la proteina amiloide, una ipotesi è che il loro alterato funzionamento potrebbe portare all accumulo di questa proteina. Il suo accumulo ha, come risultato finale la morte delle cellule nervose. 1.8 Come si ereditano le forme familiari Dallo studio delle famiglie affette da AD è stato possibile individuare le modalità di trasmissione ereditaria delle diverse forme: - Per le forme AD1, AD3 e AD4 (da mutazioni dei geni APP, PS1 e PS2), si è stabilito che si ereditano con modalità autosomica dominante; - Per la forma AD2 non si è ancora potuto stabilire con certezza quale sia la modalità di trasmissione ereditaria, ma si ipotizza una trasmissione di tipo autosomico dominante. 1.9 Quali sono i fattori di rischio Ognuno dei fattori di rischio non sono considerati singolarmente sufficienti ed indispensabili per innescare la demenza, ma sommandosi tra loro o interagendo con componenti genetiche possono facilitarne l insorgenza. Vengono distinti in non modificabili e modificabili. Fattori di rischio non modificabili - La familiarità: è da tempo noto come la familiarità costituisca un fattore di rischio per sviluppare la malattia. In diversi studi scientifici è emerso come la presenza in famiglia di un parente di primo grado affetto dalla malattia di A. aumenterebbe il rischio di quattro volte esiste poi una percentuale (5% circa) in cui la malattia viene trasmessa come carattere monogenico autosomico dominante. - L età: è sicuramente il fattore di rischio non modificabile più importante per l insorgenza di questa forma di demenza. I dati della letteratura indicano un aumento della prevalenza con l aumentare dell età, infatti essa raddoppia ogni cinque anni di età, a partire dai 60 anni fino ai 95 non si è riusciti però ad individuare quale sia la causa indispensabile che innesca l insorgenza della malattia. Si può supporre che più fattori di rischio debbano interagire con il fattore età per innescare le alterazioni biologiche alla base del processo patologico di questa malattia. - L ApoE: l apolipoproteinae, è una proteina coinvolta nel trasporto del colesterole nel sistema nervoso centrale, ed è in grado di legarsi all amiloide ed ai grovigli neurofibrillari. Il gene che produce questa proteina è stato individuato sul cromosoma 19 e nell uomo presenta tre varianti all eliche (ε2, ε3, ε4) ; in particolare l allele ε4 è stato trovato con frequenza tre volte più alta nei pazienti con A. il genotipo ε2 svolgerebbe, invece, un ruolo protettivo nei confronti della malattia. In eterozigoti la presenza di ε4 è associata ad un moderato aumento di rischio della malattia; in monozigosi (cioè quando gli alleli sono entrambi ε4) il rischio è elevato, soprattutto in età compresa tra i 60 ed i 70 anni. probabilmente il genotipi APoE- ε4 9

10 favorirebbe il deposito di amiloide cerebrale. La sua presenza non predice sufficientemente lo sviluppo di malattia né la sua assenza è protettiva nei confronti della demenza. - Il sesso: diversi studi hanno evidenziato che il sesso femminile rappresenta un fattore di rischio per l insorgenza della malattia di A. il rapporto della frequenza nei due sessi è di 2:1 a favore delle femmine. Non è ancora ben chiaro il perché; si pensa ad influenze ormonali di uno o più geni predisponenti sul cromosoma X. Un altra ipotesi è legata alla maggiore incidenza nelle donne di una proteina (ApoE) e di una sua forma in particolare ApoEε4. queste proteine rivestono molta importanza nel mantenimento dell integrità del tessuto nervoso, nella forma ApoEε4 si avrebbe un maggior rischio di sviluppare la demenza di A. facilitando la formazione di alterazioni a carico del tessuto cerebrale (placche amiloidi). - La sindrome di down: è causata da un anomalia del cromosoma 21. Chi è affetto da questa sindrome ha maggiori rischi di sviluppare questa malattia proprio in relazione al fatto che il gene della proteina precursore dell amiloide (APP) si trova sul braccio lungo di questo cromosoma. La reale frequenza di demenza in questi pazienti non è stata però definita con sicurezza. Fattori di rischio modificabili - La scolarità: un basso livello di istruzione è considerato un possibile fattore di rischio. Di contro, un elevato grado di istruzione rappresenterebbe un fattore protettivo per lo sviluppo di demenza. - La depressione: il suo ruolo è ancora controverso. Da alcuni autori viene considerata come una manifestazione precoce della malattia, mentre altri la considerano come fattore di rischio. - Il trauma cranico: traumi ripetuti causano una demenza (demenza pugilistica) con aspetti simili a quelli presenti nella malattia di Alzheimer. Se il trauma cranico si verifica in soggetti predisposti (ad es. portatori dell ApoEε4) aumenta il rischio di sviluppare demenze di 2-3 volte e può anticipare l esordio della malattia di circa 6-7 anni. - Metalli: alcuni metalli potrebbero amplificare i danni del metabolismo ossidativi (per l aumento di radicali liberi, dannosi per le cellule cerebrali) od interferire con l attività di proteine del tessuto cerebrale facilitando la formazione delle lesioni alla base di questa malattia (placche senili e grovigli neurofibrillari). L alluminio, il ferro e lo zinco sono i metalli indiziati di svolgere queste azioni. - Patologie vascolari: la presenza di