(Difficoltà e speranze nella leadership della Vita Consacrata III Tappa di formazione Roma, 2012)

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1 DALL'IO AL NOI DAL GRUPPO ALLA COMUNITA' (Difficoltà e speranze nella leadership della Vita Consacrata III Tappa di formazione Roma, 2012) Dalle dinamiche interpersonali alla mediazione efficace Prof. Giuseppe Crea Leadership e dinamiche di gruppo Il superiore cresce insieme con il gruppo, conosce le esigenze del gruppo, e dà direzione in funzione degli obiettivi che il gruppo si pone. Egli lavora in modo assertivo ed efficace usando in modo saggio e costruttivo le proprie capacità cognitive e il proprio mondo emozionale, perché la riscoperta di tali doni possa essere utile per esercitare un servizio di dedizione per la crescita degli altri. Essere superiori quindi non significa essere arrivati, ma è una condizione di continua crescita della propria consapevolezza e della consapevolezza altrui, direi che è un cammino di conversione permanente per integrare insieme il proprio Io al Noi comunitario Per star bene in comunità occorre scoprire le tante realtà presenti nei mille vasi di argilla delle nostre realtà quotidiane, interpersonali e intrapsichiche, per fare discernimento e per saper riscoprire e gioire dei tanti doni che il Signore mette a disposizione nella vita comunitaria e, più in generale nella vita consacrata. Condizioni attentive della relazione di autorità Interdipendenza L interdipendenza tra superiore, gruppo e contesto come una realtà processuale e dinamica Lo stile interattivo del superiore si permea di valori fondamentali, quali il rispetto, la considerazione dell altro, il senso di responsabilità, che costituiscono elementi indispensabili per una effettiva umanizzazione dei rapporti interpersonali tra leader e comunità Superiore/a facilitatore Il superiore funge da facilitatore non tanto perché lavora per la comunità, ma con la comunità, valorizzando le risorse dei singoli, promuovendo la dialogicità nell interazione, stimolando la corresponsabilità nel raggiungimento delle mete personali e comuni. L attenzione alla situazione Gli avvenimenti che accadono all interno di una comunità religiosa non sono da considerarsi in sé ma nel significato che hanno per il gruppo Il compito del superiore diventa quello di facilitare la consapevolezza di ciò che si vive in comunità, sia per affrontare le situazioni difficili che a volte si trovano a vivere, sia per facilitare lo sviluppo personale ed interpersonale in vista del raggiungimento degli obiettivi di gruppo. 1

2 Il leader e le situazioni problematiche Se da una parte è vero che le persone non hanno bisogno del superiore soltanto quando hanno problemi, è anche vero che molte volte si fa riferimento a lui proprio dinanzi alle situazioni difficili. Per questo coinvolgimento si viene a determinare uno spazio piattaforma dove: Il leader deve dare risposte congruenti con quello che sente e con gli obiettivi; Il gruppo è interpellato a sintonizzarsi su sé (sulle proprie esigenze, bisogni attese, progetti) e sulla guida offerta. La sua difficoltà a decidere se rispondere al bisogno della consorella di essere aiutata, oppure se esprimere il suo disagio rispetto al suo comportamento di dipendenza Importante rendersi conto delle diverse opzioni: di ciò che accade in se stessa (non nostro caso: la superiora si sente irritata e infastidita), di ciò che stanno vivendo gli altri che si rivolgono a lui (nel nostro esempio: la consorella esplicita il bisogno di essere aiutata). La funzione essenziale di un leader è quella di accorgersi delle realtà che sono presenti nella situazione della propria comunità, cogliere le diverse realtà che si respirano in seno al gruppo, identificare le istanze propositive per riuscire ad iniziare un processo di risoluzione in un contesto collaborativo. Dalla pluralità delle situazioni comunitarie alla gestione delle risorse Riconoscere i contrasti: Il leader è chiamato a riconoscere i contrasti presenti nel gruppo in modo attentivo, per poi riuscire a gestirli in maniera adeguata. il superiore quindi è osservatore attento delle condizioni problematiche. La presenza di tensioni I conflitti generano normalmente sentimenti di ostilità che però, in nome del bene comune, possono essere soppressi Questo è un dato molto importante nei vissuti interpersonali di gruppi in cui la dedizione reciproca è alla base dell interazione Infatti, la soppressione dell ostilità non migliora la situazione quando ci sono tensioni tra le persone In questo caso un superiore che si impone perché le persone perseguano la concordia comune, potrebbe trovarsi con la brutta sorpresa di reazioni esattamente opposte. Le persone possono sopprimere i sentimenti ostili mettendo in atto ogni mezzo per evitare l ostilità aperta. Si accumulano però risentimenti, ansia, disagio, sofferenza; così la relazione si deteriora, anche se in superficie appare armoniosa. Ciò che minaccia l'equilibrio di una struttura comunitaria non è il conflitto in quanto tale, ma la rigidità stessa della struttura, soprattutto quando le persone si irrigidiscono su posizioni ideali rispetto a regole e norme, diventando intolleranti verso le esigenze degli altri e dando luogo ad un accumulo di ostilità sottesa e non detta Più questa ostilità viene repressa, più pericoloso è il conflitto quando si manifesta A lungo andare, però, le persone possono vivere delle relazioni insoddisfacenti e faticose che comportano eterne sfiducie in se stessi e nelle persone con le quali si vivono 2

