IL RUOLO DELLA DIMENSIONE LUDICA NELL ARTE INTERATTIVA

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1 Alma Mater Studiorum Università di Bologna FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN DAMS IL RUOLO DELLA DIMENSIONE LUDICA NELL ARTE INTERATTIVA TESI DI LAUREA IN TEORIA E TECNICHE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA Relatore: Chiar.mo Prof. Pier Luigi Capucci Presentata da: Valentina Dal Bò Correlatore: Chiar.mo Prof. Alessandro Serra I Sessione Anno Accademico

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3 A mio nonno

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5 INDICE Introduzione 9 PRIMA PARTE TEORIE SUL GIOCO Jean Piaget e la prospettiva cognitiva Sigmund Freud e la prospettiva psicanalitica Anna Freud Melanie Klein Donald W. Winnicott Johan Huizinga Roger Caillois IL GIOCO IN ETA INFANTILE Bambini: i maestri dell arte ludica Analogie tra il gioco infantile e quello degli adulti DALL ESPLORAZIONE AL GIOCO Distinzione tra esplorazione e gioco L esplorazione nei giochi infantili Il processo esplorativo nei videogiochi L esplorazione nell ambito dell arte interattiva LE FORME DEL GIOCO Il gioco d esercizio Il gioco simbolico Il gioco con regole Le categorie ludiche di Caillois 84 7

6 SECONDA PARTE VIDEOGIOCHI E INTERATTIVITA Le dinamiche ludiche nel videogioco Il videogioco come ipertesto I generi e le strutture ludiche dei videogame I videogame tra edonismo, violenza e catarsi Le teorie di Huizinga e Caillois ed i videogiochi I videogiochi e la ricerca artistica Seoul International Media Art Biennale Ars Electronica Game Art IL CORPO TRA INTERATTIVITA ED ESPERIENZE LUDICHE Il corpo e la percezione sensoriale in ambito interattivo Il ruolo dello spettatore nell arte interattiva Il corpo tra esplorazione e gioco: le prime sperimentazioni interattive di Myron W. Krueger Arslab: Il corpo in gioco Il corpo all interno della ricerca artistica interattiva Il corpo danzante: danza e interattività IL GIOCO E L ARTE INTERATTIVA I processi interattivi e ludici all interno della ricerca artistica La dimensione ludica dell interattività Nuove frontiere interattive: Net.Art Percorsi interattivi nell ambito della Net.Art 212 Appendice Iconografica 225 Bibliografia 251 Sitografia 257 8

7 INTRODUZIONE L odierno irrefrenabile sviluppo tecnologico che caratterizza la nostra società in maniera sempre più invasiva, influenza inevitabilmente anche il rapporto tra la ricerca artistica e il suo pubblico. In questa sede, approfondiremo i legami tra i processi artistici connessi ad un nuovo modo di relazionarsi al pubblico, entro dinamiche aperte al dialogo, alle sperimentazioni e soprattutto ad esperienze vissute ludicamente dallo spettatore. Tale genere di relazioni emersero, per la prima volta, durante gli anni delle avanguardie storiche per poi essere approfonditi dai movimenti, come Fluxus, degli anni Sessanta. Proprio tali sperimentazioni artistiche, come per esempio quelle Fluxus, svilupparono ed amplificarono un nuovo tipo di interazione tra l opera d arte e lo spettatore, relazione che va a coincidere con quello che è un dialogo continuo, creativo e inconsueto che sfrutta le potenzialità creative del gioco. L opera d arte quindi, fin dall avvento del Dadaismo e del Surrealismo, diviene momento aperto al contributo del pubblico, che attraverso un approccio ludico, si avvicina, sperimenta, usufruisce, gioca all interno dell opera artistica. Il pubblico, fino a quel momento rimasto essenzialmente passivo, poiché egli adempiva esclusivamente ai compiti connessi alla contemplazione dell opera d arte, assume ora responsabilità inedite, legate anche alla costruzione materiale dell opera, come anche del senso di quest ultima. Le nuove tecnologie, sviluppatesi negli ultimi decenni, non hanno fatto altro che contribuire all approfondimento di tali tematiche, strettamente legate al concetto d interattività, che sviluppa proprio un rapporto reciproco tra opera e spettatore, legame fondato su di un interazione partecipativa e coinvolta, che rende attivo lo spettatore trasformandolo in co-autore. Marshall McLuhan è convinto che sia questo nostro ambiente, condizionato e permeato dall evoluzione tecnologica a sospingere un interessamento verso un atteggiamento partecipativo, atto a coinvolgere il pubblico. 9