una patologia vascolare (l ipertensione e l ipotensione arteriosa, la fibrillazione striale, l aterosclerosi) provoca sofferenza delle strutture vascolari cerebrali ed aumenta il rischio di sviluppare una demenza A. - Diabete mellito: non c è ancora pieno accordo in letteratura sul suo ruolo, tuttavia da diversi studi emerge che il diabete mellito deve essere considerato un fattore di rischio per l insorgenza di questa malattia. - Fumo di sigaretta: il suo ruolo è ancora controverso. Considerato in passato un fattore protettivo per la demenza di A. dati di letteratura di recente pubblicazione, lo hanno descritto come fattore di rischio. - Alcool: mentre l abuso di alcool faciliterebbe l insorgenza di demenza di A. (ma anche di forme specifiche di demenza), il consumo di modiche quantità svolgerebbe un ruolo protettivo Fattori protettivi Farmaci antinfiammatori: alcuni farmaci antinfiammatori non steroidi (FANS) potrebbe proteggere dal rischio di sviluppare questa malattia. Questo dato è emerso dalla osservazione fatta su soggetti che hanno utilizzato per un lungo periodo antinfiammatori e sono stati colpiti in minor misura dalla malattia di A. 10

11 Estrogeni: il ruolo degli estrogeni è controverso. La letteratura ha riportato a favore di un ruolo protettivo della terapia sostitutiva estrogenica sul rischio di sviluppare malattia, recenti lavori hanno parzialmente confermato questo dato. In particolare sembra che i sia un ruolo protettivo degli estrogeni solo in donne che presentano le varianti ε2 e ε3 del gene che codifica per l ApoE. Istruzione: il grado d istruzione sembrerebbe inversamente proporzionale allo sviluppo della malattia. L ipotesi che l istruzione riduca il rischio di essere colpiti da questa malattia si fonda sull ipotesi della cosiddetta riserva funzionale di cui sarebbe fornito chi ha un più alto grado di istruzione. Il cervello avrebbe in pratica la possibilità di difendersi meglio dai vari fattori di rischio ambientali proprio perché ha maggiori risorse funzionali. Vitamine: l uso di alimenti ricchi di vitamina C (agrumi, fragole, peperoni, pomodori, ortaggi a foglie verdi), eserciterebbe un ruolo protettivo dovuto al loro potere di agire sui radicali liberi, quindi per la loro attività antiossidante. Sport: l attività fisica svolta regolarmente favorisce la circolazione, abbassa il colesterolo e la pressione sanguigna e riduce il rischio di essere colpiti dalla demenza di A. anzi un attività fisica regolare (tre volte a settimana) dimezza il rischio di sviluppare questa malattia Le demenze degenerative non Alzheimer Demenza con corpi di Lewy Dopo la malattia di Alzheimer la demenza con corpi di Lewy è la forma di demenza degenerativa che la letteratura scientifica indica come più frequente, e rappresenta dal 5 al 25% dei casi di tutte le forme di demenza. Più frequentemente esordisce tra i 65 ed i 75 anni, ha una durata variabile da 1 a 5 anni e colpisce prevalentemente il sesso maschile. Le alterazioni del tessuto nervoso sono dovute alla presenza all interno delle cellule della corteccia di c.d. corpi di Lewy (che li descrisse per primo nel 1912, in cervelli di pazienti affetti da malattia di Parkinson), che si formerebbe per anomalie del metabolismo di una proteina (α-sinucleina). Così come nella malattia di Alzheimer, anche in questa forma di demenza, ma in modo più marcato, c è riduzione dell acetilcolina. I principali e più caratteristici disturbi causati da questa forma di demenza sono i deliri e le allucinazioni visive ricorrenti, molto dettagliate; altra particolarità è rappresentata dai disturbi fluttuanti delle funzioni cognitive. In pratica si possono avere improvvisi cambiamenti delle performances nei test neuro-psicologici non correlati ad un peggioramento della malattia. Le funzioni cognitive che risultano generalmente più compromesse sono quelle che richiedono attenzione e l esecuzione di compiti visuo-spaziali, mentre la memoria episodica è più conservata rispetto alla malattia di Alzheimer. In questa forma di demenza sono frequenti le cadute, le sincopi, i disturbi delle funzioni motorie di tipo parkinsoniano (disturbo della deambulazione), e il paziente può passare in poche minuti da una condizione di allerta ad una piena coscienza fino ad uno stato catatonico. Malattia di Pick La malattia prende il nome da chi la descrisse per la prima volta alla fine del XIX secolo; fa parte delle demenze fronto-temporali. Il morbo di Pick ha generalmente inizio tra i 45 ed i 65 anni, ha una durata media tra 6 e 8 anni; sembra essere più frequente tra le donne. È considerata una forma generalmente sporadica, la letteratura scientifica descrive dei casi familiari, ma nella maggior parte di queste forme, il danno genetico è sconosciuto e provoca alterazioni del metabolismo di una proteina. Può essere facilmente confusa con l Alzheimer. È una forma di demenza che colpisce prevalentemente il tessuto cerebrale del neocortex dei lobi frontali e temporale anteriore, in cui si accumula una proteina difettosa (proteina TAU); talvolta accompagnata dalla necrosi di neuroni dello striato. I neuroni contengono un inclusione caratteristica, il cosiddetto corpo di Pick, che è costituito da filamenti lineari, anormali, bassamente aggregati. Anche se questi ammassi appaiono diversi dalle matasse neurofibrillari (tipiche dell Alzheimer), appaiono diverse analogie con i 11