3 L attenzione del superiore non deve essere rivolta alla totale eliminazione delle tensioni, quanto alla loro utilizzazione per migliorare i rapporti tra le persone. Tipologie relazionali disfunzionali I potenti Sono coloro che pretendono di avere in mano la situazione, quelli che fanno opinione, che condizionano pesantemente l'andamento della comunità con il loro atteggiamento dichiaratamente sottilmente aggressivo dominatore, sempre comunque molto influente a livello di gruppo I gregari parassiti Sono soggetti che subiscono incondizionatamente chi gestisce la situazione, ne ricopiano gli atteggiamenti, soprattutto ne assumono i motivi di contestazione, anche se in forma totalmente passiva, e ne sposano la causa scimmiottando con più o meno successo i loro comizi. I pacifisti di santa indifferenza Hanno un atteggiamento difensivo e una profonda vulnerabilità; li differenzia l'assenza di atteggiamenti aggressivi e la presenza di una sconcertante apatia per quanto concerne la tensione verso un ideale. Gli accoppiati Hanno una spiccata tendenza a esclusivizzare il rapporto con un tu. Sono caratterizzati da debolezza interiore, la vulnerabilità, una certa apatia e poca voglia di fare, e soprattutto, l'orizzontalità di identificazione; ma né hanno la velleità aggressiva dei gregari (pur essendo parassiti), né la disponibilità verso l'apertura universale dei pacifisti, pur essendo piuttosto indifferenti. Gli integrati Sono persone che scelgono semplicemente di porsi dalla parte del superiore; sentono il bisogno del suo assenso e fanno di tutto per averlo. Si tratta dunque di persone sempre molto corrette, ossequiose verso le norme disciplinari, obbedienti all'autorità costituita. Gli autonomi - indipendenti I componenti di questo gruppo sono i fautori della «comunità dell'autorealizzazione»: la comunità, secondo costoro, deve soddisfare i bisogni dei singoli e permettere a ognuno di essere se stesso,secondo le proprie esigenze, referenze e tendenze. Vita Fraterna in Comunità, n. 43 Uno degli obiettivi particolarmente sentito oggi è quello di integrare in una stessa vita comunitaria ove le differenze non siano tanto occasioni di contrasto quanto momenti di reciproco arricchimento. In questo contesto diversificato e mutevole, diventa sempre più importante il ruolo unificante dei responsabili di comunità. Mettiamoci per un momento dal punto di vista di un osservatore esterno che osserva il confratello A irritato e il confratello B irresponsabile. 3

