Registro di Analisi Matematica 1 c.l. IAT a.a. 2005/2006 M. Furi
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- Sofia Crippa
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1 Registro delle lezioni di Analisi Matematica 1 (7 CFU) Università di Firenze - Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria per l ambiente e il territorio Anno accademico 2005/2006 Prof. Massimo Furi Testo di riferimento: Adams, Calcolo Differenziale 1, Casa Editrice Ambrosiana. Testi consigliati per approfondimenti: Giaquinta - Modica, Note di Analisi Matematica (funzioni di una variabile), Pitagora; Bertsch - Dal Passo, Elementi di Analisi Matematica, Aracne; Bramanti - Pagani - Salsa, Matematica (calcolo infinitesimale e algebra lineare), Zanichelli. Testo consigliato per le nozioni basilari (in caso di difficoltà nel comprendere le spiegazioni): Boieri - Chiti, Precorso di Matematica, Zanichelli. Avvertenza. L abbreviazione sd significa senza dimostrazione. Avvertenza. L abbreviazione fac significa dimostrazione facoltativa (riservata agli studenti più preparati). Gli studenti sono invitati a segnalare eventuali errori riscontrati nel registro delle lezioni scrivendo a massimo.furi@unifi.it e indicando il tipo di errore e il numero della lezione. È sufficiente scrivere la formula (o frase) errata e il numero della lezione (non la pagina, perché nel file sorgente, in LaTeX, non è indicata). Ogni errore segnalato comporterà un bonus di un voto nel primo compito scritto, successivo alla segnalazione, che lo studente consegnerà per la correzione (allo scopo comunicare nome, cognome e numero di matricola). Per un rapido riscontro con precedenti versioni del registro, le modifiche apportate alle lezioni svolte da più di una settimana risulteranno colorate come segue: - in blu se sono integrazioni di testo; - in rosso se sono correzioni di errori o modifiche del testo preesistente. 1 - Mar. 20/9/05 (per maggiori dettagli vedere gli appunti presi a lezione) Richiami sul concetto di insieme. Elementi di un insieme. Sottoinsiemi di un insieme. Insieme vuoto. Unione e intersezione di due insiemi. Complementare di un insieme (rispetto ad un universo assegnato). Differenza tra due insiemi. Leggi di De Morgan. 2 - Mar. 20/9/05 (per maggiori dettagli vedere gli appunti presi a lezione) Richiami sull insieme R dei numeri reali e sui seguenti suoi sottoinsiemi: naturali (N), degli interi (Z) e dei razionali (Q). Esercizio. Provare che la somma di due numeri razionali è un numero razionale. dei numeri 21 giugno
2 Esercizio. Dedurre dall esercizio precedente che la somma di un razionale e di un irrazionale è un irrazionale. Mostrare con un esempio che la somma di due irrazionali può essere razionale. Esercizio. Sia a un numero reale non negativo. Supponiamo che per ogni ε > 0 si abbia a ε. Provare che a = 0. Esercizio. Provare che il quadrato di un numero (naturale) dispari è dispari. Pertanto, se il quadrato di un numero è pari, tale numero è necessariamente pari. Teorema. Nell insieme Q dei razionali non esiste un numero x tale che x 2 = 2. Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che esista un numero razionale p/q (con p, q N) tale che (p/q) 2 = 2. Ovviamente si può supporre che la frazione p/q sia irriducibile (cioè che il numeratore e il denominatore non abbiano fattori a comune). Dalla suddetta uguaglianza si ottiene p 2 = 2q 2. Quindi p 2 è pari e, di conseguenza, lo è anche p. Dunque esiste un numero naturale k tale che p = 2k, e da ciò, tenendo conto che p 2 = 2q 2, si deduce 2k 2 = q 2. Pertanto anche q è pari, in contrasto con l aver supposto p/q irriducibile. La contraddizione prova che p/q non può essere un numero razionale. In seguito proveremo che, dato un numero naturale n ed assegnato un numero reale non negativo a, esiste un unica soluzione non negativa dell equazione x n = a. Tale soluzione si chiama radice n-esima aritmetica di a e si denota col simbolo n a (se n = 2 si scrive a). Se n è pari e a > 0, allora l equazione x n = a ha due soluzioni, entrambe dette radici n-esime di a. Ciascuna delle due radici è opposta dell altra, ma soltanto quella positiva si chiama radice aritmetica, ed è quella denotata n a (l altra è n a). Se n è dispari, allora, qualunque sia il numero a, l equazione x n = a ha un unica soluzione (in campo reale), denotata n a anche quando a < 0 (tale notazione, data l unicità della radice reale del polinomio x n = a, non dà luogo a equivoci). Vedremo in seguito che (per evitare pedanti distinguo) è conveniente definire le potenze ad esponente reale soltanto quando la base è positiva (a meno che l esponente non sia un intero). Pertanto n a coincide con a 1/n soltanto per a > 0 (se a < 0 ed n è dispari si ha n a = a 1/n ). 3 - Gio. 22/9/05 (per maggiori dettagli vedere gli appunti presi a lezione) Definizione (di intervallo). Un intervallo è un sottoinsieme di R con la proprietà che se ci stanno due punti, ci stanno anche tutti i punti intermedi. In altre parole, J R è un intervallo se è vera la seguente proposizione: (x 1, x 2 J) (x 1 < c < x 2 ) = c J. Un intervallo costituito da infiniti punti si dice non banale, mentre l insieme vuoto e i singoletti (dell universo R) sono intervalli banali. Esercizio. Provare che se un intervallo contiene due punti (distinti), allora ne contiene infiniti. Esercizio. Mostrare che, in base alla suddetta definizione, l insieme vuoto e i singoletti (cioè i sottoinsiemi di R costituiti da un sol punto) sono intervalli. Suggerimento. Ricordarsi che una proposizione del tipo p = q è falsa solo in un caso: 21 giugno