8 McLuhan è convinto che questo cambiamento di relazioni tra ricerca artistica e pubblico sia, insomma, determinato dal fatto che «i media, modificando l ambiente, evocano in noi rapporti unici di percezione sensibile. L estensione di qualche senso modifica il nostro modo di agire e di pensare, il modo in cui noi percepiamo il mondo. Quando questi rapporti mutano, mutano gli uomini» 1. Questa riflessione porta McLuhan a considerare la situazione odierna, che cerca la partecipazione attiva del pubblico, assai vicina all atteggiamento esperenziale proprio delle civiltà primitive e prealfabetiche, che non hanno conosciuto il dominio visivo, imposto soprattutto dalla stampa e dalle visione prospettica rinascimentale. Il nostro modo di relazionarci al mondo di oggi, si rifà quindi a modalità tipiche delle società prealfabetiche, in cui si vive in uno spazio acustico, olfattivo e polisensoriale. In questo modo perciò vengono riscoperte la corporeità e la percezione sensoriale, svalutate per secoli dal dominio della vista attuato nella cultura occidentale. Quest epoca, secondo McLuhan, è incentrata sull impiego di medium freddi 2, che implicano un coinvolgimento sensoriale di molteplici organi percettivi, insieme ad un alta partecipazione e contributo del pubblico, all interno di rapporti che si delineano essere sempre più simultanei. A nostro avviso la ricerca artistica nell ambito interattivo, risulta essere perfettamente in sintonia con queste rilevanti considerazioni di Marshall McLuhan. I medium o le opere artistiche, che sviluppano processi interattivi, implicano infatti, un genere di interazione che combacia con le caratteristiche riscontrate nei medium freddi da McLuhan. Quest ultimo ritiene, inoltre, che gli «effetti della tecnologia ( ) alterano costantemente, senza incontrare resistenza, le reazioni sensibili o le forme di percezione. Soltanto l artista (quello autentico) può essere in grado di fronteggiare impunemente la 1 M. McLuhan e Q. Fiore, Il medium è il Massaggio, (1967), Milano, Feltrinelli Editore, 1968, p McLuhan considera medium caldi, quelli che sono in grado di estendere le potenzialità di un solo organo sensoriale, acquisendo informazioni ad alta definizione, nonostante non sia dato spazio alla collaborazione degli individui. I Medium freddi, invece, coinvolgono contemporaneamente più organi sensoriali, comportando però una scarsa quantità di informazione a bassa definizione. I medium freddi sviluppano un attiva partecipazione da parte del pubblico. Cfr. al riguardo M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, (1964), Milano, Il Saggiatore, 1967, IV edizione 1974, p. 31 sgg. 10

9 tecnologia, e questo perché la sua esperienza lo rende in qualche modo consapevole dei mutamenti che intervengono sulla percezione» 3. Nella seconda parte di questo lavoro analizzeremo i processi interattivi e ludici riscontrabili all interno della ricerca artistica contemporanea, che fonda la sua sperimentazione sull impiego e sullo sviluppo delle potenzialità dei new media. Gli ambiti che toccheremo saranno diversi: si andrà dall universo videoludico rappresentato dai videogiochi, alle ricerche interattive incentrate sul corpo, giungendo a considerare, infine, i concetti di interattività e gioco nell ambito delle ricerche artistiche della Net.Art, che usa la Rete, come mezzo e tema delle proprie sperimentazioni. Prima di tutto ciò, vogliamo iniziare questo lavoro con delle attente riflessioni atte ad evidenziare diverse teorie e punti di vista in riferimento ai processi ludici, anche in considerazione agli aspetti del gioco infantile e alla distinzione tra i processi esplorativi e ludici, riscontrabili nelle esperienze ludiche degli adulti, come anche in molte esperienze artistiche, che qui approfondiremo. Le dinamiche ludiche, infatti, si offro a varie interpretazioni e considerazioni, sulle quali soffermeremo la nostra attenzione; ma senza dubbio i giochi, in quanto modelli della cultura in cui essi si sviluppano, possono essere considerati come dei medium di comunicazione. Questo è spiegato dal fatto che, secondo McLuhan, qualunque «gioco, come qualunque medium d informazione, è un estensione dell individuo o del gruppo. I suoi effetti sul gruppo o sull individuo consistono nel dare una nuova configurazione a quelle parti del gruppo o dell individuo che non sono state estese. Un opera d arte non ha esistenza né funzione se non nei sui effetti sugli uomini che la contemplano. E l arte, come i giochi o arti popolari, e come i media di comunicazione, ha il potere di imporre i propri presupposti stabilendo nuovi rapporti e nuove posizioni nella comunità umana» 4. Va ricordato, ancora, come spesso (soprattutto nell ambito dei videogame e delle simulazioni) i giochi vengano trasformati in realtà e la realtà in gioco. Questa condizione, tipica di molte esperienze online, mette in luce secondo Sherry Turkle, un possibile disallineamento tra le personalità online e il proprio sé della vita reale. 3 M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, op. cit., p Ivi, p