12 filamenti elicoidali accoppiati delle matasse delle matasse neurofibrillari, infatti entrambi queste formazioni patologiche reagiscono con gli stessi anticorpi specifici per le proteine neuronali del citoscheletro. Poiché le lesioni si verificano in quella parte di cervello che controlla il comportamento, questa forma di demenza è caratterizzata da evidenti cambiamenti comportamentali dell individuo, che può diventare molto sgarbato, facilmente irascibile, arrogante; iper-oralità e aumento di peso per l assunzione compulsava di alimenti sono tra le altre manifestazioni di questa forma di demenza. Le prime manifestazioni della malattia sono rappresentate da mancanza di iniziativa (apatia, disinteresse), somatizzazioni e indebolimento della memoria recente. Abbastanza presto si manifesta il disorientamento spaziale. Tra i disturbi cognitivi, le alterazioni del linguaggio (monotonia, perseverazione, ecolalia) sono le prime a comparire e peggiorano più rapidamente rispetto a quanto avviene generalmente nella demenza di Alzheimer. Diagnosi della demenza con corpi di Lewy e della demenza di Pick La diagnosi differenziale è assai importante per un adeguata prognosi, anche se al momento non esistono farmaci specifici e non esistono indicatori biologici che ad oggi ci permettono di fare una diagnosi certa di queste forme di demenza mentre il paziente è vivente. La diagnosi di certezza è possibile solo post mortem attraverso lo studio del tessuto cerebrale. Infatti, il ritrovamento nel tessuto cerebrale delle specifiche alterazioni (corpi di Lewy, cellule di Pick, matasse neurofibrillari nell Alzheimer) del processo degenerativo che hanno causato la demenza, ci può dare la certezza diagnostica. Una diagnosi di probabilità o di possibilità che si tratti di una delle due forme degenerative è il massimo della certezza diagnostica mentre il paziente è vivente. La storia, l esordio dei deficit cognitivi e dei disturbi non cognitivi, nonché il tipo di disturbo cognitivo e del comportamento diventano i criteri clinici per indirizzare verso una diagnosi di probabilità o di possibilità. L esecuzione di test per la valutazione dei disturbi cognitivi e non cognitivi, effettuata con l aiuto del familiare che meglio conosce il paziente, fornisce elementi di fondamentale importanza per formulare una diagnosi molto vicina ad essere certa. Soprattutto nelle fasi iniziali, allo scopo di escludere le forme secondarie, dovranno essere eseguiti: un elettroencefalogramma, un esame radiografico del torace, esami emato-chimici per la valutazione dei principali parametri che indicano eventuali alterazioni metaboliche, endocrinologhe, flogistiche, elettrolitiche ed emocoagulative. L esecuzione di accertamenti strumentali morfologici (TAC e RMN cerebrale) e funzionali, come la tomografia a fotone singolo (SPECT) o la tomografia ad emissione di positroni (PET), sono sicuramente di completamento ai dati clinici per migliorare l accuratezza diagnostica all esordio dei disturbi e differenziare le varie forme di demenza. In alcuni casi, per diagnosticare alcuni tipi di demenza, potrà essere necessaria l esecuzione di un elettroencefalogramma o l esame del liquido cefalorachidiano. Malattia di Huntington Il morbo di Huntington comporta la degenerazione del nucleo caudato e del putamen (nuclei della base interconnessi che originano dalle medesime strutture telencefaliche, di conseguenza sono costituiti da tipi cellulari identici e sono fusi anteriormente). La malattia di Huntignton determina deficit cognitivi che spesso peggiorano fino a diventare una demenza vera e propria. La demenza consegue probabilmente alla degenerazione dei neuroni del neocortex. Malattia di Parkinson Anche il morbo di Parkinson interessa principalmente strutture sottocorticali, in particolare la Substantia nigra ed il locus coeruleus (nucleo del tronco dell encefalo, fibre di tipo noradrenergico efferenti alla corteccia). Un notevole numero di pazienti affetti dal morbo di Parkinson presentano deficit cognitivi. Alcuni sono anche affetti dal morbo di Alzheimer. In altri è possibile osservare la presenza di inclusioni filamentose anormali nei neuroni dell ippocampo e del neocortex, in 12

13 particolare in aree corticali come quella del giro del cingolo che è in stretta relazione con il sistema limbico. Pseudo-demenze Un cenno a parte meritano le cosiddette pseudo-demenze, per le quali, tra i sintomi principali si annoverano segni di deterioramento cognitivo, di memoria, di attenzione, disorientamento, riduzione del tono dell umore, a volte con deliri e allucinazioni, associate, però, alla depressione maggiore. La differenza con la vera demenza è che i sintomi progrediscono molto rapidamente e con un adeguato trattamento a base di farmaci antidepressivi si hanno miglioramenti significativi Le demenze da cause vascolari I lavori scientifici svolti in paesi del mondo occidentale indicano che le demenze vascolari rappresentano fino al 30% di tutte le forme di demenza mentre, in paesi come la Cina e Giappone, i dati della letteratura danno ai fattori vascolari la responsabilità di circa il 50% di tutte le forme di demenza. Queste