3 quando p è vera e q è falsa. Esercizio. Provare che (in base alla suddetta definizione) i seguenti sottoinsiemi di R sono intervalli (a e b sono due numeri reali assegnati): (a, b) := { x R : a < x < b } ; [a, b] := { x R : a x b } ; (a, b] := { x R : a < x b } ; (, a] := { x R : x a } ; (a, + ) := { x R : a < x }. Esercizio. Mostrare che R\{0} non è un intervallo. Ogni intervallo può essere rappresentato in uno dei seguenti modi:, {a}, (a, b), (a, b], [a, b), [a, b], (a, + ), [a, + ), (, a), (, a], R. Gli intervalli (a, + ) e [a, + ) si dicono semirette destre (di estremo a), mentre (, a) e (, a] sono semirette sinistre. Ogni sottoinsieme di R può possedere alcune proprietà che verranno introdotte più avanti. Come vedremo, può essere (o non essere) chiuso, aperto, itato superiormente, itato inferiormente, itato. Per ora ci itiamo ad affermare, come se fosse una definizione, che gli intervalli, {a}, (a, b), (a, b], [a, b) e [a, b] sono itati, mentre (a, + ), [a, + ), (, a), (, a] e R non lo sono; che (a, b), (, a) e (a, + ) sono aperti, e che {a}, [a, b], (, a] e [a, + ) sono chiusi; mentre l intervallo (a, b] non è né aperto né chiuso (si dice che è aperto a sinistra e chiuso a destra, ma è un affermazione che ha senso solo per gli intervalli e non per gli arbitrari sottoinsiemi di R). Esercizio. Provare che l intersezione di due intervalli è un intervallo (eventualmente vuoto o costituito da un sol punto). Esercizio. intervallo. Mostrare con un esempio che l unione di due intervalli può non essere un Esercizio. Provare che se due intervalli hanno intersezione non vuota, allora la loro unione è un intervallo. 4 - Gio. 22/9/05 (per maggiori dettagli vedere gli appunti presi a lezione) Richiami sulle potenze ad esponente intero (la base è arbitraria, tranne il caso 0 0, che non conviene definire). Richiami sulle potenze ad esponente reale (la base è positiva). Le tre proprietà fondamentali delle potenze (ad esponente reale): 1) a x a y = a x+y ; 2) (a x ) y = a xy ; 3) a x b x = (ab) x. Esercizio. Dedurre, dalle tre proprietà fondamentali delle potenze, le seguenti ulteriori proprietà: 4) a x /a y = a x y ; 5) (a/b) x = a x /b x. 21 giugno
4 Il segno di un numero reale è così definito: 1 se a > 0 sign a = 0 se a = 0 1 se a < 0 Ricordiamo che il valore assoluto di un numero reale è così definito: { a se a 0 a = a se a < 0 Tre definizioni alternative di valore assoluto: a = a 2, a = (sign a) a, a = max{a, a}. Talvolta per indicare il valore assoluto di un numero a si usa la notazione abs a. Esercizio. Provare le seguenti proprietà fondamentali del valore assoluto: ab = a b ; a + b a + b. Esercizio. Provare che x < c se e solo se c < x < c (e, analogamente, x c se e solo se c x c). Esercizio. Sia x 0 un punto di R. Dedurre dall esercizio precedente che x x 0 < c se e solo se x 0 c < x < x 0 + c. Ulteriore proprietà del valore assoluto (deducibile fac dalle proprietà fondamentali): a b a b. Definizione (di distanza). Dati due punti a, b R, il numero non negativo b a si chiama distanza tra a e b. Definizione (di intorno). Dato un punto x 0 R ed assegnato un numero r > 0, l intorno di x 0 di raggio r è l insieme I(x 0, r) = { x R : x x 0 < r } costituito dai punti x che distano da x 0 meno di r. Pertanto, I(x 0, r) coincide con l intervallo aperto (x 0 r, x 0 + r) di centro x 0 e ampiezza 2r. 5 - Ven. 23/9/05 Da ora in avanti, con la notazione R intenderemo l insieme dei numeri reali estesi, ossia l insieme costituito dai numeri reali con l aggiunta dei simboli e +. Per quanto riguarda la relazione d ordine, si fa la convenzione che ogni numero reale sia maggiore di e minore di +. Si definiscono inoltre le seguenti operazioni (la lettera a rappresenta un arbitrario numero reale e sta per o + ): + a =, + + a = +, ( ) + ( ) =, (+ ) + (+ ) = +, a(± ) = ±, se a > 0 e a(± ) = 21 giugno
5 se a < 0, a/ = 0, a/0 = se a 0, /0 =. Ogni eventuale definizione delle espressioni (+ ) + ( ), 0/0, 0 e /, chiamate forme indeterminate, porterebbe a delle incoerenze, e quindi non conviene introdurla. Esercizio. Mostrare che (in R) il numero reale esteso + non ammette opposto. Definizione (di maggiorante e di minorante). Sia X un sottoinsieme di R. Un numero reale b si dice un maggiorante (o una itazione superiore) per X se x b per ogni x X. Analogamente, a è un minorante (per X) se a x, x X. Ad esempio, i numeri 5, 6, 4 e 1+π sono dei maggioranti per l insieme X = [ 1, 0) (2, 4), mentre non lo sono 0, 3 e 1. Il numero 1 è un minorante per X ma non lo sono 0, 3, 5, 6, 4 e 1+π. Definizione (di insieme itato). Un insieme X R si dice itato superiormente se ammette un maggiorante. Analogamente X è itato inferiormente se ammette un minorante. Se X è itato sia superiormente sia inferiormente, allora si dice che è itato, e in tal caso esistono due numeri a e b tali che a x b, x X (n.b. ciò non implica che X sia un intervallo). Per esempio, l insieme X = [ 1, 0) (2, 4) è itato sia superiormente sia inferiormente, e quindi è itato (si osservi che ogni x X verifica la condizione 1 x 4, ma X non è un intervallo). Il sottoinsieme N di R è itato inferiormente ma non superiormente, e quindi non è itato. Il sottoinsieme Z di R non è itato né inferiormente né superiormente, e quindi... (completare il discorso) Si osservi che se b è un maggiorante per X, allora lo è anche ogni c > b. Perciò i maggioranti di un insieme, se esistono, sono infiniti. Esercizio. Provare che se un insieme non vuoto ammette un maggiorante, allora l insieme dei suoi maggioranti è una semiretta destra (più avanti vedremo che tale semiretta è sempre chiusa). Esercizio. Negare la proposizione ogni pecora è bianca. Analogamente, dato un insieme X R e un numero b, negare la proposizione ogni x di X verifica la condizione x b (che equivale ad affermare che b è un maggiorante per X). Esercizio. Negare la proposizione esiste una pecora verde. Analogamente, dato un insieme X R, negare la proposizione esiste un maggiorante per X (che equivale ad affermare che X è itato superiormente). Esercizio. Provare che un sottoinsieme X di R è itato se e solo se esiste un numero c tale che x c, x X. Il massimo di un sottoinsieme X di R è, per definizione, un elemento di X maggiore o uguale ad ogni altro elemento di X. In altre parole, quando esiste, il massimo è un maggiorante appartenente all insieme (se ne provi l unicità). In modo analogo si definisce il concetto di minimo. 21 giugno
