LA PROTEZIONE SOCIALE IN FVG
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- Lorenzo Borghi
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1 PROGRAMMA DI INIZIATIVA COMUNITARIA INTERREG IIIA ITALIA-SLOVENIA OSSERVATORIO REGIONALE SULLE POLITICHE SOCIALI IN FRIULI VENEZIA GIULIA E SLOVENIA OR-WIN LA PROTEZIONE SOCIALE IN FVG Rapporto del Gruppo di Lavoro Politiche e Pratiche sociali e sanitarie in Friuli Venezia Giulia novembre
2 Nello sviluppo del sistema di protezione sociale regionale del Friuli Venezia Giulia, due appaiono i momenti di significativa discontinuità che possono assumere i tratti di innovazione sistemica: negli anni 90, anche a partire dalle sollecitazioni offerte dal Decreto Legislativo 502, si avvia un processo di rinnovamento anche istituzionale, che, sostanzialmente, con tratti apparentemente contradditori, si esprime da una parte con la decisione di affidare, con la Legge Regionale n. 41 del 1993, ad un unica Direzione centrale regionale la trattazione degli adempimenti sia in materia di sanità che in materia di assistenza sociale; dall altra, a partire dalla Legge Regionale n. 12 del 1994, con la volontà di strutturare una sede unica regionale per la programmazione e pianificazione nella sola materia sanitaria, oltre che per il coordinamento delle aziende sanitarie ed ospedaliere regionali, sostanzialmente realizzando così una gestione integrata delle politiche nell esclusivo settore sanitario. In materia di assistenza e protezione sociale, invece, la situazione è rimasta sostanzialmente frammentata, divisa in comparti verticalmente distinti, priva di una reale capacità di governo e di coordinamento efficace. recentemente, stati introdotti nei processi regionali di protezione sociale due interventi di significativa carica innovatrice: 1. il primo intervento è rappresentato dalla Legge Regionale n. 6 del 2006, che, perlomeno, riconosce la necessità non solo di una politica di coordinamento nella materia della protezione sociale, ma anche, come recita l art. 3, la integrazione delle politiche socioassistenziali di protezione sociale, sanitarie, abitative, dei trasporti, dell educazione, formative, del lavoro, culturali, ambientali e urbanistiche, dello sport e del tempo libero, nonché di tutti gli altri interventi finalizzati al benessere della persona e alla prevenzione delle condizioni di disagio sociale. A sostegno di tale volontà l art.22 affida alla Direzione Generale dell Amministrazione regionale la funzione di assicurare l impulso dell attività delle Direzioni centrali che intervengono nelle materie da integrare, garantendone il coordinamento tramite la costituzione del Comitato per l integrazione delle politiche per la cittadinanza sociale. Comincia, così, a configurarsi una politica di welfare, che, eccedendo la semplice strutturazione di servizi di assistenza sociale, mira ad uniformare le politiche regionali a sostegno della persona e dell esercizio reale del diritto di cittadinanza; 2. Il secondo intervento è dato dalla prima esperienza realizzata in regione FVG di costruzione partecipata dei Piani di Zona e dei Programmi delle Attività Territoriali; a parte le considerazioni circa il grado di partecipazione con cui tali pianificazioni locali sono state realmente costruite (che, evidentemente, esulano dagli obiettivi del presente testo), va riconosciuto che questi rappresentano un importante elemento di discontinuità, nella direzione della integrazione, almeno a livello territoriale locale, delle politiche di assistenza, ma anche di costruzione di un sistema locale di welfare. È così che sembra progressivamente affermarsi, almeno a livello di legislazione regionale e di sperimentazione locale, una nuova cultura del welfare, capace di superare, quindi, 2
