Capitolo 4- REALIZZAZIONE DEI CIRCUITI INTEGRATI

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1 Capitolo 4- REALIZZAZIONE DEI CIRCUITI INTEGRATI Nel corso del capitolo 3 abbiamo studiato il sistema giunzione partendo dalla ipotesi di saldare perfettamente affacciate due pezzi di silicio, uno di tipo p, l altro di tipo n; dopo abbiamo ricavato delle leggi per lo studio del Diodo. Va da se che quella di saldare perfettamente affacciate due pezzi di semiconduttore è tutt'altro che una approssimazione o semplificazione. Vediamo ora, in linea molto generale, come stanno le cose nella realtà. Trattiamo la realizzazione di un diodo e rimandiamo al testo Microelettronica, McGraw-Hill, capitolo 5, per un approfondimento I Wafer E intuibile che i cristalli di silicio dei quali abbiamo bisogno per la realizzazione dei nostri scopi non sono disponibili in natura. Solitamente il primo passo per la realizzazione dei circuiti integrati è... l acquisto dei wafer. I wafer non sono altro che delle sottili fette di silicio cristallino (drogato) di spessore compreso tra 700 e 1000µm e del diametro tra 10 e 20 cm. Dicevamo che un wafer è un semiconduttore drogato, con struttura cristallina e che, ovviamente, va realizzato. Partiamo da una soluzione di silicio fuso ( circa 1400 C) alla temperatura di transizione tra la fase solida e quella liquida, e facciamo ruotare il contenitore come da figura. Su materiale refrattario fissiamo un cristallo di silicio con il piano di taglio (1,0,0) nella stessa giacitura lungo la quale si effettuerà davvero il taglio; facciamo ruotare anche quest asta come in figura. La rotazione in senso opposto garantisce l uniformità richiesta solo se le velocità di rotazione restano comunque piccole.

2 Lentamente abbassiamo l asta fino che il solo cristallo tocchi la soluzione e subito solleviamo la stessa, sempre molto lentamente: alla fine del processo otteniamo un cilindroide di diametro pari a quello del contenitore e alto circa 60 cm. Passiamo ora alla affettatura del cilindroide, levighiamo una faccia del cilindro e i wafer sono pronti! Dopo questo processo, detto di Czochralski o semplicemente CZ, abbiamo ottenuto la materia prima per l industria elettronica che spesso compra all esterno i wafer che, in verità, vengono già realizzati con un drogaggio spesso di tipo p, in concentrazione di cm Crescita Epitassiale A questo punto della produzione le industrie elettroniche possiedono tutte wafer che, prescindendo dalle fattezze geometriche, presentano pressappoco le stesse caratteristiche di ordine, di doping e di purezza: è ora che si differenzia la produzione infatti ogni industria, secondo le proprie esigenze, modifica i wafer a livello di concentrazione di drogante. I wafer vengono immessi in un forno e portato a alte temperature (tipicamente C); nel forno è presente una forte concentrazione di gas di silicio al quale si aggiunge una adeguata concentrazione di donatori. In questo modo atomi di silicio e di fosforo, ad esempio, nelle giuste proporzioni, accrescono i wafer nella zona esposta, quella levigata. Lo strato epitassiale ha la caratteristica di essere drogato comunque con concentrazioni decisamente basse e, inoltre, nel nostro schema, se abbiamo intenzione di realizzare un diodo p + n, dipenderà dallo spessore di tale strato se otterremo un base corta oppure no. Nello strato epitassiale dovremo ora realizzare la zona p, dopo di che butteremo via gran parte del substrato che, apparentemente, è qualcosa di inutile; ci si chiede perchè realizzarlo allora così spesso e addirittura drogarlo. In realtà il substrato viene realizzato con questi spessori per avere la resistenza fisica necessaria a evitare rotture durante la lavorazione e, inoltre, il drogaggio di tipo p ci garantisce che le impurità siano controllate.

3 4.3- Drogaggio Selettivo Supponiamo di essere in qualche modo riusciti a proteggere alcune zone della superficie del semiconduttore. Inseriamo il wafer in un forno di diffusione nel quale è presente una forte concentrazione del drogante di tipo p. Portiamo la temperatura nuovamente a circa C : si ha diffusione. A questa temperatura la probabilità di avere vacanze, ossia mancanza di atomi nel reticolo, è alta e le vancanze in superficie vengono ovviamente riempite dal drogante, quelle in profondità invece tendono a galleggiare e altro drogante può penetrare.la concentrazione di accettori dovrà prima annullare la presenza dei donatori e solo dopo si potrà affermare che il drogaggio è di tipo p. Sperimentalmente si ha che il drogante penetra con leggi tipo gaussiano [exp(-(x/a) 2 )] o addirittura con la erf(x/a), dove a=a(t,t) Si osservi come sia estremamente difficile ottenere giunzioni brusche e come le dimensioni della zona p siamo in realtà maggiori di quelle della maschera. 4.4-Processo Fotolitografico Provando a confrontare le caratteristiche di Silicio e di Arseniuro di Galio non ci si spiga perchè sia nettamente più usato il primo: l arseniuro di galio ha infatti caratteristiche nettamente migliori di quelle del silicio, ma non si ossida, al contrario del silicio che ha un ossido naturale la cui formazione è facilmente