6 Si osservi che non tutti gli insiemi itati superiormente ammettono massimo (si pensi ad un intervallo aperto). Ciò giustifica l introduzione di un concetto sostitutivo: la nozione di estremo superiore. Definizione (di estremo superiore e di estremo inferiore). Sia X un sottoinsieme di R. Se X è itato superiormente, il suo estremo superiore è il minimo dei maggioranti di X e si denota col simbolo sup X. Analogamente, se X è itato inferiormente, il suo estremo inferiore (inf X) è il massimo dei minoranti di X. Si scrive inoltre sup X = + se X non è itato superiormente e inf X = se non è itato inferiormente. È conveniente infine porre inf = + e sup = (l insieme vuoto è l unico sottoinsieme X di R per cui non vale la relazione inf X sup X). Esercizio. Mostrare che il massimo di un insieme, quando esiste, coincide con l estremo superiore. Provare inoltre che l estremo superiore di un insieme, quando appartiene all insieme, coincide col massimo. Teorema sd (Proprietà di Dedekind dei numeri reali). Ogni sottoinsieme di R ammette estremo inferiore ed estremo superiore (in R). È noto che l insieme Q dei razionali non gode della proprietà di Dedekind. Ad esempio, si potrebbe provare (ma non lo facciamo) che, nell universo dei razionali, l insieme dei numeri positivi il cui quadrato è minore di 2 non ammette estremo superiore (in R esiste e si denota col simbolo 2). Esercizio. Provare che se A B allora sup A sup B. Osservare inoltre che, in virtù della convenzione sup =, tale relazione è verificata anche quando A =. Dalla Proprietà di Dedekind è possibile dedurre la seguente Proprietà di Archimede dei numeri reali: il sottoinsieme N di R non è itato superiormente. Si osservi che ciò equivale ad affermare che per ogni a R esiste un n N tale che n > a (significa che ogni a R non è un maggiorante per N, e ciò non è altro che la negazione della proposizione esiste un maggiorante per N ). Esercizio. Si consideri l insieme X = {1/n : n N} e si dimostri, usando le definizioni di estremo inferiore e di estremo superiore, che inf X = 0 e sup X = 1. Suggerimento (per l estremo inferiore). Si usi la Proprietà di Archimede per mostrare che X non ammette minoranti positivi. 6 - Ven. 23/9/05 Dal punto di vista informale, una funzione (o applicazione) f da un insieme X in un insieme Y (si scrive f : X Y ) è una legge che ad ogni elemento x X fa corrispondere un unico elemento y Y, detto immagine di x e denotato col simbolo f(x). Gli insiemi X e Y si chiamano, rispettivamente, dominio e codominio di f (quest ultimo non va confuso con l immagine di f, che definiremo più avanti). La relazione y = f(x) che lega ogni elemento del dominio col corrispondente elemento del codominio si chiama equazione del grafico di f. La lettera che si usa per rappresentare un generico elemento del dominio si 21 giugno
7 chiama variabile indipendente mentre quella che rappresenta gli elementi del codominio è detta variabile dipendente. È di uso frequente denotare con x la prima e con y la seconda ma, ovviamente, si possono usare altre lettere. L importante, quando è data l equazione del grafico, è che risulti chiaro (almeno dal contesto) quale delle lettere rappresenta gli elementi del dominio e quale gli elementi del codominio. Un esempio di funzione è la legge che ad ogni studente dell aula associa la prima lettera del suo cognome. Il dominio, in questo caso, è l insieme degli studenti presenti in aula. Riguardo alla scelta del codominio, è prudente considerare l insieme di tutte le lettere dell alfabeto. L immagine della funzione, come vedremo, è l insieme costituito dalle lettere che corrispondono ad almeno uno studente presente in aula (è molto probabile che sia un sottoinsieme proprio del codominio, e in tal caso diremo che la funzione non è suriettiva). Definizione (di restrizione di una funzione). La restrizione di una funzione f : X Y ad un sottoinsieme A di X (denotata f A : A Y ) è definita dalla stessa legge che rappresenta la funzione f, ma considerata da A in Y ; ossia valida soltanto per gli elementi di A. Per indicare che f associa ad un generico elemento x X l elemento f(x) Y, talvolta si usa la notazione f : x f(x). Ad esempio, la funzione f : R R definita da f(x) = x 2 si denota anche f : x x 2. Definizione (di funzione iniettiva). Una funzione f : X Y si dice iniettiva (o 1 1) se per ogni y Y esiste al più un x X tale che f(x) = y o, equivalentemente, se per ogni x 1, x 2 X tali che x 1 x 2 risulta f(x 1 ) f(x 2 ). Ad esempio, la funzione che ad ogni studente presente in aula associa il suo codice fiscale è ovviamente iniettiva, mentre non lo è quella che ad ogni studente in aula fa corrispondere l iniziale del suo cognome (possiamo affermarlo con certezza, dato che gli studenti presenti sono più di 26). Definizione (di immagine). Data una funzione f : X Y e dato un sottoinsieme A di X, l immagine di A (tramite f) è il sottoinsieme f(a) del codominio Y di f costituito dagli elementi y che sono immagine di almeno un x A. In simboli: { } f(a) = y Y : y = f(x) per almeno un x A. L immagine f(x) di tutto il dominio si chiama anche immagine di f e si denota col simbolo Imf (oltre che con f(x)). Definizione (di retroimmagine). Data una funzione f : X Y e dato un sottoinsieme B del suo codominio Y, la retroimmagine (o controimmagine o immagine inversa o preimmagine.) di B (tramite f) è il sottoinsieme f 1 (B) di X costituito dagli elementi la cui immagine sta in B. In simboli: f 1 (B) = { x X : f(x) B }. Analogamente, fissato un elemento y Y, si pone { } f 1 (y) = x X : f(x) = y. 21 giugno
8 Ad esempio, per f : R R definita da f(x) = x 2 risulta f 1 (4) = { 2, 2}, f 1 ( 4) =, f 1 ([ 1, 4]) = [ 2, 2] e f 1 ((1, 4]) = [ 2, 1) (1, 2]. Definizione (di funzione suriettiva). Una funzione f : X Y si dice suriettiva se per ogni y Y esiste almeno un x X tale che f(x) = y; ossia, se Imf = Y. Ad esempio, la funzione f : R R definita da f(x) = 3x + 2 è suriettiva perché, dato un qualunque numero reale y, esiste un x tale che y = 3x + 2. In questo caso x è addirittura unico ed è il numero (y 2)/3 (quindi f è anche iniettiva). Vedremo in seguito che (come conseguenza del teorema dei valori intermedi) anche la funzione f(x) = x 3 x è suriettiva, ma non iniettiva perché l equazione x 3 x = 0 ammette più di una soluzione (verificarlo per esercizio). Definizione (di funzione biiettiva). Una funzione f : X Y si dice biiettiva (o corrispondenza biunivoca) se è sia iniettiva sia suriettiva. Definizione (di funzione inversa). Data una funzione iniettiva f : X Y, la sua funzione inversa, denotata f 1, è quella legge che ad ogni y dell immagine Imf di f associa l unico elemento x X tale che f(x) = y (in questo caso la lettera y rappresenta la variabile indipendente e la x è la variabile dipendente). È bene precisare che in alcuni testi di Analisi Matematica vengono dette invertibili soltanto le funzioni biiettive (cioè iniettive e suriettive). Noi preferiamo