3 almeno tendenzialmente, il mero approccio assistenziale e di protezione, pur nel permanere di una cornice di frammentazione di competenze tra le diverse Direzioni centrali della stessa Amministrazione regionale,ma anche di competenze tra Regione ed il sistema delle autonomie locali, le aziende per i servizi sanitari, le diverse agenzie territoriali che intervengono operativamente. Quello che, anche con il presente intervento, si vorrebbe sottolineare è come un tale processo, sicuramente avviato dal punto di vista normativo, sia tuttora debole nella pianificazione regionale degli interventi, ma soprattutto assente negli strumenti di programmazione finanziaria. L analisi, infatti, del Documento di Programmazione per la Protezione Sociale, collegata allo studio dei dati di spesa, corrente e di investimento, del quinquennio in materia di protezione sociale, dimostra ampiamente innanzitutto come la frammentazione delle competenze, sia a livello gestionale che di programmazione, renda difficoltosa una lettura trasparente delle scelte operative che il sistema complessivo regionale di protezione sociale ha saputo realizzare. Infatti, da tale analisi si rileva come il fondo sociale regionale, composto da fondi propri e da fondi trasferiti dal fondo sociale nazionale, sostanzialmente sia per le spese correnti che per quelle di investimento, realizzi in parte azioni indirette, vale a dire di finanziamento ai comuni singoli o associati, alle province, alle aziende sanitarie - per quote non comprese nel finanziamento del servizio sanitario regionale in riferimento alle aree ad alta integrazione socio-sanitaria -; in parte azioni dirette, consistenti sostanzialmente nel finanziamento, senza la mediazione di altre istituzioni od enti, di soggetti pubblici o privati, profit o meno, finalizzato al sostegno delle attività o più spesso alla ristrutturazione, ampliamento, costruzione o arredo di strutture residenziali, individuate, per volume di spesa programmata e realizzata, come le principali offerte di sistema alla domanda assistenziale di anziani, minori, persone con disabilità grave, persone soggette a forme diverse di disagio sociale. In particolare, un primo approccio ai dati del quinquennio rivela per le spese correnti il seguente quadro di spesa totale: ESERCIZIO STANZIATO PAGATO , , , , , , , , , ,02 Da tale tabella si possono facilmente derivare alcune prime considerazioni: 3
4 nel periodo di anni considerato, si è registrato un progressivo aumento del volume di spesa stanziata, che in particolare è aumentato del 33.3%; nello stesso periodo, anche il volume di spesa effettivamente pagata ha registrato un aumento, però tale crescita si è rivelata più contenuta, pari, cioè, al 15,2%, evidentemente rivelando una capacità di efficienza ridotta; sostanzialmente, in conseguenza di ciò, abbiamo avuto in cinque anni, per le sole spese correnti, un differenziale di volume stanziato, ma non speso, pari a ,14 euro. Per quanto, invece, concerne, le spese di investimento sostenute sempre nello stesso quinquennio , abbiamo il seguente quadro: ESERCIZIO STANZIATO PAGATO , , , , , , , , , ,26 Da questa seconda tabella deriva una situazione per alcuni aspetti diversa rispetto alla precedente; in particolare, non si è registrato un aumento progressivo degli investimenti; si ha piuttosto un trend, che pur con elementi non lineari, nello stanziato rivela una decisa evoluzione negativa (- 27% ) dal 2001 al 2005; per quanto concerne il pagato, si ha una tendenza, con minor linearità, purtuttavia positiva,( +27%) sostanzialmente, per quanto attiene alle spese di investimento, nel quinquennio considerato, si è registrato un differenziale tra volume stanziato e speso pari a euro ,51. Tale lettura ci offre un primo, pur parziale, dato: in cinque anni il bilancio regionale per la protezione sociale ha accumulato la cifra di euro ,65 stanziati, ma non spesi, che vivranno come destino il recupero in economia, quindi il loro utilizzo in aree diverse dalla protezione sociale: sostanzialmente, si realizza un processo di reinvestimento diverso dai programmi originari; si configura, in altre parole, un indebolimento finanziario ulteriore del sistema regionale di protezione sociale. Questo dato dovrebbe sostenere la attualità di una proposta, anche facilmente praticabile, se sorretta da una adeguata volontà politica: il volume di spesa programmata, stanziata, ma non spesa in questo settore dovrebbe rimanere nello stesso contesto; potrebbe, ad esempio, andare a costituire un fondo regionale per la precarietà, in grado, cioè, di contribuire a finanziare il reddito di base per la cittadinanza, previsto dall art. 59 della Legge Regionale n. 6 del Un analisi approfondita delle spese correnti e di investimento distinte in aree di intervento rivela che la componente più significativa è riscontrabile nel trasferimento ai comuni, singoli ed associati, per la gestione dei servizi, seguita dall area degli anziani (in cui la componente principale è il contributo alle aziende sanitarie per l abbattimento delle rette 4