10 Le possibilità della Rete presuppongono sempre, secondo la sociologa, la consapevolezza che «le numerose manifestazioni della molteplicità nella nostra cultura, compresa l adozione di diverse personalità online, stanno contribuendo alla riconsiderazione generale della tradizionale concezione unitaria dell identità» 5. La società contemporanea, come pure le stesse esperienze artistiche interattive che sono oggetto di questo lavoro, evidenziano in sostanza, l affermarsi di un sé flessibile e multiplo, che risulta essere in una continua e costante comunicazione reciproca con tutto ciò che lo circonda. Sherry Turkle, di fatti, ritiene che «le esperienze di Internet ci aiutano a sviluppare modelli di benessere psicologico significativamente postmoderni: essi riconoscono la flessibilità e la molteplicità; riconoscono la natura costruita della realtà, del sé e dell altro. ( ) Siamo incoraggiati a pensare noi stessi come esseri fluidi, emergenti, decentrati, molteplici, flessibili e in continuo divenire» 6, aspetti che coincidono perfettamente con le prerogative delle ricerche artistiche interattive, che delineeremo in questo lavoro. Bologna, maggio S. Turkle, La vita sullo schermo, (1996), Milano, Apogeo, 1997, p Ivi, pp

11 1. TEORIE SUL GIOCO La vasta letteratura che ha avuto come oggetto il gioco, evidenzia come questo fenomeno sia stato indagato da numerose e diverse prospettive: storico-letteraria, psicoanalitica, pedagogica, socioantropologica, etologica, linguistica e recentemente anche clinica. Questa varietà di punti d osservazione, ci permette di notare quanto questo complesso fenomeno coinvolga campi estremamente diversi e apparentemente poco collegati gli uni agli altri. Ciò rivela la molteplicità delle funzioni del gioco, che interessa infatti, settori spesso lontani tra loro. I numerosi studi fatti dagli etologi e dai primatologi, dimostrano che il gioco non è una forma d attività esclusiva dell essere uomo, ma anche propria del mondo animale. Riguardo ai primati, infatti, sono state descritte, particolarmente nei soggetti giovani, funzioni riguardanti l apprendimento finalizzato all utilizzazione delle strategie proprie della vita adulta (come anche i giochi di guerra, in quanto attività che simulano la guerra, senza produrne le conseguenze letali). Questa pluralità di funzioni, si manifesta nei diversi significati che il termine gioco assume in numerose lingue. A tal proposito, Huizinga afferma come emerga «subito che la lingua non ha affatto distinto dappertutto e sin dall inizio con altrettanta sicurezza -una- categoria generale, comprendendola in un unica parola. Tutti i popoli giocano, e giocano anzi in modo curiosamente simile: ma non ne consegue affatto che tutte le lingue racchiudano l idea del gioco in un unica parola con tanta sicurezza, e anche con tanta larghezza come fanno le lingue moderne europee» 1. Huizinga cita alcune lingue che utilizzano più parole per indicare le diverse funzioni che il gioco può rivestire. Queste lingue sono quindi il greco, il sanscrito, il cinese e l inglese, nei quali è particolarmente distinta la terminologia che indica l idea di gara, da quella di gioco in senso più generale. Si pensi solo all inglese, dove il termine play indica una vasta categoria di attività, che va dal giocare in senso generale, al suonare uno strumento, all interpretare un dramma, ecc. Differentemente la parola game, indica una partita, 1 J. Huizinga, Homo ludens, (1939), Torino, Einaudi Editore, 1946, p