forme di demenza aumentano con l età. In particolare, nei soggetti ultra85enni, tendono ad avere una frequenza paragonabile o superiore alla demenza di Alzheimer. Questi disturbi variano per intensità e gravità ed in ogni malato sono diversi, così come diversi lo sono in ogni fase della malattia. È comunque necessario, prima di considerarli espressivi della demenza, escludere altre cause che li possano avere generati. Possono essere infatti scatenati da: - fattori ambientali (luoghi affollati e rumorosi, improvvisi cambiamenti dell ambiente di vita, come un ricovero), - effetti collaterali da farmaci, - malattie a carico di altri organi (infezione, cardiopatia, disturbi alla vista o udito) o il riacutizzarsi di una patologia già presente. È importante riconoscere i motivi scatenanti per potere attuare un trattamento mirato che agendo sulla causa, può divenire risolutivo. Anche sono state elaborate varie scale per la loro valutazione, è sempre opportuno ricorrere all aiuto del caregiver per meglio individuare quali sono i disturbi che più si sono manifestati e per poter fornire anche alcuni suggerimenti per gestirli, soprattutto se sono di lieve entità, prima di ricorre ad un trattamento farmacologico. Fattori di rischio I principali fattori di rischio sono l età, la familiarità, l ipertensione arteriosa, il diabete mellito, una storia di infarto miocardio, di fibrillazione striale, di pregressi episodi di ischemia cerebrale, il fumo, l elevato consumo di alcol, alti livelli di colesterolo. Cause e forme più frequenti La causa più frequente di demenza vascolare è un infarto cerebrale (80% dei casi), provocato da una occlusione di un arteria cerebrale (o per trombi dovuti a coaguli che si formano sulla parete dei vasi danneggiati dall aterosclerosi, o per emboli provenienti da un cuore fibrillante), e meno frequentemente è provocata da una rottura di un vaso arterioso (emorragia subaracnoidea secondaria ad un trauma cranico, emorragia intracerebrale da rottura di un aneurisma o di un angioma cerebrale o dovuta ad ipertensione arteriosa). L infarto cerebrale provoca la morte delle cellule nervose che non vengono più irrorate dal sangue. Nel caso delle emorragie si produce anche un aumento della pressione intracerebrale che danneggia più diffusamente il tessuto cerebrale portando fino al coma o alla morte. Di conseguenza, cessando le funzioni svolte dalle cellule nervose che sono morte, compaiono vari tipi di deficit sia cognitivo, sia motorio (ad esempio paresi o paralisi di un arto o di un lato del corpo). 13

14 I disturbi delle demenze da cause vascolari sono in relazione alla estensione ed alla sede in cui si producono le lesioni a carico del tessuto nervoso. Non possono essere quindi considerate come un entità unitaria e omogenea. Ci sono, poi, anche patologie su base genetica che possono causare occlusioni di arterie cerebrali come la CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leukoencephalopathy). Le forme più frequenti di demenza vascolare, classificate in relazione al danno vascolare che ne provoca l insorgenza, sono: - Demenza multi-infartuale (MID): è causata da infarti multipli, in genere provocati dalla occlusione di vasi di grosso calibro, che colpiscono aree corticali e sottocorticali. Come conseguenza della malattia, nel cervello colpito da MID si osservano numerose aree necrotiche, risultato di una serie di infarti, ognuno dei quali blocca l afflusso di sangue ad un area specifica distruggendone così le cellule. Ogni infarto può essere talmente piccolo da risultare inapparente sul piano clinico, ma col procedere della malattia, la somma di queste aree necrotiche nel cervello può essere abbastanza estesa da dare origine alla sintomatologia caratteristica della demenza. Da l momento che dopo un infarto vi è spesso un certo grado di recupero, questi pazienti possono mostrare un parziale miglioramento prima di peggiorare nuovamente: vi è quindi un andamento più variabile rispetto all AD, con un tipico deterioramento a scalini. Si manifestano con disturbi cognitivi improvvisi, dovuti alla compromissione sia di attività svolte dalle strutture corticali che sottocorticali. In quest ultimo caso i deficit cognitivi ed i disturbi non cognitivi consistono in un rallentamento psicomotorio, instabilità della postura, difficoltà di concentrazione, labilità emotiva, (riso e pianto spastico, comportamenti o risposte non correlate al contesto), disartria (disturbo dell articolazione della parola) e disfagia (difficoltà a deglutire sia cibi solidi che liquidi). Questo quadro clinico viene indicato come paralisi pseudobulbare. - Demenza da singoli infarti o infarti strategici : prodotta da lesioni localizzate in aree funzionalmente strategiche per lo svolgimento di attività cognitive. Queste lesioni possono provocare la rapida comparsa di specifici deficit cognitivi, propri dell alterato funzionamento dell area colpita dall evento ischemico (per esempio l afasia, agnosia, sindrome frontale). - Demenza dovuta ad uno stato lacunare (area di sofferenza vascolare): le ischemie lacunari di alcune strutture cerebrali presenti all interno della sostanza bianca degli emisferi cerebrali (nuclei della base) si presentano generalmente con il quadro di una paralisi pseudobulbare, mentre