chiamare invertibili tutte le funzioni iniettive (senza richiedere la suriettività). In tal caso il dominio della funzione inversa coincide con l immagine della funzione che si inverte. Osservazione. L immagine [il dominio] di una funzione inversa coincide col dominio [l immagine] della funzione che viene invertita. È immediato verificare che se f : X Y è iniettiva, allora f 1 (f(x)) = x, x X, e f(f 1 (y)) = y, y Imf. 7 - Ven. 23/9/05 Il prodotto cartesiano di due insiemi X e Y è l insieme, denotato col simbolo X Y, costituito dalle coppie ordinate (x, y) con x X e y Y. Il prodotto X X si denota anche X 2. Analogamente, X 3 è l insieme delle terne ordinate degli elementi di X. Più in generale, dato n N, X n rappresenta l insieme delle n-ple ordinate di numeri reali. Il grafico di una funzione f : X Y è il sottoinsieme del prodotto cartesiano X Y costituito dalle coppie (x, y) che verificano la relazione y = f(x) che, come abbiamo visto, è detta equazione del grafico di f. Fino ad ora ci siamo accontentati soltanto della nozione intuitiva di funzione, senza precisare il significato dell espressione legge che ad ogni elemento del dominio associa un unico elemento del codominio. La definizione che segue introduce il concetto di funzione in modo rigoroso (la riportiamo soltanto per le esigenze degli studenti desiderosi di una più profonda comprensione dei concetti astratti). 21 giugno
9 Definizione formale di funzione. Una funzione (o applicazione) è una terna (ordinata) f = (X, Y, G), dove X è un insieme, detto dominio, Y è un insieme, chiamato codominio, e G, il cosiddetto grafico di f, è un sottoinsieme del prodotto cartesiano X Y che gode della seguente proprietà: per ogni x X esiste un unico y Y per il quale si ha (x, y) G; tale elemento, univocamente associato ad x, si chiama immagine di x e si denota con f(x). Una funzione si dice reale quando il suo codominio è un sottoinsieme di R (indipendentemente dal dominio, che può essere un qualunque insieme), si dice di variabile reale quando il suo dominio è un sottoinsieme dei reali. Pertanto, una funzione reale di variabile reale ha sia dominio che codominio nei reali (lo studio di tali funzioni è il principale scopo del corso di Analisi Matematica 1). Per semplicità, a meno che non venga diversamente specificato, supporremo sempre che il codominio di ogni funzione reale sia tutto R. Ciò ci permetterà di combinare tra loro le funzioni reali, mediante operazioni di somma, prodotto, quoziente e composizione, concentrando la nostra attenzione esclusivamente sulla eventuale determinazione del dominio di validità delle funzioni così ottenute, senza preoccuparsi del loro codominio. Un modo diretto per rappresentare una funzione reale di variabile reale f è quello di scriverne l equazione del grafico. Tale equazione, infatti, individua univocamente il terzo insieme della terna f = (dominio, codominio, grafico), e una volta noto il grafico G di f (che in questo caso è un sottoinsieme di R 2 ), il dominio non è altro che l insieme degli x R per cui la retta parallela all asse y e passante per il punto (x, 0) interseca G (ovviamente in un sol punto, altrimenti G non sarebbe un grafico). Il codominio di f, per convenzione, è tutto R (a meno che non venga diversamente specificato). Ad esempio, invece di scrivere Consideriamo la funzione da R\{0} in R definita da x 1/x oppure Consideriamo la funzione f : R\{0} R definita da f(x) = 1/x, si può più semplicemente scrivere Consideriamo la funzione y = 1/x. In questo caso si sottintende che il dominio è l insieme dei numeri x per cui ha senso (nei reali) il rapporto 1/x (cioè R\{0}) e il codominio (per tacita e prudente convenzione) è tutto R. Esercizio. Mostrare che l insieme { } (x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1 non è un grafico, mentre lo è { } (x, y) R 2 : x 2 + y 2 = 1, y 0. Esercizio. Scrivere in forma esplicita la funzione il cui grafico è dato da { } (x, y) R 2 : x 2 + 4y 2 x = 4, y 0 e determinarne il dominio. 21 giugno
10 8 - Mar. 27/9/05 Definizione (di funzione composta). Siano f : X Y e g : Y Z due applicazioni tra insiemi. La composizione di f con g, denotata g f, è quell applicazione da X in Z (detta anche funzione composta) che ad ogni x X associa l elemento g(f(x)) di Z. Ad esempio se f : R R è la funzione che ad ogni x associa x 3 e g : R R è definita da g(y) = 1/(2 + y 2 ), allora (g f)(x) = 1/(2 + x 6 ). Notazione. Da ora in avanti il dominio di una funzione f verrà denotato col simbolo D(f). In realtà per definire la composizione g f di due funzioni f e g, non c è bisogno che il dominio di g coincida col codominio di f: la g può essere definita anche in un sottoinsieme del codominio di f. In tal caso il dominio della composizione g f è dato da tutti gli x per cui ha senso scrivere g(f(x)), ovvero dagli x D(f) tali che f(x) D(g). In simboli: { } D(g f) = f 1 (D(g)) = x D(f) : f(x) D(g). Ad esempio se f e g sono due funzioni (reali di variabile reale) definite, rispettivamente, da f(x) = x e g(y) = 1/(2 y), allora il dominio di g f è [0, 4) (4, + ). Attenzione. Da ora in avanti, a meno che non venga esplicitamente dichiarato diversamente, le funzioni che considereremo avranno dominio contenuto in R e codominio uguale ad R (da non confondere con l immagine). Pertanto, con una notazione del tipo f : A R intenderemo D(f) = A R. Si fa presente che, data f : A R, col simbolo f(x) si dovrebbe intendere il valore che la funzione f assume nel punto x (punto che si sottintende appartenente al dominio di f, altrimenti non ha senso scrivere f(x)). In altre parole, a rigore, f(x) rappresenta un numero e non una funzione. Talvolta, però, per abuso di linguaggio e in conformità con una tradizione dura a morire, spesso con f(x) intenderemo la funzione f, e la lettera x (detta variabile indipendente) rappresenterà un generico elemento del dominio, e non un punto fissato. Comunque, se f(x) rappresenta un numero o una funzione si capisce dal contesto. Ad esempio, f(2) rappresenta inequivocabilmente un numero (il valore assunto da f nel punto 2), così come la notazione f(x 0 ) denota presumibilmente il valore assunto da f in un punto x 0 fissato. Per indicare la funzione coseno non scriveremo cos (come a rigore si dovrebbe fare) ma cos x o cos t o cos θ, ecc. (la lettera usata per rappresentare la variabile indipendente è spesso suggerita dal suo significato fisico o geometrico). Definizione (di funzione combinata). Date due funzioni reali di variabile reale f e g, la loro somma f + g, il loro prodotto fg, il loro quoziente f/g e la loro composizione g f si definiscono nel modo seguente: (f + g)(x) = f(x) + g(x); (fg)(x) = f(x)g(x); (f/g)(x) = f(x)/g(x); (g f)(x) = g(f(x)). 21 giugno