5 oppure il sostegno alla costruzione, trasformazione, arredo di strutture residenziali ), e dei minori e famiglia, quest ultima per la gran parte assorbita dai trasferimenti ai comuni per l assegno di natalità. A tale proposito, ci colpisce la sostanziale differenza di approccio che la legislazione e la gestione dei servizi esercitano rispetto ai temi della natalità e del reddito di cittadinanza: se, da una parte, è riconosciuto, a proposito di sostegno alla natalità, il carattere universale e incondizionato della misura erogata, gli stessi caratteri sono negati a proposito del reddito di cittadinanza; tale misura, infatti, è sottoposta innanzitutto alla classificazione per reddito famigliare!?! -, ma anche ad una serie di condizionamenti, configurabili nel progetto personalizzato, rispondenti al giudizio di un operatore dei servizi pubblici. Una tale asimmetria non appare comprensibile, se non per motivazioni ideologiche, legate ad una idea di famiglia, tuttora centrata su una divisione dei ruoli per genere, su un ridotto diritto di cittadinanza per quanti convivono con un capofamiglia!! Inoltre, proseguendo l analisi, una lettura più dettagliata rivela ( sempre nel quinquennio ), per quanto concerne le spese correnti, un quadro così delineato: uno stanziamento di euro ,54 per il finanziamento alle aziende sanitarie regionali per l abbattimento delle rette nelle case di riposo, in costante aumento (48,3%); uno stanziamento di euro ,19 per il finanziamento delle spese di gestione dei servizi socio-assistenziali dei comuni singoli o associati; uno stanziamento di soli euro ,29 per trasferimenti ai comuni per promuovere l abbattimento dei canoni di locazione; uno stanziamento di soli euro ,23 per il finanziamento di progetti triennali finalizzati alla prevenzione ed al recupero delle tossicodipendenze e dell alcoldipendenza correlata; uno stanziamento di soli euro ,80 per il finanziamento di interventi di associazioni di volontariato e altri organismi senza fini di lucro in favore di soggetti con handicap gravi privi dell assistenza familiare; uno stanziamento di euro ,00 di contributi ad enti gestori per oneri di servizi dei centri socio-riabilitativi ed educativi diurni per persone handicappate; uno stanziamento di ben euro ,76 di trasferimento ai comuni per assegni per i figli e funzioni amministrative in materia di sostegno ed incentivazione della natalità Tali esempi sufficientemente evidenziano come la quota maggiormente significativa di spesa sia sostanzialmente orientata, oltre che al mantenimento dell apparato organizzativo, a sostenere l adeguamento di strutture residenziali istituzionali o al sostegno finanziario per l abbattimento di rette, quali ad esempio il trasferimento alle aziende sanitarie per le rette dei centri residenziali per anziani o quelle relative agli asili nido. Contenuta, invece, appare la percentuale di spesa corrente sostenuta dall Amministrazione regionale a sostegno della persona, della rete familiare o di auto mutuo aiuto. 5
6 Analogamente, una analisi approfondita dei dati relativi alle spese di investimento del periodo rivela quanto segue: il pressoché totale volume di spesa stanziato è da riferirsi a due voci: 1. contributi straordinari, contributi annui costanti, anche per mutui, a favore di comuni, singoli o associati, province, aziende per i servizi sanitari, privati senza finalità di lucro, per la costruzione, ristrutturazione, adeguamento funzionale, acquisto di attrezzature o arredi di strutture residenziali per anziani non autosufficienti, strutture protette, centri di accoglienza, per minori e per disabili; 2. contributi a comuni o a privati senza fini di lucro per la costruzione e gestione di asili nido e micro-nidi nei luoghi di lavoro. In conclusione, sottolineiamo alcuni aspetti: non esiste un centro di imputazione che, sotto il profilo della pianificazione, programmazione e coordinamento delle attività di protezione sociale, assicuri una regia che assuma il ruolo di favorire la integrazione degli interventi, di sostenerli in maniera coerente verso