le lacune a carico dei lobi frontali provocano una demenza con prevalenti segni di compromissione delle funzioni svolte da questi lobi. - Demenza da ipoperfusione: questa forma può conseguire a una ridotta irrorazione di tutto il tessuto cerebrale secondaria ad arresto cardiaco o a marcata ipotensione. Diagnosi della demenza da cause vascolari Per poter dire che la demenza è stata provocata da una sofferenza delle cellule nervose per cause vascolari è necessario che oltre al disturbo di memoria ci sia una compromissione di almeno un altra funzione cognitiva (afasia, aprassia, agnosia, disturbi delle funzioni esecutive) prima integra e che ad un esame strumentale cerebrale (TAC o RMN) siano presenti lesioni vascolari della corteccia cerebrale o delle strutture sottocorticali o che siano evidenziati deficit neurologici delle funzioni motorie in relazione alla sofferenza di strutture cerebrali (ad esempio emiparesi ossia deficit di forza di un lato del corpo). Infine, bisogna stabilire se c è una relazione temporale tra l evento che ha portato alla sofferenza e l insorgenza della demenza (i dati della letteratura scientifica indicano in tre mesi il limite tra il riconoscimento della lesione vascolare cerebrale e l insorgenza del disturbo cognitivo ad essa attribuibile. Per parlare di demenza i deficit cognitivi dovranno essere di gravità tale da provocare compromissione significativa delle attività sociali e lavorative. 14

15 Talvolta possono riscontrarsi sintomi che rendono la diagnosi di demenza vascolare incerta: - Peggioramento dei disturbi in assenza di lesioni vascolari a carico del tessuto cerebrale. - Mancanza di segni o sintomi neurologici per lesioni di aree cerebrali deputate a svolgere una determinata funzione (ad esempio per lesioni dell area della corteccia cerebrale motoria si dovranno produrre segni o sintomi deficitari relativi a questa funzione). - Mancato riscontro di lesioni vascolari alla TAC o alla RMN cerebrale. La diagnosi differenziale tra demenza da cause vascolari e demenza di Alzheimer non è sempre facile. Una attenta raccolta della storia del paziente (anamnesi) ed una visita accurata permettono, generalmente, di distinguere le due patologie. Gli elementi dell anamnesi e della visita che devono essere considerati per arrivare a formulare una diagnosi abbastanza certa sono stati raccolti in una scala di valutazione che è conosciuta come scala di HIS (Scala Ischemica di Hachinski) Criteri diagnostici per la diagnosi di demenza secondo il DSM-IV Secondo il DSM-IV per poter fare una diagnosi di demenza occorre che siano presenti i seguenti criteri diagnostici: A) Dimostrazione obiettiva della compromissione della memoria a breve e lungo termine. Il deficit della memoria a breve termine (incapacità di apprendere nuove informazioni) può essere indicato dall incapacità a ricordare tre oggetti dopo cinque minuti. Il difetto della memoria a lungo termine Incapacità a ricordare informazioni conosciute in passato) può essere indicato dall incapacità di ricordare notizie personali passate (es: luogo di nascita, occupazione), o fatti di comune conoscenza (es: ex presidenti, date storiche). B) Almeno uno dei seguenti elementi: - Deficit del pensiero astratto, riscontrabile nell incapacità a cogliere somiglianze e differenze tra parole correlate, nella difficoltà a definire parole e concetti, ed in altre prove simili; - Deficit di giudizio critico, riscontrabile nell incapacità di fare progetti ragionevoli per affrontare problemi o questioni interpersonali, familiari, o collegate con il lavoro; - Altre turbe delle funzioni corticali superiori come afasia (disturbo del linguaggio), agnosia (incapacità di riconoscere o identificare oggetti nonostante l integrità delle funzioni sensitive), aprassia (incapacità a eseguire attività motorie nonostante l integrità della comprensione e della motricità), aprassia costruttiva (come incapacità a ricopiare figure tridimensionali e a mettere insieme dei blocchi o a ordinare dei bastoncini secondo schemi prestabiliti); - Modificazioni della personalità, come l accentuazione o alterazione di tratti premorbosi. C) Il disturbo in A e B interferisce significativamente con il lavoro, con le attività sociali usuali o con le relazioni interpersonali. D) Non si verifica esclusivamente nel corso di Delirium. E) Uno dei seguenti elementi: - Dimostrazione fondata sull anamnesi, sull esame clinico, di laboratorio, di un fattore specifico eziologicamente correlato al disturbo - Presunzione, in assenza di tale dimostrazione, di un fattore eziologico organico se il disturbo non può essere attribuito ad alcun disturbo mentale non organico (esempio depressione maggiore). È inoltre importante differenziare la sindrome demenziale da un altra condizione in cui si determina una compromissione delle funzioni corticali superiori: lo stato confusionale acuto o delirium. La caratteristica essenziale è un obnubilamento della coscienza che si sviluppa, a differenza della demenza, in un breve arco di tempo; talvolta inizia bruscamente come nel caso di un trauma cranico. Sono presenti spesso deliri di persecuzione o allucinazioni che, a differenza della demenza, sono transitori e reversibili, in genere con andamento fluttuante. A volte, invece, un disturbo della memoria può mascherare una depressione, che uno dei disturbi psichiatrici più diffusi in età avanzata, anche a causa delle condizioni socio-economiche in cui vivono molti anziani. 15