4 ottenibile con un forno di ossidazione a vapore acqueo e, inoltre, esistono soluzioni che sciolgono l ossido senza attaccare il silicio. Procediamo come segue. Dopo aver fatto ossidare il silicio (lo spessore sarà tanto più alto tanto più alta sarà la concentrazione nel forno di diffusione), facciamo ruotare il wafer e lasciamo cadere al centro una gocciolina di fotoresist: per spinning si ottiene uno strato di questa sostanza spesso circa 1 µm. Il fotoresist ha la caratteristica di resistere all attacco di determinati agenti a seconda che venga o meno colpito da radiazioni di appropriata lunghezza d onda. Sotto un supporto di quarzo, trasparente agli UV, si depositano materiali opachi in modo che resti scoperta la zona da drogare (stiamo usando un fotoresist positivo, ma ne esistono anche di negativi) e procediamo all irradiamento del materiale: si osservi come al contatto col materiale depositato si verifichino fenomeni di diffrazione ( si tenga presente che le dimensioni delle aperture richieste sono oramai di 0.18µm). Il fotoresist illuminato viene ora rimosso in un adeguato bagno e così anche per l ossido di silicio e si arriva alla situazione di sotto. A questo punto, in una altra adatta soluzione si procede a rimuovere il fotoresist indurito (è plastico e non resisterebbe nel forno di diffusione) e si procede a drogare il materiale secondo le proprie esigenze. Dopo il drogaggio si rimuove tutto l ossido e,eventualmente, si ricomincia un nuovo ciclo che vedrà impiegata una nuova maschera ( si arriva anche a maschere per produrre circuiti integrati). 4.5-I Circuiti Integrati

5 Realizzando un diodo abbiamo risolto alcuni tra i più importanti problemi tecnici e abbiamo acquisito le conoscenze per costruire circuiti più complessi. Il passo successivo è quello di realizzare circuiti integrati, cioè circuito i cui componenti altro non sono che pezzi dello stesso cristallo. La realizzazione di questi sistemi richiede ovviamente l impiego di diverse maschere e di successive fasi di ossidazione: si ricordi che l ossidazione è un fenomeno ben diverso dalla crescita, anche se spesso si usa la frase crescere ossido di silicio ; infatti avviene che uno strato di silicio dello spessore di alcune decine di nanometri si combina con ossigeno formando l ossido che ha volume specifico maggiore del silicio stesso e per questo si indica spesso uno strato di ossido su quello epitassiale per semplificare i disegni. Bisogna allora osservare che durante l 'ossidazione spariscono strati di silicio anche nelle zone che noi droghiamo e di questo eventualmente se ne dovrà tenere conto; inoltre ogni maschera prevede poi l impiego di un forno, sia di diffusione o di ossidazione, e le zone che avevamo precedentemente costituito tendono a gonfiarsi nello strato epitassiale. Bisogna ora risolvere un ultimo serio inconveniente: tutti i dispositivi che noi costruiamo sono nello strato epitassiale e quindi elettricamente connessi; ricordiamo però che il nostro obiettivo era quello di formare i dispositivi in uno strato drogato in maniera opposta al substrato. Nel wafer accanto (la maschera per la precisione) sono indicate le zone dove si devono realizzare i dispositivi isolati; dopo il solito processo di protezione inseriamo il tutto in un forno per la diffusione di boro e lasciamo che la situazione diventi quella del secondo disegno. Ora c è continuità elettrica tra substrato e canali; collegando il substrato (ora si capisce qual è la sua vera utilità) al punto a potenziale più basso del circuito, massa, ogni zona sulla quale sarà realizzato un dispositivo sarà collegata al substrato mediante un diodo in polarizzazione inversa e risulterà pertanto elettricamente isolata. 4.6-I Contatti Omici

6 A questo punto dobbiamo collegare tra di loro i vari dispositivi di uno stesso circuito e creare le connessioni con il mondo esterno; per fare questo ossidiamo il wafer e, con il solito processo, scolpiamo le piste per poi mettere il tutto capovolto in forno di metallizzazione. Il forno di metallizzazione è costituito da una camera a vuoto e un crogiolo (il tutto in materiale refrattario), sul quale un blocco di alluminio puro viene portato a fase di vapore; il vapore va a depositarsi sul wafer ovviamente capovolto e, se la distanza dal crogiolo è notevole, si può ritenere che il silicio è investito da un fascio (il vapore si muove in linea retta essendoci il vuoto) di alluminio che si dispone in maniera pressocchè uniforme, visti anche i reali profili dell ossido. Sempre alla stessa maniera asportiamo l alluminio in eccesso e passiviamo il tutto con degli ossidi particolari; attenzione: non bisogna ossidare i contatti omici. Si tenga presente ora che solitamente si realizzano diversi strati di metallizzazione sull ultimo dei quali sono da realizzare i PAD, delle piazzole di alluminio. Ricoperto anche l ultimo strato d metallizzazione facendo nevicare ossidi adatti, si deve procedere a liberare i PAD per accedere con dei filamenti di oro microsaldati a reofori macroscopici. Poiché l alluminio deve essere intimamente connesso al silicio perché il tutto funzioni e visto che lo stesso silicio vede l alluminio alla stregua di una qualunque impurità del terzo tipo, bisogna evitare di costituire giunzioni non desiderate. Se allora è relativamente semplice realizzare un contatto Alluminio-p, nel realizzare il contatto Alluminio-n si realizza prorio quella stessa giunzione che è alla base del funzionamento di un diodo Schottky: drogando la zona con atomi del V gruppo si potrà ottenere una zona n+ con caratteristiche molto simili a quelle di un metallo e, allora, sarà lecito il contatto Alluminio-n+. Ad ogni passaggio, in fine, si cercherà di realizzare il maggiore numero possibile di elementi, resistori e condensatori compresi.

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