4 La parabola del martello (gioco: THBF) Un confratello (A) vuole appendere un quadro, ha il chiodo ma non il martello, per cui decide di andare dall economo (B) a farselo prestare. Gli sorge il dubbio: E se l economo non me lo vuole prestare? Già ieri mi ha salutato appena: forse aveva fretta, ma se ce l ha con me? No, io non gli ho fatto niente, e io, se qualcuno mi chiedesse un martello, glielo darei subito, perché è così che si fa. E perché lui no? Come può rifiutarsi di fare un piacere ad un confratello? Gente di questo tipo rovina nella fraternità. E per giunta si immagina che io abbia bisogno di lui solo perché possiede un martello!! Adesso basta!. E così esce risoluto, bussa alla porta dell economo, e prima che costui abbia il tempo di dire buon giorno, gli grida: Tieniti pure il tuo martello, villano!. Al che l economo Adesso ho fretta. Sono molto arrabbiata, ma continuo con te lo sai cosa ti combino! Io così A B Appare che A è realmente messa in difficoltà, per esempio, dalle risposte irragionevoli di B, la quale o effettivamente si comporta da irresponsabile o riesce a produrre deliberatamente il proprio comportamento irritato. A B nel primo caso B è la causa del comportamento della superiora A, ed essa è come A sta affermando nel secondo caso l'irritazione di A è allo stesso tempo intenzionale e per nulla reale, oppure è realmente irritata e non agisce intenzionalmente. l autoinganno sia di A che di B sta nel produrre delle sensazioni che sono strumenti di accusa reciproca. La loro irritabilità o sofferenza è qualcosa che realmente provano, nonostante sia basata su una falsificazione dei rapporti. Il senso di questo conflitto i protagonisti agiscono a un basso livello di autoconsapevolezza con un atteggiamento attentivo il superiore può accorgersi di quello che accade realmente nell interazione, affinché le persone possano rivedere le proprie modalità interattive disfunzionali, grazie al suo aiuto autorevole. Dimensioni dei conflitti La maturità relazionale però non è questione di tutto o niente; per questo è importante una fase di transizione per cui possiamo distinguere i seguenti momenti nello sviluppo dei rapporti interpersonali difficili. Nello stadio di transizione l azione del superiore come mediatore attento e partecipe è particolarmente importante per cogliere gli elementi essenziali di questa diversa tensione tra relazione e distanza, ma apre anche la strada per possibili condizioni risolutive per rilevare le risorse presenti nella piattaforma relazionale. La leadership logorata Quando ad ammalarsi è il superiore o la superiora Il superiore stressato La consapevolezza di essere sotto osservazione per le diverse urgenze a cui devono rispondere porta il superiore a valutare prematuramente i progressi compiuti, a ridurre quindi la possibilità di sperimentare e sperimentarsi nella loro opera di mediazione. Lo stress del superiore diventa una sorta di lenta riduzione di entusiasmo e di progressivo indurimento emozionale, dimensioni caratteristiche di uno stato d animo di chi si disaffeziona del suo ruolo e del suo servizio, vivendo il tutto come una fatica. Il superiore bruciato 4

5 dinanzi a situazioni complesse come quelle che a volte egli deve affrontare in comunità, il rischio è di andare in cortocircuito Il burnout è una strategia stressante di adattamento che viene messa in atto quando non si dispongono delle risorse adeguate per fronteggiarlo è una sorta di ritirata psicologica dal coinvolgimento comunitario e dalle richieste delle persone con cui si vive, in risposta ad un eccessivo stress o insoddisfazione, per cui ciò che era sentito come vocazione diventa soltanto una routine il rischio è di andare in cortocircuito Alla base del progressivo esaurimento ci sono le eccessive domande di disponibilità da parte dei membri della comunità. La persistenza di tali richieste di aiuto sovraccaricano il responsabile della comunità e lo spingono a ritirarsi progressivamente da una situazione relazionale percepita come emotivamente coinvolgente, distaccandosi così dalle persone per le quali aveva scelto quella determinata professione di aiuto. «Cortocircuitato è l operatore che alla domanda se sarebbe disposto ad essere fra dieci anni allo stesso posto a fare lo stesso lavoro, risponde: preferirei essere morto!» Che fare per evitare il burnout? Trovare il giusto equilibrio tra dare e ricevere, tra stress e calma, tra attivismo e riposo Essere autenticamente interessato al benessere di tutta la comunità, ma contemporaneamente mantenere una giusta distanza psicologica dai loro problemi. 5