11 Il dominio di ciascuna delle suddette quattro funzioni (ottenute combinando f e g mediante le operazioni di somma, prodotto, quoziente e composizione) è dato dall insieme dei numeri reali x per cui ha senso l operazione che la definisce. Per esempio, il dominio di f + g è l insieme dei numeri x per cui ha senso scrivere sia f(x) sia g(x), altrimenti non è definita la somma f(x)+g(x). Pertanto D(f +g) = D(f) D(g). Analogamente D(f g) = D(f) D(g), D(f/g) = {x D(f) D(g) : g(x) 0} e D(g f) = {x D(f) : f(x) D(g)}. 9 - Mar. 27/9/05 Una funzione f (reale di variabile reale) si dice crescente se da x 1, x 2 D(f) e x 1 < x 2 segue f(x 1 ) f(x 2 ); si dice strettamente crescente se da x 1, x 2 D(f) e x 1 < x 2 segue f(x 1 ) < f(x 2 ). Analogamente, f è decrescente se f(x 1 ) f(x 2 ) per ogni x 1, x 2 D(f) tali che x 1 < x 2, ed è strettamente decrescente se... (completare il discorso). Si dice che f è monotona (l accento tonico cade sulla penultima sillaba) se è crescente o decrescente, e che è strettamente monotona se è strettamente crescente o strettamente decrescente. Osservazione. Le funzioni strettamente monotone sono anche monotone. Si osservi che una funzione f è monotona se e solo se il prodotto (x 2 x 1 )(f(x 2 ) f(x 1 )), con x 1 e x 2 nel dominio, non cambia mai di segno. È ovvio che se una funzione reale di variabile reale f : A R è strettamente monotona, allora è anche iniettiva (provarlo per esercizio). Pertanto, in tal caso, è ben definita la sua funzione inversa f 1 : Imf R, la cui immagine coincide col dominio A di f. Ricordiamo che, per convenzione, il codominio di una funzione reale è R, a meno che non venga diversamente specificato (e ciò vale anche per la funzione inversa f 1 di f). Pertanto, poiché l immagine di f 1 coincide col dominio di f, f 1 è suriettiva se e solo se f è definita in tutto R. Esercizio. Provare che se f : A R è strettamente crescente (o strettamente decrescente), allora lo è anche la sua funzione inversa. Definizione (di funzione pari, dispari, periodica). Una funzione f : A R si dice pari se si dice dispari se x A = x A e f( x) = f(x), x A = x A e f( x) = f(x), si dice periodica (in futuro) di periodo T > 0 se x A = x + T A e f(x) = f(x + T ). Osservazione. Se una funzione è periodica di periodo T, allora è periodica anche di periodo 2T, 3T, ecc. Pertanto, una funzione periodica ha infiniti periodi. Il più piccolo tra tutti si chiama periodo minimo. Si osservi che la somma, il prodotto e il quoziente di funzioni periodiche, tutte dello stesso periodo T, è ancora una funzione periodica di periodo T. La minimalità del periodo, 21 giugno
12 tuttavia, non si conserva con dette operazioni. Ad esempio, sen x e cos x sono periodiche di periodo 2π, e quindi, per quanto detto, è periodica di periodo 2π anche la funzione tang x := sen x/ cos x; ma mentre 2π è il periodo minimo per le prime due funzioni, non lo è per la terza (il periodo minimo di tang x è π). Esempi di funzioni pari: le costanti, x 2, 1/x 2, x 4, x 2k (con k Z), cos x, cos 3x, 1/ cos x, 1 x 2 cos x, x tang x, x e x2 x 2 cos x. Esempi di funzioni dispari: sen x, sen 3x, 1/ sen x, sen x cos x, tang x, xe x2 x 2 sen x. Esempi di funzioni periodiche: le costanti, sen x, sen 3x, 1/ sen x, tang x, sen x cos x, sen 2x + 3 cos 5x, xe x2 + 2x 2 sen x. Esercizio. Consultare, nel testo di riferimento, la definizione di funzione parte intera di x (denotata [x] o int x) e provare che f(x) = x int x è una funzione periodica. I concetti di minorante, maggiorante, itato inferiormente, itato superiormente, itato, estremo inferiore ed estremo superiore (precedentemente definiti per i sottoinsiemi di R) si estendono alle funzioni reali riferendosi all immagine. Ad esempio, diremo che una funzione f : A R è itata se è itata la sua immagine Imf. Diremo che un numero b è un maggiorante per f se lo è per Imf; vale a dire se f(x) b per ogni x A. Analogamente, gli estremi inferiore e superiore di f, denotati rispettivamente con inf x A f(x) e sup f(x) x A o, più semplicemente, con inf f e sup f, coincidono, per definizione, con gli estremi della sua immagine. Se B è un sottoinsieme del dominio A di f : A R, inf x B f(x) e sup f(x), x B denotano, rispettivamente, l estremo inferiore e l estremo superiore della restrizione f B di f a B. Ovviamente, ricordando la nozione di immagine di un insieme, tali estremi si possono denotare anche inf f(b) e sup f(b). Esercizio. Mostrare che f : A R è itata se e solo se esiste una costante c 0 per la quale si ha f(x) c, x A. Il massimo dell immagine di una funzione (se esiste) si chiama massimo (assoluto) della funzione, ed è un concetto da non confondere con i punti in cui tale massimo è assunto, detti punti di massimo (assoluto). In maniera analoga si definisce il concetto di minimo (assoluto), e di punto di minimo (assoluto). Si osservi che il massimo di una funzione (se esiste) è unico ed appartiene al codominio (più precisamente, appartiene all immagine), mentre i punti di massimo possono essere anche più di uno e stanno nel dominio. Esempio. Il massimo di cos x è 1, mentre i punti di massimo sono infiniti (sono i numeri x = 2kπ, con k Z). Il minimo di cos x è 1 ed è assunto nei punti... (quali?). 21 giugno