12 una gara, ma pure il gioco d azzardo e addirittura vale anche per indicare la selvaggina. Se nei casi precedenti si utilizzano diversi termini per indicare differenti attività, altre lingue vedono «la condensazione in una parola unica e comprensiva, come l italiano gioco o il giapponese asobu o il nordeuropeo Spiel, di una varietà davvero curiosa e impressionante di significati, e dunque di esperienze ludiche, per i quali e le quali un tempo occorrevano termini differenti» 2. Terminiamo questa parentesi sull etimologia del termine gioco, parlando del termine latino ludus che indica il gioco dei bambini, ma anche la gara, il gioco d azzardo, la ricreazione, la rappresentazione d ogni tipo. Accanto a ludus esiste il termine iocus, che ha però il significato di burla e scherzo. Nelle lingue romanze, sarà proprio quest ultimo termine iocus, ad allargare il suo significato fino a quello di gioco e di giocare (sopprimendo completamente ludus). Così le forme derivate sono: l italiano gioco, il francese jeu, lo spagnolo iuego, il portoghese jogo, ma persino l inglese joke, che mantiene il significato di scherzo o burla. Infine, tenendo a mente che il gioco può essere analizzato da svariati punti di vista, si può ipotizzare che alla base di queste sue diverse funzioni ci sia un comune denominatore che caratterizza l attività ludica. E quindi necessario esaminare alcune delle caratteristiche del gioco, per poter intravedere quelli che sono i meccanismi fondanti di questo complesso fenomeno. Innanzitutto si può parlare di gioco solo quando i giocatori sono in grado di metacomunicare, ossia di scambiare con altri o con sé stessi, i segnali che portano il messaggio questo è un gioco 3. Esso è basato perciò su diversi livelli di comunicazione e consapevolezza, ma in ogni caso il giocatore deve essere consapevole della distinzione che esiste tra gioco e non gioco e fra realtà e fantasia. La frase tipica dei bambini: «Facciamo che eravamo» è significativa, perché con essa si vuole indicare la volontà di costruire la scena del gioco, con le regole e i ruoli che s intendono assumere. 2 A. Dal Lago e P. A. Rovatti, Per gioco. Piccolo manuale dell esperienza ludica, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1993, p Per quanto concerne il concetto di metacomunicazione, cfr. G. Bateson, (1956) Questo è un gioco, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1993, I ed. 16

13 Questa considerazione ci fa ricordare che il gioco è allo stesso tempo, uno spazio di libertà, ma è anche sempre sottoposto a dei limiti prestabiliti inerenti lo spazio, il tempo, le norme e i ruoli che devono essere rispettati. La messa in dubbio delle regole, infatti, farebbe crollare tutto il mondo del gioco. Una volta penetrato nella dimensione ludica, il soggetto vi s immerge totalmente, ne è completamente assorbito, fino a diventare lui stesso un personaggio integrante di quel mondo, pur mantenendo sempre la coscienza che quello «è solo un gioco» e che sta «facendo per finta». Per il giocatore, l attività ludica si fa intensa e coinvolgente, capace di produrre tensione come anche grande partecipazione emozionale. Il gioco si trasforma così, in un qualche cosa di tremendamente serio, nonostante mantenga in sé elementi di divertimento e giocosità. Siamo ora giunti al momento di trattare le più significative teorie dell ambito della psicologia e delle discipline a lei affini. Tali speculazioni sono state sviluppate, indicativamente nella prima metà del XX secolo. Le teorie che verranno qui analizzate, ci danno l opportunità di avvicinarci verso la comprensione delle dinamiche che sono alla base del gioco. Per fare questo sarà necessario ripercorrere anche gli aspetti e le caratteristiche del gioco infantile, che ci consentirà di porre un parallelo con i giochi in età adulta, fino a giungere nei prossimi capitoli, ai più recenti sviluppi nell ambito videoludico dei videogiochi, e soprattutto delle ricerche dell arte interattiva. 1.1 Jean Piaget e la prospettiva cognitiva Lo psicologo svizzero Jean Piaget colloca il gioco nell ambito della sua teoria sullo sviluppo cognitivo, precisamente nel processo di formazione del simbolo 4. Secondo il suo pensiero, il bambino attraverso il gioco crea simboli per evocare eventi e situazioni che non sono presenti nella realtà. In pratica, il bambino si viene a confrontare con una realtà immaginaria che lui stesso ha creato, la quale continua a mantenere una relazione con la realtà effettiva, da cui per certi versi, si distacca. Piaget fa, in altre parole, riferimento al gioco simbolico, uno dei tre stadi del gioco che lui arriva ad indicare e su cui si concentra in 4 Cfr. al riguardo il testo J. Piaget, La formazione del simbolo nel bambino, (1945), Firenze, La Nuova Italia,