6 Verso un modello collaborativo nella risoluzione dei conflitti comunitari Prof. Giuseppe Crea In un ottica costruttiva e pedagogica dei conflitti interpersonali ed a partire dall impatto con la realtà non sempre facile dei rapporti interpersonali, è la permanente e pervasiva capacità di rilevazione positiva delle diverse discrepanze emergenti dai relationa stressor, nonché la loro integrazione in un processo di crescita e di formazione continua che contribuisce al benessere della vita fraterna. Fase del confronto comunitario La prima fase è quella del confronto in cui le persone coinvolte in condizioni conflittuali sentono l esigenza di una chiarezza sia rispetto alle varie componenti della situazione problematica, e sia per quel che riguarda il vissuto emozionale che esaspera le relazioni. E importante mettere a fuoco il problema che attiva le condizioni conflittuali, in modo da chiarificarne i diversi aspetti e sondare il livello di coinvolgimento di ognuno tenendo conto che la conoscenza delle condizioni descrittive ed oggettive della situazione relazionale contribuisce ad arricchire e ad ampliare la consapevolezza del vissuto comunitario. Tale chiarezza descrittiva comporta sia un momento di consapevolezza, in cui le persone prendono coscienza di ciò che sta succedendo attorno a loro e sia un momento di condivisione, in cui esse ne parlano per verificare i diversi punti di vista. Insieme alla presa di coscienza delle problematiche che sembrano emergere nella comunità, e dopo il confronto dialogico sulle stesse, occorre anche prestare attenzione alle risonanze emozionali di chi è coinvolto in tali situazioni conflittuali. Anche in questo caso è utile distinguere sia momento di consapevolezza in cui gli individui sono coscienti delle ripercussioni emotive presenti in loro e si appropriano delle proprie emozioni, e sia un momento di condivisione di ciò che si prova in tali circostanze Il confronto tra le parti che vivono un disagio interpersonale esige quindi una rinnovata capacità di comunicazione interpersonale, con cui i conflitti sono reciprocamente svelati e non soltanto gestiti. Per cui la conoscenza delle problematiche e delle emozioni da esse generate permette ai membri dei gruppi di discernere e di comunicare reciprocamente significati relazionali diversi e più congruenti con gli obiettivi e gli ideali della comunità. Integrazione degli interessi comuni L integrazione degli interessi condivisi da tutti accomuna maggiormente le persone in quanto costituisce un livello di convergenza dei molteplici aspetti coesivi della vita comunitaria e rappresenta un terreno di maggiore flessibilità su cui la possibilità di un accordo reciproco aumenta notevolmente. Inoltre, il fatto di concentrare la propria attenzione su gli interessi comuni all interno della comunità porta ad ampliare la piattaforma collaborativa e a riscoprire una comunanza che va al di là delle attese e dei bisogni dei singoli poiché risponde alle aspettative autentiche di tutti fondate sui valori in cui l intero gruppo si riconosce. Lo spirito di creatività nella risoluzione dei conflitti Occorre anche vivere il conflitto con uno spirito creativo inteso ad ampliare le opzioni e le risposte alternative che permettano la riformulazione delle circostanze interpersonali problematiche e l apporto creativo di nuove idee in un contesto di libertà di espressione e di accettazione delle diversità e delle differenze di cui ognuno è portatore. Occorre favorire un clima comunitario in cui le persone si coinvolgono nella ricerca di una piattaforma relazionale aperta a soluzioni costruttive e mutuamente arricchenti, mettendo in atto - in situazioni di difficoltà nella dedizione agli altri un ampia varietà di risposte che evitino l espandersi del conflitto al di là del problema che l ha innescato. 6