13 Esempio. Il massimo di f(x) = x + 2 vale 3 ed è assunto nel punto in cui è minima la funzione x + 2. Pertanto f ha come unico punto di massimo x = 2. Poiché f(x) > 0 per ogni x R, 0 è un minorante per f ma non è un minimo. Dato che il denominatore di f(x) si può rendere arbitrariamente grande, è lecito supporre che 0 sia l estremo inferiore di f. Per provare che effettivamente 0 = inf f (cioè, ricordiamo, che 0 è il massimo dei minoranti per i numeri f(x)) occorre mostrare che se a > 0, allora a non è un minorante; ossia esiste un x per il quale si ha f( x) < a (è la negazione della proposizione per ogni x R si ha f(x) a). In altre parole, occorre provare che, dato un arbitrario a > 0, la disequazione x + 2 < a ammette almeno una soluzione (verificarlo per esercizio). Esercizio. Provare che se f : [a, b] R è monotona, allora ammette massimo e minimo (quindi, in particolare, è una funzione itata). Esercizio. Provare che se una funzione f : (a, b) R è strettamente monotona, allora non ammette né massimo né minimo Gio. 29/9/05 Definizione (di funzione continua). Una funzione f si dice continua in un punto x 0 del dominio D(f) se fissato un arbitrario ε > 0 esiste un numero δ > 0 con la proprietà che da x x 0 < δ e x D(f) segue f(x) f(x 0 ) < ε. In caso contrario si dice che f è discontinua in x 0 o che ha una discontinuità in x 0. Se f è continua in ogni punto del suo dominio, allora si dice semplicemente che è una funzione continua, altrimenti si dice che è discontinua. In base alla suddetta definizione, f è discontinua se non è vero che è continua in ogni punto del suo dominio; cioè se esiste (almeno) un punto del dominio in cui f è discontinua (ricordarsi di come si nega la proposizione tutte le pecore sono bianche ). Quindi, a differenza di ciò che si legge in alcuni libri, non ha senso l affermazione la funzione 1/x non è continua perché ha una discontinuità nel punto x 0 = 0, dato che detto punto non appartiene al dominio di 1/x (sarebbe come dire che non è vero che tutte le pecore sono bianche perché c è una capra che non lo è). Esercizio. Provare che se una funzione è continua in un insieme A, allora è continua anche la sua restrizione ad un qualunque sottoinsieme di A. Intuitivamente, affermare che una funzione f è continua in un punto x 0 significa che l immagine f(x) di un punto x del dominio di f si può rendere vicina quanto si vuole a f(x 0 ) purché si prenda x sufficientemente vicino a x 0. In altre parole, se ci viene dato un arbitrario margine di errore ε > 0 e ci viene chiesto di far sì che la distanza 21 giugno
14 f(x) f(x 0 ) tra f(x) e f(x 0 ) risulti minore dell errore assegnato, deve essere possibile (almeno teoricamente) determinare un intorno I(x 0, δ) del punto x 0 con la proprietà che per tutti i punti x di tale intorno (che appartengono anche al dominio di f) il valore f(x) approssimi f(x 0 ) con un errore inferiore ad ε. In matematichese, per esprimere il fatto che una funzione f è continua in un punto x 0 D(f), talvolta si usa dire che per ogni intorno V di f(x 0 ) esiste un intorno U di x 0 (relativo al dominio di f) che viene mandato in V da f. Esempio. La funzione sign x non è continua nel punto x 0 = 0. Infatti in ogni intorno di x 0 ci sono punti che vengono mandati lontano dal valore sign x 0 = 0. Più precisamente, se si fissa l intorno V di sign x 0 di raggio ε = 1/2, non è possibile trovare un intorno U di x 0 che viene (interamente) mandato in V (cioè in ogni intorno di x 0 ci sono punti x tali che sign x V ). Esercizio. Consultare, nel testo di riferimento, la definizione di funzione di Heaviside (denotata H(x)) e provare che è discontinua nel punto x 0 = 0. Esercizio. Consultare, nel testo di riferimento, la definizione di funzione parte intera di x (denotata [x] o int x) e provare che è discontinua in tutti i punti x Z. Teorema sd (di continuità delle funzioni combinate). Ogni funzione ottenuta combinando funzioni continue tramite operazioni di somma, prodotto, quoziente e composizione è continua. Nel suddetto teorema si è supposto, per semplicità, che le funzioni siano continue in tutti i punti del loro dominio. In realtà vale un risultato più generale (anche se l enunciato è meno elegante). Non è infatti difficile dimostrare (ma non lo facciamo per mancanza di tempo) che se f è continua in un punto x 0 e g è continua in y 0 = f(x 0 ), allora (anche senza ulteriori ipotesi di continuità di f e g negli altri punti del loro dominio) g f risulta continua in x 0. Analoghe considerazioni valgono per le funzioni combinate f +g, fg e f/g: per la continuità in un punto x 0 del loro dominio è sufficiente che f e g siano entrambe continue in x 0. Si osservi che dalla definizione di continuità segue subito che le costanti e la funzione f(x) = x sono continue (verificarlo per esercizio). Poiché il prodotto di funzioni continue è una funzione continua, ogni monomio f(x) = ax n è una funzione continua. Quindi, in base al precedente teorema, anche i polinomi sono funzioni continue, dato che si ottengono sommando monomi. Di conseguenza, anche le funzioni razionali, essendo rapporto di polinomi, sono continue (compresa la funzione f(x) = 1/x). Esercizio. Mostrare che se due funzioni coincidono in un intorno di un punto x 0 e una di esse è continua in tal punto, anche l altra lo è. Esercizio. Siano f e g due funzioni definite nello stesso dominio. Dedurre, dal teorema di continuità delle funzioni combinate, che se una sola delle due è discontinua, allora anche f + g è discontinua. 21 giugno
15 Teorema (della permanenza del segno per funzioni continue). Sia f : A R continua in un punto x 0 A. Se f(x 0 ) 0, allora esiste un intorno U di x 0 tale che per tutti i punti x di tale intorno (e appartenenti al dominio di f) il numero f(x) ha lo stesso segno di f(x 0 ), cioè f(x)f(x 0 ) > 0 per ogni x U A. Dimostrazione. Senza perdere in generalità si può supporre f(x 0 ) > 0 (in caso contrario basta considerare la funzione g(x) = f(x)). Fissiamo ε = f(x 0 ). Per l ipotesi di continuità esiste un intorno U di x 0 tale che x U A = f(x 0 ) ε < f(x) < f(x 0 ) + ε. Quindi, in particolare, dato che ε = f(x 0 ), se x U A si ha f(x) > 0. Esercizio. Sia f : A R continua in un punto x 0 A e sia c una costante assegnata. Dedurre, dal teorema della permanenza del segno, che se f(x 0 ) < c (risp. f(x 0 ) > c), allora esiste un intorno U di x 0 tale che f(x) < c (risp. f(x) > c) per ogni x U A (si osservi che per c = 0 si ottiene l enunciato del teorema della permanenza del segno). Esercizio. Sia f una funzione definita in un intervallo (non banale) J R. Supponiamo che f sia continua in un punto x 0 J. Dedurre, dal teorema della permanenza del segno, che se f(x) = 0 per ogni x J tale che x x 0, allora f(x 0 ) = 0. Esercizio. Dedurre dall esercizio precedente che se due funzioni continue coincidono in tutti i punti di un intervallo (non banale) tranne uno (o anche tranne un numero finito), allora coincidono in tutto l intervallo. Suggerimento. Considerare la differenza