14 particolar modo il suo interesse, poiché egli fa coincidere al gioco simbolico il momento di massima significazione delle funzioni del gioco stesso. Le tre fasi principali del gioco, di cui si è fatto riferimento poco fa, si manifestano secondo una progressione temporale. Il primo, indicato da Piaget come semplice gioco d esercizio, caratterizza sia le condotte animali che quelle umane. Esso indica la fase in cui il bambino si concentra in giochi d esercizio, caratteristici della primissima infanzia, in cui vi è un attività senso-motoria che consiste essenzialmente nella ripetizione, finalizzata al puro divertimento, di attività acquisite a scopo di adattamento 5. La seconda categoria di giochi infantili è quella del gioco simbolico, che segue il gioco d esercizio collocandosi tra i due/tre anni e i cinque/sei anni d età. Contrariamente al gioco d esercizio, che non presuppone né pensiero, né alcuna struttura rappresentativa, quello simbolico implica la rappresentazione di un oggetto assente, permettendo il paragone fra un elemento dato ed un elemento solo immaginato. Data l implicazione della rappresentazione, il gioco simbolico esiste esclusivamente nell essere umano, ed appare appunto non prima del secondo anno di vita del bambino. Il subentrare del simbolo nello sviluppo infantile, non fa però scomparire il gioco d esercizio che viene solo subordinato al simbolo, che è in altre parole «l oggetto delle stesse attività del bambino ed in particolare della sua vita affettiva, che sono evocate e pensate grazie al simbolo» 6. Piaget, a questo punto, si domanda perché il bambino provi piacere fingendo di dormire, di dondolarsi, di bere, di lavarsi, ecc. Egli cerca soltanto di riprodurre le sue azioni per il piacere di esserne spettatore lui stesso e gli altri, d essere cioè causa del proprio piacere. Dai quattro ai sette anni d età, normalmente si comincia a notare il declino dei giochi simbolici. Essi tendono ad avvicinarsi sempre più al reale, ed in questo modo il simbolo perde il suo carattere di deformazione ludica e si va ad avvicinare sempre più alla semplice rappresentazione imitativa della realtà. 5 Con il termine di adattamento, Piaget intende indicare la ricerca naturale del bambino di un adattamento all ambiente, nel senso di un equilibrio attivo costituito da due processi interdipendenti fra di loro e fondamentali per lo stesso Piaget. Essi sono i concetti di assimilazione (incorporazione nei propri schemi mentali delle offerte dell ambiente) e accomodamento (modificazione del comportamento sulla base delle richieste ambientali). 6 J. Piaget, La formazione del simbolo nel bambino, op. cit, p

15 Dai sette/otto anni fino agli undici anni d età si nota il declino evidente dei giochi simbolici, a vantaggio dei giochi con regole. Il gioco simbolico «sembra -perciò- terminare con l infanzia, mentre il gioco di regole, che è ignorato dai più piccoli, dura fino all età adulta» 7. Siamo così giunti all ultima e terza fase strutturale del gioco: quella appunto, del gioco con regole. Piaget lo definisce come l attività ludica propria dell essere socializzato. Il gioco con regole, infatti, è trasmesso socialmente e come abbiamo visto, assume sempre più importanza con il progredire della vita infantile. A differenza del simbolo, la regola prevede che vi siano delle relazioni sociali tra due o più individui. Essa costituisce una regolarità a cui il gruppo non si può opporre. La mancanza del suo rispetto comporterebbe la fine stessa del gioco. L età in cui si manifestano i giochi con regole, è tra i sette e gli undici anni, periodo in cui il bambino comincia a distaccarsi dal proprio egocentrismo infantile. Come fa notare Elisa Bellisario, Piaget individua due categorie di giochi con regole: «i giochi istituzione, che si tramandano da una generazione all altra tramite l imitazione dei più piccoli sul modello dei più grandi; i giochi di regole spontanei, che si basano su accordi momentanei e danno struttura al gioco libero» 8. E importante ricordare nuovamente come il gioco di regole sia il solo, secondo Piaget, a perdurare ed evolversi durante tutta l esistenza in attività ludiche come sport, scacchi, carte, ecc. Differentemente, il gioco d esercizio non lascia che limitata traccia nella vita adulta, così come i giochi simbolici. 1.2 Sigmund Freud e la prospettiva psicoanalitica Il gioco nell ambito psicoanalitico rappresenta il luogo della terapia infantile. L importanza fondamentale che la psicoanalisi ha da sempre affidato al gioco, è soprattutto spiegata dalla rilevanza che essa affida alle potenzialità di cura e distensione proprie del gioco. Si può affermare che la psicoanalisi del gioco infantile sia nata, in pratica, nel 7 Ivi, p E. Bellisario (a cura di), Gioco e simbologia degli affetti: aspetti relazionali della comunicazione ludica, Milano, Edizioni Guerrini, 1988, p