7 Così l attenzione comunitaria sarà centrata non tanto sulla singola incomprensione che ci può essere in comunità, o sull incapacità a capirsi e a comunicare tra religiosi, o ancora sui singoli pregiudizi che insorgono quando persone di culture diverse convivono insieme, ma piuttosto sul processo di crescita interazionale in cui le diverse funzioni del conflitto costruttivo permettono di sviluppare una nuova comprensione delle reciproche differenze e delle problematiche che la dedizione alla vita comunitaria può attivare. La permanente formazione comunitaria come processo di crescita «La comunità religiosa è la sede e l ambiente naturale del processo di crescita di tutti, ove ognuno diviene corresponsabile della crescita dell altro. La comunità religiosa inoltre è il luogo ove, giorno per giorno, ci si aiuta a rispondere da persone consacrate portatrici di un comune carisma, alle necessità degli ultimi e alle sfide della nuova società». (La vita fraterna in comunità, n. 43) Per una permanente formazione contestuale La Formazione permanente è un processo contestuale radicato nella realtà dinamica della vita comunitaria, e si riferisce alle diverse dimensioni che, inseparabili tra loro e in reciproca influenza coinvolgono quotidianamente i religiosi nel tessuto delle relazioni interpersonali. In tale contesto essa facilita la consapevolezza di eventi relazionali alternativi presenti nell ambito della comunità mettendo così a disposizione degli individui un repertorio abbastanza codificato e strutturato di stimolazioni interpersonali che siano segni di riconoscimento degli obiettivi comunitari accettati e condivisi all interno del gruppo, con cui sarà sempre più possibile riscoprire nel quotidiano il senso della relazione. Formazione comunitaria intesa come flessibilità verso il cambiamento L attenzione alle situazioni o meglio la crescita nella consapevolezza e la comunicazione confrontativa ed autentica dei vissuti interattivi implicano quindi una continua capacità di discernimento e di valutazione positiva di fronte alle problematiche interpersonali che domandano trasformazione e adattamento nel vissuto comunitario a rischio di burnout La dinamica comunitaria che ne consegue sollecita piuttosto ad assumere la responsabilità di uno stile di vita fraterna sufficientemente flessibile per accogliere la novità della crescita comune, integrando i diversi fattori intrapersonali ed interpersonali verso un identità relazionale capace di progredire verso il comune ideale, per costruire insieme la comunione riconoscendo ed apprezzando le reciproche differenze. Il benessere comunitario come fattore di crescita La flessibilità ad accogliere le differenze relazionali con spirito collaborativo comporta un diverso modo di intendere il cambiamento verso il benessere della comunità: esso non è tanto un risultato da ottenere occasionalmente, come può succedere alla fine di un corso di aggiornamento, ma è parte integrale del processo di crescita vissuto quotidianamente. Nella comunità intesa come contesto di apprendimento le persone imparano a partecipare alla ricchezza delle relazioni quotidiane integrando le diverse dimensioni quotidiane, del vissuto interpersonale ivi comprese quelle relative alle condizioni di malessere che a volte possono sorgere nei gruppi. In questo senso possiamo affermare che l integrazione delle difficoltà relazionali nel processo di permanente formazione comunitaria non ha tanto una funzione strumentale ma essa è totalmente inserita nella dinamica reale della vita di comunità Una volta raggiunto una migliore comprensione delle condizioni di difficoltà questo atteggiamento formativo non cessa di essere funzionale ma continua a pervadere il vissuto comunitario a livelli differenziati. 7

8 In questo processo di sviluppo dei quotidiani rapporti di reciprocità autentica anche i disagi e le tensioni che la comunità vive diventano un occasione di crescita della relazione, nella misura in cui i membri del gruppo sono sufficientemente flessibili sia per accogliere le componenti conflittuali che scaturiscono dalle relazioni, e sia per discernere e riscoprire in chiave costruttiva gli aspetti che influiscono positivamente sulla stessa rete di relazioni interne ed esterne. Applicare i parametri della permanente formazione comunitaria a tali condizioni di fatica relazionale vuol dire non soltanto rinnovare gli sforzi cognitivi e comportamentali intesi ad affrontare le esigenze e le stimolazioni interne ed esterne che eccedono le risorse disponibili alla persona e alla stessa comunità, ma soprattutto formare le persone ad un modo nuovo di rapportarsi con tali difficoltà per interpretarle non come momenti distruttivi ma come stimolazioni creative da discernere per giungere ad un rinnovamento positivo della piattaforma comunitaria. Insomma nel cambiamento delle condizioni di disagio in vista del benessere di tutti l accento non è posto sulla eventuale guarigione di un operatore oramai malato e senza speranza, ma piuttosto sulla revisione dei rapporti di reciprocità tra le risorse individuali e le ricchezze dell ambiente in questo caso dell ambiente comunitario in cui egli si trova a vivere. Applicare il modello multidimensionale alle situazioni di stanchezza emozionale e di esaurimento interpersonale che a volte si constatano nelle comunità religiose e nei gruppi significativamente impegnati per gli altri vuole dire prendere atto del bisogno di rinnovamento che pervade oggi più che mai ogni contesto relazionale significativo, per riscoprire le dinamiche innovative proprie di un altruismo fondato sul modello evangelico di autentica fraternità. 8

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