il perseguimento di obiettivi di sistema, quali la deistituzionalizzazione, il sostegno della domiciliarità, la valorizzazione del lavoro di cura e di vicinato, dell automutuoaiuto, secondo la strategia che la regione stessa ha assunto a partire dalla Legge Regionale n. 6 del 2006; non esiste, in termini di bilancio e di programmazione, un sistema regionale di welfare, che comprenda, quindi, oltre ai processi assistenziali e sanitari, i programmi di promozione sociale e di sostegno all esercizio del diritto di cittadinanza; non esiste la capacità di pianificare un fondo distinto per ambiti territoriali, proporzionale alla reale domanda di benessere, cittadinanza, protezione ed assistenza sociale; tale carenza appare particolarmente grave nel momento in cui, con la redazione dei piani di Zona, gli Ambiti socio-assistenziali sono di fatto privati di un quadro di bilancio coerente a tali strumenti di pianificazione locale: è, infatti, del tutto assente un legame tra programmazione e finanziamento regionale da una parte e piani di zona dall altra; di conseguenza, si evidenzia una assoluta incoerenza della spesa rispetto agli obiettivi che la stessa Legge Regionale n. 6 ha fatto propri, una frammentazione dei centri di spesa senza vero coordinamento, una opacità del bilancio, reso difficilmente comprensibile proprio per la grande frammentazione dei centri di spesa. si evidenzia, infine, un margine possibile di finanziamento del reddito di cittadinanza nel differenziale tra volume di cifra stanziata e volume di cifra effettivamente spesa: in questo caso si potrebbe configurare una situazione per la quale il recupero di tale differenziale, espressione possibile di inefficienza di sistema, divenga motore di innovazione. Il finanziamento, cioè, di una misura altamente innovativa, quale il reddito di base per la cittadinanza, che rappresenterebbe finalmente il sostegno da parte regionale alla persona e non alle strutture, può trovare una prima, parziale, forma di sostegno proprio dalla quota di bilancio ordinario inefficiente! Considerato che nel quinquennio preso in 6
7 considerazione un tale fondo a sostegno del reddito di base per la cittadinanza sarebbe ammontato a euro ,79, ci troviamo in mano una potenziale quota media annuale di euro ,60, che indubbiamente può rappresentare una interessante base di partenza per il consolidamento di un adeguato fondo regionale per il reddito di base per la cittadinanza. UN PASSO INDIETRO Nel momento in cui ci si interroga su quale può essere la potenziale direzione di innovazione nel campo del welfare, non possiamo non riconoscere che ancora poco chiara appare la identificazione dei confini del campo, che stiamo cercando di innovare. E del tutto evidente che, anche nella nostra regione, si sta evolvendo gradatamente da una cultura meramente assistenzialista a qualcos altro, a tutt oggi non ben definito. Si originano ipotesi che partono da orizzonti culturali- filosofici diversi e spesso non in chiaro rapporto tra loro e le non comprensioni, derivanti dalle diverse logiche, portano a decisioni politiche e legislative la cui ratio non è coerente. Il riflesso sulla pubblica amministrazione di queste idee guida, probabilmente molto diverse tra loro, è un evidente spaesamento, mancanza di riferimenti normativi innovati, ruoli poco definiti rispetto alle esigenze di una realtà in cambiamento. E quindi utile fare un passo indietro e provare a definire il campo d azione degli interventi di welfare, naturalmente senza la pretesa di chiudere la questione, che merita ben più ampio dibattito, ma forzando alcuni passaggi perché le osservazioni frutto del nostro lavoro, vengano intese e valutate attraverso parametri di riferimento dichiarati, consentendo al fruitore di contestualizzare: analisi, letture dei dati e proposte A PARTIRE DALLA SPESA E NON DALLE FILOSOFIE Le spese della Protezione Sociale sono indirizzate verso: Comuni ed Enti gestori dei servizi socio assistenziali ASS, soprattutto per il finanziamento dell abbattimento delle rette di accoglienza nelle strutture residenziali Questi due voci assorbono il 60 % della spesa Strutture per anziani Handicap Progetti speciali per disagi diversi Asili nido Questi obiettivi assorbono il 26 % della spesa Contributi ad associazioni private per assistenza ai livelli minimi Questo obbiettivo assorbe il 4% della spesa Il rimanente 10% è rivolto a favorire le nascite e quindi, al di là del giudizio sull opportunità di questi provvedimenti, risulta essere sostanzialmente l unico cespite che può essere ascritto ad una logica di risposta ad un problema sociale, quale la decrescita 7