16 1920, anno in cui Sigmund Freud pubblica Al di là del principio del piacere, suo testo fondamentale. L analisi che in esso viene fatta del gioco, consiste nel considerarlo «come una cosa che, presentandosi, rappresenta qualche cosa di altro» 9. Con questo, Freud intende dire che il bambino esprime, attraverso il gioco (ma anche nei sogni), tutto il suo mondo affettivo e soprattutto inconscio. Viene inoltre, riconosciuta nel crescere e nell adattarsi all ambiente esterno, l impegno principale del bambino, il quale è costretto a sottostare a continue richieste e norme che limitano il suo agire. Il suo sforzo è rivolto al raggiungimento del controllo della realtà esterna così come di quella interna. Il gioco dei bambini è quindi guidato dalla volontà e dal desiderio di riuscire ad essere grandi e a fare ciò che fanno gli adulti. Un aspetto che viene spesso indicato dell attività ludica, è quello che la ritiene come un qualcosa di poco serio, ma Freud afferma invece il contrario dicendo che «( ) ogni bambino impegnato nel gioco si costituisce un suo proprio mondo o, meglio, dà a suo piacere un nuovo assetto alle cose del mondo. Avremmo torto se pensassimo che il bambino non prende sul serio tale mondo; egli prende anzi molto sul serio il suo mondo e vi impegna notevoli ammontari affettivi. Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale. Il bambino ( ) distingue assai bene il mondo dei suoi giochi dalla realtà e appoggia volentieri gli oggetti e le situazioni da lui immaginati alle cose tangibili del mondo reale. Questo appoggio e null altro distingue il giocare del bimbo dal fantasticare» 10. In poche parole, attraverso il gioco, i bambini sperimentano il senso della potenza, del controllo sugli oggetti e delle situazioni della realtà che normalmente subiscono, essendo fisiologicamente piccoli e incapaci di reagire in un mondo d adulti che percepiscono come onnipotenti. Freud continua col dire che «i bambini ripetono nel gioco tutto quello che nella vita reale ha suscitato in loro una forte impressione; così facendo abreagiscono la forza dell impressione e diventano per così dire padroni della situazione» F. Fornari, in Fantasmi, Gioco e società, (1955), di M. Klein, R. E. Money-Kyrle, W. R. Bion, E. Jaques, Milano, Il Saggiatore, 1966 (I edizione. 1976), p L. Bellisario, Gioco e simbologia degli affetti: aspetti relazionali della comunicazione ludica, op. cit., p Ivi, p