16 Nelle depressioni piuttosto gravi vi sono quindi dei deficit cognitivi e comportamentali che somigliano al quadro di una demenza; le difficoltà diagnostiche sono complicate dal fatto che in molti casi, nelle prime fasi della malattia, la demenza si associa alla depressione. Tuttavia, è importante differenziare le due situazioni in quanto, una volta posta la diagnosi di depressione si può avviare una terapia farmacologica adeguata. 16

17 CAPITOLO SECONDO MODALITÀ DI INTERVENTO 2.1 I trattamenti non farmacologici L obiettivo comune dei trattamenti non farmacologici è quello di ridurre l impatto funzionale delle disabilità derivanti dalla malattia e mantenere il più possibile le autonomie residue al fine di migliorare la qualità di vita del paziente e della sua famiglia. Con i trattamenti non farmacologici si intendono gli interventi: 1. sul paziente; 2. sulla famiglia; 3. sull ambiente domestico. 2.2 Gli interventi sul paziente Sono di tipo riabilitativo e incentrati sui deficit sia di tipo cognitivo, funzionale, che non cognitivo ( disturbi affettivi, psicotici e del comportamento). Fino a circa dieci anni fa, gli interventi riabilitativi hanno goduto di scarsa credibilità a causa delle caratteristiche di progressione e cronicità di questa patologia e la mancanza di conoscenza di una solida base teorico- biologica. Venivano perlopiù effettuati interventi di stimolazione globale che miravano ad una riattivazione delle funzioni cognitive nel loro complesso, ed interventi di tipo contenitivo o sostitutivo (modelli protesici) per il controllo dei disturbi del comportamento. La maggiore comprensione di quali funzioni cognitive vengono colpite dal processo degenerativo, ha permesso di meglio orientare gli interventi che, parlando di demenza, non hanno certo la finalità della restitutio ad integrum del deficit, quanto un rallentamento della sua progressione, attraverso specifiche stimolazioni (riabilitazione di mantenimento). Il tipo di stimolazione deve essere correlato allo stadio della malattia e all entità del danno biologico correlato, per cui un intervento di riabilitazione cognitiva potrà essere adeguato nelle fasi lieve e moderata, mentre interventi di stimolazione emozionale o sensoriale rivolti al controllo dei disturbi non cognitivi, saranno più idonei nella fase moderatamente grave e grave. Perciò, fin tanto che è possibile attingere alle risorse del paziente (fase lieve e moderata della malattia), si stimoleranno le funzioni cognitive non ancora completamente compromesse, cercando di migliorarle e mantenerle valide per garantire la maggiore autonomia funzionale nella vita quotidiana. Quando non sarà più possibile attingere in modo diretto a queste risorse cognitive, si potranno attuare interventi di stimolazione emotiva/sensoriale utilizzando tecniche comportamentali che, operando anche sull ambiente, si prefiggono di produrre effetti positivi sul paziente. L intensità delle sollecitazioni riabilitative deve essere, comunque, sempre calibrata al grado di abilità residua e di poco superiore rispetto al livello funzionale nel quale la persona si trova, oltre che in linea con le attitudini e le sue preferenze affinché l intervento possa risultare efficace. Gli interventi di stimolazione cognitivo/comportamentale possono essere svolti sia in gruppo (il più possibile omogeneo per tipo e gravità di disturbo) che individualmente. Tali interventi avranno una maggiore efficacia se integrati in un più completo piano terapeutico che comprenda anche: attività di riattivazione motoria; interventi educazionali e di sostegno alla famiglia; interventi sull ambiente domestico; terapie sintomatiche (sui deficit cognitivi e non). 17

18 2.3 Le stimolazioni cognitive Per ciò che concerne gli interventi sulla persona, sappiamo che la demenza esordisce con un disturbo della memoria, ma non tutte le sue componenti sono interessate nella stessa misura e contemporaneamente. Tradizionalmente si distingue una memoria a breve termine e una a lungo termine. Nelle fasi iniziali della malattia, viene prevalentemente compromessa quella a BT o memoria di lavoro e solo in parte la MLT. Di quest ultima viene danneggiata in particolar modo, la componente dichiarativa (di cui fanno parte la memoria episodica e semantica), mentre quella procedurale non viene, inizialmente, intaccata. Ciò provoca la comparsa di difficoltà ad apprendere nuove informazioni ed a rievocare eventi recenti (memoria a breve termine e memoria episodica) e difficoltà a parlare (memoria semantica). La componente procedurale, la quale nella fase iniziale è conservata, permette di ricordare le sequenze motorie che ci permettono di svolgere attività precedentemente apprese (camminare, andare in bicicletta, ecc..). Partendo da queste basi biologiche, si sono sviluppate tecniche per stimolare specificatamente le funzioni cognitive compromesse, per migliorare o rallentare i disturbi della memoria procedurale o di altre attività cognitive (es:orientamento spazio/temporale, il linguaggio, ecc..) e per sollecitare il funzionamento di quelle