delle due funzioni Gio. 29/9/05 Mostriamo che la funzione f(x) = x è continua. Allo scopo occorre fissare un arbitrario punto x 0 R e dimostrare che f(x) è continua in quel punto. Dalla disuguaglianza x x 0 x x 0 segue che, dato ε > 0, per far sì che f(x) f(x 0 ) risulti minore di ε basta che sia minore di ε la distanza x x 0 di x da x 0. Quindi, col gergo dell epsilon-delta, fissato ε, basta prendere δ = ε (o un qualunque altro δ < ε, purché positivo). Esercizio. Ripassare (ad esempio consultando il libro di riferimento) le funzioni trigonometriche e le loro principali proprietà. Esercizio. Dedurre, dalla definizione trigonometrica della funzione seno, la seguente nota disuguaglianza (valida per ogni valore dell angolo x in radianti): sen x x. Suggerimento. Provarla per x > 0, e dedurre che è vera anche per x < 0 dato che la funzione seno è dispari. Esercizio. Dedurre, dalle formule di addizione del seno e del coseno, le seguenti formule di prostaferesi: sen x sen y = 2 cos( x + y 2 ) sen( x y ); 2 21 giugno
16 cos x cos y = 2 sen( x + y ) sen( y x ). 2 2 Suggerimento (per la prima formula). Considerare la differenza sen(α + β) sen(α β) e porre α + β = x e α β = y. Mostriamo che la funzione sen x è continua. Allo scopo fissiamo un arbitrario x 0 e consideriamo la seguente formula di prostaferesi: sen x sen x 0 = 2 cos( x+x 0 2 ) sen( x x 0 2 ). Poiché cosα 1, si ha sen x sen x 0 = 2 cos( x + x 0 2 e dalla disuguaglianza sen α α segue ) sen( x x 0 2 sen x sen x 0 x x 0. ) 2 sen( x x 0 ) 2 Pertanto, col solito gergo dell epsilon-delta, fissato ε, basta scegliere δ = ε. La continuità della funzione cos x si prova in maniera analoga (i dettagli sono lasciati agli studenti). Dalla continuità di sen x e cos x si deduce che anche la funzione tang x := sen x cos x è continua (ovviamente nei punti in cui è definita, cioè negli x in cui cos x 0). Proveremo in seguito che anche le funzioni a x, log a x e x α sono continue. Vedremo anche che è continua la funzione n x, dove n è un qualunque numero naturale (ciò, come potrebbe sembrare, non deriva dalla continuità di x 1/n, perché n x è definita in [0, + ) per n pari e in tutto R per n dispari, mentre x 1/n è definita soltanto nella semiretta aperta (0, + )) Ven. 30/9/05 Teorema (di esistenza degli zeri). Sia f : [a, b] R continua e tale che f(a)f(b) 0. Allora l equazione f(x) = 0 ammette almeno una soluzione in [a, b]. Dimostrazione fac. Se f(a)f(b) = 0, allora almeno uno dei due estremi dell intervallo [a, b] è soluzione dell equazione f(x) = 0. Si può quindi supporre f(a)f(b) < 0. Si può anche supporre f(a) < 0 (e, di conseguenza, f(b) > 0), altrimenti basta sostituire f con f. Definiamo l insieme X = {x [a, b] : f(x) < 0} e consideriamo il numero c = sup X. Chiaramente c [a, b], dato che a X e b è un maggiorante per X. Mostriamo che il numero f(c) non può essere né minore di zero né maggiore di zero e, pertanto, non può che essere zero. Se fosse f(c) < 0, si avrebbe c b (avendo supposto f(b) > 0) e quindi c < b (dato che c b). Allora, per il teorema della permanenza del segno (per funzioni continue), esisterebbe un intervallo (c, c + δ) contenuto in [a, b] in cui f risulterebbe negativa. Pertanto, a destra di c ci sarebbero dei punti di X, contraddicendo il fatto che c è un maggiorante per X. 21 giugno
17 Quindi il numero f(c) non può essere minore di zero. Se fosse f(c) > 0, si avrebbe c a (dato che f(a) < 0) e quindi c > a. Esisterebbe allora un sottointervallo (c δ, c) di [a, b] in cui f risulterebbe positiva. Pertanto, essendo c un maggiorante per X, e non essendoci elementi di X tra c δ e c, sarebbe un maggiorante anche c δ, contraddicendo il fatto che c è il più piccolo maggiorante per X. Di conseguenza f(c) non può essere maggiore di zero. Illustriamo un semplice algoritmo numerico, detto metodo delle bisezioni, per trovare una soluzione di un equazione del tipo f(x) = 0, dove f : [a, b] R verifica le ipotesi del teorema di esistenza degli zeri. Si può supporre f(a) 0. In caso contrario basta cambiare f in f (le equazioni f(x) = 0 e f(x) = 0 sono infatti equivalenti). Poniamo, per comodità, a 0 = a e b 0 = b, e consideriamo il punto di mezzo c 0 = (b 0 +a 0 )/2 dell intervallo [a 0, b 0 ]. Se f(c 0 ) > 0 poniamo a 1 = a 0 e b 1 = c 0, altrimenti poniamo a 1 = c 0 e b 1 = b 0. In altre parole, una volta diviso [a 0, b 0 ] in due intervalli uguali, denotiamo con [a 1, b 1 ] quello di sinistra o quello di destra a seconda che f(c 0 ) sia maggiore di zero o non lo sia. In ogni caso si ha f(a 1 ) 0 e f(b 1 ) > 0. Pertanto, per il teorema di esistenza degli zeri, nell intervallo chiuso [a 1, b 1 ] c è almeno una soluzione della nostra equazione. Ripetiamo il procedimento considerando il punto di mezzo c 1 = (b 1 +a 1 )/2 del nuovo intervallo e calcolando f(c 1 ). Se f(c 1 ) > 0 poniamo a 2 = a 1 e b 2 = c 1, altrimenti poniamo a 2 = c 1 e b 2 = b 1. Procedendo ricorsivamente si considera il punto c n 1 = (b n 1 + a n 1 )/2 e si calcola f(c n 1 ). Se f(c n 1 ) > 0 si pone a n = a n 1 e b n = c n 1, altrimenti si pone a n = c n 1 e b n = b n 1. Ad ogni passo si ottiene un intervallo [a n, b n ] di ampiezza la metà del precedente che contiene almeno una soluzione. Quindi a n è un approssimazione per difetto di tale soluzione e b n un approssimazione per eccesso. L errore massimo che si commette considerando una delle due approssimazioni è dato dall ampiezza b n a n dell ennesimo intervallo (è addirittura la metà di tale ampiezza se si approssima la soluzione col punto di mezzo di tale intervallo). Dunque, per determinare una soluzione dell equazione f(x) = 0 con un errore inferiore ad un assegnato ε > 0 non occorre eseguire il test b n a n < ε ad ogni passo: è sufficiente ripetere la procedura di bisezione (senza eseguire il test) un numero n di volte, dove n N verifica la disequazione (b a)/2 n < ε. Risolvendo detta disequazione rispetto all incognita n si ottiene b a n > log 2 = 1 ε log 2 log b a. ε Il più piccolo n che verifica tale condizione è ( 1 n = 1 + int log 2 log b a ). ε Ad esempio, se b a = 1, per ottenere una soluzione con un errore inferiore a 10 3 è sufficiente ripetere il procedimento di bisezione dieci volte. Esempio. Consideriamo l equazione x + e x 3 = 0. La funzione f(x) = x + e x 3 è continua, essendo somma di funzioni continue, ed è definita in tutto R. Per provare che la suddetta equazione ammette una soluzione basta determinare, mediante dei sondaggi, due punti a e b in cui la funzione f assume segno discorde. Per x = 0 si ottiene f(0) = 2 < 0, 21 giugno