8 della natalità, nonchè di sostegno alla universalità della popolazione, al di fuori da logiche socio-sanitarie o assistenzialiste. QUALE CAMPO PER IL WELFARE Per il nostro ragionamento prenderemo spunto proprio dai provvedimenti a favore delle nascite, che, come abbiamo visto, riguardano segmenti consistenti di spesa della Protezione Sociale. La ratio di questi provvedimenti è piuttosto semplice: a fronte della sempre crescente difficoltà per le giovani coppie, nel poter decidere di avere figli, la Regione interviene mediante la erogazione di incentivi economici. Si parte da una valutazione ritenuta inoppugnabile: la decrescita demografica è un fattore negativo per la società e va, quindi, contrastata. Una motivazione, non la sola, ma rilevante, è la sempre maggior difficoltà economica in cui versano le coppie giovani, addirittura i giovani, spesso a partire dalla precarietà, discontinuità di reddito. Molteplici sono i lavori di letteratura che confermano tale considerazione, per cui la incertezza economica rappresenta una delle prioritarie condizioni che rendono i giovani meno propensi a costituire una famiglia ed a procreare. Sempre restando nel tema della natalità, assistiamo, però, ad un fattore in controtendenza, rispetto a quanto finora descritto: la natalità, infatti, ritorna su valori accettabili se consideriamo le nascite in coppie immigrate. Tale tendenza, che sembra assumere i connotati di una stabilizzazione demografica, comporta un saldo di natalità positivo, a prescindere dalla erogazione di contribuzioni economiche a sostegno della natalità. A questa considerazione va aggiunto quanto più sopra sottolineato a proposito della precarietà e discontinuità di reddito: in pratica nel sistema regionale del Friuli Venezia Giulia la precarietà di reddito trova risposta, in quanto tale, solo se associata alla costituzione di nuclei familiari con figli. IMPLICAZIONI DERIVANTI DALLA CONDIZIONE DI PRECARIETà DI REDDITO Utilizzando il parametro della precarietà di reddito, conviene cercare di fissare alcuni punti critici che i cittadini, esposti a tale condizione, si trovano ad affrontare, oltre il già descritto tema della natalità: aumento dei disagi in relazione alla salute; emarginazione sociale; impossibilità a far fronte ad impegni economici già contratti; esclusione dal circuito delle informazioni; aumento delle difficoltà nella gestione di concomitanti problematiche familiari, dovute a disagi di altri componenti la famiglia stessa 8
9 difficoltà nella mobilità e, quindi, ulteriore aggravamento in merito alle opportunità di accesso al lavoro ed in generale ad una socialità che favorisca il recupero di reddito; maggiori difficoltà nell educazione e nella scolarità dei figli; tensioni patologiche individuali e familiari. Risulta essere un quadro vasto e sicuramente non esaurito dai provvedimenti in essere ascrivibili alla Protezione Sociale. Se nel secolo scorso la condizione di povertà veniva a cessare nel momento in cui un cittadino conseguiva un posto di lavoro e, quindi, le politiche di protezione sociale potevano esaurirsi, concettualmente, nelle politiche del lavoro e dell assistenza, oggi, la madre di tutte le politiche di welfare è quella che riesce ad intercettare il disagio e l esclusione li dove si crea. IL WELFARE, UN PASSO AVANTI Per quanto detto fin qui ci pare lecito affermare che solo una politica che risponda alla precarietà di reddito, non di lavoro, possa completare la tradizionale politica di assistenza sociale. Non vogliamo qui discutere dell appropriatezza delle politiche di assistenza sociale, vogliamo dire che, per quanto ben realizzata, non può per sua natura rispondere alla realtà di oggi. Solo una risposta normativa alla complessità dei disagi provocati dalla precarietà, affianco alle risposte tradizionali, può definirsi di Protezione Sociale. Questo può essere inteso come il campo di competenza del welfare. 9
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