ancora relativamente conservate. Esistono svariate tecniche di stimolazione cognitiva. Le mnemotecniche Sono rivolte a pazienti con un grado molto lieve di demenza. L intervento consiste nell insegnare ad ordinare meglio le informazioni per migliorare le capacità mnestica e di apprendimento mediante alcuni ausili quali: ausili esterni passivi: la segnalazione di luoghi domestici con l uso di luci notturne; ausili esterni attivi: diari, calendari, liste per la spesa orologi; ausili interni: strategie mentali: metodo dei loci (individuare mentalmente una serie ordinata di luoghi noti a cui andrà fatto corrispondere il materiale da ricordare. Ripercorrendo questi luoghi il soggetto recupererà le immagini degli elementi da ricordare), o il formare dei nessi logici tra le cose da memorizzare, la ripetizione per ridurre gli errori, l utilizzo di cues, cioè l apprendimento mediante suggerimenti che verranno gradualmente ridotti, ecc.. Training cognitivi Sono sempre rivolti a pazienti con un grado lieve di demenza. L intervento ha come finalità la stimolazione ed il rinforzo di funzioni cognitive specifiche come l attenzione sostenuta e selettiva, la memoria visuo-spaziale e associativa. Al paziente vengono proposti esercizi da tavolo come puzzle, calcoli aritmetici, matrici attenzionali. Procedural memory training È rivolto a pazienti con demenza dei grado medio-lieve senza disturbi comportamentali associati. L intervento ha come scopo quello di stimolare e migliorare la memoria procedurale motoria coinvolgendolo in attività funzionali alla vita quotidiana.questa tecnica potrà essere insegnata anche ai familiari così che poi potranno fare esercitare il proprio caro. Durante una seduta di training possono essere proposti esercizi di simulazione o esecuzione di: attività di cura e igiene personale, attività di cucina (prepararsi un caffè, un dolce, ecc..), ecc.. Memory intervention Si pone come fine la stimolazione della memoria semantica, autobiografica e procedurale. Il paziente viene stimolato a ricordare e mantenere informazioni relative alla propria persona e legate alla propria esperienza. ROT (Reality Orientation Therapy) È rivolta a pazienti dementi di grado moderato e lieve senza disturbi di comportamento o sensoriali rilevanti e con linguaggio sufficientemente conservato. Può essere svolta in piccoli gruppi 18

19 (5 6 persone, omogenee per grado di deterioramento) o individualmente. Se ne distinguono di due tipi: formale ed informale e le due modalità possono essere integrate. La ROT formale viene effettuata, di norma, in sedute giornaliere della durata di circa 45 minuti. Dopo avere accolto i pazienti e avere creato un clima cordiale ha inizio la seduta di riattivazione cognitiva. Durante la seduta si impiega una metodologia di stimolazione standardizzata, finalizzata a riorientare il paziente rispetto alla propria persona, al tempo, allo spazio (ad es. ricordare il proprio indirizzo, il quartiere dove abita). Inoltre il gruppo facilità la creazione di relazioni sociali, utili a ridurre la tendenza all isolamento in cui versano spesso questi malati. La ROT informale prevede, invece, un processo di stimolazione non standardizzato durante la giornata e fatto da chi si prende cura del paziente. L obiettivo è quello di ri-orientare il paziente rispetto alla propria identità, allo spazio e al tempo, stimolandolo ad es. al ricordo della sua data di nascita, l ora e il luogo in cui trova, nel ricordo di argomenti legati alla sua storia personale. Per tali aspetti la ROT viene definita anche una tecnica di riattivazione cognitivo- comportamentale in quanto coinvolge anche aspetti affettivi collegati alla sua vita emozionale e come è noto gli aspetti emotivi hanno una valenza positiva sulla stimolazione delle funzioni cognitive. Terapia di reminescenza (life review) Si stimola il paziente al recupero di esperienze positive di vita (memoria autobiografica), assecondando la naturale tendenza del soggetto a rievocare il passato, utilizzando come facilitatori fotografie, canzoni, ecc.. In tal modo il malato può ritrovare motivi di gratificazione che rafforzando l autostima, possono ridurre reazioni comportamentali inadeguate. L intervento può essere formale o informale e svolto sia individualmente che in gruppo. 3R Therapy È un intervento di riattivazione cognitivo-comportamentale globale che si basa sull uso combinato di tre tecniche di stimolazione delle risorse residue del paziente (ROT, reminescenza e rimotivazione). È rivolta a pazienti affetti da demenza di grado medio-lieve e si pone tre obiettivi: ROT : per aiutare il paziente a ritrovare punti di riferimento ambientali, mediante stimolazioni legate allo spazio e al tempo; Reminescenza: tecnica che si prefigge di stimolare le risorse mnestiche residue favorendo il ricordo di eventi piacevoli del passato; Rimotivazione: tecnica che stimola la memoria attraverso la discussione di tematiche legate alla vita attuale del malato, allo scopo di farlo sentire ancora partecipe del suo contesto di vita. Terapia occupazionale È rivolta a pazienti con demenza di grado lieve- moderato e grave. Ha come obiettivi: la stimolazione cognitiva (attenzione, apprendimento); il potenziamento delle capacità funzionali residue; la stimolazione della creatività espressiva (art therapy). Il paziente ha la possibilità di saggiare le proprie capacità creative utilizzando vari tipi di materiale (cartoncini, plastica, ecc..) manipolandoli e decorandoli. Sarà indispensabile individuare un attività in cui il paziente aveva o ha un abilità per programmare un intervento al fine di potenziarla. 