17 Fino a questo momento, Freud limita la ripetizione ludica delle situazioni piacevoli che il bambino già conosce e gli sono ben note. In seguito saprà individuare anche quelle inerenti le esperienze spiacevoli e penose, fondate su un istinto di morte irriducibile e primeggiante su gli altri istinti, che conduce l individuo ad uno stato di quiete e inerzia psicofisica 12. Infine saranno ora tracciati i fondamentali contributi apportati alla psicoanalisi infantile dai seguenti autori, che come Anna Freud e Melanie Klein hanno delineato una vera e propria tecnica di psicoanalisi del gioco, sulla base di elementi ludici incoscienti, cioè dal significato nascosto allo stesso soggetto. Verranno poi analizzate, per ultime, le ricerche di D. W. Winnicott incentrate sullo studio degli oggetti transizionali Anna Freud Anna Freud fu l unica, dei figli di Sigmund Freud, ad essersi interessata agli studi del padre. E stata una delle prime cultrici della psicoanalisi infantile, sulla quale ha concentrato gran parte delle sue ricerche teoriche. Per Anna Freud, il compito della psicoanalisi infantile è quello di permettere che le varie fantasticherie ed esperienze quotidiane infantili, siano accessibili all osservazione, poiché esse rivestono grande importanza, in quanto rappresentazioni della vita interiore del bambino. Da quest osservazione, solo l analista infantile è in grado di individuare nell attività del bambino (cioè dai giochi, dalle fantasticherie o dalle paure notturne), i segni comprensibili della sua vita interiore. Fu proprio il compito degli psicoanalisti, mettere in luce le differenze tra i comportamenti osservabili e le pulsioni nascoste, puntualizzando e soffermandosi soprattutto, sull esistenza di motivazioni nascoste e inconsce. Veniamo ora al contributo che Anna Freud ha apportato all ambito specifico delle teorie sul gioco. Così come Sigmund Freud, anche la figlia ritiene che già le reazioni del neonato siano governate, come poi nella prima infanzia, «da un principio interno predominante, in base al quale egli ricerca 12 Cfr. a tal proposito S. Freud, Al di là del principio del piacere, (1920), in Opere, IX, Torino, Boringhieri, 1977, pp ,

18 l esperienza del piacere, rifiuta quella del dolore e lotta per ridurre la tensione» 13. Per quanto riguarda il gioco, Anna Freud ritiene che il giocare e la stessa evoluzione dell attività ludica, siano in grado di rivelare lo stadio evolutivo in cui si trova il bambino. In tale linea evolutiva, il bambino si trova prima a concentrare la sua attenzione sul corpo, poi sul giocattolo e infine dal gioco, si giunge al lavoro. La linea evolutiva di Anna Freud, si può riassumere brevemente in questo modo: 1- Il gioco è inizialmente un attività che produce piacere nel bambino, coinvolgendo la bocca, le dita, la vista e tutta la superficie del suo corpo. Il gioco si svolge sul corpo del neonato, come anche su quello della madre, senza una distinzione netta tra i due. 2- Le caratteristiche che il bambino ritrova nel proprio corpo e in quello della madre, sono trasferite su altri oggetti, soprattutto morbidi, che fungono da primo giocattolo. Essi sono indicati da Winnicott col termine di oggetti transizionali L attaccamento verso uno specifico oggetto transizionale è trasferito in seguito, su oggetti soffici di vario tipo, su cui si concentra la libido e l aggressività del bambino, il quale fa in modo che questi oggetti siano alternativamente maltrattati e vezzeggiati. 4- I giocattoli morbidi perdono d importanza. Solo nel momento di andare a letto assumono il ruolo di oggetti transizionali, venendo investi dalle priorità che erano propri di persone o cose assenti. 5- Il piacere e la soddisfazione diretta, ricavate dall esperienza ludica stessa, tendono a cedere sempre più il posto al godimento come conseguenza dell aver raggiunto determinati obiettivi, terminando una specifica attività. S identifica con il piacere di riuscire a raggiungere o completare un obiettivo preposto. 6- La capacità di giocare si trasforma in capacità di lavorare. Questo avviene, purché si sia in grado di passare dal principio di piacere al 13 A. Freud, Normalità e patologia nel bambino: valutazione dello sviluppo, (1965), Milano, Saggi Universale Economica Feltrinelli, 2003, p Si veda al tale proposito il sottoparagrafo di questo capitolo che tratta la teoria di D. W. Winnicott. 22