18 mentre per x = 1 si ha f(1) = 1+e 3 = 0, 718 > 0. In base al teorema di esistenza degli zeri si può dunque concludere che la suddetta equazione ammette una soluzione c (0, 1). Possiamo anche affermare che tale soluzione è unica perché f(x) è strettamente crescente, essendo somma di due funzioni strettamente crescenti e di una costante. Applicando il procedimento delle bisezioni dieci volte si ottiene c = 0, Esempio. L equazione int x 1/2 = 0 non ha soluzioni (dato che int x assume soltanto valori interi), eppure agli estremi dell intervallo [0, 1] la funzione f(x) = int x 1/2 ha segno discorde (spiegare l apparente contraddizione). Il risultato che segue è una facile conseguenza del teorema di esistenza degli zeri, nonché una sua generalizzazione. Teorema (dei valori intermedi). Sia f : J R una funzione continua in un intervallo J R. Allora l immagine f(j) di f è un intervallo. In particolare, se f assume valori sia positivi sia negativi, esiste almeno un punto del dominio in cui si annulla. Dimostrazione. In base alla definizione di intervallo, occorre provare che se y 1 e y 2 sono due punti di f(j) tali che y 1 < y 2 e ȳ R verifica la condizione y 1 < ȳ < y 2, allora anche ȳ sta in f(j); cioè, esiste x J tale che f( x) = ȳ. Per definizione di immagine, esistono due punti x 1 e x 2 appartenenti a J tali che f(x 1 ) = y 1 e f(x 2 ) = y 2. Consideriamo l intervallo I = x 1 x 2 J di estremi x 1 e x 2 (cioè I = [x 1, x 2 ] se x 1 < x 2 e I = [x 2, x 1 ] in caso contrario) e definiamo la funzione continua g : I R nel seguente modo: g(x) = f(x) ȳ. È immediato verificare che dall ipotesi y 1 < ȳ < y 2 segue g(x 1 ) < 0 e g(x 2 ) > 0. Pertanto, per il teorema di esistenza degli zeri, esiste un punto x I tale che g( x) = 0, e da ciò segue f( x) = ȳ. Ad esempio, la funzione f(x) := x + e x è continua (essendo somma di funzioni continue) ed è definita in un intervallo (tutto R). In base al teorema dei valori intermedi la sua immagine è un intervallo di estremi inf x R f(x) e sup x R f(x). Poiché f(x) non è itata né inferiormente né superiormente (verificarlo per esercizio), si ha necessariamente inf x R f(x) = e sup x R f(x) = +. Dunque Imf = R. Esempio. La funzione f(x) = 1/x, sebbene sia continua, non ha per immagine un intervallo (perché?). Esercizio. Dedurre, dal teorema dei valori intermedi, che le funzioni sign x, int x e H(x) non sono continue. Ricordiamo che, in generale, data una qualunque funzione iniettiva f : A R, la legge f 1 : Imf R che ad ogni y dell immagine di f associa l unica soluzione dell equazione f(x) = y si chiama funzione inversa di f. Ricordiamo inoltre che l immagine di f 1 coincide col dominio A di f, mentre il suo codominio, per convenzione, è R (se non è altrimenti specificato). Pertanto f 1 è suriettiva se e solo se f è definita su tutto R. Esempio (di funzione inversa). La funzione f(x) := x + e x, di cui abbiamo determinato l immagine, è strettamente crescente (essendo somma di due funzioni strettamente crescenti). Quindi, fissato un qualunque y R, esiste un unica soluzione x = f 1 (y) del- 21 giugno
19 l equazione f(x) = y. Tranne che in alcuni casi speciali (come quando y = 1), per trovarla occorre l aiuto di qualche algoritmo numerico come, ad esempio, il metodo delle bisezioni (applicato alla funzione g(x) = f(x) y ). Osserviamo che la funzione tangente, essendo periodica, non è iniettiva e, pertanto, non è invertibile. Tuttavia, come vedremo in seguito, la sua restrizione all intervallo ( π/2, π/2) è strettamente crescente, e quindi invertibile. La funzione inversa di tale restrizione si chiama arcotangente (l arcotangente di un numero y si denota con arctang y). Proveremo in seguito che gli estremi inferiore e superiore della restrizione della tangente all intervallo ( π/2, π/2) sono, rispettivamente, e +. Pertanto, dato che la tangente è una funzione continua (essendo rapporto di funzioni continue), in base al teorema dei valori intermedi, l immagine di tale restrizione è tutto R. Si può concludere che la funzione arcotangente è definita in tutto R ed ha per immagine l intervallo ( π/2, π/2), cioè il dominio della funzione di cui è l inversa. Applichiamo il teorema dei valori intermedi per provare che, dato un numero naturale n ed assegnato un numero reale non negativo y, esiste un unica soluzione non negativa dell equazione x n = y (ricordiamo che tale soluzione si chiama radice n-esima aritmetica di y). Denotiamo con f(x) la restrizione della funzione x n all intervallo [0, + ). La funzione f(x) è continua, essendo prodotto di funzioni continue. Pertanto, per il teorema dei valori intermedi, la sua immagine è un intervallo. Per determinarlo è sufficiente calcolare gli estremi di f. Chiaramente inf f = min f = 0, dato che f(0) = 0 e f(x) 0 per ogni x [0, + ). Poiché f(x) x per ogni x 1, la funzione f non è itata superiormente (vale a dire sup f = + ). Dunque Imf = [0, + ), e ciò significa che per ogni y 0 esiste almeno un x 0 tale che x n = y. Per provare che un tale x è unico si osservi che f è strettamente crescente. Infatti, dati a e b in [0, + ) con a < b, si ha b n a n = (b a)(b n 1 + b n 2 a + b n 3 a a n 1 ) > 0. In seguito vedremo un altro metodo, più semplice (anche se meno elementare), per provare la stretta crescenza in [0, + ) della funzione x n (mediante il calcolo della derivata). Esercizio. Provare che, se n N è dispari, la funzione x n ha per immagine tutto R. Esercizio. Provare che, se n N è dispari, la funzione x n è strettamente crescente. Quindi è ben definita la sua funzione inversa (denotata n y). Si osservi che per determinare l immagine della restrizione della funzione 1/x all intervallo [0, + ) non occorre scomodare il teorema dei valori intermedi (perché?), mentre è necessario per la funzione x 2 (perché?) Ven. 30/9/05 (Lezione svolta dal Prof. Alessandro Bocconi) Principio di Induzione. Sia {P n } una famiglia di proposizioni dipendenti da n N. Supponiamo che siano verificate le seguenti condizioni: (i) P 1 è vera; (ii) P n vera = P n+1 vera. 21 giugno
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