2.4 Stimolazioni non cognitive Sono tecniche di sollecitazione sensoriale e affettiva per le gravi forme di demenza, per modificare reazioni e comportamenti impropri. Il loro uso viene riportato in letteratura, anche se non c è alcuna evidenza scientifica della loro efficacia. Rimotivazione È un intervento di tipo cognitivo-comportamentale rivolto a quei pazienti che oltre al deterioramento cognitivo (lieve-moderato) presentano disturbi depressivi non gravi. Si propone di: rimotivare gli interessi verso gli stimoli ambientali; 19

20 stimolare le relazioni interpersonali; stimolare alla discussione di argomenti di attualità. Musicoterapia È rivolta a pazienti con demenza anche grave e problemi di linguaggio o disturbi del comportamento. La metodologia impiegata è di tipo recettivo, basata sull ascolto della musica che favorisce l evocazione dei ricordi, facilita le associazioni e permette una migliore comunicazione, soprattutto non verbale, ponendosi la finalità di costruire un processo di relazione proprio all interno di quest ultima, la cui comprensione è conservata anche nella fase più avanzata di malattia. Tale tecnica può avere diversi fini, quali la riduzione dell aggressività, favorire il rilassamento, ridurre le vocalizzazioni e l agitazione, stimolare la memoria remota mediante l ascolto di canzoni note al paziente, segnalare alcuni momenti della giornata (ad es.:l ora del pranzo). Ci sono, poi, altre tipologie di intervento diversificate quali: Bright light therapy : ossia l uso della luce con intensità luminosa crescente., usata per migliorare i ritmi sonno-veglia e la cosiddetta sindrome del tramonto (confusione ed agitazione che aumenta nel tardo pomeriggio e nelle prime ore serali). L ortoterapia e garden terapeutici: è una forma di riattivazione cognitivo-comportamentale multisensoriale, nata nei paesi asiatici, si è diffusa poi negli USA alla fine del secolo scorso e sta iniziando ad essere conosciuta anche in Italia. È rivolta a pazienti nelle varie fasi della demenza. Comprende attività di giardinaggio, coltivazione di piante ed ortaggi e si svolgono varie attività:dalla coltivazione del terreno, sino alla raccolta. Il contatto con la terra e l osservazione delle forme, colori, odori, rinvia al paziente una stimolazione percettiva che può aiutare nel ridurre i disturbi comportamentali. Il prendersi cura di un fiore, inoltre, stimola l affettività, migliora l autostima ed il senso di controllo sull ambiente; riprendendo il contatto con la terra, si favorisce il senso dell orientamento, la socializzazione e l attività motoria, con ricadute positive sui disturbi depressivi e sull ansia. Pet Therapy : nasce in America ad opera dello psichiatra Boris Levinson. È stata riconosciuta con un decreto legislativo (6 febbraio 2003) all interno del SSN. È una terapia comportamentale. Il rapporto uomo-animale, affettivo, emozionale, è in grado di arrecare non solo benefici psicologici, ma anche fisici, come l abbassamento della pressione e il rallentamento del battito cardiaco. Il paziente, grazie a questa tecnica di stimolazione sensoriale riesce ad ottenere anche alcuni benefici sui disturbi del comportamento. L approccio protesico (Gentlecare): ha la finalità di compensare dall esterno quanto è stato irrimediabilmente perduto nel paziente mediante interventi protesici, mirando non a sostituire le funzioni compromesse, quanto a garantirne l esercizio con la massima sicurezza e il minor stress possibile. E ciò attraverso interventi sia sull ambiente domestico, che di chi si prende cura del malato, affinché acquisiscano competenze professionali (appropriato atteggiamento di cura, comunicazione verbale e non verbale). Biodanza: danza della vita è una pratica ideata da uno psicologo cileno, Rolando Toro Araneda negli anni 60. Attraverso la combinazione del movimento, la musica, l espressione delle emozioni, si indurrebbe l attivazione del nucleo affettivo umano.nella demenza questa tecnica sensoriale produrrebbe benefici giovandosi di alcuni aspetti coinvolti quali: il therapeutic touch (che insegna attraverso il tocco delle mani a riportare equilibrio emotivo), il feeling dissolve (per la gestione delle difficoltà affettive). Aromaterapia: è una tecnica di cura che attraverso il massaggio o l automassaggio con oli essenziali (lavanda, balsamo di melissa, citronella) si prende cura del benessere psico-fisico, traendo dall azione fisica, benessere psicofisico. Sembra un intervento utile nel controllo di alcuni disturbi del comportamento (agitazione), depressione, favorisce il rilassamento e il sonno. Aptonomia: è definita la scienza dell affettività espressa attraverso il contatto. È nata circa cinquanta anni fa dal medico olandese Frans Veldman, ed è stata impiegata per lungo tempo nel rapporto genitori-figli nel periodo neonatale. Il termine aptonomia indica quindi un approccio 20

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