19 principio di realtà 15, che rappresenta un passaggio centrale per poter essere in grado di lavorare. Anna Freud fa rientrare nella linea evolutiva qui sopra indicata, anche altre attività che sono ugualmente rilevanti per lo sviluppo della personalità. Entro tale gruppo rientrano i sogni ad occhi aperti (o fantasticherie), i giochi agonistici e gli hobby. Riguardo quanto concerne i sogni ad occhi aperti, si può dire che essi compaiono nel momento in cui i giocattoli e le attività passano in secondo piano. I pensieri, che prima erano concentrati su oggetti materiali ed erano soddisfatti con il gioco, ora si realizzano nell immaginazione, attraverso la forma di sogni ad occhi aperti. I giochi agonistici invece, compaiono nel bambino solo quando questo ha già acquisito una certa capacità d adattamento alla realtà e di tolleranza alla frustrazione. Ciò è dovuto dal fatto che questa tipologia di giochi, essendo governata da regole inflessibili a cui si deve sottostare, richiede che il bambino abbia raggiunto un adeguato stadio di socievolezza. Siamo infine giunti agli hobby, che Anna Freud considera a metà strada tra i giochi e il lavoro. Questo perché essi possiedono caratteristiche proprie sia dei giochi che del lavoro. Gli hobby vengono, infatti, intrapresi con uno scopo che è quello del piacere e «perseguono finalità spostate, cioè sublimate, ma comunque finalità che non sono troppo lontane dalla gratificazione delle pulsioni erotiche o aggressive» Melanie Klein La teoria di Melanie Klein, considera il gioco come un vero strumento dell analisi psicoanalitica infantile. E proprio attraverso il gioco, che emerge tutto il mondo interiore del bambino. L analisi del gioco, condotta dalla Klein, conduce nella parte più profonda e intima dell anima infantile, luogo in cui si manifestano le fantasie inconsce, che producono nel bambino senso d angoscia e di colpa. 15 In psicoanalisi, il principio di realtà governa le normali attività dell Io nella tarda infanzia e nella vita adulta. Per Anna Freud seguire il principio di realtà vuole dire limitare e modificare la gratificazione nell interesse della sicurezza, nel prevenire così eventuali conseguenze dovute a scontri con l ambiente circostante. Il principio di realtà è indispensabile per l adattamento sociale e per lo sviluppo di atteggiamenti che incrementano il senso di legalità. 16 A. Freud, Normalità e patologia nel bambino: valutazione dello sviluppo, op. cit., p

20 E importante mettere anche in luce l accostamento tra le fantasie e i desideri dei bimbi con il linguaggio che è proprio dei sogni. Melanie Klein afferma che la comprensione del linguaggio infantile è possibile, se si applica ad esso la modalità d indagine che Freud impiegava nello studio del linguaggio dei sogni. Ma continua anche dicendo che attraverso la tecnica del gioco, si possono scoprire nell attività ludica del bambino tante associazioni, quante quelle che emergono dall analisi degli adulti e dei loro sogni. L aspetto basilare dell approccio kleineiano è rappresentato dal fatto che il gioco infantile rappresenta l equivalente delle associazioni libere 17 proprie dell adulto. Il materiale profondo individuato dall analista, va da questo rapidamente interpretato, dopo averne colto il significato, considerando la completa configurazione del gioco. A tale proposito, la stessa Klein dice che «con la tecnica del gioco, potremmo facilmente osservare che il bambino fa, con i singoli elementi del gioco, altrettante associazioni di quante ne portino in analisi gli adulti rispetto ai singoli elementi dei loro sogni. ( ) I singoli elementi del gioco sono molto indicativi e inoltre il bambino, quando gioca, parla e dice ogni sorta di cose che equivalgono a vere e proprie associazioni» 18. Il mondo inconscio emerge quindi attraverso il gioco, che viene capito e interpretato. Un ulteriore passo è lo spiegare ai piccoli pazienti ciò che si verifica dentro di loro, in modo chiaro e comprensibile, utilizzando anche le stesse espressioni del bambino. Il gioco e tutto il comportamento del bambino, sono fatti coincidere dalla Klein con il suo concetto di transfert, quale mezzo che consente l esplorazione dell inconscio. Tale opinione dell autrice, è incentrata sull ipotesi dell esistenza, nel bambino, di oggetti interni che vengono proiettati su degli oggetti esterni. Ciò consente alla Klein, di parlare appunto, di un transfert nel bambino. L esplorazione dell inconscio (che è compito centrale del procedimento psicoanalico) e il concetto di trasfert, sono due principi di importanza fondamentale per Melanie Klein, essendo essi stati cardini guida della sua tecnica di psicoanalisi basata sul gioco. 17 Per associazioni libere si intende l insieme di idee, pensieri, impulsi, sensazioni, ecc. che il paziente deve esprimere in estrema libertà durante la seduta psicoanalitica. Spetta all analista il compito di riconoscere e analizzare le connessioni tre le varie associazioni libere del paziente. 18 M. Klein, La psicoanalisi dei bambini, (1950), Firenze, G. Martinelli Editore, IV ristampa, 1984, p

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